ANPI NOTIZIARIO
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NUMERO
2018
PERIODICO DEL COMITATO PROVINCIALE ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA DI REGGIO EMILIA
03 EDITORIALE LA CRISI E IL GOVERNO
Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - codice ROC 25736 d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- CN/RE - Filiale R.E. Tassa pagata taxe perçue - Anno XLVIII - N. 03 aprile 2018 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.
Ermete Fiaccadori
04 SOCIETÀ LA MAFIA A CASA NOSTRA Roberto Scardova
09 ESTERI ISRAELE E LA MOSSA DISASTROSA DI TRUMP Saverio Morselli
10 DONNE QUELLE CHE HANNO APERTO LA STRADA Eletta Bertani
LE VERITÀ NEGATE DEL 7 LUGLIO Una norma ferma la revisione del processo
Sommario 03.La crisi, il Governo e l’Anpi Ermete Fiaccadori
08. 7 luglio 1960, le verità ancora negate Roberto Scardova
14. Sezioni
04. La mafia a casa nostra Roberto Scardova
10. Mai più fascismi: l’appello è un successo Ermete Fiaccadori
16. Le rivoluzioni raccontate da Fotografia Europea Angelo Bariani
06. Lavoro, dunque sono Giancarlo Ruggieri
11. Israele e la disastrosa mossa di Trump Saverio Morselli
18. Anniversari
12. Le donne che hanno aperto la strada Eletta Bertani
22. Sostenitori
07. Quando l’homo oeconomicus uccide Emanuele Cavallaro
15. Letture
20. Lutti
ANPI: ULTIMI GIORNI PER IL TESSERAMENTO 2018 La nostra associazione non è un partito e non sposa i programmi di alcuno di essi, ma cerca anzi di svolgere un’azione critica e unitaria a salvaguardia e a difesa dei principi della Costituzione, azione tanto più importante nell’attuale fase della vita nazionale, caratterizzata da rischi di sbandate populiste, autoritarie, se non addirittura fasciste. Se non riesci a passare dagli uffici dell’Anpi provinciale di via Farini 1 a Reggio Emilia o nella sezione del tuo Comune e desideri iscriverti all’Asso-
Periodico del Comitato Provinciale Reggio Emilia ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA C.F. 80010450353 Via Farini, 1 – 42121 Reggio Emilia Tel. 0522 432991 – Fax 0522 401742 Ente Morale D.L. n. 224 del 5 aprile 1945 Reg. Tribunale di Reggio Emilia n.276 del 2/3/1970 Spedizione in abbonamento postale – codice ROC 25736 Proprietario e direttore: Ermete Fiaccadori Condirettore: Antonio Zambonelli Sito web: www.anpireggioemilia.it Email: redazione@anpireggioemilia.it
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Numero 3 Luglio-Ottobre 2018 – Chiuso in tipografia il 18/6/2018 Grafica Omnia Edizioni, Via D.Vioni 6, Guastalla (RE) Stampa Litocolor Copertina: Scontri del 7 Luglio 1960 foto d’archivio IBAN per sostenere il “Notiziario” Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Banca: IT75F0200812834000100280840 Posta: IT50Z0760112800000003482109 c/c postale n. 3482109
Editoriale
luglio 2018
La crisi, il Governo e l’Anpi di Ermete Fiaccadori
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e elezioni del 4 marzo avevano dato un chiaro segnale di cambiamento: il Movimento 5 Stelle era il primo partito e la coalizione di centrodestra aveva ottenuto il maggior numero di voti. Le due forze si erano dichiarate entrambe vincitrici e reclamavano la guida del Governo. Tuttavia, anche dopo i vari tentativi, non era stato possibile far emergere una coalizione in grado di ottenere il consenso della maggioranza parlamentare. Dopo oltre due mesi di crisi si è così arrivati alla trattativa tra il M5S e la Lega per definire un contratto di governo condiviso ed in grado di costituire la base programmatica per una maggioranza parlamentare. La definizione del contratto ha comportato un impegnativo lavoro di elaborazione a causa delle distanti posizioni, espresse nel corso della campagna elettorale, su tanti temi e dei meccanismi di acquisizione dei consensi delle due basi politiche. La ricerca di un equilibrio nella composizione del Governo ha portato alla scelta del professor Giuseppe Conte come candidato alla Presidenza del Consiglio, il quale, dopo aver ricevuto l’incarico, ha dichiarato il rispetto degli accordi in essere e delle alleanze internazionali dell’Italia. Il percorso si è arenato sulla designazione del professor Paolo Savona alla carica di Ministro dell’Economia. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, infatti, si è opposto a tale incarico per le note posizioni dell’economista sull’Europa e sull’euro, che potevano rappresentare un giudizio di sfiducia e di sfida verso le istituzioni europee.
Tale nomina risultava in palese contrasto con le premesse di lealtà con le quali aveva preso avvio la formazione del Governo e si è addirittura arrivati alla gravissima ed assurda minaccia di richiesta di “impeachment” del Presidente della Repubblica per l’azione condotta con grande lucidità e correttezza. Tale ipotesi è poi stata lasciata decadere senza nessuna esplicita motivazione. A fronte del successivo incarico al professor Cottarelli di formare un Governo tecnico si è poi riaperto il confronto tra le forze vincitrici, confronto che ha portato a designare nuovamente il professor Giuseppe Conte ed alla successiva formazione del Governo M5S e Lega con il contratto già definito. Si è trattato della crisi politica più lunga della storia repubblicana che ha sancito, a detta degli stessi protagonisti, la formazione di un “governo populista”, ossia di popolo contro le élites. Un Governo che, durante la campagna elettorale, ha mostrato la volontà di abolire ogni tipo di classe dirigente (presto smentita dalle parole di Salvini “Meno tasse per i più ricchi”) con forti connotazioni nazionaliste e forte criticità verso le istituzioni europee, ipotizzando anche l’uscita dalla moneta europea e dagli stessi trattati comunitari. Solo la fermezza del Presidente Mattarella e l’esigenza di definire un contratto realistico e realizzabile hanno portato a smussare talune posizioni ed a inserire proposte più “contrattualiste” verso l’Europa e le sue istituzioni. Si è così arrivati alla formazione del governo Conte con una composizione che vede la presenza di alcune figure tecniche oltre che ai maggiori esponenti delle due forze maggioritarie.
Alcune battute di questo Governo, purtroppo, ci sono apparse oltremodo inquietanti: le dichiarazioni di Salvini contro l’immigrazione (cit. “È finita la pacchia”), le posizioni estremamente conservatrici del ministro Fontana tra dichiarazioni contro le famiglie arcobaleno e contro l’aborto, la presenza di un ministro della Sanità apertamente no-vax e, dulcis in fundo l’annuncio della flat – tax con la conseguente riduzione delle tasse ai redditi più abbienti. L’Anpi non è un partito politico e non spetta a noi dare giudizi sulle formule politiche di Governo. Saremo, però, sempre vigili in merito alle scelte che saranno compiute e al rispetto della Costituzione perché vengano mantenuti i valori fondanti della nostra società: libertà, democrazia rappresentativa, antifascismo, rifiuto di ogni discriminazione, diritto al lavoro e alla giustizia sociale, rispetto dei diritti umani e della pace. Ci auguriamo, conseguentemente, che non vengano, tra l’altro, proposte norme quali l’abrogazione della legge Mancino, l’accesso ai soli bambini italiani nelle scuole materne ed altre, analogamente ispirate, che porterebbero ad abolire diritti storicamente conquistati. Ci auguriamo che vengano adottate proposte e norme il più possibile favorevoli alla crescita del Paese, che comprendano il contrasto alle povertà, il rilancio della economia, l’incremento della occupazione, una distribuzione più equa delle risorse e un ruolo maggiormente attivo dell’Europa sui temi sociali e civili.
