Casa Elementare - Elemental House

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CASA ELEMENTARE

La casa elementare è primitiva. La casa elementare è indipendente. La casa elementare è semplice e chiara. La casa elementare è proporzionata. La casa elementare è un recinto accogliente. La casa elementare è una capanna sotto cui rifugiarsi. La casa elementare è un mondo nascosto in un patio. La casa elementare è in armonia con la natura. La casa elementare è riscaldata dal sole. La casa elementare è ventilata dalle brezze. La casa elementare è raffrescata da un bacino d’acqua. La casa elementare è costruita con legno e paglia. La casa elementare è avanguardista.

JIMMI PIANEZZOLA



Anteferma Edizioni


CASA ELEMENTARE ELEMENTAL HOUSE Jimmi Pianezzola ISBN 979-12-5953-013-4 Con il contributo di With the support of Casalogica srl Arpostudio srl Ricehouse srl Pavinord srl LM srl Dcb Sole Asfalti srl Testi Texts Jimmi Pianezzola Traduzioni Translations Camilla Salvaneschi Immagini Images Jimmi Pianezzola Fotografie Photographs Alberto Sinigaglia Progetto grafico Design Teresa Piardi, Maxwell Studio Stampa Print Grafiche Veneziane Società Cooperativa Venezia Editore Publisher Anteferma Edizioni Srl via Asolo 12, Conegliano, TV edizioni@anteferma.it

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Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale This book is published under a Creative Commons license Attribution - Non Commercial - Share Alike 4.0 International


CASA ELEMENTARE ELEMENTAL HOUSE JIMMI PIANEZZOLA





Sommario Table of Contents

Prefazione Preface Acqua Water

9 | 12

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manifesto

19 | 27

topologia topology

37 | 48

Clima Climate Contesto Context Luogo Place tipologia typology

40 | 51

Committenti Clients Apporti Contributions Economia Economy Progetto Project tettonica tectonics

45 | 56

Progetto esecutivo Executive Project Materiali Materials Cantiere Construction Site Spazi costruiti Constructed Spaces

Aria Air

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Terra Earth

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Fuoco Fire

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Prefazione Questo libro parla di una Casa Elementare i cui tratti salienti sono un tetto a capanna con grandi sporti, un recinto, un giardino di pietre. Il racconto tratta di un caso particolare ma abbraccia una questione per me sempre attuale e sempre mutevole: la casa. O meglio la costruzione di una dimora adatta all’uomo che la abita e al luogo in cui si trova. Una casa figlia del proprio tempo ma pensata per resistere al suo trascorrere, per durare e diventare lascito ai posteri. Per assonanza quindi questo è un ‘libro elementare’, composto di capitoli-elementi in dialogo tra loro la cui separazione è, ancorché superata dall’evidente unità dell’oggetto che avete tra le mani, strumentale a un discorso di metodo. Questo libro è una piccola monografia perché tratta di una singola casa, è altresì una sorta di manifesto nella misura in cui l’oggetto del racconto è esso stesso un piccolo programma architettonico. Queste pagine sono anche in qualche modo, parzialmente, un diario autobiografico. Intendiamoci, non parlo qui di me stesso, ciò non di meno ritengo che il modo più diretto e sincero per raccontare il progetto per la Casa Elementare sia quello di farlo in prima persona, senza astrazione. In questa faccenda oltre a non essere osservatore dall’alto (alcuni coglieranno l’ironia) il mio ruolo non è neppure quello di osservatore partecipante in senso antropologico. Il mio coinvolgimento in questa piccola grande avventura si svolge a più livelli. Nell’estate del 2006 studio all’università Iuav di Venezia. Il Senato degli studenti promuove un laboratorio per la costruzione di un padiglione in legno, paglia e terra cruda nel giardino della facoltà. Ne sono attratto ma, preso da altri impegni, non partecipo. Osservo molto da vicino quell’esperienza costruttiva che ha in sé una grande carica di innovazione e primitivismo al contempo; un seme si pianta nella mia coscienza architettonica. Il tutor invitato per quel seminario applicativo è Stefano Soldati, primo a traghettare dalla Gran Bretagna in Italia le pratiche legate alle costruzioni in paglia. Soldati si forma con Barbara Jones, pioniera europea nella costruzione di edifici mediante l’impiego di materiali naturali, per poi svolgere a sua volta una cruciale attività di promozione e formazione. Negli anni seguenti termino il mio corso di studi e dimentico di quel piccolo germe dormiente. Nel 2009 il terremoto dell’Aquila scuote l’Italia; si fa un gran parlare riguardo a una ricostruzione rapida, sicura, sostenibile per l’ambiente. Spuntano ditte specializzate nelle costruzioni in legno, moduli abitativi prefabbricati. Sembra sia l’inizio di un’estetica industriale nuova e più responsabile delle precedenti. Da parte mia, nei primi anni di lavoro, faccio gavetta e sperimento varie tecniche e materiali. Nel 2010-11 progetto e seguo la costruzione di una delle prime case in legno della mia zona. La prima a Caldogno, alle porte di Vicenza. Da quell’esperienza traggo molti insegnamenti e qualche considerazione. Ho molte aspettative per le potenzialità delle costruzioni in legno. L’esperienza mi lascia tuttavia un po’ deluso per l’effettivo grado di sostenibilità dei materiali impiegati e soprattutto per la necessità di installare un certo numero di impianti per garantire il benessere interno. Resto con una sensazione di incompiutezza, come se ciò che ho fatto non fosse sufficientemente incisivo sull’ambiente né sulla cultura costruttiva. Nel 2014 una giovane coppia mi chiede di progettare casa loro. Il progetto per Luca e Paola raggiunge rapidamente una bozza stabile per quanto riguarda le parti, le forme, gli spazi. Ci sono un semplice muro perimetrale, una copertura con la stessa area ma ruotata di novanta gradi che crea due grandi sporti, un patio nello spazio lasciato libero dal tetto. Costruttivamente la visione della copertura in legno mi è chiara. Dal punto di vista tecnologico però la fattura dei muri è ancora in bilico tra più alternative. Le soluzioni in campo sono da un lato l’edilizia tradizionale in laterizio e calcestruzzo, dall’altro una tecnologia leggera a secco con struttura in legno. Dalla prospettiva dei committenti, pur

