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Capitolo Primo
DALLA CRITICA DELLA PROPRIETÀ PRIVATA ALLA CRITICA DEL CAPITALISMO
Marx ed Engels non hanno seguito la stessa strada per giungere alla loro comune concezione.,« Avevano in comune il punto di partenza filosofico: la dialettica di Hegel, la coscienza di sé di (Bruno) Bauer, l'umanesimo di Feuerbach; avevano poi imparato a conoscere il socialismo inglese e francese, ma mentre per Matx il mezzo per trovare un accordo con se stesso riguardo alle lotte e alle aspirazioni dell'epoca fu la Rivoluzione francese, per
Engels fu !'industria inglese che svolse questo ruolo.»
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La differenza dipende senza dubbio dalle differenze di carattere e di temperamento, la natura più speculativa del genio di Marx, quella più impetuosa del genio di Engels. Ma anche il caso e le circostanze materiali della vita vi hanno avuto parte. Mentre Marx emigra dalla Germania in Francia, Engels è mandato a fare il tirocinio degli affari in Inghilterra. Qui entra in contatto con la realtà della grande industria capitalistica. Il trauma provocato da questo incomro con le contraddizioni della società borghese determinerà il corso dei suoi pensieri per il resto dei suoi giorni 2.
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l F. MEHRING,Aus dem literarischen Nachlass von Karl Marx tlnd Friedrich Engels 1841 bis 1850, voI. I, 3& ed., Stuttgart, Dietz, 1920, p. 359. ' 2 «A Manchester avevo toccato con mano che i fatti economici i quali nella storiografia sinora non hanno alcuna parte oppure solo una parte disprezzata, sono, per lo meno nel mondo moderno, una potenza storica decisiva; che essi costituiscono la base per l'origine degli odierni contrasti di classe; che questi contrasti di classe a loro volta, là dove, grazie alla grande industria, si sono pienamente sviluppati, specialmente in Inghilterra dunque, costi7
Se Marx ha sviluppato quasi da solo la parte economica della teoria marxista, è ad Engels che tocca l'onore d'avere per primo spinto Marx allo studio dell'economia politica e d'aver compreso, in un « geniale schizzo », la fondamen-
lisi degli effetti inumani della proprietà privata e della concorrenza. In entrambi i casi è possibile seguire passo passo l'evQ~ luzione del pensiero: dalla critica della religione alla critica della filosofia; dalla critica della filosofia alla critica dello stato; dalla critica dello stato alla critica della società, vale a dire dalla critica della politica a quella dell'economia politica, che mette capo alla critica della proprietà privata. Ma in Marx l'aspetto puramente teorico resterà dominante nel corso di questo periodo, e l'evoluzione sbocca nella Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione (fine 1843 - inizio 1844), In Engels è invece l'aspetto pratico, la critica della società borghese inglese, che predomina,' tanto negli Umrisse zu einer Kritik der Nationalokonomie quanto nel Die Lage Englands, pubblicati entrambi nei'« Deutsch-Franzosische Jahrbiicher» insieme al celebre articolo di Marx, Si ammette in genere che al tempo dei suoi studi universitari Marx non si sia molto interessato all'economia politica, La lista che ci è pervenuta dei libri da lui studiati a Berlino, non ne contiene alcuno consacrato a questa
tale importanzadi questa scienzaper il comunismoa, Tale « schizzo », redatto alla fine del 1843, costituisce la prima opera economica -dei due amici: Rjazanov le attribuisce a giusto titolo una «.estrema importanza nella storia dello sviluppo (della genesi) del marxismo »', Va inoltre sottolineato che fu sempre Engels, peraltro di due anni più giovane di Marx, a proclamarsi per primo apertamente comunista e a considerare come necessaria ed inevitabile una radicale rivoluzione che eliminasse la proprietà privata. Già alla fine del 1842 (aveva allora solo 22 anni) Engels conclude un articolo sulla monarchia prussi"anacon la predizione d'una..rivoluzione borghese e poco dopo ne inizia un altro sull'Inghilterra con l'annunzio d'una rivoluzione sociale 5, Nello stesso momento, in un articolo pubblicato nella «Rheinische Zeitung» (Der Kommunismus und die « Augsburger Allgemeine Zeitung ») Marx respinge ancora il comunismo, pur affermando la necessità di studiarlo in maniera approfondita al fine di poterlo adeguatamente criticare., Ma i due fondatori del socialismo scientifico affrontano già il problema allo stesso modo: att~averso la critica della concezione neo-hegeliana dello stato, la scoperta dell'esistenza delle classi sociali e l'ana-
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tuiscono la base della formazione dei partiti politici, delle lotte fra i partiti e quindi di tutta la storia politica» (F. ENGELS,Per la storia della Lega dei' comunisti, in appendice a K. MARX-F. ENGELS, Manifesto del partito comunista... a cura di Emma Cantimori Mezzomonti, Torino, Einaudi, 1962, pp. 256-57). 3 Marx esprime questo giudizio sull'Abbozzo d'una critica dell'economia politica nella sua Prefazione a Per la critica dell'economia politica, Roma, Editori Riuniti, 1957, p. 12. In K. MARX-F. ENGELS, Historisch-kritische Gesamtausgabe (d'ora in poi citata MEGA),I, 2, pp. LXXII-LXXIII. 5 MEGA,I, 2, pp. 346, 351. · K. I\1ARX,Il comunismo e la « Gazzetta generale di Augusta », pubbl. nella « Gazzetta renana », 16 ottobre 1842, n. 289, in Scritti politici ,giovanifi, Torino, Einaudi, 1950, pp. 173-74. "
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disciplina7, In una lettera a Franz Mehring del 28 settem-
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bre 1892, Engels, parlando degli anni di studio universi:tario di Marx a Bonn e a Berlino, scrive: «...non sapeva assolutamente niente dell'economia.., » .. Tuttavia Pierre Naville ha ragione quando cerca di attenuare il carattere troppo assoluto di questi giudizi. In effetti, lo stesso Hegel era stato profondamente influenzato in gioventù da studi economici, e in particolare da quelli di Adam Smith 9; Marx ha visto il sistema hegeliano come una vera e propria filosofia del lavoro, 7
D. 1. ROSENBERG, Die Entwicklung
K. 541. MARX-F.ENGELS,Ausgewiihlte 1955,8 p.
Lehre
Briefe, Berlin, Dietz Verlag,
~ Spetta a Plechanov il merito d'aver per primo sottolineato !'importanza di Hegel in quanto precursore del materialismo storico, avendo egli accordato allo sviluppo economico un posto ce:ltraI e nella spiegazione di quel che c'è di specifico in ogni nazione e
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der okonomischen
von Marx und Engels in den vierzigen Jahren des 19. Jahrhunderts, Berlin, Dietz Verlag, 1958, p. 35.
Affrontando la Fenomenologia dello spirito, la Filosofia del diritto ed anche la Scienza della logica, Mar,x non scopriva dunque soltanto Hegel, ma. già, attraverso di lui, una parte dell'economia classica colà assimilata e tradotta in termini filosofici, di modo che Marx non avrebbe proceduto cosi bene alla sua critica sistematica della concezione hegeliana della società civile e dello stato se non avesse già trovato in lui certi elementi che restavano vitali, come la teoria dei bisogni, quella dell'appropriazione o l'analisi della divisione del lavoro lO.
Dalla filosofia alla politica: Karl Marx era già passato attraverso questa prima tappa della sua storia intellettuale quando nel 1842 divenne redattore della « Rheinische Zeitilng ». La sua posizione fondamentale resta quella della lotta per uno stato « umano »; si pone ancora sul piano dei « diritti umani» in generale, della lotta contro i residui feudali. Come Hegel, ritiene che lo stato dovrebbe essere la «realizzazione della libertà» Il. Ma scopre già una contraddizione tra questa concezione ideale dello stato e il fatto che gli Stande rappresentati alla Dieta provin-
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civiltà. Gli articoli in questione di Plechanov furono pubblicati nel 1891 in «Die neue Zeit» e ristampati nel n. 22 (aprilegiugno 1950) de «La Revue internationale ». Nella sua opera magistraleDer ;unge Hegel, G. Lukacs ha potuto studiare in dettaglio le concezioni economiche del giovane Hegel. In particolare ha dimostrato il posto centrale che occupa il lavoro nell'antropologia hegeliana. Scrive Hegel nel 1803-4: «Quanto più meccanico diventa il lavoro, tanto minor valore esso ha, e tanto più egli deve lavorare in questo modo ». Questa frase costituisce una geniale anticipazione di quel che Marx ed Engels scriveranno quarant'anni dopo (cfr. G. LUKACS, op. cit., Ziirich-Wien, Europa Verlag, 1948; il testo di Hegel cito è ripreso dalla trad. it. dell'opera di Lukacs: Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, Torino, Einaudi, 1960, p. 462). Non bisogna neanche dimenticare che nella Logica di Hegel il lavoro rappresenta la forma originaria della prassi. Torneremo sul problema delle concezioni economiche di Hegel nel penultimo capitolo del presente
studio.
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lO P. NAVILLE,De l'aliénation à la ;ouissance, Paris, Rivière, 1957, p. 11, riedito nel 1967 dalle Edizioni Anthropos. IIp. KAEGI,Biografia intellettuale di Morx, Firenze, Vallecchi, 1968, p. 88.
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ciale della Renania si sforzano di «degradare lo stato ai fini dell'interesse privato ». Vale a dire che non appena affronta un problema politico d'attualità, la nuova legislazione sul furto di legna, si scontra col problema delle classi sociali: lo stato, che dovrebbe essere l'incarnazione del1'« interesse generale », sembra agire nell'esclusivo interesse della proprietà privata, e a tal fine viola non solo la logica ma anche degli evidenti princìpi d'umanità 12. del diritto, . Marx cogHegià il fatto che la proprietà privata, alla cui difesa sembra che lo stato voglia esclusivamente votarsi, è il risultato d'una appropriazione privata, monopolizzatrice, d'un bene comune 13. E a proposito d'una disposizione penale' che attribuisce al proprietario il lavoro del ladro per compensarne le perdite, ha già il presentimento di quella che sarà la chiave di volta della sua futura teoria del plusvalore: è il lavoro forzato non retribuito che è la fonte delle «percentuali », vale a dire dell'interesse, vale a dire del profitto
".
Sin da questo primo approccio, dunque, la critica politica ha portato i!. giovane Marx sulle soglie d'una critica della «società civile », della critica dell'economia politi. ca 13.Ma prima di oltrepassare questa soglia e d'immergersi nel soggetto che costituirà la principale preoccupazione 12
K. MARX,Discussioni alla Sesta Dieta Renana, secondo un
Renano. Terzo articolo. Dibattiti sulla legge contro i furti di legna, pubbl. nella «Gazzetta renana », 25, 27, 30 ottobre, l° e 3 novembre 1842, nn. 298, 300, 303, 305, 307, supplementi, in Scritti politici giovanili cit., pp. 177-225.Le citazioni sono da p. 199. 13 Ibid., pp. 189-91. " Ibid., pp. 204, 220. 15 10 stesso Marx scrive in proposito: «Nel 1842-43, come redattore della" Rheinische Zeitung ", fui posto per la prima volta davanti all'obbligo, per me imbarazzante, di esprimere la mia opinione a proposito di cosiddetti interessi materiali. I dibattiti alla Dieta renana sui furti forestali e sullo spezzettamento della proprietà fondiaria, la polemica ufficiale che il signor von Schaper, allora primo presidente della provincia renana, iniziò con la "Rheinische Zeitung" circa la situazione dei contadini della Mosella, infine i dibattiti sul libero scambio e sulla protezione doganale, II:1i fornirono le prime occasioni di occuparmi di problemi economici» (nella Prefazione a Per la critica cit., pp. 9-10). 11
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della sua vita di scienziato, è come se sentisse continuamente il bisogno di guardare indietro, di tornare sui suoi passi, d'assicurarsi di non aver trascurato alcuna soluzione di ricambio, di formulare un giudizio definitivo su tutte le ideologie che aveva appena superato. Tra l'ottobre 1842 - i primi articoli relativi ai Debatten uber das Holzdiebstahlgesetz e l'inizio degli studi d'economia politica. a Parigi, s'interpongono due anni, nel corso dei quali il giovane Marx traccerà il bilancio dei due movimenti - la filosofia hegeliana e il socialismo utopico - che doveva superare per formulare la sua dottrina in forma definitiva. Il termine « superare» dev'esser preso qui nel senso hegeliano, dialettico, che implica che tutto quel che c'è di valido nelle posizioni superate resta conservato in quelle nuove. Per comprendere l'evoluzione delle idee economiche del giovane Marx, è interessante seguire la genesi dell'interesse di Marx per la questione sociale. Dopo averla scoperta attraverso la miseria dei vignaioli della Mosella e i dibattiti concernenti i ladri di legna, si trova a doverla continuamente affrontare quando intraprende una critica dettagliata della filosofia. di Hegel. Scopre che «la condizione del lavoro diretto (Der Stand der ummittelbaren Arbeit) », vale a dire la massa di coloro che non possiedono nulla, costituisce in realtà la condizione preliminare per l'esistenza della società borghese 16. E contrappone a questa « miseria artificialmente provocata» il godimento in quanto autentico fine dell'umanità. Scrivendo all'editore dei « DeutschFranzosische Jahrbiicher », Ruge, afferma che « da questo conflitto dello stato politico con se stesso si può... svilup-
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16 K. MARX, Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, in Opere filosofiche giovanili, Traduzione e note di Galvano della Volpe, Roma, Editori Riuniti, 1963, p. 94. G. HILLMANNafferma che questo primo incontro di Marx col problema della proprietà privata è- stato al tempo stesso un incontro personale. In quanto redattore della « Rheinische Zeitung », sarebbe entrato in conflitto con un gruppo di azionisti che tentava di salvare il. giornale da un'interdizione da parte della censura mediante concessioni politiche (cfr. Zum Verstandnis der Texte, in K. MARX,Texle ZII Metbode imd Praxis, Rowohlt Verlag. II, p. 205).
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pare sempre la verità sociale» Ma pur proclamandosi già avversario della proprietà privata che ha qualificato, 17.
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nella critica della teoria e della pratica del diritto, fonte di
ogni ingiustizia - rifiuta ancora di dirsi comunista. Lo studio dei problemi della filosofia dello stato sbocca nello studio di Rousseau, Montesquieu, Machiavelli, e soprattutto di vari storici della Rivoluzione francese, che l'influenzano profondamente e lo portano allo studio del socialismo francese, nato dalle correnti che quella rivoluzione aveva liberato. Il suo ultimo rifiuto del comunismo data dalla lettera a Ruge già citata, vale a dire dal settembre 1843; la sua prima professione di fede comunista data dal marzo 1844. E tra queste due date che si è conclusa una evoluzione politica che sarà determinante per il resto della sua vita 18. Qual è stato il fattore decisivo che ha fatto precipitare questa evoluzione? È difficile isolare un solo elemento in. un complesso d'influenze. Ma per quanto importante sia la cui influenstata la lettura di autori come Moses Hess za è incontestabile -'- o lo studio della Rivoluzione francese, è il clima generale della società francese sotto Luigi Filippo, il fervore d'idee progressiste, l'attività delle varie sette socialiste, il primo contatto vissuto con la classe operaia e la condizione proletaria che hanno reso possibile il cristal-
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lizzarsidi questi influssiletterari 19. 17
Marxa Ruge(Kreuznach,settembre1843),in « Annalifran-
co-tedeschi», a cura di Gian Mario Bravo, Milano, Edizioni del Gallo, 1965, p. 82. La lettera, che fa parte di Un carteggio del 1843 tra Marx, Ruge, Bakunin e Feuerbach, è pubbl. anche in Scritti politici giovanili citoe in Un carteggiodel 1843 e altri scritti giovanili, Roma, Edizioni Rinascita, 1954. 18 P. KAEGI,op. cit., pp. 106-11. Nella sua ingegnosa ricerca del momento preciso in cui Marx passa al socialismo, Kaegi ha tuttavia dimenticato di attingere ad una fonte capitale: la notizia biografica Karl Marx che ~o stesso Engels redasse per lo HandUJorterbuch der Staatswissenschaften (t. VI). Egli precisa qui che fu dopo il suo arrivo a Parigi che Marx divenne socialista. grazie allo studio dell'economia politica, dei socialisti francesi e della storia di Francia (p. 497 della IV edizione).
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A. CORNU(Karl Marx und Friedrich Engels, t. II, passim)
mette giustamente l'accento sull'ambiente 13
socio-storico come fattore
-privata, esso non fa che elevare a principio della società ciò che la società ha elevato a principio del proletariato, ciò che in esso è già personificato senza suo apporto, come
Nel suo primo articolo sulla questione ebraica, Marx s~ pone già come scopo l'esame dei rapporti tra l'emancipazione 'politica e l'emancipazione umana in genere, logica conclusione della sua critic::l:delle teorie politiche costituzionali. Di passata, pone il; denaro accanto alla proprietà
risultato negativo della società» 23.
privata in quanto fonte dell'alienazioneumana 20. Ma nello
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stesso tempo scopre il lavoro,lJ1avoratore, il proletario, in quanto incarnazione di questa umanità alienata che si tratta di emancipare. E nella Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, farà di questo proletariato l'autore della sua autoemancipazione, che diventa contemporaneamente l'emancipazion~ dell'umanità tutta intera. Il fatto è che Marx è diventato consapevole che «il rapporto dell'industria, del mondo della ricchezza in genere, con il mondo politico, è il problema capitale dei tempi moderni ». Ma questo rapporto, colto e criticato dal pensiero teorico, non può essere modificato che dalla pratica 2'. Ora, se « l'arma della critica non può sostituire la critica delle armi », « la teoria si trasforma in forza materiale non appena penetra fra le masse» 22. E queste masse, sono le masse proletarie, la cui apparizione crea la possibilità di una rivoluzione tedesca. Tale rivoluzione non può essere che radicale; non può limitarsi alla sfera politica (borghese). «La possibilità positiva dell'emancipazione tedesca» dipende precisamente dalla formazion~ d'una classe «con catene radicali» che, volendo spezzare queste catene, spezzerà tutte le càtene sociali sopprimendo la proprietà privata: « Quando il proletariato chiede l'abolizione della proprietà determinante dell'evoluzione di Marx, mentre il THIER (Das Menschenbild des jungen Marx) esagera manifestamente l'influenza di
MosesHess.
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20 K. MARX,La questione ebraica, in « Annali franco-tedeschi)) cit., pp. 262-92. 2' K. MARX,Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, in « Annali franco-tedeschi» cit" pp. 130-31. Questa idea proviene inconrestabilmente da Hess, la cui Philosophie der T at (Filosofia dell'azione) era apparsa nell'ottobre del 1843 nel periodico di G. Herwegh, "Einundzwanzig Bogen aus del' Schweiz ,> (cfr. P. KAEGI,op. cit., pp. 161-62). 22 K. MARX,Critica della filosofia del diritto di Hegel. I ntrodu::ione cit., p. 134.
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Certo, questa scoperta del ruolo rivoluzionario del proh tariato in quanto negatore della proprietà privata si colloca ancora entro limiti filosofici non esenti da un certo umanesimo sentimentale: il principio antropologico di Feuerbach. Engels dirà più tardi che l'umanesimo di Feuerbach parte da un uomo astratto, a-storico, poiChé in lui non è mai questione del mondo (deUe concrete condizioni sociali) in
cui vive quest'uomo 24. La condizioneproletaria è condannata come «ingiusta », come fondata sulla ingiustizia, come immorale. Al seguito di Feuerbach, Marx proclama ancora che se il proletariato è il cuore dell'emancipazione, la filosofia ne è la testa. Non coglie ancora la posizione del proletariato nel processo di produzione come fondamento della sua capacità emancipatrice. Non riConosce ancora che un certo grado di sviluppo delle forze produttive, la realizzazione di certe condizioni materiali, sono indispensabili per la realizzazione del comunismo. Il suo comunismo è ancora un comunismo essenzialmente filosofico. Nondimeno, il legame tra questo comunismo filosofico e il proletariato è sin d'ora saldamente stabilito. Di qui a studiare il « movimento d'emancipazione reale» di questo proletariato il socialismo e il comunismo francese, inglese e tedesco non c'è che un passo, che Marx farà sin dall'inizio del suo esilio parigino. La transizione dal comunismo filosofico al comunismo proletario s'effettuerà senza grandi ostacoli. Engels è giunto prima di Marx al comunismo, abbiamo detto. Ma anche in lui il comunismo è in un primo tempo d'essenza nettamente filosofica. È anzi un comunismo che si rivolge in primo luogo alla borghesia illuminata ed agli
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Ibid., pp. 141-42. F. ENGELS, Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classicatedesca, in K. MARX-F. ENGELS, Opere scelte, a cura di Luciano Gruppi, Roma, Ediwri Riuniti, 1966, pp. 1101-47. ~ 15 23
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r intellettuali, così come risulta da parecchi articoli sul movimento comunista continentale che Engels redasse alla fine del 1843-inizio 1844 per l'ebdomadario owenista «The New Moral W orld ». «NQi [vale a dire i comunisti tedeschi] possiamo reclutare i nostri membri solo in quelle classi che hanno goduto d'una-eèucazione sufficientemente buona », egli vi afferma'. E contrappone il comunismo filosofico al comunismo delle masse lavoratrici, incarnato dal
movimento comunista di Weitling 25. Ma Engels comprende che il comunismo è il prodotto necessario delle condizioni sociali create dalla civiltà moder-
na 26. Per questo descrive;il parallelismodel movimento comunista in Inghilterra, Francia e Germania (compresa la Svizzera tedesca):
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Così tre grandi paesi civili d'Europa, l'Inghilterra, la Francia e la Germania, sono giunti tutti alla conclusione che una profonda rivoluzione del sistema sociale, basata sulla proprietà collettiva, è ora diventata una necessità urgente e inevitabile... Gli inglesi sono giunti a questa conclusione in pratica, col rapido aumento della miseria, della demoralizzazione e del pauperismo nel loro paese; i francesi ci sono arrivati politicamente, cominciando col reclamare la libertà e l'eguaglianza politica, poi, scoperto che questa è insufficiente, aggiungendo alle loro rivendicazioni politiche la libertà e l'eguaglianza sociale. E i tedeschi sono diventati comunisti dal punto di vista filosofico, ragionando sui principi primi 27.
Bisogna sottolineare la quasi simultaneità con la quale Marx ed Engels hanno formulato il programma di base della rivoluzione sociale proletaria - la soppressionedella proprietà privata - in scritti che datano dal novembre 1843-gennaio 1844 e sono senza dubbio indipendenti tra loro: Marx nella Einleitung zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie, Engels negli articoli del « New Moral World ». Bisogna anche mettere in evidenza la geniale
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MEGA,I, 2, pp. 444.46; 449. 2' RJAZANOV,in MEGA,I, 2, p. LXXV. 27 MEGA, I, 2, p. 436 (art. di «The New Mora! World.. -I novembre lR43). .
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intuizione del giovane Engels che, in un solo periodo, riassume l'apporto specifico che le tre grandi nazioni dell'Europa occidentale recheranno al movimento operaio mondiale del XIXsecolo. L'Inghilterra gli apporta il fecondo pragmatismo delle prime organizzazioni di massa (car-' tismo e sindacalismo); la Francia,' la lotta rivoluzionaria per la conquista del potere politico (lotta che parte dalla tradizione stabilita dalla Grande Rivoluzione e, attraverso il babuvismo, il blanquismo e il giugno 1848 mette capo alla Comune di Parigi, il primo caso di effettiva conquista del potere da parte del proletariato); e la Germania il perfezionamento teorico del primo programma socialista scientifico. Senza dubbio, scrivendo queste frasi, Engels ignorava ancora il ruolo decisivo che avrebbe svolto egli stesso nell'elaborazione di questo apporto teorico tedesco al movimento proletario, con i lavori preparatori e il contributo alla redazione del Manifesto comunista. L'abbiamo già detto: fu il trauma provocato dalla sua presa di contatto, in Gran Bretagna, col proletariato reale, prodotto della grande industria, con la sua miseria, la sua demoralizzazione, la sua formidabile potenza collettiva e capacità organizzativa (Engels nota, pieno d'ammirazione, come i cartisti siano in grado di raccogliere un milione di
pence la settimana 28), con la sua combattività e la ca-
pacità, non appena raggiunto un certo grado di organizzazione, d'elevarsi spiritualmente e moralmente al di sopra della miseria materiale, che ha permesso ad Engels di passare dal comunismo filosofico al comunismo proletario. Rjazanov ricorda molto a proposito che l'incontro con i primi veri comunisti proletari
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i tedeschi Schapper, Bauer
e MolI, emigrati a Londra .- ha prodotto un'enorme impressione su Engels, ch'egli stesso ha d'altra parte descritta nell'introduzione alle Rivelazioni sul processo dei comunisti di Colonia 29. E l'effetto di questa' esperienza 28 MEGA, I, 2, p. 369. 29 F. ENGELS, Per la storia della Lega pp. 252.53. Questa impressione va accostata a Marx la frequentazione dei circoli operai francesi, ammirazione nei Manoscritti economico-filosofici filosofiche giovanili...it., pp. 242-43). .
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dei comunisti cit., quella che fece s.u ch'egli descrive con del 1844 (v. Opere
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pratica è già sensibile nelle tre opere che contrassegnano questa fase di transizione: Umrisse zu einer Kritik der Nationalokonomie (fine 1843), Die Lage Englands (gennaio 1844) e La situazione della classe operaia in Inghilterra (fine 1844-inizio 1845). La prima di queste tre opere, l'Abbozzo di una critica dell' economia politica costituisce dunque la prima opera economica propriamente detta dei due amici. Engels non dice niente di sostanzialmente nuovo. Critica illiberalismo economico, la dottrina di Adam Smith, Ricardo e Mc Culloch, confrontandola con la realtà economica e sociale dell'Inghilterra industriale. Questa critica è largamente ispiratà ad autori socialisti come Owen, Fourier e Proudhon. Ma supera questi autori in virtù d'una feconda applicazione della dialettica hegeliana aTla realtà sociale 30. E se resta prigioniera di molte concezioni moraleggianti e idealistiche, se condanna il commercio ih quanto provoca la « reciproca diffidenza» e impiega « mezzi immorali per il conseguimento di un fine immorale» 31, si distingue tuttavia per alcune notevoli intuizioni che saranno più tardi riecheggiate da Marx nel Manifesto comunista ed anche nei Grundrisse: così la concezione del, l'economia capitalistica come un progresso necessario affinché cadessero tutti i meschini scrupoli locali e nazionali, affinché la lotta del nostro tempo potesse diventare universale e umana» 32. Il punto di partenza degli Umrisse è una critica del commercio, della dottrina mercantilistica e della teoria del libero scambio. Partendo da «un punto di vista umano, universale », Engels giunge alla corretta conclusione che bisogna criticare contemporaneamente le due dottrine. Smaschera soprattutto l'ipocrisia della dottrina antimonopolistica liberale. Questa finge d'ignorare che lo stesso libero scambio è fondato su un monopolio, quello della proprietà privata detenuta da una classe sociale minori~<
in MEGA,I, 2, p. LXXII.
30
RJAZANOV,
31
F. ENGELS,Abbozzo di una critica dell'economia politica, in
« Annali franco-tedeschi» cit., p. 149. 32 Ibid., p. 146. 18
1011111 C che la libera concorrenza ill monopolio.
conduce inevitabilmente
La seconda parte dell'articolo tratta del valore, ed è Iil parte più debole, quella che mostra come Engels, al momento di redigere questo scritto, non abbia né comprcso né approfondito Ricardo. Egli tratta del valore ,parI('ndo dalla distinzione tra «valore astratto o reale» da 11I111 parte, e valore di scambio dall'altra. Poi esamina le dm' scuole che riducono, l'una il «valore astratto» ai >1
costi di produzione», l'altra il «valore astratto» al.
1'« utilità », per giungere alla conclusione che «il valore dI una cosa comprende ambedue i fattori », tanto i « costi di produzione» quanto 1'« utilità ». In un passo poco chiaro, è vero, sembra mettere in dubbio l'esistenza stessa d('Jvalore 33. Si avvicina maggiormente a un punto di vista corretto quando critica il gioco della « legge dell'offerta e della domanda », che agisce' come «una mera legge di natura» e deduce la comparsa delle crisi di sovrapproduzione dal gioco di questa legge, vale a dire della concorrenza. L'articolo si conclude con una feroce polemica contro 34,
Ja « legge della popolazione» di Malthus 3' e una descri. zione delle disastrose conseguenze della grande industria per un settore importante della popolazione. È la parte più impressionante dell'articolo, quella che riprende e approfondisce la critica del capitalismo effettuata da Fourier, e che sarà a sua volta estesa e fondata su una notevole documentazione nel suo primo libro: La situazione della classe operaia in Inghilterra. Certo, anche in questa parte troviamo ancora degli errori, come la concezione del salario operaio ridotto ai semplici mezzi di sussistenza 36. Ma la critica di Malthus è lucida ed espone quello che resta ancor oggi l'argomento essenziale nella polemica contro il neo-malthusianesimo: 33
Ibid., pp. 152-54.
Ibid., p. 163. 3.' La chia~ «infame, nefanda dottrina », «orrenda mia contro la natura e l'umanità» (ibid., p. 169). 36 Ibid" p. 173. 34
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bestem-
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che cioè è erroneo comparare l'aumento della popolazione con quello della produzione naturale del suolo: bisogna piuttosto compararlo col potenziale aumento della produttività agricola che risulterebbe da un' efficace applicazione della scienza e della tecnica moderna all'agricoltura. L'analisi delle crisi di sovrapproduzione in quanto espressione fondamentale delle contraddizioni del capitalismo è sorprendente nella sua concisione e nella capacità del giovane autore di andare in fondo alle cose. Essa porta alla scoperta d'una situazione insensata, assurda: la gente muore di fame in mezzo all'abbondanza. E soprattutto: in questo articolo, Engels opera il con. giungimento della critica della proprietà privata, che ha occupato i due futuri amici per due anni, e della critica del capitalismo, che li occuperà per il resto dei loro giorni, affermando c~e la divisione tra il capitale e il la.voro risulta inevitabilmente dalla proprietà privata, e che questa divisione porta alla divisione della società borghese in classi antagonistiche, alla divisione dell'umanità in capitalisti. ed operai 37. Le conseguenze immorali ed inumane del capitalismo, il modo in cui essa distrugge la della grande industria
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comunità familiare e provoca l'aumento
della criminalità
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che si trovano abbozzate in qualche frase incisiva negli Umrisse, e la cui descrizione sarà ripresa nel Manifesto comunista in un cupo, indimenticabile affresco, saranno sviluppate analiticamente da Engels in un'opera che resta sino ad oggi il quadro più sorprèndente delle conseguenze sociali della rivoluzione industriale 38. La situazione della classe operaia in Inghilterra non si colloca ancora sul terreno del materialismo storico propriamente detto. È ancora l'indignazione morale piuttosto che la comprensione del processo storico che anima il giovane critico della società. Ma questa indignazione morale è già rivoluzionaria, 37 Ibid., pp. 159-60. 38 D. I. Rosenberg sottolinea il fatto che in un'opera giovanile, redatta all'età di 19 anni, Briefe aus dem Wuppertal, Engels è già colpito dalle inumane condizioni di lavoro degli operai, «che devono togliere loro ogni gioia di vivere» (cfr. D. I. ROSENBERG, op. cit., p. 51).
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è già unita ad una illimitata dedizione alla classe che, pur avendo creato tutte le ricchezze di cui il Capitale si riserva il godimento, è da questo oppressa e sfruttata 39. So. prattutto, essa perviene già alla comprensione del fatto che la lotta reale del proletariato costituisce il solo veicolo possibile del socialismo. In questo senso, segna la definitiva rottura di Engels col socialismo utopico, e costituisce al tempo stesso un'arma essenziale contro quest'ultimo. Nel corso degli ultimi anni, questa concezione è stata sottoposta ad un esame' critico in ragione dell'evidente ritardo storico d'una vittoria socialista nei paesi occidentali industrialmente sviluppati. Una parte dei critici
li
esplicitamente,
come ha fatto Franz Fanon, o implici-
tamente, come fanno i teorici del Partito comunista cinese - si sforzano di dimostrare che il potenziale rivoluzionario dei popoli del Terzo Mondo è superiore a quello del proletariato occidentale. Nell'ambito di questi popoli essi attribuiscono poi il ruolo rivoluzionario principale ai contadini e all'intellighenzia rivoluzionaria, ritenendo che il proletariato industriale sia qui in un certo qual modo una classe sociale privilegiata rispetto ai contadini senza terra 40. Altri critici mettono in questione non già la capacità rivoluzionaria del proletariato occidentale rispetto a quella dei popoli del Terzo Mondo, ma l'esistenza stessa di questa capacità. Lo considerano come praticamente integrato nella società capitalistica, soprattutto attraverso la sua atomizzazione (nell'industria semi-automatizzata), l'espansione dei suoi consumi e la possibilità di manipolarne ideologia e bisogni Non contestano il fatto che la massa di coloro che sono costretti a vendere la loro forza-lavoro con41.
39 F. ENGELS,La situazione delta classe operaia in Inghilterra cit., pp. 46-47. IO Cfr. in particolare F. FANON,I dannati della terra, Torino, Einaudi, 1966. 4' Cfr. in particolare H. MARCUSE,Les perspectives du socia/isme dans la lflciété industrielle développée, in «Revue internationale du Sociàlisme », II, 8; P. BARA N-P. M. SWEEZY,Il capitale monopolistico, Torino, Einaudi, 1968, p. 303; C. WRIGHTMILLS, The Marxists, New York, Dell Publishing Co., 1962, pp. 113-15; ecc.
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'I.
tinui ad aumentare in numero assoluto e relativamente al complesso della ,popolazione attiva, Contestano che questo aumento numerico rafforzi, direttamente o indirettamente, la sfida lanciata al capitalismo occidentale, ovvero la possibilità di vederIo rovesciato dal proletariato occidentale, Tanto gli uni .che gli altri hanno d'altra parte la tendenza a rifarsi più aIIe opere giovanili di Marx ed Engels che definiscono il ruolo rivoluzionario del proletariato che non aIIe opere deIIa maturità. In queste opere giovanili - e specialmente nella Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione - tale ruolo rivoluzionario è dedotto essenzialmente daIIe caratteristiche negative deI proletariato in seno aIIa società borghese. Esso si presenta come la sintesi in una triade hegeliana, come una vera e propria «negazione deIIa negazione ». È proprio perché le sue catene sono radicali che il proletariato non può liberarsene che con una rivoluzione radicale. Di qui i critici contemporanei sono portati a concludere che, dal momento che le catene sono diventate oggi molto meno radicali, la speranza d'una rivoluzione radicale da parte di questa classe diventa largamente utopica. Un'analisi più critica deIIe opere giovanili di Marx ed ,Engels - e soprattutto deIIa genesi deIIe loro idee concernenti la rivoluzione
sociale
-
dimostra
tuttavia
come,
dietro lo stile smagliante, ci fosse ancora a queII'epoca, un'insufficienza di conoscenze empiriche. Alla frase celebre sulle « catene radicali» si applica l'osservazione che Engels formulerà quarant'anni più tardi a proposito dell'Ideologia tedesca: «La parte redatta consiste in una esposizione della concezione materialistica della storia, che prova soltanto quanto a quel tempo fossero ancora in-
complete le nostre conoscenzedella storia economica» 42.
secolod.C. La storia ha dimostrato che non basta che una classe sociale non abbia più nulla da perdere e non disponga di proprietà privata perché sia capace di realizzare una rivoluzione sociale che abolisca ogni proprietà privata. Precisando più tardi la loro diagnosi, Marx ed Engels hanno attribuito al proletariato il ruolo chiave nell'avvento del socialismo non tanto a causa della miseria che subisce quanto in funzione deI posto che occupa neI processo produttivo e della capacità che perciò stesso possiede d'acquisire una capacità di organizzazione e una coesione neII'azione senza comune misura con tutte le classi oppresse deI passato. Non si tratta di contestare la capacità rivoluzionaria dei contadini privi di terra dei paesi deI Terzo Mondo, né di mettere in dubbio il fatto ch'essa ha offerto il maggior numero di partecipanti aIIa lotta rivoluzionaria su scala. mondiale neI corso degli ultimi vent'anni. Ma due osservazioni devono completare questa constatazione perché essa non si trasformi in una falsa immagine della realtà complessiva. In primo luogo, questi contadini, come i marxisti hanno previsto, sono incapaci da soli di conquistare il potere e fondare nuovi stati; hanno bisogna, a tal fine, d'una direzione d'origine, di composizione e d'ispirazione proletaria 43. In secondo luogo, questi contadini poveri sono incapaci da soli di costruire una società socialista nel senso in cui l'intendeva Marx, vale a dire una società che assicuri uno sviluppo pieno e integrale di tutte le
possibilità umane.