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Società
Notiziario ANPI
La mafia a casa nostra La storia della criminalità organizzata in Emilia è cominciata negli anni ’60 con il soggiorno obbligato dei mafiosi. Prima la provincia di Bologna, poi quelle di Modena e Reggio di Roberto Scardova
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gnorati, magari, ma i mafiosi erano nostri vicini di casa già negli anni Sessanta. Giacomo Riina, cugino di Totò e zio di Luciano Liggio, nel 1967 era stato mandato a Budrio, provincia di Bologna, in soggiorno obbligato perché coinvolto in brutti traffici di stupefacenti, armi ed esplosivi. Divenne consulente di una ditta di materassi che acquisì il marchio Eminflex dopo un vortice di passaggi societari dalla ex Permaflex di Licio Gelli, e fece fortuna anche grazie alla tambureggiante campagna pubblicitaria sulle reti televisive di Berlusconi. Due anni dopo fu spedito a Sassuolo il boss di Cinisi, Gaetano Badalamenti: condannato, poi, quale mandante dell’assassinio di Peppino Impastato. Si scrisse che ogni settimana arrivasse da Bologna al suo alloggio un’auto con cassette di pesce freschissimo: se ne ripartiva coi “pizzini” con cui egli gestiva gli affari delle famiglie giù in Sicilia. Soggiornanti obbligati ne arrivarono anche da noi, a Reggio. A metà degli anni Ottanta fui incaricato di intervistarne uno a Castelnovo Monti, un giovanotto arrivato da Eboli, Salerno. Se al suo paese, immerso nella arretratezza, s’era fermato anche Cristo, come scrisse Carlo Levi, qui da noi le cose andavano meglio: riceveva spesso amici vari che arrivavano a bordo di auto di grossa cilindrata, si disse anche una Ferrari. Non se la passava male, ammise, e con un sorrisetto mi disse che, a suo avviso, i veri “obbliga-
ti” erano i contadini della nostra montagna, indicandoli curvi sotto il sole a fare fieno. Anche i soggiornanti lavoravano, ma a modo loro. Continuavano a tenere le fila delle organizzazioni di provenienza, e le ramificavano da noi. Senza ammazzare, bene attenti a non suscitare clamore. Abili ad inserirsi nel tessuto produttivo ed economico. Contro la violenza criminale, le nostre comunità avevano solidi anticorpi, ma non seppero vedere o riconoscere il pericolo costituito dalla sottile penetrazione nelle imprese, nelle banche. Non ci si chiese l’origine di improvvise ricchezze, non si indagò a sufficienza sulle reti del riciclaggio e della droga. Nel 1982 fu spedito a Montecavolo di Quattro Castella il soggiornante Antonio Dragone, da Cutro. In Calabria era stato a capo di una cosca già in rotta di collisione con un analogo gruppo ‘ndranghetista. Le sue attività criminose trovarono da noi terreno già dissodato ed un ambiente accogliente, anche grazie ai servizi di alcuni dei suoi conterranei qui immigrati da tempo. Il suo impero criminale si estese rapidamente lungo tutta la via Emilia, ed anche più in là. Tanto da ingolosire il suo diretto concorrente cutrese, Nicolino Grande Aracri, la cui famiglia si era pure trasferita a Brescello. Quando avvampò lo scontro si contarono dodici morti, tra la Calabria e Reggio Emilia. Dragone arruolò anche un killer neofascista, Paolo Bellini, implicato in vicende che adombrano presenze istituzionali, di spioni
La comunità non seppe riconoscere il pericolo
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e servizi segreti. Fu tutto inutile. L’ultima vittima della faida fu proprio lui, Dragone, assassinato nel 2004 sul mare di Cutro da un commando di sette uomini, con la complicità di Giovanni Abramo, genero di Nicolino. Il nuovo boss Grande Aracri divenne così il faro incontrastato delle lucrose attività ‘ndranghestiste in Emilia Romagna, estese in quasi tutto il nord, alla Lombardia, al Veneto. Un’abile e fortunata inchiesta dei carabinieri pose fine a tutto questo a partire dal 2011, a seguito della denuncia di un imprenditore ricattato. Ne scaturi-
Società
LEGALITÀ E SENSO CIVICO Il girotondo delle scuole contro le mafie intorno al tribunale (foto: Angelo. Bariani)
rono laboriose indagini estese a tutto il Paese, intercettazioni, testimonianze di pentiti. Nel gennaio 2015, la magistratura fece scattare la massiccia retata che nella nostra regione coinvolse 240 indagati: 117 le persone arrestate, 54 delle quali sotto l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Si trattò dell’operazione
denominata “Aemilia”, che portò anche ad un ingente sequestro di beni. Contemporaneamente, altri 40 arresti furono eseguiti in Lombardia, e 46 in Calabria: qui, in manette, pochi mesi dopo, finì anche il boss Nicolino Grande Aracri. Ne sono nati tre diversi procedimenti ed oggi, tre anni dopo, per parte sua la Corte d’Assise di Reggio sta conducendo a termine il più grosso processo alla criminalità organizzata che si sia mai celebrato al nord. I pubblici ministeri Marco Mescolini e Beatrice Ronchi hanno chiesto la condanna di 148 imputati, per complessivi
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1700 anni di carcere. Forse chi ci legge conosce già la sentenza: in una cinquantina di casi, del resto, pene anche consistenti sono state irrogate coi processi abbreviati ed i patteggiamenti. Si tratta di manovali del crimine, ma non solo loro. Manovalanza che ha infuocato la nostra provincia con centinaia di incendi: auto, camion, cantieri edili. La stessa che, con minacce palesi ed occulte e con l’usura, ha a lungo condizionato il sistema del commercio e delle piccole imprese, spesso in difficoltà per le ristrettezze del credito. Ma la ricostruzione effettuata dalla magistratura parla anche del coinvolgimento di grossi imprenditori, insieme a stimati professionisti, giornalisti, poliziotti al soldo delle cosche. Si è accertato che Nicolino Grande Aracri disponeva di contatti e frequentazioni con la massoneria, con i Templari di Malta, col Vaticano. E i politici di casa nostra? Dall’inchiesta sono emerse soltanto frequentazioni e contiguità giudicate penalmente non rilevanti, anche se in qualche caso utili a raccogliere voti. Ha pagato soltanto Brescello, unico comune emiliano commissariato per mafia. Forse troppo poco, quanto meno per la scarsa vigilanza sugli appalti che una legge assurda impone al massimo ribasso. Alcuni avrebbero certo gradito un più grave coinvolgimento degli amministratori di sinistra. A questo proposito, il pubblico ministero Mescolini ha voluto ricostruire in aula come si sia tentato strumentalmente di chiamare in causa il sindaco della nostra città Luca Vecchi, con accuse rivolte alla moglie. Una informativa degli investigatori, destinata a rimanere riservata all’ufficio della Procura, conteneva “notizie non richieste”, e come tali omissate dal magistrato che intendeva ascoltare la signora soltanto quale testimone. Ma una abile “manina” aveva saputo cercare e trovare quell’informativa nel mare magnum dei 187 faldoni del processo, e l’aveva fatta pervenire al quotidiano “Il Resto del Carlino”. Tanto per fare scandalo, per alzare una cortina fumogena sulla reale rete delle complicità mafiose.
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Notiziario ANPI
Costituzione
Lavoro, dunque sono: l’essenza del nostro Stato Nella nostra Costituzione è sancito il diritto e il dovere del lavoro, ma c’è uno scollamento fra il dettato costituzionale e la brutale realtà economica
di Giancarlo Ruggieri “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Con questo solenne ed icastico incipit la Costituzione delinea l’essenza e il fondamento (per dirla al modo di Heidegger) del nostro Stato. Eccoci dunque giunti al terzo pilastro sul quale si fonda la Repubblica Italiana: il lavoro. Secondo l’economia politica classica, il lavoro altro non è che uno dei quattro fattori della produzione che si affianca, nel processo produttivo, alla terra, al capitale e alla capacità organizzativa. Ciascuno di tali quattro fattori della produzione contempla un costo o prezzo, secondo il seguente schema: Terra: rendita Lavoro: salario Capitale: interesse Capacità organizzativa: profitto Sennonché, da tale impostazione capitalistica classica, si è poi passati ad una più spinta dottrina neocapitalistica finanziaria, paradossalmente fatta propria, in Italia ed in altri Paesi, da governi sedicenti di centrosinistra, socialdemocratici o laburisti, secondo le contingenti denominazioni
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territoriali, che riduce il lavoro ad un mero costo d’impresa. Come tale, il costo del lavoro va abbattuto il più possibile, al fine di rendere la produzione più competitiva a livello globale. Correlativamente, devono essere compressi i diritti dei lavoratori, finanche quelli relativi alla sicurezza fisica, mentre il rapporto di lavoro deve essere reso flessibile, non stabile e precario, onde evitare rigidità che ostacolino il fine primario dell’abbattimento dei costi. Orbene, a tale cinica visione del mondo sfugge un particolare non di poco conto: dietro il lavoro c’è un essere umano, che ha diritto di vivere e di vivere con dignità! Il lavoro è l’unica possibilità di riscatto concessa alla specie umana (Cfr. artt. 35 – 40 Cost.)
Si è già capito, a questo punto, che si è verificato uno scollamento fra il dettato costituzionale e la brutale realtà economica, tanto che, ipocritamente, si vantano sciagurate riforme che, invece di attuare i chiari principi sanciti dalla Costituzione, hanno messo il lavoratore in balia delle insensi-
bili leggi del mercato (Per dirne solo una, l’asserito aumento dei posti di lavoro significa soltanto aumento del precariato e riduzione delle retribuzioni a livelli ridicoli!). Deve poi essere chiaro che il lavoro, secondo la Costituzione, costituisce, ad un tempo, un diritto e un dovere (Art. 4 Cost.). Pertanto, mentre ogni cittadino deve concorrere, secondo le proprie attitudini e capacità, al progresso della Nazione, la Repubblica deve assicurare, anche con interventi diretti nel mondo economico, la piena occupazione. Risulta evidente, a questo punto, che il corpus normativo concepito dai Padri Costituenti per disciplinare il fondamentale tema del lavoro, che ha al centro l’essere umano, è rimasto in gran parte inattuato, grave aspetto che è sfuggito agli improvvisati ed incolti riformatori, respinti con perdite dal Popolo italiano. Ma se tutti lavorano, si risolve in radice la vexata quaestio delle sovvenzioni di mera sussistenza, comunque le si voglia chiamare, sganciate da prestazioni d’opera e dal fondamentale e dignitoso aspetto retributivo. Sta scritto: chi non lavora, neppure mangi!
Lavoro
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Quando l’homo oeconomicus uccide Le morti sul lavoro sono una realtà tutt’altro che superata. Le armi contro questa strage sono i controlli, la lotta alla mafia, una legislazione e sentenze più chiare e univoche di Emanuele Cavallaro
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È facile cedere alle tentazioni del homo oeconomicus di avere il profitto oggi e il morto domani”. Queste parole le pronunciò Francesco Mauro Iacoviello, sostituto PG presso la Suprema Corte di Cassazione. Era il 14 novembre 2014: in quel lasso di tempo, tra il profitto e “il morto”, si insinuava infatti una cosa chiamata prescrizione. “Il morto”, per le famiglie, sono nomi propri. Ulderico, Ignazio, Elvisio, Prisco, Alberto, Vasco. Persone: mariti, mogli, figli, amici. Cinquantadue persone, non solo cinquantadue morti. Dalla fine infeconda del processo Eternit è nato il procedimento Eternit bis, che ha vagato da Torino alla Corte Costituzionale ed ancora cerca un nido dove poter essere celebrato. Leggere i dati 2018 delle morti sul lavoro spiega quanto, in realtà, sia importante che progressivamente si costruisca una giurisprudenza univoca e consolidata in questo campo: l’istinto dell’homo oeconomicus è tutt’altro che sopito, ma si legge nei dati anche una responsabilità più ampia come, ad esempio, nell’incremento di morti nello spostamento casa-lavoro. Tuttavia, 145 morti in 90 giorni rappresentano una strage di cui certamente si può e si deve limitare l’entità. Qualcuno argomenterà che anche questo è un dato che indica “l’arrivo della ripresa economica”: se così fosse, significherebbe che si sta uscendo dalla crisi dalla porta sbagliata, da una direzione in cui la precarietà e l’insicurezza diventano un fattore di competitività. Non può essere così: esistono aziende e imprenditori sani – che non solo applicano le norme ma investono anche oltre le stesse – ed esistono ominidi oeconomici che fanno dumping sulla pelle della gente.
