03 14 feb 2015 copia € 1,00 • abb. € 18,00
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on è mai troppo tardi per esprimere gli auguri a qualcuno, tantomeno al Presidente della Repubblica, che a quindici giorni dalla nomina è già un personaggio familiare. Sarà per la sua bianca chioma, per la pacatezza del suo volto, per la profondità dello sguardo, per il suo vissuto di sofferenza, per la sua alta professionalità, per il rigore del suo impegno politico e comunque per tutti questi motivi messi insieme che il Presidente Sergio Mattarella ispira fiducia e speranza agli italiani. Auguri, Presidente! anche se gli auguri più forti li facciamo a noi italiani perché si instauri finalmente una stagione di serenità, si smettano i litigi e la politica riacquisti credibilità. Questo però non dipende solo dal Presidente che sarà “arbitro imparziale”, a patto che i giocatori siano leali e collaborino a creare un clima di distensione e di impegno per il bene comune. Non capisco però come tutti i partiti vogliono il bene del Paese e non siano poi d’accordo a sceglierlo e a realizzarlo; non so come si faccia a litigare continuamente se si vuole tutti la stessa cosa. Se deve es-
sere considerato “comune” solo ciò che fa comodo a una parte allora bisogna rivedere il concetto di “comune”. Ho l’impressione, però, che non sia in crisi solo il concetto di “comune” quanto la percezione di ciò che è “bene” e lo è veramente. Non può essere considerato “bene comune” l’affermazione a tutti i costi dei diritti dei singoli cittadini a discapito del fondamento della convivenza civile che è la famiglia fondata sul matrimonio, secondo il dettato della Costituzione (Art. 29 La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio). Non può essere proposto come bene comune ciò che viene imposto da lobbies che intendono minare alla base la realtà stessa dell’uomo e della sua dignità di persona dal concepimento alla morte naturale. Allora al Presidente Mattarella chiediamo che sia arbitro non tra le beghe dei partiti ma che entri in merito al contenuto delle leggi perché non disgreghino il tessuto identitario della persona e della sua dignità, che sono garanzia della dignità della stessa comunità. Filippo Lombardi