Abaco per la transizione climatica

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Denis Maragno, Giovanni Litt, Laura Ferretto, Federica Gerla Prefazione di Loris Tomiato Introduzione di Piero Pelizzaro CLIMATICATRANSIZIONEPERABACOLA Primo catalogo per pianificare l'adattamento nell’Alto Adriatico

Denis Maragno, Giovanni Litt, Laura Ferretto, Federica Gerla Prefazione di Loris Tomiato Introduzione di Piero Pelizzaro CLIMATICATRANSIZIONEPERABACOLA Primo catalogo per pianificare l'adattamento nell’Alto Adriatico

Quest’operaCopyright è distribuita sotto Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA Primo catalogo per pianificare l’adattamento nell’Alto Adriatico di Denis Maragno, Giovanni Litt, Laura Ferretto, Federica Gerla ISBN 979-12-5953-021-9 editore Anteferma Edizioni Srl via Asolo 12, Conegliano, TV Primaedizioni@anteferma.itedizione:giugno 2022 progetto grafico Giovanni Litt, Federica Gerla, Laura Ferretto ringraziamenti Francesco Musco, Francesco Rech, Giorgia Businaro, Gianfranco Pozzer, Matteo Faccin. Per le foto: Luca Pilot e il Servizio fotografico e immagini dell’Università Iuav di Venezia, il progetto STREAM - Increase the safety of the Programme area from natural and man-made Disaster –Flood Risk

I contenuti di questo libro sono esito delle attività di ricerca presso il Planning & Climate Change LAB dell’Università Iuav di Venezia.

Il dominio dell’uomo consiste solo nella conoscenza: l’uomo tanto può quanto sa; nessuna forza può spezzare la catena delle cause naturali; la natura infatti non si vince se non Francisubbidendole.Bacon

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Prefazione, Loris Tomiato Introduzione, Piero Pelizzaro Supportare la conoscenza territoriale per rispondere all’emergenza climatica Pianificare l’adattamento nell’Alto Adriatico A cosa serve un Abaco per la transizione? Transetti di territorio: una logica per semplificare la complessità Abaco per la transizione climatica Guida alla lettura Abaco per la costa Abaco per l’urbanizzato Abaco per le aree naturali Abaco per le reti infrastrutturali Bibliografia Sitografia AcronimiGlossario Biografie degli autori 22021621221019819117714913586856451372112804030201

8 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA PREFAZIONE LORIS TOMIATO DIRETTORE GENERALE DI ARPAV

9 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA La problematica dei cambiamenti clima tici, riguardando il futuro nostro, dei nostri figli e delle nostre comunità, ci interpella in modo diretto sia come cittadini, sia come rappresentanti delle pubbliche istituzioni.

Le emissioni di gas climalteranti sono purtroppo direttamente correlate allo sviluppo economico e industriale, fanno parte del nostro quotidiano e sono il prezzo dell’attuale livello di benessere.

L'Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto –ARPAV1, ente strumentale della Regione del Veneto si occupa di prevenzione e protezione dell’ambiente, le tematiche dell’adattamento (contrasto degli effetti dei fenomeni indotti dai cambiamenti climatici), della mitigazione (contrasto delle cause dei cambiamenti climatici ovvero riduzione del le emissioni) e della sostenibilità (soluzioni che consentano di vivere su questo pianeta senza comprometterne il futuro), sono am biti di lavoro di primaria importanza che tro vano una visione prospettica negli obiettivi dell’Agenda 2030. Questa Agenda è stata definita dalle Nazioni Unite che, rilevando

1 Per approfondire: www.arpa.veneto.it.

Anche l’Unione Europea, con l’ambizioso Green Deal è intenzionata ad attuare delle politiche per la sostenibilità e la riduzione delle emissioni, strutturandole nel contesto di un articolato piano di azioni strategiche destinate a modificare sostanzialmente il nostro modo di rapportarci con le fonti di energia e con l’utilizzo delle risorse ambien tali.ARPAV vuole essere parte attiva di questo nuovo processo di sviluppo sosteni bile e rispettoso dell’ambiente, mettendo in gioco le proprie conoscenze e competenze tecniche in campo ambientale.

Molto concretamente ARPAV, con le attività di previsione del tempo, di moni toraggio idro-meteorologico e di supporto alla protezione civile, fornisce alla popo lazione informazioni utili per affrontare le avversità meteo-climatiche e ciò costituisce un basilare strumento di adattamento. Inoltre i monitoraggi ambientali, attivi ormai da decenni, garantiscono la disponibilità di una base dati fondamentale per com prendere le dinamiche del clima passato e per caratterizzare il territorio in cui viviamo. Anche le attività di formazione/informazio ne ambientale, rivolte a varie categorie di cittadini, fanno parte della mission di ARPAV e possono rivestire un importante ruolo nel sensibilizzare la popolazione veneta alle tematicheAttualmenteambientali.ARPAV partecipa ai pro getti del programma europeo Interreg Italia-Croazia RESPONSe - Strategies to adapt to climate change in Adriatic regions2 e AdriaCim - Climate change information, monitoring and management tools for adaptation strategies in Adriatic coastal areas3. Questi progetti hanno lo scopo di fornire alle amministrazioni locali strumenti concreti per valutare ed affrontare la minac cia determinata dai cambiamenti climatici.

ARPAV, anche grazie a queste iniziative, ha avviato la costruzione di un gruppo di lavoro permanente per lo studio del clima 2 Per approfondire: www.italy-croatia.eu/web/ 3response. Per approfondire: www.italy-croatia.eu/web/ adriaclim.

la portata e la globalità della minaccia che incombe su di noi, hanno proposto una stra tegia a tutto campo per affrontare la sfida a livello sovranazionale.

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ARPAV e la Regione sono coinvolte insieme in questa sfida per il futuro del Veneto.

Con Università Iuav di Venezia, in particolare, stiamo affrontando la problematica di come incrociare i diversi strumenti di pianificazio ne ambientale, urbanistica ed energetica per rendere i centri urbani più resilienti e più adeguati ad affrontare le crescenti minacce determinate dal cambiamento climatico. La pubblicazione dell’Abaco realizzato da Iuav, anche grazie alle azioni progettuali pro mosse da ARPAV, vuole essere una raccolta d’idee a disposizione degli amministratori locali per ripensare un futuro modulato sui principi della sicurezza e della sostenibilità. Una minaccia globale richiede risposte articolate, mirate ed efficaci, da individuarsi anche con il supporto del mondo scientifico.

