Cap 2 economia canaglia_Loretta napoleoni

Page 1

Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 39

2. Nessuno controlla l’economia canaglia

L’economia è tra le prime e più importanti virtù, il debito pubblico invece è il più serio pericolo da temere. THOMAS JEFFERSON

Permettetemi di presentarvi i coniugi Jones, figli del sogno americano del dopoguerra. I Jones vivono nei sobborghi di una città del Midwest degli Stati Uniti, e questo è l’unico elemento che hanno in comune con il sogno. Il signor Jones, falegname, durante la recessione della fine degli anni novanta ha dovuto rinunciare ai contributi previdenziali pur di non perdere il lavoro in un’impresa locale di costruzioni. Alla signora Jones è rimasto poco della dea del focolare del sogno made in Usa. A dirla tutta, è sovrappeso e sfinita dal lavoro. Fa l’infermiera in un ospedale della zona, nel tempo libero assiste i vicini rimasti senza assicurazione sanitaria. Queste sue entrate occasionali esentasse sono vitali per far quadrare i conti di famiglia. Nel 2006 il reddito della coppia è di 46 326 dollari, 2000 dollari in meno rispetto al 2001, l’anno in cui è finita l’ultima recessione. In banca hanno 3800 dollari. 8000 dollari di debiti sulla carta di credito.1 Niente azioni né obbligazioni e vivono in una casa da 160 000 dollari, con ancora 90 000 di mutuo da pagare.2 Fanno la spesa al supermercato Wal-Mart, mangiano da McDonald’s e giocano alla lotteria nella speranza di vincere il biglietto della svolta, il biglietto della fuga dal ceto medio. È questo il nuovo, irresistibile sogno americano. In mezzo secolo, il sogno si è trasformato in un incubo. Gli stipendi immobili, la bancarotta e soprattutto la disparità dei redditi sono alla base della mostruosa metamorfosi. Nessuno può spiegare che l’impoverimento del ceto medio americano è avvenuto negli ultimi 15 anni, innescato dalla caduta del muro di Berlino e alimentato dall’avvento dell’e-


Napoleoni_economia

40

14-12-2007

15:18

Pagina 40

Economia canaglia

conomia globale. Sembra il risultato di un destino beffardo, ma le due vittorie cruciali della Guerra fredda – quella politica, e quella economica – oltre a ridurre in povertà le popolazioni dello sconfitto Blocco sovietico, gettano le basi per il declino socioeconomico del ceto medio americano. Una grande vittoria globale che finisce per distruggere la base stessa del mito americano.

La maledizione comunista Lo smantellamento del Blocco sovietico mette in moto l’era deflazionista globale: i prezzi crollano ovunque. I prezzi e gli stipendi del mondo industrializzato. La deflazione viene favorita dall’afflusso di quella che era la manodopera comunista sui mercati dell’economia globale. Il mondo festeggia le famiglie che oltrepassano la cortina di ferro dirette a Ovest verso la libertà e la prosperità. Le economie industrializzate si scoprono incapaci di assorbire la nuova forza lavoro. La manodopera è troppa e il capitale insufficiente. Alan Greenspan, ex presidente della Federal Reserve, ammette che la fine del comunismo «ha riversato sui mercati [internazionali] miliardi di lavoratori a basso costo. Questo fenomeno è stato quanto mai deflazionistico»3 soprattutto perché, per assicurarsi un lavoro, gli europei dell’Est e i russi accettano stipendi molto inferiori agli standard occidentali. È questa la vera ragione della prima ondata di riduzioni dei salari europei. L’America non sfugge a questo destino e, dal 1989 alla metà degli anni novanta, il reddito medio reale scende drasticamente. L’afflusso di lavoratori dell’ex Blocco sovietico segna solo l’inizio di una straordinaria impennata dell’offerta globale di manodopera. Negli ultimi quindici anni hanno accesso al mercato del lavoro globalizzato non solo i russi e gli europei dell’Est, ma anche cinesi e indiani, che prima lavoravano all’interno di economie chiuse. Richard Freeman, professore a Harvard specializzato in economia del lavoro, calcola che all’inizio degli anni novanta l’offerta mondiale di manodopera è raddoppiata.4 Con la caduta del muro di Berlino, i nostri coniugi Jones, come del resto i loro simili europei, devono competere con i nuovi arrivati e la concorrenza è subito spietata. Le imprese attingono a piene mani dai nuovi


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 41

Nessuno controlla l’economia canaglia

41

bacini di manodopera straniera a buon mercato. Per tagliare i costi, molte addirittura trasferiscono all’estero la produzione (offshoring) o appaltano il lavoro oltre confine (outsourcing). «I lavoratori occidentali si sono visti sparire il lavoro da sotto il naso» sintetizza un sindacalista italiano. La concorrenza straniera è talmente dura che, per assicurarsi un impiego, molti lavoratori dei paesi industrializzati accettano di rinunciare ai contributi. Nella Germania unificata, i sindacati devono scendere a patti con la riduzione dei salari e l’aumento delle ore di lavoro per impedire alle aziende di trasferire la produzione nell’Europa dell’Est. L’assenza di un contratto sociale regolamentato a livello internazionale e di una legislazione affidabile, in grado di stabilire il minimo salariale e i contributi dei dipendenti è un fattore determinante per la riduzione della forza contrattuale della manodopera occidentale.5 E il prezzo più alto lo pagano proprio i signori Jones; ovvero il ceto medio dei paesi industrializzati. Negli Stati Uniti sussidi e assistenza sociale vengono ridotti all’osso, mentre per gli europei le cose vanno un po’ meglio. Nel vecchio continente c’è ancora l’assistenza sanitaria gratuita, ci sono le case popolari e i sussidi statali. Ma le prospettive per le generazioni future sono ancora più cupe, visto che fino a quando i costi di produzione saranno inferiori altrove, gli stipendi del mondo industrializzato continueranno a scendere o ristagnare. E questo fenomeno potrebbe durare ancora per decenni, fino a quando i salari dei paesi in via di sviluppo saranno pari ai redditi in Occidente. Richard Freeman calcola che se i salari cinesi raddoppiano ogni dieci anni, com’è accaduto negli anni novanta, tra circa 30 anni raggiungeranno i livelli attuali dei paesi industrializzati. L’assorbimento della manodopera di altri paesi potrebbe richiedere più tempo, ma la transizione potrebbe essere completata in 40 o 50 anni, quando finalmente gli stipendi occidentali ricominceranno ad aumentare e l’equilibrio tra capitale e lavoro verrà ripristinato.6

L’ironia è che la classe media, l’anima stessa delle democrazie occidentali, non viene indebolita da un’ondata di comunismo. Al contrario, viene ridotta in povertà proprio dalla fine dei regimi comunisti dell’Est. Ecco cos’è la maledizione comunista.


