TB Magazine Settembre 2009

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EDITORIALE

TuttoBrindisi Numero 12 Settembre 2009 Autorizzazione Tribunale di Brindisi: n. 4 del 13/10/1995 Distribuzione gratuita nei principali luoghi di lavoro e di ritrovo dall’1 di ogni mese (la lista dei punti di distribuzione la trovate sul nostro sito internet)

Non restate a guardare I sogni brindisini? Sono solo sportivi di Fabio Mollica

Almeno per ora ci dobbiamo “accontentare” delle gesta della Pennetta, di Cardinali e di Moscelli & Co. Domani chissà...

Direttore Responsabile: FABIO MOLLICA Grafica: SALVATORE ANTONACI Webmaster: ANTONIO TEDESCO Stampa: Tipografia MARTANO Lecce Redazione/Pubblicità Prolungamento Viale Arno, sn 72100 Brindisi Tel/Fax 0831 550246 info@fabiomollica.com posta@tbmagazine.it

Hanno scritto su questo numero: Francesca Alparone Giovanni Antelmi Dario Bresolin Daniele Galiffa Guido Giampietro Emilio Graziuso Stefano La Monica Iole La Rosa Mario Lioce Tiziana Piliego Pamela Spinelli La collaborazione a TB è libera e gratuita

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uttoBrindisi, il nuovo TB, compie un anno. Un anno di progetti, idee, denunce, critiche, sberleffi. 65.000 copie distribuite e una serie infinita di complimenti e suggerimenti che ci hanno confermato al bontà del nostro progetto editoriale. E soprattutto ci hanno convinti a continuare la strada intrapresa nell’ottobre 2008, quando ci eravamo dati un orizzonte temporale di 12 mesi per verificare la tenuta del magazine e la sua “presa” sui brindisini. Sono stati proprio i brindisini, quelli che a noi più piacciono, quelli che non si accontentano delle veline e dei reggimicrofoni, a farci capire che TB serve a dare voce alla città emarginata e a quanti hanno idee e cose interessanti da dire. E proprio di veline, velinari e reggimicrofoni parliamo in questo numero con Vittorio Bruno Stamerra, l’ex direttore del Quotidiano di Brindisi, persona autorevole, che non ha risparmiato le sue bordate a chi conta, a chi contava e a chi pensa di contare (a pagina 10). Dopo la copertina di agosto dedicata all’assessore Teo Titi, teniamo fresco l’argomento Turismo e Città turistica, con una intervista ad un operatore brindisino, Carmelo Mergola, che a proposito

di sviluppo della costa ha le sue buone (e interessanti) cose da dire (a pag. 14). I giovanissimi Pionieri della Croce Rossa sono invece i protagonisti della nostra quarta puntata dell’inchiesta dedicata ai Brindisini Straordinari (a pag. 30). Il libro del mese è quello di Antonio Caiulo, che partendo dalla storia (vera) del rigassificatore ha scritto una (verosimile) storia noir molto piacevole: “Da Dover a Capo Bianco” di cui vi proponiamo due brani (a pag. 36). Ritorna questo mese la rubrica “I viaggi di TB”, con una proposta molto fuori dal comune (l’Uzbekistan) ed un breve

reportage curato da Giovanni Antelmi (a pag. 42). A tal proposito vi invitiamo ad invitarci i vostri reportage, racconti di viaggio, corredati delle vostre fotografie: diteci dove siete stati, cosa vi è piaciuto e cosa consigliate di vedere nei luoghi che avete visitato nel corso dell’estate. Come per il primo numero del nuovo TB, quello di ottobre 2008, un anno dopo ricominciamo dedicando la copertina allo Sport, perché oggi come ieri lo Sport è ancora (purtroppo) l’unica cosa che fa sognare i brindisini. A partire da Flavia Pennetta e dal suo leggendario ingresso nella top ten delle migliori tenniste del mondo. Pamela Spinelli (a pag. 21) ci ha raccontato la Pennetta degli inizi, quella che faticava a tenere in mano la racchetta. Da questo mese, come avrete potuto notare in copertina, dedichiamo allo Sport una sezione speciale di otto pagine, dove potrete trovare foto, poster, articoli sulle squadre dei campionati professionistici ma anche su quelle dei campionati minori. Invece, per assoluta mancanza di spazio (ma non di argomenti, perché quelli non mancano mai), questo mese dovrete fare a meno delle nostre pagine di satira. Sapremo farci perdonare con il prossimo numero. Buona lettura.

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PERSONE

Brindisini del Mese NO COMMENT

CITTADINANZA ATTIVA

La protesta silenziosa. E civile “Non siamo contro i lavoratori o le aziende, ma contro il carbone”

Occhiali per il mondo Siglata l’intesa tra Asl e Lions Asl Brindisi e Lions hanno siglato un protocollo d’intesa che ha permesso di istituire nell’ex ospedale Di Summa il secondo centro italiano per la raccolta ed il riciclaggio di occhiali usati (il primo si trova a Chivasso, in provincia di Torino). Gli occhiali riciclati vengono poi utilizzati in progetti umanitari nei paesi in via di sviluppo. «Siamo soddisfatti di questo accordo e delle prospettive che esso apre», dice l’avvocato Mimmo Pagliara, che segue il progetto per conto dei Lions. L’intento, ora, è di coinvolgere nell’attività di raccolta e riciclaggio l’intera città, le scuole e quanti vorranno dare un aiuto per la riuscita del progetto.

Chi sono i giovani in maglietta nera? Prima a Cerano, durante il concerto di Renzo Arbore, armati di fischietti. Poi al Consiglio comunale ed a quello Provinciale, in religioso silenzio, con una magletta nera con la scritta “No al Carbone”. Chi sono questi giovani che hanno scelto di protestare contro il combustibile più inquinante in una maniera sicuramente origi-

nale e soprattutto civile? Sono una trentina di ragazzi (ma il loro numero cresce di giorno in giorno), sganciati da partiti, movimenti e associazioni. Hanno a cuore il bene della città e la difesa dell’ambiente. Il giorno dopo la pulizia di Lido Poste da parte dell’Aspica e del Comune sono andati in spiaggia ed hanno trovato 25 sacchi di spazzatura dimenticati dietro gli scogli. Fanno parte, su Facebook, del gruppo Anti-

Cerano (circa 3000 iscritti), ma ci tengono a precisare che loro «non sono contro le industrie né contro i lavoratori». La loro protesta è contro l’Enel e l’uso eccessivo del carbone. E preannunciano nuove manifestazioni di protesta, sempre civili e rispettose delle idee altrui. Sono in contatto con il gruppo “Salento senza inquinamento” ed hanno scoperto che a Lecce le persone sensibili a queste tematiche sono

MUSICA

E Ventruto finì nel Cantatutto Un brano del brindisino scelto per uno spot Aci. Da poche settimane è stato pubblicato “Cantatutto vol. 4”, dove accanto ad artisti importanti e brani famosi compare “Questa vita è mia”, il secondo singolo del chitarrista brindisino Stefano Ventruto. «Il brano è stato scelto dall’ACI per uno spot radiofonico e televisivo nazionale il cui tema 4 TB SETTEMBRE 2009

è la sicurezza stradale». In “Cantatutto vol. 4” sei in buona compagnia. Ci sono big nazionali ed internazionali: U2, Metallica, Beatles, Vasco Rossi, De Andrè, Zucchero e Biagio Antonacci. La decisione dell’ACI è stata un caso o ha premiato il tuo testo? Hanno scelto il mio brano perché può rappresentare un inno alla vita e quindi trasmettere positività.

In questi anni hai scritto le musiche per alcuni programmi RAI. Ti ripeterai? Il progetto delle musiche per la RAI è stato ideato e realizzato da RAI Trade/Unifunk che qualche anno fa mi coinvolsero in questo progetto. Se mi verrà offerta nuovamente la possibilità lo rifarei volentieri e con il massimo entusiasmo. L’Aquila è la città che in questi anni ti ha adottato.

Ho un forte legame con la città e i suoi abitanti. L’Aquila mi ha sempre sostenuto artisticamente enfatizzando sempre l’artista Ventruto (giornali, radio, televisioni e concerti). Stiamo lavorando per riprendere in mano la situazione e ritornare più forti di prima. Ciò che dico agli amici abruzzesi è che non dobbiamo mollare, non sarà certo un terremoto a spezzare i nostri sogni e obiettivi. Marco Greco

molto più numerose rispetto a Brindisi. La loro prossima mossa è attesa a giorni, nel corso di importanti manifestazioni locali. Per il resto è silenzio assoluto. Almeno per ora, perché nelle prossime settimane, dopo le magliette, arriveranno i dati e i numeri che spiegheranno perché è necessario chiedere agli enti locali e all’Enel che nelle due centrali venga bruciato molto meno carbone.


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PERSONE

Brindisini del Mese NO COMMENT

FATTI

Il vizio di Mele

Se Mennitti si dà al Vino

Pillole di saggezza dell’ex deputato «L’avvocato Aurelio Gironda mi disse: “Mimmo, la politica è il tuo peggior vizio”. Forse aveva ragione. È un sentimento che non si spiega. Ma il potere no, certe volte acceca, e si commettono errori. Ci vuole buon senso». «Le belle donne piacciono a tutti. Bisognerebbe solo stabilire il confine tra etica, moralità e ipocrisia. E quello tra pubblico e privato». «C’è tanta, tanta ipocrisia». «Sono una persona di buon senso, so di aver commesso un grave errore per il quale ho pagato un prezzo troppo alto. Il tutto deve essere inquadrato però nella sua giusta dimensione». Cosimo Mele su “Demo Magazine” di Agosto

Sarà Brindisi la sede della prossima edizione del Concorso enologico internazionale delle Città del Vino denominato “Selezione del Sindaco e Biodivino”. Lo ha annunciato nei giorni scorsi il sindaco Domenico Mennitti, presente alla cerimonia di premiazione dell’ottava edizione del premio, svoltasi a Roma in Campidoglio. Con il primo cittadino era presente Giovanni Nardelli, presidente della cooperativa Risveglio Agricolo, vincitrice di una medaglia d’oro per il Brindisi Rosso Doc Simposio Riserva 2005, e di due medaglie d’argento per il Rosso Simposio 2006 e per il rosato doc Brindisi 2008. Risultati importanti per una delle realtà storiche dell’enologia locale, che sta vivendo una difficile fase di transizione e di rilancio

non priva di soddisfazioni. «Spero che questo possa essere un primo passo per la rinascita del Brindisi Rosso Doc», ha detto Nardelli, «un vino che era stato un po’ dimenticato e che non ha ancora avuto lo stesso successo di altre doc come il Salice Salentino o il Primitivo di Manduria» Al concorso quest’anno hanno partecipato 1016 vini, 421 aziende, 231 comuni. La Selezione del Sindaco è l’unica rassegna che valorizza il rapporto tra vino, territorio e turismo. Non a caso è organizzato dall’Associazione nazionale Città del Vino (di cui il Comune di Brindisi fa parte dal 2003), una rete di comuni, parchi e comunità montane a vocazione vitivinicola, depositari di almeno una doc o docg, impegnati nella promozione dei prodotti agroalimentari di qualità e custodi di una documentata tradizione enologica.

unica, l’esperienza con il maestro Giorgio Trani: sceneggiatura scritta in un giorno, 12 giorni di

preparazione, 5 di girato. Ora attendiamo l’anteprima pubblica. In foto una scena del film.

In città nel 2010 la “Selezione del Sindaco”

Alpha Edile bonifica salata Il Comune spende 750mila euro. Che non recupererà mai L’Alpha Edile lascia in eredità un conto salato. Salatissimo. La bonifica del piazzale di proprietà dell’azienda di Rocco Ferrari (in foto), incendiatosi diverse volte, sequestrato dalla procura e dato in affidamento al Comune, costerà infatti 750mila euro. La giunta Mennitti ha deciso di farsi carico della spesa per poi rivalersi sull’azienda, ma quest’ultima è in liquidazione ed a luglio ha messo in mobilità i suoi 22 dipendenti. Dunque quei soldi non saranno mai recuperati. Del resto l’imprenditore ed il

suo legale Mimmo Pagliara hanno sempre sostenuto che, trattandosi di area non più in possesso dell’azienda, la bonifica non poteva essere a carico dell’Alpha Edile. Una storia lunga e poco chiara, partita nell’aprile 2003 con la richiesta dell’azienda (alla Provincia) di poter utilizzare il terreno di contrada Piccoli. Un terreno a cui i piromani si sono affezionati, visto che gli incendi dolosi sarebbero stati tre. Incendi su cui sono in corso diverse inchieste che finora non hanno portato ad alcun risultato. L’unico dato certo è che i brindisini pagheranno per colpe non loro.

Spettacolo

Galantucci papà “last minute” Un film girato a budget zero. A Brindisi. Fare cinema a budget zero si può! Lo hanno fatto il regista Giorgio Trani ed il neo-produttore Massimo Galantucci,titolare della Magilla Spettacoli, entrambi pugliesi. Nei giorni scorsi infatti sono terminate le riprese di “Last minute papà”, esilarante

cortometraggio scritto dallo sceneggiatore Willy Giangrande una tra le menti più fervide della nostra terra, girato tra Brindisi, Ostuni, San Vito dei Normanni e Locorotondo. Il cast è composto da 13 attori professionisti e oltre cento comparse, tutti rigorosamente coinvolti a titolo gratuito. Perché “Last minute papà”? Al compimento dei suoi 46 anni il protagonista sa di diventare

padre. Probabilmente vi è un’età oltre la quale bisognerebbe riflettere prima di concepire un “cucciolo”, per non accrescere i già molti problemi in un mondo abbruttito da troppe conformità e vizi che lacerano la crescita e l’esistenza stessa di caratteri fragili come le giovani vite. La casa di produzione Magilla Spettacoli è fiera di poter affermare quanto sia stata rara, forse

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PERSONE

Brindisini del Mese COSIMO MILLARDI

“Le nostre aziende dimenticate”

IL PRESIDENTE VIAGGIA IN AUDI

La denuncia di Millardi contro i ritardi dell’Asi «Nella zona industriale ci sono aziende che hanno pagato al Consorzio Asi (ex Sisri) gli oneri di urbanizzazione e ancora attendono di vedere asfaltate le strade». La denuncia è di Cosimo Millardi, titolare della Tecno Servizi di Ingegneria, azienda di progettazioni industriali che lavora in Italia e all’estero. La sede della Tsi è in via Carlo Urbani, traversa di viale Enrico Fermi, a 100 metri dal MercatoneUno. «Io ed altri imprenditori quattro anni fa pagammo circa 5.000 euro di oneri di urbanizzazione, ma per i cavi della telefonia abbiamo provveduto a spese nostre. Anche l’impianto di trattamento delle prime pioggie l’ho fatto a mie spese: altri 5mila euro. L’Asi

La giunta Ferrarese cambia il parco auto della Provincia. Il PDL critica ma fa autogol. Perché con le nuove berline si risparmia...

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’argomento era di quelli che facevano gola e garantivano l’attenzione della stampa e la rivolta dell’elettorato, ma il coordinatore provinciale del PDL aveva fatto male i conti e alla fine la presa di posizione di Maurizio Friolo contro la decisione della giunta Ferrarese di cambiare il parco auto della provincia e dotarsi di una nuova Audi A6 (per il presidente) e di nuove Lancia Delta (per gli assessori) è stata un autogol. Perché, come ha successivamente spiegato l’assessore al Bilancio Enzo Baldassarre in risposta alle polemiche dell’opposizione, «con la sostituzione delle auto a scadenza di contratto di nolo con nuove auto di cilindrata inferiore che rispondono ai requi-

COMUNE

siti di minor costo di noleggio, minori consumi, minore impatto ambientale e maggiori standard di sicurezza, a regime (dicembre 2009), il costo complessivo delle auto di rappresentanza passerà dagli attuali 6.545,56 € al mese a 5.725,00 € al mese, compresa la nuova auto in dotazione alla Presidenza, con un risparmio di 820.56 €/mese, perseguendo così gli obiettivi di contenimento e di riduzione dei costi». Massimo Ferrarese dunque potrà godersi la nuova A6 e lasciare in garage la vecchia e logora Lancia Thesis in dotazione al suo predecessore Michele Errico. Non sarà l’Audi A8 superblindata e superaccessoriata del premier Silvio Berlusconi, però la bella figura e la tenuta di strada sono garantite.

Il caso dei presunti incompatibili ed ineleggibili

Brigante non molla Delibere non ratificate: ci sono 120mila euro da recuperare?

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el primo consiglio comunale (31 luglio) la sua interrogazione creò scompiglio: «Il sindaco, buona parte degli assessori e alcuni consiglieri sono incompatibili o ineleggibili per aver presentato nella scorsa legislatura un bilancio falso e non aver ratificato in Consiglio alcune delibere di giunta per spese pari a circa 120mila euro».

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Dopo l’intervento di Giovanni Brigante fu il caos. Mennitti attaccò Angelo Rizziello, capogruppo PDL, reo di non averlo difeso. Ma la difesa, finora, non è giunta neanche dal segretario generale dell’Ente, cui Brigante rivolge nuovamente l’interrogazione, pretendendo una risposta scritta. Del caso è stato informato anche il prefetto Cuttaia. Ma Brigante se la prende anche con i colleghi di opposizione: «Tutti, ad eccezione di Enzo Albano e Vincenzo

Guadalupi, hanno votato per l’eleggibilità pur conoscendo il problema esistente, avendolo sollevato loro stessi alla fine della passata legislatura». Il consigliere avverte: «Io siedo in Consiglio per controllare, non per assistere. E aggiungo che l’opposizione di oggi non è più quella di ieri, abituata a beccare nell’orto dell’esecutivo. Almeno per quel che mi riguarda». Attendiamo le risposte dei revisori dei conti e del segretario generale.

aveva indetto l’appalto per la realizzazione della strada, ma un ricorso ha bloccato l’assegnazione dei lavori, così ci ritroviamo in aperta campagna. Quando ospitiamo in azienda persone che vengono da altre realtà industriali, quasi ci vergogniamo». La strada, oltre a non essere asfaltata, è dissestata, e se non si va piano e non si fa attenzione si rischia di danneggiare gli automezzi. Dall’Asi fanno sapere che proprio nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso dell’azienda che aveva contestato l’assegnazione dell’appalto, e dunque i lavori per la realizzazione dell’ultimo lotto di strade nella zona industriale stanno per partire.