Loris Tomiato Direttore Generale ARPAV e dei cambiamenti climatici sul territorio Veneto. I progetti hanno consentito inoltre di sviluppare dei rapporti di collaborazione con il mondo universitario e della ricerca.

12 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA INTRODUZIONE PIERO PELIZZARO DIRETTORE DEL SETTORE EUROPA E INTERNAZIONALE DEL COMUNE DI BOLOGNA GIÀ CHIEF RESILIENCE OFFICER DEL COMUNE DI MILANO

I processi legati ai cambiamenti clima tici – che interessano ormai a vari livelli tutti i continenti – sono destinati ad alte rare sempre di più gli equilibri esistenti, incidendo pesantemente sulle economie nazionali, sulle dinamiche ambientali, sulla qualità della vita, sulla stabilità sociale e

A confermarlo ancora una volta è la seconda parte del VI° Assessment Report (AR6) dell’IPCC pubblicato nel Febbraio del 2022. Questo capitolo del rapporto si concentra sull’impatto del riscaldamento globale sull’uomo e sugli ecosistemi e sugli stravolgimenti connessi: la situazione di oggi, scrivono gli autori, è peggiore di quella anticipata dalle previsioni. La mi naccia per l’uomo arriva soprattutto dagli estremi climatici. Inondazioni e ondate di calore stanno già avendo impatti molto maggiori del previsto, e hanno superato la capacità di molte popolazioni di adattarsi a questa “nuova normalità”.

La comunità scientifica è ormai da tem po concorde nel riconoscere i cambiamenti climatici in corso e la capacità di adatta mento agli stessi come una questione cruciale per lo sviluppo futuro del pianeta.

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Varie iniziative sono state intraprese per favorire politiche territoriali che tengano in giusta considerazione il problema del clima e la necessità di inglobare misure di mitiga zione e di adattamento nella pianificazione a livello internazionale, nazionale e locale tramite il coinvolgimento degli abitanti e dei vari portatori di interesse cui spetta l’implementazione diretta delle azioni.

sul benessere ecosistemico, con effetti che saranno sempre più gravi se non si intraprenderanno adeguate politiche di mitigazione e adattamento per accrescere la resilienza urbana.

In particolare, alla necessità di trovare soluzioni per la mitigazione e l’abbatti mento delle emissioni climalteranti che ha caratterizzato la prima fase degli studi in questo campo si è andata affiancando la consapevolezza che occorre una pianifica zione in termini di adattamento alle diverse scale per contenere gli impatti e incremen tare la resilienza dei territori.

A questo scopo occorre investire sulla costruzione di strategie coerenti e condivise capaci di orientare alle diverse scale – nazionale, regionale e comunale – i territori verso modelli di gestione e svilup po consapevoli.Inquestoquadro un ruolo particolar mente significativo deve essere ricono sciuto alle Pubbliche Amministrazioni. La costruzione di politiche di adattamento rappresenta, infatti, una sfida che impone una riflessione sulle capacità dei sistemi gestionali e decisionali e sui modelli di governance verticale e orizzontale.

L’adozione della “Strategia Europea per i Cambiamenti Climatici” da parte dell’Unione Europea nel 2013 ha sollecitato i Paesi che ancora non si erano mossi in tal senso a dotarsi di una Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e di Piani di azione per permetterne l’attuazione.

In Italia la Strategia Nazionale è stata approvata con decreto direttoriale n. 86 del 16 giugno 2015, ma ad oggi un Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici ancora non ha visto la luce. La gravità della situazione verte soprattutto sul fatto che nessun parlamento o governo eletto ha mai discusso in aula o in consiglio di una strategia o di un piano di adattamen to ai cambiamenti climatici. La situazione

→ scenari climatici regionali;

→ priorità di azione regionali;

→ modalità di valutazione e monitoraggio. Attualmente poche istituzioni pubbli che italiane sono dotate di un proprio Pia no di adattamento ai cambiamenti clima tici, sebbene diverse regioni abbiano già approvato una Strategia o un documento di indirizzo in materia di adattamento. Va riconosciuti a questi enti coraggiosi di aver svolto un lavoro per il bene comune e per il futuro delle nostre generazioni senza alcun minimo sostegno dei palazzi romani e in totale assenza di un quadro normativo che favorisca la loro attuazione. Più volte le istituzioni front-runner (Bologna, Genova, Mantova, Milano, Padova, Reggio Emilia,

diventa ancora più complessa e critica se pensiamo all’attuale governo tecnico, che dovrebbe fare della scienza e della cono scenza le sue fondamenta per l’agire politico.

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→ vulnerabilità e impatti regionali ai cam biamenti climatici;

→ indicatori di adattamento (di realizza zione e di risultato) a livello regionale;

→ ruoli e responsabilità per l’attuazione delle azioni e delle misure di adatta mento; → opzioni di adattamento preferibili valo rizzando opportunità e sinergie;

L’attuale dicastero alla Transizione Ecologica ha si riavviato un processo scientifico per la definizione di un Piano Nazionale di Adattamento, ma sembra più interessato alle tecnologie delle aziende di stato piuttosto che alla crea zione di un quadro normativo favorevole all’attuazione di misure urbane urgenti. Se poi si valutano le azioni intraprese per la formazione della PA, la situazione è ancora più Tuttavia,grave. poiché l’adattamento richiede principi generali – globali e nazionali – nella sua impostazione, ma necessita del livello locale per un’attuazione efficace vincolata alla collaborazione e azione delle regioni, l’implementazione dei contenuti del Piano nazionale di Adattamento impone un pro cesso di rafforzamento amministrativo e tecnico delle Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni di ogni dimensione, che devono apprestarsi a definire nei pro pri territori strategie e piani specifici. Tale processo di rafforzamento amministrativo e tecnico deve permettere di definire:

→ un’evidente disomogeneità nell’attua zione di percorsi di adattamento (stra tegie/piani/linee guida) regionali;