Napoleoni_economia

42

14-12-2007

15:18

Pagina 42

Economia canaglia

L’istruzione superiore non basterà più a proteggere le future generazioni di occidentali. I nostri figli e nipoti saranno il nuovo proletariato della globalizzazione. «Indonesia, Cina, India […] hanno più che raddoppiato le iscrizioni all’università negli anni ottanta e novanta […] Nel 2010 [la Cina] sfornerà più laureati nelle materie scientifiche e in ingegneria degli Stati Uniti.»7 Tutti loro faranno parte dell’offerta mondiale di manodopera. Così, se l’impatto del raddoppiamento dell’offerta di forza lavoro aveva colpito la manodopera non qualificata, ora anche i lavoratori qualificati cominciano a essere vittime dell’offshoring e dell’outsourcing. Dal gennaio del 2001 fino a tutto il gennaio del 2006, [per esempio] le assunzioni nel settore dell’informazione statunitense sono diminuite del 17 per cento; gli impieghi nei campi della contabilità e della progettazione informatica si sono ridotti rispettivamente del quattro e del nove per cento.8

Più di 750 multinazionali hanno già creato strutture di ricerca avanzata e sviluppo in Cina. Anche la contabilità, la diagnostica medica e l’informatica cominciano a essere trasferite in Cina. Le economie industrializzate stanno dunque perdendo anche il monopolio della ricerca, dell’innovazione e della tecnologia. Gli economisti sottovalutano per anni le conseguenze dell’offshoring, in particolare ne ignorano il violento effetto di ritorno sulle economie dei paesi industrializzati. «Finora abbiamo a malapena intravisto la punta dell’iceberg dell’offshoring, il cui impatto futuro può essere sconcertante» afferma Alan Blinder, ex vicepresidente della Federal Reserve.9 A torto gli economisti pensano che l’offshoring favorisca il libero scambio, basato sulla teoria ottocentesca del vantaggio comparato di David Ricardo. Secondo il noto economista, un paese è incentivato a commerciare se si specializza nei beni che riesce a produrre a costi inferiori rispetto agli altri paesi e abbandona quelli su cui non riesce a essere competitivo. Ricardo adduce l’esempio di Portogallo e Inghilterra. Entrambi producono lana e vino, ma il vino costa meno in Portogallo mentre la lana è più economica in Inghilterra. Specializzandosi rispettivamente nella produzione e nel commercio incrociato di vino e lana, i due paesi si arricchiscono.


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 43

Nessuno controlla l’economia canaglia

43

Il vantaggio comparato è il cuore del commercio internazionale e l’offshoring e l’outsourcing lo stanno snaturando (dal 1989 al 2006, per esempio, l’esportazione statunitense di beni e servizi è dimezzata, scendendo al dodici per cento della produzione). «L’offshoring è un esempio di come le imprese riportino un vantaggio assoluto combinando capitale ad alta tecnologia con manodopera a basso costo» spiega l’ex vicesegretario del Tesoro dell’amministrazione Reagan, Paul Craig Roberts.10 Questa formula viene applicata inizialmente in Cina. Il vantaggio assoluto della Cina è dato da un’offerta infinita di manodopera a bassissimo costo e dalla sistematica violazione di tutte le legislazioni internazionali sul lavoro. È un sistema tanto potente da aver azzerato il vantaggio comparato delle economie industrializzate. Lo si vede bene con l’analisi dei rapporti commerciali tra Cina e Stati Uniti. Gli Usa sono i principali destinatari delle esportazioni cinesi, ma alla Cina non vendono prodotti ma debiti. La dinamica canaglia di questo nuovo sistema è piuttosto semplice. Un fiume di dollari transita dagli Stati Uniti alla Cina, creando un surplus di valuta statunitense nella bilancia commerciale cinese. Per compensarlo la Cina sottoscrive il deficit del conto capitale statunitense, cioè acquista in dollari titoli di stato dal Tesoro americano e aumenta le riserve bancarie in dollari.11 Per comprendere meglio questo processo, basta immaginare visivamente due flussi identici di dollari che attraversano il Pacifico, uno diretto a ovest per acquistare prodotti cinesi, l’altro a est per comprare titoli di stato americani. È l’ennesimo paradosso. La Cina, paese comunista, finanzia sia il commercio che il disavanzo degli Stati Uniti, il paese capitalista per eccellenza. Il motivo vero è evitare la rivalutazione della moneta nazionale che renderebbe i prodotti cinesi meno competitivi in America. Questa strategia conviene anche agli Stati Uniti perché permette loro «di accontentare consumatori ed elettori e al tempo stesso tiene a galla l’economia [nazionale]».12 Uno stratagemma simile viene usato negli anni settanta, durante il riciclaggio dei petrodollari, quando agli squilibri della bilancia commerciale tra i paesi che producono e importano petrolio corrispondono opposti flussi di capitale che ribilanciano avanzi e disavanzi. Il riciclaggio dei petrodollari ha effetti benefici sull’economia mondiale perché attutisce l’impatto dei primi due shock petroliferi e contiene l’in-


Napoleoni_economia

44

14-12-2007

15:18

Pagina 44

Economia canaglia

flazione. Finora, la simbiosi commerciale sino-statunitense ha poggiato su un’alterazione del principio ricardiano: al vantaggio comparato della Cina, cioè la sua merce a buon mercato, è corrisposto il consumo americano, che possiamo definire il vantaggio comparato dell’America, le cui voraci spese spaziano dal consumismo patologico dei cittadini all’enorme deficit del governo per finanziare la «guerra al terrore» del presidente George W. Bush. Il punto è cosa succederà quando il mercato interno della Cina sarà in grado di assorbire da solo la mole della sua produzione e non avrà più bisogno dei consumatori americani. Spariranno i vantaggi comparati tra i due paesi? Stando a Ricardo, in questo caso più che di vantaggio comparato si dovrebbe parlare di «codipendenza economica» degli Stati Uniti. Se è così, lo sviluppo di un forte mercato interno in Cina potrebbe produrre una colossale crisi economica dall’altro lato del Pacifico.

L’America in rovina Lo smantellamento del comunismo può essere paragonato allo scioglimento della calotta polare: la manodopera a basso costo ha letteralmente invaso il mercato globale ridisegnando l’economia di interi continenti. Inediti però sono effetti e interdipendenze creati dall’economia canaglia. La caduta del muro di Berlino stravolge i princìpi fondamentali dell’economia al punto che la stagnazione degli stipendi reali dell’Occidente non riduce i consumi. Dal 1989, anzi, le spese dei cittadini statunitensi ed europei salgono a livelli record per via del crollo dei tassi d’interesse, il cui andamento durante gli anni novanta è tutto in discesa.13 L’offerta di credito a prezzi sempre più bassi produce una vera e propria euforia consumistica globale. Joseph Stiglitz ribattezza quel decennio «i ruggenti anni novanta». Il mondo si lascia andare a spese folli, incoraggiato da un’industria del credito che vende illusione di ricchezza. I prestiti si ottengono facilmente e a condizioni senza precedenti, ci sono i mutui, le carte di credito. John, un costruttore del Sud di Londra, racconta come nella seconda metà degli anni novanta si sia trovato ad accumulare undici carte di cre-