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Vittorio Bruno Stamerra ex direttore del Quotidiano. Oggi editorialista della Gazzetta del Mezzogiorno

RIFLESSIONI

DI UN EX DIRETTORE

Mennitti? «Parlava con Caiati, Marino Guadalupi, Manco: è un personaggio vecchio». Ferrarese: «Un uomo di marketing. L’unico che poteva tenerlo a freno era Dipietrangelo, ma non lo hanno voluto». Il Pd: «Vi sembra un partito?». L’informazione locale: «I giornali sono tutti uguali. Le tv una fucina di reggimicrofoni». Vittorio Bruno Stamerra dice la sua sulla città, la politica, la cultura. E sui suoi colleghi. Senza peli sulla lingua.

di Fabio Mollica

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uando mi chiamarono da Quotidiano, nel 1995, l’allora capo della redazione brindisina, l’ottimo Oronzo Martucci, mi accompagnò dal direttore a Lecce: «Sei mesi di prova e poi ti assumiamo!», disse Vittorio Bruno Stamerra. Passarono 3 anni: tanto lavoro, pochi spiccioli e nessun contratto. Stamerra fu licenziato da Claudio Signorile che vendeva il giornale a Caltagirone. Io lasciai Quotidiano e nacque TuttoBrindisi. Ancora oggi non so mai se rinfraziarlo o sfotterlo per la mancata assunzione (non certo per l’esperienza professionale, quella sicuramente positiva). Oggi, 15 anni dopo, l’ex direttore di Quotidiano, divenuto nel frattempo editorialista della Gazzetta del Mezzogiorno, sorride: «Però fui io a volerti, malgrado provenissi da un giornale (Nuova Meridiana, dell’altrettanto ottimo Leonardo Sgura, oggi al Tg1, ndr) che parlava male di me e della mia testata. Non riuscii ad assumerti perché nel frattempo mi mandarono via». Altri tempi. Altro modo di fare giornalismo. Oggi, a 66 anni, Stamerra non ha perso il vizio ed il piacere di parlare dei fatti locali. E di quanto accade nel “suo” settore.


L’INTERVISTA Direttore, come giudichi l’informazione locale? «Non ne sono soddisfatto, per due ragioni. Intanto perché ha esaurito ogni capacità critica. Sarà colpa della moda degli uffici stampa, ma giornalisti sulla linea di fuoco della notizia ce ne sono sempre meno. Sarà colpa dei tempi, ma chi volesse leggere i fatti della città attraverso i giornali ne potrebbe benissimo fare a meno: basta comprarne uno, perché sono tutti uguali. I giornali locali sembrano delle fotocopie quando parlano di fatti amministrativi. Io cestinerei il materiale che gli uffici stampa inviano alle redazioni. Terrei conto solo della notizia, il resto, se interessante, lo approfondirei autonomamente. Altrimenti l’unica strada è il cestino». Vorresti abolire gli uffici stampa? «No li renderei trasparenti. Oggi non lo sono. In primo luogo sceglierei professionisti con tanto di nome e cognome, rapporto fiduciario e con contratto individuale. Poi affiderei ad una società esterna il budget che l’ente fissa per la “comunicazione al cittadino” intesa però solo come pubblicità e caratterizzerei in maniera più trasparente anche il rapporto con le radio e le tv locali. Nel senso cioè che quando assistiamo ad autentiche occupazioni del video da parte degli amministratori, la gente deve sapere che quella è solo pubblicità. La gente deve sapere che le emittenti prendono soldi dagli enti, dai Comuni e dalla Provincia. Quindi si tratta di informazione condizionata da un rapporto di natura commerciale. E poi, scava scava, si scoprono tante altre cose: sponsorizzazioni, servizi, call center, assunzioni e tanta altra roba. No, non c’è trasparenza, la gente lo deve sapere. La stessa cosa vale per i giornali locali attraverso la pubblicità cosiddetta istituzionale che premia sempre i giornali amici». Non vorrai dire che le ultime inchieste in città le ha fatte il giornale “di Stamerra, Signorile e Rocco Trane”! «Tu scherzi, ma effettivamente qualcuno diceva che eravamo un partito, non un giornale, perché per colpa della nostra linea si dimettevano i sindaci. E nessuno può dire che era una linea di sinistra. Eravamo tutti vicini a quelle posizioni, però nessuno di noi era organico alla sinistra. Pensa che nell’86, o forse era l’87, Errico Ortese, allora sindaco, mio amico e compagno di partito all’epoca dei Lombardiani, scrisse a Signorile e Rocco Trane chiedendo “Ma Stamerra con chi sta, visto che Quotidino ci attacca ogni giorno?” Noi stavamo dalla parte della gente, a prescindere. E questo non vuol dire che ogni giorno si devono pubblicare lamentele e denunce: quella è una cosa scontata che un giornale deve fare. Stare dalla parte della gente vuol dire sentire la gente, fuori dalla ufficialità e dai microfoni, e portarlo sui giornali. Cogliere i sentimenti veri e i disagi della gente. Questo manca nella stampa locale oggi». Quale quotidiano locale leggi con maggior piacere? «Li compro tutti, ma preferisco “Il Corriere del Mezzogiorno”, perché Marcello Orlandini è della mia vecchia scuola. Ammetto che è anche un fatto di nostalgia. Ma a parte questo, il Corriere ha margini di autonomia. È quello che subisce meno il condizionamento politico. Negli altri è evidente la volontà di girarsi dall’altra parte quando guardano alla politica o alla pubblica amministrazione». E delle tv locali che mi dici? «Mamma mia! Dicevano che l’abitudine di pontificare

dietro le telecamere, ogni giorno, parlandosi addosso e intervistandosi allo specchio fosse un male tutto di Giovanni Antonino. Ma ho riscontrato che anche uno dei peggiori nemici di Antonino, Michele Errico, ha fatto la stessa cosa per anni, parlando davanti alle telecamere, spesso senza essere ascoltato da nessuno. Del resto l’emittenza televisiva locale è una autentica giungla di reggimicrofoni». Non ne guardi neanche una? «No, solitamente non vedo i telegiornali locali. Mi viene il voltastomaco. Reggo solo il tg di Telenorba la mattina alle 7,30 e quello di fine serata. Mi annoia anche il Tg3 pugliese che con la barca di giornalisti e mezzi che ha potrebbe fare cose incredibili». Le tv locali sopravvivono grazie ai soldi pubblici: alle convenzioni per mandare in onda i Consigli comunali

Greco, un brindisino che ha i genitori a Brindisi, e noi non siamo stati ancora capaci di chiamarlo per uno spettacolo, o per proporgli di avviare nella sua città una scuola di danza, succursale della sua, in Olanda, ormai nota a livello mondiale. Noi invece facciamo accordi con il San Carlo di Napoli! Tanto di cappello, ma perché non Greco? Ed Eugenio Barba dell’Odean Theatre, in Danimarca? Lele Amoruso tempo fa lo ha portato a Brindisi, ma l’assessore neanche sapeva chi fosse. Qui si vuole fare solo la cultura dei replicanti. Da Avenali al Futurismo abbiamo solo replicato cose fatte da altri, mostre di passaggio, che non producono cultura e non producono risorse aggiunte alla città». Però sempre meglio di niente! «Certo, ma ripeto, se tu fai per primo una mostra sul Futurismo lo devi far sapere a Milano, a Roma, non solo ai giornali locali. Tra l’altro

“La gente deve sapere che le emittenti prendono soldi dai Comuni e dalla Provincia” e provinciale, alla pubblicità istituzionale, alla pubblicità elettorale. Senza non esisterebbero. «Altra stortura del sistema: noi non prendevamo una lira dalle istituzioni! Oggi i giornali e soprattutto le televisioni sono pagati, e anche bene, attraverso la pubblicità e le convenzioni. Ma penso anche alle campagne promozionali che qualche istituzione locale continua a fare nella cerchia urbana: si organizzano eventi che dovrebbero portare benefici indotti alla città, sedimentare cultura e produrre turismo di transito, e invece di fare la pubblicità a Bari, Milano, Firenze, si comprano spazi su giornali e tv che non si vedono neanche a Sant’Elia. O si stampano manifesti da affiggere in città. Che senso ha tutto ciò?». Quello di tenerci tutti sotto controllo. Mi sembri un tantino critico sulla cultura di Mennitti. «Per carità! Se apriamo il discorso della cultura stiamo freschi. È vero che nessuno è profeta in patria, ma il prossimo autunno la danza a Roma si chiamerà Emio

in quel caso si trattava solo di una collezione privata. Non è questo il modo di investire in cultura. E poi ci propinano tutta roba targata politicamente: Giancarlo Giannini che viene a presentare un’atto unico di Marcello Veneziani, noto intellettuale di destra. Ma prendessero spunto da Berlusconi, che è più intelligente e dà spazio a tutti. Perfino a Striscia la notizia. E poi rendessero finalmente più trasparente la gestione del teatro Verdi! Finora tutti i tentativi di portare alla luce i bilanci della Fondazione, pur essendo pubblica, sono stati inutili». Mi chiedo come mai gente come te, o Massimo Guastella, restano fuori da certi giri politico-istituzionali? «Tu mi chiedi perché uomini come me, o Massimo Guastella, e tanta altra gente che ha idee, che legge, ha frequentazioni di ogni tipo, che viaggia, visita mostre, che ha una visione della vita ben diversa e più ampia di quella circoscritta dal vialetto della propria città, è fuori dai centri decisionali? Le ragioni sono tante,

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L’INTERVISTA alcune riconducibili alla politica che con le sue regole ha sempre e di più marginalizzato chi non godeva di apparati, e poi perché la politica del fare, dell’indipendenza di pensiero, e non solo di quello, mal si concilia con la politica di partito dove alla fine prevalgono solo tessere e schieramenti. Non è solo un problema di tessere, che noi non abbiamo ma contro le quali non ho proprio niente da dire. Siamo scomodi. La politica ci vorrebbe soltanto come juke box, alcuni ci stanno, altri no. È normale». Da che parte stai oggi, politicamente? «Sono un apolide di sinistra, con una storia di socialista alle spalle. Non esiste un PD, non esiste un partito strutturato». Ma esiste un PD che è sempre bravo a perdere. «Già. Mennitti è stato bocciato da due brindisini su tre. Un risultato catastrofico dopo cinque anni di sindacatura. Alla fine ha vinto perché non aveva avversari. Salvatore Brigante ha occupato militarmente un Pd debole ed evanescente. Un partito forte ed autorevole avrebbe impedito le primarie che abbiamo visto, andando invece a primarie di coalizione. Ma lì non escludo anche la manina di Michele Errico, da sempre avversario della candidatura Brigante e, trasversalmente, simpatizzante di Mennitti». Che così ha vinto. «Ha vinto per due ragioni: perché il PD è stato incapace di indicare un candidato adeguato, dal punto di vista politico, culturale, della capacità di essere innovativi. E perché Salvatore Brigante si è appiattito su apparentamenti sputtananti. Non è stato votato dall’estrema sinistra e dall’elettore tradizionalmente di sinistra influenzato dagli apparentamenti imprensentabili fatti prima delle elezioni e dal patto con Antonino. Un certo tipo di borghesia brindisina ha scelto Mennitti pur essendo di sinistra. Hanno scelto il meno peggio». Credi che sarà l’uomo della svolta? «Ma stai scherzando? Mennitti è il paradosso, la nemesi di questa città. E’ politicamente vecchio, è coevo di personaggi come Caiati, Manco, Scarascia, Guadalupi, Sasso, Arina e tanti altri di quella generazione, quelli cioè che hanno costruito o assistito all’attuale disastro sociale ed urbanistico di questa città. Ebbene, con quella generazione lui c’era. Ritengo folle affidare il futuro a chi è stato tra i protagonisti di un passato che oggi tutti, a ragione, si affannano a dire che è stato un tragico errore». A volte l’insuccesso di un sindaco dipende anche dalla giunta o dal Consiglio comunale che si ritrova. «In effetti non vedo nella composizione di tutto l’attuale consiglio comunale, maggioranza e opposizione, la preparazione necessaria, culturale e politica, per potersi confrontare sui temi dello sviluppo della città, dall’urbanistica all’industria, dal lavoro alla cultura. Mi chiedo con chi potrà confrontarsi su questi temi il mio amico Tonino Bruno. Non lo invidio». Invece di Ferrarese che mi dici? «Esordio disastroso. Da lui ci si aspettava un colpo d’ala. Ha nominato invece una giunta ostaggio della peggiore cultura partitocratrica. Ha resuscitato persino Nicola Frugis! Primo atto della sua giunta la dotazione di auto blu, da sempre emblema negativo dell’Italia sprecona e della casta. Neanche un’elefantessa in amore in una cristalleria avrebbe saputo fare di meglio e di più! Poi la solita menata di Ferrarese per stare sui giornali (da sempre il suo assillo principale): unire tutti i presidenti di provincia del Sud per fare fronte 12 TB SETTEMBRE 2009

comune contro la Lega. E siccome Ferrarese è a capo di una maggioranza che si definisce di centrosinistra, quelli del centrodestra ovviamente lo hanno mandato al diavolo». Però l’operazione Ferrarese è stata vincente. «Ma l’incognita di un “uomo immagine” al comando è proprio il limite di questa operazione politica. Affianco a Ferrarese ci doveva stare un grande uomo della

dipendenza. Nessuno ha avuto il coraggio di proporgli la vicepresidenza, né lui l’ha chiesta. E poi, diciamo la verità, questo Pd sinora sopravvissuto a Veltroni è solo uno scannatoio, che assomiglia alla peggiore vecchia Dc! Vale solo la corsa sfrenata alle poltrone! Speriamo che Bersani riesca a vincere il congresso e a ripristinare nel suo partito regole e ordine. Ed infine ci sarebbe da chiedersi anche se Ferrarese, vista la caratura della sua giunta, avrebbe avuto interesse a farsi affiancare da uno come Dipietrangelo!». Credi che i brindisini si meritino l’informazione e la classe politica che si ritrovano? «Per quello che spendono per giornali, libri e cinema, se lo meritano. Ma dico anche che per la generosità e per quello che hanno saputo fare in due-tre circostanze storiche, meriterebbero ben altra rappresentanza. Questa città ha subìto trasformazioni incredibili, è stata drogata. Cinquanta anni fa scoppiava di industria, di iniziative imprenditoriali». Oggi ripartiamo dal Teatro e da Palazzo Nervegna. «Palazzo Nervegna ed il Verdi non bastano. La città purtroppo è priva di un patrimonio storico e architettonico autenticamente rappresentativo che da solo richiami interesse da parte di turisti e visitatori. Occorre investire in infrastrutture e in iniziative originali e di sicuro interesse. Niente più mostre che non godano di larga eco mediatico e di critica (salvo le marchette dei giornali locali). Dotiamoci di una dignitosa pinacoteca comunale, sperimentando, perché no, anche forme di mecenatismo privato, creando le strutture e le condizioni per il turismo congressuale, scegliendo finalmente di fare del porto interno, quello storico, una sorta di Montecarlo dell’Adriatico che ospiti barche di ogni tipo dodici mesi all’anno. Così si rianima il centro

“Facciamo del porto interno una Montecarlo dell’Adriatico, che ospiti barche 12 mesi l’anno” politica, un uomo che conosce le istituzioni, le leggi, i partiti, gli uomini, tutti, avversari e alleati. Insomma un grande uomo di apparato, che si muove con discrezione e conosce le trappole di ogni tipo. Fare marketing, quello che piace a Ferrarese, è cosa ben diversa dall’amministrare la cosa pubblica, un ente». Insomma non sei contento neanche di lui? «No, dico che Ferrarese è un prim’attore, e il PD ha fatto un’altra grande puttanata, non tanto quella di appoggiarlo, perché Errico si era fatto fuori da solo pretendendo di comandare il partito. Il PD doveva mettere accanto al neo-presidente un “Ferrarese di segno opposto”, e ne aveva solo uno». Carmine Dipietrangelo. «Esatto. L’uomo ideale, nello schieramento di centrosinistra, sarebbe stato Carmine Dipietrangelo, l’ultimo professionista della politica che ha avuto questa provincia. È un primattore, un “numero uno” come Ferrarese, ma rispetto al neo presidente è politico esperto come nessun altro ed ha una rete di relazioni, anche di livello internazionale, che sarebbero state di grande utilità. Il problema è che Dipietrangelo, che pure respira politica, è fuori dalla politica. Fa il manager presso una grande società per il trattamento delle acque e lui stesso ogni tanto si diverte a fare l’imprenditore. Il suo lavoro gli piace e lo gratifica, ma della politica non riesce a fare a meno, è una sorta di

storico, ma anche sostenendo il commercio con ogni agevolazione possibile, partendo dall’eliminazione di tutte le imposte comunali. Solo facendo scelte chiare e coraggiose si esce dalla palude e dall’ambiguità». Anche il neo assessore Teo Titi la pensa come te e propone un porticciolo nel porto interno. «Mi fa piacere, ma a parte il limite del conflitto d’interessi, spero che Teo Titi abbia le palle per reggere ai condizionamenti della politica». Parlando di cultura hai dimenticato l’Università. «Stanno puntando su facoltà universitarie che sono diplomifici inutili. Siamo la capitale dell’energia, la commissione europea destina fondi a non finire alla ricerca sull’idrogeno e noi non siamo capaci di fare nulla. L’Università di Brindisi dovrebbe guardare a questo! Alla ricerca, alle nuove tecnologie...» Ormai non ti tengo più «Allora chiudo tornando al rapporto tra amministratori e stampa. Tutti sanno che l’8 giugno scorso Errico ha portato dei faldoni in procura. Denunciava alcuni suoi collaboratori. Mi chiedo: che senso ha avvalersi delle loro competenze e poi denunciarli per presunti abusi sui quali egli stesso avrebbe dovuto vigilare? Allora avrebbe potuto mettere direttamente due-tre procuratori in giunta, coì risolveva il problema alla fonte. Ma mi chiedo anche: perché nessun giornale ne ha parlato?»


