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Il tempo della “rinascita”
“Il secolo di Einstein e Planck era diventato anche il secolo di Hitler. La Gestapo e il Rinascimento scientifico erano figli della stessa epoca” Vasilij Grossman, Vita e destino
Dopo la Prima guerra mondiale – la prima guerra dominata dalla produzione tecnico-industriale – si era pienamente manifestato l’insanabile conflitto tra la potenza della razionalità scientifica con le sue applicazioni tecniche (produttive-distruttive) e l’impotenza a ordinare con la ragione il caos del mondo.
Di questo conflitto parlava metaforicamente la pittura metafisica mentre le allegorie della melanconia di Sironi1 – i personaggi dotati di capacità immaginative more geometrico come “L’architetto” o “L’ingegnere”–raccontavano la loro impotenza a fronte del disordine del mondo emblematicamente rappresentato dalle nuove periferie urbane.
Lo stesso afflato totalitaristico che si era diffuso in Europa tra le due guerre – con le sue punte estreme nel fascismo e nel nazismo – aveva anche rappresentato il tentativo di dare forma, dopo la catastrofe bellica, a un nuovo ordine politico e sociale, a libertà e creatività controllate, in grado a un tempo di accelerare lo sviluppo competitivo dei singoli Stati mediante la scienza e la tecnica e di contenere o reprimere i conflitti sociali. Nell’ambito dell’architettura questo tentativo di nuovo ordine aveva avuto la sua rappresentazione più compiuta, dall’URSS alla Germania nazista, dai Paesi europei democratici fino all’altra sponda dell’oceano, nel monumentalismo – l’unificante mascheratura ideologica della storia a occultare le laceranti trasformazioni tecniche e sociali – che, nell’Italia fascista, avrebbe avuto la sua spettacolare rappresentazione nel quartiere EUR 42 a Roma.
La tragica esperienza della Seconda guerra mondiale aveva segnato nell’Europa occidentale la fine di quei tentativi ordinatori. La condizione politica democratica – la costruzione di un ordine che ha le sue radici nell’accettazione della parzialità e del conflitto – si accompagnava a un’ansia di nuova interpretazione del mondo e di un cambiamento culturale che ne rappresentasse i caratteri. Non più dunque lo sviluppo “continuista” di una condizione prebellica ma un riposizionamento d’insieme dei modi di intendere la realtà e di operare su di essa. Il Neorealismo ne era stata la prima espressione compiuta con la rappresentazione essenzialmente “anti-melanconica” di un mondo guardato e accettato nella sua esistenza miserabile e conflittuale.
Nell’ambito dell’architettura, questo sentire aveva inizialmente prodotto un ripiegamento catartico anti-monumentalista su modi spaziali e stilemi “paesani” presto sottoposti a una critica e autocritica feroci (Ludovico Quaroni e Giuseppe Samonà in primis)2 che lasciavano campo aperto a nuovi approcci, a nuove sperimentazioni difficilmente riconducibili a movimenti unitari.
A Roma, Carlo Aymonino aveva vissuto il “rinascimento culturale romano” del dopoguerra, dapprima sul versante delle arti figurative, seguendo l’attività dei giovani pittori della “scuola romana” sotto l’influenza carismatica di Renato Guttuso (con forti connotazioni politiche di sinistra); poi, subito dopo la laurea in architettura, partecipando ai dibattiti e alle occasioni progettuali che vedevano l’affermarsi di una pluralità di gruppi e studi professionali di giovani architetti sotto la guida autorevole di Ludovico Quaroni e Mario Ridolfi.
In questo contesto, già nel 1950, significativamente nel giorno della sua laurea, Carlo Aymonino si iscriveva al Partito Comunista, iniziando da allora un’intensa attività politica e di relazioni personali con i dirigenti di quel partito. In questo variegato, multiforme impegno – tra arti visive, architettura e politica – vi era l’accettazione piena e realistica della parzialità e del conflitto come condizioni dell’operare e del vivere.
Gianni Fabbri è stato Professore Ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana presso l’Università Iuav di Venezia. Ha fatto parte del Gruppo Architettura, è stato Pro-Rettore, Presidente del Corso di Laurea in Architettura e componente del Collegio dei Docenti del Dottorato di Ricerca in Composizione Architettonica. Tra le sue pubblicazioni: Vienna, città capitale del XIX secolo, Officina Edizioni, Roma, 1986; Il luogo del progetto”, Edizioni CLUVA, Venezia, 1989; Architettura in luoghi limite, UTET, Milano, 1996; La Scuola Grande della Misericordia - Storia e progetto”, Skira, Milano, 2002; Architettura e restauro, Il Prato, Padova, 2003; Venezia: quale modernità. Idee per una città capitale, Franco Angeli, Milano, 2005; Testimonianze sull’architettura, Il Poligrafo, Padova, 2014; A proposito di Castiglia, Jihad e Guerra Santa, città e architetture nel conflitto tra mondo musulmano e mondo cristiano, LetteraVentidue, Siracusa, 2021.
Per l’Università Iuav di Venezia (Archivio Progetti) il video Carlo Aymonino e il Gruppo Architettura, 2021.
Carlo Aymonino e le svolte della storia
Gianni Fabbri
ISBN 979-12-5953-036-3
Progetto grafico Margherita Ferrari
Editore
Anteferma Edizioni Srl via Asolo 12, Conegliano, TV edizioni@anteferma.it prima edizione 2023 marzo 2023 stampato da PressUP, Viterbo