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 45

Nessuno controlla l’economia canaglia

45

dito. «Non facevo che trovare offerte di nuove carte nella posta. Mi bastava riempire il modulo e rispedirlo. Dopo una settimana me ne arrivava una nuova.» Quando una raggiunge il massimale, John ne usa un’altra. Il credito facile e a buon mercato incoraggia la gente a spendere denaro che non possiede. Negli Stati Uniti, dal 1993 al 2004, il debito al consumo, e cioè l’indebitamento dei consumatori dato dalle carte di credito e dal finanziamento di beni durevoli come le auto, schizza da 800 milioni di dollari a 2000 miliardi, pari a circa il tre per cento dell’economia mondiale. Nel 2006, l’indebitamento totale degli americani è il triplo del Pil del paese. I nostri coniugi Jones, sfiniti dalle rate e incapaci di pagarle, si indebitano ancora di più, sanando i debiti con altri debiti a tassi ben al di sopra di quelli bancari (nel 2006 in questa situazione si trova più del doppio della popolazione adulta statunitense14).15 Anche le banche sono molto generose nella concessione dei prestiti. Negli anni novanta, Stati Uniti e Regno Unito spianano la via ai mutui «facili», che nascondono in realtà spregiudicate politiche monetarie.16 Dalla caduta del muro di Berlino, la Federal Reserve riduce all’osso i tassi d’interesse per evitare le crisi legate alla globalizzazione dell’economia americana; una politica che ha conseguenze drammatiche sul debito delle famiglie e sulle spese dei consumatori. Nel 2006, per esempio, i prestiti per i mutui negli Stati Uniti raggiungono i 7000 miliardi di dollari, pari al dieci per cento dell’economia mondiale. «Oggi viviamo con il lascito di queste politiche, compresa la bolla dei flussi globali di capitale e quella dei mercati immobiliari americani (e non solo)» spiega George Magnus, alto consulente economico della società di servizi finanziari Ubs. «L’economia americana si sta rapidamente sgretolando.»17 Il fallimento delle società di mutui dell’estate 2007 non sorprende gli economisti visto che all’indebitamento nel corso dell’ultimo decennio non corrisponde un’adeguata copertura. Nel 2005, il 40 per cento dei mutui statunitensi non richiede alcun capitale iniziale. «Che io ricordi, è stata la prima volta che non serviva l’acconto per comprare una casa, bastava avere un lavoro» dice J. Ronald Terwilliger, presidente della Trammel Crow Residential che in America ha costruito oltre 200 000 case.18 Questo tipo di mutuo è molto rischioso, come dimostra il brusco aumento di fallimenti in tutto l’Occidente.19 E la piaga dell’insolvenza


Napoleoni_economia

46

14-12-2007

15:18

Pagina 46

Economia canaglia

mina alla base il mondo occidentale in modo molto più profondo e inquietante del terrorismo islamico. Nel 2006 i fallimenti individuali in Gran Bretagna salgono del 55 per cento e nella sola prima metà dell’anno le banche britanniche stornano 3,3 miliardi di sterline di credito inesigibile.20 Ma è in America che i fallimenti aumentano più in fretta. Nel 2006 il tasso di crescita è dell’1,5 per cento più alto rispetto a quello della crescita del Pil.21 Nel 2007 il mercato immobiliare viene travolto dal fallimento delle più grosse società di mutui. Ormai non è più un segreto che gli Stati Uniti stiano andando in rovina. L’inizio del crollo è sotto gli occhi di tutti. Eppure c’è un segmento dell’industria del credito che sta prosperando grazie all’aumento dei fallimenti. È la conseguenza della natura canaglia della politica di ribasso dei tassi d’interesse scelta dalla Federal Reserve. Analizziamo i dati sugli Stati Uniti. Nel 2005 le imprese specializzate in esazione crediti hanno acquistato conti crediti insoluti per un valore di 66 miliardi di dollari. Quell’importo, che rappresentava un’occasione d’oro per gli esattori, era invece una tragedia per i circa otto milioni di utenti di carte di credito, divenuti bersagli di innumerevoli telefonate, solleciti, azioni legali, pignoramenti del salario, sequestri dei beni e talvolta persino di arresti per via del debito contratto con la carta di credito.22

L’industria dei mutui è responsabile dell’alto numero di fallimenti. Nell’ultimo decennio i pignoramenti delle case si moltiplicano esponenzialmente e il Colorado ne detiene il primato. Nel 1996, 700 abitanti di Denver perdono la casa perché non riescono a pagare le rate del mutuo. Nel 2006, in quelle stesse condizioni ci sono 4000 famiglie. Le autorità sono convinte che ci sia un rapporto diretto tra i pignoramenti e la facile disponibilità di prestiti in atto nello stato.23 Così, gli spregiudicati broker ipotecari, come gli oligarchi russi e i mercanti di sesso, sono tra i gangster della globalizzazione. Ce lo spiega un agente immobiliare del Montana. Fino al 2006 i broker ipotecari non erano granché interessati al rimborso del prestito perché percepivano la loro percentuale del mutuo all’ac-


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 47

Nessuno controlla l’economia canaglia

47

quisto dell’immobile. Neppure le banche si preoccupavano: quando i prezzi delle case aumentavano a un ritmo vertiginoso e la domanda era forte, gli bastava mettere in circolazione gli immobili pignorati e addirittura guadagnarci.

Spesso i banchieri avvertono costruttori e acquirenti, loro clienti, di un imminente pignoramento in modo da permettere loro di contattare il proprietario e comprare l’immobile prima che sia messo all’asta. La Glacier Bank di Kalispell, Montana, lo fa con gli immobili della vicina ed elegante Whitefish. Il nuovo acquirente compra l’immobile con un mutuo della banca pignorante, che ha solo da guadagnarci, visto che l’interesse del debito insoluto viene pagato prima di quello principale. Se i prestiti facili e a buon mercato sono un forte incentivo per comprare case più costose, anche il fattore psicologico della «soddisfazione» insita nel possesso di una casa è un elemento importante che induce la gente a indebitarsi al di là delle proprie possibilità. «Noi [americani] spacciamo la proprietà di un’abitazione come la soluzione a ogni nostro problema e ciò sta creando molta instabilità» spiega Jacky Morales-Ferrand, direttrice dell’edilizia dell’Office of Economic Development di Denver prima del crollo del mercato delle ipoteche del 2007.24 Il senso del possesso dell’immobile è particolarmente sentito dalle famiglie che vogliono lasciare un’eredità ai propri figli. L’industria del credito sfrutta abilmente questo mercato presentando i mutui ipotecari come elemento tipico dell’immagine della famiglia perfetta di ceto medio. È vero l’opposto. Le famiglie con figli dovrebbero evitare di chiedere soldi in prestito perché le loro probabilità di fallimento sono più del doppio di quelle di ogni altro segmento della popolazione americana.25 E le previsioni per il futuro sono ancora più cupe. Elizabeth Warren, docente della facoltà di Legge di Harvard, lancia l’allarme e sostiene che entro la fine del decennio oltre cinque milioni di famiglie con figli a carico presenteranno istanza di fallimento. «Significa che quasi una famiglia con figli, su sette, si dichiarerà al verde, sconfitta nel grande Monopoli dell’economia americana.»26


Napoleoni_economia

48

14-12-2007

15:18

Pagina 48

Economia canaglia

Una ragnatela di illusioni economiche È la foto di famiglia del dopoguerra. L’istantanea di padre, madre e due figli è il sogno americano per eccellenza, il mito del ceto medio. Un nucleo di valori fondanti che simboleggia la superiorità dello stile di vita americano e racchiude in sé tutti gli elementi chiave del sogno: stabilità finanziaria, moralità, felicità, progresso e, soprattutto, omogeneità. Il sogno pare coronare l’immagine dello stato concepita dai Padri fondatori: Noi, popolo degli Stati Uniti, allo scopo di perfezionare ulteriormente la nostra Unione, di garantire la giustizia, di assicurare la tranquillità interna, di provvedere alla comune difesa, di promuovere il benessere generale e di salvaguardare per noi stessi e per i nostri figli il dono della libertà, decretiamo e stabiliamo questa Costituzione degli Stati Uniti d’America.