.
È precisamente perché l'infrastruttura di tale società non può essere che il prodotto della grande industria mo-
42 F, ENGELS,Prefazione a Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca cit" p. 1104.
43 Cfr. L TROCKIJ,Millenovecentocinque, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1948, pp. 69-71; LENIN: «È per tali fatti economici fondamentali che questa forza non può farsi avanti da sola, e che sempre, nella storia di tutte le rivoluzioni, i tentativi in questo senso hanno finito per fallire. Quando il proletariato non riesce a guidare la rivoluzione, questa forza si mette sèmpre sotto la guida della borghesia» (1921), in Opere scelte, Mosca, Edizioni in lingue Estere, 1948, II, p, 669, Cfr. anche la Seconda dichiarazione dell'Avalla.
22
23
Di fatto, il proletariato moderno non è la classe sociale che ha avuto le catene più pesanti nella storia mondiale. Tale definizione si applica piuttosto alla classe degli schiavi romani, dal I secolo prima della nostra era al III
, derna, spinta al. più alto grado del suo sviluppo, che la
rivoluzionesocialista,concepitacome processomondialeH,
1\1
può cominciare in paesi sottosviluppati ma può concludersi, vale a dire conseguire il suo pieno sviluppo, solo quando coinvolge i paesi industrialmente più avanzati. Per il resto, quando vari sociologi od economisti mettono in dubbio il ruolo del proletariato in quanto veicolo deIIa trasformazione socialista in Occidente, commettono generalmente due errori: o presuppongono in Marx un deterlÌlinismo automatico tra il grado di sviluppo industriale e il grado di coscienza di classe 45, o considerano lo sviluppo di questa coscienza di classe (e in genere de11e condizioni oggettive necessarie al rovesciamento déI capitalismo) in maniera rettilinea. È evidente che Marx ed Engels, giunti a maturità, hanno colto con chiarezza i rapporti dialettici tra il grado di sviluppo deIIe forze produttive eil grado di sviluppo de11a coscienza di classe 46. QueI che Engels scriveva a proposito del proletariato britannico del XIXsecolo si può applicare, mutatis mutandis, al proletariato americano deI xx secolo. Per dimostrare che quest'ultimo non potrà adempiere la sua missione rivoluzionaria, non basta descrivere i meccanismi attuali d'integrazione, di manipolazione ideologica ecc. Bisogna anche dimostrare che i fat-
tori che a11alunga giocano in senso contrario
~
la cre-
scente concorrenza internazionale che sottopone ad erosione il monopolio americano deIIa produttività e i vantaggi salariali di cui godono i lavoratl'!)riamericani in funzione di tale monopolio non modificheranno il com-
-
44 K. MARX: «Il comunismo è possibile empiricamente solo come azione dei popoli dominati tutti in una volta e simultaneamente, ciò che presuppone lo sviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che esso comunismo implica» (L'ideologia tedesca, Roma, Editori Riuniti, 19672, p. 25). 45 Cfr. c. WRIGHTMILLS: «Egli [Marx] sembra credere che la coscienza di classe sia una conseguenza psicologica necessaria dello sviluppo economico oggettivo, che include la polarizzazione in proprietari e lavoratori» (The Marxists cit., p. 114). 46
Cfr. hi Prefazione che F. Engels redasse nel 1892 per La
situazione della classe operaia in Inghilterra cit., pp. 15-30.
24
portamento del. proletariato. Bisogna soprattutto dimostrare che l'automazione, che non è èhe la forma più radicale de11a tendenza storica del capitale a sostituire il, lavoro morto al lavoro vivo"', potrà a lungo andare coincidere col pieno impiego e non porterà invece a de11erecessioni che un'inflazione crescente non potrà più arginare. Questa dimostrazione non è mai stata fatta. Quanto poi aIIa speranza di vedere la missione emancipatrice del proletariato assolta da «minoranze non integrate» (minoranze radicali, studenti, sottoproletariato, ovvero elementi francamente asociali) essa si urta a110 stesso ostacolo al quale si sono urtate le insurrezioni di schiavi a Roma. Questi strati sociali sono capaci, al limite, di rivolte disperate, ma non dispongono né del potere sociale oggettivo (1a possibilità di assicurare o paralizzare la produzione neI suo complesso) né de11a durevole capacità di organizzazione collettiva necessari per trasformare la società contemporanea. Vedremo più oltre come Marx ed EngeIs abbiano rapidamente acquisito la convinzione che le condizioni Oggettive e soggettive favorevoli al rovesciamento del capitalismo non si sviluppano in maniera rettilinea, ma seguono una curva nettamente influenzata dalle fluttuazioni del ciclo industriale (sia del ciclo settennale che del ciclò di lunga durata) 48. L'essenziale non è di sapere se la classe operaia d'un dato paese o gruppo di paesi è momentaneamente passiva o meno 49. L'essenziale è di sapere se le condizioni oggettive e soggettive della sua esistenza la spingono periodicamente suIIa via d'una contestazione globale del regime capitalistico. Le condizioni oggettive d'una simile contestazione sono que11eche risultano dal funzionamento stesso del. regime (in particolare dalla regolazione dei salari per mezzo del...,
P. Baran e P. M. Sweezy indicano che tra il 1950 e il 1962,
il numero di operai non qualificati si è ridotto negli Stati Uniti da 13 a 4 milioni in seguito all'automazione (op. cit., p. 225). 48
Si veda il cap. v.
.
Cfr. F. ENGELS,Introduzione a K. MARX,Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Roma, Editori Riuniti, 1962, pp. 39-85. 49
25
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l'esercito di riserva industriale; dall'insicurezza dell'esistenza che ne risulta; dall'insufficienza del salario rispetto ai bisogni socialmente suscitati; dal carattere alienante del laVoro, ecc.). Le condizioni soggettive sono, in ultima analisi, quelle che fanno sì che il lavoratore consideri la sua condizione come inferiore e insoddisfacente. Una
Capitolo
vasta letteratura di recente publicazionedimostra che così .
DALLA CONDANNA DEL CAPITALISMO ALLA GIUSTIFICAZIONE SOCIO-ECONOMICA DEL COMUNISMO
è nella società detta «di consumo », come già nel secolo scorso 50. 50
'Secondo
Si veda in particolare: A. ANPRIEUX-]. LIGNON,L'ouvrier
.d'au;ourd'hui, Paris, Rivière, 1960; H.-P. BAHRDT-W.DIRKS..., Gibt es noch ein Proletariat?, Frankfurt, Europaische Verlagsanstalt, 1962; ecc. Un esempio divertente che concérne la Gran Bretagna è stato recentemente rivelato da R. BLACKBURN(Inequality and Exploitation, in «New Left Review», n. 42, marzo-aprile 1967). Un sociologo aveva consacrato uno studio all'atteggiamento degli <>perai dell'officina di Vauxhall, a Luton, nei confronti della direzione della loro impresa: il 77% di q!lelli che lavoravano nel reparto montaggio avrebbero manifestato un «atteggiamento positivo ». Solo un mese dopo la pubblicazione di questo studio, ci fu una vera e propria rivolta in questa stessa officina, diretta proprio contro i membri della direzione.
È nel corso dell'esilio parigino che Marx s'è gettato avidamente nello studio dell'economia politica, studio che proseguirà durante il suo esilio a Bruxelles e, dopo averlo interrotto al tempo del suo ritorno in Germania, porterà a termine al British Museum, nel corso dell'esilio londinese. La lettura dell' Abbozzo di Engéls gli aveva rivelato che la critica della filosofia politica di Hegel non era sufficiente per elaborare, a partire dalla semplice negazione dello stato, quella teoria radicale della società che fosse capace di « prendere» le masse operaie e renderle coscienti dell'imperativo d'una rivoluzione sociale destinata a por fine alla loro alienazione... È dunque con l'idea ben precisa di trovare una risposta a questi interrogativi che Marx si mise a studiare 1'« anatomia della società borghese », quale la si poteva trovare presso i grandi economisti...'
Possiamo farei un'idea dell'ampiezza e della varietà di questi studi attraverso le abbondanti note di lettura ch'egli ci ha lasciate e che sono state in parte pubblicat~ 2. Non , M. RUBEL,Karl Marx, Essai de biographie intellectuelle, Paris, Rivière, 1957, pp. 117-18. 2 Le « note di lettura parigine» sono state pubblicate in gran parte in MEGA,I, 3, pp. 411-583; le note di lettura fatte a Bruxelles e nel corso d'un viaggio di sei settimane in Inghilterra, nell'estate del 1845 (cfr. F. ENGELS,Prefazione a K. MARX,Miseria della filosofia, Roma, Edizioni Rinascita, 1949, p. 11), non sono state pubblicate in extenso, ma si trovano riassunte in MEGA,I, 6, pp. 597'rl
I.
618; l~ note di lettura fatte a Londra nel 1850-1851 sono pubbli27
I sappiamo peraltro se tutti i quaderni di appunti di Man.. siano stati effettivamente ritrovati. Questo studio dell'economia politica, come pure la collaborazione sempre più intima con Priedrich Engels, che data dal settembre del 1844, porteranno Marx a chiarire le proprie idee riguardo ai suoi maestri di filo. sofia e agli ex amici: Hegel, Peuerbach e i giovani posthegeliani della scuola di Bauer. Tre opere sono il risul. tato di questa polemica che è al tempo stesso una sorta di monologo interiore ed un tentativo dei due nuovi amici di prendere coscienza della loro evoluzione: i Manoscritti economico-filosofici del 1844, la Sacra Famiglia e l'Ideologia tedesca. Di queste tre opere, è la prima quella che segna una tappa importante nell'evoluzione del pensiero economico di Marx 3. ' Redatti dopo la lettura d'una. serie di economisti di primo piano, e composti d'altronde in parte di lunghe citazioni tratte da Adam Smith, Pecqueur, Loudon, Buret, Sismondi, James Mill, Michel Chevalier', questi tre ma-. noscritti economico-filosofici,rappresentano la prima opera economica propriamente detta del futuro autore del Capitale. Una critica della filosofia di Hegel ne costituisce la quarta parte. Essi trattano successivamente del salario, .del profitto, della rendita fondiaria, del lavoro alienato in rapporto alla proprietà privata, della proprietà privata in rapporto al lavoro e al comunismo, dei bisogni, deJla produzione e della divisione del lavoro, come pure del denaro. Il concetto filosofico di alienazione che Marx ha
-
tratto da Hegel, Schelling e Peuerbach"
-
riceve per la
prima volta nei Manoscritti del 1844 un contenuto socio-economico approfondito. Già nella sua Introduzione alla critica della filosofia del diritto di Hegèl, d'altronde, questo concetto aveva perso il suo carattere esclusivamente filosofico. Marx dunque ha preso da Feuerbach l'idea dell'uomo disumanizzato, o estraniato o mutilato... Ma ora Marx usa la stessa espressione anche in un senso nuovo. Egli pone, in un contesto politico..., l'uomo disumanizzato sullo stesso piano dell'uomo disprezzato, spregevole, e loda il fatto che la Rivoluzione francese ha reinstaurato l'uomo innalzandolo a libero cittadino. ,.
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In questo modo entriamo, senza quasi accorgercene, in un nuovo ordine di idee, ossia in una impostazione politica o per lo meno sociale dei problemi. Ora, tutto a un tratto, l'uomo disumanizzato non è più il singolo perduto in un mondo di. sogni speculativi o religiosi, ma il membro di una società imperfetta mutilato nella sua dignità di uomo. L'uomo dunque nel mondo disumanizzato, o, in altri termini, l'uomo nel mondo sovvertito... ·
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1
I
.
cate nel t. II di K. MARX,Grundrisse der Kritik der politischen Oekonomie, Berlin, Dietz-Verlag, 1953. 3 Riprenderemo nel penultimo capitolo l'esame delle controversie suscitate dai Manoscritti del 1844, specialmente a proposito del « lavoro alienato» e dei rapporti tra le opere giovanili e le opere dette «della maturità» di Marx.
A questo proposito D. I. ROSENBERG sottolinea che !'idea cen-
Nei Manoscritti del 1844, il segreto di questa società .disumanizzata è svelato. La società è inumana perché il lavoro in essa è un lavoro alienato. Tanto più facilmente Marx poteva ricondurre la società e l'uomo sociale al lavoro, in quanto già Hegel aveva caratterizzato il lavoro come l'essenza della prassi umana. Ora, studiando gli economisti classici, Marx scopre che questi fanno del lavoro la fonte in ultima istanza del valore. La sintesi avvenne fulmineamente, le due nozIoni furono combinate, e sembra davvero di assistere a questa scoperta quando si esaminano le note di lettura di Marx, soprattutto quelle rela-
trale che collega tutti i commenti critici contenuti in queste note di lettura è un'idea tratta dall'Abbozzo di una critica dell'economia politica di Engels: -l'economia politica si fonda su una base falsa, vale a dire la pretesa inviolabilità della proprietà privata (op. cit., p. 87).
· J. 'HABERMAS constata d'altra parte che già Schelling parla dell'« essere estraneo cui appartiene il lavoro e il frutto del lavoro », e che il superainento materialista della dialettica del lavoro è stato da lui presentito (Theorie und Praxis. Neuwied, Luchterhand Verlag, 1963, pp. 154-56). · P. KAEGI,op. cit., pp. 156-57.
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tive a James Mill " là dove Marx parte dal carattere della moneta, mezzo di scambio, strumento di alienazione, per arrivare ai rapporti di alienazione che si sostituiscono ai rapporti umani. Nello stesso tempo il comunismo filosofico diventa un comunismo sociologico, vale a dire fondato su un'analisi dell'evoluzione della società e della sua logica. È vero che in Zur Krìtik der NatìonalOkonomìe Marx si dichiara sempre fautore della «posìtìva critica umanistica e naturalistica» di Feuerbach 8. Ma anche questo u'manesimo riceve ora un' contenuto socio-economico preciso: è identificato col comunismo che supera positivamente la proprietà privata, la divisione del lavoro ed il lavoro alienato '. Al posto dell'opposizione tra «comunismo ~elle masse lavoratrici» e « comunismo filosofico », che Engels aveva introdotto nei suoi articoli sul comunismo per « The New Moral World », Marx distingue in Zur Krìtìk der Natìo- . nalokonomìe il «comunismo rozzo» e il «comunismo . in quanto effettìva soppressione della proprietà privata» Il primo, nato dalla grossolana invidia; non porta ad altro che alla generalizzazione del lavoro alienato, ad un «livellamento a partire dal minimo ». Il secondo, per contro, costituisce « l'effetth'a soppressione di ogni alienazione, e
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10.
7 K. MARX,Appunti su Iames Mill, in Scritti inediti di economia politica, Roma, Editori Riuniti, 1963, pp. 3-27. Si veda il seguente passo: «Presupposto il rapporto di scambio, il lavoro diventa lavoro per l'immediato guadagno (unmittelbare Erwerbsarbeit)... Quanto più multilaterale diventa la produzione, quanto più multilaterali diventano i bisogni, tanto più unilaterali diventano le prestazioni deI produttore, tanto più il suo lavoro cade nella categoria del lavoro industriale (Erwerbsarbeit); sino a che esso infine non ha più che questo significato e diventa allora del tutto casuale e inessenziale il fatto che il produttore stia in rapporto di immediato godimento e di bisogno personale con il suo prodotto, o che l'attività, l'atto stesso deI lavoro sia per lui l'autogodimento (Selbstgenuss) della sua personalità, la realizzazione delle sue disposizioni naturali e dei suoi fini spirituali» (ibid., pp. 17-18). 8 K. MARX,Manoscritti economico-filosofici del 1844cit., p. 148. · Ibid., pp. 223 sgg. L'esperienza della rivolta dei tessitori della Slesia, prodottasi mentre Marx redigeva i Manoscritti del 1844, ha certamente influenzato questa presa di coscienza. IO
Ibid., p. 225. 30
con ciò la conversione dell'uomo dalla religione, dalla famiglia, dallo Stato ecc., alla sua esistenza umana,' cioè socìale » I I. E Marx precisa già che ciò presuppone da una parte la socializzazione dei mezzi di produzione, la soppressione della proprietà privata, e dall'altra un elevato grado di sviluppo delle forze produttive. Questa idea costituisce un progresso rispetto a tutti i precedenti scritti comunisti di Marx ed Engels, come pure rispetto agli ~critti dei comunisti utopici. Sarà ulteriormente sviluppata nell'ldeologìa tedesca 12. Seguendo la logica d'una critica della proprietà privata e del capitalismo - e non quella d'una esposizione generale delle leggi di sviluppo del modo di produzione capitalistico Zur Krìtìk der Natìonalokonomìe inizia con un'analisi della mìserìa provocata dalla proprietà privata piuttosto che con un'analisi della rìcchezza creata dalla produzione di merci (punto di partenza di tutte le opere classiche d'economia politica, che Marx stesso riprenderà nel Capìtale). La miseria p.rodotta dalla proprietà privata è già implicita nel salarìo e nelle leggi che ne regolano l'evoluzione. L'analisi del salario è effettuata nei Manoscrìtti del 1844 sulla base della teoria classica di Adam Smith e Ricardo, influenzata da Malthus. Per . effetto della concorrenzà tra gli operai, il salario tende a cadere verso il più basso livello di sussistenza. Ma al contrario di Malthus e Ricardo, Marx precisa che questo non è l'effetto fatale d'una qualsiasi «legge dell'aumento della popolazione », bensì quello della separazione degli operai dai loro mezzi di produzione 13. . Tuttavia Marx attenua già questa « legge» dei salari distinguendo tre movimenti divergenti dei salari stessi nel corso delk tre fasi successive del ciclo economico:
I 1: ~I
11
l2
Ibid., p. 226. Bisogna tener presente che l'economista svizzero Schulz aveva
già elaborato idee analoghe prima di Marx, e che questi s'è basato sulla sua opera (A. CORNU,Karl Marx und Friedrich Engels cit., p. 123). . 13 K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., p. 153. 31
la fase della depressione, la fase del boom e la fase in cui l'acc.umulazione del capitale ha raggiunto la sua massima espansione. Nella prima fase, i salari diminuiscono per effetto della disoccupazione, e un:! parte della classe operaia cade nella degradazione e nella miseria più nera. Nella terza fase, i salari restano stazionari a un livello relativamente basso (Marx riprende qui testualmente una tesi di Ricardo). È dunque la seconda fase che è la più favorevole agli operai, poiché la domanda di manodopera supera l'offerta, la concorrenza tra i capitalisti si accentua e i salari possono aumentare. Ora, che cosa succede in periodo di boom? L'espansione accentua l'accumulazione e la concentrazione dei capitali. Il numero dei capitalisti decresce, mentre il numero degli operai aumenta rapidamente. Il macchinismo si estende, degradando l'operaio allo statO di macchina « animata »; la macchina entra pertanto in concorrenza. diretta con lui. Inoltre, il boom provoca invariabilmente la sovrapproduzione, che a sua volta porta alla disoccupazione e alla diminuzione dei salari '4. Come si vede, in questo primo schema di funzionamento del regime capitalistico, degli aumenti di salario possono intervenire solo provvisoriamente e sono destinati ad essere cancellati senza pietà dalla logica del sistema. Marx non modificherà questo schema che dieci anni più tardi. Egli anticipa tuttavia la teoria della « pauperizzazione relativa» quando afferma che anche in periodo di alta congiuntura, «l'aumento del salario è più che compénsato al capitalista dalla diminuzione della quantità del tempo di lavoro»
l.. La
formulazione
è ancora oscura e
incerta. Quel che Marx esprime qui per intuizione più che per comprensione, è il fatto che le merci di cui il salario deve realizzare il valore possono conoscere una rapida diminuzione di valore in seguito all'aumento della produttività o, il che è lo stesso, che il contro valore del salario può essere prodotto in una frazione sempre più 14 IO
Ibid., pp. 155-57. Ibid., p. 157. 32
ridotta della giornata di lavoro. Marx cita d'altronde un passo del.libro d'un economista svizzero oggi dimenticato, Wilhelm Schulz (Di/! Bewegung der Produktion), dove questi dà una notevole formulazione della legge della « pauperizzazione relativa» Allo stesso modo, Marx non distingue ancora correttamente il capitale costante dal capitale variabile, come farà nei suoi scritti economici classici, ma si limita a distinguere, con Adam Smith, il « capitale fisso» e il «capitale circolante» Nel campo della rendita fondiaria, segue la teoria di Ricardo, insistendo sul fatto che il capitale finisce coll'incorporare la proprietà immobiliare, col trasformare il proprietario fondiario in capitalista. In un passo sorprendente, nel quale si muove al limite tra la filosofia e l'economia politica, Marx afferma ch'era necessario che la proprietà fondiaria fosse interamente coinvolta nel « movimento della proprietà privata », che anche nell'agricoltura il rapporto tra signore e operaio si riducesse al semplice rapporto tra sfruttatore e. sfruttato; che qualsiasi rapporto personale tra il proprietario (fondiario) e la sua proprietà cessasse d'esistere, perché la lotta contro la proprietà privata in quanto tale potesse essere condotta con efficacia Anche qui, l'Ideologia tedesca segnerà un importante passo in avanti nel ragionamento, che si libera completamente dei suoi presupposti filosofici e moralistici. La parte più celebre dei Manoscritti del 1844 è l'analisi delle radici socio-economiche dell'alienazione. È al tempo stesso sotto l'influsso di Engels e quello di Moses Hess che Marx traccia qui un parallelo tra il lavoro alienato nel capitalismo e l'uomo alienato dalla religione. Più l'operaio lavora, più crea un mondo d'oggetti che gli sono . ostili e che lo schiacciano 1.. Ma contrariamente a quanto aveva scritto in precedenza, quando aveva identificato 16.
17.
18.
I. Ibid., p. 160. 17 Ibid., p. 173. " Ibid., p. 189. '9 A. CORNU,Karl Marx. L'uomo e l'opera (Dall'hegelismo al maierialis/lloslorico), Milano, La Nuova Biblioteca, 1945-46,p. 347. 33 104.2
alienazione e proprietà privata, Marx si sforza ora di scavare più a fondo e scopre le radici ultime dell'alienazione umana nel lavoro alienato, vale a dire nella divisione del lavoro e nella produzione di merci. Tra la produzione di merci, la divisione del lavoro e la proprietà privata c'è una interazione costante nella produzione dell'alienazione, ma è la divisione del lavoro che ne è il punto di partenza storico 20. Marx dimostra che l'alienazione non si limita esclusivamente all'alienazione del prodotto del lavoro e dei mezzi di produzione, che diventano delle forze esterne ostili, che schiacciano il produttore. In particolare egli opera una lucida analisi degli effetti che la produzione di merci provoca, in regime di concorrenza, in materia di alienazione dei bisogni. Questo passo rappresenta una grandiosa anticipazione. La maggior parte delle tendenze individuate da Marx centoventi anni fa rimasero allo stato embrionale nel XIX secolo, e non si sono realizzate su larga scala che nella nostra epoca. Ecco un brano che sembra un commento immediato di Vance Packard o Dichter: Ogni uomo spera di creare all'altro un nuovo bisogno, per costringerlo a un nuovo sacrificio, per ridurIo in una nuova dipendenza e indurlo a un nuovo modo di godimento e però di rovina economica... Con la nascita degli oggetti cresce, quindi, il regno degli enti estranei cui l'uomo è sottomesso, e ogni nuovo prodotto è una nuova potenza di reciproco inganno e reciproco spogliamento. L'uomo diventa sempre più povero come uomo, egli abbisogna sempre più di denaro per impossessarsi di un ente ostile, e la forza del suo denaro cade precisamente in ragione inversa 'della massa della produzione, cioè cresce la sua indigenza col crescere della potenza del denaro... Sotto l'aspetto soggettivo ciò si presenta come segue. Da un lato, l'espansione dei prodotti e dei bisogni 21 diventa
I
I
schiava ingegnosa e sempre calcolatrice di appetiti disumani, innaturali e immaginari...""
. raffinati,
Un rapido sviluppo dell'aspetto inumano della divisione del lavoro 23, che trova d'altra parte una celeqre eco nell'Ideologia tedesca (<<... laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a pIacere::, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell'altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo critIcare, così come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore né critico» 24), riprende l'idea. iniziale secondo la quale è nella divisione deI lavoro che il lavoro alienato ha la sua vera origine. Certo, i Manoscritti del 1844 non costituiscono una opera economica matura. Solo frammentariamente Marx coglie qui i problemi d'una critica globale dell'economIa politica. Questa critica si urta ancora ad uno scoglio fondamentale: Marx non ha ancora risolto il problema del valore e del plusvalore. Non ha ancora colto quel che c'era di razionale nella teoria classica, soprattutto in quella di Ricardo. Le sue analisi economiche inevitabilmente ne risentono. Ma al tempo stesso, si resta sempre affascinati dallo slancio dello spirito critico, dall'audacia della visione storica, dalla logica implacabile che va al fondo delle cose. E si acquista rapidamente la convinzione che, sin dall'epoca della redazione dei Manoscritti, Marx aveva
ses, G. Perec ha descritto magistralmente l'uomo contemporaneo, schiavo d'un mondo sempre più incontrollabile di beni di consumo.
22 K. MARX,Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., p. 236. Un esempio estremo di questi bisogni «disumani, raffinati, innaturali e immaginari» suscitati dalla produzione capitalistica è offerto dall'industria americana delle pompe funebri, che comprende dei «letti Beautyrama », materassi compresi nelle bare affinché i corpi vi riposino più dolcemente (J. MITFORD,The American Way 01 Death, New York, Gl'est Book, 1963). "' K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., pp. 246-51. "' K. MARX-F.ENGELS,L'idcolo[!.ia tedesca, Roma, Editori Riuniti, 1967", p. 2-+; v. anche pp. 468-72.
34
35
20'K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., pp. 203-5; 226. 21 In un breve romanzo intitolato molto a proposito Les cho-
'-
1I
'
~ già costruito uno dei fondamenti della sua teoria SOCIOeconomica. La Sacrafamiglia non risponde propriamente a delle preoccupazioni economiche. Quindi il suo apporto all'evoluzione del pensiero economico di Marx ed Engels è piuttosto secondario. I due autori vi restano attaccati ad una concezione eclettica del valore, quella che Engels aveva già esposto negli Umrisse zu einer Kritik der Nationalokonomie25. Come aveva fatto in questo articolo, Engels continua ad affermare che sarebbe utopico da parte degli operai voler realizzare una riduzione della giornata
scritto di Proudhon Qu'est-ce que la propriété? ha per
Il
di lavoro in regime capitalistico2.. Per contro, i passi della Sacra famiglia che concer-
nono Proudhon sono particolarmente interessanti alla luce della polemica che seguirà due anni più tardi, e che permetterà a Marx di' esporre per la prima volta un'analisi complessiva del modo di produzione capitalistico. Nella Sacrafamiglia, Marx afferma,è vero, che Proudhon resta ancora prigioniero dei presupposti della scienza che combatte, l'economia politica ". Ma celebra la critica della' proprietà privata fatta da Proudhon come il primo « esame critico, e precisamente il primo esame deciso, privo di riguardi e nello stesso tempo scientifico. Questo è il grande . progresso scientifico che egli ha fatto, un progresso che rivoluzional'economiapolitica e rende per la prima volta possibile una scienza reale dell'economia politica. Lo 25
Due esempi: a p. 39 de La Sacra famiglia(Roma,Editori
Riuniti, 1967), Marx afferma: «All'inizio il valore è determinato in modo apparentemente razionale, mediante i costi di produzione di una cosa e mediante la sua utilità sociale. Poi, si dimostra che il valore è una determinazione puramente casuale, la quale non ha bisogno di stare in alcun rapporto né con i costi di produzione né con la sua utilità sociale». A p. 59 della stessa opera, Marx scrive: «Che il tempo di lavoro che viene a costare la produzione di un oggetto faccia parte dei costi di produzione dell'oggetto... questa è una conoscenza che deve essere di necessità accessibile anche alla critica critica ». 26 Cfr. F. MEHRING, Aus dem literarischen Nachlass cit., Einleitung, Il, pp. 76-77. Il passo di Engels criticato si trova ibid., p. 109. 27
K. MARX-F.ENGELS,La Sacra famiglia cit., p. 37.
36
,
I ;1
l'economia politica moderna lo stesso significato che lo scritto di Siéyès, Qu'est-ce que le tiers état ha per la politica moderna» 28. Buonaparte della Sacrafamiglia costituisced'altronde una difesa di Proudhon contro gli ideologi tedeschi «cri-. tici », che ne hanno fatto una lettura distratta e si sono rivelati incapaci persino di tradurlo correttamente. Strada facendo, Marx supera il punto di vista ancora erroneo difeso da Engels negli Umrisse riguardo al rapporto tra salari e profitti, e nota correttamente (p. 39) che questi due redditi sono tra loro in rapporti di « ostilità ». La « libertà contrattuale» tra operaio e capitalista nella determinazione del salario cela un rapporto che obbliga l'operaio ad accettare il salario che gli viene offerto. Se i Manoscritti del 1844 costituiscono un primo sforzo di Marx per criticare i dati classici dell'economia politica alla luce della realtà della società borghese, l'Ideologia tedesca, l'opera filosoficaprincipale che Marx ed Engels completano a Btuxelles nel 1846, fonda la teoria del materialismo storico su un superamento sistematico della filosofia post-hegeliana tedesca. Per la prima volta, «Marx ed Engels passano da una considerazione che potremmo dire "fenomenologica" dei processi storico-sociali, ad una considerazione " genetica " di essi » 29. I passi 28 Ibid., p. 38. È interessante paragonare questo giudizio con quello che Marx formulò vent'anni più tardi a proposito della stessa opera: «La sua prima opera: Qu'est-ce que la propriété? è di gran lunga la sua migliore. Essa fa epoca, se non per la novità di ciò che afferma per lo meno per il modo nuovo e ardito di dire tutto. I socialisti francesi, di cui Proudhon conosceva gli scritti, avevano naturalmente non solo criticato da diversi punti di vista la proprietà, ma l'avevano addirittura utopisticamente soppressa. Nel suo libro, Proudhon sta a Saint-Simon e a Fourier press'a poco come Feuerbach sta a Rege!... In una storia rigorosamente scientifica dell'economia politica, l'opera di Proudhon meriterebbe appena una menzione...» (lettera a Schweitzer, Londra, 24 gennaio 1865, pubbl. nel «Sozialdemokrat» del gennaio 1865, in appendice a K. MARX,Miseria della filosofia cit., pp. 177-78). 2. E. AGAZZI,La formazione della metodologia di Marx, in «Rivista storica del Socialismo», n. 23, settembre-dicembre 1964, p. 461.
37
propriamente economici non abbondano. In genere, riprendono quel che Marx aveva già sviluppato in Zur Kritik der Nationalokonomie, anche se a volte con delle precisazioni e dei chiarimenti preziosi. . Così il passo ben noto dell'Ideofogia tedesca in cui si richiama il carattere universale del comunismo, la necessità di fondarlo sullo sviluppo mondiale delle forze produttive e dei bisogni, altrimenti non si generalizzerebbe altro che l'indigenza, «e quindi col bisogno ricomincerebbe anche il conflitto per il necessario e ritornerebbe
per forza tutta la vecchia merda» 30. Così tutto lo sviluppo dell'idea che la divisione del lavoro è la fonte dell'alienazione umana, di cui abbiamo appena citato una parte. Così, la netta affermazione secondo la quale il comunismo non è « un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente ». Così la sorprendente definizione delle forze produttive che diventano forze di distruzione, sotto il peso delle contraddizioni del càpita~ lismo. Così una prima definizione dello stesso materialismo storico, sotto certi aspetti persino più sintetica e al tempo stesso più ricca di quella celebre contenuta nell'I ntroduzione alla Critica dell' economia politica 3\. Tuttavia, nell'Ideologia tedesca, si possono individuare tre reali contributi al progresso del pensiero economico di Marx ed Engels. Il primo riguatda una concezione più dialettica' del capitalismo e del commercio mondiale, i primi segni della quale - benché non elaborati - potevano già essere scorti in Zur Kritik der Nationalokonomie. La generalizzazione dei rapporti mercantili non rappresenta solo la mutilazione generalizzata degli individui e
la venalità generalizzatadella vita 32. Rappresenta anche il loro potenziale arricchimento, dal momento che spezza il quadro ristretto dell'esistenza localizzata, in cui desideri, appetiti, possibilità sono strettamente limitati all'ignoranza di quel ch'è possibile all'uomo in altre regioni 3\
K. MARX-F.ENGELS,L'ideologia tedesca cit., p. 25. Ibid., p. 25 e passim.
32
Cfr. K. MARX, Miseria
30
della filosofia
cit., pp.
29-30.
e sotto altri cieli. «La ricchezza spirituale reale dell'individuo dipende interamente dalla ricchezza delle sue relazioni reali. » Ed è solo grazie al mercato mondiale ch'essi acquistano «la capacità di godere di questa produzione
universale di tutta la terra»
33.
Marx tornerà su questa
idea nei Grundrisse, parlando del «grande ruolo storico' del capitale» Il secondo riguarda lo sviluppo universale dei bisogni umani, che la grande industria moderna ha già preparato e che il comunismo deve realizzare 35. È d'altra parte strettamente legato al problema del commercio mondiale. Marx ed Engels approfondiscono qui la loro critica del rapporto dell'uomo con le cose, sfumandola dialetticamente. Mentre nei Manoscritti del 1844 la moltiplicazione delle cose era vista ancora come un fenomeno essenzialmente negativo, nell'Ideologia tedesca, essi sottolineano il fatto che uno sviluppo di tutte le possibilità umane implica lo sviluppo universale dei godimenti (<<... la capacità di godere di questa produzione universale di tutta. la terra»). Anche questa idea sarà largamente sviluppata nei Grundrisse 3.. Il terzo riguarda il modo di distribuzione della società futura: «... il falso principio: "A ciascuno secondo le' sue capacità", fintanto che si riferisce al godimento in senso stretto, deve essere trasformato nel principio: "A ciascuno secondo il suo bisogno"; ...in altri termini, la differenza, nell'attività, nei lavori, non determina l'ineguaglianza né il privilegio nel possesso e nel godimento» 3'. Bisognerà aspettare la Critica del programma di Gotha 34.
:1.1K. MARX.F. ENGELS,L'ideologia tedesca cit., p. 28. .1.1Tutte le citazioni dai Grundrisse saranno effettuate dalla trad. it. di Enzo Grillo in corso di pubblicazione: Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica. 1857-1858, d'ora in poi abbreviato: Lineamenti fondamentali, seguito dall'indicazione tra parentesi quadre delle pagine dell'ed. tedesca, riportate a mar-' gine dell'ed. it. cit., di cui è apparso finora solo il I voI. (Firenze, La Nuova Italia, 1968). La citazione nel testo è a p. [231]. 35
K. MARX-F. ENGELS, L'ideologia
tedesca
cit.,
p. 28.
3r. K. MARX, Lineamenti fondamentali cit., p. [585]. ;o, K. MARX-F.ENGELS,L'ideologia tedesca cit., p. 540. 39
38
~
per ritrovare questo avvertimento che non è citato molto spesso nella letteratura di pr.opaganda cosiddetta marxista... C'~ evidentemente un rapporto tra questi tre elementi nuovi del. pensiero economico di Marx ed Engels che emergono dall'Ideologia tedesca. L'universalità dei bisogni concepita come parte integrante dell'universalità dello sviluppo umano è creata dal commercio mondiale e dalla grande industria. E il rigetto di qualsiasi forma di «distribuzione secondo il lavoro» o « secondo la capacità» nella società comunista si fonda precisamente sulla necessità di assicurare questo sviluppo universale a tutti gli uomini. A partire dall'Ideologia tedesca, Marx ed Engels stabiliscono chiaramente i legami che uniscono l'abolizione della produzione mercantile e l'avvento d'una società comunista 38. Non modificheranno più questa opinione sino alla fine dei loro giorni. Concezioni che prevedono la sopravvivenza della produzione di merCi fin nella società' comunista sono in ogni caso estranee alla teoria marxista. 39
38
.