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ATTUALITÁ

ALTRE STORIE di Tiziana Piliego

I

l turismo per far ripartire l’economia della città e di un’intera provincia. È questo il percorso che i nuovi amministratori vogliono seguire. E lo si è capito benissimo. Il sindaco Mennitti ha creato un assessorato ad hoc affidato a Teo Titi; il presidente della provincia Ferrarese parla sempre di marketing territoriale. Noi aspettiamo pazientemente questa svolta, certi che possa essere l’inizio del vero ed auspicato cambiamento. Investire nel turismo è rischioso e a quanto pare poco conveniente. Difficoltà di ogni genere si affacciano all’orizzonte di chi, con buone intenzioni, vorrebbe provarci. Ma c’è un imprenditore, uno dei tanti, che da Brindisi è andato via ancor prima di affacciarsi al mondo degli affari. Potremmo citarlo tra i brindisini straordinari. Lui il suo futuro lo ha costruito altrove, ma continua a dare lavoro a tanti brindisini e prova ancora, disperatamente, a fare qualcosa per la sua terra. Carmelo Mergola mesagnese di nascita, capisce già nel lontano 1972, che la sua vita, soprattutto quella professionale, sarebbe stata altrove. Come inizia la sua avventura? Ho capito da subito che la mia terra non mi avrebbe offerto molto. Ho iniziato i miei studi a Brindisi, ho frequentato l’Istituto Alberghiero, ma ho preso la maturità a Pescara, dove nel frattempo avevo iniziato a lavorare in diverse strutture alberghiere. Da lì è stato un crescendo di esperienze lavorative, anche all’estero, ma l’amore per la mia terra mi ha riportato in Italia. Dal 1992 dirigo il Welcome Village di Tortoreto, sulla costa abruzzese. Nel 2000 ho costituito la società “Welcome villaggi” con la quale nel 2003 ho acquistato il villaggio-camping Bahia di Pantanagianni, una struttura ancora in fase di decollo. Perché da noi le cose funzionano poco e male e basta percorrere pochi chilometri per trovarsi in un mondo diverso? Giù da noi ci sono molti aspetti che sono diventati consuetudine e quasi passano inosservati. Io ho incontrato e incontro grosse difficoltà. Ciò che è un diritto viene venduto come un favore. Questo è mortificante e francamente mi chiedo i giovani che futuro possano avere. Basta guardare il mare di tutta la regione, paragonabile a quello della Sardegna, per capire che il turismo è la vera risorsa. Eppure Tortoreto ha ottenuto quest’anno la Bandiera blu. Detta così potrebbe sembrare un controsenso. La verità è che la costa abruzzese si presenta meglio. Strutture, accoglienza, pulizia, organizzazione e attenzione ai bisogni di tutti. Quello che manca a Brindisi. Cosa intende dire? Spiace dirlo, ma io ho grosse difficoltà nel convincere i tour operator a venire in Puglia per visitare il Bahia e proporlo ai clienti. In genere questi accordi si fanno d’inverno. Una delle ultime volte che ho portato un potenziale cliente nella mia struttura, mi chiedeva: ma mi porta in una discarica? Il difficile è stato far capire che la spiaggia sarebbe stata ripulita. Da noi la pulizia degli arenili inizia a luglio inoltrato e non viene comunque mai garantita regolarità. Ecco perché parlo 14 TB SETTEMBRE 2009

“Qui ciò che è un diritto viene venduto come un favore”

TURISMO? ECCO PERCHÉ NON DECOLLA Carmelo Mergola è proprietario di un villaggio in Abruzzo e del camping Bahia. Il primo funziona. Il secondo ha grosse difficoltà. Perché gli amministratori locali... di difficoltà. Le amministrazioni, la politica, cosa possono fare? Purtroppo ci sono delle cose che non si vogliono vedere, si finge di non vederle. Cioè? Voglio dire che tutto ciò che può rappresentare benessere per la gente, a mio avviso, il politico non vuole metterlo in atto pretendendo di governare un popolo sottomesso. Il giovane che vuole lavorare, è mortificato dalla pratica del “dover chiedere”. Ha mai espresso queste ragioni agli amministratori?

Certamente. Ho ribadito più volte che se un imprenditore è libero di lavorare nel giusto, intendo senza contravvenire a regole, il lavoro per i giovani è una logica conseguenza. Nessuno andrebbe più fuori a cercarlo. Al Welcome Village di Tortoreto lavorano molti giovani… Sì, è la maggioranza è pugliese. Amo la mia terra, i miei genitori sono ancora lì, e sebbene abbia deciso di vivere in Abruzzo, resta un filo che mi lega a quei luoghi e che non si spezzerà mai. Questo amore le ha dettato una scelta, quella di


LA LETTERA Nelle foto in queste pagine: Carmelo Mergola, il lungomare di Tortoreto, il villaggio Welcome, la spiaggia abruzzese e Federica Epifani

“Per ottenere una spiaggia ci sono voluti quattro anni”

acquistare il Bahia di Pantanagianni, con quali risultati? Purtroppo non è un’avventura spensierata, per ogni cosa ci sono mille problemi da risolvere. Per ottenere un pezzo di spiaggia in concessione ci sono voluti quattro anni e aspetto ancora l’autorizzazione per poter realizzare una passerella che consenta anche ai diversamente abili l’accesso in spiaggia. L’attenzione ai bisogni di tutti, nessuno escluso, è il fiore all’occhiello della struttura abruzzese, ma sembra far parte della cultura dell’accoglienza di questi posti. Fa parte della mia cultura personale, ma è una consuetudine qui in Abruzzo (la Bandiera blu tiene conto anche di questo, ndr). Sono stato costretto a rifiutare interi gruppi di diversamente abili, che volevano soggiornare al Bahia. Non potrebbero arrivare in nessun modo sulla spiaggia. Un suggerimento per i nuovi amministratori… I politici dovrebbero pensare più al territorio, alla gente e non alle proprie tasche.

C

iò che racconta Mergola è lo specchio di ciò che accade da anni. La nostra costa è ancora lì, abbandonata al degrado totale, regno incontrastato di erbacce e rifiuti d’ogni genere, anche pericolosi. Una costa che se non si fa in fretta, rischia di essere completamente risucchiata dall’azione erosiva del mare e dall’abusivismo dilagante. Ripartiamo da qui, perché il turismo, in questo momento, rappresenta l’unico volano per uno sviluppo che metterebbe d’accordo tutti! Non è la scoperta dell’acqua calda, non è un concetto nuovo, ma vale la pena ricordarlo spesso!

IL COMMENTO

Dalle parole ai fatti La nostra intervista al neo assessore al Turismo del Comune di Brindisi, Teo Titi, pubblicata sull’ultimo numero di TB, ha fatto discutere, perché Titi ha presentato proposte innovative che speriamo potranno essere realizzate, per il bene di questa città. Ma nel mese di agosto abbiamo assistito a fatti sconcertanti per una città che pensa di essere turistica. Può, una città turistica, predisporre la pulizia degli arenili ad agosto? Ed è normale che della stessa pulizia si debbano occupare dei gruppi di volenterosi cittadini, che hanno ripulito tratti di spiaggia ad Apani, Lido Poste e Forte a Mare? È normale che un servizio di salvataggio su moto d’acqua (badate bene: una moto d’acqua e due uomini per tutto il litorale!!!) venga “inaugurato” il 14 agosto? È normale che la stagione balneare inizi ancora il 15 giugno quando le spiaggie sono prese d’assalto già a metà maggio? Ed è normale tutto ciò che raccontano in queste pagine un operatore turistico locale, Carmelo Mergola, la studentessa universitaria Federica Epifani e Francesca Alparone? No, non è normale. Titi lo sa. Ora speriamo che lo capiscano tutti gli altri che hanno voce in capitolo. Al Comune e alla Provincia.

Se questa è una città turistica... Sono una universitaria brindisina di 21 anni. Per scelta, ho deciso di non seguire l’ormai radicata “tradizione” che vede orde di studenti meridionali affollare le aule di più prestigiosi atenei del Nord Italia, così seguo le mie lezioni nella vicina Lecce, perché credo fortemente nelle potenzialità del nostro territorio. Amo la mia città. Ma quando mi trovo davanti a certi avvenimenti sconcertanti, cado nello sconforto più nero. Mi è capitato in questi giorni di ospitare alcuni amici campani e veneti, curiosi di visitare la nostra città e alcuni siti di interesse storico ed artistico di cui avevano letto per motivi di studio. Che bello, penso, Brindisi sta iniziando a risorgere! Ma il solleone di agosto ci ha riservato un’amara sorpresa: la maggior parte di quei luoghi che eravamo interessati a visitare erano chiusi. Palazzo Granafei-Nervegna: portone sbarrato e cartello recante giorno di chiusura e orari d’apertura più consoni ad un ufficio che ad un luogo deputato alla cultura. Museo inesorabilmente chiuso. Monumento al Marinaio chiuso. Castello Alfonsino visitabile solo alcuni giorni, e solo il giovedì ci si può avvalere di una guida, per la modica cifra di 13 euro che dovrebbe comprendere anche una minicrociera nel porto. Negli altri giorni in cui è possibile visitare il castello, ad accogliere i turisti c’è solamente il custode. Scavi romani inaccessibili a causa di lavori sul piazzale del teatro. Non dimentichiamo poi la scarsissima pubblicità di quegli eventi che non vengono contemplati all’interno del programma della cosiddetta “Estate Brindisina”, o la serie interminabile di saracinesche abbassate nel centro della città, la sera dopo le venti e la domenica, e le lamentele degli stessi negozianti che dicono: “la gente non compra”; o ancora, la mancanza di internet point. Per non parlare del parcheggio selvaggio a cui si assiste la sera dopo le ventuno, a causa della pressoché totale assenza di vigili a quell’ora. Ora mi chiedo: può essere considerata meta turistica una città con queste carenze? Non ci si rende conto che, soprattutto d’estate, la gente alle cinque del pomeriggio preferisce andare al mare, ed esce la sera? Nessuno sa che nelle località turistiche i negozi aprono dopo le diciotto per chiudere anche a mezzanotte, così come molti musei, monumenti e luoghi di cultura? Sono tantissimi i giovani, studenti e non, che anziché lavorare nei pub come camerieri, potrebbero invece essere impiegati come guide oppure occuparsi dell’accoglienza dei turisti. È possibile che per quei pochi servizi turistici offerti dalla nostra città ci si rivolga a Lecce, e non si dà invece la possibilità ai giovani brindisini di organizzarsi in cooperative? Perché non si pensa ad un potenziamento delle politiche dei trasporti pubblici (magari predisponendo nuovi attracchi per la motobarca, per esempio vicino al Circolo Tennis visto che nei pressi sorge l’Ostello della Gioventù) in modo che la gente sia incentivata a lasciare la macchina a casa? Mi fa male pensare ciò, ma così facendo Brindisi sta inesorabilmente perdendo l’opportunità non solo di incentivare il turismo, ma anche di creare lavoro. Non basta ristrutturare una chiesa antica, se poi nessuno sa spiegare perché quella chiesa è stata costruita in quel punto di Brindisi; ed è una questione, questa, che va al di là di un discorso prettamente economico, ma inizia a compromettere il livello identitario del brindisino stesso. Brindisi e la sua blasonata eredità romana, Brindisi e i suoi imponenti forti medievali, Brindisi ed il suo porto in cui la “Valigia delle Indie”era di casa,allo stato attuale non sono nient’altro che uno splendido palazzo abbandonato dove qualche viandante, ogni tanto, trova riparo per la notte. Federica Epifani

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CULTURA

MARE NOSTRUM!

TESORI NASCOSTI di Francesca Alparone Foto di Viviana Rampino

B

rindisi è il suo mare ed il mare è Brindisi: un mutuo scambio tra l’acqua è la terra, da sempre e per sempre, caratterizza questo territorio. Ma questo scambio di “amorosi sensi” avviene solo tra i gli elementi che compongono il territorio: acqua e terra, o terra e acqua se lo si preferisce. Ma, allora, come si può parlare di Brindisi, darle un nome?! Se parliamo della città, dunque, dobbiamo parlare dei suoi cittadini, perché i cittadini sono la città e la città è i suoi cittadini, altrimenti, è terra, solo ed esclusivamente terra senza nome. Ma si può parlare anche in questo caso di uno scambio di “amorosi sensi”? Brindisini amate e sentite la città come vostra?! Mi è capitato sovente di misurare questo senso di appartenenza ad un territorio, perché ho avuto il “privilegio” di poter vivere per un lungo periodo in differenti posti in Italia; si può misurare in molti modi il senso di appartenenza di un popolazione ad una città, ma l’unità di misura che lo mostra a tutto il mondo è il senso civico. Di esempi di mancanza di senso civico se ne possono fare, ahimè! Ma ne farò uno per tutti che ne rappresenta l’emblema, poiché, se è vero che Brindisi è città d’acqua e se è vero che noi siamo gente di mare, allora, è di lui che dobbiamo parlare, o, meglio, è a lui che dobbiamo dare una voce. Cosa pensate che ci direbbe?! Direbbe “figlio, silente o borbottoso, ti ho accompagnato in tanti momenti della tua vita, ti ho accolto nelle mie grandi braccia, ti ho rinfrescato, ti ho dato i miei frutti, ti ho fatto navigare e raggiungere le tue mete, ma c’è un legame tra noi che va

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oltre la vita, nel tempo il legame è mutato, mi guardi ma non mi vedi, non vedi che non sono più lo stesso e non fai niente per aiutarmi”. Direbbe questo e molto di più. Quest’anno, più dei precedenti, si contano sulla punta delle dita i momenti in cui abbiamo potuto vivere un “Mare” bello e pulito. Plastica a go go, si, un mare di plastica, buste di ogni genere si sono impadronite del mare a farne da padrone. In montagna si organizzano le comitive e muniti di cestino vanno per funghi. Noi andiamo per buste, camminando in mezzo ai flutti. E’ quanto accaduto in vari momenti della stagione balneare al Lido Granchio Rosso di Brindisi, timidi esempi di senso civico da parte dei bagnanti dello stesso. Il 19 agosto scorso si è spontaneamente creata una task-force operativa capitanata dal gestore del lido, formata per lo più da donne e bambini (già, dei bambini!), mentre il resto della immensa popolazione “da spiaggia” guardava con la stessa indifferenza, da prima il mare sporchissimo, e poi l’opera di pulizia. Cosa accade, dunque, ci siamo abituati allo sporco?! C’erano dei bimbi che con la maschera giocavano lanciandosi nelle buste, per nulla turbati dalla presenza dell’immondizia. L’ormai antico detto “cati piro ca ti mangiu” continua ad essere un segno distintivo della maggioranza?! Molti dicono “non è compito nostro” - è vero non lo è, ma se uno tuo caro amico non si sente bene, che fai lo guardi e dici “non è compito mio”? Non vogliamo affatto deresponsabilizzare chi istituzionalmente ha la responsabilità di tutto questo, ma il senso civico è un qualcosa che hai dentro, qualcosa che ti fa vedere e vivere la città come se fosse casa tua e che ti fa agire, perché, non puoi stare così al sole e conversare indifferente quando la natura, il tuo amico, il mare ti chiama. Mare Nostrum?!


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OPINIONI

Le dita nel naso

di Dario Bresolin

Da Merlin a Bresolin: perché non riaprire le “case chiuse”? Sempre meglio delle finte case di massaggi, o dei club per scambisti, o della strada

L

e persone di una certa età le ricordano con nostalgia ma noi “meno anziani” non abbiamo mai saputo esattamente cosa realmente fossero. Le chiamavano “case di tolleranza”, “casini”, “bordelli”, “case di appuntamento” ma questi termini, rimasti nel nostro linguaggio quotidiano, hanno assunto significati diversi. Ero molto più giovane quando un politico di provincia mi suggerì di essere “meno acceso e più tollerante”. Io gli risposi che la “tolleranza” forse abitava a casa sua, non certo la mia. La mia generazione è stata quella che per prima ha subito violentemente e completamente gli effetti di questa legge. Lei, Lina Merlin, socialista ed antifascista, fece del miglioramento della condizione delle donne italiane una vera e propria missione politica. In un Paese come il nostro dove la presenza del Capo della cristianità è spesso anche involontariamente un catalizzatore e talvolta un freno al normale adeguamento della popolazione a nuovi e più attuali criteri e stili di vita, l’iniziativa della Merlin trovò terreno fertile anche perché spesso le condizioni di vita di queste “signorine” erano non proprio umanamente accettabili. Da allora sono passati quasi 51 anni ma la legge non ha avuto tanto successo. Le “signorine” oggi sono spesso donne dell’Est europeo o ragazzi sudamericani che “lavorano” in mezzo ad una strada e in balìa di “clienti” sempre più sofisticati nelle loro perversioni e più pericolosi che prima. Mi chiedo allora perché non si sia più pensato riaprire le “case

chiuse” e gestirle in modo più attuale e sicuro? E, visto che anche la condizione della donna, in Italia, è notevolmente migliorata, bisognerebbe pensare anche a loro. E, senza dubbio, anche agli e alle omosessuali. Che differenza ci sarebbe con i club privati metropolitani del sadomaso, dello spanking, del fisting, del pissing o dello scatting o di tutte quelle sofisticazioni del desiderio che oggi sono in qualche modo praticabili anche al di fuori delle mura domestiche? Per non parlare dei vari fenomeni del porno, anche casalingo, che alimenta un mercato commercialmente interessante e che invade il popolo di internet. È infatti vero che la legge chiuse quelle case ma la prostituzione, di tutti i tipi, in Italia è purtroppo cresciuta e mai debellata. Ho visto io adolescenti albanesi in Piazza Garibaldi a Napoli, travestiti su Viale Marconi a Roma. Si ha addirittura notizia di qualche appartamento troppo trafficato

nitari presenti nel territorio ma sono pochi quelli che pensano a dove possano farlo anche i residenti. Penso a locali dove possano entrare solo i single di tutti i tipi, o persone rimaste sole, di tutte le età perché il piacere

Sconti speciali per i ragazzi/e oltre i 16 anni. La finiremmo con gli stupri del branco, con l’abuso di alcool e con le droghe perché, ne sono certo, andrebbero a spendere la “paghetta” tutta lì. Magari per affittare una camera

“Bisognerà attendere i tempi di una più

sentita e partecipata laicità dello Stato” anche qui in città. Cosa è cambiato? Nulla. Se si affrontasse il fenomeno con un pensiero positivo, rispettoso della dignità umana e non morboso, probabilmente si arriverebbe ad accettare l’idea di riaprire questi luoghi dove potrebbero incontrarsi i “desideri” e non “i bisogni”. In questi ultimi mesi tutti ci siamo chiesti dove possano vivere momenti di piacere le decine e decine di giovani extracomu-

legato alla sessualità, dicono gli esperti, si trasforma con gli anni. Ma chi ha famiglia, moglie o marito e magari anche figli, dovrebbe rimanere fuori. Penso che si potrebbe accedere con una tessera magnetica rilasciata anche dopo una visita medica specialistica, per non diffondere patologie e panico. Prima si infila la tessera e poi… quello che piace. Scontrino fiscale e via. Tutto sotto controllo, nel rispetto di tutti e delle leggi.

dove stare al sicuro tra adolescenti, invece che in macchina in luoghi bui ed isolati. La finiremmo con i finti “centri di massaggi”, gli “offro compagnia”, i “telefonami per una calda notte di piacere” che inondano le pagine dei quotidiani. Gli stessi che poi, con uno scatto di moralità non a pagamento, pubblicano in pagine diverse notizie di cronaca nera legate alla prostituzione. Chi volesse diventare operatrice/

ore del settore potrebbe seguire corsi particolari, se ne verificherebbero le attitudini, godrebbero addirittura di titoli per partecipare a concorsi pubblici. Quante volte, diciamocela tutta, qualcuna/o è stato assunta/o con la stessa formula e messa/o magari a gestire cose delle quali non capirà mai niente? Quante volte si è approfittato dell’esistenza di aziende pubbliche o private, associazioni, onlus e fondazioni per assumere e garantire uno stipendio alla propria amichetta? Con risultati che, almeno in due casi anche a me noti ma assolutamente non diffondibili, ci troviamo a dover subire questi soggetti senza la possibilità alcuna di risoluzione di un contratto. Bisogna guardare oltre l’orizzonte, molto al di là dei limiti che ognuno di noi ha, vuoi per formazione, per cultura, per frequentazioni o per indole stessa. È tempo di comprendere, tutti insieme, che se esistono i bar ed i ristoranti per lo stomaco, le librerie, i cinema ed i teatri per la mente, i luoghi di vacanza per il relax perché non possono esistere altri luoghi dove vivere in piena serenità e responsabilità anche quei momenti che fanno necessariamente parte del nostro essere uomini e donne? Siamo certi che prima o poi ci sarà qualcuno che proporrà una legge del genere. Bisognerà solo attendere i tempi di una più sentita e partecipata laicità dello Stato. L’uomo e la donna al centro della loro vita, a qualunque età, ovunque vivano e qualunque sia la loro razza, la loro lingua, il loro Dio e la loro sessualità. In foto: “Memoria del glorioso passato”, di Dario Sironi.