Il sogno americano, però, è solo un sogno. Una bolla di vetro in cui il capofamiglia al volante di una Ford fiammante va al lavoro ogni mattina. La bella moglie si diletta in casa con gli elettrodomestici, i due figli intelligenti, possibilmente belli e biondi, pedalano fino a scuola in un bel quartiere di strade tutte uguali. È l’illusione preferita dai professionisti del marketing. Eppure, nell’immaginario collettivo del dopoguerra, sembra perfino credibile. Per decenni, la prosperità economica fa sì che il ceto medio americano, ammirato e invidiato in tutto il mondo, si autoconvinca di vivere nel paese delle opportunità. Poi l’uragano Katrina spazza via anche l’ultimo baluardo di illusione smascherando la vera natura del paese: una terra priva di infrastrutture adeguate a preservare la propria popolazione dalla furia del vento, un paese afflitto dalla povertà e dall’ineguaglianza salariale. Il mondo ascolta attonito il calvario assurdo e anacronistico di cittadini americani troppo poveri per noleggiare un’auto o comprare il carburante con cui fuggire dalla città. Per la prima volta dal dopoguerra i coniugi Jones vengono espulsi dal quadro. Il ceto medio di New Orleans, povero e oltremodo indebitato, è affondato sotto la soglia della povertà. Ma come fanno gli osservatori americani e stranieri che assistono


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 49

Nessuno controlla l’economia canaglia

49

quasi increduli alla devastazione di Katrina a non sapere che il declino economico dei «vincitori della Guerra fredda» è cominciato oltre un decennio prima? Come possono ignorare che la caduta del muro di Berlino libera un’ondata di forze economiche canaglia che erodono progressivamente la ricchezza del ceto medio americano e inchiodano la mobilità sociale? È l’economia, e non la furia degli elementi, ad abbattere per sempre il sogno. La sua inconsistenza è svelata e la sua falsa natura messa a nudo. Eppure l’America e il mondo sembrano parimenti ignari che il vero nodo dell’incubo non è la politica neoconservatrice di Bush, ma l’economia canaglia: povertà, fallimenti e soprattutto disparità dei redditi sono la condanna a morte del ceto medio. Nemmeno due stipendi spesso bastano a mantenere una famiglia. E in queste condizioni si trovano centinaia di milioni di persone intrappolate nella classe media esattamente come i nostri coniugi Jones. Loro sono prigionieri di quella che Elizabeth Warren ha definito «la trappola dei due redditi», che li costringe a dover affrontare costi maggiori per il solo fatto di essere una famiglia e perché i sussidi sono scomparsi. Una percentuale altissima dei redditi familiari finisce nel mutuo per pagare case costose nelle sempre più rare zone che possono contare su servizi di qualità e buone scuole. Un’altra larga fetta è destinata all’assicurazione sanitaria e ai risparmi per l’università, il cui costo è salito del 78 per cento nell’ultimo decennio.27 Le coppie con figli che lavorano hanno inoltre bisogno di assistenza per i bambini, e spesso di una seconda auto. Nel 2006 Kaysa Cobb, dirigente di una ditta di consulenza d’immagine di Miami con due figli piccoli, spende 520 dollari al mese per l’assistenza alla bambina, 340 per l’auto e 400 di assicurazione sanitaria.28 I Cobb sono sempre in arretrato con i pagamenti e arrivano a stento a fine mese. Eppure la signora Cobb nello stesso anno guadagna 39 000 dollari, mentre il marito, assistente bibliotecario, ha una busta paga di 21 000 dollari. Insieme, i loro stipendi superano il reddito medio familiare del 2006, che ammonta a 46 326 dollari. Per arrotondare, il signor Cobb lavora anche come maschera e addetto alla manutenzione in un cinema per 5,45 dollari all’ora (poco più dei 5,15 dollari del minimo salariale) e la moglie pensa di lavorare il fine settimana come commessa in un grande magazzino.29 Dal 2001, negli Stati Uniti il doppio lavoro è sempre più diffuso. Secondo il ministero del Lavoro, nel 2006 tra i sette


Napoleoni_economia

50

14-12-2007

15:18

Pagina 50

Economia canaglia

e gli otto milioni di persone (il cinque per cento circa degli occupati, un americano su 17) hanno più di un impiego.30 La maggioranza è sposata con figli e vive perlopiù nel Midwest, la terra dei coniugi Jones. La scarsa conoscenza del mondo che abitiamo è il risultato della ragnatela di illusioni economiche in cui viviamo, un labirinto di fumo e specchi che altera la realtà e impedisce una chiara lettura degli eventi. Prima che Katrina portasse il dramma di New Orleans nelle case di tutto il mondo, la gente associava la città al Mardi Gras, una sorta di parco giochi per adulti come Venezia o Las Vegas. Gli ambienti immaginari si dilatano nei periodi difficili perché il degrado economico erode la società civile e altera la percezione che la gente ha di quanto la circonda. Dal 1989 in poi l’economia canaglia non fa che confondere i contorni della realtà e dà vita a un ambiente sempre più surreale. Thomas Mann, con sensibilità di letterato, descrive l’effetto dell’erosione economica sulla realtà nel romanzo Disordine e dolore precoce (Sperling & Kupfer, Milano 1945), il racconto di una giornata nella vita del dottor Abel Cornelius, professore di storia durante la Repubblica di Weimar nel periodo dell’iperinflazione. Mann attribuisce la dissoluzione del senso dell’autorità alla follia monetaria che domina la Repubblica di Weimar. «[…] l’inflazione intacca molto più del portafoglio della gente: cambia il modo di vedere il mondo, indebolisce persino il senso di realtà. In breve, Mann indica un legame tra iperinflazione e quella che spesso è definita iperrealtà.»31 Oggi la Repubblica di Weimar è un ricordo sbiadito, ma il Midwest è stretto nella morsa dell’iperdebito, che produce effetti simili a quelli dell’iperinflazione. Il debito erode il reddito nello stesso modo in cui l’inflazione riduce il valore della cartamoneta, costringendo la gente ad abbassare gli standard di vita. Mann racconta come «Cornelius e la famiglia vivono in un tempo in cui non possono neanche più mangiare un dessert, ma un surrogato. Costretti dall’inflazione a fare economia, non possono più permettersi un vero dolce».32 Ma il ceto medio americano deve anche fare i conti con il deprezzamento diffuso del mondo globale. Il signor Jones ha smesso di comprare bistecche ed è passato agli hamburger: poi, quando non potrà più permettersi quelli freschi, comprerà quelli surgelati e così via, scendendo gradino dopo gradino lungo la scala della qualità, alla costante ricerca di un Ersatz, un surrogato, sempre più economico.


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 51

Nessuno controlla l’economia canaglia

51

E l’inflazione, come l’iperdebito, cambia il modo di pensare della gente, perché la costringe a vivere alla giornata. La famiglia americana del ceto medio non può più programmare le ferie, le feste di compleanno e neppure il futuro dei figli, perché non sa se domani avrà ancora una casa. La paura dell’insolvenza e del fallimento diventa un’ossessione e tutte le energie sono risucchiate dallo sforzo per restare a galla. Ogni giorno la signora Cobb si confronta con i problemi economici della sua famiglia rincasando dal lavoro, quando va a prendere marito e figli. Sono lì in macchina, imbottigliati nel traffico e «la conversazione ruota sempre attorno a come fare per migliorare le loro vite: come tagliare i costi? Forse il marito dovrebbe iscriversi a un’università serale? Dove potrebbero permettersi di vivere?».33 Thomas Mann racconta che la casa di Cornelius è disseminata di oggetti rotti: il lavello non viene riparato da due anni. L’iperinflazione rende obsoleti i lavori di manutenzione e le parti di ricambio, perché è impossibile stare al passo con l’aumento dei prezzi. Allo stesso modo l’iperdebito impedisce al ceto medio americano di riparare la casa: il denaro necessario manca sempre. Mentre l’economia canaglia lacera la società, la gente cade in una sorta di trance esistenziale, si sente confusa. «A volte mi chiedo» racconta la signora Cobb al Washington Post, «“la mia vita è normale?”» I mezzi d’informazione contribuiscono allo stordimento generale perché forniscono ai lettori un mondo positivo del tutto illusorio in cui rifugiarsi. Confezionano false speranze parlando vanamente dell’alto tasso di crescita dell’economia. Ma sono solo illusioni. Un lavoro degli economisti Ian Dew-Becker e Robert Gordon dimostra che dal 1997 al 2001 il grosso della crescita arricchisce sostanzialmente gli amministratori delegati delle aziende, tra i quali figurano anche ex membri del consiglio di amministrazione della Enron, superstar del cinema, atleti, magnati dei mass media e altre celebrità. Mann percepisce il legame tra il mondo dell’inflazione e quello dei moderni mezzi d’informazione. Il governo crea un’illusione di ricchezza corrompendo i media più fedeli: così, i mezzi di comunicazione contribuiscono alla creazione di un mondo di fantasia. Negli anni venti, Mann è già consapevole di come la tecnologia e la natura