Lo Stato deve discernere e, dove necessario, punire, dimostrando di non avere abiurato ai valori costituzionali. Quando si leggono storie come quella di Soumaila Sacko, sindacalista dei braccianti agricoli, ucciso a fucilate mentre raccoglieva lamiere per rinforzare la sua baracca, c’è davvero da chiedersi dove stiamo andando, verso quale luogo, verso quale secolo. Sacko non figurerà tra i morti sul lavoro ma è difficile non considerare quanto la sua morte sia legata alle condizioni in cui era costretto a lavorare e di conseguenza a vivere. Dunque, la lotta alla mafia, i controlli, una legislazione e sentenze sempre più chiare ed univoche sono le armi necessarie a garantire che il lavoro porti vita e non morte: anche
a Reggio Emilia, anche nei nostri cantieri, nelle nostre fabbriche, nelle nostre campagne. Il tema dell’amianto, a Reggio, non è solo Eternit, ma tanti altri complessi procedimenti in corso. Ho chiesto, tempo fa, ad un ex lavoratore se sapesse che l’amianto faceva male. “Sì”, mi ha risposto, “ma tra morire di fame di sicuro e morire forse, uno cosa può scegliere?”. Purtroppo è una domanda a cui troppi lavoratori sono obbligati, anche oggi, a dover rispondere. Chi costringe qualcuno a questa scelta non può non essere perseguibile dalla società. Se le leggi attuali non lo consentono in ogni e ciascun caso, forse vanno riscritte.
Il triste bilancio degli incidenti no lavoratori del Sono state settore Industria 212 le denune servizi. Lieve ce d’infortunio con esito flessione per le mortale premorti sul posto di lavoro passate sentate da 147 a 145. È la all’Inail nel priLombardia, con mo trimestre del 2018, 22 39 casi, la Rein più rispetto gione nella quale si è registrato il allo stesso pemaggior numero riodo dell’andi infortuni sul no scorso lavoro con esito (+11,57%). A perdere la vita “Slego”, dettaglio di un murales mortale. Seguono Veneto con 26, sono stati 180 agli ex capannoni delle Reggiane (foto: Angelo Bariani) Emilia Romagna uomini (erano stati 160 nel primo trimestre con 24, Lazio e Piemonte con 2017) e 32 donne (30). L’in- 21, Campania e Sicilia con 12. cremento è costituito solo da Stando agli “open data”, a casi avvenuti in itinere, cioè perdere la vita sono stati in nel tragitto tra casa e posto numero maggiore le persone di lavoro, che sono aumen- nella fascia d’età 55-59 anni tati in tutto di 24 unità, pas- (43), seguiti dai 50-54enni sando da 43 a 67 e riguarda- (39) e dai 60-64enni (30).
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Notiziario ANPI
Celebrazioni
7 luglio 1960, le verità ancora negate
La cieca violenza che travolse la città lasciando a terra cinque morti e ferendo 29 persone ha lasciato un segno profondo nella storia. Una norma ferma la revisione del processo
di Roberto Scardova
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Sparate, sparate, presto… Sparate, non preoccupatevi, sparate…”. Sono le drammatiche parole che almeno venti persone ricordano di avere udito il pomeriggio del 7 luglio 1960. Le avrebbe pronunciate, secondo i testimoni, il vicequestore commissario di polizia che diresse la sanguinosa operazione repressiva nei confronti dei manifestanti sulla piazza. “Sparate, sparate verso le persone, altrimenti siamo in pericolo”: così, ancora, il commissario avrebbe ordinato. Ai testimoni apparve letteralmente fuori di sé, gesticolava ed indicava ai propri uomini i gruppi di persone che si trovavano in Piazza Cavour, in gran parte giovani increduli dinanzi all’esplosione di tanta cieca violenza. Dalle proprie posizioni accanto all’edificio delle Poste, i poliziotti esplosero colpi di pistola, di moschetto e lunghe raffiche di mitra. Cadde per primo Lauro Farioli, davanti alla chiesa di S. France-
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sco; dopo di lui Marino Serri, che cercava di soccorrerlo. I proiettili, esplosi ad altezza d’uomo, raggiunsero poi Ovidio Franchi ed
A scatenare la furia repressiva fu il commissario Panico Emilio Reverberi, che cercarono rifugio sotto i portici dell’isolato S. Rocco. Infine fu la volta di Afro Tondelli, assassinato sotto gli alberi di piazza della Vittoria. “Sparate, sparate, cosa aspettate” andava ripetendo il commissario, che – affermano ancora i testimoni – avrebbe invitato i manifestanti ad avvicinarsi ai poliziotti, urlando
“venite venite, che ci penso io…”. E ci pensò: cinque morti e ventinove feriti, tra la folla, prima che il Prefetto ordinasse finalmente di porre fine alla sparatoria, di far ritirare poliziotti e carabinieri nelle caserme. I testimoni sono concordi nel raccontare che nessuno dei caduti aveva tra le mani qualcosa che potesse somigliare ad un’arma. Del resto, alla fine dell’orribile giornata, soltanto alcuni pochi militari si fecero medicare per qualche contusione, forse raggiuti da sassi scagliati da lontano, e più probabilmente feriti a seguito dell’incidente per il quale una camionetta s’era schiantata contro un colonnato nell’eseguire uno dei minacciosi “caroselli” contro i dimostranti, prima della sparatoria. Ma il processo si svolse come se i colpevoli fossero loro, i dimostranti. Perché non c’erano prove – disse la sentenza della Corte d’Assise di Milano – che il commissario Giulio Caffari Panico avesse ordinato di sparare contro una folla di ventimila persone, convenuta soltanto per ascoltare
Celebrazioni
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Il fascismo non finisce con il ‘45 La strage di Bologna, compiuta sabato 2 agosto 1980, è uno degli atti terroristici più gravi avvenuti in Italia nel secondo dopoguerra. Per Bologna e per l’Italia quella fu una drammatica presa di coscienza della recrudescenza del terrorismo. Alle 10.25, nella sala d’aspetto di 2° classe della Stazione di Bologna Centrale, affollata di turisti e persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplose uccidendo 85 persone e ferendone oltre 200. Da allora il 2 agosto viene considerata la “Giornata in memoria di tutte le stragi” e, da 38 anni, una staffetta ricorda le stragi degli anni di piombo, partendo da Piazza Fontana a Milano e passando per piazza Della Loggia a Brescia, arrivando infine alla Lauro Farioli a terra circondato dai compagni accorsi in suo soccorso. È lui la prima vittima del 7 luglio 1960 (foto d’archivio)
un comizio antifascista e protestare contro la svolta a destra imposta dal governo Tambroni. Caffari fu assolto “per non aver commesso il fatto”, perché nel 1964 la Corte non volle credere ai due unici poliziotti che ebbero il coraggio di indicarlo esplicitamente come colui che impose di fare fuoco. I giudici accolsero invece le dichiarazioni dei colleghi di Caffari, i quali, al contrario, lo descrissero “rauco” per il troppo urlare contro coloro che sparavano ad altezza d’uomo. Per “insufficienza di prove”, invece, fu assolto l’agente Orlando Celani: si disse fosse lui l’agente immortalato da una foto mentre in ginocchio prendeva la mira e sparava proprio in direzione del punto ove cadde Afro Tondelli. Per i giudici di Milano, però, fu impossibile identificarlo con certezza. Inutili, sino ad oggi, le istanze con cui i famigliari delle cinque vittime hanno chiesto la revisione del processo milanese. Ultima (e respin-
ta) quella presentata anni fa alla competente Procura di Brescia dall’avvocato Ernesto D’Andrea. Il quale, tuttavia, non si arrende, forte delle ulteriori testimonianze che egli stesso ha raccolto e da noi citate all’inizio: una ventina di persone certe di avere visto ed udito Caffari incitare al massacro dei cittadini inermi, all’uso delle armi da fuoco contro i ragazzi “con la maglietta a strisce” che sino ad un attimo prima intonavano canti della Resistenza. Si tratta di elementi di novità che parrebbero sufficienti a procedere verso un secondo giudizio, nel quale far valere anche gli elementi già raccolti ed ignorati dalla Corte di Milano. I quattrocentocinquanta bossoli raccolti a terra dopo la strage parlano da soli: quaranta minuti di fuoco, una vera e propria guerra dichiarata ai cittadini inermi. In quegli stessi giorni, del resto, la polizia sparò anche in altre città: undici, complessivamente, le vittime innocenti. Ma c’è un ma. D’Andrea fa notare che secondo le procedure attuali soltanto chi è stato imputato
Staffetta del 1° agosto 2012 (foto: Angelo Bariani)
Stazione di Bologna. Anche quest’anno i podisti, partiti il 31 luglio, passeranno da Reggio Emilia, in piazza Martiri del 7 luglio, il 1 agosto. Dopo una breve sosta allietata dalla distribuzione di fette di cocomero, gli atleti proseguiranno per raggiungere Bologna la mattina successiva, unendosi alle staffette provenienti da altre regioni. può chiedere la revisione di un processo. Non le parti civili, dunque: non i famigliari delle vittime, i feriti, i sindacati, la città ferita ed umiliata. Si tratta di una norma che meriterebbe una attenta valutazione da parte della Corte Costituzionale, perché palesemente discriminatoria nei confronti delle vittime di violenze ed abusi. “Quando emergono nuove prove a sostegno dell’accusa – afferma D’Andrea – deve essere possibile presentarle al giudice e discuterle in aula, avviare accertamenti, svolgere ulteriori indagini”. Magari anche esigere di poter consultare le carte del Ministero degli Interni tenute sino ad ora riservate, negate anche al senatore Felice Casson, che da giudice aveva scoperto Gladio. Anche in questo caso il segreto è utile a nascondere le colpevoli responsabilità di uomini dello Stato; non soltanto i poliziotti, ma anche chi, ad un ben più alto livello politico, in quei giorni di luglio volle inscenare le prove generali di una svolta antidemocratica ed autoritaria.