PREFAZIONE PREFACE

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Preface This book is about an “Elemental House”, whose most distinguishing features are a gabled roof with large spans, a fence, and a stone garden. The narrative relates to a particular case, but it embraces a topic that to my eyes is always both current and ever-changing: the house, or better, the construction of a dwelling suitable for the individual who lives there and that has been adapted to its site. A house belonging to its own time, but designed to resist its passage, to last, and to become a legacy for posterity. Therefore, by assonance, this is an “Elemental Book”, composed of chapters-elements that are in dialogue with each other, and whose separation is—despite being outshined by the evident unity of the object you are holding in your hands—instrumental for a methodical discourse. This book is a small monograph as it revolves around a single house. It is also a sort of manifesto insofar as the object of the present account is itself a modest architectural program. These pages are also a type of autobiographical diary. That said, I will not be talking about myself, it is rather that I believe the most direct and sincere way to explain the Elemental House is to do so without abstraction and thus by using the first person. In this respect, besides not being an observer from above (some will grasp the irony!) my role is not even that of a participating spectator in an anthropological sense. My involvement in this minor yet great adventure takes place on several levels. It is the summer of 2006 I am studying at the Iuav University of Venice. The Students’ Senate is promoting a workshop on the construction of a pavilion made of wood, straw and raw earth in the faculty garden. It attracts my attention, but because of other commitments, I choose not to participate. Yet, I continue to observe that building experience very closely, as it concurrently contains a great potential for innovation and primitivism. In that moment, a seed is planted in my architectural consciousness. The tutor invited for that applied workshop is Stefano Soldati, founder of an association on natural constructions and the first to bring practices related to straw bale construction from the UK to Italy. Soldati studied under Barbara Jones—European pioneer in the use of natural materials in construction—and then it was his turn to carry on this crucial activity of promotion and training. In the years that follow, I finish my course of study and forget about that little dormant seed. In 2009 the earthquake in the city of L’Aquila completely shakes up Italy. There is a notable discussion about a rapid, safe, and sustainable reconstruction for the environment. Firms specializing in wooden constructions and prefabricated housing modules are emerging. It seems to be the beginning of a new and more responsible industrial aesthetic. For my part, during the first years of work, I conduct my own apprenticeship and experiment with various techniques and materials. In 2010-11 I design and follow the construction of one of the first wooden houses in my area. The first one is in Caldogno, a small city near Vicenza. From that experience I learn several lessons and take on some further considerations. I have many expectations for the potentialities of wooden constructions. However, the experience leaves me a little disappointed. On the one side because of the actual degree of sustainability of the materials used and on the other because of the need to install several systems that can ensure the internal well-being of the construction. A feeling of incompleteness stays with me, as if what I have done is not sufficiently impactful for the environment or on the culture of building. In 2014 a young couple asks me to design their house. The project for Luca and Paola quickly reaches a stable draft in terms of parts, shapes, and spaces. It comprises a simple perimeter wall, a roof of the same area but rotated by ninety degrees that creates two large spans, and a patio in the space left empty by the roof. From the perspective of

