L'Ultimo Velo

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ANTONELLA IURILLI DUHAMEL

L’ultimo Velo

Transfinito


Dedicato a mio padre


L’ultimo velo testo e illustrazioni di

A ntonella Iurilli D uhamel

Transfinito



Ciò che per il bruco è la fine del mondo: è una bellissima farfalla Lao Tzu

Tutti erano lì a chiedersi: “Perché?” Perché una sposa così bella, con un magnifico abito e un fragrante bouquet di rose rosse e tuberose, fosse fuggita dalla chiesa in modo tanto repentino quanto bizzarro. Nel momento in cui avrebbe dovuto pronunciare il suo “Sì”, si era messa a tremare come una tarantola impazzita strappandosi tutti gli abiti di dosso. Poi come un animale braccato si era precipitata di corsa fuori della chiesa e, man mano che riusciva a liberarsi delle parti che componevano la sua immacolata veste, le lanciava più in alto e lontano possibile, quasi che avesse voluto porre tra lei e loro una incommensurabile distanza.


E intanto, uno ad uno, tutti i veli ritornavano lentamente a terra posandosi sul prato con la stessa grazia e leggerezza di un fiocco di neve. Non si era mai vista una cosa del genere. Nessuna donna aveva mai osato tanto! Questo pensò il parroco, un uomo piccolo e paffuto con una grossa pancia che sin dalla mattina si era pregustato un sontuoso banchetto. Ora avrebbe dovuto accontentarsi della monotona e scialba cucina della sua perpetua. Oltre ai pensieri desolanti sul magro pranzo, ritenne che sicuramente era stata tutta opera di Satana. Non v’era altra spiegazione: solo lui avrebbe potuto irretire e corrompere un’anima fino al punto di farle commettere un tale sacrilegio, magari allettandola con falsi miraggi. Molte cose sin dal mattino erano andate storte, e forse avrebbero potuto anticipare l’accaduto. Inspiegabilmente, durante la celebrazione della funzione, i fiori d’arredo sull’altare si erano afflosciati; la perpetua si era svegliata con la febbre altissima, lui aveva dovuto stirarsi la camicia e preparare da sé la prima colazione, e come se questo non bastasse, il vin santo sapeva di aceto: se questa non era opera del maligno cos’altro era? I fiori che nel bel mezzo della funzione erano diventati esanimi, erano stati notati con orrore anche dalla madre della sposa: la circostanza la rendeva piena



di disagio e di vergogna. Cosa avrebbe commentato la gente? Avevano forse acquistato dei fiori vecchi per risparmiare? Con quello che erano costati oltre a tutto il resto! Tutto ciò era troppo. Con i fiori anche sua figlia aveva perso la testa, ed invece di pronunciare quel benedetto giuramento si era denudata senza ritegno, sciupando quel meraviglioso abito e mostrandosi a tutti come lei l’aveva fatta. Certamente nessuno poteva affermare che le fosse riuscita male, o negare che nonostante i suoi cinquant’anni, questa figlia disgraziata era ancora bellissima. Una magra consolazione che però, non era sufficiente ad alleviare la sua paura e la sua vergogna: ora chiunque avrebbe riso di lei e dei suoi familiari e ne avevano ben donde. Tali sentimenti le impedivano qualsivoglia riflessione logica. Le venne in mente che in famiglia vi era più di una vena di pazzia. Sua cognata, pace all’anima sua, anni addietro, in preda ad un parossistico stato d’eccitazione si era denudata offrendosi a suo cognato. Tutti si erano spaventati a morte; lo psichiatra aveva diagnosticato un accesso psicotico, ma il responso non aveva eliminato l’imbarazzo che si era creato in ognuno di loro, e in particolare nel cognato che da quel giorno non ebbe più coraggio di metter piede a casa sua. A dirla tutta anche lei, quando era andata in menopausa, per un certo periodo aveva dovuto farsi delle continue docce gelate, dal momento che sentiva la sua



pelle e la sua anima ardere senza tregua. Questo le aveva procurato non poco turbamento e pianti a dirotto, che purtroppo non erano stati sufficienti a lavare la cocente vergogna per queste inaspettate tardive sensazioni. Il padre della sposa, inoltre, aveva provato una terribile fitta al cuore. Oltre alla paura per l’accaduto, aveva temuto di rimanerci secco e per diversi motivi. Il suo cuore ormai malmesso era stato inondato da un’infinita tristezza. Un’afflizione che temeva di non reggere: era molto preoccupato di perdere per sempre sua figlia. Ma la sua anima era lacerata da un dispiacere ancora più grande: non aver compreso in fondo ed in tempo quanto lei stesse soffrendo. Nel profondo del suo cuore sapeva bene che solo una grande sofferenza può spingere una persona ad agire in maniera così imprevedibile. Qual era allora il suo segreto? Dopotutto era una donna di successo, apparentemente sicura di sé. Cosa le era accaduto? La sorella maggiore della sposa, era stata da sempre dalla sua parte, aveva persino creato appositamente per la cerimonia un bellissimo bouquet di rose e tuberose: una sorta di talismano per sottolineare l’unione di Spirito e Corpo. Quel giorno però, provò sfiducia ed una pena infinita. Sapeva che nessuno avrebbe scusato la sposa.