Napoleoni_economia

52

14-12-2007

15:18

Pagina 52

Economia canaglia

sempre più mediata della vita moderna creino nuove possibilità per l’inganno.34

I mezzi d’informazione aiutano la società a sprofondare in terreni di fantasia, confezionati per far dimenticare un mondo in sfacelo. Così gli americani credono a Bush quando li rassicura sul fatto che tagliare le tasse ai ricchi porterà benefici ai poveri. Le slave si immedesimano nei film hollywoodiani e spesso si prostituiscono nella convinzione che, come la «Pretty Woman» del film, prima o poi finiranno nelle braccia di un principe azzurro. Che non arriva quasi mai. Via via che la realtà perde i contorni, scompaiono anche i vecchi valori. Avere una laurea, un lavoro e creare una famiglia significa replicare il triste destino del ceto medio: e non è più una bella prospettiva. La gente si fa allora ossessionare dalle celebrità. Le vite eccezionali fatte di «spazzatura per la mente» propinata in grandi dosi da giornali e televisione. Alle casse dei supermercati, i consumatori americani vengono ossessionati dalle «celebrities» che ammiccano dalle copertine patinate, quello è il mondo dove sono tutti belli, in forma e sorridenti, e i lettori non possono fare a meno di sognare a occhi aperti di unirsi a loro. Anche in Disordine e dolore precoce un giovane immagina di diventare un attore famoso. Oggi sognerebbe di vincere il Grande Fratello o di competere nell’Isola dei Famosi. I reality show spesso hanno un doppio «vantaggio»: aiutano gli spettatori a distrarsi o a negare la propria realtà, e si possono avvalere di attori non pagati, proprio perché sono loro i primi illusi a caccia di fantasie! L’impatto dell’iperdebito replica dunque quello dell’iperinflazione: altera la percezione del reale, costringendo la gente a stordirsi di illusioni per riuscire ad affrontare il declino socioeconomico. La speranza è che quanto sta succedendo al ceto medio americano non degeneri nella follia totale. Non si può sottovalutare il dato storico. Quando la Repubblica di Weimar crolla, l’iperrealtà è fondamentale per la nascita del Terzo Reich. I pericoli del nazismo vengono gravemente sottovalutati da una popolazione che ha perso la capacità di distinguere tra fantasia e realtà.


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 53

Nessuno controlla l’economia canaglia

53

Il ritorno dell’età dell’oro Per comprendere il declino economico americano bisogna dunque districarsi nella ragnatela di false certezze economiche confezionate per il pubblico da politici e mezzi d’informazione. Le stime dell’economia americana sono incoraggianti da anni. Nel 2006 la crescita del Pil si assesta su un dignitoso 3,1 per cento, la disoccupazione è al 4,5 per cento e l’inflazione è ferma al 2,4 per cento. La disparità dei redditi negli Stati Uniti, però, raggiunge livelli che non si conoscono dagli anni venti, quando il divario tra ricchi e poveri tocca l’apice e il concetto di «mobilità sociale» diventa spesso l’anticamera della povertà. Una incongruenza solo apparente con una ragione semplice: i ricchi e i ricchissimi d’America si stanno divorando la maggior parte della torta economica. Oggi la disparità dei redditi è a livelli da Medioevo, quando le economie sono soffocate dal sistema feudale e «l’arcivescovo di Salisburgo è proprietario di un terzo del Pil della regione dove risiede».35 Per dare un’idea concreta del divario tra classe media e superricchi facciamo ricorso allo strumento creato dall’economista olandese Jan Pen: la «parata dei redditi».36 Immaginiamo una parata nazionale in cui la popolazione marci a diverse altezze a seconda del reddito. Chi ha un reddito medio è alto un metro e settanta, mentre chi ha il reddito più basso rasenta il metro, ovvero la soglia della povertà. Al di sotto ci sono i poverissimi. La parata comincia da loro. Mano a mano che la gente sfila, l’altezza aumenta, ma molto lentamente. Solo alla fine, quando è il turno dell’ultimo un per cento della popolazione, di colpo sfilano dei giganti. Gli allenatori-manager di squadre di calcio come Sir Alex Ferguson (sei milioni di dollari all’anno) sono alti 300 metri, ma sono ancora relativamente bassi rispetto a un David Beckham, che arriva a tre chilometri di altezza. La parata si chiude con un certo numero di colossi alti decine e decine di chilometri. Tra loro si riconosce gente come Stephen Schwarzman – direttore generale e cofondatore del gruppo Blackstone, leader mondiale del private equity – che nel 2006 ha guadagnato 2,5 miliardi di dollari. L’accelerazione della disparità dei redditi è una delle conseguenze dirette dell’economia canaglia: la politica non solo è incapace di impedire il divaricarsi della forbice tra i ricchissimi e il resto della popolazione, ma addirittura lo facilita.


Napoleoni_economia

54

14-12-2007

15:18

Pagina 54

Economia canaglia

Cerchiamo di capire come la politica fiscale, strumento tradizionale usato per ridistribuire ricchezza, privilegi i ricchi invece dei poveri. Così, dal 1980 al 2004, la percentuale di reddito lordo che finisce nelle mani dell’un per cento più ricco della popolazione americana sale dall’otto al 16 per cento. Nello stesso periodo, per il 90-95 per cento dei percettori rimane ancorata al dodici per cento.37 Questo significa una sola cosa. L’imposizione fiscale è diventata regressiva: minore è il reddito, maggiori sono le tasse. Una follia sul piano politico e sociale. Anche in Europa la disparità dei redditi cresce in fretta e il divario più ampio tra i ceti lo si trova nel Regno Unito. Dal 2004 al 2007 in Gran Bretagna il numero dei poveri sale da 12,1 a 12,7 milioni, mentre i profitti delle aziende nel 2006 raggiungono i livelli più alti dal 1965. Il problema è che la distribuzione del reddito è diventata iniqua. Nella prima metà del 2006 lo stipendio dei dirigenti ai vertici delle società sale del 28 per cento, al contrario gli stipendi medi settimanali degli impiegati scendono, con l’inflazione, dello 0,4 per cento. Secondo la Goldman Sachs, i margini di profitto delle imprese aumentano con regolarità dal 1989, e raggiungono l’apice nel 2006 grazie al calo della quota di reddito nazionale destinata ai lavoratori. Il maggiore profitto si fa sulle spalle dei lavoratori anche in conseguenza dell’aumento esponenziale dell’offerta di manodopera a livello mondiale. «Come suggerisce la legge della domanda e dell’offerta, quando il lavoro supera il capitale, il costo del lavoro crolla e gli utili sul lavoro, cioè gli stipendi reali, ristagnano, mentre gli utili sul capitale, cioè i profitti, aumentano» spiega George Magnus. Tutto questo potrebbe essere tenuto sotto controllo da una politica consapevole dei rischi sociali di questo trend. Ma nessuna scelta radicale è ancora stata fatta. Così l’accumulo della ricchezza continua ad andare ai dirigenti, alle banche d’investimento e ai divi del gossip, almeno per i prossimi cinquant’anni, quando i salari dei paesi in via di sviluppo raggiungeranno quelli dell’Occidente. L’aspetto più sconcertante è che a riempire i portafogli degli straricchi della globalizzazione non è l’utile sull’investimento, ma l’aumento degli stipendi. E l’arricchimento non avviene grazie ai balzi dei loro pacchetti azionari, ma perché il loro lavoro è superpagato.