39
grad,
Ibid., pp. 25-26. B. HORVATH,Towards a Theory 01 Planned Economy, BeoYugoslav
Institute
of Economie
Researeh,
1964,
pp.
131-33.
I I
Capitolo Terzo
DAL RIFIUTO DELLA TEORIA DEL VALaRE-LAVaRO ALLA SUA ACCETTAZIONE
Per capire veramente, è meglio' cominciare col non capire. Questo vecchio adagio popolare si riflette nell'atteggiamento che il giovane Marx adotterà nei confronti della teoria del valore-lavoro, elaborata dalla scuola classica inglese d'economia politica, e ch'egli stesso sarà portato più tardi a perfezionare. Nelle note critiche che accompagnano il suo primo studio sistematico dell'economia politica I, Marx rigetta esplicitamente la teoria del valore-lavoro. Nella Miseria della filosofia, viceversa, l'accetta non meno esplicitamente ". Tra questi due scritti passano tre anni: dall'inizio del 1844 all'inizio del 1847. Qual è stata l'evoluzione del pensiero economico di Marx nel corso di questo periodo? È possibile precisare maggiormente, se non il momento esatto, almeno il periodo approssimativo in cui Marx ha accettato la teoria del valore-lavoro? Ecco le due questioni alle quali ci sforzeremo di rispondere. , Il punto di partenza di questa analisi è costituita dalle . note di lettura di Marx al tempo del suo esilio parigino, note che si scaglionano nell'arco d'un intero anno (inizio 1844-inizio 1845). L'ipotesi di lavoro secondo la quale queste note si presentano in ordine cronologico è la più verosimile; essa è stata accettata. da tutti i. commentatori
a noi noti 3. In tal senso, un attento esame di queste note ci permette già d'individuare una certa evoluzione dell'atI MEGA, I, 3, pp. 409-583. 2 K. MARX, Miseria della filosofiaeit., 3
pp. 38 sgg. Si veda specialmente D. I. ROSENBERG, op. cit., p. 95. 41
I teggiamento di Marx nei confronti della teoria del valore-lavoro. Gli economisti ch'egli commenta, in particolare, SI presentano nell'ordine seguente: Jean-Baptiste Say, Adam Smith, Ricardo (nell'edizione francese, con note critiche di Jean-Baptiste Say), James MiII, McCulloch e BoisguiIIebert. È in Adam Smith che Marx incontra per la prima volta la definizione classica del valore. Egli copia il seguente passo della Ricchezza delle nazioni: «Non è stato né coll'oro né coll'argento, ma col lavoro che tutte le ricchezze del mondo originariamente sono state acquistate; ed il valore di esse per coloro che le posseggono ed hanno d'uopo di cambiarle per alcune nuove produzioni, è precisamente uguale alla quantità del lavoro, che le medesime li abilitano ad acquistare o disporre»'. Ma non aggiunge commenti, riservando la sua critica ad un altro passo di Adam Smith, là dove questi aveva dedotto la divisione del lavoro da una esigenza dello scambio, l'esistenza dello scambio dipendendo a sua volta dall'esistenza preliminare della divisione del lavoro'. È solo affrontando Ricardo che Marx formulerà la sua polemica contro la teoria del valore-lavoro. Lo fa seguendo passo passo la polemica che Engels aveva già sviluppato sullo stesso argomento negli Umrisse zu einer Kritik der NationalOkonomie. II valore delle merci è ancora cOl'lcepitocome identico ai prezzi. Esso si com~ pone dell'apporto del lavoro e di quello dei materiali su cui opera il lavoro. Marx approva l'osservazione di Proudhon secondo la quale la rendita e il profitto sono « sovraggiunti» e costituiscono quindi un fattore di rincaro
dei prezzi 6. Marx accetta la critica di Say a Ricardo, secondo la quale quest'ultimo fa astrazione dalla domanda nella determinazione del valore. Egli riduce la legge dell'offerta e della domanda a due fenomeni di concorrenza: la concorrenZa tra fabbricanti, che determina l'offerta; la · A. SMITH,Ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni, Torino, UTET,1945, p. 30. · MEGA,I, 3, p. 458. 6 Ibid., D. 501. 42
I
I fI
concorrenza tra consumatori, che determina la domanda. lvIa quest'ultima, conclude Marx criticando J.-B. Say, si risolve in pratica in considerazioni sulla moda, i capricci e il caso 7. E non accetta la «legge degli sbocchi », che postula un'identità finale dell'offerta e della domanda, e rende così incomprensibile il fenomeno delle crisi periodiche. Ma il rimprovero fondamentale 'che Marx formula a proposito della teoria del valore-lavoro, è che l'economia politica è obbligata a fare astrazione dalla concorrenza. Ora, la concorrenza è la realtà. Per conferire una maggiore coesione alle proprie leggi, l'economia politica è dunque obbligata a considerare la realtà come accidentale e la sola astrazione come reale'. .Questa obiezione è tanto più valida agli occhi di Marx in quanto egli rimprovera precisamente all'economia politica di dissimulare il rapporto di sfruttamento contenuto nell'istituto della proprietà privata, dietro astratte considerazioni giuridiche. Se in quest'ultimo caso bisogna ridiscendere dai princìpi astratti alla realtà tangibile per comprendere la natura della «società civile », perché lo stesso procedimento non dovrebbe esser valido nel campo del valore, dove bisogna quindi allo stesso modo abbandonare l'universo delle concezioni astratte a favore della «realtà fenomenologica », vale a dire del mondo dei prezzi? · Marx lega a questa critica della teoria del valorelavoro un'osservazione molto perspicace concernente il « valore del lavoro» nella teoria ricardiana. All'inizio di questo capitolo, il filantropo Ricardo presenta i mezzi di sussistenza in quanto prezzo naturale dell'operaio, dunque anche in quanto fine unico del suo lavoro, dal momento ch'egli lavora per il salario. Che ne è dunque delle facoltà intellettuali? Ma Ricardo vuole solo confermare le distinzioni tra le varie classi. È il solito circolo vizioso del7 Ibid., D. 493. · Ibid., p. 502. · V. anche D. I. ROSENBERG, op. cit., pp. 92-93.
43
l'economia politica. Il fine, è la libertà spirituale. Dunque bisogna imporre la servitù spirituale alla maggioranza. I bisogni fisici non sono il solo fine della vita. Diventano dunque
il solo fine per la maggioranzalO.
E nello stesso contesto si scatena poco dopo contro Ricardo, quando questi afferma che solo il reddito netto (rappresentato come la somma del profitto e delle rendite) d'un paese importa, e non il reddito lordo. Nel fatto che l'economia politica contesta qualsiasi importanza al reddito lordo, vale a dire alla quantità della produzione e del consumo, astrazion fatta del superfluo, che contesta dunque qualsiasi importanza alla vita stessa, la sua astrazione ha raggiunto il culmine dell'infamia. Si scopre qui 1) che non si tratta affatto per lei dell'interesse nazionale, dell'uomo, ma solo d'un reddito netto, del profitto, della rendita, che è questo il fine ultimo della nazione; 2) che la vita d'un uomo non ha in sé alcun valore; 3) che più specialmente il valore della classe operaia si riduce ai costi di produzione essenziali, e che il loro scopo è unicamente quello di produrre il profitto dei capitalisti e la rendita dei proprietari
fondiari
".
Ma esaminando la critica di J.-B. Say e di Sismondi riguardo a questa tesi di Ricardo, Marx fa già un passo avanti. Quel che i due economisti contestano, egli dice, è"
l'espressione cinica d'una verità economica12. Per combattere le conseguenze inumane dell'economia politica, Say e Sismondi devono uscire dai suoi limiti. Ciò dimostra dunque che l'umanesimo è estraneo a questa scienza, che si tratta d'una scienza inumana. . Nonostante il vigore dell'espressione polemica, Marx lO MEGA, 11
12
I,
3: p.
504.
Ibid., p. 514. Adopererà la stessa formula concernente
il «cinico
Ricar-
do» in un articolo pubblicato nel «Vorwarts» del 7 e lO agosto 1844; Closse critiche in margine alt'articolo «Il re di Prussia e la riforma sociale», in Scritti politici giovanili cit., p. 429; riportato anche in Un carteggio del 1843 e altri scritti giovanili cit., p. 116. 44
comincia qui a difendere Ricardo contro i suoi critici, a comprendere che quel che appare come cinismo è in realtà un franco riconoscimento della realtà del modo di produzione capitalistico, che altri autori si sforzano di dissimulare. Quando commenta gli scritti di James Mill, Marx riprende il rimprovero mosso a «Ricardo e alla sua scuola ». Essa fa astrazione dalla realtà, che mostra una discordanza tra costi di produzione e valore di scambio, e resta ferma ad una « legge astratta ». Ma questi commenti segnano già un secondo passo avanti. Marx non rigetta più del tutto la «legge astratta »; la considera soltanto come « un momento del movimento reale ». Quando l'offerta e la domanda si equilibrano, sono effettivamente i costi di produ?ione che determinano i prezzi. Ma l'offerta e la doma1)da si equilibrano solo eccezionalmente, a causa delle loro oscillazioni e del loro squilibrio. L'economia politica dovrebbe dunque spiegare il movimento reale, che rappresenta un'unità dialettica di corrispondenza e non corrispondenza tra i costi di produzione e il valore di scambio 13. I cominenti agli economisti classici nelle note dI lettura dell'esilio parigino determinano l'atteggiamento che Marx assumerà nei confronti della teoria del valore negli scritti del 1844 e del 1845, in particolare nei Manoscritti economico-filosofici e in La Sacra famiglia. Va10re-lavoro e prezzi continuano ad essere considerati separatamente: il primo è sempre dichiarato « astratto », e solo i secondi « concreti ». Inoltre, come abbiamo segnalato più sopra, in La Sacra famiglia, il tempo di lavoro che è costata la produzione d'una merce è considerato come «facente parte» dei suoi «costi di produzione »; questi non sono ridotti al tempo di lavoro. Ma al momento in cui si conclude la redazione de La Sacra famiglia, Marx ha già elaborato il piano d'un'altra opera, che avrebbe dovuto costituire una Critica della 13 MEGA,I, 3, pp. 530-31 (trad. it. in K. MARX,Scritti inediti di economia politica cit., pp. 5-6).
45
tica borghese s'era distolta da Ricardo in Gran Bretagna. Non ci sono prove che Marx abbia letto sin da questo periodo Hodgskin e Ravestone, i due migliori discepoli. proletari di Ricardo. Ma Engels, che aveva studiato molto dettagliatamente l'agitazione operaia in Gran Bretagna per redigere la sua Situazione della classe operaia in Inghilterra, conosceva almeno l'effetto che questi scrittori avevano avuto su11a classe operaia e su quella borghese. Ronald L. Meek scrive in proposito:
politica e dell' economia politica. Il lO febbraio 1845 stipula con l'editore C. W. Leske un contratto ai termini del quale gli avrebbe fornito questo libro, di cui certo i Manoscritti economico-filosofici rappresentano un primo abbozzo. E sin dal 20 gennaio._1845 Erige1s lo esorta a finire il suo libro sull'economia politica 14, il che prova dunque che Marx stava già lavorando a quest'opera. Il manoscritto pare sia stato perduto 15; esisteva ancora nel 1847, perché nella sua lettera ad Annenkov del 28 dicembre 1846, Marx scrive: «Vorrei potervi inviare il mio libro di economia politica con questa lettera, ma finora mi è stato impossibile far stampare... questo lavoro... » l". Per redigerlo, Marx intraprese sin dal suo esilio a Bruxelles un viaggio di sei settimane in Gran Bretagna, in compagnia di Enge1s, e studiò specialmente tutti i libri concernenti l'economia politica che poté scoprire a Manchester ", sia a casa dell'amico che in biblioteche pubbliche e private. Ed è nel corso di questo secondo incontro sistematico con l'economia politica che scoprì l'uso socialrivoluzionario che alcuni scrittori socialisti inglesi avevano potuto fare della teoria del valore-lavoro, e delle contraddizioni ch'essa contiene in Ricardo. Tra gli scrittori studiati da Marx nel luglio-agosto 1845 a Manchester, si trovano T. R. Edmonds e William Thompson .., i quali s'erano appunto
serviti
dei teoremi
ricardiani
in questo
spirito.
(Dopo l'agosto, sarà la .volta di John Bray, che appartiene alla stessa categoria di !lutori.) Più tardi, Marx criticherà l'analisi del valore-lavoro in quanto questa creerebbe un « dIritto dell'operaio al prodotto integrale del suo lavoro ». Ma è più che probabile che lo studio di questi autori gli rivelò le ragioni apologetiche per le quali l'economia poli14 K. MARX-F. ENGELS, Carteggio, Edizioni Rinascita, 1950, p. 21. IO 16
pò 155. 17
voI.
I (1844-1851),
Roma,
D. L ROSENBERG, op. cit., pp. 279-80. Trad. it. in Appendice a K. MARX,Miseria della filosofia cit.,
F. MEHRING, Aus dem literarischen Nachlass von Karl Marx
l/Ild Friedrich Engels cit., voI. Il, p. 332. " MEGA, I, 6, pp. 597-618. -le)
1
"
Thomas Hodgskin era un nome col quale, nell'epoca successiva all'abrogazione delle Leggi sulla Coalizione nel 1824, si metteva paura ai bambini. Era probabilmente inevitabile perciò che molti economisti più conservatori giungessero a considerare la teoria del valore di -Ricardo non solo come scorretta dal punto di vista logico, ma anche come pericolosa dal punto di vista sociale. «Che il lavoro sia la sola fonte di ricchezza, scrive John Caienove nel 1832, ecco quella che sembra essere una dottrina altrettanto pericolosa che falsa, poiché disgraziatamente fornisce una leva a quanti cercano di rappresentare ogni proprietà come appartenente alle classi lavoratrici, e la parte ricevuta dagli altri come un furto o una frode ai danni degli operai. » 19
Marx, che aveva cominciato col considerare Ricardo un « cinico », non poteva non restare colpito dall'abbandono ben altrimenti cinico di questa teoria del valore a fini di conservazione sociale. Siamo convinti che tornò da Manchester a Bruxelles con delle disposizioni molto più favorevoli nei confronti della teoria del valore-lavoro. Una breve osservazione aggiunta da Marx a delle note di lettura tratte dall'economista Babbage, osservazione che data dal giugno o dall'inizio del luglio 1845, alla vigilia della sua partenza per Manchester, denota ancora una ceita neutralità nei confronti di questa teoria 20. Ma L'ideologia tedesca, redatta nella primavera del 1846, contiene due passi precisi che segnano l'accettazione della teoria 19 'R. L. MEEK, Studies in the Labour Theory of Value, London, Lawrence and Wishart, 1956, p. 124. 20 IyIEGA, I, 6, p. 601. 47
, del valor:-Ia,oro. Da una parte leggiamo: «Dalla concor. renza eglI [, . h h l ] l' a~ b'lto, d p>tlrner non a neppure Imparato... c e neil prezzo .,del pane è determinato dal costI d~l 'a concorrenza . d dl d l [ ~ro uzzone e non a placlmento e f ornazo» E d'altra parte, Marx ed Engels c?rslvo nos:ro, E. M.] 21. . scnvono an< ., h E anche per quanto . or plU c laramente.:...« . ' ,. nguarda la il dal' CostI '. dI l.aneta 'meta IlIca,. essa e UnIcamente d.etermmata d d II E 'i] 22 sqro uzzone, ossIa a avoro» [ corSIVonostro, . .iV,-, . ~mbra dunque imporsi la seguente conclusiole. e/~po ;1luglio del 1845 e prima di aver completato t84r~ ahlOM dell'Ideologia tedesca, nella primavera del '( Ì1c e ux ed Engels sOnostati definitivamente acquiSI 1S a teoria del valore-lavoro. are~be commettere un'ingiustizia. . nei . . conf rontI del.evidentemente l. d . d ne1. con f . ue amICIsospettar 1 1aver mutato posIZIOne r?ntI della teoria . ricardiana.'.unicamente a causa del val ore d l a(J.. . "'ltaZlOne d1 ta le teona, nve l ato a Marx dal
quel ch'era apparente era veramente l'espressione più diretta della realtà - e se 1'« astrazione» non poteva contenere una verità in definitiva molto più «concreta» dell'apparenza. I prezzi di mercato variano, costantemente. Ma se si resta a queste fluttuazioni, si rischia di dissolvere ben
'
.
,
,
presto
hUOsogglOr% a Manchester. Se nel giro di ~ei mesi essi d arp,0 P1tut) progredire dalla concezione eclettica esposta' ~ ?ges negli Umrisse zu einer Kritik der Nationalokofat::e ~~d u~a concez~onepiù nitida .de~val?,re-Iavoro- di t l un, conceZIOne che commCla gla a correggere d~ und debol~zze intrinseche
della teoria ricardiana
-
ciò
Ipe~ .edi~nZltutto dall'approfondimento degli studi eco.. nomiCI M, t dd" . 'lrx, e d a un superamento anal ItICOd eIle conr~l IZI01.!~ che in precedenza egli aveva creduto scoprire ne a teona del valore-lavoro. t qu.esto ~uperamento può esser colto facilmente nei e~mIllI.seguenti. Quel che aveva colpito Marx nel suo f,nmo Incontro con Ricardo e tutta la scuola classica, era
~
a~par:nt: <]>ntrastotra gli efIetti della concorrenza- le
e lt otiuazlO111 risultanti dellarelativa legge delrta e. d'ei ellaprezzi domanda _ . edalla gioco stabilità del . , . « va lore .dI se. b . l d d Il d ,am lO », etermmata a a quantlta 1 avoro . . . .. necessana a'Il d M b 1 fl l'd 'a pro UZlOne. a a en n ettere,I suo spmto so 1 ameNe ." -
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alla dialettica,
{-F, ENGELS, lb d I " p. 388. '
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economici nel caso 23. Ora,
una
breve riflessione, come pure l'esame empirico della realtà economica, rivelano che queste fluttuazioni non si verificano affatto a caso, ma avvengono attorno a un asse determinato. Se il prezzo di vendita d'un prodotto cade al di sotto dei costi di produzione, chi lo produce è eliminato dalla concorrenza. Se il prezzo di vendita dello stesso prodotto sale troppo al di sopra dei costi di produzione, chi lo produce ottiene un sovrapprofitto che attrae verso quel ramo un maggior nUD;lerodi concorrenti e provoca una sovrapproduzione temporanea il cui effetto è quello di far diminuire i prezzi. I costi di produziorie risultano quindi empiricamente essere l'asse delle fluttuazioni dei prezzi. Portando avanti nello stesso tempo i suoi studi economici (preparatori alla perduta Critica della politica e dell'economia politica) e i suoi studi storico-filosofici(preparatori all' Ideolo gia tedesca), Marx ha formulato all'incirca nella stessa epoca la sua teoria del materialismo storico, ch'è essenzialmente un determinismo socio-economico 24. La storia dell'umanità deve sempre essere studiata in rapporto alla storia dell'industria e dello scambio. L'umanità comincia a differenziarsi dal regno animale producendo i suoi viveri. Quel che sono gli uomini dipende in ultima analisi dalle condizioni materiali della loro produzione. Questa presuppone dei rapporti sociali tra loro. Il grado 23 MEGA, I, 3, p. 531 (trad. it. in K. MARX,Scritti inediti di economia politica cit., p. 6): «La vera legge dell'economia 'politica è il caso, dal cui movimento noi scienziati fissiamo arbitrariamente alcuni momenti nellaAorma di leggi». 24 P. KAEGI,op. cit., pp, 257-92, studia molto dettagliatamente le origini della dottrina del determinismo economico e di quella dell'ideologia, che secondo lui costituiscono gli elementi essenziali della teoria del materialismo storico.
49
di sviluppo delle forze produttive si riflette nel modo piiJ evidente nello sviluppo della divisione del lavoro 2'. In altri termini: la conclusione dei loro studi storicofilosofici ha riportato Marx ed Engels esattamente al punto di partenza della teoria classica del valore-lavoro, che Man: riformulerà in maniera del tutto particolare: il lavoro (astratto) è l'essenza del valore di scambio, perché in una società fondata sulla divisione del lavoro, esso costituisce il solo tessuto connettivo che permette di confrontare reciprocamente e rendere commensurabili i prodotti del lavoro d'individui separati gli uni dagli altri. C'è un parallelismo sorprendente tra il modo in cui Marx risale dai «prezzi di mercato» fluttuanti ad una riscoperta del valore di scambio, e il modo in cui un economista contemporaneo, Piero Sraffa, è passato dal marginalismo ad una teoria che riduce in ultima istanza tutti gli inputs della produz~one Q « quantità di lavoro di epoche diverse» (dated quantities
of labour)26. Entrambi effettuano questo passo facendo astrazione dalle fluttuazioni minori a breve termine, che costituiscono precisamente il punto di partenza del marginalismo. . Quando redige la. Miseria della filosofia, Marx è già diventato « ricardiano » al punto di citare Ricardo immediatamente dopo aver formulato la determinazione del vaI". re d'una merce in base alla quantità di lavoro necessaria alla sua produzione. Lo cita proprio nella parte più debole della sua teoria, quella concernente la determinazione del « valore », o del «prezzo naturale del lavoro» in base alle « spese per il sostentamento degli uomini» Nello stesso tempo, però, Marx si separa .già da Ricardo su un punto essenziale. Scrivendo ad Annenkov il 28 dicembre 1846, parla dell'« errore degli economisti borghesi che considerano queste categorie economiche come eterne e non come leggi storiche che sono leggi soltanto per un particolare sviluppo storico, per un definito sviluppo delle 27.
25
K. MARX-F.ENGELS,L'ideologia tedesca cit., pp. 16-17.
26
P. SRAFFA,Produzione di merci a mezzo di .merci, Torino,
Einaudi, 27
1960, pp. V-VII; 44-52; 113-14 ecc. K. MARX,Miseria della filosofia cit., pp. 42-43. 50
forze produttive»
28.
L'elaborazione della sua teoria del
materialismo storico gli aveva al tempo stesso permesso di cogliere il « nocciolo razionale» della teoria del valorelavoro e il suo carattere storicamente limitato. E questa concezione della natura storicamente limitata delle leggi economÌche diventa una parte altrettanto integrante della teoria economica marxista .. che la teoria del valore-lavoro. Questo carattere storicamente limitato e preciso è proprio, secondo Marx, di tutte le «categorie economiche », nelle quali egli non vede in ultima analisi che un certo rapporto sociale. Ciò è chiarito, per quel che concerne la categoria del «valore di scambio », già nell'Ideologia tedesca e nella Miseria della filosofia. Nelle opere successive, Marx non fa che tornare ancora e sempre su questo stesso principio Non è quindi ammissibile il recente tentativo di Milentije Popovic di dichiarare validi per l'intera durata della storia umana, sino alla totale scomparsa del lavoro vivo, i rapporti mercantili e il fenomeno del lavoro astratto, che rappresenta per Marx il segreto ultimo del valore di scambio 3', Marx stesso d'altronde s'è pronunziato con grande chiarezza in proposito. S'è categoricamente rifiutato di identificare la necessità d'una contabilità in termini di tempo di lavoro (che s'applica ad ogni società umana, salvo forse la società comunista più avanzata) e l'espressione indiretta di questa contabilità sotto forma di valore 30.
n Trad. it. in Appendice a K. MARX,Miseria della filosofia cit., p. 149. 20
Il professor Emile James vi scorge d'altra parte un contri-
buto valido e durevole di Marx alla scienza economica (E. JAMES, Histojre sommaire de la pensée économique, Paris, Editions Mont. chrestien, 1959, II ed. rivo e aum., pp. 168; 177. Trad. it. Storia del pensiero economico, Milano, Garzanti, 1963). 30 «Gli oggetti d'uso diventano merci, in genere, soltanto perché sonoprodottidi lavoriprivati,eseguitiindipendentementel'uno dall'altro» (K. MARX,Il Capitale, voI. I, Roma, Editori Riuniti, 1964" p. 105). I 31 M. POPOVIC,Pour une révalorisation de la doctrinede Marx sur la production ct les rapports de production, in «Qucstions actueIJes ciu Socialisme », n. 78, luglio-settembre 1965. 5]
1 di scambio32. Ed ha esplicitamenteaffermatoche quando la proprietà privata dei mezzi di produzione sarà sostituita da quella dei produttori associati, la produzione mercantile cesserà per far posto ad una contabilità diretta in ore di lavoro 33.
Si può dire che ha ragione. Si può cercare di dimostrare che ha avuto torto.. Ma non gli si può attribuire la paternità di concezioni opposte alle sue. Non si può affermare che per Marx ogni lavoro sociale vivente debba necessariamente assumere la forma di lavoro astratto creatore di valore 3.', e che il socialismo non sia la soppressione 32
Cfr. la lettera di Marx a Kugelmann dell'lI luglio 1868:
«E la forma in cui questa distribuzione proporzionale del lavoro si afferma, in una data situazione sociale nella quale la connessione del lavoro sociale si fa valere come scambio privato dei prodotti individuali del lavoro, è appunto il valore di scambio pi questi prodotti (in K. MARX,Lettere a Kugelmann, Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 78). Cfr. anche Il Capitale, voI. I, cap.), 4 (il fa. moso passo sul carattere feticistico del valore), dove Marx afferma esplicitamente che il tempo di lavoro sarà il criterio di ripartizione dei prodotti in una società socialista, in opposizione alla ripartizione mediante lo scambio basata sul lavoro e la proprietà privati (pp. 110-11). 33 «All'interno della società collettivista, fondata sulla pro. prietà comune dei mezzi di produzione, i produttori non scambiano i foro prodotti;. tanto meno il lavoro ti'asformato in prodotti-. appare qui come valore di questi prodotti, come una proprietà oggettiva da essi posseduta, poiché ora, in contrapposto alla società capitalistica, i lavori individuali non esistono più come parti cqstitutive del lavoro complessivo attraverso un processo indiretto, ma in modo diretto» (K. MARX, Critica al programma di Gotha, in K. MARX-F.ENGELS,Opere scelte cit., p. 960). 34 M. POPOVIC,op. cit.: «Gli uomini producono la loro
esistenza lavorando e producendo dei beni, dei valori d'uso. Producendo, essi incorporano il loro lavoro nel prodotto: col loro lavoro concreto, producono creano un bene determinato (il valore d'uso); col loro lavoro astratto, producono - creano il valore»
-
(p. 86). Qui e nelle pagine seguenti, l'autore suggerisce che per Marx «rapporti di produzione» e «produzione della vita mate. riale» implicherebbero sempre produzione di valore di scambio, indipendentemente dalle condizioni e dai rapporti sociali: «È in questo senso che si può dire che, nella società [sicJ, gli uomini "producono la loro esistenza" non solo perché producono dei beni, ma perché producono aI tempo stesso il valore» (p. 91). «D'altra parte, questi rapporti [di produzione] non dipendono
52
della produzione di merci, ma la sua «umanizzazione », Queste concezioni di Popovic sono contrarie a tutta la dottrina marxista 35. <:Iallavolontà degli uomini, perché si stabiliscono "alle spalle dei produttori", al di fuori dell'attività cosciente dei produttori o dei produttori associati» [corsivo nostro, E. M.], (p. 101). «In tal modo comincia anche a modificarsi la natura stessa del lavoro in quanto lavoro astratto, creatore di valore, e per ciò stesso la natura del lavoro vivo.' Il lavoro creatore di valore non è più semplice [!] dispendio della forza fisica del produttore... Il lavoro che crea il valore comincia a rivestire per l'uomo un senso più umano. In breve, s'umanizza» (p. 113), ecc. Non è questa la sede per analizzare il contenuto di queste tesi (che ci sembra dei più contestabili). Ma' è manifestamente abusivo attribuirle a Marx. «Se si parte dal fatto che i rapporti [?] del costo di produzione sono oggettivamente espressi. nei nostri rapporti di autoge~tione, si arriva alla conclusione che i prezzi di mercato sono, anch'essi oggettivamente [sic] espressi nelle nostre condizioni socioeconomiche» (p. 119). Cfr. il passo sopra citato della Critica al programmadi Gotha,dove Marx esplicitamente contesta la tesi che i prodotti conservino un « valore oggettivo» dopo il rovesciamento <:leI capitalisÌTIO::
..
Ecco un passo particolarmente
nitido di Marx a proposito
.di Proudhon, ma che si applica a meraviglia a M. Popovic: «La .determinazione del tempo del lavoro, cioè la formula che il si. gnor Proudhon ci dà quale rigeneratrice dell'avvenire, non è che l'espressione scientifica dei rapporti economici della società attuale...» (Miseria della filosofiacit., p. 57).
I Capitolo Quarto
UNA PRIMA ANALISI D'INSIEME DEL MODO 1;)1PRODUZIONE CAPITALISTICO
Tra la' fine del 1846 e l'inizio del 1848 - vale a dire, per l'essenziale, nel corso del 1847 - Marx ed Engels hanno redatto quattro opere che contengono una prima analisi critica d'assieme del modo di produzione capitalistico,. Lo studio dei grandi economisti del XVIII e del XIX secolo ha dato loro una visione del funzionamento dell'economia capitalistica ch'era mancata nelle opere giovanili. Nella Miseria della filosofia (di Marx), nelle Grundsatze des Kommunismus (di Engels), in Lavoro salariato e capitale (di Marx) e nel Manifesto comunista (di Marx ed Engels) non si tratta più d'una visione parziale della società borghese, incentrata principalmente od esclusivamente sulla miseria del proletariato. Si tratta d'una visione grandiosa, che esamina le leggi che hanno presieduto alla nascita del capitalismo, analizza i suoi meriti storici (in particolare .quello d'aver reso possibile la soppressione di tutte le classi, grazie ad un prodigioso sviluppo delle forze produttive) e fonda il movimento operaio e comunista su una analisi che si vuole rigorosamente scientifica, il materialismo storico. I punti di vista sviluppati in queste quattro opere sono praticament.e identici, almeno per quel che concerne le questioni eéÒnomiche. È possibile dunque trattarle come un insieme coerente. Non è il caso d'analizzare qui i rapporti tra Marx e Proudhon, che hanno dato luogo ad un'abbondante letteratura. Ci sembra incontestabile il fatto che questi rapporti sono passati attr-flverso tre stadi.' Dapprima una sincera 55
ammirazione di Marx per il socialista francese, operaio autodidatta già celebre, il cui stile ardito doveva sedl\rlo (Marx stesso parla delle notti intere trascorse insieme a discutere) e dal quale aveva ripreso, nel 1843 e nel 1844, l'implacabile critica della proprietà privata. Poi, una profonda delusione dovuta al fatto che Proudhon non sia stato in grado di seguire Marx sulla strada d'una appropriazione critica seria dell'economia politica classica, e che si sia lasciato trascinare nell'utopia insulsa e sterile dei labor bazars (si vedano le lettere di Engels del 16 e 18 settembre 1846) " delusione combinata con una reale indignazione di fronte alla confusione e agIi errori che abbondano nella Philosophie de la misère. Infine, a distanza di vent'anni, un giudizio più sereno, ma che mantiene, grosso modo, la critica scientificamente corretta delle tesi erronee di Proudhon. . La Miseria della filosofia costituisce il prototipo di una letteratura polemica implacabile che ha spesso ispirato - anche se non sempre consapevolmente - i discepoli di Marx. Per la storia del marxismo, rappresenta « la prima esposizione corretta e globale della concezione materialistica della storia, che fino ad allora era stata sviluppata solo in maniera sporadica, per allusioni, di passata e per schizzisommari» 3. Essa rappresenta anche « la prima opera economica che Marx abbia sempre considerato come parte integrante della sua opera scientifica della maturità»'. Dal punto di vista dell'evoluzione delle idee economiche di Marx, si tratta della prima opera che .dia una visione d'assieme delle origini, dello sviluppo, delle contraddizioni e della futura caduta del regime capitalistico, segnando da questo punto di vista un considere2
I
K. MARX-F.ENGELS, Carteggio, voI. I, pp. 44-57.
:> Si veda in particolare Miseria della filosofia cit., pp. 49-53, dove Marx dimostra che Proudhon s'inganna quando stabilisce in assoluto un nesso tra l'intensità del bisogno fisico e l'aumento della produttività del lavoro che fabbrica le merci destinate a soddisfare
tale bisogno. 3
.
o. RUHLE,Karl Marx, Leben und Werk,
Dresden, Avalun
Verlag, 1928, pp. 131-32. · P. NAVILLE,De l'aliénation à la ;ouissance cit., p. 291. 56
\'o!c progresso rispetto ai Manoscritti ecol:omico-filosofici. i~ significativo che quel che risulta dalla sua critica delle concezioni economiche di Proudhon è il fatto ch'essa resta nella linea di .tutto il lavoro critico da lui intrapreso a partire dalla critica della filosofia del diritto di Hegel: combattere la mistificazione che consiste nel creare delle categorie immutabili per mezzo di astrazioni, il che ha come conseguenza quella di proclamare l'eternità dello stato di cose esistente, e di conservare quindi tutta la sua
miseria fondamentale5.
Lavoro salariato e capitale riprende ed amplia le stesse idee, soprattutto per quel che concerne la determinazione del salario. Questa serie di articoli apparsa nel 1849 nella « Neue Rheinische Zeitung », non è altro che la riprodu. zione di alcune conferenze che Marx aveva tenuto nel 1847 davanti all'Associazione operaia di Bruxelles (si veda la lettera di Marx ad Engels' del 3 giugno 1864) 6. Un manoscritto non pubblicato, Appunti sul salario. scoperto in un quaderno intitolato Bruxelles 1847, fornisce degli sviluppi che vanno più in là del testo di Lavoro salariato e capitale. Si tratta senza dubbio dello schema della o delle conferenze che avrebbero dato origine a quelledi Lavorosalariatoe capitale7. Questo manoscritto contiene anche le note di lettura d'una decina d'economisti. . È in Lavoro salariato e capitale che Marx ha intravisto per la prima volta l'essenziale della sua teoria del plusva1òte, sia pure senza utilizzare questo termine e senza esprimersi in maniera precisa. [Il capitale]... si conserva e si accresce attraverso lo scambio con il lavoro vivente, immediato... L'operaio riceve in cambio del suo lavoro dei mezzi di sussistenza, ma il capitalista, in cambio dei suoi mezzi di sussistenza, riceve del lavoro, l'at5 E.' AGAZZI,La formazione della metodologia di Marx cit., p.481. · K. MARX-F.ENGELS, Carteggio, voI. IV (1861-1866), Roma, Edizioni Rinascita, 1951, p. 221. 7 Trad. it. Appunti sul salario (1847), in Appendice a K. MARX, Lavoro salariato e capitale, Roma, Società editrice l'Unità, 1945, pp. 5.1-65 (non ripr~dotto nelle successive edizioni). 57
tività produttiva dell'operaio, la forza creatrice con la quale l'operaio ,non soltanto ricostituisce ciò che consuma, ma conferisce al lavoro accumulato un valore maggiore di quanto aveva prima ..
Quanto ai Grundsatze dei Kommunismus e al Manifesto comunista, essi costituiscono i due progetti di « professione di fede» comunista, scritti il primo da Engels per la sezione parigina della Lega dei Giusti tra il 23 e il 27 ottobre 1847, il secondo da Marx ed Engels all'indomani del congresso della Lega tenuto a Londra nel novembre del 1847, e terminato dai due amici nel gennaio del 1848. Sono qui riprese le idee delle due opere precede~ti, in una forma più succinta ch'è diventata classica. L'origine del modo di produzione capitalistico è ora ricostruita in termini che rimarranno sostanzialmente invariati anche all'epoca della redazione del Capitale. Una delle condizioni della sua esistenza è l'accumulazione dei capitali, facilitata dalla scoperta dell'America e dall'importazione in Europa dei metalli preziosi. Ne risultò una caduta generale dei salari e delle 'rendite fondiarie feudali e un considerevole aumento dei profitti. Simultaneamente, lo sviluppo del commercio marittimo e coloniale allarga gli sbocchi e accresce il volume della produzione di merci. Una massa di merci si trasforma da prodotti di lusso in prodotti di consumo più corrente. D'altra parte la caduta della rendita fondiaria feudale obbliga la nobiltà a licenziare buona parte del suo seguito. . Una gran massa di vagabondi e mendicanti fa la sua apparizione nel XVIe XVIIsecolo, e sarà messa al lavoro dalle manifatture'. Queste manifatture non sono create da maestri artigiani, bensì da commercianti. Costoro cominciano col riunire sotto lo stesso tetto un certo numero di produttori e di strumenti di lavoro, realizzando solo le · K. MARX,Lavoro salariato e capitale, in K. MARX-F.ENGELS, Opere scelte cit., pp. 342-43. · Cfr. questa Qsservazione di Hegel scritta a Iena nel 1805: «Fabbriche e manifatture fondano la. loro esistenza proprio suIJa miseria di una classe» (cit. in G. LUKACS,1/ giovane Hegel cit., p. 463). 51)
economie che risultano da un miglior controllo e da una migliore protezione dei capitalisti contro il furto. In seguito la divisione del lavoro provoca un aumento della produttività in seno alla manifattura, finché l'impiego della forza del vapore e la rivoluzione industriale producono la grande officina moderna l0.
n modo di produzione nato in tal modo rappresenta innanzitutto dei nuovi rapporti sociali di produzione «
11.