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SPORT TuttoBrindisi

NUOVO INSERTO

LEGGENDARIA

SuperFlavia io la ricordo così... di Pamela Spinelli

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1,4 centimetri. È l’altezza regolamentare di una rete da tennis. E tanto era alta Flavia a 6 anni: centimetro più, centimetro meno. La racchetta, nelle sue mani, sembrava un corpo estraneo. Il manico troppo lungo e troppo grosso per quelle manine esili che ad ogni colpo sembrava le si dovesse spezzare il polso. I capelli erano sempre quelli: un caschetto nero, liscio come fossero spaghetti. Unica differenza rispetto ad oggi, la frangettina perennemente incollata sulla fronte, grondante di sudore. Era il 1988. Così ricordo Flavia, quando io avevo 16 anni e sognavo di calcare quei palcoscenici che oggi calpesta lei. All’epoca i miei miti non erano la Safina o la Williams, ma Steffi Graf un’autentica macchina da tennis - la “schiacciasassi” Monica Seles e la bella argentina Gabriela Sabatini. Io ero nel pieno della mia attività agonistica, Flavia era una bimbetta che, probabilmente, giocava a tennis soprattutto perché era “tradizione” di famiglia. Una sorta di destino che accomuna tutti quelli che, da piccoli, mangiano pane e tennis. E Flavia non poteva proprio fare diversamente: la zia, Elvy, era stata un’ottima giocatrice a livello nazionale, mamma Conchita e papà Ronzino avevano un discreto passato da tennisti e la sorella maggiore Giorgia girava i campi da tennis della Puglia nei tornei giovanili. Così, il destino di Flavia era praticamente segnato. Ma nessuno, proprio nessuno, avrebbe scommesso una lira su quello scricciolo. Faceva una fatica immane nel mantenere la racchetta in mano ed ogni colpo inferto alla palla era uno sforzo a cui lei, però, non si sottraeva. Mai. Una cosa, infatti, era evidente: dietro quel fisico fin troppo gracile c’erano una forza

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SPORT

Flavia Pennetta è un fenomeno anche su Internet e lo è da molto tempo prima del suo ingresso nella top ten mondiale. Su Facebook segnaliamo il Flavia Pennetta Fan Group, che conta più di 2200 fan. Sul web il sito più curato e aggiornato è www. flavia-pennetta.com. Su YouTube (e sul nostro sito www.tbmagazine. it) invece potrete trovare alcuni filmati con alcuni tra i momenti più esaltanti della carriera della brindisina, compreso quella volta che mandò al diavolo la giudice di gara...

di volontà, una grinta, una voglia di imparare fuori dal comune. Flavia era sempre presente a tutti gli allenamenti. La ricordo come fosse ieri sul campo n. 7, il più ‘sfigato’ del Circolo Tennis, il più nascosto, dove la terra rossa era così consumata che il terreno aveva la velocità di un campo in sintetico. Era lì che, in quegli anni, si era spostata la Scuola tennis (all’epoca si chiamava S.A.T.), con i maestri Maria Fiume, Alfonso Pastore e Giuseppe Attolico. Noi ‘adolescenti’ di belle speranze, “quelli del settore agonistico”, ci allenavamo invece, sui campi 4 e 5. E Flavia, non appena finiva la sua ora di Sat, si spostava da noi e ci guardava estasiata. Io, all’epoca, detenevo il titolo regionale under ed ero l’unica ragazzina del gruppo (Laura Giuri sarebbe arrivata un paio di anni più tardi). E così, la vedevo appostata dal lato del campo in cui giocavo io. Si affacciava, dritta sulle punte dei piedi: braccia e gomiti poggiati sulla ringhiera di recinzione ed il mento posato sulle mani. E stava così per due ore e mezza, tanto quanto durava la mia lezione. Estate o inverno, sole o pioggia, lei era sempre lì, imperturbabile e spostava la testa a destra e sinistra per seguire la palla. Anche quando mi avvicinavo alla panchina per bere o per

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asciugarmi il sudore, Flavia seguiva ogni mio movimento e mi scrutava, quasi a voler carpire chissà quale segreto. Ad un certo punto, ricordo che arrivava Conchita, la mamma, che le diceva: “Guarda Pamela. Un giorno diventerai brava come lei…”. E poi la stessa Conchita mi diceva: “Pam (era il nomignolo che mi aveva affibbiato il mitico ed indimenticabile “Foffo” che per me aveva un debole e che aveva scelto quell’abbreviazione pensando ad un’altra famosa tennista dei suoi tempi, Pam Shriver), qualche volta devi fare quattro palle con la mia Flavia, eh?”. Ed, infatti, un giorno Flavia prese il coraggio a due mani e mi chiese di giocare. Una richiesta che, ovviamente, non potevo non accettare. E non fu per una volta sola, anche perché ben presto iniziai anche a dare regolarmente una mano ai maestri durante le lezioni della scuola Sat. Ricordo Flavia che si impegnava sino allo spasimo, che correva dietro tutte le palle, come una forsennata. Io sentivo il suo fiatone ed ero orgogliosa di percepire che quell’impegno e quella volontà erano dettati soprattutto dal desiderio della piccola Flavia di fare bella figura davanti a chi, in quel momento, lei vedeva quasi come un ‘idolo’. E pensare che, invece, ben presto il suo destino ten-

nistico sarebbe stato molto, ma molto più generoso di quanto non lo fu con me. Flavia cresceva. E più cresceva, più si rafforzava fisicamente. Mentalmente era già fortissima. Instancabile. Generosa. Non si risparmiava. Arrivarono i suoi primi tornei nelle categorie under ed era sempre tra le più forti. E quando al Circolo Tennis si organizzava qualche tappa del circuito WTA (il primo fu un 5mila dollari), lei era sempre in prima fila, orgogliosa di fare la raccattapalle pur di ammirare da vicino quelle atlete così brave e forti. Intanto, continuava ad allenarsi. All’epoca il papà Ronzino era anche presidente del C.T. Brindisi e questo, per lei, costituiva un ulteriore motivo di orgoglio da un lato e di stimolo a fare bene dall’altro. A 15 anni, poi, il volo. Non solo in senso metaforico, ma anche fisico. Flavia, infatti, lasciò Brindisi per trasferirsi a Milano, alla corte di Barbara Rossi, una coach seria e scrupolosa che la perfezionò sul piano tecnico e la traghettò tra i perigli della giungla dei tornei minori fino a portarla, a 20 anni, fra le prime 100 giocatrici del mondo. Il resto è storia. Oggi Flavia è entrata di diritto nella leggenda del tennis italiano: n. 10 al mondo. Al solo pensiero mi viene la pelle d’oca.

Per lei, per quello che è riuscita a fare, per ciò che so bene ha sacrificato pur di raggiungere questo traguardo, per tutte le volte che avrà pianto dopo una sconfitta, per tutte le volte in cui avrà pensato “mollo tutto” salvo poi rialzarsi di nuovo, più convinta di prima, più forte di prima, per tutte le coppe che ha alzato in cielo, per tutte le telefonate fatte a mamma e papà, lontani da lei, dopo una vittoria con la gioia nel cuore e nella voce, o dopo una cocente sconfitta, con il groppo alla gola, con la paura di averli delusi… Emozioni e sensazioni che io stessa ho provato nel mio “piccolo” e che non riesco a trattenere neanche adesso, mentre scrivo questo articolo e il groppo alla gola viene a me, nel ripensarmi grondante di sudore dietro a quella pallina gialla, amica-nemica di tanti anni, nel ricordare i mille sacrifici tra allenamenti e scuola, i viaggi in giro per la Puglia e per l’Italia a fare tornei, tra mille speranze, con la mia immancabile coda di cavallo a rincorrere un sogno. Un sogno che non è stato certamente pari a quello che Flavia ha visto realizzarsi, ma che mi ha dato tanto. E che ha contribuito, nel bene e nel male, a fare di me ciò che sono oggi. Pamela Spinelli


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SPORT

IL POSTER

Rimorchiateci Again! L’avventura del Football Brindisi 1912 è ripartita da Melfi. Ed anche quest’anno i Barretta non hanno badato a spese Foto di Giovanni Evangelista

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SPORT

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nche quest’anno il Football Brindisi 1912 della famiglia Barretta punta in alto. La squadra allestita per mister Silva è da prima posti in classifica, e potrebbe tranquillamente lottare per la C1. Giuseppe Barretta non lo nasconde: «Lotteremo per le prime posizioni, insieme alla Cisco Roma, che a mio avviso sarà la protagonista assoluta del campionato, al Catanzaro e al Gela». Questo a meno di importanti cambiamenti di mercato, visto che a causa dell’altissimo numeri di giocatori svincolati rimasti senza squadra, ogni società sarà libera di rinforzarsi in ogni momento, anche dopo la presentazione delle liste dei tesserati. Da metà settembre dovrebbe essere disponibile il Fanuzzi, sperando che i lavori di ritrutturazione e rifacimento del manto erboso non comportino slittamenti. Dopo 6 anni di attesa, l’Amministrazione comunale ha mantenuto le promesse, e a Barretta preme sottolineare l’interessamento diretto del sindaco Mennitti e degli assessori Elmo e De Michele, oltre che dei tecnici comunali che seguono i lavori in corso. L’altra novità, oltre al campo rimesso a nuovo, potrebbe essere, finalmente, l’arrivo di uno sponsor: «Ci sono stati dei contatti e delle promesse, dovremmo chiudere a breve». Si tratterebbe di una grossa azienda presente sul territorio, e finalmente i Barretta potrebbero poter contare su una iniezione di liquidità, attesa da tempo. In ogni caso la squadra è più che competitiva, e lo si è già visto nella prima di campionato a Melfi (3-3). Con tipi come Suriano, Trinchera e Taurino, con Panarelli (giocatore che vanta qualche presenza in A), con il duo Galetti-Moscelli, con Alessandrì, Battisti e Minopoli (135 partite in B) e con la piacevole scoperta di Albadoro, quest’anno dovremmo assistere ad un calcio di livello ancora più esaltante rispetto all’anno scorso. La campagna abbonamenti è aperta: per ulteriori informazioni consultate l’ultima pagina del magazine.

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SPORT

IL COMUNE

Strutture sportive: i problemi di sempre Parla l’assessore Mimmo De Michele: «Al nuovo palazzetto stiamo pensando, ma tutto dipende dalle disponibilità economiche». Intanto arrivano le due nuove piscine. E stanno per essere ultimati i lavori al Fanuzzi.

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immo De Michele è uno dei giovani voluti da Mennitti in giunta, e gli è toccato uno degli assessorati che grantiscano visibilità, ma anche qualche rogna. E siccome lui lo sa, mette le mani avanti. «Una cosa voglio dirla subito: non prometto sogni e fantastrutture, ma se ci saranno le disponibilità finanziarie per realizzare nuove strutture sportive, come la Cittadella dello Sport, allora faremo tutto il possibile». Intanto l’assessore è impegnato a seguire la fine dei lavori nel vecchio Fanuzzi: «Prato, impianto di irrigazione e drenaggio, spogliatoi, sala stampa, sala antidoping, sala per le forze dell’ordine e gradoni numerati. Quest’anno il Fanuzzi sarà finalmente un’altra cosa. La società ed i tifosi lo meritano». L’Enel Brindisi punta all’A1, se dovesse succedere

sarebbe un disastro per il Comune, senza un palazzetto per l’A1. «Ripeto: noi faremo il possibile. Ma senza soldi è impossibile realizzare i sogni. È indubbio che servono nuovi impianti, non solo per la pallacanestro di serie A. Sa quante società minori vorrebbero utilizzare le strutture comunali e non sappiamo più come trovare orari disponibili? Pensi che ci chiedono le palestre perfino le scuole di ballo. A questo punto è necessario intervenire. Proveremo a farlo intercettando tutte le risorse economiche, i finanziamenti comunitari così come il credito sportivo del Coni». Ma il problema della mancanza di strutture è vecchio di anni... «E io me lo sono ritrovato. Stiamo valutando l’ipotesi di far pagare un ticket orario alle società che utilizzano le palestre. E quei soldi saranno utilizzati per la manuten-

zione delle stesse». Attendiamo ancora l’apertura delle piscine di Masseriola e di Sant’Elia. «Per la prima sono necessari degli adeguamenti strutturali che richiederanno circa due mesi di tempo. Poi dovremmo bandire una nuova gara per l’affidamento, perché nella prima gara ci sono stati dei vizi procedurali non dipesi dall’Amministrazione. La piscina di Sant’Elia è stata affidata temporaneamente alla Posillipo Napoli (che collaborerà con una società locale), e credo che a breve la struttura sarà attiva. Credo da fine settembre».

TaeKwonDo

Il 2° International Italia-Korea Gemellaggio voluto dal maestro Giuseppe Attanasi: sport, cultura, economia...

La nuova piscina Partono le pre-iscrizioni per i corsi di nuoto che si terranno nella struttura al rione Sant’Elia

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rmai è quasi tutto pronto per l’avvio dei nuovi corsi nella nuova piscina comunale realizzata al quartiere Sant’Elia e affidata ad un gruppo di società che ha come capofila la Posillipo Napoli e le brindisine ASD Archimede e ASD Centro Sport. Chiunque volesse informazioni su corsi e iscrizioni può rivolgersi presso Appiastore (via Appia 143/B, tel. 0831.587496).

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Il 16 settembre giungerà a Brindisi la delegazione koreana dell’Università Yong In di Seul con i rappresentanti della Municipalità di Kang Dong Gu del Major dott. Hae Sik Lee (www.gangdong.go.kr) che sono i Maestri prof. Jae Hee Chang (cintura Nera 7° dan W.T.F.) ed il dott. Bong Sin So (professore Universitario e rappresentante istituzionale) su invito del maestro Giuseppe Attanasi, dirigente Endas e Tas/Fesam Repubblica di San Marino e socio fondatore della Fita (Federazione italiana taekwondo), per il 2° International taekwondo Italia-Korea. «Due scuole si incontrano in un unico percorso di intercultura formativa educativa», dice Attanasi. Faranno parte del comitato esecutivo il dottor Massimo Monticelli, coordinatore Educazione Fisica dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Brindisi e l’assessore alla Pubblica Istruzione e Sport Cosimo De Michele. L’iniziativa sportiva vuol essere ancor prima un’iniziativa culturale. Il maestro Giuseppe Attanasi è da sempre impegnato in tale ricerca, consapevole che una città migliore dal punto di vista prettamente sportivo non possa che nascere

da un’ottima impostazione scolastica: «La scuola come Agenzia educativa per eccellenza dopo la famiglia». Brindisi risponde in modo eccezionale, infatti i ragazzi koreani saranno ospitati dalle famiglie brindisine, come avvenuto lo scorso anno, così i ragazzi potranno familiarizzare e vivere usi e costumi brindisini con i loro coetanei. A margine dell’evento Culturale, Sportivo e Turistico, la possibilità di un gemellaggio politico-economico con l’esplicita richiesta di un protocollo d’intesa che permetta di parlare di scambi commerciali tra industria, commercio, artigianato, agricoltura e turismo. I koreani sono disponibili ad inviare, a loro spese, una delegazione ufficiale che incontri le nostre istituzioni e gli operatori della nostra città. Lo sport insomma ha aperto una nuova strada con la sua diplomazia, ora tocca alla cittadinanza coglierne le opportunità. Il programma sportivo prevede: il 17 settembre, alle 17, meeting e training presso il Palasport Zumbo; nella mattinata del 18 e del 19 esibizioni presso la scuola media SalveminiVirgilio; nel pomeriggio del 18 e del 19, sempre alle 17, nuovi appuntamenti al Palasport Zumbo; il 19 mattina i campioni coreani si esibiranno presso la scuola media Palumbo.


