a cura di Gian Maria Casadei
a cura di Gian Maria Casadei
FRAMMENTI DI RAZIONALITÀ ELETTI A MATRICI DEL PROGETTO DI ARCHITETTURA
LE RAGIONI DELL’ARCHITETTURA Frammenti di razionalità eletti a matrici del progetto di architettura a cura di Gian Maria Casadei ISBN 979-12-5953-004-2 Volume finanziato dal Dipartimento di Culture del progetto, Università Iuav di Venezia
progetto grafico Margherita Ferrari copertina Gian Maria Casadei editore Anteferma Edizioni Srl via Asolo 12, Conegliano, TV edizioni@anteferma.it Prima edizione: settembre 2021
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Indice IL TERRITORIO DEL SILE Parte prima 7 13 21 25 32 60 78
Le ragioni dell’architettura Gian Maria Casadei Il paesaggio veneto: una visione incrementale Marco Bolsieri Le normative del territorio del Sile: costellazione o palinsesto? Gian Maria Casadei La metamorfosi del confine: da fisico a giuridico Gian Maria Casadei Legge e caso. Il riuso dell’archeologia industriale lungo il fiume Sile Marco Bolsieri, Gian Maria Casadei Le stanze del Sile. L'acqua come dispositivo nella costruzione del paesaggio veneto Alberto Dal Bo’, Alessio Milan, Thomas Pesce Il Terzo Paesaggio. Il fiume Sile da residuo a nuova infrastruttura naturale e urbana Nicola Agrò, Sara De Gennaro SAGGI SULL’ARCHITETTURA Parte seconda
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Frammenti di razionalità eletti a matrici del progetto di architettura Gian Maria Casadei Il paesaggio come infrastruttura primaria Carlo Magnani La costruzione di un atteggiamento Carlo Magnani L’Architettura è un prodotto socialmente utile? Carlo Magnani Progetto di Architettura Carlo Magnani Postfazione Carlo Magnani Il progetto di architettura. La formazione dell’architetto Moira Morsut Processi di singolarizzazione per un progetto di economia ecologica e ricomposizione del paesaggio nei territori della Città del Sile Matteo D’Ambros
Il territorio del Sile Parte prima
Le ragioni dell’architettura
Gian Maria Casadei
Insegnare – e di conseguenza studiare – l’architettura attraverso la formula che dà il titolo a questo contributo vuol dire collocarsi in un ambito teorico: insegnare – e allo stesso modo studiare – ponendosi – e ponendo – domande e considerando il progetto di architettura quale strumento primo di interrogazione della realtà. Un primo interrogativo, di difficile soluzione, costituisce il sottosuolo teorico delle tesi di laurea che hanno come ambito di indagine il territorio del Sile: «Come è possibile lasciare in eredità un mondo migliore se il presupposto è la casualità?». Una casualità alla quale contribuiscono le stesse autorità, attraverso il prevalere dello strumento del vincolo, che frammenta lo spazio, senza una visione generale che sia in grado di prevedere il futuro attraverso il progetto. Uno degli argomenti focali di riflessione affrontato nei progetti, generato dall’analisi del territorio e dalle lezioni teoriche, riguarda dunque il rapporto tra architettura e diritto: come la norma sia determinante per la forma del territorio. Per attribuire consapevolmente il termine di paesaggio è necessario trovare, anche in un luogo come questo, una razionalizzazione, che partendo dal caso individui dei rapporti tra le parti di città, che sono assenti o latenti oggi. Un’assunzione della situazione attuale come possibilità di risemantizzazione del termine paesaggio attraverso il tema dell’acqua, che viene concepita come dispositivo di relazione tra le parti. Il caso, inteso come mancanza di regolamento alla crescita urbana, viene considerato come dato imprescindibile al quale fare riferimento nella progettazione del nuovo. L’acqua caratterizza in modo determinante il territorio trevigiano. La sua fenomenologia si sostanzia in maniera gerarchizzata, declinandosi secondo un articolato sistema (fiumi, affluenti, capifossi, fossi, scoline) che disegna e misura il paesaggio.