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1 Henry Ford (1863 – 1947) was one of the founding fathers of Ford Motor Company.

construction, the vision of the wooden roof is clear to me. From a technological point of view, however, the workmanship of the walls hovers between several alternatives. The alternatives for construction in the field are, on the one hand, traditional brick and concrete and, on the other, a lightweight drywall technology with a wooden structure. While understood from the perspective of clients desirous of an innovative and low consumption house, the crucial factor for the decision remains economic. I draw up a preliminary project and ask for quotations from various companies for different construction materials—brick, concrete, prefabricated wood—and building techniques. It turns out that in all cases we are exceeding the budget and the result does not fully satisfy us in terms of sustainability and well-being. We need something different, innovative and economical. It doesn’t matter if it is new or old. While addressing budgetary issues, my contribution is to shift the focus from the strictly economic side to attain a broader sense of convenience—both in monetary terms and in terms of formal solutions—in relation to plant engineering (Henry Ford1 said “what is not there does not break”), microeconomic production processes, and environmental impact. The same year, I participate in a conference in Vicenza on straw bale houses, during which I understand that Italian production linked to this technology already exists. It is a small professional reality but one in a state of ferment, with means adequate to the market, entrepreneurial ability, human resources and technical skills. Before then, the only examples of straw bale houses known to me had been relegated to the area of self-construction. From that moment onwards, there is no doubt about the choice to make. This remarkably simple construction technology is the right one for us. It is natural, healthy, humble, and has an archaic flavor. It allows the construction to remove harmful gases from the atmosphere instead of emitting them. I find it illuminating. The reason is simple: the plants from which straw and wood are extracted, absorb, thanks to the process of photosynthesis, carbon dioxide from the atmosphere during their growth. If to build a 200 m2 passive house made of cement blocks and insulated with polystyrene results in around twenty-one thousand kilos of CO2 being emitted into the atmosphere, a straw bale house of the same size and insulating capacity subtracts more than seventeen thousand. Another aspect that I find of particular interest in constructions with natural materials regards politics and work ethics. When compared with traditional constructions, where labour costs are much higher and, for instance, not only directed to the cement factory or brick production plant, the production chains are very short. When buying straw directly from farmers there are no intermediaries, representatives, logistics, or advertising. Therefore, it is possible to use the funds to privilege the work of the people on site, benefiting the local community rather than spreading the resources over a supply chain with several intermediaries. Realizing that in this way it would be feasible to build the house of Luca and Paola, I start studying buildings made from bales of straw in order to understand how these are adaptable in terms of bioclimatic architecture. I analyze specific construction details, insulation and thermal displacement, the necessary share of technical systems to be inserted. I attend courses, look at the projects of contemporary pioneers, and visit straw bale buildings made in other northern Italian areas. The goal is to get detailed estimates from specialized companies as soon as possible. Meanwhile, I get to know some very interesting people (and not only from a professional point of view). Tiziana Monterisi invites me through the doors of her studio-business inside the Pistoletto Foundation in Biella on a cold winter’s day full of revelations. Constante Bonacina and Carlo Micheletti answer all my questions about engineering and construction sites in the world of straw bale architecture. The collaboration with Carlo and Costante, both engineers, becomes particularly intense because they

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Tipologia committenti

Conosco Luca intorno al 2010 in occasione dei dibattiti elettorali riguardo al futuro assetto del territorio di Caldogno, suo paese d’origine e mio d’adozione per molti anni. Un giorno ricevo una sua chiamata nella quale mi dice di voler costruire una casa per sé e la sua compagna. Di volerla sostenibile, prefabbricata, in legno. Ci incontriamo e iniziamo a ragionare assieme andando a visitarne una, fatta in legno a telaio, che avevo costruito in paese qualche anno prima, con l’intento di far loro toccare con mano le questioni in gioco. Emerge presto una distanza fra quanto è disponibile nel mercato delle costruzioni e le loro personali esigenze abitative a cui si sommano una spiccata sensibilità ambientale e delle aspirazioni riguardo alle qualità sartoriali dell’edificio rispetto alla loro famiglia. Decidiamo di sviluppare un progetto a partire da una lista di desideri. Una parte rivolta a esigenze funzionali, una parte all’economia della costruzione e alla gestione della casa nel lungo periodo, un’altra ancora a concetti più generali legati alla salubrità e alla qualità della vita.