Essere capitalistasignificaoccuparenella produzionenon
soltanto una pura posizione personale ma una posizione sociale. n capitale è un prodotto collettivo e può essere messo in moto solo mediante una attività cj)mune di molti membri, anzi in ultima istanza solo mediante l'attività comune di tutti i membri della società. » 12 La nascita del modo di produzione capitalistico implica uno sviluppo prodigioso delle forze produttive, che non avrebbero potuto nascere senza di quello 13. Marx ed Engels hanno colto la natura pl;Ofondamente rivoluzionaria di questo modo di produzione molto più nettamente e molto più lucidamente degli altri economisti della loro epoca, peraltro in maggioranza apologeti del capitale 1.1. Hanno cantato un vero e proprio quel Manifesto comunista . tima ora:
inno in sua gloria proprio in che ne avrebbe suonato l'ul-
La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali... Il continuo rivoluzionamento della produzione, l'ininterrotto scuoti mento di tutte le situazioni sociali, l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti... Il bisogno di uno smercio sempre più esteso IO K. MARX, Miseria della filosofia cit., pp. 111-14; F. ENGELS, Manifesto del partito comunista cit., p. 101. 11
12
p. 149. 13
K. MARX-
K. MARX,Miseria della filosofia cit., p. 108. K. MARX-F. ENGELS, Manifesto del partito comunista
cit.,
K. MARX,Miseria della filosofia cit., p. 81.
Marx individua persino il «lato positivo del sistema del salario» nel suo manoscritto Appunti sul salario (1847) cit., p. 64. J4
59
"
per i suoi prodotti sospinge la borJ!.hesia a percorrere tutto il globo terrestre. Dappertutto d;~ve annidarsi, dappertutto deve costruire le sue basi, dappertutto deve creare relazioni. Con lo sfruttamento del mercato mondiale, la borghesia ha dato un'impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ha tolto di sotto i piedi all'industria il suo terreno nazionale, con gran rammarico dei reazionari... Con il rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione, con le comunicazioni infinitamente agevolate, la borghesia trascina nella civiltà tutte le nazioni, anche le più barbare. I bassi prezzi delle sue merci sono l'artiglieria pesante con la quale costringe alla capitolazione la 'più tenace xenofobia dei barbari. Costringe tutte le nazioni ad adottare il sistema di produzione della borghesia, se non vogliono andare in rovina, le costringe ad introdurre in casa loro la cosiddetta civiltà, cioè a diventare borghesi..." La borghesia ha assoggettato la campagna al dominio della città. Ha creato città enormi, ha accresciuto su grande scala la cifra della popolazione urbana in confronto di quella rur.:ale, strappando in tal modo una parte notevole della popolazione all'idiotismo, della vita rurale... La borghesia elimina sempre più la dispersione dei mezzi di produzione, delle proprietà e della popolazione. Ha agglomerato la popolazione, ha centralizzato i mezzi di produzione, e ha concentrato in poche mani la proprietà... Durante il suo dominio di classe appena secolare, la borghesia ha creato forze produttive in massa molto maggiori e più colossali che non avessero mai fatto tutte insieme le altre generazioni del passato. Il soggiogamento delle forze naturali, le macchine, l'applicazione della chimica all'industria e all'agricoltura, la navigazione a vapore, le ferrovie, i telegrafi elettrici, il dissodamento d'interi continenti, la navigabilità dei fiumi, popolazioni intere sorte quasi per incanto
dal suolo
-
quale dei secoli antecedenti
immaginava
" Sul ruolo civilizzatore del capitale si veda anche Grundsatze des Kommunismus (trad. it. Princìpi del comunismo, in Appendice a K. MARX-F.ENGELS,Manifesto del partito comunista cit.,' pp. 290-. 91). In Lineamenti fondamentali cit., pp. [311-13], Marx riprende questa idea del ruolo civilizzatore del modo di produzione capitalistico, il primo modo di produzione dall'origine della società umana che avrebbe manifestato la tendenza ad estendersi sul mondo intero, o più precisamente a inglobare il mondo intero nel suo dominio.
60
che nel grembo del lavoro ~ociale stessero sopite tali forzL: produttive? li;
Ma questa descrizione ditirambica delle realizzazioni del modo di produzione capitalistico serVe sQlo a sottohneare in maniera ancora più clamorosa le contraddizioni -ch'esso produce nello stesso tempo. Perché il capitale non può accrescersi senza sviluppare al tempo stesso il proletariato. La concentrazione della ricchezza sociale nelle mani d'una classe sociale implica una concentrazione di miseria nello stato d'un'altra
classe sociale 17.
.
Per spiegare questo punto, bisogna partire dall'analisi dell'elemento di base di questa ricchezza, la merce. Il valore della merce è determinato dal tempo necessario alla sua produzione18.Ora, il capitale ha trasformato il lavoro stesso in una merce, dal momento che i proletari non possiedono altro che questa forza-lavoro, che sono costretti a vendere per ottenere i mezzi di sussistenza che sono tutti in mano ai capitalisti. Questa forza-lavoro sarà dunque anch'essa trattata come una merce, e, come per ogni altra merce, il suo valore (Marx utilizza ancora' correntemente, nel 1847, il termine ricardiano: il suo «prezzo naturale») sarà determinato dalla quantità di . lavoro necessaria alla sua produzione, vale a dire alla produzione dei mezzi di sussistenza necessari per conser-
18
K. MARX-F. ENGELS,Manifesto
del partito comunista
cit.,
pp. 1043-106 (corsivo nostro, E. M.). 17 F. ENGELS, Princìpi del comunismo, in K. MARX-F. ENGELS, . Manifesto del partito comunista cit., p. 292. 18 Negli scritti del 1846-48 Marx ed Engels non distinguevano ancora il tempo di lavoro socialmente necessario dal tempo di lavoro puro e semplice. Nemmeno distinguevano la forza-lavoro e il lavoro quando parlavano della «vendita del lavoro », del «prezzo del lavoro» ecc., formule che Marx correggerà verso la fine degli anni '50 soprattutto nei Grundrisse e nelle Theorien uber den Mehrwert. Engels sottolinea questa correzione nelle prefazioni che scrisse trent'anni più tardi per la Miseria della filosofia cito (p. 22), e per Lavoro salariato e capitale (Roma, Editori Riuniti, 19672, --pp. 18 sgg.).
61
r
vare la forza-lavoro e garantire la propagazione della « spe-
cie dei proletari » 19,
.
Il salario è mantenuto sostanzialmente a questo livello minimo in seguito alla concorrenza tra gli operai. Pur mantenendo le conclusioni della teoria ricardiana del salario, Marx ed Engels la superano largamente nell'analisi. Essi fanno dipendere il livello dei salari dal ritmo di accumulazione dei capitali 2., e d'altra parte emendano le rigide conclusioni della teoria ricardiana precisando che i salari non restano stabili, ma fluttuano, e che il « minimo vitale» (il prezzo dei mezzi di sussistenza necessari alla riproduzione della forza-lavoro) risulta da un aumento temporaneo dei salari al di sopra di questo minimo durante i periodi di alta congiuntura, e da una caduta temporanea dei salari stessi al di sotto di questo minimo nei periodi di crisi e disoccupazione di massa 21. Tuttavia, anche se ammettono che i salari possano elevarsi al di sopra del minimo vitale, durante i periodi di alta congiuntura, e che è solo grazie a questa condizione che gli operai possono bene o male partecipare ai progressi della civiltà, Marx ed Engels scoprono nondimeno una tendenza alla diminuzione di questo minimo salariale, di questo prezzo della forza-lavoro, e ciò in senso assoluto: «Poiché si trovano sempre dei mezzi per alimentare il lavoro con prodotti meno cari, più miserabili, il. minimo del salario va continuamente diminuendo»", Questa stessa idea è illustrata da Marx nella Miseria della filosofia con l'esempio del cotone (che sostituisce il lino), I. K. MARX,Miseria della filosofia cit., pp. 42-43; F. ENGELS, Princìpi del comunismo cit., p. 288; K. MARX,Appunti sul salario (1847) cit., p. 51; K. MARX,Lavoro salariato e capitale, in K. MARXF. ENGELS,Opere scelte cit., p. 339; K. MARX-F.ENGELS,Manifesto del partito comunista cit., pp. 108-109. 2. K. MARX,Appunti sul salario (1847) cit., pp. 52-53. 21 Ibid., pp. 55-56; F. ENGELS,Princìpi del comunismo cit.;
pp. 292-93; K. MARX,Discorso sulla questione del libero scambio' (Bruxelles, 9 gennaio 1848), in Appendice a Miseria della fdosofia cit., pp. 167-68. 22
K. MARX, Discorso sulla questione del libero scambio cit.,
p. 168. (,2
Jclle patate (che sostituiscono il pane) e dell'acquavite (che sostituisce il vino) 2:1. Più tardi, Marx citerà volentieri il ruolo svolto in proposito dall'introduzione del tè nell'alimentazione della classe operaia britannica. In breve, Marx ed Engels ammettono ancora a quest'epoca una legge generale della' diminuzione dei salari a lungo termine posizione che correggeranno in seguito - e Marx la definisce in Arbeitslohn e in Lavoro salariato e capitale in questi termini: il salario minimo Jei diversi paesi è differente, ma tende ad eguagIiarsi, e questo al livello più basso. Quando i salari cadono e poi aumentano di nuovo (nella fase di alta congiuntura che segue quella di depressione), non raggiungono mai il livello precedentemente abbandonato. La concorrenza tra gli operai aumenta costantemente e tende a ridurre il minimo salariale; le imposte e gl'inganni dei commercianti giocano nello stesso senso. In breve, « nel corso dell'evoluzione il salario cade dunque doppiamente: primo, 10 senso relativo, in rapporto con lo sviluppo della ricchezza generale, Ù1 secondo luogo, in senso assoluto, perché la quantità di merci che l'operaio riceve in cambio diventa sempre più piccola» 2.'. . Nello stesso tempo, riprendendo un'idea che :l'econo- . mista John Barton aveva formulato per primo", Marx elabora una legge dell'accumulazionedel capitale destinata a svolgere un ruolo particolarmente fecondo nella sua. opera successiva:
-
I
.J
È dunque legge generale, che scaturisce dalla natura del rapporto tra capitale e lavoro, che nel corso dello sviluppo delle forze produttive, quella parte del capitale produttivo che viene trasformata in macchinario e in materia prima, cioè cit., p. 52. K. MAR..'C, Appunti sul salario (1847) cit., p. 55. fI. questo il passo che permette di parlare della presenza nel giovane Marx d'una teoria della. pauperizzazione al tempo stesso assoluta e relativa. Vedremo più oltre cosa diventa questa teoria nel corso della preparazione del Capitale. .5 K. MARX,Storia delle teorie economiche, Torino, Einaudi, 1954-58, 3 volI., voI. II, pp. 621 sgg.; 636 sgg. 23 K. MARX, Miseria della filosofia 24
63
\ il capitale come tale, cresca in misura non proporzionata in confronto alla parte che è destinata al salario. In altre parole: gli operai, relativamente alla massa totale del capitale produttivo, hanno da dividersi una parte sempre più piccola di esso, e la loro concorrenza diventa dunque sempre più violenta 2..
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Quel che troviamo qui non è altro che un primo abbozzo della legge dell'aumento della composizioneorganica del capitale, da cui deriva la legge della caduta tendenziale del tasso medio del profitto, una delle leggi di sviluppo fondamentali del modo dI produzione capitalistico che Marx scoprirà qualche anno dopo. Notiamo di passata che l'ultima frase della citazione appena riportata contiene un errore di ragionamento. Il fatto che i salari (il capitale' variabile) costituiscano una frazione «sempre più piccola» del capitale produttivo nel suo complesso non implica necessariamente che la parte di questa massa salariale che tocca ad ogni operaio diminuisca in valore assoluto. Ciò dipende in effetti da tutta una serie di variabili indipendenti: il ritmo di sviluppo del capitale produttivo generale paragonato al ritmo di accrescimento della composizione organica del capitale (se il capitale produttivo totale aumenta per esempio del 20% annuo, mentre il capitale variabile vede la sua parte relativa rÌdotta del 10% nel corso dello stesso periodo, esso aumenta in valore assoluto invece di diminuire); il ritmo di aumento assoluto del capitale variabile paragonato al ritmo di sviluppo della manodopera salariata (se il capitale variabile aumenta in termini assoluti del 10% annuo, mentre la manodopera salariata aumenta solo del 5%, la parte che tocca in media ad ogni salariato può aumentare); il ritmo dell'evoluzione del tasso del plusvalore paragonato al ritmo d'evoluzione del capitale pro-o duttivo ecc. Il fatto che l'evoluzione del capitalismo implichi una concentrazione simultanea di ricchezza e di miseria ai due poli. della società è già sentito da Marx ed Engels come ", I,. MARX,Appunti sul salario (1847) cit., p. 61.
.
una delle cause delle crisi periodiche di sovrapproduzione: La società si trova all'improvviso ricondotta a uno stato di momentanea barbarie; sembra che una carestia, una guerra generale di sterminio le abbiano tagliato tutti i mezzi di sussistenza; l'industria, il commercio sembrano distrutti. E perché? Perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio 27. Il datore di lavoro perché non ha nessun perché gli operai non loro lavoro, e appunto
loro lavoro 28.
non può vendere il proprio prodotto, acquirente. Non ha nessun acquirente, possono scambiare niente altro che il per questo non possono scambiare il
D'altra parte essi presentano anche queste crisi periodiche di sovrapproduzione e l'andamento ciclico generalmente proprio della produzione capitalistica come il risultato dell'anarchia della produzione e della libera concorrenza: Questa giusta proporzione tra l'offerta e la domanda... è stata possibile solo nei tempi in cui i mezzi di produzione erano limitati, in cui lo scambio si muoveva entro limiti estremamente ristretti 29; con la nascita della grande industria, questa pp.
27
K. MARX-F. ENGELS, Manifesto
107-108.
2. K. MARX, Appunti
sul salario
del partito comunista (1847)
cit.,
cit., p. 54.
È quel che non ha compreso Proudhon, che sogna d'un ripristino della concorrenza dopo l'abolizione del capitalismo. «La concorrenza e l'associazione si sostengono l'un l'altra» scriveva nella Philosophie de la misère (Paris, Lacroix 1867, voI. I, p. 208). Marx gli ha predetto che se voleva ristabilire il regno della concorrenza in una società socialista avrebbe rischiato di riprodurre tutto il corteo di miseria e d'anarchia che lo scambio individuale e la concorrenza producono in seno alla società capitalistica. Se si desidera il progresso senza questa anarchia, bisogna conservare le forze produttive sopprimendo lo scambio (v. K. MARX,Miseria della . filosofia cit., p. 57). 29
Daniel Guérin, che pure cerca di riabilitare Proudhon come «padre dell'autogestione », è costretto a riconoscere tutto sommato la fondatezza di questa critica marxista (cfr. D. GUÉRIN,L'anal'chisme, Paris, Gallimard, 1965, p. 65).
64
65 H).~.)
giusta proporzionc dovcva cessare, c la produzione è stata fatalmente costretta a passare, in successione continua, attraverso vicissitudini di prosperità, di depressione, di crisi, di
difendere il proprio salario. Così, la coalizione operaia persegue il duplice fine di sopprimere la concorrenza tra operai allo scopo di poter condurre una concorrenza tanto più tenace contro i capitalisti. In questa lotta di classi, la massa proletaria si costituisce in classe per sé 35. E la sua lotta per la difesa del salario si trasforma ben presto in una lotta politica che mira all'abolizione del salariato, alla creazione d'una società nuova, fondata sull'appropriazione collettiva dei mezzi di produzione e sulla libera associazione di tutti i produttori. Tale società non potrà vedere la luce che quando sarà stato raggiunto un alto grado di sviluppo delle forze produttive, e conoscerà un nuovo slancio di questo sviluppo che renderà possibile la soddisfazione di tutti i bisogni dei produttori
stadi stazionari, di nuove prosperità, e via di seguito 30. Così pure nei Grundsatze des Kommunismus: Il I
La libera concorrenza che deriva necessariamente da questa grande industria assunse prestissimo un carattere estremamente violento, data quella facilità di produzione; una molo titudine di capitalisti si gettò sull'industria e in breve tempo si produsse più di quanto potesse abbisognare. Conseguenza ne fu che le merci fabbricate non potevano esser vendute, e che sopravvenne una cosiddetta crisi commerciale 31.
Da notare che le 'conseguenze della concorrenza capitalistica per quel che concerne la perequazione del tasso di profitto sono ancora indicate solo di sfuggita 32. Le crisi di sovrapproduzione dimostrano che i rapporti di proprietà e di produzione capitalistici sono diventati a loro volta dei freni allo sviluppo delle forze produttive. I capitalisti cercano di venirne fuori svalutando e distruggendo una massa di forze produttive, ricercando nuovi mercati. Ma così facendo, preparano future crisi ancora più gravi 33. A partire da questo momento, le armi che la borghesia aveva forgiato contro la feudalità si rivolgono <:ontro di lei. In seno alla società borghese, il capitale ha creato una classe sociale, il proletariato, ch'è rivoluzionaria, non foss'altro perché le sue condizioni di vita diventano sempre più insopportabili 34. Ora, questo proletariato, concentrato in grandi imprese dove comincia col dilaniarsi in una concorrenza reciproca tra tutti i proletari, prende coscienza della necessità d'organizzarsi per
pp.
30
K. MARX,Miseria della filosofia cit., p. 56.
31
F. ENGELS, Princìpi
32
K. MARX,Miseria della filosofia cit., p. 134.
del comunismo
33 K. MARX-F. ENGELS, Manifesto 107-108. 34
del
cit.,
comunista
F. ENGELS,Princìpi del comunismo cit., p. 292.
66
Abbiamo visto come le quattro opere analizzate in questo capitolo costituiscano una prima critica d'assieme del modo di produzione capitalistico, una prima applicazione concreta del metodo generale del materialismo sto- . rico ad una società particolare: la società borghese. La sintesi della sociologia e della scienza economica che Marx s'è sforzato di realizzare trae la sua enorme superiorità dal fatto ch'è fondata su una sintesi del metodo logico
(dialettica) e del metodo storico 37. Nessun'altra
t
".
cit.,
teoria
sociale è riuscita finora a realizzare una sintesi che si avvicini sia pure da lontano al successo operativo del metodo marxista. Recentemente il sociologo americano Talcott Parsons s'è sforzato di effettuare una sintesi analoga. Nel quadro d'una sociologia altamente forrnalizzata, e d'una teoria generale del1'azione, egli tratta l'economia come un caso particolare d'un «sistema sociale », specializzato nell'ac-
35
p. 292.
partito
e lo sviluppo universale di tutti gli individui 36.
K. MARX, Miseria della filosofia cit., pp. 138-39. F. ENGELS, Princìpi del comunismo cit., pp. 299-301.
'" Si veda in proposito o. MORF, Das Verhaltnis von Wirtschaftstheorie und Wirtschaftsgeschichte bei Karl Marx; Bern, A. Francke Verlag, 1951, e P. BOLLHAGEN, Soziologie und Geschichti:, Berlin, VEB Deutscher Verlag der Wissenschaften, 1966.
67
,Il 'I!
crescimento dell'« adattabilità» del sistema più vasto "'. Si può considerare fallito questo tentativo di sintesi per tre ragioni fondamentali: il suo carattere largamente a-storico; la sua incapacità di comprendere la natura fondamentalmente contraddittoria d'ogni « sistema sociale» (e d'ogni realtà); la sua tendenza abbastanza nettamente apologetica nei confronti della realtà del capitalismo contemporaneo m capitalismo dei monopoli che s'è strettamente integrato lo Stato, o neo-capitalismo). Talcott Parsons afferma, è vero, che la sua analisi si applica ad «ogni società» e ad «ogni» sistema so-
ciale 39. Ma questa ambiziosaosservazionenon regge ad una critica storica. Quando Parsons afferma che « lo stato della domanda e le condizioni della produzione» mutano continuamente in tutte le società - ad eccezione
delle economieprimitive « altamente tradizionali» 40, egli capovolge gli insegnamenti della storia economica. Di fatto, questi cambiamenti «continui» della domanda e delle condizioni della produzione non sono altro che il prodotto dell'economia mercantile generalizzata - che copre solo un'infima frazione dell'era dell'bomo. sapiens. Parsons scopre l'origine del « capitale» (definito in modo apologetico come 'l'insieme delle risorse «fluide» della società: come se la scorta di semente d'un villaggio primitivo o il gregge d'una tribù nomade vivente nel quadro del comunismo clanic~, fosse un «capitale »! Come se il capitale non fosse un rapporto sociale!) nei legami tra l'economia e la collettività politica resi possibili dal generalizzarsi del ruolo svolto dal credito all'epoca del declino del capitalismo dei monopoli. Ma allora come spiegare l'accumulazione « normale» del capitale nella grande industria all'alba del laissez-faire britannico, quando il ruolo del credito era manifestamente secondario ed esso era inoltre in larga misura privato? Il carattere a-storico degli schemi funzionalisti di Tal38 T. PARSONS-N. J'i SMELSER, Economy and Society, Routledge and Kegan PauI, 1957, pp. 6-7, 21 e passim. 39 40
Ibid., p. 83.
London,
cott Parsons appare chiaramente quando ci si rende conto del fatto che la maggior parte delle sue definizioni, nel campo economico, non sono altro che delle generalizzazioni (rese appena un po' più astratte) dei tratti essenziali d'una economia capitalistica, anzi d'un'economia capitalistica in una fase particolare del suo sviluppo. Così. la sua definizione per cui l'economia cercherebbe di conseguire il « fine» d'un massimo di produzione nel quadro
del sistema di valori istituzionalizzato41 (come se non
ci fosse stata una serie di modi di produzione i cui «valori istituzionalizzati» implicavano per l'appunto il deliberato rifiuto di «massimizzare la produzione »!). Così pure la sua definizione del « contratto» come istituto economico centrale (come se il contratto non fosse nato dalla produzione di merci) 42. L'incapacità di cogliere il carattere contraddittorio del « sistemi sociali », e a maggior ragione dei «sistemi economici », è il più importante dei tre elementi di debolezza dello schema di Talcott Parsons. Eliminando i con- . flitti tra i gruppi sociali dal fondamento della sua analisi; considerando i «sistemi» come tendenti all'« integrazione », alla «riduzione delle tensioni »; nascondendo il fatto che i «valori» dominanti d'un sistema non corrispondono affatto agli interessi di tutti i suoi membri, ma solo a quelli della minoranza dominante, Talcott Parsons non riesce a spiegare né il motore dell'evoluzione storica che passa da un sistema socio-economico all'altro (il conflitto periodico tra il grado di sviluppo delle forze produttive e i rapporti di produzione), né la forma concreta ch'essa assume (la lotta tra classi e forze sociali antagoniste). Mentre il sistema marxista permette di spiegare al tempo stesso l'origine del modo di produzione asiatico, il declino dell'impero romano, 'la nascita delle città nel Medioevo, l'avvento della grande industria, il declino della libera concorrenza, l'irruzione e la disfatta del fascismo, si cercherebbero invano nelle formule di Talcott J>arsons .. Ibid., p. 22 4Z Ibid., pp. 104 sgg.
Ibid., p. 42.
68
()9
,U 'Il
gli dementi sufficienti per comprendere questi vari fe-. nomeni. Le rare osservazioni concernenti contraddizioni sociali precapitalistiche ch'è dato trovare nell'opera di Talcott Parsons e Smelser testimoniano d'un'incomprensione a. volte quasi grottesca'". La tesi fondamentale di Talcott Parsons è d'altra parte compromessa da quest'incomprensione dei conflitti sociali e della loro radice economica. Ogni «sistema economico » pervenuto a un certo grado di sviluppo non accresce bensi riduce fortemente l'adattabilità del suo « più vasto sistema sociale ». L'evoluzidne dell'impero romano a partire dal II-III. secolo della nostra era, o l'evoluzione della Cina nel XVIII-XIXsecolo, offrono due esempi clamorosi di questa confutazione dello schema di Parsons. Quanto poi alla natura apologetica della teoria di Talcott Parsons, essa risulta soprattutto dal modo in cui egli tratta il-quadro istituzionale della società capitalistica. La in famiglia! di mano d'opera prende la decisione offrire i suoi « servigi» alle « organizzazioni» in cambio e in funzione di «remunerazioni» ed altre «soddisfazioni ». Questa decisione è presa in primo luogo (!) sulla base d'una « motivazione socializzata generale»". E cosi via. Il fatto che una classe sociale non abbia né risorse proprie né accesso ai beni di sussistenza, e ch'essa subisca perciò una costrizione economica preliminare ad ogni «motivazione socializzata », ad ogni «accettazione del
-
-
fatto rappresentato dal lavoro» - l'unica soluzione di ricambio essendo la morte per indigenza assoluta! non
-
trova posto in questa analisi « istituzionale» di Parsons. Cosi invano si cercherebbe la minima spiegazione del fatto 43
Cfr. il modo in cui Talcott Parsons tratta della schiavitù.
Gli schiavi sono comprati e venduti sul mercato «indipendentemente dai servizi che rendono» (p. 12). Ma dal momento che sono nonostante tutto degli esseri umani, i padroni di schiavi hanno sempre fatto prova d'un minimo di considerazione per la loro vita familiare (p. 137). Una breve discussione con uno specialista della storia economica della Roma antica o una breve analisi del sistema economico dei campi di sterminio nazisti gli avrebbe evitato di scrivere simili enormità. ,., T. PARSONS-N. ]. SMELSER,op. cit., pp. 114-15, 121-22. 70
che la rendita fondiaria feudale rappresenta evidentemente il prodotto del lavoro non pagato dalla nobiltà, che questa s'appropria, né il minimo tentativo di confutare l'apparente analogia tra Il sovrapprodotto sociale precapitalistico e il plusvalore prodotto in seno al modo di produzionecapitalistico.. .
Capitolo Quinto IL PROBLEMA DELLE CRISI PERIODICHE
Il!
Tra il Manifesto comunista e la «Neue Rheinische Zeitung. Politisch-okonomische Revue », nella quale Marx ed Engels formulano dettagliatamente le loro opinioni sull'andamentociclico della produzione capitalistica e sulle criiìi di sovrapproduzione che periodicamente scuotono questo modo di produzione intercorrono appena due anni. Ma che anni! Rivoluzione del febbraio 1848 in Francia; rivoluzione del marzo 1848 a Berlino; ritorno di Marx ed Engels in Germania; pubblicazione d'un quotidiano, la « Neue Rheinische Zeitung» di Colonia, diretta dai due amici; prima insurrezione proletaria nel giugno 1848 a Parigi; prima interdizione della «Neue Rheinische Zeitung »; scoppio e disfatta della rivoluzione in Italia e in Ungheria; scoppio e disfatta della rivoluzione a Vienna (dove Marx s'era recato per due mesi per preparare i lavoratori viennesi a quel che stava per succedere) '; vite toria della controrivoluzione a Berlino; scioglimento dell'Assemblea nazionale tedesca; definitiva interdiziQI,1edella «Neue Rheinische Zeitung»; espulsione di Marx dalla Germania; partecipazione di Engels alla campagna militare condotta dalla democrazia piccolo borgh~5e contro le truppe contro-rivoluzionarie nella Germania meridionalè; nuovo esilio dei due amici, stavolta in Inghilterra. Dopo aver forgiato e perfezionato la dottrina comunista in quanto dottrina della rivoluzione proletaria, ecco che i due giovani pensatori si trovano immersi nel cuore l
F. MEHRING,Vita di Marx,
p. 177.
73
Roma, Editori
Riuniti, 1966,
.
stesso dell'azione rivoluzionaria, criticando le esitazioni, le debolezze, la mancanza di logica e d'audacia della democrazia piccolo-borghese, sforzandosi d'infondere 11massimo d'energia ed ardimento ai proletari, per la prima volta apertamente in lotta con i loro nemici di classe in metà dell'Europa 2. Come tutti i rivoluzionari, Marx ed EngeJs credevano appassionatamente alla rivoluzione. Come tutti i rivoluzionari avevano la tendenza a gridare: «La rivoluzione è morta? Viva la rivoluzione, che rinascerà ben presto dalle sue ceneri! ». Ma erano degli spiriti troppo rigorosi, troppo scientifici, troppo portati alla critica spietata d'ogni pensiero, ivi compreso il loro, per restar vittime d'illusioni. Ancora nel marzo dél 1850, Marx scrive nell'indirizzo inviato dal Comitato centrale alla Lega dei comunisti in Germania che bisogna attender si ben presto una nuova rivoluzione, sia in seguito ad una ripresa della rivoluzione in Francia, sia in seguito ad una guerra di «Santa Alleanza» condotta da tutta la reazione contro. questa stessa Francia rivoluzionaria 3. Sette mesi più tardi, il 1° novembre 1850, nella Rassegna degli avvenimenti dal maggio all'ottobre 1850 apparsa nel numero di maggio-ottobre 1850 della «Neue Rheinische Zeitung », Marx ed Engels scrivono al contrario:
trebbero di più, non si può parlare di una vera rivoluzione. Tale rivoluzione è solamente possibile allorquando questi due fattori, cioè ]e moderne forze produttive e le forme di produzione borghesi, sono in contraddizione... Una nuova rivo]uzione è 50]0 possibile in seguito ad una nuova crisi. Ma è pure altrettanto certa...'
Uno studio approfondito dell'andamento ciclico della produzione capitalistica li ha portati a questa conclusione, 'che conserva il suo valore almeno per tutta la fase ascendente del capitalismo internazionale. Questo studio verte soprattutto sulla crisi del 1847 e la fase di prosperità ad essa 'seguita (e i suoi risultati sono consegnati soprattutto nella «,Neue Rheinische Zeitung », quotidiano, poi rivista trimestrale) e sulla crisi del 1857, la cui analisi è stata fatta nella corrispondenza tra Marx ed Engels e negli articoli scritti per il «New York Daily Tribune ». Già in precedenza - specialmente nella Situazione della,classe operaia in Inghilterra di Engels, nella Miseria della filosofia di Marx e nel Manifesto
Con tale prosperità generale in cui le forze produttrici della società si sviluppano così esuberantemente che non po3 In uno studio appassionante, R. ROSDOLSKYha dimostrato come l'errata concezione di Engels relativa .ai «popoli senza storia» (geschichtslose Volker, vale a dire le piccole nazioni slave), presente in tutta la «Neue Rheinische Zeitung» e in numerosi articoli scritti nel corso degli anni '50 a proposito del ruolo svolto dai cechi, dai croati, dai ruteni ecc. nella rivoluzione del 1848, risùlti in definitiva da un'incomprensione dei problemi della lotta di classe tra i contadini cechi, slovacchi, croati, ruteni da una parte e i proprietari fondiari rivoluzionari polacchi ed ungheresi dall'altra (Friedrich Engels und das Problem der «Geschichtslose Voiker », in «Archiv fUr Sozialgeschichte », IV, 1964, pp. 87-282). 3 K. MARX,Indirizzo del Comitato centrale alla Lega dei comul1isti, in K. MARX-F. ENGELS,Il partito e l'Internazionale, Roma, Edizio:1i Rinascita, 1948, pp. 87-98.
74
comunista
-
Marx
ed Engels avevano trattato brevemente del problema delle crisi periodiche. Nelle note di lettura e nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, vediamo che Marx rimprovera a Ricardo e a J.-E. Say la loro incomprensione della contraddizione tra la tendenza del capitale allo sviluppo illimitato delle forze produttive e i ristretti limiti imposti da questo stesso capitale al consumo delle masse lavoratrici. Già a quell'epoca egli distingue correttamente la domanda reale e la domanda solvibile'. Nell'Ideologia tedesca vediamo Marx ed Engels riprendere questa stessa distinzione, analizzare brevemente 1e ragioni per cui possono verificarsi delle crisi monetarie, e precisare che la crisi di sovrapproduzione non ha...come ~
· K. MARX-F. ENGELS, Revue. Mai bis Oktober, in ~ Neue Rheinische Zeitung. Po]itisch.okonomische Revue », nn. 5-6, maggio-ottobre 1850 (trad. it. in MARX-ENGELS-LASSALLE, Opere, voI. IV, seconda ristampa e corretta, Milano, Soc. editrice Avanti!, 1922, . pp. 155-56). 5
MEGA, I,
3, pp. 576-77. 75
causa una sovrapproduzione reale bensì delle perturbazioni del valore di scambio 6. Inoltre, insieme a quello del ciclo economico, Marx s'era dedicato ad uno studio più dettagliato dei rapporti tra gli interessi economici immediati e le tendenze politiche. Questo studio, Le lotte di classe 'in Francia dal 1848 al 1850, fu anch'esso pubblicato nella « Neue Rheinische Zeitung ». È importante per la storia della formazione del pensiero economico di Marx perché questi vi formula per la prima volta esplicitamente l'idea dell'appropria7.ione collettiva dei mezzi di produzione 7. Questo studio lo portò ad occuparsi di fenomeni ai quali precedentemente non aveva rivolto grande attendone. L'evoluzione dell'atteggiamento politico dei contadini francesi era incomprensibile, se non in funzione del peso che il debito ipotecario e l'imposta rappresentavano per loro. Le varie frazioni della borghesia si fronteggiavano e si combattevano in funzione della forma principale assunta dal loro capitale: proprietà fondiaria, proprietà. 'bancaria, proprietà industriale e commerciale. Lo studio economico abbandonava allora le astrazioni e le generalità per diventare spesso minuzioso '. Le fluttuazioni quasi quotidiane dei corsi in Borsa, e i dettagli della politica finanziaria del governo furono integrati nell'analisi. Sembra evidente che questa maggiore familiarità con i problemi del credito ed i fenomeni monetari preparasse i nostri due amici ad una migliore comprensione del «ciclo industriale ». Marx ed Engels tuttavia non s'erano ancora dedicati ad uno studio sistematico di questo andamento ciclico della produzione capitalistica, della successione delle fasi di ripresa economica, di alta congiuntura, di prosperità, di boom, di crack, di crisi e di depressione. Ma ecco che
nella « Neue Rheinische Zeitung », i due amici pubblicano una lassegna periodica degli avvenimenti politici ed economici correnti, che diventa a poco a poco un vero e proprio studio di congiuntura. Nel secondo fascicolo di questa rivista mensile, che ha avuto solo cinque numeri (gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio-ottobre 1850) Marx ed Engels insistono sul fatto che lo scoppio della rivoluzione di febbraio in Francia ha avuto un effetto benefico sulla congiuntura economica in Gran Bretagna. colpita dalla depressione dal 1845.
\ I
Pertanto, l'industria inglese ha potuto superare la crisi più rapidamente del previsto, e sin dal 1849 è entrata in una nuova fase di prosperità che, secondo gli industriali, supera tutte le precedenti. . In questa rassegna della congiuntura economica, Marx ed Engels sottolineano anzitutto l'importanza dei «grandi sbocchi d'oltremare» per la situazione eèonomica della Gran Bretagna (e dell'industria europea in genere). Dopo aver menzionato in proposito l'influenza delle rivoluzioni europee sul commercio internazionale, mettono in evidenza l'importanza storicamente decisiva - «fatto più importante perfino della rivoluzione di febbraio» della scoperta dell'oro in California. Il passo che segue è d'una eccezionale portata profetica, dal momento che Marx ed Engels vi prevedono il taglio del canale di Panama, lo spostamento del centro del commercio mon-
-
K. MARX-F.ENGELS,L'ideologia tedesca cit., pp. 385; 516. 7 F. ENGELS,Introduzione a K. MARX, Le lotte di classe in t'rancia dal 1848 al 1850, Roma, Editori Riuniti, 1962, p. 45. 6
8
Nel frattempo una massa di merci che deprimeva i mercati d'oltremare aveva progressivamente trovato degli sbocchi. Inoltre, la rivoluzione di febbraio ha eliminato, precisamente su questi mercati, la concorrenza dell'industria continentale, mentre l'industria inglese non subì a causa della dislocazione del mercato continentale perdite maggiori di quelle che avrebbe in ogni caso subito in seguito agli ulteriori progressi della crisi 9.