LA PROPOSTA

Sport gratis per i bambini Francesco Spagnolo propone al Comune un progetto per garantire attività motoria anche ai figli delle famiglie che non possono permettersi le palestre private

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n’idea per garantire a tutti i bambini brindisini la possibilità di svolgere, gratuitamente, attività motoria e sportiva. La lancia attraverso il nostro magazine Francesco Spagnolo, titolare della palestra Olympic Fitness di via Tor Pisana. Una proposta che giriamo all’assessore comunale allo Sport Mimmo De Michele, nella speranza che possa essere accolta. Spagnolo, di che si tratta? Di un progetto rivolto ai bambini fino a 13 anni, che intende sostenere il loro percorso di crescita e far maturare in loro comportamenti di prevenzione e devianza come l’illegalità, il bullismo, la tossicodipendenza e l’alcolismo. L’intenzione è quella di offrire a questi giovanissimi un servizio di lezioni gratuite, al fine di promuovere lo sport per tutti. E dove si terrebbero queste lezioni? Io avrei pensato a strutture pubbliche come il Cesare Braico, dove si potrebbe creare un centro per la Cultura ludica in cui, in collaborazione con le associazioni e le agenzie educative del territorio cittadino, si potrebbero creare spazi di gioco all’aperto e di ampliamento delle conoscenze scolastiche. La stessa cosa si potrebbe pensare anche al parco giochi del rione Casale ed in quello del rione Bozzano. Qual è la bontà del progetto? Che anche le famiglie che non possono permettersi di mandare i figli nelle palestre private, potrebbero garantire delle ore di sano sport ai loro piccoli, senza dover pagare un euro. Lei terrebbe le lezioni gratuitamente? Certo, e come me penso che farebbero tanti altri colleghi. Si tratta di un progetto per far crescere la città e i cittadini. Penso che ognuno di noi dovrebbe mettere a disposizione le proprie competenze per un fine sociale. E che c’entrano il bullismo e la devianza con le lezioni di sport? Beh, è indubbio ed è provato che stando insieme, praticando attività sportiva, i ragazzi socializzano ed imparano a stare in società. Agli istruttori il compito di promuovere l’accettazione dell’altro, il senso di appartenenza, la cooperazione, la collaborazione, il rispetto delle regole, l’accettazione delle sconfitte e dell’insuccesso.

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SPORT

ENEL BRINDISI

E ad ottobre riparte il grande basket L’Enel Brindisi ha cambiato tutto. Punta ad un campionato di vertice. Ma Perdichizzi dovrà riuscire a far quadrare una squadra rinnovata per 9/10. Finalmente posti tutti numerati al palazzetto.

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il presidente Antonio Corlianò non si nasconde dietro un dito: «Abbiamo portato a Brindisi giocatori di grande spessore. A me sembra una buonissima squadra. Credo che ci sarà davvero da divertirsi». E alla presentazione della squadra, sabato 22 agosto, il patròn Massimo Ferrarese ha chiesto pubblicamente al coach: «Facci vincere». In effetti, la qualità del roster rispetto all’anno scorso sembra notevolmente migliorata, ma ora molto dipenderà dalle doti di coach Giovanni Perdichizzi. È stato lui a voler cambiare tutti (tranne Michele Cardinali) e a lui toccherà mettere insieme 10 giocatori che non si conoscono affatto o si conoscono molto poco. Certo è che che con una squadra che vanta nomi come quelli di Radulovich, Crispin, Thomas, Bryan, Maresca, Infante, l’obiettivo minimo non può essere certo la salvezza: la società mira al vertice e non lo nasconde. Del resto l’anno scorso, sempre alla presentazione della squadra, Ferrarese sparò alto: «Vi prometto la A1 in tre anni». Siamo al secondo anno, e non è detto che i tempi per l’accesso alla serie più importante non si accorcino, anche se al Comune fanno gli scongiuri, perché una

tale ipotesi significherebbe dover realizzare in tempi record un palazzetto di almeno 3500 posti, cosa praticamente impossibile. A proposito di palazzetto, c’è da registrare una importante novità, non ancora ufficializzata ma ormai ufficiosa: quest’anno ogni abbonato avrà il suo posto a sedere. Dunque gli abbonamenti saranno 2500, tanti quanti i posti disponibili, e nessuno sarà costretto ad andare al PalaPentassuglia con 3 ore di anticipo, come accadeva fino allo scorso anno, nella speranza di trovare un posto decente. Tutto ciò ovviamente richiederà un sacrificio: l’aumento delle tariffe degli abbonamenti (secondo voci non confermate dovrebbero aumentare del 20-25%) Altra novità, che giunge con solo un anno di ritardo: sono finalmente pronti i parcheggi del Masseriola. Sia quello di fronte al palasport che quello dietro la pista di atletica, che però richiederà una lunga passeggiata per raggiungere l’ingresso del PalaPentassuglia. Il campionato di Legadue partirà il 4 ottobre e la prima giornata vedrà i brindisini impegnati a Casale Monferrato.

5-6 SETTEMBRE

Alla diga di Punta Riso i Campionati italiani di pesca Appuntamento il 5 e 6 settembre Si terranno a Brindisi, sulla diga di Punta Riso, la terza e la quarta tappa del Campionato italiano individuale 2009 di pesca con canna da riva. Le gare avranno inizio alle 8.30 e si concluderanno alle 11.30, con la successiva pesatura del pescato e l’elaborazione delle classifiche. Sessanta i concorrenti che si contenderanno la vittoria. Per ulteriori informazioni contattare la Fipsas (sig. Francesco Viva, 3286163802) o l’associazione Amici del Mare (sig. Gianni Campi, tel. 339735364)

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BRINDISINI STRAORDINARI / 4

I RAGAZZI DELLA

CROCE ROSSA L’esperienza che, con il tempo, ti cambia la vita. E ti rende migliore

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PERSONE

BUONE NOTIZIE di Iole La Rosa

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ual è lo spirito emotivo che spinge ognuno di voi a dedicare il tempo agli altri? A questa domanda nessuno dei miei interlocutori ha dato una risposta. Era difficile trovarla e, solo uscendo dalla sede dei “Pionieri”, la componente giovane della Croce Rossa, ho capito il perché: ognuno dei ragazzi, indaffarati, sorridenti, pronti ad ironizzare su se stessi ed esprimere concetti profondi, seduti in cerchio in una stanza tappezzata di foto, è riuscito ad intrecciare

tenze. Antonella Mautarelli, 18 anni, è entrata in Croce Rossa coinvolta da un’amica, ha scelto di dedicarsi ai degenti del Reparto di Geriatria. “È una bella esperienza, la gente aspetta il nostro arrivo e questo mi dà tanta soddisfazione. Mi sento utile, soprattutto perché le persone con cui m’interfaccio sono le più vulnerabili, bisognose d’attenzione e conforto. Ho vissuto sensazioni che mi hanno fatto crescere e capire ciò che prima non riuscivo a cogliere di me e degli altri”. “Il servizio d’assistenza al reparto di Geriatria è il più recente”, spiega Valentina Leopizzi. “Durante il periodo natalizio diamo gli auguri ai degenti di tutti i Reparti dell’Ospedale Perrino. Due anni fa, abbiamo notato che la nostra visita presso il reparto era stata particolarmente gradita dai “nonnini”, così abbiamo deciso di tentare di portare un sorriso ed un po’ di buonumore anche a loro”. Al gruppo Pionieri possono aderire ragazzi dai 14 ai 25

“Gli amici non capiscono perché lo facciamo. E spesso chiedono: vi pagano?” la propria storia personale, identità, cultura, giovanissima età, sensibilità, disponibilità, con quella di altri ottanta ragazzi, per dar vita ad azioni di solidarietà ed umanità indirizzate a chi vive nel disagio, nella sofferenza, nel degrado sociale. Questo è lo spirito che motiva quotidianamente Antonella, Andrea, Valentina, Davide, Miriam, Paolo, Chiara e tanti altri giovanissimi, che hanno deciso di dedicare prezioso tempo della propria vita per donare agli altri parte di sé e rappresentano la “motivazione”, che li spinge a pensare di non essere un po’ “out”, ma intrepidi cavalieri e dame che credono fermamente nelle azioni che compiono. Proseguono, così, il percorso, forti del loro essere “gruppo”, nella condivisione degli interessi e degli obiettivi, delle soddisfazioni e dei ritorni morali che l’attività svolta può apportare nel loro vivere quotidiano, creando una perfetta sinergia motivazionale ed emozionale. “Gli amici non ti capiscono”, racconta Paolo Colucci, 23 anni, “non si spiegano il perché la sera, anziché uscire in loro compagnia, io possa optare per prestare servizio, così come accade in occasione della Festa di S. Teodoro, e ti chiedono… ma ti pagano?”. Sono proprio quelle le occasioni in cui Paolo si sente maggiormente gratificato, i momenti in cui, com’è accaduto durante il concerto dell’1 maggio, riesce a prestare il primo soccorso. Questi ragazzi sono pronti ad assumere responsabilità, fare scelte, sacrifici, a volte, tra incomprensioni e dubbi da parte della famiglia, amici, fidanzati o coniugi, che rendono il percorso spesso faticoso e difficile. Donando agli altri, ricevono più di quanto un coetaneo disinteressato, omologato e incostante possa sperare. Fabrizia Di Campi, 20 anni, ispettrice, descrive lo spirito che anima il Pioniere. “I ragazzi s’impegnano tantissimo dedicando due giorni a settimana all’organizzazione ed esecuzione dei servizi da prestare. Le attività svolte sono tante, dall’assistenza presso i Reparti di Pediatria e Geriatria dell’Ospedale Perrino di Brindisi, i nella Casa di Riposo “Il Focolare”, ai servizi in bicicletta, ai corsi d’educazione stradale nelle scuole, ma anche al primo soccorso in occasione di feste patronali, alle iniziative nel periodo natalizio e pasquale, all’organizzazione di manifestazioni in piazza e raccolta fondi”. Curiosi, aperti alle novità ed alle diverse esperienze, i pionieri appaiono entusiasti e comunicativi, portano domande ed aspettative nel gruppo, cercano risposte e conferme delle proprie capacità relazionali, imparano ad assumere responsabilità, acquisiscono nuove compe-

anni che, dopo aver frequentato un corso di 21 lezioni teorico-pratiche sul Diritto Internazionale Umanitario, Protezione Civile e Primo Soccorso, partecipano ad un periodo di tirocinio della durata di circa 3 mesi in cui il Pioniere ha l’opportunità d’integrarsi con tutti gli altri volontari e scegliere a quali attività partecipare attivamente, ci racconta Davide Ricciuto, 21 anni, studente universitario, responsabile della gestione dei corsi. “È difficile coinvolgere ragazzi di questa fascia d’età in progetti diretti al volontariato”, ci dice Valentina Verze, studentessa universitaria, “… forse basta un po’ d’informazione, curiosità, voglia d’incontrare gente nuova o, semplicemente, il desiderio di ottenere credito scolastico, perché questa divenga un’esperienza capace d’insegnare ad aiutare se stessi e gli altri. In una realtà così poco vivace come quella di Brindisi, è importante proporre questo genere d’attività, creando maggiori stimoli verso la cultura della solidarietà e collegamenti con tutte le altre vie del volontariato”. Paolo Colucci, 23 anni, e Chiara Dell’Anna, 18, ci spiegano come, svolgere un’attività a favore di chi ne ha più bisogno, possa aiutare a maturare ed avere dei concetti chiari della vita. Paolo e Chiara, insieme ad un folto gruppo di ragazzi, prestano servizio presso “Il Focolare”. “È un appuntamento che si ripete, settimanalmente, da oltre sei anni, atteso da noi e dagli ospiti che si preparano per l’incontro; abiti scelti con cura, capelli in ordine, proprio come accade per un vero appuntamento! È splendido ascoltare i racconti e le esperienze da parte di chi ha vissuto una vita intera. È impressionante quanto si possa imparare da loro!”. Trascorrono le ore a parlare, ad ascoltare, giocare a carte, e le sale divengono luogo d’incontro tra generazioni, dove si fa cultura, amicizia, scambio d’idee, attività che permettono ai “nonni” di sentirsi ancora attivi, parte di una comunità che non li ha dimenticati. Si creano oggetti con la pasta di sale, si completano i maxi cruciverba, “…abbiamo, anche, scritto un libro di ricette dettate dalle nonnine, che abbiamo stampato e pubblicato”, ci dice ancora Fabrizia. Andrea Giglio, 23 anni racconta la sua esperienza, condivisa con Fabrizia ed altri amici, presso il reparto di Pediatria. “Con i più piccoli siamo stati i veri Pionieri. Sono tanti anni, ormai, che prestiamo servizio in Reparto. Le mamme ed i papà li accudiscono di giorno e di notte. Intrattenendo i bimbi per due, tre ore, riusciamo a fornire un po’ di sollievo. Al nostro arrivo si respira un clima di gioia; sono i bambini a venirci incontro e diventare i veri

Nelle foto: i Pionieri della Cri impegnati all’ospedale Perrino e al Focolare.

Segnalateci i vostri Brindisini Straordinari!

protagonisti, il tutto nel rispetto dell’ambiente in cui ci troviamo”. In reparto c’è tanta collaborazione con il personale ospedaliero ma, anche, un ottimo coordinamento con gli altri gruppi che prestano attività di volontariato, come i clown di corsia, le ragazze dell’Istituto Professionale “Palumbo”, personale di ludoteca. “Portiamo allegria, questa è la gioia più grande per noi”, ci conferma Fabrizia. L’allegria è il motore principale che anima le attività dei Pionieri, questi “grandi” ragazzi agiscono con il sorriso e la voglia di donare il meglio di sé. «Le emozioni - chiedo - quanto vi emozionate?», la risposta corale è stata: “Dobbiamo vivere con distacco emotivo le nostre esperienze, riuscire sempre a controllare le emozioni”, all’insegna della “professionalità” acquisita durante il corso per aspiranti Pionieri. Nei loro sguardi, però, sui loro volti, si coglie tanto altro. Si respira aria d’entusiasmo, passione, vita, che non accetta risposte preimpostate, così Fabrizia comincia a raccontare di un’esperienza risalente a due anni fa, in occasione “dell’emergenza caldo”, in cui ebbe l’opportunità di conoscere una signora, che lei e gli altri ragazzi chiamavano ”la nostra vecchietta”, con la quale aveva instaurato un rapporto speciale e del dolore provato, al rientro da un viaggio, nell’apprendere che la “nonnina” non era più in vita. Valentina continua ricordando Nonno Cicci, un simpatico signore conosciuto sempre nella stessa occasione, al quale aveva organizzato una festa di compleanno. Racconta della gioia manifestata dal “nonnino” mentre si accingeva a spegnere le sue candeline, come se non l’avesse mai fatto o, avesse dimenticato l’ultima volta. Mentre descrive il contesto, gli occhi di Valentina diventano lucidi, la voce un po’ rotta, “ho provato, in quel momento, una commozione talmente forte che non riuscirò a dimenticare per tutta la vita. Oggi Nonno Cicci non c’è più, ma rimarrà, per sempre, nel mio cuore”. Se le parole, le storie che parlano d’emozioni e gesti affettuosi, dei nostri protagonisti entrassero nel cuore dei ragazzi che, incuriositi, scoprissero il desiderio di avvicinarsi al mondo del volontariato, avremmo svolto, anche noi, nel nostro piccolo, un importante servizio sociale. Convinti che, chi dedica parte del tempo agli altri, aiutando persone che soffrono, regalando sorrisi a bambini malati e poveri, parlando e ascoltando gli anziani, visitando carcerati, giocando e scherzando con disabili, aggiunge, giorno dopo giorno, valore alla propria vita, conservando nella propria anima, per sempre, un segno d’amore e solidarietà. “È un’esperienza che, con il tempo, ti cambia la vita”, così il taciturno Franco, l’anziano del gruppo: “Te ne accorgi con il passare degli anni, ma sei, da subito, una persona migliore”. iole.larosa@fastwebnet.it WWW.TBMAGAZINE.IT TB 31


IMPRESE

Così, a Bari, finanziamo le buone Idee

Siamo stati al Believing Cube di Conversano, incubatore d’impresa che sostiene le start-up di giovani imprenditori

WEB-LINK www.believingcube.it www.plugandplaytechcentre.com

ARIA FRESCA di Daniele Galiffa

All’interno del “mondo dell’innovazione” esistono delle strutture che favoriscono l’aggregazione di talenti, di risorse e di opportunità. Sono gli “incubatori”: luoghi in cui le persone hanno modo di confrontarsi continuamente con chi, per diverse ragioni, può offrire loro notevoli possibilità di migliorare la propria idea e forgiarla in un’attività che duri nel tempo. In Silicon Valley (California) esiste il “PlugAndPlay TechCentre”, una sorta di “cattedrale del business”: in meno di 3 anni è stato capace di dare vita a diverse centinaia di aziende per un contro valore pari a 2 miliardi di dollari. Parliamo di tutto ciò con Gianfranco Chiarappa, (amministratore delegato della Fima-Gruppo Chiarappa

e socio di riferimento di un gruppo di imprese operanti nel settore immobiliare, alimentare, turistico e media) che è uno di quei pochi che, a pochi passi dalla nostra

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città, scommette sul futuro delle idee e se ne fa portavoce attraverso la sua esperienza diretta. Lo abbiamo intervistato per raccontarci di “Believing”, una iniziativa che è un piccolo esempio di come si possano incoraggiare i talenti e le idee a farsi da motori per lo sviluppo. Anche in Puglia. Quando e come nasce l’idea di Believing? L’incubatore Believing Cube nasce a Conversano (Bari) tre anni fa per ospitare liberi professionisti, imprese di servizi e startup, del territorio pugliese (e non solo), i quali avendo la necessità di servizi logistici possono trovare nell’incubatore Believing Cube il luogo ideale in cui lavorare. La struttura si sviluppa su 1200 metri quadrati e dispone di uffici arredati e sale riunioni e formazione, oltre a servizi comuni come assistenza di segreteria, reception e centralino, collegamento internet e telefonico, una cucina e un angolo bar condivisi. La formula adottata permette a chiunque voglia essere ospitato nella struttura, di essere operativo in meno di 24 ore dalla richiesta, con il proprio ufficio già operativo al 100%, per un giorno, un mese o più. E come venture capitalist?