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Notiziario ANPI
Eventi
Mai più fascismi: l’appello è un successo Alla manifestazione nazionale organizzata il 2 giugno a Bologna dall’Anpi, la presidente Carla Nespolo ha festeggiato la raccolta di oltre 300mila firme di Ermete Fiaccadori
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l 2 giugno scorso, in occasione della Festa della Repubblica, l’Anpi ha organizzato una manifestazione nazionale a Bologna incentrata sullo slogan “Una Repubblica antifascista e antirazzista”. La presidente dell’Anpi Carla Nespolo ha concluso l’iniziativa, molto partecipata, informando i presenti che l’appello “Mai più Fascismi”, lanciato nei mesi scorsi da 23 organizzazioni tra cui le organizzazioni partigiane, i tre sindacati confederali, l’Istituto Cervi, Arci, Uisp, Acli, Libera e le organizzazioni e i partiti democratici, ha raccolto, alla fine del mese di maggio, oltre 300mila firme. Per quanto riguarda Reggio Emilia possiamo considerarci decisamente soddisfatti per il lavoro compiuto non solo in città ma anche in tanti paesi della provincia. Grazie ad iniziative e banchetti, ad oggi possiamo contare oltre 5.500 firme che abbiamo provveduto a trasmettere a Roma e che entro breve saranno consegnate al Presidente della Repubblica Mattarella e al Governo. L’iniziativa, naturalmente, è stata anche l’occasione per ribadire concetti fondamentali cari all’Anpi e sempre più a rischio. Per questo è stato importante rileggere l’art. 3 della Costituzione “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, augurandosi che nessuno pensi di ritornare a forme di razzismo più o meno velate. Il razzismo, come sappiamo, è la base di coltura di ogni fascismo e, per questo, bisogna cercare in ogni modo di arrestarne l’avanzata come ci impone la Costitu-
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La manifestazione “Mai più fascismi” del 2 giugno a Bologna (foto: Anpi nazionale)
zione, sciogliendo in primis le associazioni che lo pongono come punto primario. Un altro punto che la presidente Nespolo ha voluto toccare e che è ogni giorno di grande attualità è sicuramente la stregua difesa della pace, oggi minacciata in tante parti del mondo. Rileggendo l’art. 11 della Costituzione “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri
Stati , alle limitazioni di sovranità ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo” si è voluto dare un segnale forte a tutte quelle potenze che, scelleratamente, gettano popolazioni inermi in pasto a guerre sanguinarie e irrazionali. L’Anpi e le organizzazioni partecipanti hanno mostrato tutta la loro forza, rispondendo numerose e orgogliose al richiamo dell’iniziativa al grido di “Mai più fascismi”!
Palestina: “Serve una posizione chiara e ferma” di Carla Nespolo(*) Siamo indignati per il bagno di sangue che sta avvenendo in Palestina. La decisione americana di spostare la propria ambasciata a Gerusalemme e l’entusiastico consenso del governo israeliano contraddicono la storia millenaria di una città internazionale, culla e luogo di culto di varie reli-
gioni. Tale decisione è vissuta come un gravissimo oltraggio ed è stata condannata nel dicembre 2017 dalla Assemblea generale dell’ONU. L’inaugurazione dell’ambasciata, le stragi e il massacro successivi potranno causare conseguenze gravissime per Israele e Palestina, per il Medio Oriente e per il mondo intero. È sconcertante l’impotenza della comu-
Esteri
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Israele e la disastrosa mossa di Trump Il riconoscimento di Gerusalemme capitale e l’apertura dell’ambasciata Usa hanno portato a 66 morti e migliaia di feriti palestinesi. Gli Usa hanno acceso la miccia mediorientale di Saverio Morselli
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l 6 dicembre 2017 il presidente americano Donald Trump ha annunciato ufficialmente il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e l’intenzione di spostarvi l’ambasciata USA. Il 14 maggio scorso l’ambasciata americana è stata inaugurata. Il prezzo di sangue pagato dai palestinesi nelle manifestazioni di protesta per questa scellerata decisione è stato di 66 morti e migliaia di feriti. Grande clamore, grandi polemiche. Ma poi, come succede da 70 anni, tutto rientra, tutto si ridimensiona. Sino alla prossima, inevitabile crisi. Ed invece abbiamo il dovere di non assuefarci a questo stato di cose. Abbiamo il dovere di continuare ad interrogarci sulle ragioni di una tragedia che ci accompagna, immutabile, in pratica da quando siamo nati. Senza timore di denunciare le responsabilità di chi continua a gettare irresponsabilmente benzina sul fuoco di una contrapposizione che rischia di diventare (e in gran parte già lo è) di civiltà. Non dobbiamo smettere di apnità internazionale. In altri casi per molto meno sono stati assunti concreti provvedimenti. Non basta l’assenza delle delegazioni della grande maggioranza dei Paesi dell’UE all’inaugurazione dell’ambasciata americana. Le Nazioni Unite e l’Unione Europea si muovano immediatamente. I governi europei e gli stessi partiti italiani assumano una posizione chiara e ferma. Mai come oggi occorre rilanciare la proposta di due popoli in due Stati, perché la politica dei muri e
profondire, di interrogarci per capire. Ed allora proviamo a ricordare che Gerusalemme ha sempre rappresentato un simbolo irrinunciabile di identità territoriale, precariamente mediato dalla iniziale suddivisione in parte Ovest (israeliana) e parte Est (araba): status drammaticamente ribaltato con l’annessione di tutta la città da parte di Israele dopo la guerra dei 6 giorni del 1967. Gerusalemme continua ad essere, a distanza di anni, una ferita aperta, ben lontana dal cicatrizzarsi. Rappresenta, per tanta parte palestinese, non solo l’idea di appartenenza a un popolo, ma anche (quantomeno per la parte est) la capitale del futuro ambìto Stato. Se, viceversa, la rivendicazione israeliana di Gerusalemme capitale, una e indivisibile, trova il pieno sostegno dell’amministrazione americana, va da sé che una situazione già storicamente compromessa da una conflittualità mai sopita ed anzi ulteriormente inasprita dalle mai dimenticate e terribili operazioni militari su Gaza, nonché dalle recenti e ripetute manifestazioni
del venerdì per il “diritto al ritorno” dei profughi palestinesi alla propria terra, rischia davvero di precipitare irrimediabilmente a un punto di non ritorno. Non a caso anche la stessa Unione Europea, spesso ambigua e titubante, ha definito sbagliata la decisione degli Stati Uniti, affermando che “lo status finale della città deve essere risolto con negoziati diretti tra le parti”, auspicando che, nell’ottica della formula dei due Stati, Gerusalemme possa diventare la capitale di entrambi. Sulla stessa linea si è collocata l’Assemblea generale dell’ONU che, con il voto di 128 Paesi (tra cui il nostro), ha bocciato senza appello la sortita di Trump, ricevendo in cambio la rabbiosa ed indegna reazione dell’ambasciatrice USA Nikki Haley, che ha dichiarato senza vergogna “è intenzione della amministrazione americana prendere i nomi di chi ha votato contro”, paventando il taglio degli investimenti. La decisione di Donald Trump non rappresenta soltanto una mossa disastrosa per le speranze di rilanciare il processo di interruzione del conflitto che – va ricordato – è attualmente fermo, ma colpisce soprattutto la residua credibilità degli Stati Uniti come mediatori di pace, rendendoli parte del problema mediorientale, e non i fautori di una equa soluzione.