Si veda in particolare l'analisi delle misure fiscali e dell'atteg-
9 K. MARX-F. ENGELS, Revue, in «Neue Rheinische Zeirung» cit:, n. 2, febbraio 1850, p. 119 (trad. it. parziale in MARX-ENGÈLSLASSALLE, Opere, voI. IV cit.).
giamento della banca all'indomani della rivoluzione del febbraio 1848 in K. MARX,te lotte di classe in Francia cit., pp. 120-26 7(,
77
IJ
,
nr
.
diale verso l'oceano Pacifico (che resta ancor oggi solo tendenziale), la superiorità industriale e commerciale degli Stati Uniti sull'Europa (che diventerà un fatto solo più di .mezzo secolo dopo), e persino la rivoluzione cinese! 'o Se nel fascicolo 4 Marx' ed Engels tendono piuttosto ad annunziare una nuova crisi .dLsovrapproduzione Il, diventano più prudenti nel fascicolo 5-6, in cui la rassegna costituisce di fatto una dettagliata analisi dell'intera congiuntura economica del mondo capitalistico dal 1836 al 1850. Tale analisi è già in funzione al tempo stesso d'uno studio approfondito dei fatti e d'una concezione d'assieme del ciclo che riconosce il ruolo strategico di certi fattori. Così, gli autori insistono sul. fatto che in Gran Bre'tagna l'investimento dei capitali eccedenti nella costruzione ferroviaria ha dato l'impulso alla prosperità del 1843-45; l'espansione della navigazione a vapore, verso la costa occidentale degli Stati Uniti, verso l'oceano Pacifico, verso l'Australia, ha svolto un ruolo analogo. Questa ondata d'investimenti ha provocato la creazione di numerose nuove imprese, che a sua volta ha portato alla sovrapproduzione. Ma siccome la prosperità è accompagnata da una speculazione sempre più sfrenata, è la speculazione e non la sovrapproduzione che s~mbra essere la causa della crisi. Marx ed Engels rettificano a questo proposito un'impressione superficiale e insistono sul fatto che la crisi è sempre in ultima analisi crisi di sovrapproduzione IO. La crisi internazionale del 1847, cominciata sul piano ferroviario, s'estende in seguito al piano monetario e commerciale, ove è aggravata dalle conseguenze del cattivo raccolto delle patate in Irlanda, in Inghilterra, in Francia, lO Ibid., trad. it. cit., pp. 135-37. La rivoluzione cinese detta dei T'ai P'ing scoppiò infatti 1'11 gennaio 1851, meno d'un anno dopo che Marx ed Engels l'avevano prevista. Il K. MARX-F.ENGELS,Revue, in «Neue Rheinische Zeitung» cit., n. 4, aprile 1850, pp. 213-15. " K. MARX-F.ENGELS,Revue. Mai bis Oktober, trad. it. cit, p. 138.
78
"..
nei Paesi Bassi e in Belgio nel 1845..e 1846, i=heprovocò un notevole aumento del prezzo .del grano.' Marx ed Engels attribuiscono così una grande' ~mpori:anza all'interazione tra l'industria e l'agricoltura nel meccilOismodel ciclo della produzione capitalistica, Attribuiscono un'importanza altrettanto pronunziata' ai fenomeni puramente monetari e al ruolo chiave ch'essi svolgono nella genesi della crisi. Un primo episodio di panico nell'aprile del 1847, causato da un brusco aumento del tasso di sconto della Banca d'Inghilterra e dalla pubblicazione d'un bilancio settimanalè di quest'ultima che mostrava come le sue riserve d'oro fossero cadute a 2,5 milioni di sterline, non porta al crollo delle grandi case bancarie e commerciali. Questo si verificherà nell'agosto del 1847, in seguito.alla bancarotta d'una serie di case specializzate nel commercio del grano e dei prodotti coloniali, seguita da una serie spettacolare di bancarotte di banche e agenti finanziari nell'ottobre dello stesso anno. Ancora una volta, Marx ed Engels insistono sul ruolo svolto dalla sovrapproduzione reale nel meccanismo della crisi: espansione eccessiva della costruzione ferroviaria da una parte, importazione (ed esportazione) eccessiva d'una serie di prodotti coloniali dall'altra. Essi sottolineano lo stesso meccanismo analizzando la fase di prosperità del 1848-50 per l'industria britannica, contrassegnata molto meno dalla speculazione che non dalla reale espansione della produzione, soprattutto quella dell'industria cotoniera, e delle esportazioni, specie verso i paesi dell'Estremo Oriente (i nostri autori parlano in proposito del mercato delle Indie orientali olandesi « aperto» al commercio britannico) e verso l'oceano Pacifico (contrassegnato dal febbrile sviluppo della California). Màrx ed. Engels esprimono l'avviso che le irregolari fluttuazioni del prezzo del cotone rendano sempre più irritante per la borghesia britannica la sua dipendenza nei confronti della coltura del cotone negli stati del Sud degli Stati Uniti. Formulano l'opinione che la Gran Bretagna 79
i1~
cercherà di sviluppare altrove la coltura del cotone (il che s'è effettivamente verificato, soprattutto in India e in Egitto), e che sarà questa concorrenza di liberi lavoratori che porterà un colpo mortale alla schiavitù dei negri negli stati del Sud" (previsione che s'è anch'essa avverata). Sottolineano anche il ruokrmotore svolto dalla Gran Bretagna nello svolgimento del ciclo per l'insieme del mondo capitalistico. È in Gran Bretagna che comincia il movimento ciclico; è là che si produce il movimento originale. Sul continente europeo, le successive fasi del ciclo che la produzione capitalistica attraversa ogni volta di
particolare nel 1852", nel 185316 e nel 1855 17.È solo nel 1857 che questa crisi finalmente scoppierà, la durata media del ciclo nelle condizioni del capitalismo classico rivelandosi essere non già di sei-sette anni, come i due
amiciavevanocreduto in un primo tempo 18, bensì di set-
nuovo, appaiono solo sottò forma di fenomeni derivati 14. Il fatto è che la Gran Bretagna è il mercato principale per tutti i paesi del continente, e che le fluttuazioni della congiuntura britannica provocano - con un inevitabile ritardo - delle fluttuazioni analoghe nelle esportazioni, e quindi nella congiuntura di questi paesi continentali. Il fatto è che la congiuntura nei paesi d'oltremare, verso cui l'industria britannica esporta molto più che non l'industria dei paesi continentali, esercita i suoi effetti sulla Gran Bretagna ben prima di esercitarli sui paesi del continente europeo. Questa analisi ch'è molto sottile, e supera tutto quel che la scienza accademica dell'epoca aveva potuto cogliere, soffre nondimeno di parecchie debolezze. La distinzione tra crisi monetarie, che non sono che il riflesso di crisi disovrapproduzione, e crisi monetarie « autonome », che possono apparire anche in fase di prosperità, soprattutto nel. quadro dei «meccanismi automatici» retti dal gold standard, non è sufficientemente fondata. La durata del ciclo è colta in modo puramente empirico e non in rapporto con la durata del periodo di riproduzione del capitale fisso. . Queste due deficienze porteranno Marx ed Engels a predire più volte a torto lo scoppio d'una nuova crisi, in 13 Ibid., p. 148. 14 Ibid., p. 155.
:1
te-dieci anni, come Marx ha ampiamente dimostrato in seguito nei Grundrisse e nel Capitale. . Questi due fattori hanno svolto un ruolo determinante negli errori di previsione economica degli anni 1852-55. Nella « Neue Rheinische Zeitung » è l'analogia con la durata del' ciclo precedente (184 3-47) che porta Marx ed Engels a predire una nuova crisi per l'anno 1852. Negli articoli inviati al « New York Daily Tribune », sono i problemi monetari che svolgono un ruolo di primo piano nell'errata diagnosi. Durante tutto questo .periodo, la scoperta e lo sfruttamento febbrile delle miniere d'oro della California e dell'Australia hanno fortemente scosso il mercato monetario. Come indica Rjazanov nel suo commento agli articoli del 1852 19, Marx ha più tardi, nel terzo volume del Capitale 20, corretto l'impressione che aveva avuto a quell'epoca 15
16
Pauperismo e libero scambio. La minaccia d'una nuova crisi
commerciale (Londra, 15 ottobre' 1852), art. inviato al «New York Daily Tribune », in K. MARX-F.ENGELS,Gesammelte Schriften 1852-1862, a cura di Rjazanov, Stuttgart, Dietz VerIag; 1920, voI. I, p.33. 17
Serie d'articoli pubblicati sotto il titolo: La crisi commer-
ciale in Gran Bretagna nella « Neue Oder Zeitung» dell'1l-25 gennaio 1855 e nel «New York Daily Tribune» del 20 gennaio 1855. 18 «In economia politica non bisogna mai, per principio, raggruppare 'le cifre di un solo anno per trame delle leggi generali. Bisogna sempre considerare il termine medio di sei o sette anni, lasso di tempo durante il quale l'industria moderna passa per le diverse fasi di prosperità, di sovrapproduzione, d'inerzia, di crisi e conclude il suo ciclo fatale» (K. MARX, Discorso sulla questione del libero scambio (1848), in Appendice a Miseria della filosofia cit., p. 163). . '9 D. R]AZANOV,in K. MARX-F. ENGELS,Gesammelte Schrijten 1852-1862 cit., voI. I, p. 453. 20
80
Ibid., p. 149. Si veda anche la lettera di Marx ad EngeIs
del 19 agosto 1852, in K. MARX-F. ENGELS, Carteggio, voI. II (1852-1856), Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 10l.
K. MARX,
pp. 589-90.
Il Capitale, voI. III, Roma, Editori Riuniti, 1965, 81
che l'accumulazione dell'oro alla Banca d'Inghilterra non poteva risultare che dalle fluttuazioni della bilancia commerciale, strettamente legate alla congiuntura economica britannica e internazionale. Questa accumulazione poteva anche risultare da bruschi aumenti della produzione dell'oro, spedito in Gran Bretagna, ed esercitare così un'influenza autonoma sulla congiuntura. Tocchiamo qui uno degli aspetti del duplice carattere dell'oro, al tempo stesso equivalente generale di tutte le merci (funzione che sembra esercitare indipendentemente dal suo valore intrinseco) e merce esso stesso, metallo prodotto dal lavoro umano, il cui valore fluttua con l'andamento della produttività nella industria aurifera. Qualche anno dopo, redigendo i primi capitoli di Zur Kritik der politischen Oekonomie, Marx sottolineerà questo fenomeno contraddittorio. Nel 1852, Marx aveva ancora ragionato per pura analogia: poiché la storia delle crisi c'insegna che l'accumulazione d'un eccesso di capitali nelle banche stimola la speculazione sino al parossismo, e che questo surriscaldarsi della congiuntura precede di poco la crisi 2\ l'eccesso di capitali che esiste nel 1852 deve necessariamente stare ad indicare una prossima crisi. Qualche mese più tardi, nel gennaio del 1853, è però già portato a correggere tale
impressione22. Nonostante questa errata previsione,l'ahalisi della congiuntura economica del 1852 contiene degli elementi validi, in particolare la seguente pertinente osservazione, che ha conservato il suo valore sino all'epoca contemporanea: Non si è mai dato un periodo di prosperità nel corso del quale essi [gli ottimisti borghesi] non abbiano colto l'opportunità di dimostrare che questa volta l'implacabile destino sarebbe stato vinto. Ma il giorno in cui ~coppiòla crisi, simulavano l'innocenza e attaccavano con moralistica indignazione e banali rimproveri il commercio e !'industria perché non avevano fatto prova di sufficienteprecauzione e previdenza 23.
Quanto poi alla « crisi» del 1854-55, l'errore di Marx 01 K. MARX-F. E!l:GELS, Gesaml/1elfe 00
Ibid., pp. 64-72.
03
Ibid., p. 34.
Scbriftel1
~ ~ ."
fu anche più perdonabile, perché non derivò semplicemente da ragionamenti per analogia o da deduzioni astratte. Ci fu effettivamente una crisi di sovrapproduzione dell'industria cotoniera, causata specialmente da una diminuzione delle esportazioni verso l'Australia (dove nel corso dei due anni precedenti c'era stata mia speculazione eccessiva in seguito al boom dell'oro). Ci furono anche gravi fluttuazioni sul mercato monetario, causate da una brusca caduta dell'apporto dell'oro americano e australiano. Numerosi fallimenti nei paesi d'oltremare altri ne produssero di importanti ditte britanniche. Nondimeno, come precisa Rjazanov nel suo commento agli articoli di Marx del gennaio ] 855 24, non si trattava d'una crisi generale bensì d'una crisi parziale, nel corso della quale s'è rivelato ancora una volta il ruolo autonomo del fattore monetario. Nei suoi articoli del gennaio 1855, Marx sottolinea.1a eccezionale importanza dei mercati americano ed australiano per l'espansione della produzione industriale e delle esportazioni britanniche. Tali esportazioni erano più che. raddoppiate tra il 1842 e il 1853. Ma sui 100 milioni di sterline esportati dalla Gran Bretagna nel 1853, il 40% andava a quei due paesi (25 milioni agli Stati Uniti e 15 all'Australia). Ora, dei 45 milioni di sterline di merci britanniche esportate nel 1842, l'Australia non ne assorbiva un milione e gli Stati Uniti solo 3,5 (il che equivaleva, per i due paesi presi globalmente, al 10% delle esportazioni britanniche). L'aumento delle esportazioni britanniche, ch'era stato di oltre 50 milioni di sterline in quel decennio, risultava dunque assorbito per circa 1'80% dai due « nuovi» mercati d'oltremare. Dal momento che questo boom delle esportazioni sembrava ora cessato, non si poteva pensare che fosse l'intera fase di prosperità ad essere colpita a morte? Come si vede, in quel momento, l'errore di previsione di Marx s'era fondato su basi più solide di quello del 1853. Quel che l'autore del Capitale aveva stavolta sottovalutato, era l'effetto stimolante della guerra di Crimea sulla congiuntura economica. L'esperienza storica fornisce
cit., voI. I, p. 33.
'4 Ibid., voI. II, p. 500. 82
83
(11I'itale301.Ma questi otto anni di studio dei problemi l'IlIlgiunturali avranno fornito a Marx gli strumenti concetIlIItlicon i quali ci darà nel Capitale, se non una teoria completa del ciclo capitalistico - non ebbe il tempo di
qui un esempio di quel che Rosa Luxemburg chiamerà più tardi il ruolo di «sbocco sostitutivo» che le commesse
-:1
dello stato possono svolgere rispetto agli sbocchi esterni 25. Le forniture all'esercito e lo sviluppo dell'industria bellica hanno largamente compensato la contrazione delle esportazioni verso l'Australia. D'altra parte, Marx più- tardi l'ha riconosciuto, poiché nel terzo volume del Capitale classifica gli anni 1854 e 1855 tra quelli di prosperità. Ma !'anno seguente l'analisi del boom effettuata prima da Engels (lettera a Marx del 14 aprile 1856), poi da Marx (lettera ad Engels del 26 settembre 1856) risulta corretta Un «magnifico crack» (Engels a Marx, 29 ottobre 1857) 27gli succede spalancando le porte alla crisi. Stavolta i due amici erano dotati delle conoscenze e in possesso dei dati empirici necessari per seguire passo passo lo sviluppo della crisi. La crisi del 1857-58 era d'altra parte più generale di quelle precedenti: s'estendeva su un'area geografica più larga e toccava tutti i rami dell'industria. È nel corso dello studio della crisi del 1857-58 che Marx scopre per la prima volta i rapporti tra la durata del ciclo e quella della riproduzione del capitale fisso. Pone in proposito un quesito ad Engels nella sua lettera del 2 marzo 1858, e l'amico gli risponde diffusamente due giorni dopo 28. Così il circolo è chiuso, e Marx ed Engels correggono ora nel senso del ciclo decennale l'erronèa supposizione d'un ciclo sessennale avanzata sette anni prima. Ormai solo la Cina appare a Marx come un possibile sbocco supplementare nel corso del ciclo che seguirà la - crisi del 1857-5829; ed egli prevede correttamente che non sarà facile spezzare la resistenza che l'agricoltura cinese arcaica e parcellare opporrà alla pene,;razione del gran
I(.digerla
26.
I!<
2. R. LUXEMBURG, L'accumulazione
del capitale,
di, 1968, nuova ed., pp. 455 sgg. 26
Torino,
Einau-
-
K. MARX-F.ENGELS,Carteggio, voI. II, pp. 416-17; 443-44.
27 Ibid., voI. m (1857-1860), Roma, Editori Riuniti, 1951, . p. 104. .
I ,j
i
I
I
-
almeno gli elementi
principali
per costruire
IlIle teoria. Questi elementi hanno d'altra parte largamente ispirato uli economisti che, a partire da Tugan-Baranowsky - lui ,lesso «marxista legale» - hanno sviluppato nel xx ~ccolo le varie teorie dette delle crisi periodiche 31. Alvin Ifansen afferma che «il professar Aftalion, come pure Cassel e Spiethoff, deve molto a Marx e alle idee tratte da Marx ed altri... I suoi scritti sono pieni di suggerimenti che hanno esercitato una grande influenza sul pensiero non marxista relativamente ai cicli, nonostante che gli autori non ortodossi non sempre abbiano riconosciuto l'ampiezza del loro debito nei confronti di Marx o non se ne siano nemmeno resi conto» 32. Questa osservazione si applica in particolare a coloro i quali, come gli autori precitati, hanno costruito la loro teoria delle crisi sulla durata del ciclo di ricostituzione del capitale fisso, o, se si vuole, sull'attività d'investimento (d'accumulazione di capitale) come motore principale del ciclo. Ma si applica ~nche a coloro i quali hanno creduto di poter scoprire nel sottoconsumo delle masse la causa principale delle crisi cicliche. Di fatto le due idee sono presenti nell'opera di Marx per la semplice ragione che per _
30
V. il suo articolo Il commercio con la Cina, apparso nel
«New York Daily Tribune » del 3 dicembre 1859, in MARX-ENGELS, Werke, t. 13, Berlin, Dietz Verlag, 1961, pp. 540-47. 31 I
M. TUGAN-BARANOWSKY,Studien
zur Theorie
und Geschichte
der Handelskrisen in England, Jena, G. Fischer Verlag, 1901. Il libro di Tugan-Baranowsky è stato analizzato criticamente in particolare da R. LUXEMBURG, L'accumulazione del capitale cit., pp. 301314. 32 A. H. HANSEN,in A. H. HANSEN-R.V. CLEMENCE(a cura di), Readings in Business Cycles and National Income, New York, Norton and Co., 1953, p. 129. Cfr. anche w. LEONTIEV,The Significance
28
Ibid., voI. III, pp. 180-81; 181-83.
01 Marxian Economics lor Present Day Economic Theory, in « American Economic Review», XXVIII, lO marzo 1938, supplemento.
29
Il?id., voI. III, p. 241.
p. 3.
84
85
lui la causa del1e crisi risiede al tempo stesso nella concorrenza capitalistica
-
menti capitalistici bile»
il carattere
irregolare
degli investi. solvi. presenta rispetto aJla
e nel ritardo che la
delle masse necessariamente
« domanda
capacità di produzione globale della società 33. Capitolo Sesto
'.:,
33 Abbiamo esaminato questo problema in maniera più dettagliata nel nostro Trattato di economia l11arxista, Roma. Samonà e Savel!i, 1965, voI. I, pp. 561 sgg.
IL PERFEZIONAMENTO DELLA TEORIA DEL VALORE, DELLA TEORIA DEL PLUSVALORE E DELLA TEORIA DELLA MONETA La crisi del 1857 aveva ridotto le risorse già molto magre di Marx; il« New York Daily Tribune» limitò i suoi contributi a due articoli la settimana. Essa aveva nondi. meno stimolato il suo ardore e la sua gioia per il lavoro, al punto che il 18 dicembre 1857 scrive ad Engels:
« Lavoro moltissimo.Per lo più sino alle 4 del mattino»
I.
Questa attività si concentrò su due punti: la minuziosa registrazione dei «fatti e misfatti» della crisi; l'elaborazione delle « linee fondamentali» dell'analisi economica'. Da queste ultime ricerche nasceranno Per la critica dell'economia politica, i Grundrisse e le Theorien iiber den Mehrwert, che costituisconoil complessodegli studi direttamente preparatori all'elaborazione del Capitale. Da molto tempo Marx aveva nutrito la speranza di redigere in maniera sistematica una critica dell'economia politica borghese, come pure l'esposizione delle proprie concezioni in materia economica. Vi aveva fatto allusione sin dal 1851, scrivendo il 2 aprile di quell'anno ad Engels 3 che entro sei settimane avrebbe finito con tutta quella K. MARX-F.ENGELS,Carteggio, voI. IU, p. 130. Cfr. la lettera di Marx a Lassalle del 21 dicembre 1857: « L'attuale crisi commerciale mi ha incitato a dedicarmi ora minuziosamente alla elaborazione dei lineamenti fondamentali dell'economia, ed anche a preparare qualcosa suIIa crisi presente» (in r LASSALLE,Nachgelassene Briefe und Schriften, herausgegeben \'on G. MAYER.Stuttgart, Deutsche Verlagsanstalt, 1922, voI. l'n. p. 111). l
,
3
K. MARX-F. ENGELS: Carteggio. 87
voI. I, p. 213.
«
merdaeconomica»in biblioteca(la bibliotecadel British
Museum) e che avrebbe elaborato in seguito «l'economia» a casa. Ma la necessità d'un lavoro giornalistico per sO\;venire ai suoi bisogni a partire dal 1852, delle difficoltà familiari e una salute precaria hanno ritardato di quattro anni l'esecuzione di questo piano. La redazione dei Crundrisse fu iniziata nel settembre del 1857". E M. Rubel nota che dall'agosto del 1852 alla fine del 1856 Marx è _ stato costretto a rinunziare ai suoi studi economici 5. Il fatto che Lassalle poté trovare un editore che si impegnò a pubblicare l'opera economica di Marx in fascicoli stimolò la redazione finale; questa tuttavia fu portata
a termineper il primo fascicolo(Per la criticadell'economia politica) solo il21 gennaio 1859. Annunziandolo ad Engels, come opportunamente ricorda Franz Mehring nellà sua biografia di Marx, questi non. poté fare a meno di sospirare: «Non credo che nessuno abbia mai scritto sul denaro con una tale mancanza di denaro » 6. È tra queste due date del 18 dicembre 1857 e del 21 gennaio 1859, o più esat~amente tra il novembre 1857 e la fine di giugno 1858 che si collocano verosimilmente i contributi più validi che Marx avrà apportato allo sviluppo della scienza economica. Li annunziò ad Engels in una lettera del 29 marzo 1858, che contiene al tempo stesso la: notizia che l'editore Duncker aveva accettato la pubblicazione del suo manoscritto economico. Glieli espose sommariamente tre giorni dopo e ne riassunse il significato il 22 luglio 1859: cercare di dimostrate il carattere specificamente sociale, e per nulla assoluto, del modo di produzione capitalistico a partire dal suo fenomeno più semplice, la merce '. Per la critica dell' economia politica è nota soprattutto per la sua prefazione, che riassume la teoria del materia, V. la Prefazione dell'Istituto Marx-Engels-Lenina K. MARX, Grundrisse, ed. ted. cit., p. IX. . 5 M. RUBEL.Karl Marx. Essai de biographie intellectuelle, Pariso Rivière, 1957, p. 297. 6 F. MEHRING,Vita di Marx cit., Q. 255. . 7 K. MARX-F.ENGELS, Carteggio, voI. III, pp. 195; 196-202; 323.
88
lismo storico con le parole stesse del suo autore, e sulla quale non dobbiamo qui dilungarci. L'opera vera e propria ha avuto invece scarsa risonanza, sia all'epoca della sua pubblicazione che ai nostri giorni, a causa del suo carattere astratto; Engels d'altra parte se n'era già lamentato quando Marx gli aveva tracciato le grandi linee del lavoro '. Nondi-' meno, questo libro contiene la maggior parte dei contributi specifici di Marx allo sviluppo della teoria economica, da lui elabbrati molto dettagliatamente nei Crundrisse, opera rimasta. sconosciuta al pubblico sino all'indomani della seconda guerra mondiale. . Esso si presenta innanzitutto come un perfezionamento della teoria del valore-lavoro, elaborata dagli esponenti della scuola classica: William Petty, Adam Smith e Ricardo. Ma costituisce al tempo stesso un perfezionamento delle teorie economiche che Marx stesso aveva elaborate fino all'epoca del suo nuovo esilio inglese. In Lavoro salariato e capitale, come in tutte le precedenti opere di Marx, la distinzione tra «lavoro» e « forza-lavoro» non è ancora stabilita. Per questo Marx non poté dare in esse un'analisi scientifica del plus-valore, che risulta precisamente dalla scoperta d'un valore d'uso specifico della forza-lavoro. O meglio, né la Miseria della filosofia, né il Manifesto comunista, né Lavoro salariato e capitale contengono ancora la nozione di plus-valore. Allo stesso modo, in tutte queste opere, Marx non aveva ancora chiarito definitivamente il segreto del valore di scambio delle merci. Pur essendo stato acquisito alla teoria del valore-lavoro sin dal suo esilio a Bruxelles, non aveva ancora appreso a distinguere il valore di scambio dai prezzi di produzione né questi dai prezzi di mercato. Così, nella Miseria della filosofia, Marx non distingue il valore di scambio dai prezzi; questi sono completamente spariti dall'analisi. In Lavoro salariato e capitale, il termine « valore di scambio» scompare a sua volta per far posto ai prezzi. Ma quel che gli economisti avevano in precedenza
8
Ibid., pp. 202-203. 89
.,..
considerato come una contraddizione inaccettabile" è ora compreso come una realtà di natura eminentemente dialettica: «solo queste oscillazioni determinano nel loro corso il prezzo secondo i costi di produzione. Il movimento complessivo di questo disordine è il suo ordine» IO. È in Per la critica dell'economia politica che Marx perfezionerà la sua teoria del valore, e al tempo stesso la teoria del valore-lavoro in generale, formulando la sua teoria del valore astratto, creatore di valore di scambio ". Egli distingue le due forme di lavoro, il «lavoro concreto » che crea il valore d'uso,' e il « lavoro astratto », vale a dire la frazione del tempo di lavoro sociale globalmente disponibile in una società di produttori di merci, separati gli uni dagli altri dalla divisione sociale del lavoro, ch'è produttore di valore di scambio. Le due forme del valore, valore d'uso e valore di scambio, si fondano su queste due forme di lavoro. Marx considera questa analisi della merce come il punto d'arrivo di più d'un secolo e mezzo di evolu,zione dell'economia politica classica E dopo aver sviluppato dettagliatamente la propria analisi, si sforza di rappresentare il processo storico concreto grazie al quale la scienza economica perviene ad una concezione corretta della natura del valore di scambio, riconoscendo il contributo di ciascu-
no dei grandi economisti del XVIII e dell'inizio del XIX secolo, ma non mancando nemmeno dì sottolineare le deficienze di cui soffre l'analisi in ciascuno di 'loro. 11 piccolo annesso al primo capitolo di Per la criticd dell'economia politica, intitolato Notizie storiche sul/'analisi della merce, si presenta quindi come il riassunto d'un'opera consacrata alle teorie sul' 'valore che serve da prefazione alle teorie sul plusvalore 13.
J
" E lui stesso nelle Note di lettura e nei Manoscritti econo-
i
,
Opere scelte cit., p, 338. Il Nell'Introduzione Marxdescriveil metododialetticoche gli '
ha permesso di scoprire la categoria del lavoro astratto (v, K. MARX, Per la critica dell'economia politica cit., pp. 187-95). Naville insiste a giustO titolo sul fattO che questa categoria si trov~ già in potenzain altri autori, in particolare in Hegel e in Adam Smith (cfr, p, NAVa!.E, Ve l'aliénation à la jouissance cit. , p. 339). Marx stesso indica che Benjamin Franklin aveva fatto grandi progressi sulla s:rada della scoperta di questa categoria del lavoro astratto (v, Per 1,/ critica dell'economia politica cit., pp. 42-43). Rosdolsky sottOlinea il fatto che in Ricardo il carattere specifico del lavoro astratto creatore di valore, distinto dal lavoro concretO produttore di vaI01'<.: d'uso. non è analizzatO (R. ROSDOLSKY, Ein l1eomarxistisi:bo Lebrblld
da f>ol;tiscbellOeko'nol7lie,in
"
K,
:<-IARX,
«
Kyklos », XVI,1963, n, -I, p. 6-121.
Per la critica dell'economia politie" cit., p. 39, 90
due
pagine
che riassumono
le critiche
avanzate
in
Il
12.
n.'ico-filosofici del 1844, 'o K, MARX,Lavoro salariato e capitale, in K, MARX-F,ENGELS,
'Le
genere contro la teoria del valore di Ricardo costituiscono al tempo stesso il riassunto dei contributi particolari di Marx allo sviluppo della teoria economica. Si tratta, come lui stesso li chiama, della teoria del lavoro salariato (reciproca rispetto alla teoria del plusvalore), della teoria del capitale, della teoria della concorrenza e della teoria della rendita fondiaria. Su tutti questi punti formula delle risposte convincenti alle critiche. Se il lavoro costituisce l'essenza del valore di scambio, qual è allora il valore di scambio del lavoro? Non si cade in un circolo vizioso facendo del valore di scambio la misura dèl valore di scambio? Questa obiezione si riduce al seguente problema: dato il tempo di lavoro in quanto criterio del valore di scambio, come si può determinare il salario? " Come si effettua lo scambio tra il capitale e il lavoro. sulla base oggettiva d'uno scambio equivalente? Marx risponde:
I
i
I
Se per mantenere in vita un operaio per una giornata lavorativa occorresse una giornata lavorativa, il capitale non esisterebbe, giacché la giornata lavorativa si scambierebbe con il suo stesso prodotto, e ciò renderebbe impossibile la valorizzazione e la stessa conservazione del capitale in quanto capitale... Se invece occorre, per esempio, soltanto mezza 13
Non analizzeremo nel presente studio le Theorien iiber de!l
Mebrwert considerate come il IV volume del Capitale benché la loro redazione preceda quella del I volume. K. MARX,Per la critica dell'economia politica cit., pp. 48-49.
l. 15
Ibid., p. 48. 91
/
fl'
giornata lavorativa per mantenere in vita un oper;lio per un'intera giornata lavorativa, allora il plusvalore del prodotto risulta automaticamente...'"
Non è lo scambio che crea il plusvalore, bensì un
processograzieal quale il capitalistaottiene senzascambio,
1
senza equivalente, gratuitamente, del tempo di lavoro cristaIHzzato in valore. E questo processo non è nient'altro che il godimento da parte del capitalista del valore d'uso della forza-lavoro, che ha la caratteristica di poter produrre valere ben oltre l'equivalente del proprio valore di scambio, delle spese del proprio mantenimento, una volta dato un determinato livello di produttività del lavoro, senza il quale il modo di produzione capitalistico sarebbe inconcepibile. È dunque questa sottile distinzione tra il valore di scambio e il valore d'uso della forza-lavoro che appare come il fondamento della teoria marxista del plusvalore, il contributo principale di Marx allo sviluppo della scienza economica
17.
Se è valore d'uso per il capitale, il lavoro è semplice valore di scambio per l'operaio; un valore di scambio tangibile. È questa la sua posizione all'atto dello scambio col capitale dato che viene venduto per denaro. Il valore d'uso di una cosa non riguarda per nulla il suo venditore in quanto tale, ma soltanto il suo compratore. La proprietà del salnitro di poter essere usato in polvere non determina il prezzo del salnitro stesso; questo prezzo è determinato dai suoi costi di produzione, ossia dalla quantità di lavoro in esso oggettivato. Nella circolazione, in cui i valori d'uso entrano come prezzi, il loro valore non risulta dalla circolazione medesima, anche se è in essa che il valore si realizza; il valore le' è p r e su pposto e viene soltanto realizzato attraverso lo scambio con 16 K. MARX,Lineamenti fondamentali cit., p. [230]. " Marx stesso ha considerato che la sua analisi del plusvalore in generale. al di là delle sue forme specifiche del profitto, dell'interesse, della rendita fondiaria ecc., costituisce il suo merito principale (v. la lettera ad Engels del 24 agosto 1867, in K. MARXf. ENGELS,Carteggio, voI. v (1867-1869), Roma, Edizioni Rinascita, 1951, p. 52. 92
denaro. In t,Il modo il lavoro l' che l'operaio vende come valo r c: d' uso al capitale, rappresenta per l'operaio il suo valore di scambio, che egli vuoi realizzare, ma che è giil de t e r m i n a to prima dell'atto di questo scambio,... Il valore di scambio del lavoro,... è perciò presupposto, predeterminato,... Esso non è determinato dal valore d'uso del lavoro. Per l'operaio stesso il 'lavoro ha un valore d'uso soltanto in quanto è valore di scambio, non in quanto pro. duce valori di scambio. Per il capitale invece esso ha valore di scambio solo in quanto ha valore d'uso... Che l'operaio non possa dunque arricchirsi attraverso questo scambio, è evidente:... egli cede la sua forza creativa in cambio della capacità di lavoro già fissata in una precisa misura... Egli si priva del lavoro come capacità di produrre ricchezza; il capitale se l'appropria come. tale. La separazione tra lavoro e proprietà del prodotto del la~oro, tra lavoro e ricchezza, è perciò posta già in questo atto d,ella scambio ".
Se il valore di scambio d'un prodotto è eguale al lavoro ch'esso contiene, misurato in base al tempo di lavoro, come può il valore di scambio d'una giornata di lavoro essere diverso dal prodotto di questa giornata di lavoro, come può il prodotto d'una giornata di lavoro essere superiore al salario percepito dall'operaio per questa stessa giornata .di lavoro? Questa obiezione, dice Marx, si riduce al 18
Questo passo sembra dar ragione a Pierre Naville, che ha
affermato che nei Grundrisse Marx non distingue ancora « lavoro» e « forza-lavoro» (v. P. NAVILLE,De l'aliénation à la ;ouissance cit.,
-
p. 432). In realtà, se si trova nei Grundrisse come pure d'altronde nelle Theorien iiber den Mehrwert - qualche passo in cui questa distinzione effettivamente non è fatta, c'è un gran numero di luoghi in cui Marx distingue benissimo «lavoro» e «forza-lavoro» (Arbeitsvermogen). Si veda specialmente Lineamenti fondamentali cit., pp. [200 sgg.; 491; 497; 502-503; 565-66] ecc. Particolarmente tipico il passo a p. [566]: esso parla dello scambio della «forzalavoro », del valore d'uso di questa «forza-lavoro », che per l'appunto permette la val6rizzazione deL.capitale: «Per il fatto dunque di aver ottenuto nello scambio la forza-lavoro come equivalente, il capitale ha ottc;nuto '.nellçJ scambio il .tempo di lavoro... senza equivalente ». .9 K. MARX, Lineamenti fondamentafi cit., pp. [213-14].