→ una scarsa presenza di esperienze e capacità tecniche di adattamento a livello Quest’ultimolocale. aspetto appare partico larmente significativo poiché le decisioni capaci di incidere, in varia misura, su mi tigazione e adattamento al cambiamento climatico, e in grado di favorire la resilienza territoriale, afferiscono necessariamente a una scala che non può essere esclusi vamente quella nazionale o regionale. Si tratta, infatti, di meccanismi complessi che si fondano sull’interpretazione delle specificità dei luoghi e delle comunità che li abitano, nonché sulla conoscenza dei sistemi economici locali, dell’infrastrut turazione del territorio e dei flussi che lo attraversano.Nel2015 la Commissione Europea ha lanciato il nuovo “Patto dei sindaci” deno minato Covenant of Mayors for Climate & Energy, che ha riunito in una unica iniziativa il Covenant of Mayors e il Mayors Adapt fis sando nuovi obiettivi al 2030 e prevedendo la stesura di Piani di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima finalizzati ad integrare mitigazione e adattamento secondo una visione comune. In Italia circa il 46% dei comuni ha aderito all’iniziativa del Patto dei Sindaci sebbene in modo non uniforme sul ter ritorio nazionale, per una popolazione complessiva di 40.218.972 abitanti, pari al 68% della popolazione totale. La quasi totalità dei comuni firmatari (93%) si sono dotati del Piano di Azione (PAES), ma solo il 18% ha effettuato il monitoraggio dei risultati. Aldilà della forte volontà politica degli amministratori locali a promuovere una decarbonizzazione all’interno delle

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→ una scarsa consapevolezza delle possi bilità di attuare percorsi di adattamento a partire da quelli che sono gli strumen ti di pianificazione e programmazione comunitaria, nazionale e regionale;

Torino, Venezia per citarne alcune) o le reti dei comuni come ANCI e Coordinamento Locale Agende 21 hanno evidenziato come ci siano delle evidenti criticità legate alla gestione di queste politiche:

→ una disomogeneità in merito al dialogo tra regioni e collettività locali;

→ una carenza di strumenti amministrativi;

L’adattamento deve essere percepito dai diversi centri di competenza dell’am ministrazione locale come una tematica comune che si raccorda in senso verticale con gli altri attori nel contesto generale – comunità europea, impegni e accordi internazionali, regioni. La mancanza di coordinamento fra i diversi strumenti, dipartimenti e uffici inficia inevitabilmente i risultati della pianificazione, pertanto, le varie amministrazioni dovrebbero adatta re e ottimizzare le proprie strutture interne alla luce di questa necessità individuando e designando le competenze adeguate e le risorse umane e finanziarie per attuare l’adattamento ai cambiamenti climatici

La complessità di tali temi richiede un approccio di multilevel governance guidato dalla pluridimensionalità politico imple mentativa attraverso una dialettica opera tiva tra la tradizionale governance verticale (collegamenti tra livelli inferiori e superiori di governo) e una crescente dimensione orizzontale – intesa come l’attività di inte razione cooperativa tra regioni e comunità locali – per una maggiore efficacia delle politiche pubbliche locali e delle strategie di sviluppo. Si tratta, quindi, di realizzare un sistema attraverso cui la responsabilità per la defi nizione delle politiche per l’adattamento e resilienza territoriale e la sua implementa zione si distribuisce tra differenti livelli di governo e istituzioni con modalità e com piti differenti in relazione alle azioni ammi nistrative di programmazione, controllo, valutazione e gestione in gioco. In questo senso le PA sono chiamate a definire ap posite modalità di implementazione delle azioni legate ai cambiamenti climatici.

loro comunità, emerge dunque in modo evidente una importante criticità sugli strumenti per mettere in pratica i piani e verificarne gli effetti e l’efficacia.

La gestione dei processi legati agli im patti dei cambiamenti climatici, la costruzio ne di modalità di adattamento e la messa di campo di strategie di mitigazione degli stessi rappresentano un’attività di pianifica zione complessa. I fattori a essi legati non possono essere trattati individualmente senza tener conto del sistema cui appar tengono poiché il loro funzionamento indi viduale è vincolato a quello complessivo e viceversa secondo relazioni non lineari.

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18 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA nei loro territori in modo individuale o congiunto.L’esperienza del Comune di Milano, poi replicata in altri territori lombardi grazie alla Fondazione Cariplo, di istituire una Direzio ne di Progetto (strumento a disposizione di tutti i comuni!) per la Resilienza Urbana, ritengo sia un primo esempio che favori sce proprio questo tipo di lavoro. L’avere all’interno della propria struttura una figura come lo Chief Resilience Officer o meglio un Manager della Resilienza, permette di avere parte della struttura concentrata sul futuro della città e favorisce la trasversalità necessaria per la transizione ecologica e resiliente. Per far sì che questa esperienza non sia un fiore nel deserto è altrettanto necessario attrezzarsi per la creazione di un percorso caratterizzato da una sempre maggiore connessione e interdipendenza tra i diversi livelli – Ministeriale, regionale, comunale – anche attraverso il ripensa mento delle procedure burocratiche, tipi camente gerarchiche e verticali, a favore di nuove procedure e nuovi strumenti, in grado di recepire da un lato gli input pro venienti dall’alto e dall’altro di garantire maggiore efficacia alle iniziative promosse dal basso.

L’attivazione di processi di federalismo amministrativo che colleghino sempre di più Bruxelles con i territori diventa oggi essenziale non in chiave identitaria come molti sostengono, ma per un efficace utiliz zo delle risorse comunitarie e per necessità temporali. La lungaggine nella definizione delle strategie e dei piani da parte dell’e lefantiaca macchina minesteriale non è coerente con i tempi del cambiamento climatico, che rendono l’azione territoriale un’urgenza tale e paragonabile alla recente pandemia.Se,da un lato, il tempo scarseggia, dall’altro le risorse economiche ci sono e le capacità tecniche pure: lo vediamo all’in terno delle nostre università e nella volontà delle giovani generazioni di mettersi in gioco.

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Piero Pelizzaro Direttore del Settore Europa e Internazionale del Comune di Bologna già Chief Resilience Officer del Comune di Milano

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3 In questo contesto, l’impatto viene considerato come l’effetto negativo derivante da eventi meteo-climatici sui sistemi naturali e antropici. Esso può essere espresso in termini di danni alla salute, all’economia, alle relazioni, ai beni, ai servizi, alle strutture fisiche e alle infrastrutture.

Tra le questioni scientifiche e politiche più urgenti, le sfide imposte dai cambiamen ti climatici sono certamente le più impor tanti e improrogabili. Le città, gli ambienti naturali e naturalizzati e i luoghi del lavoro, minacciati dagli impatti climatici, saranno sollecitati a perseguire e mantenere la resi lienza dei territori in termini di sicurezza, be nessere e produttività1. Per queste ragioni, negli ultimi anni, il tema dei cambiamenti climatici è entrato con maggior incisività e in maniera crescente nelle agende politiche delle Pubbliche Amministrazioni, trovando, però, differenti difficoltà operative e altret tanti rallentamenti attuativi.