Gerusalemme, Moschea della Roccia
della repressione feroce porta soltanto a nuovi e catastrofici sviluppi. (*presidente nazionale Anpi)
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Notiziario ANPI
Donne
Le donne che hanno aperto la strada Tra gli anni ’50 e ’60 le prime amministratrici di Reggio Emilia hanno affrontato le grandi battaglie di parità che costruiranno le basi del welfare emiliano di Eletta Bertani
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opo la prima grande ricostruzione avviata nel Dopoguerra, alla fine degli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta si compie il salto culturale che porterà a grandi battaglie di parità e a costruire, grazie alle lotte e all’impegno delle donne, i primi fondamenti del welfare emiliano. A cavallo dei due decenni si realizza infatti, anche a Reggio Emilia, un grande cambiamento nella vita economica, sociale e di pensiero. Le donne entrano nelle fabbriche dell’abbigliamento, delle ceramiche, negli uffici, si sviluppa il cosiddetto lavoro a domicilio, aumenta la scolarizzazione femminile, mentalità e stili di vita cambiano. Nasce il bisogno di conciliare il lavoro fuori casa con il ruolo familiare e di cura da sempre affidato alle donne. Sempre più forte tra le ragazze diventa l’aspirazione a superare le chiusure mentali e a conquistare una maggiore libertà con rapporti più liberi e paritari tra uomini e donne. L’UDI e le commissioni femminili dei partiti avvertono questa nuova aria e la necessità di interpretare e rappresentare le esigenze specifiche di parità e di nuovi diritti che nascono dai mutamenti della condizione femminile. Nell’UDI, con i Congressi di quegli anni, cambia il terreno di gioco: la priorità ora diventano le esigenze e gli obiettivi specifici di emancipazione, elaborati e definiti in modo autonomo ri-
spetto ai partiti, anche quelli di riferimento. È una battaglia per l’autonomia che le amministratrici traducono poi nel loro impegno nei Consigli e nelle Giunte, iniziando a porre le prime basi del “welfare emiliano”. Due battaglie sono emblematiche di quel passaggio e si conducono nel Consiglio comunale di Reggio e in quello provinciale: la battaglia sul nubilato e quella sul part- time. Hanno entrambe al centro la condizione femminile nella sua specificità. Nel 1959 una delibera del CDA dell’Istituto Psichiatrico S. Lazzaro, presieduta da Pasquale Marconi, esponente DC nel CLN, stabilisce il criterio del nubilato come requisito per le future assunzioni. È una discriminazione esplicita che colpisce le donne sposate e con figli. L’assessore Lidia Greci e le consigliere Loretta Giaroni e Anita Malavasi (Laila), votano contro la delibera comunale che assume quella del CDA del San Lazzaro. Velia Vallini e Ione Bartoli, nel Consiglio provinciale, assumono una posizione analoga. Le consigliere PCI e PSI si pongono contro le scelte dei propri gruppi in nome delle altre donne, del principio costituzionale di parità e del riconoscimento del valore sociale della maternità. Marconi si dimette da presidente del San Lazzaro, la delibera è ritirata. Nel 1971, dopo grandi lotte, verrà poi conquistata la legge che proibisce i licenziamenti per causa di matrimonio. Le amministratrici di Reggio hanno aperto la strada.
Alla ricerca di libertà e nuovi diritti
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Nel 1962 le consigliere DC Livietta Fornaciari ed Ezia Annovazzi Bonezzi propongono una mozione al Consiglio comunale del capoluogo a favore dell’introduzione del part time per le donne, come forma di conciliazione tra lavoro e famiglia. È un tema che divide fortemente le consigliere della maggioranza e dell’opposizione, con opposte impostazioni culturali. La Giunta comunale ha già deciso di aprire scuole materne gestite direttamente dal Comune, per favorire l’accesso delle donne al lavoro e per una moderna educazione dei bambini. Lidia Greci e Loretta Giaroni sono nettamente contrarie alla mozione delle consigliere DC, che ritengono sia sminuente del diritto delle donne ad avere un
Donne
I VALORI FEMMINILI SI FANNO STRADA Una manifestazione delle donne negli anni ‘60 (foto d’archivio)
lavoro pari per salario, orario e valore a quello degli uomini: sono le istituzioni pubbliche locali che, attraverso l’offerta di adeguati servizi, devono aiutarle a conciliare lavoro e famiglia. La discussione nel Consiglio si protrarrà per due sedute e la Mozione DC non verrà approvata. Ma è già chiaro che le amministratrici intendono essere di riferimento per le altre donne con scelte che favoriscano il processo già avviato di emancipazione. Solo tra il 1963 e il 1973 la Giunta del sindaco Renzo Bonazzi e
dell’assessore alla scuola Loretta Giaroni, costruisce o municipalizza 10 scuole comunali dell’infanzia. Nel 1971 nasce il primo asilo nido aziendale aperto anche ai bimbi della città. Seguiranno, nel corso degli anni Sessanta e proseguiranno negli anni Settanta, grazie anche al ruolo svolto dall’assessore regionale Ione Bartoli, azioni che si spingono oltre, ponendo al centro i cittadini e i loro diritti in ogni campo e in ogni età: educazione innovativa e democratica, gestione sociale degli asili nido e scuole dell’infanzia comunali, scuole a tempo pieno, inserimento nelle scuole pubbliche dei bimbi disabili, lavanderie comunali, consultori a tutela della salute della donna, impegno
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per la contraccezione e così via. Ma questa è materia per un altro articolo. Bibliografia “Pratiche di democrazia” di Antonio Canovi e Daniele Castagnetti, “Il profilo di un Consiglio comunale” a cura della presidenza del Consiglio stesso; “Ricostruire”, comunicazione di Ione Bartoli al Convegno nazionale dell’Anpi del 2015; dalle testimonianze del volume “Tra storia e memoria, la costruzione del welfare reggiano nel racconto delle donne” a cura di Mara Pellegrino, Dimma Spaggiari e Rina Spagni (Aliberti Editore); “Paura non abbiamo: l’UDI di Reggio Emilia 1945- 1982”.
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Notiziario ANPI
Sezioni
Albinea ricorda l’Operazione Tombola Centinaia di persone a Villa Rossi per il 73esimo anniversario. Il sindaco Giberti: “Furono gettate le fondamenta della collaborazione tra i popoli” Sabato 24 marzo centinaia di albinetani, e non solo, accompagnati dal suono della banda e della cornamusa, hanno partecipato alle celebrazioni del 73esimo anniversario dell’Operazione Tombola. A fare da cornice all’evento, come da tradizione, la splendida
Non fu una semplice azione militare Villa Rossi. La commemorazione ricorda l’eroico attacco al quartier generale tedesco della Linea Gotica occidentale, portato a termine la notte del 27 marzo 1945 dai paracadutisti inglesi del 2° SAS insieme a partigiani italiani e russi. All’evento, oltre al sindaco Nico Giberti, ai rappresentanti delle istituzioni locali, delle forze dell’ordine e di Anpi, era presente anche una delegazione del distretto berlinese di Treptow-Koepenick, con cui Albinea è gemellato da ben 21 anni. Ospite d’onore dell’edizione 2018 della commorazione è stata Albertina Soliani, presidente dell’Istituto Alcide Cervi, salita sul palco accanto alla staffetta partigiana Giovanna Quadreri “Libertà” e Livio Piccinini “Delinger”: entrambi protagonisti dell’attacco di 73 anni fa. “Quella notte, sulle note della cornamusa di David Kirkpatrick – ha detto il sindaco Nico Giberti – non fu compiuta soltanto un’azione militare; furono gettate le fondamenta della collaborazione tra i popoli. Basi in cui affondano le
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radici dell’Europa unita che conosciamo”. Quello fu un atto che aprì la strada alla liberazione del nostro Paese da una dittatura oscura e spietata. “Purtroppo oggi – ha continuato Giberti – c’è chi tende a mettere l’accento sulle differenze, chi alimenta le paure, chi predica odio e avanza ricette a base di intolleranza. È in occasioni come queste che dobbiamo gridare forte il nostro rifiuto per qualsiasi rigurgito fascista e razzista”. Dopo Giberti hanno preso la parola due richiedenti asilo ospiti ad Albinea: Souleymane Kante e Sylvanus Goba. I ragazzi, provenienti da Senegal e Sierra Leone, hanno raccontato la difficile e dolorosa fuga dai loro paesi natii e la calorosa accoglienza ricevuta una volta arrivati nella comunità albinetana, Le celebrazioni sono terminate con due melodie e una canzone interpretate dai bambini
e dalle bambine delle classi quinte delle scuole primarie “Anna Frank” di Borzano e “Renzo Pezzani” di Albinea Fola.
Il sindaco di Albinea Nico Giberti
Liberazione: Cadelbosco ricorda i caduti Usa II 25 aprile 2018 per Cadelbosco di Sopra è stato un Giorno della Liberazione molto diverso dal solito, grazie al grande lavoro di ricerca storica condotta dalla locale sezione Anpi. Si è infatti celebrata quest’anno la memoria del tenente Edward Golden Jr, di Alvin Bershad e John Hanlon, carristi della prima Armored Division statunitense caduti il 24 aprile 1945 durante la liberazione del comune. Alla commemorazione, durante la quale si è dedicato un parco e un monumento alla memoria di questi soldati a Cadelbosco di Sopra (in via Rodari), hanno preso parte, oltre alle autorità comunali, la locale se-
zione Anpi, numerosi cittadini cadelboschesi e non, anche la famiglia Golden stessa proveniente dagli Stati Uniti. In particolare, i rappresentanti della famiglia del tenente Golden Jr sono stati Mike dall’Oklahoma e suo figlio tenente colonnello Chris Golden dal New Jersey (rispettivamente figlio e nipote di William Golden, fratello di Edward, anch’esso caduto in guerra in Francia/ Germania, 1’8 aprile 1945). Al contempo si è potuto contattare negli USA anche il figlio stesso del tenente Golden Jr, Edward Golden III, purtroppo spentosi dopo una lunga malattia proprio il 18 aprile, e sua moglie Billie Golden.