Ricerchiamo sul territorio italiano startup innovative che necessitano di capitali e supporto manageriale per potersi sviluppare. Infatti Believing detiene partecipazioni in iniziative di startup nel settore telecomunicazioni, turismo e a breve biomedicale e biotecnologico. Alcune di esse risiedono nella struttura dell’incubatore di Conversano. Quali sono state le difficoltà riscontrate nell’avviare le iniziative? Come sono state superate? Quando si ha a che fare con l’innovazione, la selezione delle idee realmente innovative e con alle spalle un team manageriale di spessore non è spesso facile. Ogni 100 business plan che riceviamo solo il 10% ha presupposti per noi abbastanza interessanti da richiedere un approfondimento, e solo l’1-2% ci permette di valutare l’acquisto di partecipazione nel capitale dell’impresa. D’altronde il business deve avere premesse concrete per guadagnare secondo le aspettative di un investitore come Believing. Quali sono stati, finora, i risultati raggiunti? Oltre a ospitare imprese di servizi, dal settore delle energie alternative, alla redazione di una rivista, a liberi professionisti di vari settori, seguiamo da vicino alcune startup che hanno scelto Believing come partner per puntare ad ottenere finanziamenti da parte di venture capitalist e accompagnarli nel loro percorso di crescita. Quali sono gli obiettivi per il futuro? Far conoscere Believing all’interno dei contesti in cui è possibile individuare talenti imprenditoriali della nostra regione per porci come valido supporto per tutti coloro che hanno avviato startup e che cercano un partner nello sviluppo della loro iniziativa. Nel frattempo cercheremo di raccogliere quello che si è seminato negli ultimi mesi, relativo allo sviluppo delle startup già in portafoglio. Quali sono i consigli che ti sentiresti di dare a chi voglia avvicinarsi per la prima volta al mondo dello startup? Innanzitutto di non limitare la propria ambizione e visione imprenditoriale. Pensare di riuscire a guadagnarsi lo stipendio o poco più attraverso il proprio business è cosa poco interessante, sia per l’ imprenditore che per gli investitori, soprattutto perché questi ultimi sono risposti a rischiare unicamente se possono intravedere nel business ritorni a 3 cifre. In diversi settori non esistono più confini nazionali, che invece alcuni imprenditori considerano ancora. Ciò limita fortemente le potenzialità del progetto. Invece cercare realisticamente di poter conquistare una piccola fetta di un mercato globale, con la giusta conoscenza del mercato e capacità manageriale crea presupposti giusti per attirare attorno a sé le persone e i capitali migliori per fare impresa.


PROMOTION

L

a Transervis è nata, grazie all’intuito imprenditoriale della famiglia Scagliarini, quale specialista nel settore dei trasporti aerei, nazionali ed internazionali, in qualità di Agente Alitalia Cargo. Dopo ventennale esperienza ha ampliato le sue connessioni con network specialistici che le hanno permesso di garantire ai clienti un servizio a 360 gradi relativo a tutto ciò che comprende la movimentazione delle merci. Forte della certificazione Operatore Economico Autorizzato a livello Europeo (prima società AEO Full per il Centro Sud Italia) e della certificazione ENAC di Operatore Autorizzato Aeroportuale, ha ampliato la propria storica presenza in Bari e Brindisi con l’apertura di una unità operativa a Roma-Fiumicino dove gestisce magazzini DDP e TC. Oggi può quindi proporre un servizio completo di movimentazione delle merci essendo una delle poche società private Italiane in grado di gestire tutte le complesse tematiche della filiera direttamente o per tramite di interazione contrattuale con i marchi che rappresenta sul territorio in qualità di Agente o Affiliato. Transervis propone un range di servizi di movimentazione merci al livello delle major di settore. Rispetto alla concorrenza è, però, in grado di agire con maggiore flessibilità e rapidità di decisione, caratteristiche peculiari dell’imprenditore direttamente coinvolto nella gestione operativa. È quindi l’ideale partner per quei clienti, in specie Pmi, che hanno necessità di alta attenzione alla tipicità del loro prodotto, alto standard di qualità e sicurezza, dall’altro un ottimale rapporto costo/beneficio, servizi ritagliati ed adeguati alle specifiche esigenze della domanda. I servizi proposti sono tutti quelli che caratterizzano il processo di logistica integrata: Cargo merci (Servizi import ed export, anche door to door, con ultimo miglio Italia tramite AWS Network), Logistica aeroportuale (con unità operative dirette presso gli scali di Bari, Brindisi, Fiumicino e accesso al porto di Genova tramite Agile Network. I siti sono dotati di tutte le apparecchiature di movimentazione dei contenitori marini o aerei, nonché dei regimi e delle autorizzazioni necessarie per lo svolgimento di queste operazioni: Deposito Doganale Privato, Magazzino di Temporanea Custodia, Deposito IVA e Accise), Gestione Doganale (La più completa gamma di servizi per l’espletamento di tutte le pratiche connesse all’importazione o all’esportazione, quali ad esempio: sdoganamenti ed

TRANSERVIS, IL PARTNER GIUSTO PER LE PMI LOCALI La società brindisina si occupa di logistica e spedizioni

esportazioni, transiti - T1, T2 -, temporanea importazione -Trasformazione Attiva- e temporanea esportazione -Trasformazione Passiva-, controlli Fitosanitari e Veterinari, fumigazione), Attività corrieristica e Logistica distributiva (l’affiliazione al Corriere Espresso AWS ci permette di utilizzare le competenze, specializzazioni e le 130 piattaforme del network in Italia, tutte connesse ad un solo sistema informatico). Sono pertanto possibili le più svariate tipologie di servizi distributivi: dalla moderna distribuzione alla logistica industriale, lo swapping nonché le consegne a privati. La proposta di Transervis quindi si distingue per alcuni elementi chiave: servizio caratterizzato da sicurezza e profonda conoscenza del mercato locale; servizi pari a

DIRITTI & DOVERI

quelli delle major di settore; maggiore possibilità di definire rapidamente progetti dedicati; maggiore flessibilità e trasparenza delle proposte economiche; disponibilità a studiare formule di profit share con il cliente; alta competenza e professionalità di tutti gli addetti; procedure di servizio semplici, chiare e garantite da un unico soggetto, che consentono un corretto rapporto contrattuale con il cliente. Tali caratteristiche rendono le proposte di Transervis originali, competitive ed affidabili; proposte in grado di sviluppare rapidamente valore aggiunto e profittabilità per il cliente. Transervis, Aeroporto del Salento, Brindisi, 0831 411366, info@transervis.it

di Emilio Graziuso

Come recuperare gli interessi del Mutuo Buone notizie per i risparmiatori brindisini possessori di un mutuo a tasso variabile o misto stipulato prima del 31 ottobre 2008. Infatti, a decorrere dal mese di agosto, è possibile beneficiare del decreto anticrisi varato dal ministro Tremonti ed ottenere una riduzione, per tutto l’anno 2009, del tasso di interesse sulla rata di mutuo che potrà essere ricondotta entro il tetto massimo del 4%. È opportuno precisare che il tasso del 4% si applicherà solo nelle ipotesi nelle quali, al momento della stipula del contratto, era stato previsto un interesse pari o inferiore. Se, invece, la quota superava detto

tasso, il decreto anticrisi stabilisce un tetto massimo più alto equivalente a quanto pagato al momento della sottoscrizione del contratto. Ad esempio, se al momento della stipula del mutuo era stato previsto un tasso del 5%, il risparmiatore avrà diritto a pagare una quota di interessi passivi non superiore al 5%. In entrambi i casi, inoltre, poiché il decreto anticrisi ha validità dall’inizio del 2009, i possessori del mutuo che hanno diritto alle agevolazioni potranno chiedere la restituzione di quanto da loro pagato, dal mese di gennaio a titolo di interessi superiori al tetto

massimo spettante. La banca è, quindi, tenuta a restituire detta somma con bonifico su conto corrente. Soltanto ora le norme producono concretamente i loro effetti, in quanto pur essendo entrate in vigore dal mese di gennaio 2009, solo nei giorni scorsi l’Agenzia delle Entrate ha trasmesso ai singoli Istituti di credito l’elenco dei risparmiatori che hanno diritto a beneficiare delle agevolazioni previste dal decreto anticrisi. Questi ultimi dovranno inoltrare quindi alla propria banca un’apposita richiesta di riduzione del tasso di interessi applicato al proprio

mutuo, indicando i propri dati anagrafici, gli estremi del contratto e la precisazione che quest’ultimo, stipulato prima del 31 ottobre 2008, è a tasso variabile o misto. Per ottenre le agevolazioni, inoltre, il mutuo deve essere destinato all’acquisto, costruzione o ristrutturazione della prima casa, purché non si tratti di ville, castelli e palazzi di pregio esclusi dalla previsione normativa. Dichiarando il falso si rischiano sino a due anni di reclusione. Se qualcuno, pur avendo i requisiti, non sia stato compreso nell’elenco redatto dall’Agenzia delle Entrate dovrà inoltrare alla propria Banca

una dichiarazione in autocertificazione nella quale si dichiara, sotto la propria responsabilità civile e penale, di avere diritto a beneficiare delle disposizioni previste dal decreto anticrisi. WWW.TBMAGAZINE.IT TB 33


CULTURA

UN FILM COME SPOT Edoardo Winspeare ha girato un corto per l’Amministrazione Provinciale. Risultato: emozionante. Perché non usare la pellicola per convincere i nostri giovani a tornare nella loro terra?

COSE NOSTRE di Guido Giampietro

Q

uello che muoveva i miei passi nella calda serata estiva non era l’idea di gustarmi, di lì a poco, un documentario di Edoardo Winspeare nella frescura del cortile del Museo cittadino. Nossignore. Malgrado tutta l’ammirazione per il regista austro-anglo-italico - il “mujaheddin del Salento”, come lo definiscono, a motivo della sua attenzione per l’ambiente - mi recavo all’appuntamento, lo confesso, con un intento molto poco culturale: quello di accertarmi del tipo di fauna presente sul posto! È da un po’, infatti, che vado facendo

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questa ricognizione tra i siti estivi che la città mette a disposizione in occasione di eventi del genere. Così, per esempio, ho già avuto modo di appurare che il cortile interno all’ex convento di S. Chiara - uno dei luoghi deputati alla presentazione di libri e all’incontro con gli autori - è un ritrovo di sfilate di pantegane intente ad esibirsi in spericolati esercizi di equilibrismo sui cornicioni, all’insaputa degli autori e presentatori che si trovano qualche metro più sotto. A differenza dell’area retrostante la Casa del Turista che, in occasione di analoghi incontri, offre al pubblico tendenzialmente distratto lo spettacolo di bulimiche zanzare, insieme a quello di gatti smagriti per i quali sarebbe salutare – se solo qualcuno si prendesse la briga d’informarli - una capatina dalle parti del viciniore cortile di S. Chiara.

Di tutt’altra natura, invece, la cornice che offre lo splendido chiostro dell’Archivio di Stato. Qui i tardi pomeriggi di mezza estate aggiungono alla bellezza della fuga delle colonne in càrparo dell’ex convento teresiano e alla delizia degli incontri musicali o letterari la poesia dei voli di garrule rondini sullo sfondo d’un fazzoletto di cielo che fa da romantico tetto. Per completare la mia indagine faunistica mancavano, tra i vari contenitori culturali, il cortile dell’ex Seminario e, per l’appunto, quello del Museo Archeologico Provinciale “Ribezzo”. Perciò, il fatto che quella sera venisse proiettato il mediometraggio “Filia solis”, mi lasciava abbastanza indifferente sui contenuti del film, attento com’ero a scoprire da quali animali fosse frequentato il posto. Intanto, nell’attesa del loro arrivo, la

mia mente piacevolmente vagava. Quel “Filia solis” si riferiva al saluto (“Filia solis, ave, nostro gratissima cordi”) che Federico II rivolgeva alla diletta Brindisi (anche se si trattò d’un amore a senso unico; ma questo, purtroppo, è il destino di molti amori). Così il pensiero correva al “fanciullo di Puglia” che proprio qui aveva voluto convolare in seconde nozze con Jole, figlia di Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme. E al magnifico castello (quello Svevo, per l’appunto) che, sempre qui, volle edificare, insieme al palazzo della Zecca. Avendo cura di emanare quell’editto del 1222 con cui ordinò che le monete coniate a Brindisi avessero corso nel commercio interdicendo, di fatto, quello dei tarì di Amalfi. E mentre mi inorgoglivo al pensiero di quanto Brindisi fosse importante a quel


tempo, preceduto da una breve presentazione di Winspeare e della “nostra” (nel senso di brindisina) co-regista Paola Crescenzo, inizia la proiezione del backstage e, un momento dopo, di questo filmato (a metà strada tra uno spot pubblicitario e una fiction) commissionato dalla passata Amministrazione Provinciale con finalità di promozione turistica. Subito i primi fotogrammi e le note della colonna sonora “Venti” m’incantano mentre le scene che si susseguono continuano a narrare la delicata storia d’amore con la città e gli altri centri della Provincia. “Il cinema è un sogno” diceva Mario Soldati al critico francese Jean Gili che lo intervistava. E così mi chiedo se il “mestiere” di Winspeare abbia trasformato in fiaba una realtà già di per sé bella. O se, invece, la luce particolare di questa terra e la musicalità e i profumi che si ha la sensazione di avvertire durante la proiezione sono proprio quelli reali che la bravura del regista ha solo saputo imprigionare nel breve spazio di un dvd. E quando la freschezza interpretativa di Viviana Guadalupi (anch’essa brindisina doc) induce l’ammaliato visitatore milanese a proferire - un po’ storpiandola - una mezza frase nel dialetto nostrano, l’effetto scenico raggiunge il culmine. Sembra di trovarsi nell’affumicato locale della Casablanca di Humphrey Bogart nel momento in cui si ode un’altra famosa frase: “Suonala ancora, Sam”. Ecco, il brivido che ora scende lungo la schiena è lo stesso provato allora. E non l’avverto solo io, ma tutti quelli che insieme a me assistono alla proiezione. Quando, più tardi, mi allontano da piazza Duomo sono frastornato e ho ancora impresse nel cuore le visioni dei magici luoghi del filmato. La visione mi ha talmente preso che mi sono perfino dimenticato degli animali del Museo. C’erano? Magari preistorici come quelli di “Una notte al museo” di Shawn Levy! Vorrà dire che lo scoprirò al prossimo evento culturale. Intanto, mentre piacevolmente mi perdo tra i vicoli del centro storico arriva l’“illuminazione” come quella di Paolo sulla strada di Damasco. Se il film in pochi minuti ha suscitato tanta commozione negli animi degli spettatori, perché non usarlo come “richiamo”? Non di turisti intruppati e disattenti, però. Ma dei nostri ragazzi che, per lavoro o per studio, sono sparsi da Roma in su! Non occorre certo il “Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2009” presentato a luglio dallo Svimez per rendersi conto dell’esodo

quasi biblico dei nostri giovani verso il Nord. Non occorre perché è stato sufficiente vedere a marzo su Studio 100 TV lo spettacolo degli oltre mille ragazzi brindisini giunti a Rimini da tutto il centro-nord in occasione d’un incontro di basket per rendersi conto di quanto sia grande l’attaccamento degli esuli a questa città. E allora, come si fa con gli zufoli e i vari arnesi per il richiamo degli uccelli, perché non servirsi di questo Filia solis per “adescare” la nostra migliore gioventù e convincerla che qui, e non nella Milano della Moratti, deve trovare sfogo la loro creatività? Che qui, dopo le esperienze maturate altrove, è bene rientrare. Al fine di ridare lustro a un territorio in cui, al momento, si respira più passato che futuro. E gridare al vento che Brindisi “Non è il paese per vecchi” di cui parla Cormac McCarthy nel suo romanzo.

E

allora perché la nuova Amministrazione Provinciale - tra i suoi primi provvedimenti - non si adopera affinché il dvd Filia solis (prodotto, a quanto è dato sapere, solo in qualche centinaio di copie) possa essere liberamente acquistato sul mercato? Non è forse preferibile che, ancora prima della BIT di Milano (o di qualsiasi altro forum sul turismo) il film sia visionato dai nostri emigrati d’ultima generazione al fine di ridestare in loro, più che l’orgoglio, il sottile piacere della brindisinità? In seconda battuta tutte le Istituzioni locali - nell’ambito delle strategie atte a delineare il futuro dell’intera Provincia - dovranno porsi delle priorità affinché, nella gestione della corta coperta della spesa pubblica, il problema dell’occupazione dei giovani assurga ad obiettivo principale. Non è forse più giusto l’inserimento dei giovani nel tessuto lavorativo del nostro territorio prima ancora dell’eventuale ritorno d’un turismo che, coi tempi che corrono, sarà più “mordi e fuggi” di quello del passato? E non mi si venga a dire che non c’è lavoro. Perché qui c’è lo stesso, identico lavoro precario che c’è altrove! E poi, se è auspicabile che Brindisi torni ad essere la naturale porta verso l’Oriente, che siano i giovani - con idee nuove e tanto entusiasmo - a gestire questa transizione. Perché, non dimentichiamolo, sono i giovani a parlare la lingua del futuro, mentre tutti gli altri balbettano appena quella del presente. Il filosofo tedesco Dahrendorf diceva che “le speranze che non si colorano di realtà sono illusioni”. Sta a noi far sì che ciò non avvenga.