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LE RAGIONI DELL’ARCHITETTURA
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La tensione progettuale è stata indirizzata verso la ricerca di soluzioni che andassero a destare dal torpore alcune potenzialità sopite del territorio lungo il fiume Sile, tentando di ristabilire un sistema di relazioni all’interno della casualità del costruito, cercando nell’acqua il trait d’union tra le parti. L’accento è stato posto sul valore semantico e simbolico dell’acqua, declinato a seconda delle potenzialità inespresse del paesaggio che di volta in volta sono portate alla luce, configurandosi come veri e propri frammenti di razionalità eletti a matrici del progetto di architettura. Leif motiv progettuale è l’idea di una tensione verso l’acqua, intesa come atto per il ricongiungimento e la riconciliazione con la natura ed il territorio. Parimenti a questa idea di movimento quasi catartico verso l’acqua si lega indissolubilmente anche il moto contrario: l’acqua come generatrice di paesaggi. Alla fase iniziale di studio corrisponde anche uno slancio a immaginare, attraverso futuribili e probabili scenari, possibilità nuove e altre di interagire con il fiume partendo dall’esistente – il caso, se così vogliamo nominarlo. Tali sono i presupposti teorici la cui finalità risiede nel fornire risposte tramite il progetto, che rappresenta sempre uno strumento di interrogazione dei luoghi attraverso la loro conoscenza approfondita. Se è vero che: «Descrivere appare oggi, nell’era delle mappe satellitari, esercizio scontato, se non ozioso: eppure forse nessun altro procedimento umano rivela in maniera più spietata la cultura o la professione di un cittadino o di un’istituzione»1. Il progetto di architettura, secondo gli insegnamenti ricevuti, prevede un approccio ontologico che non fissa lo sguardo sull’oggetto progettato, anzi non è possibile parlare di oggettualità della forma architettonica quanto piuttosto di relazione tra le parti, di una visione del mondo. Alcune delle domande e delle riflessioni ricorrenti, valide ancora oggi come punto di vista sull’architettura e sul paesaggio, vedono nel progetto un momento di unione, attraverso la loro messa in tensione. L’idea di città che al giorno d’oggi sembra sperduta, sottende una riflessione su un tema che non può essere risolto in un progetto in sé finito, ma necessita di essere rapportato con il tempo. Il che fa pensare alla possibilità di produrre una sintesi tra diversi elementi dello spazio urbano, che nel caso dell’ambito del Sile, insistono sul fondamentale ruolo dell’acqua nella costruzione del territorio: quello che leggiamo come romantico è invece uno stato di abbandono, oggi esiste il problema di non avere il coraggio di cancellare le tracce. Educare lo sguardo alla visione del territorio, scomporre il progetto, attraverso una ginnastica concettuale, fissando dei punti, essenziali per la sua comunicazione, risulta quanto mai necessario per riprendere una discussione “scientifica” intesa come ricerca e sue convenzioni. Questo atteggiamento mentale – veicolo indispensabile per attraversare le scale del progetto – viene messo alla prova nelle tesi di laurea secondo un modus operandi che, a partire da casi specifici (aree in potenza di progetto), tenta di fare ritorno alla scala del “progetto urbano”, attraverso l’anelito ad una possibile teoria generale fondata intorno ad una strategia che si declina per punti discontinui e secondo diverse 1. C. Olmo, Confini, valori, terzietà oltre il villaggio di Euclide in A. De Rossi (a cura di), Grande scala: architettura, politica, forma, LIST, Barcellona, Trento, 2009, p. 325.
tecniche di intervento. In questo modo il progetto diviene pretesto di conoscenza di un luogo, che resta impresso diventando anche forma di racconto di quel luogo, e rinsalda il valore dell’atto cognitivo. L’azione di conoscenza critica è paragonabile ad un graticcio: nell’interpretazione è come se fermassimo un’immagine del mondo2. Secondo quest’ottica il progetto di architettura risulta emblema di una specificità, di un’identità, di un genius loci, che l’architettura sovente, oggi, non tiene in considerazione, accondiscendendo ad una visione cosmopolitistica deleteria per la singolarità del progetto.