Letture
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Letture a cura di Antonio Zambonelli E. Terenziani, E. Corradini, F. Catellani (a cura), Sotto i portici c’era la luna. Testimonanze sulla Resistenza, Consulta ed., 2018, 166 pp. Il suggestivo titolo dato al volume, dedicato a raccogliere le testimonianze di 11 partigiani iscritti all’ANPI di Bagnolo ma non tutti bagnolesi all’epoca della guerra di liberazione, viene appunto dalla narrazione di un partigiano di Campagnola, anche se quei “portici” potrebbero di primo acchito far pensare a quelli che a Bagnolo fronteggiano la Torre gonzaghesca diventata sacrario della Resistenza. Molto bagnolese, e ancor più suggestiva, la citazione in 4.a di copertina “Comunque la Beviera....la Beviera ha la sua storia”. La via Beviera, allora stradetta bianca in mezzo alla campagna, corridoio privilegiato tra la resiFranco Piccinini (a cura), La guerra ci passava sopra. I bambini reggiani raccontano il secondo conflitto mondiale, TM ediz., 2018, 457 pp. L’Autore ci ha già offerto un ottimo lavoro con le memorie dello zio partigiano Delinger (v. “Notiziario”, n. 5/6, 2015). Con questo nuovo volume ha perseguito un obiettivo diverso e originale nel panorama reggiano di memorie della guerra e della Resistenza: registrare il ricordo di quegli anni tra oggi ottantenni e ultra, che all’epoca erano bambini o poco più, e appartenevano a famiglie non necessariamente tutte “antifasciste”. Non alla ricerca di “come siano veramente andate le cose”, ma per cercare di restituire, nella spontaneità del racconto, lo sguardo di bambini e bambine rispetto ad eventi tragici alternati anche a momenti di
stenza in pianura e quella in montagna per il transito di alimenti, vestiario ed altro materiale necessario al sostentamento delle bande guerrigliere dell’Appennino. Il volume, corredato anche di belle fotografie del borgo e del paesaggio agrario odierno circostante (assai mutato da quello di 74 anni or sono), si conclude con utili appendici: i nomi dei perseguitati antifascisti 1921-1943, dei 137 partigiani, del-
quotidianità. Allo scopo l’Autore ha volutamente evitato di intervistare ottantenni che in vario modo siano anche poi diventati “storici” di quegli anni. Con risultati non del tutto omogenei, ovviamente. Il “rischio” di incrostazioni o di interpretazioni successive è sempre in agguato. Il risultato è comunque assai godibile e coinvolgente: 40 testimoni ci espongono i loro ricordi in teatri che vanno dal Cusna al Po, dal Secchia all’En-
le vittime di guerra, dei deportati civili e degli Internati militari. I tre intervistatori dichiarano in premessa di aver raccolto le 11 testimonianze “conservando il più possibile la forza del racconto orale”, e ci sono riusciti in modo esemplare, quasi riecheggiando quella valorizzazione della “storia orale” che caratterizzò il “Sessantotto”. Essi aggiungono che “se a prima vista la lettura puo’ risultare difficoltosa, a ben vedere questo stile costituisce la cifra di quella spontaneità che questa pubblicazione vuole valorizzare e conservare”. Tutto vero, per i lettori attrezzati a collocare quelle narrazioni in un contesto già conosciuto. Qualche problema per un uso didattico, che comunque è auspicabile, ma che richiede adeguato accompagnamento.
za . Quanto al titolo: la guerra “passava sopra” nel senso che all’inizio era soprattutto aerea (anche con i “festosi” bengala che illuminavano le notti, e le bombe che di colpo portavano distruzione e morte). Poi la guerra arrivò anche in casa, con le stragi nazifasciste e i borghi incendiati. Ma “passava sopra” anche, come ne La Storia di Elsa Morante, quasi incomprensibile rullo compressore, “uno scandalo che dura da 10.000 anni”. La dedica di Piccinini è ai nipotini “e a tutti i bambini sperando che la lettura di queste storie li emozioni e li aiuti ad essere protagonisti del proprio tempo”. Ma anche un adulto, vissuto in quegli anni e in molti di quei luoghi e informato di ciò che la storiografia ne ha raccontato, non può evitare di emozionarsi e di acquisire uno sguardo rinnovato.
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Notiziario ANPI
Cultura
Le rivoluzioni raccontate da Fotografia Europea
Le mostre dell’evento reggiano hanno descritto il tema da più prospettive. Tre i percorsi espositivi presentati dall’Anpi con le foto di Cocchi, Prampolini, Magnanini e Bariani
di Angelo Bariani
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ibellioni, cambiamenti, utopie. Questo II tema della tredicesima edizione di Fotografia Europea, che si presta a molte interpretazioni: dal tradizionale “reportage” al mutamento radicale dello “status quo”, inteso come rinnovamento nell’ambito del sapere e dell’agire umano. Rivoluzione industriale, Rivoluzione culturale, dei costumi, senza dimenticare le rivoluzioni che sconvolsero il mondo: dalla Rivoluzione Francese alla Rivoluzione Russa e cinquant’ anni fa il “Sessantotto”. L’interpretazione che ogni fotografo ha voluto dare per sviluppare il tema è stata libera e senz’altro stimolante.
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Anche nella scelta delle immagini c’è stata una rivoluzione: ana-
Visioni e tecniche in un confronto stimolante logico o digitale? Alcune mostre esibiscono immagini frutto di un’elaborazione estrema del di-
gitale, altre sono stampe eseguite in camera oscura che rappresentano la striscia del negativo: fantastiche! La nostra associazione ha promosso tre mostre: due nel cortile di Palazzo Ancini in via Farini dove ha sede l’Anpi provinciale, e l’altra nella sala espositiva del Cinema Rosebud. In quest’ultimo spazio la sezione Anpi Risorgimento ha allestito un’interessante mostra dal titolo: “Volti (di) resistenti – Sguardi di partigiani rivoluzionari e ribelli di ieri e di oggi”. Bellissime immagini scattate da due fotografi del “Fotogruppo 60” – Mario Cocchi e Roberta Prampolini – stampate su alluminio (anche questo è rivoluzionario), raffiguranti volti di partigiani come sono oggi con la riproduzione
Cultura
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SCATTI NEL CUORE DI REGGIO Durante Fotografia Europea, in piazza Prampolini, una mostra a cielo aperto (foto: Angelo Bariani)
della scheda personale di allora fornita dal casellario di Istoreco. Lo stesso concetto ha ispirato Giovanni Magnanini della sezione Anpi di Correggio, che ha esposto in via Farini. Magnanini ha però messo in accostamento la scheda dei partigiani (sempre fornita da Istoreco e dall’Archivio di Stato) con la foto dei famigliari oggi: mogli, figli e nipoti in atteggiamento di rispettosa memoria. La terza mostra, sempre in via Farini, è di Angelo Bariani della sezione Anpi di Pieve
Modolena, In questo caso diverso è lo sviluppo del concetto di “Rivoluzioni” che viene reso con immagini di cronaca che partono dalle manifestazioni degli anni ‘70 a Torino, passando dal 1980 con l’occupazione della Fiat, attraverso diversi momenti “rivoluzionari”, nel senso che hanno determinato veri e propri cambiamenti. Altri sono rimasti un bellissimo ricordo che oggi non può che essere un’utopia: tre milioni di persone al Circo Massimo di Roma il 23 marzo
2002 in difesa dell’ art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Le tre mostre saranno riproposte, proprio per il loro valore documentaristico, alla prossima edizione di FestaReggio.
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Notiziario ANPI
Anniversari
Anniversari ANNIVERSARIO
Alberto Vanicelli Il figlio Giorgio, unitamente alla sua famiglia, ricorda con immutato affetto e rimpianto il padre Alberto, partigiano e dirigente dell’Anpi provinciale, sottoscrivendo pro Notiziario per onorarne la memoria.
ANNIVERSARIO
Erio Camellini e Rina Galassi Nella ricorrenza del 73° della Liberazione e del 74° anniversario della Battaglia dello Sparavalle, dove il partigiano “ Gek” (Erio Camellini) e la staffetta partigiana “Barbara” (Rina Galassi), hanno combattuto per la difesa dei loro ideali di pace e libertà e ricorrendo anche il 13° e 17° anniversario della loro scomparsa, la figlia Ivana e il nipote Riccardo sottoscrivono pro Notiziario.
24° ANNIVERSARIO
Dino Sassi
Il 15 aprile ricorreva il 24° anniversario della scomparsa del combattente Dino Sassi. Lo ricordano con affetto la moglie Iris Notari e figli con le loro famiglie. In suo onore offrono a sostegno del Notiziario.
16° ANNIVERSARIO
Sergio Ferrarini “Spartaco” “Ti abbiamo sempre nel cuore. La tua famiglia e i tuoi amici”. Nel 16° anniversario della scomparsa di Sergio Ferrarini (Spartaco), avvenuta il 18 maggio 2002, lo ricordano Anna, Linda e Vittoria che sottoscrivono a sostegno del Notiziario.
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13° ANNIVERSARIO
Pietro Govi “Piretto” Il 24 luglio ricorre il 13° anniversario della scomparsa di Pietro Govi “Piretto” di Rio Saliceto, appartenente al distaccamento “G. Matteotti” della 144a Brigata Garibaldi. La moglie Umberta, le figlie Adriana e Lorena lo ricordano con tanto amore e sottoscrivono in suo onore pro Notiziario.
25° ANNIVERSARIO
Pietro Canepari “Cartoque” In occasione del 25° anniversario della scomparsa di Pietro Canepari “Cartoque”, la moglie Angiolina, la figlia e la nipote per mantenere viva la memoria in quanti lo hanno conosciuto e stimato, sottoscrivono pro Notiziario.
5° ANNIVERSARIO
Giorgio Franzoni Il 12 aprile scorso ricorreva il 5° anniversario della scomparsa di Giorgio Franzoni. Gli amici Edda, Ottavio e Walter, per onorarne la memoria offrono a sostegno del Notiziario.
32° ANNIVERSARIO
Aristide Brugnoli “Baderone” L’11 settembre 1985 è la data della scomparsa del partigiano Aristide Brugnoli “Baderone” della 77a Brigata SAP. La moglie Pierina Righi ed il figlio Gianni lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.
Anniversari
1° ANNIVERSARIO
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6° ANNIVERSARIO
Renzo Sironi
Adriano Pedroni “Robin”
Edda Romei ricorda il marito Renzo a un anno dalla sua scomparsa con un grande rimpianto nel cuore. In vita è stato un onesto lavoratore, una persona rispettosa, un convinto sostenitore della democrazia e delle istituzioni e un grande amico dell’Anpi. Per onorarne la memoria e per ricordarlo ai parenti e agli amici, la moglie sottoscrive a favore del Notiziario.