apporti

Tra quelle richieste vi è un forte desiderio di protezione degli ambienti domestici dal rumore, dalle polveri, date dal forte passaggio di mezzi e persone sulla strada ad ovest e sul parcheggio al confine sud con la proprietà, oltre che da sguardi estranei. La vita domestica non è solo quella racchiusa tra le mura di casa, anche gli spazi per la vita all’aperto vanno protetti adeguatamente per poter essere pienamente goduti. Sin dal principio questo genere di richieste si traduce in un elemento tipologico; un recinto che contenga sia spazi coperti che a cielo aperto. Ecco allora comparire l’immagine di un patio. Altre esigenze, quali quella di avere un focolare domestico o di poter disporre di alcuni spazi flessibili a diversi usi, hanno gestazioni più lunghe, con vari tentativi formali e funzionali a servizio dell’idea di progetto, essa stessa oggetto di tentativi e in divenire. Dal punto di vista architettonico ho assemblato queste istanze in un meta-progetto che porta alcuni tratti della casa stereotipa, familiare, quasi fanciullesca; altri invece sono peculiarmente veneti come i portici, la copertura a falde inclinate con pendenza ‘vicentina’; altri ancora sono tratti che ricordano fisionomie ‘altre’ come il patio e il muro di cinta finestrato. Tutti questi lineamenti si sono sintetizzati poi, grazie a un lavoro su modelli fisici in scala, in un progetto vero e proprio, dominato da due elementi archetipici; un recinto abitativo e una copertura a capanna. La Casa Elementare è nata per tentativi sotto alle mie mani, a partire da un plastico, dalla semplice rotazione del cartoncino del tetto rispetto ai muri sottostanti [fig. 13, 14, 25]. Questo dei plastici architettonici di studio è un supporto cruciale nel dialogo tra me e i committenti.

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fig.

13 Plastico di studio in scala 1:100. Study model. Scale 1:100.


fig.

14 Foto del plastico di studio in scala 1:50 raffigurante lo sporto del tetto. Photo of the study model showing the gabled roof. Scale 1:50.

Permettono a me di progettare con consapevolezza, a loro di avere l’evidenza immediata e la percezione della loro futura casa. Di fatto una prassi del genere consente di costruire compiutamente un edificio almeno tre volte; quando lo si progetta, costruendone un’immagine mentale e aiutati dai media della scrittura e del disegno; quando si costruisce il modello fisico (o molte versioni di avvicinamento); infine quando si costruisce l’edificio, inteso come modello in scala 1:1 abitabile. Questi momenti non sono rigidamente consequenziali pur essendo progressivamente più complessi. I passaggi osmotici dall’una all’altra di queste costruzioni potenziali sono fisiologici perché, in fondo, tutti sono tentativi di materializzare l’idea che è il progetto. Cosa cambia tra la costruzione mentale, la costruzione del modello e la costruzione dell’edificio? Nella sostanza nulla cambia, tutte queste fasi hanno pari dignità. Producono risultati diversi perché gli strumenti con le quali sono espresse inducono uno scarto rispetto all’idea originale. Ognuna di queste è in competizione con le altre, come lo sono le varie versioni di un progetto, per esprimere al meglio l’idea. Il medium espressivo è la luce che entra nella scatola buia nella quale si svolge un esperimento scientifico e che, consentendoci di osservare, modifica inevitabilmente il risultato. Così lavorando vien voglia di costruire un edificio portando in cantiere un plastico (come faceva ad esempio Gaudì). Così a me succede di entrare in cantiere avendo la sensazione di essere già stato in quel luogo, già attraversato molte volte con i passi della mente e misurato con la mano.