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 55

Nessuno controlla l’economia canaglia

55

La crescita delle multinazionali e dei mercati permette alle «superstar» – nel mondo del business, della finanza, dello sport, del diritto e dell’intrattenimento – di ampliare la base su cui far fruttare il loro talento, accrescendo così i propri introiti.38

Questa pratica funziona per chiunque sia in grado di globalizzare il proprio lavoro. Un caso tipico sono le star dello sport. Alex Rodriguez dei New York Yankees è il giocatore di baseball più pagato della storia. Nel 2006 guadagna 22 milioni di dollari, «il quadruplo di quello che Bobby Bonilla percepì nel 1993 […], 44 volte lo stipendio medio di un giocatore di baseball professionista. Bonilla guadagnava solo 14 volte [più dello stipendio medio dei suoi colleghi]».39 Sebbene alcuni esperti di baseball trovino discutibile il paragone tra Alex Rodriguez e Bobby Bonilla, visto che Rodriguez è una vera superstar mentre Bonilla in fondo non lo è mai stato, rimane il fatto che gli stipendi dei professionisti di molti sport, il baseball come il calcio, sono ormai fuori controllo. La notorietà globale sembra essere la giustificazione dei guadagni folli che vengono assorbiti dalle vendite di biglietti negli stadi e nelle sale cinematografiche. «La globalizzazione espande il mercato in cui un individuo di talento può convogliare le proprie capacità, mentre la tecnologia permette alle imprese di crescere a dismisura.»40 All’estremo opposto dello spettro del reddito troviamo chi lavora all’ombra dell’attività delle superstar, da chi taglia l’erba dei campi di calcio ai bigliettai dei cinema. Dunque il paradosso è che chi contribuisce realmente al meccanismo di produzione dell’enorme massa di denaro da parte delle star, sprofonda nella povertà. I lavoratori, resi deboli dall’aumento della manodopera sul mercato, in termini reali guadagnano meno oggi che alcuni decenni fa. La globalizzazione spezza il legame tra produttività e guadagno reale a livello locale, creando una nuova interdipendenza malata dell’economia canaglia. I nostalgici del sogno americano dovrebbero guardare al Nord Europa, dove il ceto medio esiste ancora e la disparità dei redditi è stata arginata grazie a politiche ad hoc. Solo nei paesi scandinavi è possibile trovare il tipo di mobilità sociale evocato nel motto che ne era alla base: «l’America è la terra delle opportunità». Oggi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è molto probabile che i figli dei ricchi e dei poveri rimangano


Napoleoni_economia

56

14-12-2007

15:18

Pagina 56

Economia canaglia

imprigionati nel loro status sociale d’origine, mentre nei paesi nordici salgono le possibilità di ascesa sociale. Un rapporto pubblicato negli Stati Uniti dal National Bureau of Economic Research (Nber) avverte che la disparità dei redditi in America sta tornando ai livelli di oltre un secolo fa. Il paragone è con l’età dell’oro della fine dell’Ottocento, quando il divario tra ricchi e poveri raggiunge l’apice. Nel 1899 l’economista americano Thorstein Veblen ribattezza i grandi ricchi dell’età dell’oro la «classe del dolce far niente» dedita al «consumismo cospicuo».41 Per Veblen, la società americana uscita dalla fase di industrializzazione è mossa unicamente dalla ricerca del piacere e dal consumismo. La «classe del dolce far niente» è costituita, in quegli anni, da persone che hanno perduto i valori di epoca vittoriana. Alla morale del lavoro duro e nobilitante si sostituisce la tolleranza nei confronti della corruzione. La Prima guerra mondiale è solo una parentesi per la «classe del dolce far niente», che alla fine del conflitto riprende subito le sue abitudini consumistiche. Francis Scott Fitzgerald cattura alla perfezione questo mondo edonista ed eticamente allo sbando nel romanzo Il grande Gatsby. È la storia di un amore avido e sfortunato nell’età del jazz dei ruggenti anni venti. Gatsby e tutti quelli che condividono la sua esistenza sono truffatori, avventurieri di borsa, star del cinema e dello sport e «vivono in una società mobile e fluida». Il consumismo è centrale nelle loro esistenze e ha eroso a tal punto il fondamento degli ideali americani che «la libertà e la ricerca della felicità [dei Padri fondatori] si traduce in una serie di scelte su dove giocare a golf o dove acquistare una camicia». Come rileva Veblen, ciò che conta per la classe agiata non è tanto la proprietà dei mezzi di produzione di marxiana memoria, quanto la proprietà dei mezzi di consumo. E oggi ci risiamo. Una nuova classe di celebrità e miliardari, gente che vive in una dimensione altra rispetto ai comuni mortali, raccoglie a piene mani i frutti dell’economia globale. Lo sviluppo del capitalismo transnazionale spinto dalla finanza e dalla speculazione rampante rafforza la moderna e globalizzata «classe del dolce far niente» saccheggiando la porzione di ricchezza che spetterebbe al ceto medio. La storia avverte che l’estrema disparità dei redditi può essere disastrosa.


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 57

Nessuno controlla l’economia canaglia

57

Il professor Tony Atkinson, eminente economista specializzato nella distribuzione del reddito, dimostra che negli anni ottanta la disparità dei redditi in Gran Bretagna cresce più che in qualsiasi altro paese europeo e provoca la recessione dei primi anni novanta che, non a caso, è il rallentamento della crescita più grave mai vissuto da un paese europeo dal dopoguerra in avanti. Proseguiamo nel paragone illuminante con l’età dell’oro. Quel tipo di società ed economia porta alla Prima guerra mondiale e i ruggenti anni venti si concludono con il crollo del 1929, che innesca la Grande depressione. Quel decennio di disoccupazione selvaggia mette in evidenza il pericolo insito nella concentrazione della ricchezza di intere nazioni nelle mani di pochi. Fortunatamente, l’economista inglese John Maynard Keynes presta soccorso all’agonizzante economia americana e suggerisce, oltre a un massiccio intervento del governo nel mercato del lavoro, l’introduzione di nuove politiche in grado di ridurre notevolmente la disparità dei redditi e incoraggiare la diffusione della proprietà delle azioni tra la popolazione. Ma oggi quelle misure non basterebbero a domare la natura selvaggia dell’economia canaglia.