93
problema seguente: come può la produzione, basata sul valore di scambio determinato in base al puro tempo di lavoro, portare al risultato che il valore di scambio della forza-lavoro sia inferiore al valore di scambio dei prodotti dì questa stessa forza-lavoro? . La difficoltà è risolta grazie all'analisi del capitale che ottiene il plusvalore, cioè si riduce anch'essa al problema della determinazione del valore della forza-lavoro in una società in cui tale forza-la.voro è diventata una merce, in virtù della creazione d'una classe sociale separata dai suoi mezzi di lavoro, il che presuppone .la concentrazione di questi stessi mezzi di produzione. come proprietà privata d'un'altra classe sociale. È questa giustapposizione di due classi sociali, l'una obbligata a vendere la sua forza-lavoro all'altra, che trasforma la forza-lavoro in merce, e i mezzi di produzione in capitale. E questa trasformazione basta a spiegare al tempo stesso il valore di scambio di questa forza-lavoro e la necessaria differenza tra il valore prodotto dalla forzalavoro e il valore di questa, differenza che costituisce il plusvalore. Se non esistesse questa differenza, il proprietario del capitale non avrebbe interesse ad acquistare la forza-lavoro, e questa non potrebbe essere venduta. . Teoricamente il problema si riduce alla distinzione del valore di scambio della forza-lavoro (il salario, il valore di tutte le merci necessarie alla ricostituzione della forzalavoro) e del suo valore d'uso (ch'è precisamente quello di fornire al suo acquirente del lavoro gratuito, al dilà del limite entro il quale ha prodotto l'equivalente del proprio valore di scambio, delle proprie spese di mantenimento). Storzcamente, il problema si riduce all'analisi della formazione del proletariato moderno, della creazione d'un esercito di riserva industriale, della separazione degli artigiani e dei contadini dai loro mezzi di lavoro, della trasformazione di tutto il suolo in proprietà privata (soppressione dei beni comunali ecc.), vale a dire della creazione d'una classe sociale costretta dal suo stato d'indigenza e dalla insicurezza della sua esistenza ad accettare di vendere la
sua furza-lavoro al «prezzo di mercato" determinato dalla legge del valore '''. Affinché il denaro diventi capitale e il lavoro divcnti lavoro salariato, lavoro produttore ?i capitale, occorre: 1) da una parte l'esistenza della forza-lavoro viva come mera esistenza sogge.ttiva, separata dai. momenti della sua realtà oggettiva, e perciò separata tanto dalle condizioni del lavoro vivente quanto dai mezzi di esistenza, mezzi di sussistenza, mèzzi di autoconservazione della forza-lavoro viva... 2) il va. lore che si trova dall'altra parte, o lavoro oggettivato, deve essere un'accumulazione di valori d'uso, abbastanza grande da fornire le condizioni materiali non soltanto per la produzione di prodotti o valori necessari a riprodurre o a conservare la forza-lavoro viva, ma per assorbire pluslavoro...; 3) un tra le libero rapporto di scambio - cirèolazionedi denaro due parti; una relazione tra gli estremi basata sui valori di
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scambio
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non su rapporti
di signoria
e di servitù;
il che
vuoI dire, quindi, produzione che non fornisce immediatamente i mezzi di sussistenza al produttore, ma è invece mediata, e che non può impossessarsi immediatamente del la. voro altrui, ma deve invece comprarlo dall'operaio stesso, scambiarlo... Finché entrambe le parti si scambiano reciprocamente il loro lavoro soltanto sotto forma di lavoro oggettivato, il rapporto è impossibile; ugualmente impossibile esso è se la forza-lavoro viva stessa si presenta come proprietà dell'altra parte 21...
È d'altronde quest'analisi del carattere storicamente determinato del plusvalore, del capitale e del lavoro sala" I I I
94
-
Nella prefazione ai Grundrisse pubblicata nel 1903 in Zeit» da Kautsky - Marx precisa che la nozione di « lavoro astratto» ha potuto essere elaborata solo a partire dal momento in cui l'industria moderna s'è sviluppata al punto che la manodopera detta degli «operai d'officina» ha potuto di fatto essere trasferita da un ramo industriale all'altro: «L'indifferenz~ verso il lavoro determinato corrisponde a una forma di società in cui gli individui passano con facilità da un lavoro ad un altro e in cui il genere determinato del lavoro è jJ.er essi fortuito e quindi in. differente... Un tale. stato di cose è sviluppato al massimo nella forma d'esistenza più moderna delle società borghesi, gli Stati Uniti » (Lineamenti fondamentali cit., p. [25]. ." K. MARX, Lineamenti fondamentali cit., pp. [367-68]. 20
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riato - distinto da tutte le forme anteriori di sfruttamento di classe - che conferisce ai Grunarisse il loro significato nel processo d'elaborazione della teoria economica marxista. Ma se il valore di scambio delle merci è determinato dal tempo di lavoro in esse contenuto, come conciliare questa definizione col fatto empiricamente constatato che i prezzi di mercato di queste stesse merci sono determinati dalla « legge dell'offerta e della domanda »? Questa obiezione, dice Marx, può essere formulata in questi termini: come mai possono formarsi dei prezzi di mercato diversi dai valori di scambio delle merci, o, meglio ancora, come mai la legge del valore non può realizzarsi praticamente che attraverso la propria negazione? Questo problema è risolto grazie alla teoria della concotrenza dei capitali, che Marx sviluppa a fondo sin dalla redazione dei Grundrisse, elaborando la teoria della pere, quazione., ~el tasso del profitto, e della formazione dei prezzi ,di pròg'Qzipne, sulla base della concorrenza tra i capi):aJi. La h1:riosa «contraddizione» che tanti critici haQnq ereduto di poter scoprire tra il I e il III volume del Capitale non è nient'altro che un'eco volgare di questa :Ve~cchia obiezione alla tebria ricardiana, che oppone i prezzi 'di. ,mercato al valore di scambio La pubblicazione dei .-Grundrisse le ha tolto l'ultima parvenza di validità, poiché diMostra che Marx aveva già elaborato la «soluzione» del III volume ancor prima di redigere il I volume del Capitale... Resta infine la quarta ed ultima obiezione
fondamentale alla teoria.rkardiana, che Marx stesso chiam3 «l'obiezione apparentemente più efficace »: se il valore di scambio non è nient'altro che il tempo di lavoro contenuto nelle merci, come possono delle merci che non contengono affatto tempo di lavoro avere ciò nonostante un valore di scambio? O più semplicemente: da dove proviene il valore di scambio delle semplici forze della natura? .. La risposta a questa obiezione è fornita dalla teoria della
rendita fondiaria.
.
Sia detto di passata, per Marx la soluzione del problem"l' della perequazione del tasso del profitto ela soluzione del
problemadella rendita fondiaria 25 sono simultaneee prati-
camente s'identificano, come indica nella sua lettera ad Engels del 18 giugno 186226. Ma il manoscritto di Per la critica dell'economia politica era appena stato inviato all'editore che un urgentE: compito immediato distols.~:Marx..dal.laredazione definitiv'~, di tutte le scoperte econom[c.!:ièche aveva effettuate ~L.'},{ corso del 1858. Si trattava della necessità di rispondere' alle calunnie che Karl Vogt aveva diffuso contro di lui nel libello Mein Prozess gegen die allgemeine Zeitung. Una di ~
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22 Una delle..più celebri di queste çritiche concernenti la « contraddizione» tra il I e il III volume del Capitale è quella che Eugen von Bèihm-Bawerk aveva formulato sin dal 1896 in 2um Abschluss des Marxschen Systems (trad. ingI.: E. VONBOHM-BAWERK, Karl Marx and the Close 01 his System, New York, A. M. Kelly Ed., 1949, pp. 30 sgg.). Da allora essa è stata ripetuta innumerevoli volte, in particolare da ViIfredo Pareto (v. PARETO,Les systèmes .socialistes, Paris, Marcel Giard Editeur, 1926, voI. II, pp. 354-55; 358-59). . 2.1Nella sua lettera a Lassalle dell'H marzo 1858, Marx aveva sottolineato la contraddizione tra la teoria del valore di Ric:ardo e la sua teoria del profitto (in K. MARX-F.ENGELS,Briele uber das
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Kapital, Berlin. Dietz Verlag, 1954, p. 87). Late6r~ marxiwi della perequazione del tasso del profitto permette & evi~aì:e una .contraddizione analoga. ",.~d ,., K. MARX, Per la critica dell'economià'poli'Jica cit." p'. 49. 25 Marx ha elaborato 'la sua teoria della 'rendita fondiaria 'sotto forma d'una critica delle teorie di Rodbettik''e di Ricardo. Egli scopre che, contrariamente~ a ,quel che pensava Ricardo, non c'è semplicemente una tendit.~'..,differem;iale (sovrapprofitto ottenuto grazie a capitali investii('ifi terreni più fertili di quelli che fruttano il profitto medio) ma anche una rendita assoluta, che deriva dal fatto che la composizione organica del capitale investito nell'agricoltura è più bassa di quella del capitale investitoneIl'industria; che il capitale investito...nell'agr1Holtura ottiene dunque un plus-valore che non partecipa ,.}llia per~9.tiazione del tasso del profitto, perché la proprietà fQn.dtarì~ jmpéèlisce il libero ingresso dei capitali in questo settore', e che tutti i capitali investiti nell'agricoltura fruttano quindi un sovrapprofitto (iri -rapporro al profitto medio ottenuto negli altri rami dell'economia),.. sQvrappr6fit~o- di cui . s'appropriano i proprietari fondiari. o, K :\L\RX-F. F::--:GELS.Carteggio. Edizioni l{in:lscita, 1951, p. 103.
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queste calunnie, che accusava Marx di procurarsi fondi scrivendo centinaia di lettere di ricatto a personalità tede. sche che avrebbe cercato in precedenza di coinvolgere in attività rivoluzionarie, provocò una tale eco negli ambienti della borghesia liberale tedesca che la risposta divenne indispensabile "'o Marx redasse dunque l'opuscolo Herr Vogt, che l'occupò per tutto il 1860. Se ancora il 3 feb. braio 1860 aveva scritto ad Engels dicendo che proseguiva i suoi studi per il Capitale, e che sperava (ancora una volta!) di portarli a termine «in sei settimane» n, in seguito non si trovano più allusioni a questi studi economici nella corrispondenza col suo migliore amico prima della citata lettera del 18 giugno 1862. Prima di passare ad un'analisi più approfondita di quell'opera decisiva per l'elaborazione della teoria economica marxista che sono i Grundrisse, dobbiamo tuttavia sottolineare un'ultima scoperta fondamentale di Marx, effettuata nel periodo che va dall'autunno del 1857 all'inizio del 1859: il perfezionamento' della teoria della moneta di Ricardo. Essa è contenuta in gran parte nel secondo capitolo, il più lungo, di Per la critica dell'economia politica. . Il perfezionamento della teoria monetaria per Marx non è altro che una logica applicazione della teoria del valore-lavoro alla moneta. Se il valore di scambio di tutte le merci non rappresenta che delle quantità di lavoro socialmente necessario, misurabili in base al tempo di lavoro, allora è evidente che la moneta basata sui metalli preziosi non è un puro intermediario, un semplice mezzo di circolazione, come in fondo pensava Ricardo L'oro stesso è infatti una merce, e possiede quindi un valore di scambio che è determinato dalle condizioni materiali della sua produ29.
zione 30.
Ne consegue che la teoria quantitativa della moneta sviluppata da Montesquieu e da Hume, e ripresa da Ri21 F. MEHRING, Vita di Marx cit., p. 286. .8 K. MARX-F. ENGELS, Carteggio, voI. 111, p. 394. 29
K. MARX,Storia delle teorie economiche cit., voI. Il, p. 552.
30
K. MARX,Per la critica dell'economia politica cit., p. 54.
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cardo che fa dipendere l'aumento e la diminuzione dei prezzi da un accrescimento o da una riduzione della massa monetaria in circolazione, non può essere valida quando si tratta di monete basate sui metalli preziosi. Tale moneta essendo dotata d'un valore intrinseco, non può modificare gran che con i propri movimenti le fluttuazioni dei prezzi delle altre merci. Tali fluttuazioni devono essere considerate come i movimenti primari e l'aumento o la diminuzione della quantità di moneta in circolazione come il movimento derivato: «I prezzi non sono quindi alti o bassi perché circola più o meno denaro, bensì circola più o meno denaro 31,
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perché i prezzi sono alti o bassi» 32. Una diminuzionege-
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nerale dei prezzi provoca un riflusso della massa monetaria verso la tesaurizzazione, la costituzione di scorte ecc.; un aumento generale dei prezzi riporta verso la circolazione le masse supplementari di metalli preziosi. È soprattutto lo studio della grande opera del Tooke sulla storia dei prezzi che fornisce a Marx i materiali per una critica della teoria ricardiana della moneta. Per questo Marx ritiene che la scoperta di questa legge della determinazione della massa monetaria in circolazione mediante le fluttuazioni dei prezzi costituisce «forse l'unico merito» della scuola postricardiana d'economia politica 33. Ma Marx distingue chiaramente le leggi che governano la circolazione della moneta metallica da quelle che governano la circolazione della moneta cartacea, che chiama «segni di valore ». «Mentre con un valore di scambio delle merci dato, la quantità dell'oro circolante dipende dal valore di quest'ultimo, il valore della carta dipende
dalla sua quantità circolante.»34
Anche qui restiamo sul
terreno d'una logica applicazione della teoria del valorelavoro. La moneta cartacea, il biglietto di banca, non è che un intermediario, «segno» sostitutivo d'una massa d'oro che ha il suo proprio valore. E se questo valore si 01 Marx stesso si basa ancora su questa teoria in Miseria della fiosofia cit., pp. 65-73. "" K. MARX, Per la critica dell'economia politica cit., p. 91. 33 Thid, p. 91.
., Thid. p. 106. 0<)
ripartisce su una quantità di biglietti dieci volte superiore, è evidente che ogni biglietto non rappresenterà più che un decimo della quantità d'oro che si considera rappresenti nominalmente, e che di conseguenza i prezzi espressi in questa moneta di carta aumenteranno anch'essi di dieci volte per conservare l'equivalenza con una determinata quantità d'oro. Ma in un'economia monetaria generalizzata, la moneta non è solo mezzo di circolazione generale per tutte le merci; è anche mezzo di pagamento generale. Più si sviluppa il modo di produzione capitalistico, più aumenta il credito, e più la funzione della moneta in quanto mezzo di pagamento si estende a scapito della sua funzione di mezzo di circolazione Marx sottolinea il fatto che la moneta scritturale si sviluppa precisamente a partire da questa funzione di mezzo di pagamento della moneta, e ne deduce una legge generale del volume monetario necessario per assolvere contemporaneamente le due funzioni di mezzo di circolazione e mez~o di pagamento, tenuto conto d.ella velocità di circolazione della moneta in entrambe le funzioni. Questa analisi dei ruoli della moneta si conclude con uno studio del ruolo dei metalli preziosi in quanto mezzi di pagamento internazionali. È interessante esaminare qualcuna delle obiezioni che sono state formulate nel corso degli ultimi decenni nei confronti della teoria del valore-lavoro perfezionata da Marx 36. Tratteremo in proposito delle osservazioni del professor Frank H. Knight, dello Schumpeter, di Oskar Lange e di Joan Robinson.
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Secondo il professor Frank H. Knight J7, una teoria del valore-lavoro sarebbe giustificata solo a condizione che il lavoro fosse un «fattore di produzione» rigido e non trasferibile. Ma la mobilità del « làvoro », associata a quella 3. Ibid., p. 133.
36 Abbiamo esaminato le critiche tradizionali nei confronti della teoria del valore-lavoro nel Trattato di economia marxista cit., voI. II, pp. 518-27. 37
F. H. KNIGHT,art. Value, in Encyclopaedia 01 Social Sciences,
voI. xv, pp. 218-19 (New York 1935). 100
,
degli altri « fattori di produzione» porta ad una situazione in cui sono possibili varie combinazioni di questi elementi, il che comporta la determinazione del loro valore in base alla loro « produttività marginale ». Senonché il valore delle macchine - diciamo il loro costo di produzione - è perfettamente noto 36. Esso è del tutto indipendente dal numero o dal valore delle merci che queste macchine possono produrre. Nessun industriale acquista un bene di produzione calcolando il « surplus di valore» ch'esso gli apporta. Quel che calcola, sono le economie che gli permette di effettuare nelle spese di produzione (o se si vuole nel prezzo di costo unitario). E quando s'interrogano gH-industriali, essi diranno spontaneamente, nove volte su dieci, che quel che interessa loro sono le «economie di lavoro» (negli Stati Uniti d'altronde le macchine sono state a lungo designate come labor saving devices, dispositivi per economizzare lavoro). Ogni industriale sa an'che che delle macchine che restino inattive nella sua officina non producono il benché minimo valore; perché servano a tale produzione, bisogna' che siano messe in moto dal lavoro vivo 3.. È quest'ultimo, e solo quest'ultimo, che incorpora un nuovo valore nella merce; quanto al valore delle macchine e degli altri elementi della produzione, esso è semplicemente conservato dal lavoro vivo, che ne trasferisce in tutto o in parte il controvalore nelle merci prodotte. Anche questo non è 36
Per semplificare il ragionamento tralasciamo il « fattore ter-
ra ». Ma lo si può facilmente reintegra,re nell'argomentazione senza modificarla. 3' Come spiegare, allora, il fatto che le «officine che vanno avanti da sole» producano del profitto, che deve necessariamente provenire dal plusvalore? Finché queste officine sono l'eccezione e non la regola, realizzano del profitto senza che si produca del plusvalore entro le loro mura, non fanno altro cioè che appropriarsi d'una parte del plusvalore prodotto dai lavoratori delle altre imprese, grazie al gioco della concorrenza dei capitali. A partire dal momento in cui il fenomeno dell'automazione integrale si generalizza in tutte le imprese, i profitti e il plusvalore devono necessariamente deperire; di fatto, non c'è posto per un'« economia di mercato» nelle condizioni di manifesta abbondanza create dall'automazione generalizzata. 101
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afIatto ignorato dagli industriali e daglì statistici, che parlano infatti di un « valore aggiunto» che si ripartisce tra i capitalisti e i lavoratori, e che s'aggiunge al « valore conservato» (materie prime e macchine). Il segreto di questo «valore aggiunto» va dunque ricercato nel solo lavoro. E Marx l'ha scoperto formulando la legge del plusvalore. L'argomento dello Schumpeter contro la teoria del valore-Iavore>e a favore della teoria detta dei «fattori di produzivne » è dello stesso ordine. Egli rimprovera ai fautori della teoria del valore-lavoro d'ispirarsi a « convinzioni etiche» e « teorie politiche» che sono senza rapporto con la realtà economica in quanto tale. « In altre parole, essi non riuscivano a vedere che quel che conta a questo scopo è il ser:nplicefatto che, per produrre, l'impresa ha bisogno non soltanto del lavoro ma anche di tutte le cose che sono, comprese nelle parole terra e capitale, e che questo è tutto il significato implicito della triade di fattori» 4.. . In realtà, se ci si vuole porre a questo livello di luoghi comuni, bisognerebbe aggiungere che, per produrre, una « ditta» non ha bisogno solo di lavoro, terra, edifici, macchine, materie prime e denaro, ma anche d'una società organizzata, d'una protezione da parte della polizia, d'un sistema statale che comporti delle vie di comunicazione, un'infrastruttura ecc. e molte altre cose ancora. Perché isolare arbitrariamente «tre fattori di produzione» tra tutti questi? Perché non parlare dei cinque «fattori di produzione »: il lavoro, la terra, le macchine, le riserve di denaro liquido e l'organizzazione statale, e scoprire allora cinque « redditi» di questi « fattori »: i salari, la rendita fondiaria, il profitto, l'interesse e l'imposta? A tutto ciò i capitalisti e i loro ideologi oppongono una forte obiezione: non c'è « apporto reale» dello stato o della società organizzata al nuovo valore creato in seno all'impresa; si tratta semplicemente di « economie esterne », d'un quadro generale indispensabile. Ma allora 1;isultagiustificata anche la questione di sapere se « la terra » o « le macchine» (senza parlare del «denaro liquido») forni-
'Scono dal canto loro un «apporto reale» alla creazione di nuovo valore in seno all'impresa. Perché si riconosce allora implicitamente che tutto quel ch'è «fattore indispensabile alla produzione » non per questo è « fonte di nuovo valore ». E siamo così rinviati al problema dell'origine ultima del « valore aggiunto» nella produzione, che
non può provenire altro che dal lavoro vivo 41 .
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Più seria e sofisticata è l'obiezione contro la teoria del valore-lavoro avanzata da Oskar Lange in un suo scritto giovanile42. L'argomentazione del Lange potrebbe essere così riassunta: benché la teoria marxista sia stata capace di predire correttamente le leggi di sviluppo del capitalismo, essa non ha potuto fornire una teoria adeguata dei prezzi (e soprattutto dei prezzi di monopolio), né una teoria adeguata dell'impiego ottimale delle risorse in una società socialista, né soprattutto una teoria delle crisi, poiché si tratta in fondo d'una « teoria statica d'equilibrio economico generalizzato» 43. Inoltre la teoria del valore-lavoro sarebbe. incapace di spiegare la natura dei salari e la sopravvivenza del profitto; queste sarebbero determinate dal progresso tecnico inerente al regime capitalisticò. Ma questo elemento « dinamico» non risulterebbe tanto dalla logica interna della teoria del valore-lavoro quanto dal quadro istituzionale del capitalismo, rivelato da Marx. E sarebbe l'analisi di questo quadro istituzionale, piuttosto che la teoria del valore-lavoro, ad essere all'origine della superiorità analitica del marxismo per quel che riguarda la scoperta delle leggi di sviluppo del capitalismo. Ci sembra che Lange commetta un errore sin dal suo punto di partenza. È impossibile considerare la teoria del 41 È significativo il fatto che quando gli economisti vogliono misurare il vero progresso economico, sono costretti a rifarsi ai progressi de11a produttività del lavoro vivo (cfr. J. FOURASTIÉ,Le grand espoir du XX, siècle, Paris, PUF, 1952, pp. 7-31) e non già ad una qualsiasi « produttività del capitale» o «produttività della terra l>, di cui sono incapaci di calcolare dei coefficienti d'incremento come indici del progresso economico.
42 40
J. SCHUMPETER,Storia dell'analisi economica, voI. II, To-
o. LANGE, Marxian Economics and Modern Theory, in «Re-
vue of Economic Studies », giugno 1935, pp. 189-20l.
rino, Edizioni Scientifiche Einaudi, 1959, p. 678.
.3
Ibid., p. 194.
103
102
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..
valore-lavoro come una « teoria statica d'equilibrio economico generalizzato» "'. La teoria del valore-lavoro corretta e perfezionata da Marx è indissolubilmente legata alla teoria del plusvalore. Le due teorie prese come un tutto, lungi del costituire una « teoria statica » formano per de{i.nizione una « teoria dinamica ». Esse rappresentano in effetti una sintesi di due contrari, una concezione dello scambio equiv'alente legata ad una concezione dello scambio non equivalente. È anzitutto lo scambio tra capitale e lavoro che presenta questa duplice qualità. . Ma allora il « modello marxista» è per natura dinamico, perché giunge alla conclusione che la produzione di nuovo valore, l'aumento del valore, l'espansione economica, lo sviluppo economico sono inerenti al modo di produzione capitalistico. Lo stesso modello marxista non è una « teoria d'equilibrio generalizzato », ma, ancora una volta, una sintesi di due contrari, la -dimostrazione del fatto che lo squilibrio permanente (ed apparente) della vita economica capitalistica si fonda su un equilibrio più profondo, equilibrio che produce a sua volta degli squilibri necessari ed inevitabili (crisi periodiche, caduta tendenziale del tasso medio ,del profitto, concentrazione capitalistica, accentuazione della lotta di classe) che finiscono col minare il sistema. . L'idea di Lange secondo la quale l'elemento dinamico (l'evoluzione economica) risulterebbe dal quadro istituzio, naIe piuttosto che dalla logica interna della teoria del valore-lavoro è anch'essa fondata su un errore. Secondo Lange il «progresso tecnico» sarebbe indispensabile per capire perché « i salari non minacciano di far scomparire i profitti
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Lange dimentica che, anche 'senza progresso tecnico, i salari non possono far scomparire i profitti perché i capitalisti cessano di assumere la manodopera molto tempo prima che si giunga a questo punto. Preferiscono in tal caso chiudere le loro officine e ricostituire così immediatamente un esercitoindustrialedi riserva- anche senza « progresso tecnico ». È di fatto quel che successe in tutte le recessioni neo-capitalistiche più o meno «prefabbricate ». I capitalisti possono aspettare, mentre gli operai non possono, dal momento che non possiedono né mezzi di produzione né mezzi di sussistenza. Inoltre non è solo la concorrenza tra il capitale e il lavoro ma anche quella tra gli stessi capitalisti che spiega il progresso tecnico, secondo il modello marxista. L'una e l'altra sono in funzione della duplice necessità di accumulare capitale e realizzare plusvalore in condizioni economiclie in cui la quantità di lavoro socialmente necessaria per produrre una merce si rivela solo a posteriori, ed è a priori ignota. $ono queste
due ragioni
-
insite nella
natura fondamentale del modo di produzione capitalistico, vale a dire d'un sistema d'economia mercantile generalizzato - che costituiscono la radice ultima dell'elemento « dinamico» nella teoria economica marxista. Esse denvano entrambe dalla natura stessa della teoria del valorelavoro. Menzioniamo infine la critica della teoria del valorelavoro formulata da Joan Robinson all'indomani della seconda guerra mondiale Secondo lei, Marx si sarebbe sbagliato nel ricercare, come Ricardo, un «valore intrinseco » delle merci che fosse « analogo al peso o al colore » delle merci stesse, e nell'individuare, come Adam Smith, una «misura invariabile» di tale valore nel lavoro. La teoria del valore-lavoro costruita su queste basi teoriche sarebbe inutile, e Marx avrebbe potuto spiegare in un linguaggio molto meno complicato tutte le leggi di sviluppo 46.
degliimprenditori» 45; il profittocapitalisticonon potrebbe sussistere che nell'ambito di questo progresso tecnico. ... Una delle ragioni che inducono in questo genere di malintesi è l'incomprensione della natura degli schemi di riproduzione contenuti nel II volume del Capitale. Questi schemi non tendono affatto a spiegare 1'« equilibrio statico » del modo di produzione capitalistico. Tendono al contrario a spiegare come mai questo modo di produzione può sussistere malgrado l'interruzione costante dell'equilibrio e queJla periodica della riproduzione allargata. .15O. LANGE,Marxian Economics and Modern Theory cit., pp. 198-99.
.6 J. ROBINSON,An Essay on Marxian Economics, London, MacMiIlan, 1949; ID., The Labour Theory 01 Value: A Discussion, in « Science and Society», 1954.
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da lui scoperte, senza fare appello alla teoria del valorelavoro. Come Roman Rosdolsky ha benissim~ dimostrato in
dettaglio 41, questi argomenti riflettono una stupefacente incomprensione delle concezioni di Marx, peraltro da questi chiaramente enunziate. Marx ha esplicitamente contestato che il valore di scambio delle merci sia una « qualità intrinseca » delle merci stesse nel senso fisico del termine; ha al contrario precisato che la «qualità» comune che rende le merci commensurabili non è di natura fisica bensi di natura sociale. Quel che Joan Robinson non ha colto è la differenza tra il lavoro concreto, creatore di valori d'uso e delle qualità fisiche dei prodotti e il lavoro astratto, creatore di valore di scambio. Allo stesso modo Marx non ha mai avuto l'intenzione di scoprire una « misura invariabile del valore ». Al contrario ha dimostrato che la misura del valore di scambio deve essa stessa essere una merce, vale a dire deve essa stessa essere variabile. È proprio perché il valore di scambio presuppone una qualità comune tra tutte le merci - il fatto ch'esse siano tutte prodotti del lavoro astratto, d'una frazione del potenziale di lavoro globale di cui dispone la società ch'esso è al tempo stesso sociale e variabile, e non fisico e immutabile! Quel che tutti questi critici hanno in comune è in effetti la loro incapacità di cogliere il livello d'astrazione cui Marx s'è innalzato per scoprire i problemi socio-economici sottostanti a quello del valore di scambio. La domanda alla quale cerca di rispondere è la seguente: dato il fatto che il modo di produzione capitalistico opera me" diante leggi «naturali », «automatiche », indipendenti dalla volontà degli uomini, com'è possibile che miliardi d'operazioni di scambio, tutto sommato cieche, non producano di continuo delle crisi e degli arresti dell'attività economica, ma si svolgano al contrario nel quadro d'una continuità necessariamente interrotta periodicamente dalla
-
41 R. ROSDOLSKY, Joan
Robinsons Marx-Kritik, in «Arbeit
unci Wirtschaft », 1958, pp. 178 sgg. ) ,
106
discontinuità? Quale forza distribuisce la manodopera c i capitali tra i diversi rami dell'industria? Affermando che il valore di scambio è costituito dal lavoro umano astratto, Marx non ha « scelto una teoria» per cercare di «dimostrare lo sfruttamento degli oper.ai Ha fornito una risposta a queda parte del capitale» sta domanda. Formulando le loro obiezioni a questa teoria, i suoi critici non solo hanno mancato di contrapporre una risposta coerente alla sua,' ma in genere non hanno neppure colto'la questione... . Roman Rosdolsky s'oppone dunque a giusto titolo all'affermazione di Joan Robinson secondo la quale la teoria del valore-lavatO creata da Marx troverebbe la sua piena ed intera applicazione solo... nella società socialista. Quando il lavoro individuale è riconosciuto immediatamente come lavora sociale - ed è ben questa una delle caratteristiche 48.
49
fondamentali
d'una
società
socialista!
-
pas:;are per il
mercato per « riscoprire » la qualità sociale di questo lavoro è evidentemente assurdo. È per questo che non c'è più posto per la produzione mercantile e, a fortiori, per il « valore di mercato » o la « legge del valore » in una società
socialista.
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È sorprendente il fatto che un autore come Maurice Godelier, che conosce bene le opere di Marx e s'è sforzato di approfondire lo studio del metodo e della dottrina marxista, abbia potuto scrivere ciò nonostante: Se il sistema capitalistico è fondato su una particolare struttura dell'appropriazione del sovrapprodotto, si può costruire idealmente, a partire da una diversa ipotesi sulla struttura dell'appropriazione, lo schema di funzionamento d'un'economia socialista. Si perviene così a un modello diverso, che però è fondato anch'esso sulla teoria del valore. La teoria del valore permette dunque la costituzione d'un modello di sviluppo socialista... 5.. 4. Come afferma erroneamente il LANGE,op. cit., p. 195. 49 R. ROSDOLSKY, Joan Robinsons Marx-Kritik cit., pp. 182-83. 5. M. GODELIER,Rationalité et irrationalité en -économie, Paris, Maspero, 1966, p. 148.
107
r Ciò non è assolutamente conforme alla concezione che Marx aveva della teoria del valore. Per Marx, l'economia del tempo di lavoro, ch'è comune a tutte le società, non s'identifica con l'economia retta dalla legge del valore, che ne è solo una forma particolare". La teoria del valore si applica solo ad una società in cui dei proprietari individuali scambiano dei prodotti di lavoro, e questi assumono pertanto la forma di merci (in cui la quantità di lavoro socialmente necessario per produrre le merci non è stabilita a priori dai produttori associati, ma solo a posteriori delle leggi del mercato). Affermare che la teoria del valore resta valida nel socialismo significa ingannarsi sulla natura stessa delle merci, ed è effettivamente quel che succede a Maurice Godelier'2. Cosi com'egli parte da una caratterizzazione incompleta della merce, dà una definizione inammissibile del capitalismo:
plus\'alore d<1parte dell'individuo che possiede i mezzi di produzione, vale a dire l'appropriazione privata del sovrappodotto... "'.
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Abbiamo dimostrato come la teoria del capitale non cominci veramente che al momento in cui è spiegata la forma- . zione del plusvalore. Ma questo non determina direttamente e di per sé il rapporto capitalistico di produzione. Quel che c'è di specifico nel capitalismo è l'appropriazione di questo .1
V. la citazione dai Lineamenti fondamentali cit., pp. [89-90],
riprodotta nel capitolo seguente. . .2 Si veda la sua definizione della merce: «Per Marx, una merce è un oggetto [!] caratterizzato da due proprietà: a) è utile, e perciò la merce ha un valore d'uso... b) si scambia secondo una certa proporzione con beni aventi diversa utilità. Ha un valore di scambio, ed ha tale valore di scam.bio solo perché ha in primo luogo un valore d'uso per gli altri» (Rationalité et irrationalité en économie cit., pp. 212-13). Cfr. quanto Marx stesso precisa nel famoso pass::J del capitolo I del Capitale (volume I), sul carattere feticistico della merce: «Quel che è valido soltanto per questa particolare forma di produzione, la produzione delle merci, cioè il carattere specificamente sociale dei lavori privati indipendenti ['uno dall'altro consiste nella loro eguaglianza come lavoro umano... appare cosa definitiva... a coloro che rimangono impigliati nei rapporti della produzione di merci» (ed. cit., p. 106, corsivo nostro, E. M.). Queste parole sembrano scritte per tutti coloro che vo~liono conservare la «forma mercantile» e il «valore» dei prodotti del lavoro sotto il socialismo.
108
i
Questa rischia d'essere una caricatura del marxlsmo simile a quella degli apologeti dello stalinismo. Per Marx, il capitalismo non si definisce affatto in base alla semplice appropriazione privata del plusvalore; Engels arriva persino a concepire il caso in cui lo stato s'approprierebbe del plusvalore per la classe borghese presa collettivamente, senza che perciò il capitalismo risulti abolito 54. La teoria marxista del capitale definisce il capitalismo in base alla trasformazione dei mezzi di produzione in capitale e della forza-lavoro in merce, vale a dire in base alla generalizzazione della produzione mercantile. Un « socialismo » in cui i mezzi di produzione restassero delle merci (vale a dire potessero essere acquistate o vendute sul mercato, il che implica delle decisioni d'investimento decentralizzate, il che implica la possibilità di crisi periodiche di sovrapproduzione e disoccupazione) e in cui la forza-lavoro restasse merce, non sarebbe altro che un capitalismo di stato, anche se la proprietà privata dei mezzi di produzione fosse soppressa. I rapporti di produzione . capitalistici, di cui l'appropriazione privata del plusvalore non è che uno degli aspetti, e che si definiscono tra l'altro in base ai rapporti gerarchici sui luoghi di lavoro, e l'impossibilità per la massa dei produttori di disporre dei prodotti del loro lavoro (il che implica la natura di questo lavoro come lavoro alienato), vi persisterebbero integralmente. È esatto invece che la produzione di merci, ch'è anteriore al modo di produzione capitalistico, gli è anche posteriore, e sopravvive per tutta la durata della fase di transizione dal capitalismo al socialismo. Ma vi sopravvive in quanto sopravvivenza capitalistica, in quanto scoria della vecchia società non ancora interamente superata, in conflitto
"'
M. GODELIER,op. cit., pp. 147-48. '4 Cfr. F. ENGELS,Antidiihring, Roma, Editori Riuniti, 19682, p. 297. 109
con la natura pianificata dell'economia socializzata. Il processo di costruzione d'una società socialista, è per l'appunto il processo di deperimento della produzione mercantile. Voler formulare, sulla base della teoria del valore, un mo. dello d'economia socialista, è altrettanto assurdo che voler formulare un modello di diritto socialista fondato sul diritto borghese, per riprendere la-'celebre formula della Critica al programma di Gotha.
Capitolo Settimo
I «GRUNDRISSE» E LA DIALETTICA DEL TEMPO DI LAVORO E DEL TEMPO LIBERO
....