Il 15 giugno ricorreva il 6° anniversario della scomparsa del partigiano Adriano Pedroni “Robin”, appartenente alla 144a Brigata Garibaldi. La sua presenza, il suo entusiasmo, la sua voglia di operare per un mondo migliore mancano a tutti i suoi parenti ed amici. In particolare lo ricordano con affetto e rimpianto i figli Rossella e Fulvio, la compagna Franca, la nipote Silvia e la nuora Ivetta.
15° ANNIVERSARIO
3° ANNIVERSARIO
Giuseppe Campioli
Marino Bertani “Massa” Per onorare la memoria del partigiano Marino Bertani “Massa”, appartenente alla 76a Brigata SAP, nel 15° anniversario della scomparsa, avvenuta il 5 giugno 2003, la moglie Teresa Giovanardi e i figli Delfino e Marinella lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.
Il 19 luglio ricorre il 3° anniversario della scomparsa del partigiano della 76a SAP Giuseppe Campioli, per anni pilastro dell’Anpi e della memoria della Resistenza nella sua Scandiano. “Sempre nei nostri cuori, nella nostra memoria, nella condivisione dei nostri ideali”: la moglie Giuliana, i figli Fausto e Marica, insieme ai nipoti e al fratello Cesare, sottoscrivono a favore del Notiziario. ANNIVERSARIO
1° ANNIVERSARIO
Abbo Barigazzi e Marisa Lanciano
Romano Sassi Il 14 maggio 2017 è mancato Romano Sassi, lasciando un grande vuoto tra i parenti e gli amici. La cognata Nealda, ricordandone con rimpianto la figura onesta e generosa, sottoscrive pro Notiziario per onorarne la memoria.
73° ANNIVERSARIO
Martino Bartoli Sono passati 73 anni, ma il ricordo del padre Martino rimane indelebile, carico di dolore, nel cuore della figlia Ada per le sevizie e l’uccisione da lui subite il 23 aprile 1945 ad opera di orde tedesche. Per rendere omaggio alla sua figura di combattente sottoscrive pro Notiziario.
ANNIVERSARIO
Cismo Tirabassi “Enrico” e Mercede Cigarini Per onorare la memoria del padre partigiano Cismo “Enrico” e della madre Mercede Cigarini, i figli Anno e Silvio offrono a sostegno del Notiziario.
Ricordo della figlia Chiara e famiglia: “Per ogni anno che passa, aggiungo vuoti che non si colmeranno. Questi vuoti, loro, li riempivano con tenacia e volontà. Abbo Barigazzi e Marisa Lanciano portavano, con la loro presenza, quel contributo che scaturiva dagli ideali dell’antifascismo e della libertà, dei quali sono stati promotori sin dagli anni giovanili, quando anch’io, non ancora adolescente, li seguivo alle riunioni di Partito. Ideali che anche oggi dobbiamo perseguire perché non vada dispersa quella matrice politica di democrazia e unione, frutto di lotte e di conquiste che il passato, non senza sacrifici, è riuscito a consolidare. Mai abbassare la guardia nel nome di chi ci ha preceduto e di possibili e repentini mutamenti che andrebbero a indebolire la stabilità e l’equilibrio del nostro Paese: Un monito per i giovani e per il futuro che li attende”.
ANNIVERSARIO
Senno Riccò e Ida Spaggiari Per onorare la memoria dei carissimi e splendidi genitori, la figlia Sonia insieme al marito Alberto e alla figlia Elisa, sottoscrivono pro Notiziario.
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Notiziario ANPI
Anniversari
7° ANNIVERSARIO
Pieraldo Campani
25° ANNIVERSARIO
Francesco Neroni
Il 4 luglio ricorre il 7° anniversario della scomparsa di Pieraldo Campani. La moglie Antonietta, i figli Stefano e Daniele, la sorella Giovanna, i cognati e i nipoti tutti, ai quali manca sempre la sua presenza e il suo affetto, sottoscrivono, per onorarne il ricordo, pro Notiziario.
3° ANNIVERSARIO
Irmes Tedeschi
A 21 anni dalla scomparsa del caro Francesco Neroni, la moglie Pompilia Ferrari, le figlie Gilda e Giuliana, i nipoti Andrea e Francesco lo ricordano con affetto e, in sua memoria, offrono a sostegno del Notiziario.
9° ANNIVERSARIO
Anselmo Bisagni
Nel mese di giugno ricorreva il 3° anniversario della scomparsa del partigiano combattente Irmes Tedeschi. Irmes ha operato principalmente nella zona di Borgo Taro; faceva parte della Brigata “100 Croci” 2a divisione Val di Taro, effettuando azioni di sabotaggio, di combattimento e prelevamento spie. Finita la guerra si era ritirato a vita privata, facendo il “il fornaio di Campegine”. In sua memoria, la figlia Franca ed il genero sottoscrivono pro Notiziario.
ANNIVERSARIO
Carlo Gregori Norma rende onore al ricordo del marito Carlo Gregori, nome di battaglia “Morgan” partigiano della 145a Brigata Garibaldi, sostenendo il Notiziario, gli dedica questa poesia di A. Merini: La sensibilità non è donna, la sensibilità è umana quando la trovi in un uomo diventa poesia. (tratto da Poesie di A. Merini)
5° ANNIVERSARIO
Arrigo Rivi
Sono trascorsi 5 anni da quel giorno (22 Giugno) e mai e poi mai ti abbiamo dimenticato; sei sempre nei nostri pensieri. Ricordiamo con immutato affetto l’uomo che eri, semplice, di sani principi, coerente con i tuoi ideali, ma soprattutto protettivo verso la tua famiglia. I tuoi cari sottoscrivono pro Notiziario
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Il 29 giugno ricorreva il 9° anniversario della scomparsa di Anselmo Bisagni, un caro amico e collaboratore dell’Anpi. La moglie Angiolina Bertani, i figli, il genero, le nuore e i nipoti, con sempre vivo rimpianto e immutato affetto, sottoscrivono pro Notiziario per onorarne la memoria.
ANNIVERSARIO
Giovanni Bizzarri Il primo settembre ricorre l’anniversario della scomparsa di Giovanni Bizzarri di Correggio, ex internato in Germania. La moglie Vienna Pinotti e il figlio Claudio, nel ricordarlo per la sua vita dedicata alla famiglia e al lavoro, sottoscrivono pro Notiziario per onorarne la memoria.
11° ANNIVERSARIO
Nello Lusoli
Sono 11 anni che ci hai lasciato, ma ogni giorno sei presente nei nostri pensieri e nei nostri cuori. Con immutato amore Lido, Zita, e Valeria.
Lutti
luglio 2018
Lutti Alfonso Merzi e Nerina Lanzoni Il 7 aprile scorso la comunità reggiolese ha dato l’ultimo saluto al partigiano Alfonso Merzi, di anni 99, nome di battaglia “Nino” e alla staffetta Nerina Lanzoni, 95 anni, sorella di Selvino Lanzoni, condannato alla pena capitale per impiccagione dai nazifascisti a Luzzara dopo orrende torture. Alfonso e Nerina erano marito e moglie e se ne sono andati insieme a poche ore l’uno dall’altro. La loro storia di partigiani, che tanto hanno lottato per la libertà e democrazia, è nota in tutta la provincia reggiana ed oltre e l’Associazione ne è estremamente orgogliosa. Il nostro sentimento va oltre il riconoscimento del loro eroismo. Li ricordiamo con rimpianto quando, sempre insieme, si adoperavano per il tesseramento nella sezione di cui Nino era il presidente e contattavano decine di associati per partecipare alle celebrazioni degli eccidi e delle battaglie sulle nostre montagne ed erano orgogliosi del loro impegno e dei risultati ottenuti. Di Franca ricordiamo il dolore che, ancora dopo tanti anni, provava per l’orrenda fine dell’amato fratello Selvino e le lacrime che versava ogni anno quando passava dai nostri uffici per ricordarne l’anniversario. Nino ha guidato la macchina fino ad una età avanzata e Franca voleva sedersi al suo fianco, pur soffrendo di un continuo dolore alla schiena, per condividere con lui la sorte. Crediamo che la scomparsa di tutti due a poche ore di distanza rispecchi il loro desiderio di chiudere insieme, come avevano vissuto, la loro avventura terrena.
Ero Gibertini Il 29 marzo u.s. si è spento presso la sua abitazione di Cadelbosco Sotto, dopo una lunga malattia, il partigiano Ero Gibertini, classe 1925, nome di battaglia “Polastri” nella 77a SAP, 2a Brigata. Conosciuto come “Gibo”, nella sua lunga vita ha conservato intatti i valori di pace, libertà e rispetto per i quali aveva combattuto durante la Resistenza. La moglie Iolanda e la figlia Nadia con grande affetto offrono pro Notiziario in suo ricordo.
Verina Corradini “Verina Corradini, classe 1925, nei primi mesi del 1944 si mette in contatto con la 37a Brigata GAP di R.E.” e fino ai giorni della Liberazione svolge il suo rischioso ruolo di staffetta del 1° Battaglione Gappisti – piccola unità combattente formata dai due distaccamenti a sede della via Emilia – il distaccamento “Comando” (zona Rivalta/Val d’Enza) e il distaccamento “Katiuscia” (zona S.Maurizio/Val Secchia). Determinata e coraggiosa, in sella alla sua bicicletta, affronta anche le azioni più pericolose con la chiara consapevolezza di rischiare la sua giovane vita per compiere la missione affidatale dal Comando Brigata. Alla veneranda età di 92 anni, la cara e coraggiosa compagna Kira ci ha lasciati, accompagnata dal vivo rimpianto dei suoi superstiti compagni di lotta. Un caro saluto e un forte abbraccio ai suoi due figli Roberto e Paolo che non ho avuto l’opportunità e il piacere di incontrare, né di conoscere”. Giglio Mazzi “Alì” del distaccamento “Katiuscia” in sua memoria sostiene il Notiziario.