2. A. Gargani, Il passaggio dalla verità al senso della verità in G. Barbieri e P. Vidali (a cura di), Metamorfosi: dalla verità al senso della verità, Laterza, Bari,1986.
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LE RAGIONI DELL’ARCHITETTURA
Marco Bolsieri e Gian Maria Casadei, progetto di riuso della cartiera dismessa di Carbonera. Un ripensamento del modo di abitare che, partendo dalla casualità e considerandola come principio al quale non è possibile sottrarsi, fa sua la filosofia della vita comunitaria, determinando la
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riscoperta del legame con la terra, ponendo l’accento sulla conservazione della biodiversità di flora e fauna, secondo un rinnovato rapporto con l’acqua.
Nella pagina a fianco veduta del percorso sull’acqua a piano terra, con in primo piano elementi tecnologici e di risalita. Piante dei livelli intermedi in cui è leggibile il tema del progetto: l’inserimento di elementi scatolari vetrati nello scheletro del manufatto di archeologia industriale e
l’esaltazione dei percorsi posti sempre all’esterno degli alloggi. Il sistema di percorsi a forbice è adottato negli alloggi duplex nei quali è previsto l’ingresso dal piano superiore. Le sezioni commentano la complessità dell’intervento.
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LEGGE E CASO. IL RIUSO DELL’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE LUNGO IL FIUME SILE
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Legge e caso. Il riuso dell’archeologia industriale lungo il fiume Sile
Marco Bolsieri Gian Maria Casadei Relatore prof. Carlo Magnani Correlatore prof. Matteo D’Ambros Anno accademico 2015/2016
Alla luce dell’assunto “la legge genera il caso”, scaturita dall’osservazione del territorio, dalla comprensione delle normative dell’Ente Parco Naturale Regionale del fiume Sile e dei comuni rivieraschi, dall’esperienza concreta dei luoghi, si prende in considerazione il fiume Sile quale evidenza geografica da valorizzare, considerando il territorio all’interno dei confini dell’Ente Parco, secondo un’accezione fisica e non giuridica, in senso opposto a quanto avviene oggi. Si osservi come nel corso del Novecento il confine diventi sempre più da fisico a giuridico. Sempre più raramente i due confini coincidono, aiutando a spiegare forse l’odierna, scarsa comprensione dello spazio persino tra autorità (Olmo, 2009). Ci si è interrogati sul come sia possibile immaginare una città futura se il presupposto da cui partire è quello del caso. A tale casualità contribuisce in modo determinante la normativa urbanistica, priva di una matrice progettuale e distaccata dai problemi locali, incapace di una visione generale, che tenga conto del fiume quale infrastruttura geografica. Una normativa ossessivamente tassonomica nel descrivere un paesaggio che andrebbe invece considerato attraverso l’incrocio tra visione zenitale e prospettica. Un primo fattore di crisi è indubbiamente determinato dall’incrementalismo, e dalla stessa velocità delle trasformazioni. La costruzione incrementale del territorio mina alla base un’idea di progetto che ha nel suo codice genetico come primo obbiettivo il compimento e l’autorealizzazione del proprio disegno formale (De Rossi, 2009). Parimenti la filosofia dello sfruttamento ha inevitabilmente guidato le dinamiche economiche del XX secolo, secondo una visione miope, fondata sull’inesauribilità delle risorse di questo territorio. Presa coscienza dell’infinitezza dei problemi, appare necessario un restringimento del campo di analisi, elaborando un pensiero selettivo, in grado di proporre, a partire da una visione generale, una strategia che prediliga un in-
tervento per punti discontinui. L’attenzione è posta in particolare nel brano di paesaggio delimitato a nord dal nucleo urbano di Treviso ed a sud dalla laguna. La casualità, la visione incrementale e lo sfruttamento intensivo sono i tre setacci attraverso i quali il territorio del Sile viene messo al vaglio, configurando l’immagine della “maceria”, emblematica per comprenderne il carattere frammentario e di abbandono. Il carattere di maceria si manifesta in tre configurazioni spaziali differenti: capannoni, aree pubbliche e cave. La proto-industrializzazione ha inaugurato uno sfruttamento intensivo del fiume, al quale ha fatto seguito l’insediamento di cortine di capannoni che impediscono il collegamento trasversale tra l’abitato e il fiume. Eloquente