I
I Grundrisse, che, insieme a Per la critica dell'economia politica, costituiscono il punto culminante dell'opera economica di Marx prima del Capitale, rappresentano una somma enorme di analisi economiche. Concepiti come i lavori preparatori del Capitale o, più esattamente, come uno sviluppo dell'analisi del capitalismo sotto tutti i suoi aspetti, da cui doveva nascere il capolavoro di Marx, essi contengor.o al tempo stesso i materiali da costruzione di tutta l'opera successiva di Marx e una folla di elementi destinati viceversa a rimanere inutilizzati. Questa distinzione ha probabilmente due cause. In primo luogo, è noto che Marx non ha potuto portare a termine il suo lavoro d'analisi d'assieme di tutti gli elementi del modo di produzione capitalistico. Nel suo piano iniziale, che data dalla redazione dei Grundrisse,
., l'analisi
del capitale doveva essere seguita da quella della
proprietà fondiaria, del lavoro salariato, dello stato, del commercio estero e del mercato mondiale. Nel quadro di questo piano originale, noi non disporremmo oggi che d'un sesto dell'intera opera, di cui il IV volume del Capitale (le Theorien uber den Mehrwert) non farebbe che concludere la prima parte. Gli specialisti potranno discutere all'infinito per sapere per quali ragioni Marx nel 1866 aveva finito con l'abbandonare questo piano a favore d'una trattazione del solo capitale, in quattro parti: processo di produzione del capitale; processo di circolazione del capitale; unità dei due o capitale e profitto, e storia critica 111
--L
r delle dottrine economiche '. Resta in ogni caso vero che nei Grundriss{: si trova una serie di note della massima importanza corlcernenti la proprietà fondiaria, il lavoro salariato, il commercio estero, il mercato mondiale, che non si ritrovano in nessuno dei quattro .volumi del Capitale. Si tratta di germi che non hanno potuto schiudersi, ma la cui ricchezza costituisce nondimeno una fonte di stimolo costante per il pensiero dei marxisti contemporanei e futuri. In secondo luogo il metodo d'esposizione dei Grund. risse è più «2stratto », più deduttivo di quello del Capitale, e se c'è molto meno materiale illustrativo, c'è per contro una folIa di digressioni, soprattutto di natura storica o tali da aprire delle finestre sull'avvenire, che sono state soppresse nella redazione finale del Capitale, ma che qualche volta sono d'una ricchezza incomparabile, autentici apporti suppleroentari alla teoria socio-economica marxista. R. Rosdolsky 'indica in proposito che la pubblicazione dei Grundrisse ha costituito una « vera e propria rivelazione» e che quest'opera «ci ha per così dire introdotti nel laboratorio economico di Marx, e ha rivelato tutte le finezze, tutti i mutevoli itinerari della sua metodologia » 2. Questo autore, che è l1no dei migliori conoscitori di Marx, ha pubblicato nel 1968, presso le edizioni Europaische Verlagsanstalt di Francoforte, un libro intitolato Zur Entstehungsgeschichte des Marxschen «Kapital ».
Abbiamo già sottolineato i contributi essenziali all'elaborazione della teoria economica marxista che si trovano nei Grundrisse: il perfezionamento della teoria del valore, della teoria del plusvalore e della teoria della moneta. Bisogna aggiungere il perfezionamento degli strumenti analitici che Marx aveva ereditato dalla scuola classica d'economia politica. È così che compaiono per la prima volta nei Grundrisse: la distinzione esatta del capitale costante (il cui valore è conservato dalla forza-lavoro) e del capitale variabile (il cui valore è accresciuto) (p. [289]); la rappresentazione del valore d'una merce come la somma di tre elementi: capitale costante, capitale variabile e plusvalore (c+v+pl) (soprattutto pp. [219-343]); l'accrescimento della massa annua del plusvalore in virtù della riduzione del ciclo di circolazione del capitale (pp. [417-18]); la divisione del plusvalore in plusvalore assoluto e plusvalore relativo (pp. [311-12]), anche sotto forma di pluslavoro assoluto e pluslavoro relativo (pp. [264-65]); tutta la teoria dell;1 perequazione del tasso del profitto (pp. [217362]), ecc. Di fatto non c'è che la teoria della caduta tendenziale .
del tasso medio del profitto che non sembri trovarsi pienamente elaborata nei Grundrisse (benché Marx già la conoscesse e l'analizzasse
-
ma in modo molto labQrioso-
alle . pp. ". [283-89] come pure il problema della riproduZlOne ., Sono soprattutto le parti dei Grundrisse che non sono state riprese nel Capitale che meritano uno studio particolare. In proposito è necessario rifarsi ad un passo della
l Il primo :a trattare questo problema in modo serio fu H. GROSSMANN (Die Anderung des Aufbauplans des Marxschen Kapi. tals, und ihre Ursachen, in «Archiv fUr die Geschichte des Sozialismus », 1929). Egli attribui il mutamento di piano del Capitale alla decisione di Marx di trattare il plusvalore nel suo complesso, indipendentemente dalle forme in cui appare: profitto, rendita, in. teresse ecc. È verI) che Marx stesso, in una lettera ad Engels del 15 agosto 1863 parla della necessità in cui s'era trovato di « rifare tutto" (K. MARX-F.ENGELS,Carteggio, voI. IV, p. 193). Resta però il fatto che già n~i Grundrisse Marx aveva pienamente sviluppato la categoria del plusvalore indipendentemente dalle sue forme con. crete. Nell'articolo Das « Kapital im Allgemeinen » und die « Vielm Kapitalien" (in «Kyklos", VI, 2, 1953), R. ROSDOLSKY distingue tredici varianti del piano del Capitale abbozzate da Marx tra il settembre 1857 e l'aprile 1868. . , R. ROSDOLSKY, Ein neomarxistisches Lehrbuch der politischclI Ockonomie cit., p. 651.
lettera di Marx ad Engels del 14 gennaio 1858 nel bel mezzo della redazione dei Grundrisse -
-
scritta passo in
cui il fondatore del socialismo scientifico afferma: «Quanto al metodo del lavoro mi ha reso un grandissimo servizio il fatto che by mere accident
-
Freiligrath
trovò alcuni
volumi di Hegel appartenenti a Bakunin e me li mandò in " Marx ha risolto per la prima volta il problema della riproduzione in una lettera ad Engels del 6 luglio 1863 (v. K. MARXF. ENGELS,Carteggio, voI. IV, pp. 188.92).
112
113
::11
'...
dono - mi ero riveduto la Logicadi Hegel »
I.
Ci scmbra
incontestabile che la straordinaria ricchezza dell'analisi e dell'esposizione d'una serie di « coppie dialettiche » come « merce-denaro », « valore d'uso-valore di scambio », « capitale-lavoro salariato », « tempo di lavoro-tempo libero », « lavoro-ricchezza », di cui abbondano i Grune/risse sia stata se non provocata, per lo meno stimolata da questo secondo incontro col suo vecchio maestro di pensiero. D'altra parte, come non stabilire il parallelo che s'impone col secondo incontro di Lenin con Hegel (settembredicembre 1914, poi ]915), che precede immediatamente il periodo più ricco del pensiero teorico di Lenin, quello che doveva portare alla redazione dell'Imperialismo e di Stato e rivoluzione? Come Marx stesso ha affermato, e come Lenin ha più volte sottolineato, è effettivamente l'applicazione del metodo di ricerca dialettica ai problemi economici, inaugurato da Marx, che gli ha permesso di effettuare le sue principali scoperte economiche. È grazie a questo metodo ch'egli colloca i fenomeni economici in un contesto globale' (il modo di produzione, i rapporti di produzione) mosso dalle sue contraddizioni interne. È grazie allo stesso metodo che è in grado di cogliere nettamente il carattere storicamente determinato, e limitato solo ad un periodo della storia umana, dei fenomeni dell'economia mercantile e delle « categorie » che ne sono il riflesso
allo scambio ineguale, dal plusvalore prodotto nel corso del processo di produzione. Il primo precede l'apparizione del modo di produzione capitalistico, il secondo non può svilupparsi che in seno a questo modo di produzione. Marx parla in termini crudi della «frode nello scambio» che spiega l'origine del profitto del capitale commerciale nelle società precapitalistiche .. E non manca di segnalare il fatto che lo scambio non equivalente può d'altronde ricomparire in seno al modo di produzione capitalistico, non solo nello scambio tra capitale e lavoro, ma anche nello scambio tra nazioni diverse, nel commercio internazionale. Donde questa pertinente osservazione, che chiarisce al tempo stesso la concezione marxiana della causa delle crisi, fondamentalmente diversa da quella di Rosa Luxemburg 7, e quella del commercio capitalistico mondiale in quanto strumento di sfruttamento dei popoli meno sviluppati:
I
Non solamente dei capitalisti individuali ma intere nazioni possono continuamente scambiare reciprocamente, persino ri~ petere continuamente lo scambio su scala sempre più vasta, senza aver bisogno per questo di ottenere un profitto uniforme. L'una può continuamente appropriarsi d'una parte del pluslavoro dell'altra in cambio della quale non dà nulla, solamente, non nella stessa misura che nello scambio tra capitalista e operaio'.
'.
Alcuni dei passi più sorprendenti dei Crundrisse si riferiscono, come abbiamo detto, alla dialettica «tempo
È difficile stabilire una scala di valori tra l'importanza di questi splendidi passi analitici, alcuni dei quali d'una forza profetica geniale, e i passi storici che rappresentano un valido complemento delle parti storiche del Capitale. Come abbiamo già detto, Marx distingue nei Crune/risse la categoria generale di « plusvalore» dalle sue forme particolari. Distingue aItresl il plusvalore apparso accidentalmente in seno al processo di circolazione in seguito
disponibile
- tempo
di lavoro
- tempo
libero ». « Economia
di tempo - in questo si risolve infine ogni economia », scrive Marx e precisa che questa regola s'applica altrettanto alle società di classe che ad una società che ha già organizzato collettivamente la produzione:
.'
. K. MARX, Lineamenti 7
fondamentali
cit., pp. [742-43].
Si vedanoanchein propositoi passiconcernentila neCessità
· K. MARX-F.ENGELS,Carteggio, voI. III, p. 155. · G. LONGO,Il metodo dell'economia politica, Roma, Editori Riuniti, 1965, pp. 120-25, ove .cita la lettera di Marx a Lachàtre del 18 marzo 1872 come pure un testo di Lenin pubblicato nel voI. XXXVIIIdelle Opere complete.
per il capitale d'allargare il giro della sua circolazione,ma in nessun modo in direzione di ambienti non capitalistici: «il plusvalore creato in un punto esige la creazione di plusvalore in un altro punto, col quale possa scambiarsi», ibid.,p. [311]. · Ibid., p. [755].
1I-t
11)
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Presupposta la produzione sociale, rimane naturalmente essenziale la determinazione del tempo. Meno è il tempo di cui la società ha bisogno per produrre frumento, bestiame ecc., tanto più temp<>essa guadagna per altre produzioni, materiali o spirituali. Come per il singolo individuo, così per la società la totalità del suo sviluppo, delle sue jruizioni o della sua attività dipende dal risparmio di tempo... Come la società deve ripartire il suo tempo' in maniera pianificata per conseguire una produzione adeguata ai suoi bisogni complessivi, così l'individuo singolo deve ripartire giustamente il suo tempo per procurarsi conoscenze in proporzioni adeguate o per soddisfare alle svariate esigenze della sua attività. Economia di tempo e ripartizione pianificata del tempo di lavoro nei diversi rami di produzione, rimane dunque la prima legge economica suUa base della produzione sociale (corsivo mio)'. .
fl u o; questo è la misura del loro scambio, che p.erciò stesso si estende soltanto a prodotti superflui. Nella produzione basata sul capitale l'esistenza del tempo di lavoro necessario è condizionata dalla creazione di tempo diJavoro superfluo (corsivo mio) 11.
Marx. sviluppa tale idea nelle pagine che seguono immediatamente questo passo dei Grundrisse, spiegando come il capitalismo cerchi effettivamente di accrescere la po-
-
polazione lavoratrice dunque il numero cui è garantito il tempo di lavoro necessario
E Marx prosegue: È una legge che vale anche ad un livello molto più alto. Ciò tuttavia è essenzialmente diverso dalla misurazione dei valori di scambio (lavori o prodotti del lavoro) mediante il tempo di lavoro. I lavori dei singoli individui nel medesimo ramo di lavoro, e le diverse specie di lavoro, sono non solo q uan ti ta ti v amen te ma anche qualitativamente differenti. Che cosa presuppone la differenza soltanto q u an t i t a t i v a di oggetti? La loro identità qualitativa. Dunque la misurazione quantitativa dei lavori presuppone la loro uguaglianza d'origine, l'identità della loro qualità (corsivo mio) 10.
I~I
Più oltre Marx torna sul problema fondamentale dell'economia del tempo di lavoro, introducendo la nozione chiave di « tempo di lavoro necessario» e « tempo di lavoro eccedente, superfluo, disponibile »:
,'
Tutto lo sviluppo della ricchezza si basa sulla creazione di tempo disponibile. Il rapporto tra tempo di lavoro necessario e superfluo (giacché tale esso è in realtà dal punto di vista del lavoro ) muta ai diversi livelli dello sviluppo delle capacità produttive. Ai livelli più produttivi dello scambio gli uomini non scambiano che il loro tempo di lavoro su per-
I
,
· Ibid., pp. [118-19]. lO Ibid., p. [119].
Il meccanismo di sviluppo della società non dipende dal fatto che, poiché un singolo individuo ha soddisfatto i suoi bisogni, esso poi crea il suo eccedente; bensì dal fatto che, poiché un singolo individuo o una classe di individui sono costretti a lavorare più di quanto sia necessario alla soddisfazione dei loro bisogni - ossia, poiché c'è un pluslavoro da una parte -, viene creato un non-lavoro e una ricchezza eccedente dall'altra. Dal punto di vista della realtà lo sviluppo della ricchezza si svolge soltanto tra queste antitesi: dal punto Ibid.. p. [413]. 117
J
solo nella
misura in cui essa produca al tempo stesso del pluslavoro, del «lavoro superfluo» dal suo punto di vista. Di qui la tendenza del capitale a far aumentare al tempo stesso la massa totale della popolazione e la massa della « popolazione superflua» (l'esercito di riserva industriale), questa popolazione superflua essendo la garanzia che la popolazione lavoratrice fornisca del « lavoro superfluo »: l'esercito di riserva industriale fa diminuire i salari e accresce perciò stesso il plusvalore, che non è altro che del «lavoro su~ perfluo » dal punto di vista del lavoratore. Questo evidentemente non è che un aspetto del problema. Marx sottolinea anche l'altro aspetto del «lavoro superfluo », vale a dire il fatto che esso è fonte di godimento e di ricchezza dal punto di vista dello sviluppo degli individui. Ma questo in un primo tempo solo per una parte della società e a condizione che diventi lavoro forzato per un'altra parte:
11
116
di individui
-
valore d'uso e altrettanto immediatamente al valore di scambio è il prodotto stesso, che è destinato al consumo. La parte di produzione indirizzata alla produzione del capitale fisso non produce immediatamente oggetti di godimento, né valori di scambio immediati; per lo meno, non valori di scambio immediatamente realizzabili. Dipende dunque dal grado di dal fatto cioè che una parte del produttività già raggiunto tempo di produzione è sufficiente alla produzione immediata '-, che una parte sempre più grande venga impiegata nella produzione dei mezzi di produzione. Ciò implica che la società
di vista della possibilità proprio il suo sviluppo costituisce'
la possibilità della soppressione di queste antitesi 12. Assistiamo così al progressivo schiudersi della dialettica «tempo di lavoro necessario - tempo di lavoro superfluo - teJI1polibero », nello sviluppo e nel superamento progressivo di tutte le sue contraddizioni interne. Perché lo sviluppo del lavoro superfluo implica anche, almeno nel modo di produzione capitalistico, un enorme sviluppo delle forze produttive ed in questo consiste la sua indispensabile « missione civilizzatrice ». È solo su questa base che una società collettivistica potrà ridurre al minimo la giornata di lavoro senza dover al tempo stesso reprimere o mutilare lo sviluppo universale delle possibilità d'ogni individuo. Lo sviluppo del lavoro superfluo per la classe operaia implica già in seno al modo di produzione capitalistico lo sviluppo del tempo libero per il capitaiista:
-
-
possa attendere 14; che possa sottrarre una gran parte della ricchezza già prodotta sia al godimento immediato sia alla produzione destinata al godimento immediato, per impiegare questa parte ai fini di un lavoro non immediatamente produttivo (nell'ambito dello stesso processo materiale di produzione). Ciò richiede un alto livello della produttività già raggiunta e del relativo eccedente, e precisamente un livello tale che sia direttamente proporzionale alla trasformazione del capitale circolante in capitale fisso. Come la grandezza del pluslavoro relativo dipende dalla produttività del lavoro necessario, così la grandezza del tempo di lavoro... impiegato nella produzione del capitale fisso dipende dalla produttività del tempo' di lavoro destinato alla produzione diretta di prodotti 15.
Il fatto che l'operaio deve lavorare un tempo supplementare s'identifica col fatto clle il capitalista non ha bisogno di lavorare e che dunque il suo tempo è posto come non-tempo di lavoro; che egli non lavora nemmeno il tempo necessario. L'operaio deve lavorare un tempo supplementare per poter materializzare,valorizzare,ossia oggettivare il tempo di lavoro necessario alla sua riproduzione. D'altra parte anche il tempo di lavoro necessario del capitalista è perciò tempo libero, tempo non richiesto per la sussistenza immediata. Poiché ogni tempo libero è tempo per il libero sviluppo, il capitalista usurpa il tempo libero creato dagli operai per la società, cioè per la civilizzazione
Ma nella misura in cui il capitalismo sviluppa in modo sempre più ricco e complesso questo capitale fisso, questa tecnologia scientifica, la produzione diventa sempre più indipendente dal lavoro umano propriamente detto. Marx ha qui il presentimento di quel che sarà l'automazione sempre più avanzata e delle ricche promesse ch'essa contiene per un'umanità socialista:
13. l!
Ma nella.misura in cui si sviluppa la grande industria, la creazione deli~i ricchezza reale viene a dipendere meno dal tempo di lavoro e dalla quantità di lavoro impiegato che dalla potenza degli agenti che vengono messi in moto durante il
Lo sviluppo del capitale fisso, che sembra essere la « missione storica» del modo di produzione capitalistico, è esso stesso indice e riflesso del grado di ricchezza sociale.
-
tempo di lavoro, e che a sua volta questa effectiveness - non è in rapporto col tempo
L'oggetto della produzione indirizzata immediatamente al 12 13
Ibid., p. .[305J. Ibid., p. [527].
loro powerful di lavoro im-
,. Si pensi alla teoria del capitale di Bohm-Bawerk. 15
K. MARX,Lineamenti fondamentali 119
113 I
cit., pp. [594-95].
mediato che costa la loro produzione, ma dipende invece dallo stato generale della scienza e dal progresso della tecnologia, dalla applicazione di questa scienza alla produzione... La ricchezza reale si manifesta invece - ed è ciò che rivela la grande industria - nell'enorme sproporzione fra il tempo di lavoro impiegato e il suo prodotto... Il lavoro non si presenta più tanto come incluso nel processo produttivo, ma è piut-, tosto l'uomo che si pone in rapporto al processo di produ-
pochi ha cessato di essere condizione dello sviluppo delle capacità generali della mente umana. Con ciò la produzione basata sul valore di scambio crolla... [Il fine diventa] il libero sviluppo delle individualità, e quindi non la riduzione del tempo di lavoro necessario per creare pluslavoro, ma in generale la riduzione del lavoro necessario della società ad un minimo, a cui corrisponde poi la formazione e lo sviluppo artistico, scientifico ecc. degli individui grazie al tempo divenuto libero e i mezzi creati per tutti loto 11.
zione come sorvegliante e regolatore 16. In seno al modo di produzione capitalistico, questo enorme progresso appare sotto forma d'un'enorme contrad. dizione: più la produzione immediata della ricchezza umana s'emancipa dal tempo di lavoro umano, più la sua creazione effettiva è subordinata all'appropriazione privata del pluslavoro umano, senza la quale' la valorizzazione del capitale e l'intera produzione capitalistica diventano impossibili. Ma questa contraddizione non fa altro che annunziare il crollo della produzione capitalistica, della produzione di merci, e di qualsiasi tipo di produzione che non sia orientata direttamente verso la soddisfazione dei bisogni umani, verso lo sviluppo universale degli individui: Non è né il lavoro imm~diato eseguito dall'uomo stesso, né il tempo che egli lavora, bensì... la sua comprensione della natura e il dominio di essa attraverso la sua esistenza di corpo sociale - in una parola, è lo sviluppo dell'individuo sociale che si presenta come il grande pilone di sostegno della produzione e della ricchezza. Il furto del tempo di lavoro altrui su cui poggia la ricchezza odierna, appare base miserabile rispetto a questa nuova base che si è sviluppata nel frattempo e che è stata creata dalla grande industria stessa. Non appena il lavoro in forma immediata ha cessato di essere la grande fonte della ricchezza, il tempo di lavoro cessa e deve cessare di essere la sua misura, e quindi il valore di scambio deve cessare di essere [la misura] del valore d'uso. Il pluslavoro della massa ha cessato di essere la condizione dello sviluppo della ricchezza generale, casi come il non-lavoro dei 16
~
'1, ~
Le contraddizioni del capitalismo si manifestano in particolare nel fatto ch'esso cerca di ridurre al massimo il tempo di lavoro necessario alla produzione d'ogni merce, mentre d'altra parte pone il tempo di lavoro come unica misura e fonte della ricchezza. Ne consegue che cerca di limitare al massimo il tempo di lavoro necessario e d'ampliare al massimo la durata del pluslavoro, del «lavoro superfluo ». Il conflitto tra lo sviluppo sociale delle forze produttive e le condizioni private dell'appropriazione capitalistica, tra lo sviluppo delle' forze produttive e i rapporti di produzione capitalistici, appare così come un conflitto tra la creazione di ricchezza, che s'emancipa sempre più dal lavoro umano immediato, e lo sforzo costante di canalizzare queste forze immense verso la valorizzazione del valore esistente, mediante l'appropriazione del pluslavoro umano. Marx ne deduce il carattere al ~empo stesso enormemente produttivo ed enormemente distruttivo, enormemente creatore ed enormemente sperperatore del modo di produzione capitalistico. In un altro passo Marx precisa che nella sua insaziabile sete di profitto, il capitale spinge il lavoro a superare costantemente i limiti dei suoi bisogni naturali, e crea così gli elementi materiali d'una individualità ricca, altrettanto universale nella produzione che nel consumo. « Il lavoro di questa individualità perciò non si presenta nemmeno più come lavoro, ma come sviluppo integrale dell'attività stessa... » l' Marx riprende qui un'idea fondamentale delJ1 Ibid., p. [593]. l' Ibid., p. [231].
Ibid., p. [592]. 120
121
l'Ideologia tedesca, smentendo il giudizio di certi « marxologi », che considerano le idee di quest'opera giovanile come alquanto « romantiche» e « idealistiche », destinate ad esser superate nell'opera del più maturo scienziato. Questo aspetto « storicamente necessario» del capitale e del capitalismo è d'altronde uno dei temi sui quali Marx ritorna costantemente nei Grundrisse. La creazione del mercato mondiale; lo sviluppò universale dei bisogni, dei gusti, delle conoscenze, dei godimenti dell'uomo; la rottura radicale e brutale con tutti i limiti che la storia ed un ambiente ristretto avevano imposto in precedenza a~la sua visione della natura e delle sue stesse possibilità; lo sviluppo tumultuoso delle forze produttive: ecco la « missione civilizzatrice» del capitale. Ma contrariamente a molti di coloro che si dicono suoi discepoli, per Marx non c'è alcuna contraddizione tra il fatto di riconoscere e sottolineare questa « missione storicamente necessaria» del capitalismo e il fatto di denunziare costantemente tutto quel che c'è di sfruttatore, di inumano, di oppressore in questo modo di produzione. Marx ha costantemente presenti i due aspetti contraddittori della realtà storica che ha vissuto e si guarda sempre dal duplice scoglio del soggettivismo e dell'oggettivismo 19. Egli non oppone alla realtà esistente una realtà ideale, le cui condizioni non esistono ancora ma per l'appunto devono essere create dallo sviluppo del capitalismo; ma nemmeno idealizza _questa realtà esistente. Non nega che la miseria sia miserabile, perché è il prodotto d'una fase d'evoluzione storicamente inevitabile. Questo duplice carattere della concezione marxista della « necessità storica» è chiaramente visibile nei Grundrisse, dove si trovano alcune delle più dure condanne del capitalismo accanto a 19 È quel che non sembra comprendere Kostas Axelos, che contrappone il «positivismo» del Marx ammiratore degli effetti dell'industrializzazione al suo «romanticismo », per cui deplorerebbe questi stessi effetti (cfr. K. AXELOS,Marx pensai ore della lecnica, Milano, Sugar, 1963, p. 99). In realtà il giudizio di Marx riunisce i due aspetti contraddittori dell'industria e dello sviluppo economico in regime capitalistico.
122
~
pagine che riconoscono francamente i suoi meriti dal punto di vista del progresso generale delle società umane. Ci sono molti altri problemi «moderni », «contemporanei » che sono sollevati nei Grundrisse: quello dello sviluppo dei servizi e quello dell'applicazione della scienza e del macchinismo all'agricoltura, per esempio. Quello dei limiti posti alla concentrazione del capitale è interessante in quanto confutazione ante litteram della teoria del capitalismo di stato 20: «Il capitale esiste e può esistere soltanto come molteplicità di capitali, e perciò la sua autodeterminazione si presenta come la loro azione reciproca », dice Marx 21. E precisa: «La produzione di capitalisti e di operai salariati è dunque un prodotto fondamentale del processo di valorizzazione del capitale. L'economia volgare che vede soltanto le cose prodotte, dimentica completamente questo fatto» 22. Il problema del capitale che deve al tempo stesso limitare e stimolare il consumo dei lavoratori ha anch'esso una risonanza moderna. Ma solleva l'intera questione della teoria marxista dei salari, che rappresenta l'ultimo grande contributo alla teoria economica di Marx prima della redazione definitiva del Capitale. Le discussioni correnti investono due aspètti essenziali di questa dialettica dei Grundrisse che abbiamo appena delineato:
1
J
i
il problema
del rapporto
-
« tempo di lavoro
tempo libero» in seno alla società capitalistica; e il problema dello sviluppo delle forze produttive considerato come condizione necessaria
-
sufficiente o insufficiente
-
per l'abolizione della produzione capitalistica e della produzione mercantile in genere. La riduzione della durata del tempo di lavoro nei paesi capitalistici più industrializzati è un fatto di cui Marx stesso ha celebrato la portata progressista in occasione dell'introduzione della giornata di dieci ore in Gran Bretagna. 20 Evidentemente tranne che sotto forma d'un regime che assicuri la sopravvivenza d'un importante settore della classe borghese come renliers di stato, forma prevista da Engels nell'Anliduhring.
21 20
K. MARX,Lineamenti fondamentali cit., p. [317]. Ibid., p. [412]. 123
È vero che la tendenza alla riduzione della giornata di lavoro ha subito un rallentamento nel corso degli ultimi decenni, e che ci sono persino state delle ricadute (come in Francia). Il progressivo aumento della distanza del domicilio del lavoratore dal suo luogo di lavoro, d'altra parte, è sufficiente a compensare in parte la riduzione del tempo di lavoro. E bisogna tener conto anche della fatica nervosa, accresciuta al tempo stesso dalla tecnica contemporanea, dal rumore invadente, dalla contaminazione dell'aria, dalla tensione sempre più grave soggiacente a tutti i rapporti sociali. Nondimeno, se è eccessivo parlare d'una «civiltà del tempo libero », è certo che importanti settori della massa dei salariati e degli stipendiati godono oggi apparentemente di molto più «tempo libero» che all'epoca di Marx. Diciamo: godono apparentemente. Perché quel che doveva succedere in questa società fondata sull'economia mercantile generalizzata che è la società capitalistica è evidentemente successo. Le attività ricreative sono state in gran parte commercializzate. L'equazione: redditi accresciuti + maggior tempo libero = più libertà s'è rivelata iltusoria. Il proletariato non poteva riguadagnare nella sfera d'un « consumo di tempo libero» quel che aveva perduto nella
sfera della produzione23. Una sterminata letteratura ana-
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lizza e sottolinea la « deformazione industriale degli spiriti », l'abbrutimento prodotto dai mezzi di diffusione di
massa24, la noia senza fine che prolunga la fatica e finisce col far tutt'uno con essa, tanto nel lavoro quanto nel « tempo libero» 25. Non poteva essere altrimenti in una società in cui tutta la vita economica resta orientata verso la realizzazione del profitto privato, in cui qualsiasi attività
j ~ I
25
Cfr. P. A. BARAN.P. M. SWEEZY, Il capitale
monopolistico
far
nulla >', doing
not~ing
-
che
caratterizza
il tempo
cit.,
il « non libero
elevato
d'individui
27.
La trasformazione del rapporto quantitativo tempo di lavoro - tempo libero (diciamo da 1/1 a 1/2 o a 1/3, il che implica la settimana di 32 o 24 ore o, più precisamente, la mezza giornata di lavoro 28) provoca una rivoluzione qualitativa, a condizione che sia integrata in un processo di disalienazione progressiva del lavoro, del consumo e 2. E. FROMM, Psicanalisi della società contempòranea, Milano, Comunità, 1968 3, pp. 308 sgg. 27 Lo ricorda opportunamente J. FALLOTnel suo Marx et le machinisme, Paris, Editions Cujas, 1966, pp. 183-88. La pianificazione permette altresl d'economizzare il pluslavoro. 28 Anche un autore conformista come G. SOULE (The Shape 01 Tomorrow, Signet Key Book 1958, p. 121) ammette la possibilità della settimana di 24 ore a partire dal 1990, se non dall'inizio del XXI secolo.
23 Cfr. in particolare H. P. BAHRDT-W.DIRKS e altri, Cibt es noch ein Proletariat? cit., pp. 88-89; 92. . 24 Cfr. in particolare come fonti, tra molti altri, H. M, ENZENSBERGER, Culture ou mise en condition, Paris, JulIiard, 1965, pp. 9-18, ed E. MORIN,Vesprit du temps, Paris, Grasset, 1962.
pp. 288-91, dove si mette l'accento sul vuoto completo -
tC11dea di\'Cntare un fine in sé, in cui ogni nuova acquisizionc rischia di di\'cntare UlJanuova fonte di mutilazione i)er l'uomo alienato. Tutto questo vuoI dire forse che l'estensione del tempo libero è un male, e che bisogna piuttosto orientarsi verso un'« umanizzazione del lavoro » attraverso il lavoro comunitario lodato da Erich Fromm o l'autogestione? 2GIl Marx dei Grundrisse rispor;de nello stesso senso del Marx del III volume del Capitale: è un'illusione credere che il lavoro industriale, il lavoro della grande fabbrica possa mai diventare del lavoro « libero ». Il regno della libertà comincia solo al di là del regno della produzione materiale, vale a dire del lavoro meccanico, se non si vuole riportare quest'ultima al livello della produzione artigianale. La vera soluzione consiste dunque in una riduzione talmente radicale del tempo di lavoro (del « tempo necessario») che i rapporti tra «lavoro» e « tempo libero» ne risultino totalmente sconvolti. Di tale soluzione l'abolizione del capitalismo non è solo una condizione, in quanto stimola lo sviluppo delle forze produttive e permette quindi di accelerare la riduzione della durata del lavoro. Ne è anche il motore, dal momento che permette di ridurre fortemente il pluslavoro - oggi così evidentemente sprecato - e di ripartire il lavoro necessario tra un numero molto più
di
buona parte delle masse americane.
125
12-1
.(
t dell'uomo, da attuarsi attraverso il progressi~o deperimento della produzione mercantile, delle classi, dello stato e della divisione sociale del lavoro. Le attività ricreative cessano d'essere commerdalizzate quando il « commercio» deperisce. I mezzi di diffusione di massa cessano d'essere degli strumenti d'abbrutimento quando l'insegnamento superiore si generalizza e la pubblica opinione si differenzia e si coltiva grazie all'abolizione d'ogni monopolio sulla ~tampa, la radio-televisione, il cinema. Il « tempo libero» cessa d'essere fonte di noia e d'oppressione quando i suoi « consumatori» si trasformano da spettatori passivi in partecipanti attivi. Ma queste trasformazioni radicali devono in primo luogo realizzarsi nella sfera della produzione e della vita politica, prima di potersi manifestare nella sfera delle attività ricreative: ecco il germe di verità contenuto nella falsa conclusione di Fromm. Il « tempo libero» non può diventare un « tempo di libertà », uno strumento grazie al quale l'uomo s'appropria di tutte le sue potenzialità, che nella misura in cui egli ha in primo luogo conquistato le condizioni materiali di tale libertà affrancandosi da ogni sfruttamento economico, da ogni costrizione politica e da ogni asservimento ai bisogni elementari. Lo sviluppo del macchinismo, dell'automazione, delle forze produttive della scienza e della tecnologia sono delle condizioni necessarie e sufficienti per rendere possibile questa libertà umana? Necessarie certo: il giudizio di Marx, dall'Ideologia tedesca ai Grundrtsse, non è mutato in proposito; e l'esperienza ci ha confermato in seguito l'impossibilità d'una organizzazione economica veramente socialista -- che implica, in particolare la scomparsa della produzione mercantile
-
quando
manchi un patrimonio
tecnico suf-
ficiente. . Ma si può seguire Kostas Axelos quando afferma che « la speranza che Marx ripone nella tecnica è incrollabile », che per lui « la tecnica produttiva ' affrancata' ha il compito di risolvere praticameni:e tutte le questioni e tutti. gli enigmi »?
,.
29
Ciò significa sottovalutare . .
K. AXELOS,op. cit., pp. 348; 350. 126
singolarmente
la
natura dialettica Jel pensiero marxiano, che ha più volte ripetuto, dalle opere giovanili ai Grundrisse, che le forze produttive rischiano di trasformarsi in forze distruttive se i rapporti capitalistici non sono rovesciati. E col mutamento
ij
'JI l,
dei rapporti I~
\I i
-
una volta dato un determi-
30,
I IJ
i
di tutte le loro relazioni sociali
r,. ~~
di produzione
nato livello di sviluppo delle forze produttive -le ulteriori rivoluzioni tecnologiche saranno guidate da vere opzioni dell'umanità socialista, nelle quali la volontà di assicurare uno sviluppo multilaterale dell'uomo prenderà certo il sòpravvento sulla vana tentazione di voler accumulare incessantemente una quantità maggiore di cose. In questo senso accettiamo il giudizio di Jean Fallot: « Il marxismo non è una filosofia del dominio della natura mediante la tecnica, bensì una filosofia della trasformazione dei rapporti sociali di produzione mediante la lotta di anche se certo un elevato livello tecnico era classe» considerato da Marx come una condizione preliminare a tale trasformazione. Nello stesso senso bisogna includere nella tendenza al. l'appropriazione da parte dell'uomo (di tutti gli uomini)
r
,
I I
-
che di fatto non è altro
che' il processo della loro individualizzazione, della loro progressiva umanizzazione nella società socialista -'- una tendenza allo sviluppo universale delle attitudini scientifiche, il che fa cadere uno degli ultimi argomenti opposti al carattere liberatore del socialismo da certi sociologi contemporanei pessimisti come Alain Touraine o Hannah Arendt: l'impossibilità nella quale si troverebbe l'uomo contemporaneo, posto di fronte ad una tecniça scatenata che già si libera delle sue limitazioni terrestri, di conservare la sua capacità d'agire efficacemente: quest'ultima sarebbe
tì Ir
riservata ai soli scienziatio « quadri superiori»
f
30 J. FALLOT,op. cit., p. 40. 31 Cfr. in particolare H. ARENDT,Condition de l'homme moderne, Paris, Calmann Lévy, 1961", p. 365, per quel c::heconcerne gli scienziati; A. TOURAINE,in G. FRIEDMANN-P.NAVILLE,Trqité de sociologie, I, Paris, Colin, 1961, pp. 420 sgg., per quel che concerne gl'ingegneri e i quadri superiori; G. HILLMANN,Zum Ver-
)
31.
In realtà
niente s'oppone oggi alla possibilità di trasformare pro-
127
gressivamente tutti gli uomini in scienziati "", vale a dire a quella progressiva trasformazione del lavoro produttivo in lavoro scientifico che Marx prevede nel passo sopra citato dei Grundrisse, a condizione che la società umana si riorganizzi in modo da circondare ogni bambino delle stesse cure infinite con le quali oggi prepara dei sottomarini nucleari o dei razzi interplanetari "3. stiindnis der Texte, in K. MARX,Texte zu Methode und Praxis cit., voI. II, p. 203, per quel che concerne gli uni e gli altri. 32 Cfr. J. N. DAVYDOV, Freiheit und Entfremdung, Berlin, VEB Deutscher Verlag der Wissenschaften,.1964, p. 114: «La prospettiva di sviluppo della società comunista è quella di creare una società di scienziati ». "" Si veda nel cap. XI della presente opera un esame più approfondito dei rapporti tra il progresso tecnico ed una società senza classi.