Il ritorno del grande Gatsby Il declino sociale immobilizza i nostri coniugi Jones in una ragnatela di illusioni. La coppia vive in una prigione dai confini invisibili, ignara delle ragioni per cui il suo livello di vita peggiora di giorno in giorno. C’è solo un modo per sopravvivere all’angoscia di un quotidiano grigio e minaccioso: fantasticare. Un’unica soluzione: la fuga. Almeno mentale. Anche il giovane Gatsby, quasi un secolo fa, si trova in una situazione simile. Circondato da insormontabili barriere socioeconomiche che lo isolano dal mondo dei ricchi, si rifugia in una dimensione immaginaria. I quartieri poveri e ricchi dei ruggenti anni venti, che Fitzgerald racconta con il West Egg e l’East Egg, sono l’immagine stessa della distanza tra l’esistenza misera del giovane Gatsby e la sua brama di ricchezza. Gatsby è totalmente all’oscuro del concetto di distribuzione dei redditi, non sa che la smodata ricchezza dell’East Egg è la vera ragione della povertà del


Napoleoni_economia

58

14-12-2007

15:18

Pagina 58

Economia canaglia

West Egg. Allo stesso modo, lui è altrettanto indifferente alla riforma sociale che all’epoca è considerata un’utopia. Nel romanzo, ricchi e poveri sono separati da una distanza incolmabile rappresentata dall’acqua. Solo un miracolo, un colpo di fortuna o, come nel caso di Gatsby, una tenace volontà che non si arresta davanti a niente, crimine compreso, possono avvicinarli. E i nostri coniugi Jones sono mossi da sentimenti simili davanti alle celebrità che scorrono sullo schermo della grande tv acquistata a rate nella loro modesta casetta nel Midwest. I due metri che li separano fisicamente dall’apparecchio diventano allegoria della distanza planetaria che esiste tra il loro salotto e l’universo lucente dei super ricchi. Ma loro, come Gatsby, non vogliono cambiare il mondo. Desiderano solo fuggire e trovarsi miracolosamente dall’altra parte dello schermo. I coniugi Jones vogliono diventare élite. Questo è il loro sogno sconfitto. Marx direbbe che né Gatsby né i coniugi Jones sono consapevoli della propria situazione; Thomas Mann ci racconterebbe la loro confusione sull’esistenza. Entrambi, però, riconoscerebbero che il vero nemico da combattere, quello che tiene in scacco Gatsby e i signori Jones, è l’ignoranza. Solo l’ignoranza impedisce a Gatsby di distinguere tra ricchezza e felicità, al punto che la sua caccia al denaro giustifica tutto, compresa la violazione della legge. Il ceto medio americano di oggi e quello del mondo industrializzato sono vittime dello stesso malessere. «I soldi sono il cuore della cultura italiana contemporanea e la gente lo trova normale»42 dice Francesca Comencini, regista del film A casa nostra, in cui descrive la trasformazione dell’Italia in un luogo in cui venalità e immoralità regnano sovrane. La caccia al denaro infrange le barriere morali ed etiche e facilita la diffusione dell’economia canaglia. Eppure nessuno sembra esserne consapevole. Gli italiani paiono non rendersi conto di aver perso il proprio spirito etico, spiega la Comencini. A casa nostra ripropone l’analisi che Veblen fa dell’imbarbarimento del quotidiano causato dall’avvento della «classe del dolce far niente». E nella pellicola si intuisce la paura, il pericolo che i valori, una volta persi, possano non essere mai completamente recuperati. A casa nostra è un intreccio caleidoscopico di vicende incentrate sul


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 59

Nessuno controlla l’economia canaglia

59

tentativo dell’alta finanza italiana di assumere il controllo di una banca. Il film è ambientato a Milano, capitale finanziaria dell’Italia, ma potrebbe benissimo essere stato girato a Londra, il cuore della finanza globale. È a Londra, infatti, che oggi sarebbe rivolto lo sguardo famelico del giovane Gatsby: oltre l’oceano fisico e ideale che lo separa dal mondo degli straricchi. Chelsea, Hampstead, Belgravia, i quartieri londinesi a più alta concentrazione di miliardari al mondo, sono i moderni East Egg. I «nuovi ricchi» sono la linfa vitale della capitale edonistica del New Labour di Tony Blair, forti del denaro accumulato principalmente attraverso i meccanismi dell’economia canaglia. L’atmosfera europea di Londra regala ai suoi quartieri ricchi la stessa patina di eleganza e di classe che dipingeva i «vecchi ricchi» dell’East Egg. Il moderno Gatsby si troverebbe benissimo a Chelsea, un ghetto per nouveaux riches dove nel 2006 il prezzo delle abitazioni sale di 1893 sterline al giorno.43 Gatsby si sentirebbe a proprio agio in questa «Città-Monopoli» a grandezza naturale, perché per strada c’è gente come lui. I suoi replicanti del 2000 sono oligarchi russi, calciatori europei, magnati cinesi e indiani, attori, star della tv e cantanti, finanzieri che negli ultimi 15 anni sono riusciti a intascare una fetta spropositata della nuova ricchezza. Loro sono i veri vincitori. Gli arricchiti dell’era globale. Dopo il 1989, la moderna «classe del dolce far niente» si trasferisce a Londra per approfittare di una vecchia legge fiscale vittoriana. Grant Woods, ex direttore della banca privata Coutts, di cui sono clienti la regina e l’aristocrazia britannica, spiega: La legge fu pensata per proteggere i profitti dei proprietari delle piantagioni dell’Impero, dai Caraibi all’Africa e all’India. Potevano conservare la residenza in Gran Bretagna e spostare il domicilio fiscale all’estero, dove avevano le proprie attività. Perciò veniva tassato solo il reddito che portavano in Inghilterra, mentre il resto era esentasse.

Questa legge viene oggi applicata ai nuovi miliardari che risiedono a Londra. La natura canaglia del sistema fiscale britannico permette a chi intasca una grossa fetta della nuova ricchezza di non pagare le tasse in patria. Solo gli americani non possono trarre benefici da questa legge, perché gli Stati Uniti tassano i loro cittadini sui redditi globali.


Napoleoni_economia

60

14-12-2007

15:18

Pagina 60

Economia canaglia

Quando lavoravo alla Coutts, riorganizzai il portafoglio di svariati oligarchi russi che approfittarono di questa norma. Ottenere la residenza in Gran Bretagna è molto facile. Basta versare una grossa somma di denaro in una banca del paese e lasciarcela.

Il denaro non è più un ostacolo per i nouveaux riches della globalizzazione visto che, trasferendosi nel Regno Unito, evitano la tassazione su miliardi di dollari nel proprio paese. Ironia vuole che sia proprio l’11 settembre a incoraggiare i miliardari di tutto il mondo a trasferirsi a Londra. Aggiunge Woods: La severa legge finanziaria introdotta negli Stati Uniti dopo l’attentato ha finito con il penalizzare le strutture offshore dei Caraibi. A ciò si aggiunga il monitoraggio globale delle transazioni in dollari da parte delle autorità monetarie americane. La sterlina e l’euro sono improvvisamente diventate valute d’investimento molto allettanti. Così si spiega perché sono anche divenute le valute preferite per i fondi di investimento e per gli hedge funds.