economia

I temi della sostenibilità e della convenienza sono argomenti cruciali per loro. Se da un lato la volontà è quella di costruire una casa sana, è altrettanto importante contenere la spesa entro il limite delle finanze disponibili. L’edificio deve essere votato quindi a un’economia in senso lato, di segni, di materiali, di soluzioni tecnologiche. Deve essere inoltre il più efficiente possibile sotto i profili del contenimento energetico e dell’utilizzo di fonti rinnovabili di energia, del comfort abitativo, della funzionalità degli ambienti. Conti alla mano, il mercato delle costruzioni tradizionalmente intese non è adeguato a soddisfare le loro richieste. Non lo è neppure il crescente mercato delle costruzioni in legno. Si richiede quindi uno sforzo maggiore per cercare una tecnologia e una prassi costruttiva adatte ai committenti. In questa ricerca Luca e Paola si approcciano con me verso tutte le strade possibili, assieme arriviamo a prediligere una innovativa quanto antica tecnologia costruttiva in legno e paglia. Con la stessa spesa unitaria rispetto a una comune casa in legno prefabbricata abbiamo realizzato una casa cucita sulle loro esigenze, a bassa impronta di carbonio, altamente ingegnerizzata e realizzata artigianalmente con una start-up innovativa. Quest’unione di intenti e affiatamento nel perseguire l’obiettivo della sostenibilità economica e dell’economicità sostenibile vanno imputati, tra gli altri vari fattori, al fatto che sia io che loro facciamo parte di una stessa generazione

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che per prima è stata educata al rispetto dell’ambiente sui principi dell’ecologia 2. Partendo da questo sfondo, avendo interiorizzato il concetto di sostenibilità ambientale quale orizzonte imprescindibile, nella realizzazione della Casa Elementare, si è colta l’occasione per costruire qualcosa che fosse attinente a quei principi. Spinti quindi da necessità, motivati da ideali, abbiamo operato con fare pragmatico e metodico. Le questioni economiche hanno condizionato in modo dirimente tutte le prove, le approssimazioni, le scelte, nel continuo tentativo di ottimizzare i materiali e gli spazi con cui erano pensati. Quest’approccio economico al progetto, per esempio, si è palesato nella scelta, ai miei occhi obbligata, del legno per la copertura. Solo così i grandi sbalzi potevano comunicare in modo efficace e al giusto costo il carico simbolico che gli era affidato.

fig.

15 Rotazione della copertura a partire dall’icona della casa stereotipa. Rotation of the roof from the stereotypical icon house.

progetto

L’occasione di questo progetto è uno sprone per mettere meglio a fuoco un personale metodo di lavoro e ricerca che da tempo cerco di darmi (anche questo racconto è strutturato al pari di un progetto architettonico affrontato metodicamente). Ho iniziato la mia carriera in un piccolo centro di provincia. Non ho avuto grandi maestri dai quali apprendere per via diretta un metodo di lavoro e una visione dell’architettura. Da questo che per molto tempo ho vissuto come un limite ho però tratto la possibilità di costruire una via autonoma alla disciplina, fatta di disciplina. Ho interpretato il mio incarico per progettare e dirigere la costruzione di questa piccola casa in senso radicale3, cercando di andare al cuore della faccenda. Ho preso informazioni, selezionato i dati, definito un campo di lavoro essenziale, fatto scelte architettoniche minime per rendere elementari sia il progetto che la sua costruzione. La Casa Elementare è dal punto di vista tipologico una cosiddetta casa singola su lotto, un villino in contesto urbano. Questo tema di progetto non ha una connotazione precisa. Vi sono un’infinità di esempi più o meno interessanti nel passato e nella contemporaneità. A connotarlo concorrono le condizioni al contorno della geografia, del contesto, del tipo di costruzione, dei committenti con le loro vite e molto altro. Interessato a progettare qualcosa di essenziale e iconico, che rispondesse con il minor numero di elementi al maggior quantitativo di problemi e richieste, ho deciso di lavorare a partire da forme molto semplici. La semplicità che avevo in mente era a metà strada tra l’icona stereotipa di casa e l’archetipo architettonico della capanna primitiva. In studio abbiamo costruito molti plastici preliminari con diverse forme. Abbiamo analizzato tutte le versioni cercando i punti di forza e di debolezza. Tutte per essere valutate hanno subito un lavorìo sulla forma, tagli, spostamenti, addizioni, sostituzioni. Una di queste era una semplice casetta a due falde su pianta rettangolare. Sul modello di questa casa stereotipa, con una sola mossa ‘del cavallo’, ho tagliato il cartoncino del tetto e l’ho riappoggiato ruotato in posizione

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2 Gli anni Ottanta hanno visto, insieme al verificarsi di catastrofi ambientali di portata planetaria (es. Chernobyl) e al continuo acuirsi del divario tra i Paesi del nord e del sud del Mondo, la proposta da parte delle Nazioni Unite (Rapporto Bruntland) del concetto di sviluppo sostenibile (sostenibilità). 3 Uso questo termine qui come altrove intendendolo in senso etimologico, legato alla parola ‘ramoscello’, all’essere pieghevole, flessibile, al concetto di crescita e fondamento delle piante.


fig.