è la negazione del rapporto con l’acqua, intesa non come elemento di qualità, bensì confinata a retro di agglomerati industriali. Il progetto è indirizzato al recupero dell’antica relazione con l’acqua, ponendo l’accento sull’accessibilità e la percorrenza lungo le sponde fluviali, impedita dall’impropria collocazione di edifici industriali o artigianali. Lo sviluppo lineare degli edifici industriali, a ridosso della strada, genera criticità rispetto alla percezione del paesaggio: la vista è impedita a causa dell’arroganza visiva di tali macerie. Un secondo fattore di criticità è costituito dalle aree pubbliche, spesso messe a disposizione dei comuni da parte di privati. Si caratterizzano per frammentarietà ed inadeguatezza della collocazione – quasi casuale – rispetto all’accessibilità e ad una visione sistemica. Necessario è mettere in tensione queste aree, ripensando alle connessioni, in particolare al ruolo della pista ciclabile come elemento di cucitura, se è vero che la condizione degli spazi pubblici della città può essere assunta quale indicatrice della sua qualità (Secchi, 2010). Emblema della violenza umana sul paesaggio, attraverso progressive estrazioni di materiale per assecondare ragioni di natura economica, le cave, ad attività esausta,
Rilievo planimetrico dei Comuni di Silea, Casier, Casale sul Sile e Roncade. Sono indicati i confini comunali, gli edifici industriali in nero, le cave in verde e le aree pubbliche in rosso, a commento della dispersione insediativa che caratterizza questo territorio.
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LEGGE E CASO. IL RIUSO DELL’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE LUNGO IL FIUME SILE Un esploso assonometrico del progetto con la rilettura dei suoi elementi costitutivi: basamento, copertura e torri. Una veduta dal fiume inquadra la piazza sull’acqua con la mole del “monumento all’archeologia industriale”. Nella pagina a fianco la pianta del piano terra mette in risalto la pulizia formale alla quale l’edificio è stato sottoposto e la conferma dell’alternanza compositiva tra pieni e vuoti.
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LE STANZE DEL SILE. L’ACQUA COME DISPOSITIVO NELLA COSTRUZIONE DEL PAESAGGIO VENETO
Fotografie archivio Ente Parco del Sile. Attività ludico-ricreative: navigazione sportiva, navigazione turistica, percorsi pedonali lungo le sponde del fiume.
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La sorgente del Sile si trova in un’area dove la falda freatica, entrando in contatto con lo strato argilloso impermeabile, risale in superficie originando le risorgive, dette Fontanassi. Il Sile ricade all’interno dei bacini sedimentari dei fiumi Piave e Brenta, ed esercita una scarsa azione erosiva lungo l’alveo, fenomeno più evidente nel tratto veneziano dove, da Quarto d’Altino, il fiume diventa pensile. Non si deve sottovalutare che la parte del bacino idrografico del Sile comprende un territorio bonificato che presenta criticità dal punto di vista idraulico e raggiunge un livello di pericolosità idraulica medio/alta. Gli affluenti di destra sono: Piovega, Dosson, Bigonzo, Serva; quelli di sinistra: Corbetta, canale di Gronda, Cerca, Botteniga, Limbraga, Storga, Melma, Nerbon, Musestre. Per la loro portata costante, sono sempre stati ideali per l’insediamento di mulini. Nel XIX secolo nella sola Treviso se ne contavano 61. Attualmente nessun mulino sfrutta più le acque del fiume, ma molti sopravvivono come pregevoli esempi di archeologia industriale. La greenway del Sile, denominata Girasile, è un corridoio ecologico destinato alla mobilità lenta che attraversa tutto il parco, dalle sorgenti a Portegrandi. Si tratta di 125 chilometri di pista ciclabile collocati tra l’interno e l’esterno del parco. Comprende il tracciato delle antiche Restere, le strade arginali utilizzate dai buoi in funzione dell’attiraglio dei Burci e anche 10 chilometri di tracciato dell’ex ferrovia Treviso-Ostiglia. Oggi il Sile è un attrattore per chiunque voglia dedicarsi ad attività ludiche, ricreative e sportive. I suoi percorsi includono numerosi manufatti quali porti, ville, edifici religiosi, mulini, fabbricati rurali e abitazioni. Il masterplan di progetto propone la lettura dello spazio come un susseguirsi di episodi urbani racchiusi in stanze, il che si traduce nel mettere a sistema una maglia di campi chiusi, che si relazioni con le preesistenze e con un sistema di percorsi.