Oggi il grande Gatsby di Fitzgerald avrebbe fatto fortuna con la gestione illegale di hedge funds o di private equity come il protagonista di A casa nostra. Come i contrabbandieri del proibizionismo, i manager spregiudicati degli hedge funds sono tra i più potenti gangster della globalizzazione, banditi della finanza che usano il potere per schiacciare le industrie e aggirare la legge. Nel film della Comencini, sono i finanzieri corrotti a controllare la Milano «da bere» dell’alta finanza. Scoprire la corruzione nel sistema degli hedge funds è difficile perché non sono regolamentati. Questi fondi sono invenzioni sensazionali dell’era globale perché, gestendo enormi sacche di denaro, riescono a eludere i controlli nazionali monetari e finanziari.44 Il loro potere si autoalimenta. E questo permette agli hedge funds di rimodellare il mercato finanziario globale a proprio vantaggio. La stessa cosa è accaduta per gli strumenti derivati, detti anche futures, il cui obiettivo iniziale45 era quello di proteggere i commercianti dalle fluttuazioni dei tassi di cambio. Vediamo in che modo i futures nascano come una sorta di assicurazione contro il rischio, fluttuazioni di tassi di cambio e tassi di interesse,


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 61

Nessuno controlla l’economia canaglia

61

ma finiscano per assumere vita propria fino a diventare meri espedienti finanziari e contabili per evitare le tasse, occultare la cattiva gestione, aggirare la legge, alterare gli stati patrimoniali e speculare. Basta vedere il caso Parmalat, dove i buchi nel bilancio sono stati nascosti grazie ai derivati. L’ingresso degli hedge funds nel mercato dei derivati è intimamente legato alla globalizzazione dell’economia mondiale. Nel 2005 e nel 2006, per esempio, l’ascesa della Cina crea un boom del consumo di materie prime senza precedenti. La Cina, considerata per lungo tempo dagli Stati Uniti una docile colonia manifatturiera, oggi è il maggior consumatore al mondo di acciaio, rame e stagno e il secondo importatore di petrolio, e infatti è in parte responsabile del rincaro record del greggio. Negli ultimi anni gli hedge funds hanno pesantemente speculato sui mercati delle materie prime, facendo salire i prezzi in modo esponenziale. Solo più di recente, gli hedge funds hanno preso di mira il mercato azionario, nel quale hanno introdotto l’inedita pratica del private equity.46 Questo strumento consiste in sostanza nell’acquisto di aziende pubbliche con capitale a prestito. Una volta acquisite, le aziende vengono passate in mani private e tolte dalle quotazioni di borsa, riducendo così il grado di controllo pubblico sulle loro attività.47 Spesso le imprese vengono acquistate solo per essere smembrate e poi rivendute per segmenti al maggior offerente. Una delle prime conseguenze è il licenziamento dei dipendenti e lo scorporo dei beni. Non a caso il Fondo monetario internazionale e molti economisti di rilievo sono preoccupati dagli enormi rischi di crolli incontrollabili in un sistema sempre più opaco. I gestori di hedge funds e private equity sono l’ultima frontiera del capitalismo globale. Analizziamo allora le loro mosse. Si servono di denaro per produrre altro denaro attraverso un moltiplicatore fittizio di contanti che non produce nuova ricchezza. Anche la ricchezza di Gatsby è stata accumulata grazie a un modello simile applicato all’epoca proibizionista americana. Il meccanismo segue la regola del «2 e 20». Per ogni mille dollari da cui un investitore si separa, l’amministratore del fondo storna il 2 per cento e, se il fondo è redditizio, storna un altro 20 per cento sui profitti annuali. Il resto del denaro fi-


Napoleoni_economia

62

14-12-2007

15:18

Pagina 62

Economia canaglia

nisce nel conto a margine della stanza di compensazione48 oppure nell’agenzia d’intermediazione dove accumula interessi, pronto per essere trasferito nella successiva avventura speculativa. Non avviene alcun miglioramento dei rendimenti industriali e nessuna vera crescita economica, poiché il denaro non è usato per investimenti reali.49 Per i gestori di hedge funds il denaro produce denaro. E all’epoca del proibizionismo i clienti arricchiscono Gatsby scolandosi una bottiglia via l’altra. Ma poi ci sono altre valutazioni. Se l’attività di Gatsby è illegale, il comportamento degli hedge funds è quanto meno amorale. Certamente dannoso per la società. E torna d’attualità l’analisi di Thorstein Veblen, che descrive gli uomini d’affari dell’età dell’oro come la manifestazione della «classe del dolce far niente». Sono affaristi che non producono beni o servizi, ma si limitano a spostarli e ad ammassare profitti. Hedge funds e private equity funzionano, un secolo dopo, allo stesso modo: distolgono ingenti somme di denaro dagli investimenti reali e prolungano lo squilibrio tra offerta globale di lavoro e capitale. Il risultato è il drastico impoverimento della classe media. Veblen paragona gli affaristi ai barbari: entrambi usano l’astuzia e la forza per arricchirsi a spese altrui. I nuovi barbari non vivono del loro lavoro ma dei frutti dei saccheggi e delle loro attività predatorie. A spese della società. La classe agiata del ventunesimo secolo, schiava del consumismo sfrenato, sta trasformando le capitali occidentali in giganteschi ed esclusivi centri commerciali. E mentre la ricchezza prodotta nei paesi industrializzati viene progressivamente consumata e mai investita, l’India, la Cina e tutti i mercati emergenti non fanno altro che investire capitale e manodopera per migliorare il proprio livello di industrializzazione, nel forsennato tentativo di raggiungere e superare l’Occidente. E ce la faranno presto. Così saranno loro a produrre la maggior parte dei beni venduti nei nuovi centri commerciali urbani della «classe del dolce far niente», almeno fino a quando i loro stessi mercati saranno in grado di assorbire la quasi totalità della loro produzione. A quel punto, il consumo occidentale perderà il suo vantaggio comparato e il commercio subirà una paralisi.


Napoleoni_economia

14-12-2007

15:18

Pagina 63

Nessuno controlla l’economia canaglia

63

Il risultato sarà devastante. La manodopera occidentale diventerà il vero proletariato del pianeta e le economie dell’Ovest dovranno fare i conti con il proprio declino. Finirà l’età delle illusioni di massa. Il ceto medio occidentale oggi è impoverito, ma non vede questo scenario grazie all’effetto ottico provocato dalla ragnatela di illusioni economiche, la «matrix del mercato». Contemporaneamente la «classe del dolce far niente» è accecata da un’ossessiva caccia all’edonismo, è annebbiata dalla bulimia di consumo. La natura canaglia della nostra economia sfugge paradossalmente a tutti, poveri e ricchi. Per ragioni opposte. L’età del jazz di Gatsby è il parco dei divertimenti di straricchi e grandi truffatori, i gangster dell’epoca dell’oro. Il proibizionismo fa il gioco della criminalità organizzata che, grazie agli sconcertanti profitti del rum, riesce a comprarsi una rilevanza politica. La disparità dei redditi galoppa e la povertà cresce. Il dato su cui riflettere è che in quel momento la classe dominante non è in grado di prevedere la fine dell’età dell’oro, convinta com’è di controllare l’economia. L’illusione viene spazzata via dal 1929. È forse un po’ forzato paragonare criminali come Al Capone agli spietati affaristi che controllano l’alta finanza o equiparare le opportunità create dal proibizionismo all’outsourcing e all’offshoring, ma non è del tutto illegittimo vederne le contiguità di metodo e atteggiamento con i «protettori» della globalizzazione e gli oligarchi che mettono in gioco i loro profitti illeciti nell’alta finanza. Si tratta per lo più di personaggi che si reputano al di sopra dello stato e soprattutto padroni dell’economia globale. La storia dimostrerà che si sbagliano. A partire dalla caduta del muro di Berlino, il capitalismo ha subìto mutazioni che sembrano tutte confermare una cosa sola: nessuno, né l’alta finanza né la criminalità organizzata, è ormai in grado di controllare l’economia canaglia. Sarà lei a vincere la partita.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.