Denis Maragno Università Iuav di Venezia

2 Musco, 2014.

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La letteratura scientifica definisce due ap procci per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici: l’approccio orientato alla mitigazio ne e quello orientato all’adattamento.

1 Biesbroek et al., 2010. Questi due approcci, pur indirizzati en trambi a influire sulle dinamiche climatiche, divergono negli obiettivi. Infatti, mentre la mitigazione include le azioni volte a diminuire la quantità di gas a effetto serra nell’atmosfera, quale principale causa del riscaldamento globale, l’adattamento ne combatte gli effetti, riducendo al massi mo gli impatti dei cambiamenti climatici sull’ambiente naturale e sul contesto so ciale ed Esistonoeconomico2.diverse tipologie di impatto climatico3 attribuibili alla variabilità dell’e vento climatico estremo – ondate di calore, eventi meteorici estremi, periodi di siccità, ecc. – e alla differenziazione morfologica e funzionale del territorio, caratterizzata, ad esempio, in centro storico, periferia diffusa, area produttiva, ambito rurale, ecc.

Questo Abaco per la transizione cli matica, contenente proposte di opzioni risolutive, è strutturato in modo tale da supportare le Pubbliche Amministrazioni in questo processo, promuovendo e facilitan do l’identificazione delle misure correttive atte a compensare le vulnerabilità locali, favorendo i servizi ecosistemici e la mul tifunzionalità degli spazi. Si approfondirà questo aspetto nel capitolo “A cosa serve un Abaco per la transizione climatica?” (si veda p. 51).

La necessità di affrontare le sfide po ste dai cambiamenti climatici in maniera congiunta attraverso queste due strategie comporta l’adozione di un approccio che sia integrato, trasversale e multi scalare: infatti, mentre la mitigazione va affrontata a scala globale, l’adattamento è strettamente dipendente dalle pecu liarità geomorfologiche, infrastrutturali e socio-economiche proprie di ogni conte sto territoriale e, pertanto, va affrontato a scala locale, seguendo un approccio di gestione del territorio che sia flessibile 4 e con la finalità di aumentare la resilienza dei sistemi territoriali nelle aree in cui questi sono maggiormente vulnerabili5. L’adattamento, volto ad aumentare la resi lienza di un’area vulnerabile, deve quindi avviare un processo all’interno del quale le politiche locali possano esplorare pra tiche e metodi innovativi, indirizzati dalle conoscenze, dalla ricerca della landscape 4 SNACC, 2015. 5

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L’identificazione delle aree maggior mente vulnerabili – e quindi prioritarie nell’attuazione di interventi compen sativi – in cui ciascun decisore dovrà implementare le diverse misure precede 6 Ahern, 2013. 7 Lister, 2007.

La vulnerabilità è un fattore che compone la definizione di rischio. La vulnerabilità di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento. ecology 6, aperti a progettare innovazioni in modo creativo, monitorati e analizzati per imparare dagli esperimenti. L’obiettivo di tale processo è quello di raggiungere nuove conoscenze a supporto di progetti futuri7 e impostare, di conseguenza, ap procci sedimentati e duraturi in grado di rispondere alla questione climatica.

8 L’IPCC è il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization (WMO) e dallo United Nations Environment Programme (UNEP) con l’assenso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per fornire al mondo una visione chiara e scientifica dei potenziali impatti ambientali e socio-economici dei cambiamenti climatici.

la valutazione della vulnerabi lità, pur essendo importante per identifi care le aree sulle quali costruire misure di adattamento, può risultare dispendiosa da eseguire tanto in termini di risorse, quanto in termini di tempo, in particolare per i comuni piccoli e medio-piccoli.

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la fase attuativa e viene definita “valuta zione della vulnerabilità” (vedasi il Box 2) dall’Intergovernmental Panel on Climate Change8 Eseguire un’analisi della vulnerabilità del territorio può servire per comprendere il grado di vulnerabilità di un’area rispetto ad un’altra, ma soprattutto è utile per ca pire la vocazionalità dell’area che necessita di un intervento correttivo, tenendo conto degli specifici spazi a terra, delle possibili funzioni, degli aspetti sociali ed economici locali,Tuttavia,ecc.

Per questa ragione, il presente Abaco, nel capitolo “Transetti di territorio: una logica per semplificare la complessità” (si veda p. 64) propone la logica del transetto per tipicizzare il territorio dell’Alto Adriati co, certamente diversificato e complesso, ma, allo stesso tempo, riconducibile a logiche territoriali accomunabili. Al fine di agevolare il processo di adattamento, il transetto proposto orienta le misure dell’Abaco. In questo modo, valorizzando la conoscenza locale di tutti coloro che vivono e governano il territorio e identificando mediante queste forme co noscitive le aree maggiormente soggette agli impatti dei cambiamenti climatici – dal caldo, alla pioggia o alle mareggiate – è possibile scegliere e valutare le migliori misure tra quelle proposte per ogni speci fica tipologia di tessuto urbano.

Questo approccio mira a favorire l’integrazione tra le diverse discipline e competenze, indispensabile nell’ambito dell’adattamento climatico9, in quanto in dirizza la costruzione di politiche comples se, capaci non solo di mettere in sicurezza 9 Feindt, 2010; Lafferty, 2002.

Formato da oltre venticinque ricercatori con competenze ed esperienze interdisciplinari, svolge ricerche teoriche ed applicative riconoscendo la pianificazione territoriale come parte del complesso e dinamico insieme di relazioni tra uomo e natura.

Iuav - Planning & Climate Change Lab

Il Laboratorio di ricerca Planning & Climate Change Lab dell'Università Iuav di Venezia è un progetto permanente del Cluster di ricerca EpiC Earth and Polis Research Center fondato assieme alla Fondazione Eni Enrico Mattei. Ha come missione la formazione e costruzione di conoscenza sui temi inerenti alla pianificazione del territorio urbano, periurbano e rurale in connessione ai fenomeni derivanti dal Cambiamento Climatico.

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il territorio, ma al contempo di valorizzarlo, riqualificarlo e ammodernarlo nelle funzioni e neiPurservizi.nonessendo le valutazioni di vulne rabilità ancora così diffuse, vi sono diverse amministrazioni di scala provinciale e me tropolitana che si stanno dotando di mo delli conoscitivi di questo tipo, fornendo, mediante moderni Sistemi Informativi Territoriali (SIT), innovativi servizi di lettura del territorio in relazione alla variabile della vulnerabilità climatica. Citiamo, tra molti, l’esempio della Città Metropolitana di Venezia, la quale, collaborando con il Planning & Climate Change Lab dell’Università Iuav di Venezia

Considerato il crescente interesse agli effetti dovuti ai cambiamenti climatici, alla salvaguardia della biodiversità e all'esaurimento delle risorse, è importante fornire processi, modelli e soluzioni, in cui la sostenibilità delle trasformazioni che coinvolgono il territorio, l'ambiente e la città, sia paradigma imprescindibile delle scelte di domani.