Stanze permeabili, perimetrate da alti filari di alberi a stretto fusto, che consentono attraversabilità e permanenza per scopi ricreativi. Nel loro insieme rafforzano le relazioni esistenti con il contesto territoriale e ne instaurano di nuove. Alcune aree umide si articolano e si integrano al loro interno. Sono alimentate da una controllata deviazione del flusso d’acqua del fiume e sfruttano la pendenza del suolo, per convogliare l’acqua in bacini di fitodepurazione, prima di ritornare nuovamente al fiume. In passato, soprattutto nelle zone delle risorgive, vi era la consuetudine, da parte dei monaci benedettini, di deviare il corso del fiume per allagare i campi chiusi, così da incrementare il raccolto. I monaci erano soliti preparare erbe officinali. In inverno infatti l’acqua del Sile riscaldava il suolo e viceversa nei mesi più caldi lo raffrescava. In risposta al problema dello smaltimento delle alghe prodotte dal Sile, che in alcuni periodi dell’anno creano grossi problemi di gestione alle amministrazioni coinvolte, è stato dimensionato un impianto di produzione di energie rinnovabili alimentato dalle alghe stesse. Le alghe, vengono intercettate dagli appositi sgrigliatori delle centrali idroelettriche, ma possono anche provenire da operazioni di manutenzione del fiume. Si prevede il riutilizzo dell’energia termica prodotta dall’impianto per servire un sistema di teleriscaldamento nella limitrofa zona di espansione residenziale come suggerito dal piano comunale. Le azioni progettuali sono tese, nel loro complesso, allo sviluppo di un’economia circolare. Sono concepite con l’intento di contribuire al raggiungimento di una pluralità di obbiettivi quali l’aumento del valore paesaggistico, il miglioramento della qualità dell’acqua, l’aumento del valore naturalistico del sito, l’aumento della valenza sociale mediante usi didattici, la riattivazione dei flussi fluviali ed il recupero con la messa in sicurezza dell’archeologia industriale.
Assonometria isometrica degli elementi e sistemi di progetto: campi chiusi (Pioppo Cipressino), bacini di accumulo idrico e fitodepurazione (V max 24.830 m3 - V min 7.485 m3), waterfront (banchina, silos, centrale idroelettrica e centrale a biogas).
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LE STANZE DEL SILE. L’ACQUA COME DISPOSITIVO NELLA COSTRUZIONE DEL PAESAGGIO VENETO
Vista della vasca dei silos.
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Vista interna della corte.