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S

QUANDO LA REALTÁ SEMBRA FICTION Il caso rigassificatore diventa un romanzo noir, scritto dall’avvocato Antonio Caiulo: “Da Dover a Capo Bianco” (Ellis Edizioni, 15 €)

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arei rimasto steso per terra a gustare il sapore del fango, l’odore della terra bagnata che mi ricordava l’adolescenza quando, dopo una pioggia incessante, infilavo i gambali larghi di mio padre che mi arrivavano fin sopra le ginocchia e ricercavo, nei campi, le scie appiccicose che lasciavano le lumache, animali innocenti, colpevoli solo di avere un gusto ineguagliabile. Non erano un pasto frequente, ma il buon aroma di cottura insieme ad aglio e prezzemolo ne facevano un’occasione irdelebile. Seppur nell’ansia della fuga riprovai quella sensazione, così lontana. Mi rialzai ripulendo con la manica della giacca, fradicia anch’essa, il viso, e ripresi a correre grondante di quegli odori umidi. Avvertivo, alle spalle, l’incedere affannoso dei miei inseguitori, vicini, lontani; voci confuse si rincorrevano fra l’inestricabile groviglio di tubi, valvole, serbatoi piccoli, grandi, spie luminose che lampeggiavano illuminando, con la complicità della pallida luce della luna, una fitta pioggia. Mi liberai della giacca che limitava i movimenti. Le pozzanghere calpestate alzavano schizzi evidenziando la mia presenza. Proseguii dritto puntando il muro al di là del quale, speravo ci fosse la salvezza. “Eccolo… è lì…, verso il muro…” le voci non erano più confuse, si stavano avvicinando. Accelerai sebbene non ne avessi più le forze. Ero stremato, ma stringevo sotto il braccio il prezioso contenitore. Lo presi e lo infilai fra i denti e, giunto a mezzo metro dall’ostacolo, spiccai un balzo del quale mi meravigliai. Mi tirai su con la forza della braccia, reprimendo un urlo quando il filo spinato mi lacerò la camicia affondando nel petto. Ero in cima al muro, alle spalle, il viso preoccupato di un uomo che spiccò un balzo non efficace quanto il mio. Un solo attimo di soddisfazione e balzai sull’asfalto cercando con lo sguardo la via della fuga, della salvezza. Alle spalle le voci dei due uomini, concitate, affannose e poi la frase che più mi preoccupò “E’ di là dal muro… è vostro” Non erano soli. Avvertii la poderosa accelerata di un’auto e due fari puntati su di me. Non era finita. Ad un lato l’enorme blocco compatto della centrale di energia elettrica ed il nastro trasportatore che dalle navi, dopo un tortuoso e inquinante cammino sulle vigne, sugli uliveti, sui campi, scaricava quantità polverose di carbone per saziare la fame del mostro. Di fronte un cancello, e dall’altra parte, ironia della sorte, il cantiere del nuovo insediamento industriale, quello per il


LIBRI

quale stavo rischiando la vita. Scavalcai anche quello, anzi, lo sfondai durante l’arrampicata rendendo più agevole l’accesso anche ai miei inseguitori. Scesero velocemente dall’auto, in tre. Uno di essi scivolò sull’asfalto bagnato. Sfruttai il vantaggio correndo alla cieca, senza avere idea di cosa ci fosse in fondo, correndo su terra bianca, breccia, ghiaia trasportata; compresi di essere su quello che solo pochi mesi prima era un tratto di mare. Ora una baia riempita di materiale per far sorgere il nuovo insediamento, l’ennesimo in una città che già aveva pagato a caro prezzo la propria disponibilità. Attimi e la mia fuga giunse alla fine. Di fronte a me c’era il mare. Uno sguardo attorno e la certezza che l’unica via era verso la centrale lontana. Certamente lì c’era altra gente ad aspettarmi. Fermo nel mezzo di quel piazzale vidi i tre uomini finire di scardinare il cancello e avvicinarsi a passo lento, certi che non sarei potuto più scappare. Tra il mare, la centrale ed il nastro trasportatore non avevo scelta. Ero in trappola. vvvvv “Mrs. Jennifer Hans è a Londra e tornerà fra due settimane” la centralinista della QEG di Brindisi, fu lapidaria; avevo telefonato dicendo di essere il titolare di una ditta di trasporto materiale di risulta e di avere tonnellate di pietrame che potevano essere utili per completare il riempimento del tratto di mare dove si stava costruendo l’impianto. Geniale, ma inutile. In realtà non sapevo neanche cosa avrei detto a Jennifer, forse mi interessava solo sapere se era in sede. La centralinista mi chiese se volevo parlare con il suo sostituto aggiungendo che se era urgente potevo chiamare presso la sede di Londra. “No…” risposi”… magari mi da l’indirizzo” “Prego…?” il tono era indispettito. “Della sede, intendo” Non sapevo perché feci quella domanda, forse inconsciamente avevo già deciso di partire per Londra. Mi fece lo spelling, che non è una tortura medievale, ma una necessità inventata dai popoli del globo, sempre per quel problemino di socializzazione all’uscita della torre di Babele. “Auariu” sembrava il guaito di un cane al quale stanno stringendo le palle; in effetti, sempre all’uscita della torre di Babele gli inglesi, per socializzare, usavano, con immane fantasia, la frase più banale “Come stai, how are you?” ma curandosi ben poco di lasciarsi intendere. Ed un rappresentante degli altri popoli, sfinito da questi guaiti che si protraevano per tutta la notte, chiese loro di dire

INTERVISTA ALL’AUTORE A un certo punto mi chiesi: com’è che nessuno lo vuole eppure si fa? Avvocato civilista con “divagazioni” nel penale, Antonio Caiulo ha 53 anni ed è al suo secondo romanzo. Il primo, “Il respiro del Cervo”, parlava di un’altra croce cittadina, il Petrolchimico. “Da Capobianco a Dover” invece sposta l’attenzione sul rigassificatore. «L’idea mi venne durante il famoso corteo contro il rigassificatore. C’era tutto l’arco costituzionale: Vendola, Mennitti, Errico, Pellegrino. Mi chiesì: ma com’è che nessuno lo vuole eppure si fa?» Evidentemente qualcuno lo vuole ma non lo dice. «Lo vuole la Corona inglese. Ma anche altri traggono profitto». Come nasce la storia che dà corpo al libro? «Parte da un investigatore privato che indaga su un tradimento, ma si ritrova catapultato nella storia del rigassificatore. Finisce a Londra, scopre un giro di soldi per ottenere le autorizzazioni, arriva al sequesto del cantiere». Un po’ il processo che lei segue come rappresentante di Italia Nostra e Wwf... «Sì, però il libro è stato scritto prima che mi fosse affidato l’incarico. In ogni caso, sì, la storia non è vera, ma è verosimile». Come finirà secondo lei, nella realtà? «Non può finire col processo. Intanto c’è un tratto di mare riempito. Qualcosa si farà, ma non so cosa. Ovviamente ci vorranno la Valutazione di impatto ambientale e l’ascolto dei cittadini. Ma mi chiedo: il gioco vale la candela? Intendo dire: abbiamo avuto il Petrolchimico e l’Enel, e ci ritroviamo una città piena di disoccupati e poveri. Continuiamo così?».

una per una le lettere. “Uonderful… oll d pipol spic inglisc uid spelling” Massì accontentiamoli, pensarono i popoli della terra.

P

erò la lingua inglese offre anche tante opportunità di lasciare andare la fantasia. Ragionavo così quando chiesi ad una scandalizzata impiegata dell’aeroporto un biglietto per Londra sul volo dell’Airone. Lo dissi proprio così; che male c’era. Quell’uccello era disegnato sulla fusoliera, volava come gli aerei, quale miglior simbolo se non l’airone. La cosa invece mi era piaciuta molto e per un attimo avevo apprezzato quella che mi era sembrata una genialità, anche se inglese. “Air uan…” precisò offesa “Cioè… non è l’uccello?” ero deluso. “Ies, bat iu mast sei Air Uan” “Aria uno, e che vuol dire?” “Not in italian…” certo, ti pareva. Era così bello l’airone come simbolo di un aereo “…In inglisc is better… air uan” Crollato un mito. Non si illudesse l’airone di essere lì come simbolo della

linea aerea, troppo azzeccato. Al più poteva accontentarsi di essersi spiaccicato in volo su un aereo inglese, incrociandone la rotta. Quale migliore fine per un uccello. Dopo aver uaiuato qualcosa di incomprensibile, capii che aveva a che fare con l’uscita, il gheit, che non è il ghetto barese, ma l’entrata dell’aereo. Ecco, il gate è ormai diventato

sanno parlare. Ma lo avete sentito il messaggio lasciato su un registratore da un Presidente degli Stati Uniti sulla luna? Non si capisce niente. Per questo gli extraterrestri li attaccano come in quei film che fanno loro: “Indipendence day o Alien uno, due e tre. Chissà cosa gli hanno detto con quel messaggio. O chissà quei poveri disgraziati cosa sono

“Un nuovo insediamento, l’ennesimo in una città che aveva già pagato a caro prezzo la propria disponibilità” internazionale, l’hanno inventato loro e noi, sempre per quella forma di tenerezza che ci trasciniamo dall’epoca della torre di Babele, non gli abbiamo detto niente. Ma bisogna spiegarglielo una volta per tutte che non è giusto che per indicare l’entrata in un aereo, abbiano usato il nome gate, uscita. Fermiamoli, accidenti, questi vanno sulla Luna e su Marte. Che figura ci facciamo, neanche

riusciti a capire senza poter chiedere lo spelling. Mica tutti sono buoni come all’uscita della torre di Babele. “Ai em de president of d big land ov d ert end ui ar d best in d uord end oll is main” Bombardiamoli subito questi trogloditi!!!

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OPINIONI

Vampiri di mattina di Stefano La Monica

Mi hanno sempre spaventato gli acronimi Ricordo ancora il timore dell’AIDS. Oggi c’è quello per l’ADHD. Non avete mai sentito parlarne?

M

i hanno sempre spaventato gli acronimi. Bunker di poche lettere, maiuscole, forse per avere un’importanza che le parole scritte per esteso non avrebbero. La Sindrome di Immuno-Deficienza Acquisita sembra quasi gentile, detta così sembra un contrattempo da raccontare al dottore. Ascoltata come AIDS, invece, ti colpisce di più, e ti fa la tana nella mente come un tarlo nel legno. Ed è ancora più terribile perché ce l’hai anche quando non ce l’hai. La mia generazione ne sentiva parlare al telegiornale ogni santo giorno, proprio nel periodo in cui l’adolescenza viene investita da una serie di pulsioni e desideri da soddisfare, stavolta in compagnia. E, ahimè, abbiamo fatto di necessità virtù, abbiamo censito e giudicato con maggior cura le sconosciute con cui intrecciarci in vacanza e siamo stati attenti alla provenienza, accettando di buon grado la spagnola o la francese e guardando con sospetto le ragazze dei paesi sub-sahariani o dell’America Latina. E abbiamo rinunciato anche alla gioia di una completa soddisfazione attraverso il tatto perché in mezzo c’era un sottile profilattico, ma alla fine ce la siamo cavata in qualche modo. Non siamo ancora salvi, ma è quasi un bene che ogni singola molecola di quel virus si trovi nel corpo di un essere vivente, dal quale viene veicolata. Non è come il tetano che può attendere subdolo tra le croste di un chiodo arrugginito, o il tifo da salmonella che ti fa la posta in qualche lercio canale di scolo di periferia. Per certi versi è ancor più devastante per questo,

perché gli uomini se la scambiano in molte delle loro attività sociali, a volte terribili come l’uso di un solo ago in due vene diverse, ma anche in attività bellissime e naturali come l’amore e il sesso. Ma il tempo ci ha detto che una buona informazione può aiutare a capire con che nemico si ha a che fare e come contrastarlo. C’è invece un altro acronimo che sguazza nella malainformazione: l’ADHD! Chi si è spaventato tra voi nel sentire quest’acronimo? Pochissimi. È una malattia che non viene veicolata dagli uomini comuni che fanno l’amore, e non è composta da una molecola stronza che penetra nel nostro corpo e incasina le cellule sane. Fisicamente non può toccarci in alcun modo, semplicemente perché… non esiste. Eppure è un pericolo per la generazione che ci segue. I nostri genitori ci hanno guardato con tanta tristezza e una tremenda angoscia quando da ventenni ce la siamo dovuta vedere contro l’AIDS guantoni alla mano. Ma noi già avevamo una piccola idea di come è fatta la vita, di cos’è la morte, di cosa fa male e di cosa assolutamente non si deve fare. L’ADHD, invece, riguarda i nostri figli, quei bambini che fanno tenerezza solo quando dormono e che da svegli girano come trottole impazzite e rompono le palle persino ai sassi. Qualcuno vorrebbe farci credere che questi arzilli bambini siano invece malati, che abbiano l’Attention Deficit-Hyperactivity Disorder, cioè la Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività. Non si trova nel corpo di nessun essere vivente, ma è molto più

pericolosa dell’AIDS perché viene veicolata dalle menti di uomini che, tra Case Farmaceutiche e brevetti di nuovi medicinali, la spingono fin dentro l’esofago delle creature più indifese. Un adulto può decidere da solo se mandare giù la pillola prescritta dal medico, chiedere un altro parere, informarsi in qualche modo sulla malattia che ha e sulla cura che gli stanno proponendo. Ma se sei un bambino, è difficile non credere a babbo e mamma che ti dicono di prendere la pillolina, “che poi ti sentirai meglio”. Daddy e Mummy lo fanno ormai da tempo, perché sono soverchiati dalle grandi Case Farmaceutiche che decidono la vita sanitaria degli americani, e trasformano un’aberrazione in protocollo medico: cioè somministrare PER LEGGE un po’ di sana anfetamina ai loro bambini. Basta mettere l’amministratore delegato di una potente Casa Farmaceutica in Senato o nella Camera dei Rappresentanti, e la teen-anfetamina diventa legale.

di fronte alla spianata del Serengeti tutta piena di gazzelle. Vorrei poter dire che in Italia non siamo ancora strangolati da gigantesche Case Farmaceutiche che insinuano i loro soldati in Parlamento come faceva Totò Riina un po’ di anni fa. E poi quaggiù siamo terroni, crediamo ancora che le caviglie tumefatte si curino col bianco dell’uovo montato a neve, che le escoriazioni vadano tamponate con le foglie del cavolo, e che quando veniamo punti da una medusa ci si debba fare sopra la pipì. Noi crediamo ancora al malocchio e ai guaritori capaci di togliercelo. Noi abbiamo fatto arricchire Wanna Marchi permettendole di fottere poca gente ingenua che sborsava 5 milioni in cambio di un po’ di sale “magico” da sciogliere nell’acqua. Tragedie, certo, ma comunque compiute a spese degli adulti. E ora che la legge sulla somministrazione di questo farmaco è stata firmata anche in Italia, di sicuro ci sarà un medico che, mascherato da quarto Re Magio e con la pillolina in mano,

lezza che ne deriva. E allora, signora Carruezzo, le auguro di essere illuminata e saggia, e di proteggere i suoi figli come una tigre con i cuccioli. E mi spaventa anche l’idea che dagli americani prendiamo a prestito i modelli sbagliati, le porcherie dei fast-food, per esempio, e quasi mai quelli positivi. E allora potremmo anche noi pretendere un bambino calmo e non troppo casinista, e se non ci riusciamo con l’educazione ecco che la chimica ci dà una mano trasformando la trottola impazzita in un ubbidiente inebetito adolescente, e imbavagliando il demone benigno che porta dentro di sé. Siano invece benedette queste trottole, anche quando le dobbiamo portare al Pronto Soccorso per qualche osso che gli si è incrinato, o quando dobbiamo rifondere i danni per quello che hanno distrutto. Benedette Flavia e Angelica e il magnifico argentovivo che le anima, e benedetto il posto in cui vivono, perché in America ver-

«Ma sì, diamo per legge un po’ di sane porcherie

ai nostri bambini, per farli stare più calmi»

Un po’ come se lasciassimo che fossero i violentatori a scrivere le leggi sugli stupri. Oltre alla salute dei bambini (secondo compiacenti psichiatri in netto miglioramento proprio grazie al farmaco in questione), in nettissimo miglioramento ci sono i guadagni delle suddette Case Farmaceutiche, e di conseguenza i conti correnti dei loro manager. Gente che guarda al proprio territorio e alla propria gente come farebbe un leopardo

si recherà dalla nostra signora Carruezzo per dirle che l’argentovivo addosso al piccolo Teodoro si cura con la stessa anfetamina che a lei hanno proibito di prendere quand’era all’università. E le consiglierei di trovare il modo più colorito per mandare questo medico/manager affan… Ma due cose mi spaventano. Per primo la paura che si prova davanti ad un medico che sta per aprire bocca, la sottomissione di chi non ha studiato, e la debo-

rebbero sicuramente sedate. Benedetti quelli che le proteggeranno da quelle schifose anfetamine e le terranno lontane il più possibile dalle medicine in genere. Benedetto il nostro ruolo di ignoranti, se servirà a tenere lontano i nostri figli da tutto quello che è superfluo. P. S. Nel prossimo numero vi racconterò la storia del Quarto Re magio. Uno buono, stavolta.