Con la consapevolezza di operare in condizioni inedite di fragilità dei sistemi sociali e ambientali, Planning & Climate Change LAB indirizza il suo lavoro con la convinzione che lo sviluppo della nostra società non possa fare a meno di uno studio attento del territorio nonché del rispetto della natura e della sua funzionalità.

www.citiesunderpressure.eu BOX 1 (si veda il Box 1), che ha aggiornato il pro prio SIT metropolitano arricchendolo del la sezione climatica. All’interno di questa sezione vi è la possibilità, da parte delle amministrazioni comunali, di consultare il catalogo dei dati e prendere visione della valutazione di vulnerabilità per gli impatti climatici legati al caldo e agli eventi meteorici estremi e prendere le decisioni di trasformazione del territorio con maggiore consapevolezza e conoscenza territoriale. Questo servizio è un esempio virtuoso di come le realtà amministrative sovralocali possano svolgere un ruolo di coordinamento e favorire l’apparato conoscitivo nelle attività di Governo del Territorio orientate ad affrontare la sfida climatica.

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Un ultimo aspetto che si ritiene importan te, coincidente con l’ultima fase del processo adattivo, è l’integrazione delle misure di adat tamento con gli strumenti urbanistici vigenti. Una volta identificato il pacchetto di mi sure efficaci per ogni ambito di transetto territoriale, diviene necessario capire quale strumento urbanistico sia adatto a dare

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In questo modo, oltre a sottrarre alle realtà comunali l’incombenza di valutazioni articolate e complesse, si fornisce una valutazione complessiva e continuativa del territorio, senza interruzioni legate ai limiti geografici e amministrativi comunali, favorendo, oltretutto, una pianificazione intercomunale sinergica e integrata.

01. Esempio di valutazione della vulnerabilità alle ondate di calore in un'area dell'Alto Adriatico. Fonte: Iuav - Planning & Climate Change Lab.

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La valutazione della vulnerabilità di un territorio rappresenta un processo valutativo volto a individuare, rispetto a determinati impatti indotti dai cambiamenti climatici, il grado di resilienza che caratterizza le diverse aree del territorio stesso, siano esse urbane, periurbane, rurali o naturali. Questo tipo di valutazione può essere rapportata a uno specifico impatto, come il fenomeno dell’isola di calore, dell’allagamento urbano, delle mareggiate, o ad una loro combinazione. Vi sono ambiti territoriali che, per le proprie conformazioni e per l’interazione che persiste con le attività di origine antropica, possono essere esposte a più di un impatto. In tal caso, si parla di vulnerabilità al multi-impatto.

Tale integrazione permette di ottenere diversi indicatori di tipo morfologico, ambientale, socio-economico, che concorrono a definire due principali fattori su cui si basa la valutazione della vulnerabilità: la “sensitività”, che descrive il grado di suscetibilità di un determinato sistema territoriale a uno o più impatti; e la “capacità di adattamento” dello stesso sistema, che ne descrive la propensione all’adattamento. Pertanto, la valutazione della vulnerabilità viene determinata sulla base della relazione che intercorre tra la sensitività di un territorio e la sua capacità di adattamento (IPCC, 2014).

Il processo valutativo della vulnerabilità prende avvio da un'analisi preliminare del territorio e dalla costruzione di un quadro conoscitivo omogeneo, che integri le informazioni reperibili dai quadri conoscitivi istituzionali, con nuove informazioni derivabili da processi di remote sensing.

La valutazione della vulnerabilità e del rischio per guidare l'adattamento puntuale dei territori

Tale processo valutativo permette di identificare le aree meno resilienti di un determinato ambito territoriale, classificandolo a seconda del livello di vulnerabilità e qualificando i diversi ambiti sulla base della priorità d’intervento, ponendosi dunque come strumento a supporto di una pianificazione “a prova di clima”, in grado di definire i dispositivi di adattamento più efficaci a scala locale.

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BOX 2

Il concetto di vulnerabilità agli impatti dei cambiamenti climatici ha subito, nel corso del tempo, delle forti variazioni, che lo hanno portato ad avvicinarsi alla terminologia propria dell’ambito della gestione del rischio (DDR, Disaster Risk Reduction). Secondo la versione dell’IPCC del 2014, l’esposizione è caretterizzata dalla presenza di tutte le risorse territoriali, umane, ambientali, infrastrutturali, economiche, culturali, che potenzialmente possono subire un determinato impatto. Alla luce di questa evoluzione concettuale, la vulnerabilità e l’esposizione rappresentano, ad oggi, i principali elementi che costituiscono il rischio in relazione ai cambiamenti climatici. Pertanto, per definire il rischio è fondamentale, e allo stesso tempo complesso, disporre di una base conoscitiva completa, che tenga in considerazione tutti i fattori socio-economici ed ambientali che caratterizzano un territorio. Tali elementi caratterizzanti, nel definire il rischio come il potenziale associato alle conseguenze del verificarsi di un evento estremo, entrano in relazione con la sorgente di pericolo (hazard).

Ottenute le mappe di vulnerabilità e di rischio le Amministrazioni Comunali sono dotate di uno strumento fondamentale per comprendere gli ambiti di intervento prioritari, potendo così intervenire nel rispetto delle peculiarità del luogo e favorendo le vocazionalità intrinseche dell’area.

monitorabile.Ilprocesso

cogenza alle misure definite. La mancanza di uno strumento urbanistico cogente e normato per recepire misure di adattamen to e mitigazione, rende spesso la pianifi cazione legata al clima limitata a strumenti volontari – come sono, per esempio, i Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile – PAES e i Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima – PAESC, ma anche gli stessi Piani di Adattamento. Una delle principali criticità dei PAESC, infatti, è la limitata possibilità di interagire con la strumentazione vigente, lasciando, di fatto, il piano alla sola condi zioneAll’internovolontaria.di questo volume si sugge risce un approccio trasversale che vede i PAESC – o le misure di adattamento in ventariate senza l’ausilio del PAESC – degli step necessari per comprendere su quali aree intervenire e in quale modo, ricolle gandosi agli strumenti urbanistici vigenti. In questo modo le politiche e le misure di adattamento trovano collocazione co gente, assicurando un processo lineare e di transizione climatica si configura pertanto come un approc cio strategico alternativo, scientifico e professionale, finalizzato a incrementare la capacità di resilienza dei sistemi urbani e territoriali, in cui politiche, piani e progetti sono sviluppati in un contesto di incertezza e di conoscenza incompleta10 È un processo ormai necessario e non più procrastinabile. 10 Ahern, 2013.