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Il progetto di architettura La formazione dell’architetto
Moira Morsut
Le considerazioni che seguono derivano dall’esperienza didattica e progettuale maturata in molti anni, all’interno dell’università, con la convinzione che attività teorica e attività professionale siano contemporaneamente sempre necessarie e così devono essere sempre alimentate. Autorevoli voci hanno scritto sul tema della didattica in architettura, personalmente conservo almeno tre testi come riferimento: Gli elementi del fenomeno architettonico di Ernesto N. Rogers, Tecniche del progetto di architettura. Strategie sommesse del progetto contemporaneo di Carlo Magnani e Carlo Cegan, e Sulle orme di Palladio. Ragioni e pratica dell’architettura di Vittorio Gregotti. Si tratta di tre testi che nascono, per ammissione degli stessi autori, dalle riflessioni indotte dall’attività didattica sul tema della trasmissione di un sapere i cui confini sono tutt’altro che definiti. In ognuno di questi testi è possibile riconoscere il tentativo di descrivere non solo il processo progettuale ma soprattutto le modalità di trasferimento di un metodo che, non negando le qualità del singolo le porta alla luce, fuggendo da approcci didattici che perseguono risultati precostituiti e prefissati. Attraverso l’acquisizione di un metodo è possibile, ad esempio, dominare le diverse discipline che l’architettura contiene avviando un processo di sintesi, insito nel progetto stesso, che non può essere sostituito con l’addestramento degli architetti per ottenere tanti piccoli specialisti per ogni disciplina. Rogers elabora il libro intorno al 1960 quando insegna al Politecnico di Milano, il libro viene pubblicato da Laterza nel 1961 ma per volontà dello stesso autore non sarà mai distribuito. La prima “vera” edizione risale al 1981. L’obiettivo per Rogers è quello di indurre chi legge a trarre alcuni convincimenti «fondamentali alla propedeutica architettonica e allo sviluppo processuale: che l’architettura è una manifestazione totale, non separabile nelle sue parti né alienabile dall’evoluzione della realtà storica, sociale e culturale in cui, nel determinarsi, si pone come un’aperta problematica»1. 1. E.N. Rogers, Gli elementi del fenomeno architettonico, Guida, Napoli, 1991, p. 21.
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Alessandra Bello, Area Prato in Fiera (Treviso), 2014.
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Processi di singolarizzazione per un progetto di economia ecologica e ricomposizione del paesaggio nei territori della Città del Sile
Matteo D’Ambros
Molte questioni relative alle dinamiche di sviluppo della città sono emerse nell’ambito della ricerca svolta nei territori del fiume Sile grazie a un dibattito avviato con istituzioni, amministrazioni pubbliche coinvolte, soggetti della società civile e alcuni player appartenenti al mondo produttivo. Sono affiorati nodi difficili da sciogliere per giungere a una condivisione di progettualità volta a migliorare il funzionamento del sistema ambientale e urbano. Si sono affrontati conflitti tra istanze e in seno a procedure, che, a tratti, hanno condizionato una discussione aperta e inclusiva. In tutte le occasioni, pubbliche o riservate, vi è stato il tentativo di avviare un lavoro indirizzato a innescare processi di singolarizzazione1: un’ipotesi latente perseguita all’interno della ricerca che pone la necessità di ragionare su scenari di trasformazione a una scala vasta del territorio, per tendere alla messa a sistema del progetto degli spazi aperti in una dimensione micro-scalare. Da questo punto di vista, l’obiettivo è di ri-definire possibili universi di valore, dai quali avanzare proposte concrete, declinate sulla base di priorità puntuali e nell’idea di immaginare lo spazio che abitiamo secondo parametri fin qui ancora non conosciuti come puntualizzato da Bruno Latour: «everything has to be mapped out anew, at new costs»2. L’attività di progetto ha spesso suggerito slittamenti concettuali e graduali adattamenti nell’operare entro un ambiente urbanizzato ad alto tasso di antropizzazione. La strategia di intervento è stata costruita attraverso una narrazione articolata per mezzo di proposte migliorative dello stato di fatto. La riflessione ha riguardato le qualità dello spazio urbano 1. In particolare si veda F. Guattari, Le tre ecologie. In F. Guattari, F. La Cecla (a cura di), Le tre ecologie, Sonda, Milano, 2019, pp. 12-62; ed. org., Les troi écologies, Édition Galileé, Paris, 1989. 2. B. Latour, Down to Earth. Politics in the New Climatic Regime, Polity Press, Cambridge, 2018, p. 33; ed. org., Où atterir? Comment s’orienter en politique, La Découvert, Paris, 2017.
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