Bruno Mussini È scomparso all’età di 93 anni, Bruno Mussini, il partigiano Jac del distaccamento Don Pasquino Borghi della 143a Brigata Garibaldi. Ancor prima di entrare nella resistenza armata fu coinvolto in un episodio che vide partecipi due gappisti ed un ufficiale delle S.S. Italiane e con generoso e rischioso intervento aiutò e contribuì a salvare i due giovani partigiani (Alì e Jack). In seguito , già militante nelle file della Resistenza Reggiana nella zona pedi collinare della Val d’Enza, partecipò al vittorioso attacco alle truppe nazifasciste alle “Terre rosse di Traversetolo” che respinse e mise in fuga con elevate perdite il grosso battaglione che razziava e depredava la zona. Nei giorni post Liberazione, nel suo servizio nella Polizia di Stato, si trovò nuovamente e ripetutamente impegnato in scontri a fuoco con rapinatori e criminali che in quei giorni tumultuosi opprimevano le nostre contrade. Scompare con Bruno Mussini, “Darno” per gli amici, un valoroso partigiano/garibaldino che offrì la sua giovinezza alla ricostruzione dello Stato italiano, prima nella Resistenza reggiana, poi nella Polizia di Stato. Senza rispetto per l’opera svolta e per il suo dimostrato impegno patriottico, in seguito Mussini fu allontanato dalla Polizia per la sua ideologia politica come successe a tanti partigiani (Garibaldini e/o Fiamme Verdi) di tutta la zona emiliano-romagnola. L’amico Giglio Mazzi “Alì” lo ricorda.
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Notiziario ANPI
Lutti e sostenitori
Denis Bocconi Il 15 aprile 2018 è venuto a mancare all’età di 91 anni Denis Bocconi, povigliese di nascita e lì ha vissuto fino al 2000. Rimasto vedovo si è trasferito a Cadelbosco Sopra vicino alla figlia Marina e al genero Ivan dai quali ha avuto assistenza fisica e morale fino alla fine dei suoi giorni. La sua vita è stata un susseguirsi di gioie e dolori con la perdita dei genitori e della moglie ed era stato particolarmente scosso in gioventù per l’uccisione del fratello partigiano Marino Bocconi (Lampo) caduto in combattimento il 23 aprile 1945 in uno scontro a fuoco alla Lora di Campegine. Dal quel momento in poi si è sempre prodigato insieme agli addetti dell’Anpi per divulgare le sue idee di pace, democrazia e libertà, ideali per i quali il fratello ha dato la sua giovane vita. Negli anni ‘50 e ‘60 come tanti altri ha dovuto emigrare in Svizzera per cercare lavoro come muratore e dopo 14 anni era tornato al suo paese per concludere la sua carriera lavorativa come socio della Coopsette nella quale credeva completamente. Andato in pensione si era dedicato al volontariato presso la Croce Azzurra di Poviglio, partecipando a tutte le iniziative. Speriamo rimanga nei ricordi di tutti coloro che lo hanno conosciuto (Marina, Ivan, Luca e Simonetta).
Otello Montanari Otello Montanari si è spento il 16 aprile u.s. Avrebbe compiuto 92 anni il 10 maggio. Il corteo funebre è iniziato in piazza Casotti davanti al Museo Tricolore da lui ispirato. Malato da tempo, fino a quando ha potuto ha continuato negli ultimi mesi a documentarsi, a leggere libri, mosso da una passione irrefrenabile per la storia e la cultura. Una vita ricchissima di esperienze quella di Montanari. A 15 anni, nel 1941, in piena seconda guerra mondiale, si iscrisse al PCI. A scuola ebbe come insegnante Nilde Iotti. Il primo gennaio 1945 in un conflitto a fuoco rimase ferito e claudicante per tutta la vita. Fu segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, deputato del Pci, rivestì ruoli politici sia in Comune a Reggio, sia in Provincia che in Parlamento. È stato presidente dell’Istituto Cervi e dirigente dell’Anpi. Ruoli a cui teneva moltissimo, ai quali rinunciò dopo il famoso articolo del “Chi sa parli” di cui tutta la stampa cittadina e nazionale si impossessò e procurò intensi sentimenti contrastanti tra i cittadini reggiani per anni, riaprendo ferite che si credevano sepolte. Nell’occasione della sua scomparsa riteniamo giusto e doveroso ricordarlo per le sue attività istituzionali, per il suo impegno in onore del Tricolore, per la sua intelligenza, per la sua capacità oratoria e la sua indomabile voglia di ricerca e cultura. Alla moglie e ai figli la vicinanza dell’associazione è sincera.
Loran Parmigiani Il 26 aprile 2018 è morto nell’ospedale S. Maria Nuova, dopo una breve malattia, l’amico Loran Parmigiani per anni collaboratore volontario della nostra Associazione. Non deve risultare retorica l’affermazione che la sua scomparsa ha lasciato tutti costernati e addolorati, perché la sua presenza settimanale negli uffici Anpi portava, oltre alla sua passione per il lavoro pratico da svolgere, anche la sua personalità allegra e ottimista che rendeva l’ambiente più amichevole e familiare. Una breve orazione funebre è stata tenuta da due amici di Loran (Paolo Rozzi e Laura Salsi) che ne hanno messo in evidenza il suo percorso lavorativo, il suo impegno sociale e politico, nonché l’affetto per la sua famiglia e gli amici. Ne è uscito un profilo di uomo onesto, lavoratore e impegnato. Ci mancherà il suo sorriso, la sua spontanea ironia e la sua amicizia. Alla moglie e alla figlia rinnoviamo le più sincere condoglianze e la nostra vicinanza.
Sostenitori FAM. GOVI
in memoria del partigiano Pietro Govi
€50,00
IVANA CAMELLINI
in memoria dei genitori
€30,00
ANGIOLINA CASOTTI
in memoria del marito Pietro Canepari
€75,00
IRIS NOTARI
in memoria del marito Sassi Dino
€30,00
OTTAVIO BURATTI
in memoria dell’amico Giorgio Franzoni
€60,00
ANNA FIORANI
in memoria del marito Sergio Ferrarini
€50,00
PIERINA RIGHI
in memoria del marito Aristide Brugnoli
€50,00
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Sostenitori
luglio 2018
EDDA ROMEI
in memoria del marito Renzo Sironi
ROSSELLA PEDRONI
in memoria del padre Adriano Pedroni
€100,00
GIULIANA MONTANARI
in memoria del marito Giuseppe Campioli
€100,00
TERESA GIOVANARDI
in memoria del marito Bertani Marino
€100,00
NEALDA DONELLI
in memoria del cognato Romano Sassi -
CHIARA BARIGAZZI
in memoria dei genitori Abbo e Marisa Lanciano
VIENNA PINOTTI
in memoria del marito Giovanni Bizzarri
€25,00
ADA BARTOLI
in memoria del padre Martino
€20,00
ANNO E SILVIO TIRABASSI
in memoria dei genitori Cismo e Mercede
€25,00
SONIA RICCÒ
in memoria dei genitori Senio e Ida Spaggiari
€50,00
ANTONIETTA LARI
in memoria del marito Pieraldo Campani
€50,00
POMPILIA FERRARI
in memoria del marito Francesco Neroni
€30,00
FRANCA TEDESCHI
in memoria del padre Irmes
€50,00
ANGIOLINA BERTANI
in memoria del marito Anselmo
GIGLIO MAZZI
in memoria di O.Montanari, Verina Corradini, Bruno Mussini
€450,00
NADIA GIBERTINI
in memoria del padre Ero
€100,00
MARINA BOCCONI
in memoria del padre Denis
CONDOMINIO AURORA
in memoria di Bruno Mussini “Darno”
ADOLFINA BUSSEI
pro Notiziario
€30,00
ALFREDO CAMPIOLI
pro Notiziario
€30,00
AMICA
pro Notiziario
€10,00
DAVIDE ZAMBONI
pro Notiziario
€30,00
FRANCESCO FANTINI
pro Notiziario
€50,00
GINA SOLIANI
pro Notiziario
€30,00
IVANO MASONI
pro Notiziario
€10,00
IVANO SASSI
pro Notiziario
€30,00
LAURA CAVAZZONI
pro Notiziario
€100,00
LILIANA FONTANA
pro Notiziario
€30,00
MARCELLO MARINELLI
pro Notiziario
€10,00
MARIA FONTANESI
pro Notiziario
€30,00
MAURO MELIOLI
pro Notiziario
€50,00
PIETRO BUFFAGNI
pro Notiziario
€100,00
RAFFAELE CAMPIOLI
pro Notiziario
€10,00
RENZO SPAGGIARI
pro Notiziario
€20,00
SECONDO MARCIANI
pro Notiziario
€20,00
SILVIA BONEZZI
pro Notiziario
€100,00
TEOBALDO BORCIANI
pro Notiziario
€25,00
TERESA CIGARINI
pro Notiziario
€30,00
WILLIAM GORINI
pro Notiziario
€30,00
GIUSEPPINA MUNARI
in memoria del marito Arrigo Rivi
€50,00
€50,00
€30,00 €100,00
€50,00
€20,00 €100,00
LIDUINA TINCANI
in memoria del marito Nello Lusoli
€200,00
SEZIONE RIO SALICETO
pro Notiziario
€297,00
SEZIONE FABBRICO
pro Notiziario
€122,00
SEZIONE BAGNOLO IN PIANO
pro Notiziario
€480,00
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