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LA SATIRA DI TB

VOCI DI POPOLO

I nostri lettori ci scrivono posta@tbmagazine.it

TRASPORTI

BASTA PIAGNUCOLARE! DIAMOCI DA FARE «Non ci sono imprenditori locali in grado di fare impresa con la I maiuscola e di avviare una compagnia aerea?» Ma lo vogliamo capire che ormai l’assistenzialismo dello Stato in economia non è più quello di una volta? Lo vogliamo capire che, piaccia o no, siamo ormai in una logica di mercato? Lo vogliamo capire che l’orologio della storia non lo si mette più indietro? Lo vogliamo capire che deve finire il tempo di andare ad elemosinare con il cappello in mano da questo o quel satrapo della politica? La vogliamo smettere di regalare soldi pubblici a compagnie aeree straniere e nazionali, qualcuna magari gestita anche da mascalzoni? I vettori sopprimono a loro piacimento le rotte (dopo che hanno beccato i soldi regionali)! Trenitalia taglia treni e mette carrozze vecchie? Bene, allora vadano a farsi fottere Alitalia, Trenitalia e tutti gli altri. La si faccia qui una compagnia aerea locale, con il concorso degli imprenditori (o presunti tali) del cosidetto Grande Salento. La facciano loro una compagnia ferroviaria (il mercato è libero per chi non lo sapesse ancora)... Forse hanno paura di fare impresa con la I maiuscola? O sanno che nei trasporti non vi sono vacche da mungere, finanziamenti pubblici da ciucciare e quant’altro poiché è proibito da leggi europee? E

smettano di piagnucolare pateticamente quando sopprimono questo o quel determinato volo. Si diano da fare. decristofarolucio@libero.it Caro signor Lucio, rispondo brevemente alla sua lunga ma interessante lettera sul tema dei trasporti, che abbiamo trattato nel numero di agosto. 1) Io di imprenditori in grado di lanciare una compagnia aerea locale non ne vedo. 2) Alitalia e Trenitalia non devono essere mandate a farsi fottere ma obbligati a rispettare il territorio. Per fare questo, però, ci vorrebbero politici e amministratori in grado di farsi rispettare. 3) Temo che il Grande Salento sia una menata inventata da amministratori locali che a Bari e Roma contavano e contano poco e con questa Grande Idea pensavano (non so se lo pensano ancora) di contare un po’ di più. 4) Fatta la legge trovato l’inganno: le compagnie aeree low-cost aggirano le leggi europee e continuano a prendere soldi pubblici sotto forma di contributi per il marketing. Senza quei soldi non investirebbero un centesimo dalle nostre parti e in tanti altri scali minori. fm

d’Italia... È ora di cambiare!!! Luca Schettino luca.schettino@infinito.it

A proposito di Turismo Mi piace l’idea che ci sia qualcuno che ha intenzione di realizzare, nel senso di rendere “reale”, “tangibile” il turismo a Brindisi. Mi chiedo, però, come mai il sindaco Mennitti ha aspettato 5 anni per pensare al turismo?? Ivano Barletta ivans1984@gmail.com Credo che Titi sia l’uomo giusto per la svolta. Un imprenditore che farà il tecnico fuori da schemi politici. Complimenti per le idee sig. Titi. Sono quelle giuste, tanti di noi giovani hanno sempre avuto molte idee simili in campo turistico, mai attuabili per via di leggi e norme vecchie del Regno

E se si utilizzasse il piazzale di Sant’Apollinare per la realizzazione di un grande acquario? Il progetto del Parco del Mare di Brindisi potrebbe rappresentare, nei buoni intenti, la soluzione per riqualificare un’area portuale ormai abbandonata. In America, ancor prima che in Europa, alcune aree portuali non più interessate dai grandi commerci di un tempo si sono trasformate in luoghi di afflusso di massa. Sono i cosìdetti “Pier” americani. Acquari, stand commerciali, aree divertimento, ristorazione, concerti all’aperto. Tra i grandi acquari, il più noto è sicuramente quello gestito da Costa Edutainmet Spa,ossia quello genovese, di proprietà 100% pubblica. Quindi perche non provarci iniziando a parlare sul serio di turismo e basandosi sui numeri che in altre realtà portano 1.300.000 visitatori a visitare la città oltre che la struttura.La prima vera sfida di Brindisi è di riappropriarsi del fronte del mare”! Walter Solazzo

Complimenti e consigli

Caro direttore, sono nato a Brindisi nel 1976, abito ormai da quasi 20 anni a «Ferrara ma sono nato e cresciuto a Brindisi. Sono stato in vacanza nel Salento e poi da parenti a Brindisi ed ho avuto modo di venire a conoscenza di tbmagazine. Volevo fare i complimenti per il bellissimo editoriale “Non restate a guardare” di agosto. Avete aquisito un lettore in più. Nonostante la lontananza cerco sempre di tenermi informato su quello che succede sperando di venire a sapere sempre più spesso di attività importanti come questa splendida avventura che avete intrapreso... Luca Popolo paolodicanio10@libero.it Per la rubrica Brindisini Straordinari vorrei segnalarvi Francesco Tramacera, che ha appena vinto il campionato nazionale svizzero di pallanuoto. Parteciperà presto al campionato europeo. Bravi. Giornale Bellissimo. Giancarlo Romano

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I VIAGGI DI TB Testi e Foto di Giovanni Antelmi

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’Uzbekistan confina a nord con il Kazakistan, a sud con il Turkmenistan e l’Afghanistan, a ovest con il Tajikistan ed il Kirghizistan. Tutti “stan”, insomma! Ma “ando stann’? L’unica soluzione per capirlo è prendere l’atlante. Anche se il problema non è solo chiarire la collocazione geografica della nazione, ma soprattutto spiegare che ci si va a fare da quelle parti. Le cose da vedere in realtà sono tante: città, valli, deserti, montagne, monumenti, tappeti, stoffe, e così via. Ma di speciale si incontra certamente un’atmosfera esclusiva, quel ritrovarsi sulla “Via della Seta” che fa sentire tutti, anche nel 2009, dei piccoli Marco Polo. LA CAPITALE Tashkent serve per arrivare e ripartire. Non è possibile fare altro: è proprio brutta, sovietica più di quanto si possa immaginare e con poco o niente da visitare. Però bisogna passare per forza da qui. Ed io ci passo. Le guide ed i racconti dei viaggiatori sul web dicono sempre di stare attenti ai poliziotti che, nella metropolitana, tendono a sequestrare senza motivo i passaporti ai turisti per poi restituirli in cambio di mance consistenti. Così mi attrezzo. Fermata della metro “Oybek”; due poliziotti avvistano un turista solitario, piuttosto spaesato in mezzo alle scritte in cirillico ed al suo primo giorno in Uzbekistan. Una preda ideale. Il turista sono io, però alla richiesta “Passport, please” non mi faccio trovare impreparato : tiro fuori la fotocopia del passaporto e gliela do. Quello più sveglio la prende, la gira da una parte e dall’altra e con una pronuncia inglese peggio della mia reagisce: “This is a copy, I want your passport!”. Ed io, senza esitazioni : “I am sorry, sir. The passaport is in my hotel”. Il dialogo prosegue per qualche minuto ancora con il poliziotto che tiene tra le mani uno straccio di fotocopia invece dell’originale. Sono delusi e rassegnati. Potevano portarmi a

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Raccontateci i vostri viaggi! Scrivete a ine.it a@ post tbmagaz

LOST IN UZBEKISTAN Un itinerario particolare in un paese insolito tra matrimoni, deserti, poliziotti e, soprattutto, storie da ascoltare casa loro, in caserma, ed invece sono costretti a venire a casa mia, in hotel. Troppo rischioso, meglio lasciar perdere. Mi ridanno la fotocopia del passaporto ed io ritorno bello pimpante al mio breve tour della capitale. Questo che vi ho appena raccontato sarà l’unico episodio spiacevole (e neanche tanto) del viaggio. Gli uzbeki sono un popolo ospitale e gentile, che si fa in quattro per accogliere i turisti; come Gulnara, la proprietaria della mia guesthouse a Tashkent, a cui devo la rimozione dei preconcetti sulla cucina uzbeka grazie ad i suoi buonissimi piatti. AI CONFINI DEL MONDO A Chiva pare di stare nel “Deserto dei tartari” di Buzzati. Davanti, la città fortificata di Ichon-Qala e le alte mura di fango, fuori, da un lato il deserto del Karakum e dall’altro quello di Kyzylkum. I russi, neanche tanto lontani, ci hanno messo un bel po’ di anni

per conquistarla (ce l’hanno fatta “solo” nel 1873). Fino ad allora, a ogni tentativo, avevano dovuto sempre arrendersi, senza nemmeno combattere, per l’ostilità del territorio che la circondava. Per farla breve, un posto ai confini del mondo. Un centro storico bellissimo e intatto che si può immaginare uguale a tre secoli prima, con il tempo che sembra non passare mai tra madrase e minareti, mausolei e palazzi, moschee e musei, prima di vedere le mura che al tramonto cambiano colore. Sorprendente Chiva! STODDART & CONNOLY Il mio vicino di tavolo al ristorante sulla Lyabi-Hauz di Bukhara è in vena di racconti, aiutato dall’ora tarda e dalla birra alla spina. Di fronte a lui un turista straniero, il sottoscritto, a cui ricordare la triste storia del colonnello Stoddart e del capitano Connoly, sudditi della

regina Vittoria, che il 24 giugno 1842 furono fatti decapitare nella piazza di Bukhara dall’emiro Nasrullah. Il narratore è stato talmente coinvolgente che la mattina dopo sono andato subito a visitare la Zindon, la vecchia prigione di Bukhara trasformata in un museo. Qui si trova ancora intatta la buca stretta e profonda in cui i due hanno trascorso la loro dura prigionia (tre anni Stoddart, uno Connoly) prima di essere giustiziati. La vicenda dei due ufficiali inglesi, in realtà, è parte di una vera e propria guerra senza battaglie, denominata “il Grande Gioco”, in cui nel XIX secolo russi ed inglesi si fronteggiarono per il predominio dell’Asia centrale. Appena rientrato in Italia sono corso in libreria ad acquistare “Il grande gioco” di Peter Hopkirk (Adelphi) che racconta in modo straordinario questa grande epopea. ITALIAN

Pochi sanno che Samarcanda si trova in Uzbekistan e nessuno può immaginare che l’italiano è una delle lingue preferite dai giovani della città. Questa predilezione ha due cause: la prima è che a Samarcanda ha sede l’Istituto Statale per le Lingue Straniere, la seconda è Piera, trasferitasi in Uzbekistan per insegnare ai locali la nostra lingua con grande passione. A Samarcanda, quindi, è facile trovare una guida che parli italiano. E la circostanza mi consente di entrare almeno un po’ nell’anima del paese, ascoltando tra un monumento e l’altro i sogni e le aspettative di chi mi porta in giro per una delle più affascinanti città dell’Asia. IL MATRIMONIO UZBEKO Tommaso sta trascorrendo sei mesi in Uzbekistan per lavoro. Lo chiamo appena atterrato a Tashkent e ci diamo appuntamento per la settimana successiva: andremo ad Andijan,


TEMPO LIBERO

«L’Uzbekistan è il paese di Samarcanda, e qui l’italiano è una delle lingue preferite dai giovani»

nella valle del Fergana, per un matrimonio di due suoi amici uzbeki. Diciamo che la regione in questione non è tra le più tranquille. Al-Quaeda pare sia stata fondata da quelle parti, il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (IMU) - unica organizzazione clandestina uzbeka - è fortemente radicata nell’area e ad Andijan, nel maggio 2005, una pacifica manifestazione islamica è stata soppressa nel sangue dalle truppe governative provocando centinaia di vittime. Partiamo in taxi da Tashkent e, dopo circa un paio d’ore, superato il Kamchik Pass, ha inizio la discesa nella valle. Il paesaggio cambia radicalmente rispetto al resto dell’Uzbekistan, con il verde della folta vegetazione che sostituisce il giallo ocra della steppa e del deserto. Mi aspettavo donne con il volto coperto dal velo ed un clima ostile nei confronti degli stranieri, ma i primi centri abitati

smentiscono categoricamente la mia congettura. Arrivati al matrimonio, poi, l’accoglienza per gli europei risulta imbarazzante per quanto è calorosa. Ho anche supposto che i matrimoni uzbeki potessero essere più divertenti (e brevi) dei nostri e fortunatamente questa volta ci azzecco. Durante i festeggiamenti uomini e donne siedono a tavoli separati, ma si riuniscono subito al centro della sala per ballare al ritmo indiavolato dell’orchestra. Scopro che alla cerimonia, come da tradizione, non partecipano i parenti della sposa. Hanno festeggiato con lei il giorno prima e l’hanno salutata commossi: da quel momento in poi andrà a far parte di un’altra famiglia che non sarà più la loro. La festa sta per finire, gli ospiti iniziano lentamente ad andare via e decido di salutare gli sposi. Tommaso intuisce i mie piani e mi placca in tempo. Volevo fare gli auguri con un

italico “bacio & abbraccio” ma in Uzbekistan, la sposa, non la si può neanche toccare, figurarsi a baciarla. Evito così per un pelo una gaffe clamorosa che mi avrebbe fatto apparire come un piccolo Berlusconi in trasferta. REGISTRATJIA

La prima e mi sa unica parola uzbeka che ho imparato è stata “registratjia”, che poi non è nemmeno uzbeka ma russa. Il turista che visita il paese deve registrarsi ad ogni pernottamento presso il locale OVIR (ufficio visti e registrazioni), ma soggiornando in albergo la registrazione è automatica ed alla reception rilasciano una ricevuta, la registratjia appunto, che lo attesta. L’unica raccomandazione recepita prima di partire, quindi, è stata quella di custodire gelosamente tutte le registratjia, in modo da evitare multe pesanti o problemi maggiori se, ad un controllo o all’uscita dal paese, ne fossi stato trovato sprovvisto o con

qualcuna mancante. Cosicché, prima del volo di ritorno, affronto con una certa agitazione il consueto controllo dei documenti. Arrivato al posto di polizia consegno il passaporto con la mazzetta di registratjia al funzionario uzbeko e quello timbra distrattamente il mio documento e butta con sufficienza nel cestino tutte le registratjia. Mi ero preparato a qualsiasi tipo di domanda sul soggiorno uzbeko, avevo addirittura vigilato su quelle ricevute per tutto il viaggio ed il poliziotto neanche le ha guardate. Che dire?! Alla prova dei fatti le cose sono spesso molto diverse da come le immaginiamo. Questa “quasi regola” in Uzbekistan vale più che altrove: non si può immaginare un viaggio in Uzbekistan, bisogna andarci per forza. antelmi@hotmail.it Nell’altra pagina: ritratti Uzbeki. Sopra il Registan di Samarcanda. Qui accanto: le mura di Chiva

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TUTTOBRINDISI

FOTOGRAFIA

La Colonna da lontano di Valeria Rotolo

Scalinata di Federica Bruno Stamerra

Questa rubrica (ideata da Massimo Guastella) è aperta al contributo di fotografi professionisti e appassionati di fotografia. Pubblichiamo volti, paesaggi, eventi, scene di vita cittadina. Alla fine dell’anno organizzeremo una mostra fotografica: gli scatti saranno venduti ed il ricavato sarà devoluto in beneficenza ad associazioni di volontariato brindisine. Se volete partecipare, inviate le vostre foto all’indirizzo e-mail: info@fabiomollica.com. 44 TB SETTEMBRE 2009


TUTTOBRINDISI

FOTOGRAFIA

Nebbia di Federica Bruno Stamerra

Umberto sogna di Lorenzo Saponaro

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OPINIONI

Turista per casa

di Mario Lioce

L’onestà come motore del nostro riscatto

Brindisi non ha nulla da invidiare ad altre province, eppure non promuove le sue risorse

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ono ormai alcuni anni che frequento il Trentino partecipando alla realizzazione di progetti di comunicazione per la promozione del territorio, e in ogni mia visita questa opportunità si traduce in una amara domanda: perché c’è tanta differenza tra noi e loro nella gestione della “cosa pubblica”? La dialettica e i dibattiti scaturiti più volte dal quesito posto mi hanno reso consapevole della necessità di sgombrare il campo da numerosi equivoci di natura storico-geografica in cui incappa chi non conosce quel territorio. La mia provocazione trova puntualmente come prima opposizione il fatto che il Trentino sia una provincia autonoma, con tutto ciò che ne consegue a livello politico ed economico. Giusto, affermazione corretta. Tuttavia anche la Sicilia è autonoma e nonostante il mio affetto per quella regione non me la sento di affermare che i modelli di gestione abbiano prodotto risultati simili. Superato questo primo scoglio, sento spesso sostenere, con aria di distaccata sufficienza, che eventuali analogie sono impossibili poiché i trentini sono gente di confine, più simili ai loro vicini austriaci che a noi. Qui insorgo con veemenza. Terra di gente riservata e orgogliosa, il Trentino conserva con umiltà e fierezza ferite non ancora rimarginate come l’irredentismo di fine Ottocento, movimento 46 TB SETTEMBRE 2009

antiaustriaco nato dall’aspirazione di tornare ad essere italiani. L’essere una regione “virtuale” fa sì che spesso si confonda il Trentino con l’Alto Adige, dove il primo, a differenza del secondo, si sente profondamente italiano. Accantoniamo quindi lo stereotipo di gente “diversa e lontana”. Un produttore brindisino di vino, sciorinandomi spiegazioni tecniche fatte di microclimi, morfologia ed escursioni termiche, volle evidenziare quanto i trentini disponessero di una terra più generosa della nostra che, al contrario, è arida e zollosa. Vero in parte, poiché evidentemente quel produttore ignorava che quella trentina è una terra dura, limitata in estensione, difficile da colti-

«La reputazione non è un bene che si tramanda, ma un prestigio che si conquista», Enzo Biagi. LA PIÚ BELLA DEL MESE: ALTAN SU L’ESPRESSO

vare e con pendenze tali da impedire la meccanizzazione delle operazioni di coltura. Immaginate la fatica. Di rado si incontra un’identità così forte tra uomini e territorio come accade in Trentino, una visione che nella letteratura sorta intorno all’argomento si è spinti ad interpretare attraverso una sorta di “antropologia del territorio”. E infatti quella è una terra fatta di serietà ed operosità, buona gestione pubblica e spiccata iniziativa privata, rispetto e riservatezza, lungimiranza ed opportunità.

È

significativa la frase che il grande giornalista Enzo Biagi disse riferendosi ai trentini: «…la reputazione non è un bene che si tramanda, ma un prestigio che si conquista…e in ogni prodotto che esce dalle loro mani c’è quella che la moda chiama la loro immagine e che io invece chiamerei la loro onestà». Ora le strade sono due: capire che la nostra terra di Brindisi ha a disposizione tesori inestimabili e reagire al nostro immobilismo, o proporre un referendum per chiedere di essere annessi alla provincia di Trento. A noi la scelta.


HAPPY BIRTHDAY

UN ANNO IN COPERTINA Il nuovo TuttoBrindisi compie un anno. Doci mesi di proposte, denunce, critiche, progetti, idee. E belle copertine

N. 1/Ottobre. Coach Perdichizzi tiene a battesimo il ritorno di TB e dell’A2.

N. 2/Novembre. Mennitti ed Errico Uomini Soli: i brindisini sono delusi.

N. 3/Dicembre. Il Brindisino dell’Anno 2008 è Rocco Talucci.

N. 4/Gennaio. Pier Paolo Cito, fotoreporter brindisino famoso nel mondo.

N. 5/Febbraio. La altre facce del commercio: chi vende bene.

N. 6/Marzo. Fernando Galetti, il bomber, raccontato da Fabrizio Caianiello.

N. 7/Aprile. Posti in piedi: parte la corsa alla poltrona di sindaco.

N. 8/Maggio. Bentornato Museo, il “Ribezzo” riapre in grande stile.

N. 9/Giugno. Brindisini straordinari: i brindisini che amiamo.

N. 10/Luglio. Change? Perché ha vinto di nuovo Mennitti.

N. 11/Agosto. Città turistica? Idee e progetti del neo assessore Teo Titi.

N. 12/Settembre. Speciale Sport. SuperFlavia guida la rinascita.

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