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02. Nelle pagine successive. Il MOSE nella Bocca di Porto di Lido, con vista sul Faro di Punta Sabbioni.

Fonte: Luca Pilot, Servizio fotografico e immagini, Università Iuav di Venezia.

64 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA TRANSETTI SEMPLIFICAREUNATERRITORIODILOGICAPERLACOMPLESSITÀ 03.1

Qualsiasi area urbana è definita da un complesso assetto – definito dal materiale, dalla forma, dall’orientamento, dalle fun zioni, ecc. – che la differenzia da qualun que altra area, per quanto questa sia vicina o similare.Perquesto motivo il presente Abaco delinea e definisce delle macro-categorie, mediante la realizzazione di un transetto, che agevolano la lettura e l’identificazione degli ambiti territoriali. L’obiettivo del transetto è proprio quello di individuare e semplificare le principali tipologie di tessu to urbano e non urbano, descrivendone le caratteristiche principali per poterle ricer care e individuare all’interno del contesto territoriale dell’Alto Adriatico, il quale presenta certamente alcuni tratti distintivi omogenei ma, allo stesso tempo, non manca di marcate diversificazioni interne.

65 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA

Ogni sezione di transetto individuata è correlata da un set di misure reputate idonee per quel determinato ambito preso in considerazione. In questo modo, i deci sori tecnici e politici, chiamati a prendere decisioni in merito all’adozione di misure per incrementare l’adattamento di una 60 Panerai et al., 2004.

Pertanto, in base alle diverse funzioni e peculiarità, è possibile constatare una compresenza di tessuti diversi all’interno di un ambito urbano.

Ogni tessuto – in base alla sua forma, ai suoi materiali, alle popolazioni che lo abitano o a quelle che vi lavorano – sarà esposto agli impatti provocati dai cambia menti climatici in maniera differente, così come diverse saranno le misure da poter adottare per calmierare le esternalità ne gative causate dai cambiamenti climatici.

Qualsiasi area urbana è infatti con notata da un insieme di elementi che, messi a sistema e interagendo tra di loro, concorrono a realizzare uno specifico “tes suto”59. Tale tessuto non appare uniforme e omogeneo all’interno di un ambito, ma, 59 Caja et al., 2012. al contrario, è contraddistinto da diverse caratteristiche morfo-tipologiche, le cui peculiarità dipendono dalle principali fun zioni che avvengono all’interno di quella determinata area60, dalla storia che lo ha definito e dal disegno urbano.

66 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

AREE NATURALI RETI INFRASTRUTTURALI

VERDE URBANOINFRASTRUTTURE VIARIERETE IDROGRAFICA CENTRO STORICO RESIDENZIALEAREA PORTUALEAREE AGRICOLE AREE NATURALIINDUSTRIALE AREEAGRICOLEAREENATURALI INDUSTRIALECENTRO STORICO RESIDENZIALE BASSOAREA PORTUALE

specifica sezione di transetto, possono individuare autonomamente, in maniera quanto più semplificata e intuitiva possibi le, le misure più adatte per la porzione di ambito urbano sulla quale agire. Il transetto delineato per il presente Abaco, tenendo conto del contesto e delle peculiarità morfo-tipologiche dell’Alto Adria tico, si divide in quattro gruppi principali: → area costiera; → area urbanizzata; → area naturale; → reti Ciascunainfrastrutturali.diqueste categorie prevede, a propria volta, un’ulteriore suddivisione interna, al fine di poter meglio identificare i diversi elementi che concorrono a caratte rizzare un ambito territoriale.

67 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA AREE COSTIERE COSTA NATURALE COSTA SEMI-NATURALE COSTARESIDENZIALE BASSO COMMERCIALE-SERVIZI COMMERCIALE-TURISMORESIDENZIALE ALTO AREE AGRICOLEINDUSTRIALECOMMERCIALE-SERVIZI COMMERCIALE-TURISMORESIDENZIALE ALTO COMMERCIALE-SERVIZI COMMERCIALE-TURISMORESIDENZIALE ALTO AREE URBANIZZATE

dell’incessante

L’area costiera può essere definita come frutto della relazione tra il margine terre stre e quello marino. Si definisce margine terrestre quella porzione di territorio che si estende per 10 km verso la terraferma. Si distinguono inoltre la costa (1 km verso l’entroterra) e l’entroterra costiero (area compresa tra 1 km e 10 km)61. L’area costiera è particolarmente interessata dai processi antropici, i quali concorrono ad apportare variazioni alle caratteristiche tipiche di un sistema costiero62, soprattutto a causa consumo di suolo63. Parten do da queste riflessioni, si decide di consi derare, e pertanto di inserire all’interno del la classificazione adottata, le seguenti aree: costa naturale; costa semi-naturale; costa antropizzata; area portuale. 61 EEA, 2006. 62 ISPRA, 2010. 63 Munafò (a cura di), 2021. COSTA NATURALE. Con il termine di “costa naturale” si identificano tutte quelle porzioni di territo rio in cui la presenza umana è pressoché nulla. Si tratta pertanto di aree in cui non sono presenti manufatti prodotti dall’uo mo, carattere che invece inizia ad essere presente nella “costa semi-naturale”. La costa naturale può presentare un’elevata COSTA NATURALE COSTA

68 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA AREA COSTIERA.

69 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA varietà di forme; si passa infatti dalla presenza di promontori, spiagge e calette (tipiche delle coste definite “alte”) fino ad arrivare ad ambienti caratterizzati da una minor pendenza verso il mare (tipiche delle coste definite “basse”). COSTA SEMI-NATURALE. Nella costa definita semi-naturale si 09, 10. Rappresentazione dei transetti di territorio "Costa naturale" e semi-naturale"."Costa NATURALE COSTA SEMI-NATURALE COSTA ANTROPIZZATA

70 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

COSTA ANTROPIZZATA. Con “costa antropizzata” si descrivono infine tutte quelle porzioni in cui è possibile constatare la presenza di manufatti prodotti dall’uomo, infrastrutture balneari, turistiche e abitative. In questo caso le infrastrutture mobili lasciano il posto a quelle fisse.