Nessuno perdona ad una donna tanta verità. Va bene sposarsi anche quando non ci credi più, farsi degli amanti, mettere al mondo figli da esibire come ipoteche sulla vita, oppure mentire, tradire e tradirsi, ma mai essere semplicemente disperatamente se stesse. Di fronte a così tanti tabù infranti sentiva che non ci sarebbe stata comprensione, e che persino tra le donne non avrebbe incontrato l’affetto e la solidarietà di cui aveva bisogno. La sorella minore come la madre della sposa, cominciò a farsi sempre più piccola sotto il peso della enorme vergogna. Eravamo alle solite, questa sorella ingombrante, anche stavolta era riuscita a metterla in imbarazzo davanti al mondo. Era sempre stata originale, ma ora aveva colmato la misura; le conseguenze del suo gesto folle sarebbero ricadute sulla famiglia e per lei trovare marito sarebbe stata un’utopia. “Chi avrebbe mai potuto sposare la sorella di una pazza esaltata?” Le amiche cominciarono a dire che era tutta colpa di quello straniero dai bellissimi occhi azzurri e libero come il vento, poiché dal giorno in cui aveva messo piede in paese, lei non era stata più la stessa. Aveva perennemente un’aria svagata, si era isolata e qualcuno più di una volta l’aveva vista piangere nel parco mentre parlava al suo cane. Nel fondo della chiesa c’era un uomo che aveva assistito alla scena con un duplice sentimento: era felice che il matrimonio fosse andato a monte perché era stato



sempre innamorato della sposa, e da giovani avevano avuto una breve relazione, anche se lei dopo un po’ lo aveva lasciato per mettersi con un altro. Si sa che tempo e distanza non possono mettere fine ad un sentimento profondo. Infatti non era mai riuscito a togliersela dal cuore e dalla mente, non aveva mai smesso di incontrarla ed amarla durante le sue interminabili notti insonni. Per un attimo quella mattina aveva sperato che lei rinunciasse a sposare l’altro, poi amaramente si rese conto di averla persa di nuovo, e adesso qualcosa gli diceva che sarebbe stato veramente per sempre. Questa volta il suo rivale non era un uomo ma l’ignoto, e contro l’ignoto non si può competere. Provò pena per lo sposo ingannato e rabbia per lei e per se stesso che aveva sperato invano nonostante gli anni trascorsi. Lo sposo non poteva credere al gesto della sua donna, che aveva avuto sempre in pugno, fino a farsi perdonare la sua ultima scappatella: l’addio al celibato. Ora tutto il paese si sarebbe fatto beffa di lui: così bello, maschio e soprattutto giovane, persino più giovane della sposa; malediva il giorno in cui era tornato da lei. Altre donne pensarono che era solo l’effetto della menopausa, un attacco di isteria; presto sarebbe rientrata nei ranghi: solo una stupida avrebbe rinunciato ad un matrimonio così allettante.



Mentre la sposa si allontanava correndo leggera, gli uomini rimasero estasiati dalle sue nudità. Lei fuggiva senza sapere dove andare, fedele soltanto ad un profondo impulso nel quale la sua personalità era prigioniera e nessuno, nemmeno lei, sapeva dove l’avrebbe condotta. Correndo velocemente la sua vita le passava davanti con uguale velocità ed intensità. In quegli attimi vide la durezza di sua madre: chissà se aveva veramente desiderato che lei venisse al mondo, o se invece l’avesse voluta solo per trattenere un marito di cui non si sentiva sicura, oppure per assicurarsi quel senso di autostima che non aveva mai veramente trovato in se stessa. Ripensò ai suoi animali, amici fedeli di sempre, provò una stretta al cuore: non sapeva quando li avrebbe rivisti; oramai era come prigioniera di una giostra che continuava a girare allontanandola dal presente.Vide il suo vecchio amore in fondo alla chiesa, ne provò dolore. Sapeva che lui non aveva mai cessato di sperare; ancora una volta lo aveva deluso e le dispiacque sinceramente. Vide i fiori appassiti e sentì che lei non voleva fare la stessa fine. Provò dolore anche per suo padre al quale aveva sempre voluto bene, e che non avrebbe mai voluto mettere in imbarazzo o nella condizione di doversi vergognare.



Lei ormai non si vergognava più: era nuda e serena e non aveva più nulla da nascondere neanche a se stessa. Mentre si disfava dell’ultimo velo andava cantando questa insolita melodia: “La mia anima ha a lungo sanguinato sotto il peso di inutili menzogne. Io non sono più Io, eppure son io”. Ancora oggi tutti parlano di lei. Qualcuno, racconta di averla intravista di notte come un’enorme farfalla volare leggera sui tetti assopiti e lasciare dietro di sé un irresistibile profumo di rose e tuberose. “permise a se stessa di essere trascinata dalla convinzione che gli esseri umani non nascono una volta per tutte il giorno in cui la loro madre li ha messi al mondo, ma che la vita li obbliga a dare alla luce se stessi molte altre volte ancora”


Transfinito prima edizione

- giugno 2009

Redazione: Giuseppina Nigrelli Impaginazione eseguita a cura de L’Immaginario Necessario di Luca Mesini carattere: baskerville, corpo 14 - interlinea 20 con spaziatura ottimizzata (75/115/260 – -5/5/25)


L’ultimo velo è una fiaba scrittta e illustrata da Antonella Iurilli Duhamel, psicologa e psicoterapeuta specializzata in Analisi Bioenergetica e Psicologia Transpersonale. Membro dell’Ordine Psicologi e Psicoterapeuti della Lombardia e dell’International Institute for Bioenergetic Analysis di New York. La sua ricerca prevalentemente focalizzata sul rapporto dell’uomo moderno con i sentimenti, il corpo e la natura, trova altresì espressione in campo artistico, mediante la scultura, la pittura e la fotografia. è membro della Società di Belle Arti di Verona e della Société Québecoise des Beaux Art.


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