16 Diagramma di studio sulla ventilazione naturale presente sul sito di progetto. Le curve rappresentano il comportamento fluidodinamico dell’aria fredda nei mesi invernali. Study diagram of natural ventilation on the project site. The curves represent the fluid-dynamic behavior of cold air in the winter months.

ortogonale ai muri sottostanti [fig. 15]. Questo singolo movimento ha aggiunto tre nuovi elementi alla casa: un patio e due portici, con la stessa quantità di materia sono comparsi dal nulla tre spazi inattesi a servizio della vita domestica. Un tetto con due grandi aggetti sta al di sopra di un recinto abitativo, una parte del quale è a cielo libero per creare un patio privato. Ciò che abbiamo ottenuto con quella rotazione si è rivelato essere la Casa Elementare, frutto di un’operazione formale e di un pensiero più generale sulla qualità dell’abitare all’insegna degli elementi antichi. La casa quindi è composta di due segni precisi; in pianta si sviluppa all’interno di un rettangolo con direzione principale nordsud disegnato sulla sezione aurea (dieci metri per sedici circa) di cui una porzione pressoché quadrata che definisce gli interni e un patio privato a sud [fig. 26]. In sezione si presenta come un recinto coperto per i tre-quarti da una capanna a due falde. La copertura ha le stesse dimensioni in pianta del recinto ma è disposta in senso trasversale est-ovest. Il soggiorno è orientato verso sud e guarda verso il patio, mentre le stanze da letto sono collocate nella parte settentrionale dell’edificio. Il piano sottotetto ospita invece uno spazio giochi per i bambini e la camera degli ospiti. L’edificio è collocato in quasi perfetto allineamento rispetto alla rosa dei venti. L’avere progettato pensando alla ventilazione naturale oltre alla buona traspirazione delle pareti in paglia intonacata aiuta a evitare l’impiego di strumenti e tecnologie per la climatizzazione degli ambienti. Il muro di cinta del patio contribuisce a rallentare il vento principale proveniente da sud-ovest creando una zona di comfort esterno [fig. 16]. Durante il solstizio d’estate il grande tetto, orientato in direzione est-ovest, ombreggia le principali aree esterne della casa, mentre in inverno il sole riesce a illuminare il patio e a entrare nelle stanze. Per controllare accuratamente le soluzioni progettuali è stata analizzata anche la quantità di radiazione luminosa che raggiunge l’interno dell’edificio durante il solstizio d’inverno: la conformazione del vuoto scoperto e l’ampia vetrata del fronte sud permettono alla luce di illuminare completamente il soggiorno anche nei mesi più rigidi. Di fatto la piccola corte interna è una stanza all’aperto. Il pavimento è un giardino di pietre, tre pareti sono fondali neutri di intonaco bianco; una aperta sul giardino ad est, una lunga con una bassa finestra, una cieca ad ovest, la quarta parete è completamente vetrata sull’interno della casa, il soffitto è il cielo. La finestra a nastro ritagliata nel muro meridionale permette alla luce invernale di penetrare all’interno, rimbalzando sulla superficie dei ciottoli. Una parte della luce riflettendosi sulle vetrate disegna forme speculari sulle facce interne del muro di cinta, visibili a chi sta all’interno della casa come figure dal movimento lento ma inesorabile. Il muro che delimita il patio è la piccola scenografia privata di un teatrino domestico in cui va in scena un gioco di luci e ombre continuo [fig. 27]. Lo spazio del patio prende spunto da alcune immagini che mi avevano particolarmente colpito molti anni fa. Una sequenza del film ‘Tarda primavera’, ambientata nel giardino Ryoanji, mostra due

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Sezione trasversale esecutiva in corrispondenza della zona giorno. Scala 1:50 Executive cross-section in correspondence with the living area. Scala 1:50

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ELEMENTAL HOUSE

The Elemental House is primitive. The Elemental House is independent. The Elemental House is simple and pure. The Elemental House is proportionate. The Elemental House is a welcoming enclosure. The Elemental House is a hut in which to shelter. The Elemental House is a world concealed in a patio. The Elemental House is in harmony with nature. The Elemental House is warmed by the sun. The Elemental House is ventilate by the breezes. The Elemental House is cooled by a pool of water. The Elemental House is built with wood and straw. The Elemental House is avant-garde.

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