SEMI-NATURALE COSTA ANTROPIZZATA CENTROAREA PORTUALE

iniziano ad avere delle prime strutture e dei primi manufatti, la maggior parte delle volte mobili, legati alle attività umane e alle infrastrutture balneari (es. ombrelloni o aree attrezzate relative ai campeggi). Si tende pertanto a mantenere il contesto quanto più naturale possibile, ma al tempo stesso si concorre a modificarlo.

71 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA 11, 12. Rappresentazione dei transetti di territorio "Costa antropizzata" e "Area portuale". AREA PORTUALE. L’area costiera può essere inoltre connotata dalla presenza di un’“area portuale”, ambiente particolare in cui l’in terazione terra-mare si accentua: proprio per le caratteristiche particolari che questa porzione di territorio può avere, si è deciso di aggiungere tale categoria al transetto.

CENTRO STORICO RESIDENZIALEAREA PORTUALE AREA URBANIZZATA. Anche nel caso dell’area urbanizzata si è deciso di definire meglio tale classe, distinguendo le aree, a seconda delle prin cipali morfologie urbane esistenti,64 in: centro verdeindustriale;commercialecommercialeresidenzialeresidenzialestorico;basso;alto;-servizi;-turistico;urbano.

CENTRO STORICO. La prima classe individuata è relativa al “centro storico”. Si tratta del nucleo ur bano più antico di una città, dotato di una fitta componente edificatoria, correlata da un apparato infrastrutturale molto denso. In particolare è possibile osservare come la componente edilizia (costituita da edi fici singoli o da agglomerati) sia prossima alla strada. In questo caso la presenza del verde urbano è contemplata, anche se non obbligatoriamente presente: talvolta, l’alta densità della componente edificatoria non permette un’elevata superficie destinata al 64 Sadeghi, Li, 2019. verde urbano. Questo si limita quindi ad essere presente all’interno delle piazze, delle aiuole e in genere in tutte quelle aree in cui il vecchio assetto prevedeva la presenza di verde ornamentale.

72 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

RESIDENZIALE ALTO e RESIDENZIALE BASSO. Allontanandosi dal centro storico si

73 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA 13, 14, 15. Rappresentazione dei transetti di territorio "Centro storico", "Residenziale alto" e "Residenziale basso". arriva ad altre due tipologie di tessuto: “re sidenziale alto” e “residenziale basso”. In entrambe le tipologie di tessuto la funzione principale è quella residenziale. Gli edifici, a differenza del centro storico, presentano una fascia di rispetto verso le infrastrutture viarie. La componente dell’edificato, inte sa come densità di area costruita, è infatti CENTRO STORICO RESIDENZIALE BASSOPORTUALE COMMERCIALE-SERVIZI COMMERCIALE-TURISMORESIDENZIALE ALTO

COMMERCIALE-SERVIZI COMMERCIALE-TURISMORESIDENZIALE ALTO

ampiamente presente e maggiormente accentuata nel residenziale alto. Questa elevata densità è accompagnata da una scarsa presenza, se non addirittura da una totale assenza, di componente vegetale. Il residenziale basso presenta invece una minor densità edificatoria, che risulta quindi più frammentata, permettendo un incremento della presenza di verde urbano e di superficie permeabile. In entrambe le due classi, le infrastrutture viarie si mostra no più ampie e strutturate rispetto a quelle presenti all’interno del centro storico.

TESSUTO COMMERCIALE (servizi e turistico). L’ambito urbano, oltre a essere costituito da una componente prettamente residen ziale, presenta un’altra tipologia funzionale: il tessuto commerciale. Questo a sua volta può presentare due accezioni, una più rivol ta al settore turistico e un’altra più orientata ai servizi. Entrambe le tipologie di tessuto sono caratterizzate, oltre che da manufatti edilizi, anche da ampie superfici impermea bili (adibite a parcheggi), poiché si tratta di aree in cui si presuppone un’elevata presen za di utenti. Il tessuto “commerciale-servizi” può inoltre presentare superfici dedicate a impianti sportivi.

74 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

AREA INDUSTRIALE. Segue l’area industriale, ubicata solita mente verso le zone più periferiche di un ambito urbano: si tratta di un tessuto ca ratterizzato da imponenti manufatti edilizi, ampie superfici impermeabili e assenza di verde urbano. In quest’area le attività che avvengono all’interno delle varie piastre in dustriali concorrono a un incremento delle

75 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA temperature superficiali e pertanto a un aumento dell’impatto dell’isola di calore. VERDE URBANO. A queste classi si aggiunge inoltre la componente del verde attrezzato e dei grandi parchi urbani. Queste aree si hanno un carattere virtuoso poiché concorrono a calmierare fortemente le esternalità 16, 17, 18. Rappresentazione dei transetti di territorio "Commerciale-Turismo""Commerciale-Servizi",e"Industriale". COMMERCIALE-SERVIZI COMMERCIALE-TURISMO AREEINDUSTRIALE

VERDE URBANOVIARIE

19, 20. Rappresentazione del transetto di territorio "Verde urbano". A destra: dune vegetate nei pressi di Rosolina. Fonte: Giovanni Litt. climatiche. Tale aree, per la loro spiccata importanza, verranno considerate come una vera e propria classe, anche se si tratta di un elemento presente nella maggior parte dei tessuti presi in considerazione dal presente Abaco.

76 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

78 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA AGRICOLE AREE NATURALI AREE AGRICOLE AREEINDUSTRIALE AREA NATURALE. Quest’ultima macro-categoria, con un’accezione più ecologica, è suddivisa in tre gruppi:areeagricole;areenaturali; rete idrografica. Similmente all’area industriale, anche l’AREA NATURALE è solitamente ubicata verso l’entroterra. A differenza delle aree di transetto finora descritte, nelle aree natu rali la componente vegetale è nettamente predominante, mentre la componente impermeabile, declinata sotto forma di rete infrastrutturale ed edificato, è più

VERDEINFRASTRUTTURE VIARIERETE IDROGRAFICA 20, 21, 22. Rappresentazione dei transetti di territorio "Aree naturali", "Aree agricole" e "Rete idrografica". contenuta. Si tratta infatti di un ambito ca ratterizzato da diverse tipologie di essenze erbacee, arbustive e arboree, che a loro volta si distinguono in essenze vegetali da coltivazione e di pregio/tutela delle AREE AGRICOLE La vegetazione, unita alla componente idrica delle RETI IDROGRAFICHE, con corre a calmierare gli impatti provocati dai cambiamenti climatici, incrementando le performance degli ambiti urbani.

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80 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

VERDE URBANOINFRASTRUTTURE VIARIEIDROGRAFICA

Alle classi appena descritte si è deciso di aggiungere un elemento che, data la sua importanza, verrà considerato come un’ul teriore classe a sé stante, ma che, come il verde urbano, è presente all’interno della maggior parte dei tessuti descritti: le reti infrastrutturali. Queste possono essere 23. Rappresentazione del transetto di territorio "Infrastrutture viarie". caratterizzate da una struttura fitta e disor dinata (centro storico) o più ortogonale e ampia, come accade nel residenziale alto e basso, nelle aree industriali e commerciali.

Si tratta di un elemento che si presenta come una porzione di tessuto critica, poiché costituito da elevate superfici impermeabi li, che concorrono a incrementare gli effetti negativi provocati dalla crisi climatica.

RETE INFRASTRUTTURALE.

Fonte: Adriana Casalin, Laboratorio ArTec, Università Iuav di Venezia.

24. Nelle pagine successive.

Acqua alta a Venezia.

ABACO PER LA COSTA 04.9

136 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA COSTA NATURALE COSTA SEMI-NATURALE COSTA CENTRO STORICO RESIDENZIALE BASSO COMMERCIALE-SERVIZI COMMERCIALE-TURISMORESIDENZIALE ALTO VERDE URBANOINFRASTRUTTURE VIARIE

137 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA AREE AGRICOLE AREE NATURALIINDUSTRIALE CENTRO STORICO RESIDENZIALE BASSOAREA PORTUALE VERDEINFRASTRUTTURE VIARIERETE IDROGRAFICASEMI-NATURALE COSTA ANTROPIZZATA COMMERCIALE-SERVIZI COMMERCIALE-TURISMO

138 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

139 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA

140 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

141 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA

142 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA

143 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA

220 ABACO PER LA TRANSIZIONE CLIMATICA DEGLIBIOGRAFIEAUTORI

Laura Ferretto è laureata in Urbanistica e Pianificazione del territorio, è assegnista di ricerca presso l’Università Iuav di Venezia. Il focus delle sue ricerche è rivolto alle tecniche di valutazione degli impatti ambientali, alle strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici e alla sostenibilità dei sistemi di trasporto.

221 MARAGNO, LITT, FERRETTO, GERLA

Esperto sui temi dell’analisi territoriale e ambientale, è nel direttivo di coordinamento nazionale istituito dal MIMS per la Pianificazione Spaziale del Mare in Italia. Delegato dal Rettore sulla Terza Missione con incarico di referente per lo sviluppo di progetti sul territorio.

Giovanni Litt è architetto e pianificatore. Ricercatore e Dottorando presso l’Università Iuav di Venezia. Esperto in resilienza urbana, strategie di adattamento ai Cambiamenti Climatici, mainstreaming del Governo del Territorio e politiche partecipative.

Fonte: Servizio fotografico e immagini, Università Iuav di Venezia.

Denis Maragno è Urbanista, Ricercatore RTDA in Tecnica e Pianificazione Urbanistica presso l’Università Iuav di Venezia. Titolare dei corsi di insegnamento curriculare alla Laurea Magistrale e Triennale di Urbanistica e Pianificazione del Territorio. Dottore di ricerca in Nuove Tecnolo gie Informazione Territorio e Ambiente. Research Associate di Fondazione Eni Enrico Mattei.

Federica Gerla è laureata in Pianificazione allo Iuav, è assegnista di ricerca presso l’Universi tà Iuav di Venezia. Ha sviluppato competenze inerenti allo studio degli impatti provocati dai cambiamenti climatici, focalizzandosi sulle strategie Climate Proof e sulla valutazione delle performance urbane mediante l’uso di dati satellitari in ambiente GIS (Remote Sensing). 32. Nelle pagine successive. Muro di difesa dalle mareggiate e dalle alte maree nell'Isola di Sant'Erasmo, Venezia.

2 Per approfondimenti: www.iuav.it/CARIPLO_2.pdf.

5 Per approfondimenti: www.comune.venezia.it/it/content/clima.

3 Per approfondimenti: www.italy-croatia.eu/web/response.

1 Per approfondimenti: www.citiesunderpressure.eu/it/home-italiano.

4 Per approfondimenti: www.urbanlabluci.it.

Questo Abaco di azioni sistematizza e valorizza il lavoro condotto in varie annualità dagli au tori del volume in collaborazione con i colleghi di Iuav - Planning & Climate Change Lab1. Si ringrazia, quindi, l’opportunità di approfondimento scientifico fornita dai progetti Verso Paesaggi dell’abitare e del lavorare a prova di clima: Adattamento ai cambiamenti climatici e miglioramento del comfort degli spazi pubblici e delle aree produttive nel territorio peri-urbano milanese2 finanziato da Fondazione Cariplo; l’Interreg Italia- Croazia RESPONSe - Strategies to adapt to climate change in Adriatic regions3; il progetto L.U.C.I. – Laboratori Urbani per Comunità Inclusive: Resilienza e Adattamento4; il Piano di Adattamento Climatico5 del Comune di Venezia.

Anche nell’Alto Adriatico la strada per rispondere a questa necessità è quella di guidare la transizione climatica con la consapevolezza che chi si impegnerà prima avrà meno probabilità di essere travolto dagli eventi che – comunque – si verificheranno e avrà la possibilità di tutelare l’enorme patrimonio culturale, storico, abitativo e produttivo che caratterizza – con grandi sfaccettature e diversità – questa parte di QuestoAdriatico.Abaco per la transizione climatica è stato pensato per sostenere il necessario e improcrastinabile mutamento sostanziale dei processi di Governo del Territorio a tutti i livelli decisionali dell’Alto Adriatico, con il fine ultimo di aumentare la resilienza delle città e delle coste di questa splendida parte di mare Adriatico: dal Parco del Delta del Po a Venezia, da Spalato a Trieste.

9 791259 530219 ISBN 979-12-5953-021-9 22,00 Euro La temperatura del Pianeta sta aumentando a una velocità senza precedenti a causa delle attività antropiche. Nonostante i progressi in campo scientifico e previsionale, permane un forte divario tra le azioni che sarebbero necessarie e quelle effettivamente intraprese al fine di scongiurare i peggiori rischi derivanti dagli impatti dei cambiamenti climatici.

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