Capitolo Ottavo
IL «MODO DI PRODUZIONE ASIATICO» E LE CONDIZIONI STORICHE PRELIMINARI ALLO SVILUPPO DEL CAPITALE Il lO giugno 1853 Marx tratta per la prima volta in pubblico del modo di produzione asiatico; aveva appena scambiato le sue idee in proposito con Engels in una lettera spedita il 2 giugno, cui Engels rispose il 6 l. Nei mesi e negli anni che seguono, Marx tornerà più volte su questo argomento, in particolare in alcuni articoli inviati al «New York Daily Tribune» e in Per la critica del/' economia politica. Ma è nei Grundrisse che questa idea ha trovato il suo più ampio sviluppo, nella parte che va sotto il titolo di Forme economiche precapitalistiche 2. La diffusione di questo testo in Europa dopo il 1953, in coincidenza con l'inizio della destalinizzazione, ha permesso di rilanciare una discussione che s'era notevolmente ingarbugliata, se non addirittura impantanata, nel corso degli anni precedenti. Sembra saldamente stabilito che Marx si sia mantenuto fedele all'idea d'un « m090 di produzione asiatico» sino alla fine dei suoi giorni 3. Ma Engels eliminò tale modo l
Le due lettere,comepure la risRostadi Marx ad Engelsdel
14 giugno 1853, in K. MARX-F.ENGELS,Carteggio,voI. lI, pp. 21014; 214-19; 220-25. Vartico1o del lO giugno 1853 è apparso nel « New York Daily Tribune» del 25 giugno 1853. 2 K. MARX, Lineamenti fondamentali cit., pp. [375-413].
"
M. GODELIER ha
stabilito
una
bibliografia
provvisoria
deg!i
scritti di Marx ed Engels relativi al «modo di produzione asiatico », bibliografia che però non tiene conto delle Theorien iiber den Mehrwert né di altri passi dei Grundrisse a parte il capitolo sulle Forme economiche precapitalistiche (v. Les écrits de Marx et d'Engels sur le mode de productipn asiatique [Bibliographie SOnl-
maire), in 104.5
«
La Pensée », n. 114, aprile 1964, pp. 56-73). 129
di produzione dalla successione degli «stadi» che sarebbero stati attraversati dall'umanità, successione che aveva tracciato nell'Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato · seguendo da vicino il Morgan. Queste circostanze hanno acceso la controversia tra i marxisti. Nell'Europa occidentale la nozione fu bene o male utilizzata. In Russia Lenin la riprese sotto la forma considerevolmente modificata di «asiatismo », che non designava più una particolare formazione socio-economica'. Plechanov finÌ col respingerne l'applicazione alla Russia, come pure alla storia in genere". Tuttavia nel 1914 Lenin la menziona ancora esplicitamente tra le quattro principali formazioni economico-sociali 7. All'indomani della rivoluzione russa e della rinascita degli studi marxisti ch'essa aveva incontestabilmente stimolato, Rjazanov attirò di nuovo l'attenzione sull'importanza del « modo di produzione asiatico» nell'introduzione alla pubblicazione di tre articoli di Marx sull'India e sulla Cina nella rivista « Unter dem Banner des Marxismus » 8. Lo stesso anno, Eugenio Varga consacrò uno studio allo · Roma, Editori Riuniti, 1963. · Si veda in proposito K. A. WITTFOGEL, Le despotisme oriental, Paris, Editions de Minuit, 1964, che pubblica un elenco abba. stanza completo dei passi di Lenin relativi a tale « asiatismo» alle pp. 494-95. " Si veda in particolare G. PLECHANOV, lntroduction à l'histoire sociale de la Russie, Paris, Bossard, 1926, p. 4: «Noi ora sappiamo non solo che la Russia
-
come l'Europa
occidentale
-
ha attra-
versato la fase del feudalesimo, ma anche che questa fase è esistita in Egitto, in Caldea, in Assiria, in Persia, nel Giappone, in Cina, insomma in tutti.o quasi tutti i paesi civilizzati dell'Oriente ». Tuttavia l'autore parla anche, nella stessa pagina, dei «grandi despo' tati orientali ». Plechanov aveva conservato il concetto d'un modo di produzione asiatico in Le questioni fondamentali del marxismo, Milano, Istituto editoriale italiano, 1947, p. 76, pur sottolineando giustamente che questo modo di produzione non poteva essere considerato anteriore al modo di produzione antico (schiavistico). 7
v. 1. LENIN, Opere complete, voI. XXI, agosto 1914-dicem-
bre 1915, Roma, Editori Riuniti, 1966, p. 48. 8
I, 2, 1925,pp. 370-78.Lucien Goldmannci ha fatto osser-
vare che il « rilancio » del concetto di modo di produzione asiatico non è dovuto a Rjazanov, bensì ai comunisti ungheresi che a partire dal 1920 pubblicavano la rivista «Comunismo ». 130 I l
stesso argomento, mentre Madyar pubblicò nel 1928 un grosso libro sull'economia di villaggio cinese, in cui era discussa l'idea di « modo di produzione
asiatico
».
La Cina era evidentemente di moda in quell'epoca che vide l'apogeo e la disfatta della seconda rivoluzione cinese. Ma la discussione dei problemi strategici e tattici che questa rivoluzione aveva sollevato, e la loro interferenza con la lotta di frazione in seno al PCUS,fu fatale alla discussione scientifica intorno a questo « modo di produzione ». La nozione fu condannata in occasione della famosa « discussione di Leningrado» del 1931 9. Per due decenni essa avrebbe conosciuto, prima in URSS,poi nei paesi di democrazia popolare, una sorte sempre più oscura, per fÌpire con lo scomparire dai manuali lO. Tuttavia, in Occidente, un comunista tedesco, Karl August Wittfogel, aveva nel frattempo consacrato al « modo di produzione asiatico» un'opera monumentale, che finì con l'influenzare durevolmente il pensiero dei sociologi Il. Fu così in Occidente che riprese prima che altrove il" dibattito sul « modo di produzione asiatico », in particolare in Gran Bretagna e in Francia. Nelle democrazie popolari il concetto fu di nuovo utilizzato sin dall'inizio della destalinizzazione per liberarsi dalle scorie meccanicistiche e non marxiste delle « quattro fasi» che tutta l'umanità avrebbe necessariamente attraversato: comunismo primitivo, società schiavistica, feudalesimo e capitalismo. Queste scorie avevano in particolare costretto gli autori che si richiamano al marxismo, ma che nutrono preoccupazioni d'« ortodossia », a raccogliere sotto l'etichetta di « società 9 lO
K. A. WITTFOGEL,op. cito Due esem.pi: il manuale di W. I. AVDIJEV,Geschichte des
alten Orients, pubblicato a Mosca nel 1948 e tradotto a Derlino nel 1953 (Volk und Wissen, Volkseigener Verlag), si basa sulle opinioni dell'accademico V. V. Struve per affermare che « i popoli dell'India e della Cina hanno seguito la stessa strada dall'organizzazione gentilizia alla schiavitù» (pp. 12-13); An Outline Histor)' of China, pubblicato a Pechino (Foreign Languages Press) nel 1958, che parla anch'esso della più antica società di classe in Cina (dinastia Shang) come d'una « società fondata sulla schiavitù» (p. 15). Il K. A. WITTFOGEL,Wirtschaft l/IId Gesellschaft Cbinas, Leipzig,
Hirschfeld, 1931.
. 131
feudale» l'insieme più eteroclito di formazioni socio-economiche ". Il rifiorire del dibattito attorno al «modo di produzione asiatico» va salutato come un fatto positivo. Ma nello stesso tempo bisogna distinguere accuratamente quel che Marx ed Engels avevano designato con questa formula, la deformazione ch'essa ha subìto in seguito ad opera di certi discepoli e di certi avversari di Marx, e l'uso che ne fanno oggi gli storici e i sociologi che s'ispirano al marxismo. E a tal fine, ci sembra utile un breve esame della genesi di questa nozione in Marx ed Engels. Senza voler risalire sino all'origine della formula « dispotismo orientale », che data dal XVII secolo, e senza
letto all'incircain questo periodo lO; infine, gli studi parti-
portanza di questo tipo di comunità p.ei.paesi orientali l.. Tutti questi studi erano in fondo i sottoprodotti d'una analisi costante e minuziosa del commercio estero della Gran Bretagna e della congiuntura economica di questo paese. I mercati orientali svolgevano un ruolo di crescente importanza come sbocchi per l'industria britannica. La espansione delle esportazioni britanniche provocò profondi' sconvolgimenti nella società orientale. La rivoluzione dei T'ai P'ing in Cina, la ribellione dei Cipayes in India erano delle reazioni dirette o indirette a questa azione dissolvitrice. Appassionati di rivoluzioni, ch'esse si verificassero ad Occidente o ad Oriente, Marx ed Engels si misero a studiare la struttura delle società cos1 sconvolte. Fu cos1 che formularono l'ipotesi di lavoro d'un «modo di produzione asiatico ». Le caratteristiche fondamentali di questo modo di produzione sono già esposte in maniera abbastanza esauriente nelle tre lettere sopra citate del giugno 1853, come pure in quattro articoli pubblicati nel «New York Daily. Tribune ». Possiamo riassumerle in questi termini: 1) Quel che caratterizza innanzitutto il «modo di produzione asiatico» è l'assenza della proprietà privata
colari intrapresi sulla comunità di villaggio in altre parti del mondo, che hanno attratto la loro attenzione sull'im-
2) Di conseguenza, la comunità di villaggio conserva
risalire a Montesquieu,che se ne serv1abbondantementeIO,
è probabile che Marx ed Engels abbiano elaborato la loro teoria del « modo di produzione asiatico » sotto l'influsso di tre correnti: in primo luogo gli economisti come John Stuart Mill e Richard Jones, che Marx aveva studiato o stava studiando nel 1853, e che utilizzarono formule ana-
loghe 14; poi i racconti di viaggi, memorie e monografie consacrate ai paesi orientali, che Marx ed Engels hanno
lO Si veda in proposito M. GODELlER, La notion de « mode de production asiatique» et les scbémas marxistes d'évolution des sociétés, Paris, Les Cahiers du Centre d'Etudes et di Recherches marxistes, 1964 (roneotipato) pp. 26-27 e E. HOBSBAWM,Prelazione a K. MARX,Forme economicbe precapitalisticbe cit., pp. 60-62. l' Il Wittfogel vi fa riferimento. 14 John Stuart Mill parla di «società orientale» nel 1848. e Richard Jones' di «societa asiatica» aveva parlato già nel 1831 (v. K. A. WITTFOGEL, op. cit., p. 489). 1. E. HOBSBAWM, op. cit., pp. 19-20, ne traccia una lista abbastanza completa, che include i Voyages del Bernier, l'History 01 Java di Stamford Raffies, l'Historical Geograpby 01 Arabia del rev. C. Foster, ecc. P. NAVILLE, in La Cbine luture, Paris, Les Editions de Minuit, 1952, pp. 89-93, ricorda che i Voyages del Bernier furono redatti per contrastare un progetto di Luigi XIV relativo alla proclamazione della proprietà reale su tutte le terre di o almeno un progetto che gli era stato attribuito dagli Francia
_
avversari dell'assolutismo. 132
l
del suolo 17.
I. Maximilian Rubel richiama l'attenzione su due studi di Marx risalenti al 1853: l'uno sulla comunità di villaggio in Scozia (The Duchess 01 Sutberland and Slavery, articolo pubblicato nel « New York Daily Tribune» del 9 febbraio 1853); l'altro sui rapporti tra monarchia assoluta e decentramento amministrativo in Spagna (cfr. M. RUBEL,Karl Marx. Essai de biograpbie intellectuelle cit., pp. 297-301). 17 Per l'India: «Si può dire che la proprietà privata delle case e degli orti fosse un fatto riconosciuto nelle zone urbane e nei sobborghi a partire dal VI secolo prima della nostra era. Ma in genere non c'era proprietà privata dei campi coltivati» (D. D. KOSAMBI,An Introduction to the History 01 Indian History, Bom. bay, Popular Book Depot, 1956, p. 145). Per la Cina, cfr. H. MASPERO,cito in P. NAVILLE,La Chine luture cit., pp. 96.98. Per l'impero classico dell'Islam e gli inizi dell'impero ottomano, cfr. R. LEVY,Tbe Social Structure 01 Islam, Cambridge, Cambridge Uni\'ersity Press, 1962, pp. 13; 401.
133
una forza di coesione essenziale che ha resistito attra-
verso i secoli alle più sanguinoseconquiste 18. 3) Questa coesione interna della comunità di villaggio antica è ulteriormente accresciuta' dalla stretta unione di agricoltura e industria (artigianale) che vi si è mantenuta 19. 4) Per ragioni geografiche e climatiche però la prosperità dell'agricoltura richiede in queste regioni imponenti lavori idraulici: «L'irrigazione artificiale è qui la prima condizione dell' agricoltura» 20.Questa irrigazione richiede a sua volta quasi dovunque un potere centrale che regoli
e intraprenda i grandi lavori necessari21.
5) Di conseguenza lo stato riesce a concentrare nelle proprie mani la maggior parte del sovrapprodotto sociale, il che dà luogo alla nascita di strati sociali mantenuti di;i questo surplus, che costituiscono la forza dominante della società (donde l'espressione «dispotismo orientale»). La «logica interna» di tale socjetà gioca nel senso d'una grandissima stabilità dei rapporti di produzione fonda-
mentali;
.
Nei Grundrisse ritroviamo tutte queste caratteristiche, ivi compresa l'importanza accordata alle opere idrauliche 22. 18 L'antico autore indù KAUTILYAscrive nel suo Anthasastra: « Le samghas [comunità di villaggio tribali] sono invincibili a causa della loro unità », cito in D. CHATTOPADHYAYA, Lokayata, A Study in
Ancient Indian Materialism,New Delhi, People's Publishing House, 1959, p. 173. 19 Si veda la descrizione dell'antico villaggio indiano in H. D. MALAVIYA, Village Communities in India, a Historical Outline, in A. R. DESAI(a C.di), Rural Sociology in India, Bombay. The Indian Society of Agricultural Economics, 1959, pp. 164-70. Particolarmente significativo il passo seguente: «Il metodo originario per remunerare i servi (artigiani) del villaggio consisteva o nel dar loro una dotazione di terra esente da rendita, e qualche volta anche d'imposta, o nell'attribuire loro determinate porzioni della riserva collettiva di cereali... ». 20 Engels a Marx, il 6 giugno 1853, in K. MARX-F.ENGELS, Carteggio,voI. II, p. 216. 21
Cfr. D. D. KOSAMBI,op. cit., p. 280, a proposito dell'impero
dei Gupta. 22 K. MARX,Lineamenti fondamentali cit., p. [377]: dizioni collettive dell'effettiva appropriazione mediante
«Le conil lavoro,
Ma troviamo anche una serie d'idee supplementari che permettono di circoscrivere meglio quel che Marx ed Engels designavano con l'espressione « modo di produzione asiatico ». In primo luogo, l'accento è posto più volte sullo sviluppo del tutto accidentale e secondario delle città orientali, strettamente subordinate ai capi di stato o ai loro satrapi 23. Ciò significa che la produzione resta quasi esclusivamente una produzione di valori d'uso 24. Ora, è lo sviluppo della produzione di valori dt scambio nelle città che consente la preparazione del predominio del capitale. Quando la potenza del denaro diventa preponderante in società non industriali, porta al dominio della campagna sulla città 20, In altri termini: la struttura particolare del come gli acquedotti, che sono molto importanti per i popoli asiatici, i mezzi di comunicazione ecc., figurano allora come opera dell'unità superiore - del governo dispotico che si erge al di sopra delle piccole comunità ». In Le questioni fon.damentali del marxismo cit., p. 56, Plechanov attribuisce un'importanza decisiva alle condizioni geografiche che rendono necessari tali lavori. Ci ritorna poco dopo: «E se questi due tipi [il modo di produzione schiavistico e il modo di produzione asiatico, E. M.] differiscono considerevolmente l'uno dall'altro, i loro segni distintivi principali si sono formati sotto l'influenza dell'ambiente geografico» (p. 76). 23
K. MARX,Lineamenti fondamentalicit., p. [377]. Cfr.
K. s. SHELVANKAR, cito in A. R. DESAI,op. cit., p. 151: «È certo che i commercianti e gli artigiani; la piccola borghesia in quanto classe organizzata nelle sue gilde, non ha mai conseguito quella supremazia che il suo corrispondente europeo aveva conquistato quando prese il potere nelle città. In India la città era quasi sempre un avamposto dello stato territoriale, governato da dei prefetti o degli organi designati dal centro ». 24 K. MARX,Lineamenti fondamentali cit., p. [384]. Cfr. A. R. DESAI,op. cit., p. 25: «Nell'India prebritannica l'agricoltura di villaggio produceva essenzialmente in vista della soddisfazione dei bisogni della popolazione del villaggio stesso. Questa economia agricola di sussistenza centrata sul villag,giofu trasformata in un'eco. nomia di mercato durante il periodo britannico ». 25 K. MARX, Lineamenti fondamentali cit., p. [405]. Cfr. L. TROCKIJ:«Così le città russe, come quelle dei dispotismi asiatici e al contrario delle città artigianali e mercantili del Medioevo europeo, non svolgevano che un ruolo di consumatrià... Dov'erano allora situati l'industria manifatturiera è l'artigianato? Nella cam-
135
134
« modo di produzione asiatico », la subordinazione delle
città al tempo stesso all'agricolturae al potere centrale 26, implicano il fatto che il capitale non I?Uòsvilupparsi pienamente. Ciò equivale non già ad una stagnazione delle forze produttive ch'è impossibile dimostrare soprattutt'o in bensi ad uno. sviluppo un caso come quello della Cina ritardato che finisce con l'essere fatale alle nazioni che si . basano su questo modo di produzione 27. Cosa pensare allora dei tentativi effettuati da autori come Maurice Godelier, Jean Chesneaux, Jean Suret-Canale e Pierre Boiteau per .ricondurre il «modo di produzione asiatico'» ad una formazione socio-economica che segni il passaggio dalla società senza classi alla società di classe? 2.
-
-
pagna, in stretto legame con l'agricoltura» (Balance Sheet and Perspectives, in The Permanent Revolution, London, New Pa:k Publications, '1962, p. 176). 26.Marx sottolinea nei Grundrisse l'importanza dell'esistenza d'un libero artigianato nelle città in preparazione dell'opera dissolvitrice del capitale sulle antiche relazioni comunitarie della campagna: v. Lineamenti fondamentali cito pp. [407-8). Nel nostro Tratta.to di economia marxista cit., voi. I, pp. 191-92, riportiamo un'analoga opinione di Etienne Balazs per quel che concerne le . città dell'antica Cina, e facciamo notare che la paternità di quest'idea, attribuita a Max Weber, appartiene in realtà a Marx. 27 Ciò non significa evidentemente che le nazioni asiatiche sarebbero state incapaci d'arrivare al capitalismo con i loro mezzi. Semplicemente spiega perché l'Europa occidentale ha potuto acquistare, a partire dal. XVI secolo, un vantaggio sempre più grande sulle altre parti del mondo. L'attuale sottosviluppo delle nazioni d'Asia non è il prodotto del « modo di produzione asiatico» bensì dell'azione ritardatrice e regressiva che il rapporto di subordinazione risultante dalla penetrazione europea ha esercitato su queste nazioni. La nazione asiatica che è riuscita a conservare una reale indipèndenza - il Giappone - è riuscita anche a sfuggire largamente al sottosviluppo. 2. M. GODELIER, La notion de « mode de production asiatique» et les schémas marxistes d'évolution des sociétés cit.; J. CHESNEAUX, Le «mode de production Ì1siatique». Quelques perspectives de' recherche,in « La Pensée », n. 114, aprile 1964, pp. 33-55; J. SURETCANALE,Les sociétés traditionnelles en Afrique tropicale et le concept de mode de productiol1asiatique, in «La Pensée », n. 117. ottobte 1964, pp. 21-42; P. BOITEAU, Les droits sur la terre dal1s la société malgache précoloniale, ibid., pp. 43-69. Quest'ultimo affema addfrittur~ che il «mode di produzione asiatico» costituisce
136
A tal fine sono costretti. in primo luogo a sopprimere il ruolo chiave che Marxed Engels avevano attribuito ai lavori idraulici e alle altre grandi opere pubbliche" nella creazione di questo modo di produzione. Il Godelier, al seguito di Suret-Canale, afferma che «il controllo del commercio intertribale o interregionale esercitato da aristocrazie tribali relativamente allo scambio di prodotti preziosi: oro, avorio, pelli ecc., tra l'Africa nera e l'Africa bianca» 30, ha potuto dar vita a regni come il Ghana, il Mali, il Songhoi ecc. Ma dilatando cosi la nozione di «modo di produzione asiatico» -esattamente come gli autori marxisti «dogmatici» che' respingevano questo concetto erano obbligati a dilatare la nozione di « feudaIesimo'» - la specificità del «modo di produzione asiatico » rischia di scomparire. P.erché quel che fanno questi autori consiste nel ricondurre insensibilmente le caratteristiche del «modo di produzione asiatico» a quelle che contrassegnano ogni prima apparizione dello stato e delle classi dominanti 'in seno ad una società artcora essenzialmente fondatà sulla comunità di villaggio. In effetti si può considerare dimostrato che in tutti questi casi, si tratta in primo luogo d'un tributo volontariamente accordato dalle comunità a fini d'interesse comune (fosse pure un interesse immagi-
~
un fenomeno universale, attraverso il quale sono passate tUtte le società (p. 68). 29 J. CHESNEAUX,op. cit., p. 42, afferma: «.Bispgna..cJtiedersi.:
se questa nozione di « alto comando economico» non ricopra altre funzioni a parte la manutenzione delle dighe e dei canali: .come il controllo della loro sicurezza... la protezione militare dei villaggi contro le spedizioni dei nomadi o gli eserciti d'invasori straf!ieri; la diretta assunzione da parte dello stato di certi settori della produzione industriale che superavano le possibilità de11ecomunità contadine, per esempio nel campo delle miniere o della metallurgia...». Si tratta evidentemente d'una petizione di principio, a' partire dal momento in cui non si attribuisce più alle «opere idrauliche» la causa essenziale dell'apparizione d'un simile 'stato imprenditore. Perché, in altre civiltà, delle confederazioni di villaggi, ovvero le prime corporazioni cittadine, o ancora dei signori locali hanno po. tuto assolvere le funzioni enumerate da Chesneaux, mentre neL « modo di produzione asiatico» esse toccano allo stato? 30
M. GODELIER,op. cit., p. 30. 137
nario, religioso o magico31); che progressivamenteuna aristocrazia tribale o intertribale s'è appropriata prima dell'usufrutto, poi della proprietà di questo tributo; e che durante un periodo intermedio più o meno lungo, una «democrazia di base », fondata sulla comunità di villaggio, è coesistita con un governo sempre più « dispotico» al vertice, espressione della nuova classe dominante. Avendo cominciato con l'affermare che il «modo di produzione asiatico» può essere in ultima analisi ricondotto alla semplice combinazione d'una comunità di villag-
gio e d'un potere centrale che la sfrutta 3Z, gli autori sopra
menzionati non hanno evidentemente difficoltà a scoprire, d'altronde non senza stupore, questo modo di produzione « asiatico» (sic) in Africa nera e nell'America precolombiana, ovvero nell'Europa mediterranea, cioè presso gli Etruschi e nella civiltà cretese-micenea 33. Ma una volta felicemente riuscita quest'operazione di riduzione, bisogna pur chiedersi che cosa sussiste di specificamente asiatico in questa categoria cosi dilatata. E la risposta è chiara: non molto, soprattutto per quel che concerne i fenomeni che nonostante tutto furono il punto di partenza dell'analisi di Marx ed Engels: il carattere ipertrofico e dispotico dello stato; l'assenza della proprietà privata del suolo. Ma l'estensione eccessiva della nozione di «modo di produzione asiatico» a tutte le società «di passaggio dalla società senza classi alla società di classe» non permette di render conto d'un altro aspetto, ancora più capitale che questa nozione ha assunto in Marx. Facendo del «modo di produzione asiatico» una società che s'inter31 Così l'organizzazione collettiva del lavoro in certi villaggi dell' Africa occidentale che trapassa insensibilmente dall'aiuto reciproco collettivo al lavoro effettuato in cambio di regali a profitto degli « uomini più eminenti '>, e poi alla corvée appena mascherata (cfr. c. MEILLASSOUX,Anthropologie économique des Gouro de la (ate d'Ivoire, Paris, Mouton, 1964, pp. 175-85). . 32
J. CHESNEAUX, op. cit., p. 41: «Il modo di produzione asia-o
tico sembra ben caratterizzarsi per la combinazione dell'attività produttiva delle comunità di villaggio e dell'intervento economico d'una autorità statale che le sfrutta ». 33 M. GODELIER,op. cit., p. 21.
138
pone tra il comunismo del 'clan e la società schiavistica o feudale; facendola « esplodere» sia in un senso che nell'altro, si sopprime di nuovo tutto quel che c'è di specifico., nella storia dell'Oriente, la si riconduce, dopo una breve digressione, verso il vecchio schema della «schiavitù» o del «feudalesimo» universali... dopo aver cominciato col criticare la dilatazione eccessiva di queste nozioni 3.\. Non sembra ci si renda conto del fatto che la nozione di «modo di produzione asiatico» ricopre in Marx ed Engels non solo una qua!siasi società indiana o cinese « primitiva », perduta nelle brume, del passato, ma la società indiana e cinese quali il capitale industriale europeo l(! ha incontrate nel XVIII secolo, alla vigilia della conquista (India) o della penetrazione massiccia (Cina) da
part.e di questo stesso capitale 30 .
34 M. GODELIER, op. cit., p. 33, sulle forme di disgregazione del modo di produzione asiatico. 35 Ricordiamo in proposito che la sezione dei Grundrisse che
tratta del «modo di produzione asiatico» è intitolata Forme economiche precapitalistiche, e fa parte d'un capitolo consacrato all'accumulazione primitiva del capitale. Il contesto dimostra a prima vista che questa collocazione ha un senso preciso: si tratta di dimostrare perché, in seno al « modo di produzione asiatico », anche la più vasta accumulazione di somme di denaro non ha prodotto un processo di accumulazione del capitale. Allo stesso modo Lenin, nel 1914, caratterizza il «dispotismo asiatico» in questi termini: « È ben noto che un simile regime politico è molto solido, quando nell'economia del paese predominano i fattori completamente patriarcali, precapitalistici, quando lo sviluppo dell'economia mercantile e la differenziazione di classe sono minimi» (v. 1. LENIN,Opere complete, voI. xx, dicembre 1913.agosto 1914, Roma, Editori Riuniti, 1966, p. 385). Si stenterà a riconoscere in questa descrizione la società che s'interpone tra il comunismo tribale e la società fondata sulla schiavitù... È vero che nei Grundrisse Marx caratterizza anche il modo di produzione asiatico come una delle forme di proprietà collettiva del suolo uscite dalla decomposizione del comunismo tribale - allo stesso livello della proprietà collettiva dell' ager publicus a Roma o della proprietà collettiva del suolo presso i germani e gli slavi. È senza dubbio q}lesto passo che ha indotto in errore certi .autori. Ma nello stesso contesto Marx precisa chiaramente che di tutte queste forme di proprietà collettiva, quella del modo di produzione asiatico è la più tenace e durevole, il che implica senz'altro ch'essa s'è mantenuta sino alle soglie del capi. talismo moderno v. Lineamenti jondamentali cit" ..P..P~IJ8Jl:.8.6].. 139
i\
.f
A questo proposito, d'altra parte, Romesh Dutt cita degli autori di rapporti ufficiali dell'inizio del XIX secolo che confermano come ancora a quell'epoca i campi appar-
chiave per comprendere il carattere specifico del «modo di produzione asiatico », nel duplice senso in cui Marx ed Engels avevano compreso tale specificità all'epoca deila composizione dei Grundrisse. Wittfogel vi descrive ampiamente la straordinaria abilità del contadino cinese, che ha . fatto ben presto della Cina uno dei paesi più densamente popolati del mondo. Ma questa abilità è subordinata a delle opere idrauliche d'un'ampiezza tale che i comuni od anche gruppi di comuni o di province, non possono eseguirle 36. È di qui che nasce la necessità oggettiva, il ruolo funzionale d'un potente potere centrale. Di qui anche la possibilità di assistere allo sviluppo abbastanza rapido
tenessero collettivamentealle comunità di villaggio36. Una volta privata del suo senso specifico, la nozione di « modo di produzione asiatico» non è più in grado di render conto dello sviluppo particolare dell'Oriente rispetto all'Europa occidentale e mediterranea. Perde la sua utilità principale come strumento d'analisi di quelle società alle quali Marx ed Engels l'avevano pertanto esplicitamente destinata. Non può riacquistare tale utilità che tornando alle sue formulazioni originali e alla funzione che Marx ed Engels avevano previsto per lei: spiegare le particolarità dello sviluppo storico dell'India, della Cina, dell'Egitto, dell'lslam, rispetto a quello dell'Europa occidentale. L'ultimo magnum opus di K. A. Wittfogel manca evidentemente d'obiettività scientifica 31; ci sembra tuttavia che nel suo capolavoro del 1931, Wirtschaft und Gesellschaft Chinas, si possa ancora oggi trovare la migliore 36
R. DUTT,The Economie History of India, New Delhi, The
Publication p.107. 31
Division
of the Government .
of India,
1960, voI. I,
In Le despotisme orientaI Wittfogel argomenta senza alcuna
prova che Marx avrebbe «mistificato» il carattere di classe della « burocrazia» del «modo di produzione asiatico» per timore di condannare in tal modo la burocrazia dello «stato socialista» che voleva creare. È lo stesso motivo che l'avrebbe d'altronde condotto a mettere in sordina la sua concezione del «modo di produzione asiatico» (K. A. WITTFOGEL,op. cit., pp. 497-99). A parte il fatto che la seconda parte di questa tesi non è minimamente dimostrata', la' prima, che attribuisce a. Marx una concezione burocraticcrstaliniana dello stato dopo il rovesciamento del capitalismo (mentre Marx ha celebrato nella Comune, ch'è uscita dal suffragio universale ed ha abolito i funzionari permanenti riducendone il trattamento a quello degli operai qualificati. il modello della sua «dittatura del proletariato») costituisce una falsificazione storica piuttosto scandalosa. Il Rubel constata a giusto titolo che « questa denunzia retrospettiva d'una disonestà intellettuale in Marx appartiene alla patologia piuttosto che alla discussione scientifica» (nota a p. 1680 dell'edizione delle Oeuvres di Marx, Economie, I, nella «
di grandi manifatture,molto prima che in Europa 39, senza
1
,
,
Bibliothèque de la Pléiade », Paris. Gallimard, 1965). 140
però che ciò dia nascit~ ad una libera borghesia, anche nel senso medievale del termine. Lo stato è troppo forte, impone un ritmo troppo discontinuo all'accumulazione del capitale, subordina troppo la vita intellettuale e scientifica alle necessità dell'agricoltura '0, per permettere un processo analogo a quello dell'accumulazione primitiva del capitale e della costituzione d'un'industria moderna con un libero proletariato come si è verificato nell'Europa occidentale. Bisogna insistere sul fatto che questa società non è . per niente «primitiva» nel senso d'un'assenza di classi sociali chiaramente delimitate o costituite. Al contrario, accanto ai contadini esistono non solo i funzionari pubblici ma anche dei proprietari fondiari (che s'appropriano illegalmente della proprietà del suolo), dei mercanti e dei banchieri, spesso immensamente ricchi. Ma quel che determina la specificità di queste classi nel «modo di produ38 K. A. WITTFOGEL,Wirtschaft und Gesellschaft Chinas cit., pp. 187; 192-93 e soprattutto pp. 285-87. "9 Si veda un sorprendente presentimento dell'esistenza di queste manifatture cinesi in Lineamenti fondamentali cit., pp. [397; 410]. '0 K. A. WITTFOGEL,op. cit., pp. 670-79. Cfr. un altro passo dello stesso libro, p. 572, nel quale l'autore dimostra che l'artigiano cinese resta sempre servitore, e nella maggior parte dei casi servitore ambulante, a causa dell'estensione delle proprietà fondiarie asiatiche! Questo passo potrebbe essere integraro nel èontesto dei Grundrisse che stiamo commentando.
141
I
,)
zione asiatico» è che, di fronte all'ipertrofia del potere statale, esse non possono mai acquistare il potere sociale e politico che in altri pae~i ha dato vita al feudalesimo prima, al capitalismo moderno poi. Ecco quello di cui il concetto di « modo di produziaoeasiatico » deve. render conto. Bisogna a questo punto rispondere a un'obiezione formulata da Michael Mauke, che s'è particolarmente dedicato all'approfondimento della nozione di classe in Marx in relazione ad una tesi sugli impiegati ch'era sul punto dI completare al momento in C1!li è improvvisamente deceduto, all'età di 37 anni. Il Mauke afferma che in seno al modo di produzione asiatico, c'è sì appropriazione del sovrapprodotto sociale da parte degli strati dominanti, e diritto da parte loro di disporre del pluslavoro, « ma sino a quando questi due fenomeni sono ancora legati all'adempimento di funzioni a vantaggio dell'in.çieme della società (burocrazia, teocrazia, ecc.) - quali che siano gli abusi e il parassitismo - non può trattarsi per Marx di. , classi " bensì di governo, dominazione e dispotismo » 41 . Il Mauke generalizza qui, a nostro avviso abusivamente, una caratterizzazione di classe dominante che in realtà si applica solo alla borghesia capitalistica, per la quale la separazione tra 1'« interesse privato» e la «funzione social~» è quasi totale 42. In tutte le classi dominanti precapitalistiche e a forti ori in classi non dominanti come l'artigianato autonomo del Medioevo, questa separazione radicale non esiste. Al livello del domesne, il signore feudale o l'abate dell'abbazia svolge delle funzioni «utili per la società nel suo complesso », esattamente come lo scriba dell'antico Egitto o il mandarino della Cina classica. Provvede al prosciugamento delle paludi, s'occupa della costruzione e della manutenzione delle dighe quando la 41
~.
necessità geografica lo richiede, protegge il territorio contro le incursioni dei briganti ecc. Tutto ciò non impedisce che si appropri in cambio di questi « servizi» del sovrapprodotto sociale - mentre la preistoria e la storia dimostrano. che queste stesse funzioni possono essere assolte al servizio della collettività senza dar luogo a privilegi economici. È in questo senso che si può parlare della comparsa' d'una classe dominante nel modo di produzione asiatico, classe che s'appropria del sovrapprodotto sociale. Ma nel quadro delle classi dominanti che la storia umana ha conosciuto, essa è certamente la più prossima alle funzioni primitive di « servitori della comunità» e la più lontana dalla borghesia contemporanea. La storia economica ci mostra d'altra parte come, accanto a questa classe dominante, il modo di produzione asiatico comprenda altre classi sociali che non siano quelle dei contadini e dei signori - in particolare una classe di commercianti relativamente sviluppata ed una classe di artigiani urbani che lavorano esclusivamente per conto dei signori 43. Una critica analoga a quella che abbiamo appena formulato nei confronti delle concezioni di Godelier, Chesneaux, Suret-Canale ed altri non è stata ancora avanzata in modo sistematico da altri autori, ma si trova per lo meno suggerita e in parte anticipata in vari studi. Così, nella sua introduzione all'edizione inglese di Forme economiche precapitalistiche, Eric Hobsbawm prende prudentemente le distanze da qualsiasi interpretazione meccanicistica della celebre serie delle «quattro principali formazioni economico-sociali» elencate da Marx nell'Introduzione a Per la critica dell'economia politica (società asiatica, schiavistica, feudale, capitalistica), scrivendo che si tratta d'una sequenza analitica e non cronologica 44.Eppure, qualche pagina prima, aveva ripreso l'idea
M. MAUKE,Thesen zur Kiassentheorie VOli Marx, in «Neue
Kritik », n. 34, febbraio 1966, p. 29. .., D'altra parte anche la borghesia assolve una funzione uti!e dal punto di vista della società nel suo complesso: quella di sviluppare le forze produttive. Marx torna più volte su questo punto nei (;r'mdris.re, 1-12
43 Si veda in proposito G. L. ADHYA, Early Indian Economics, Bombay, Asia Publishing House, 1966, p. 98 - per i commercianti; pp. 84-87 - per gli artigiani urbani. 44 E. HOBSBAWM, 9p. cit., p. 35.
143
schiavitù, dei modi di produzione particolari 47 (piuttosto che delle formazioni economico-sociali nel senso ristretto del termine), nei quali, qua e là, si cristallizzano delle relazioni socioeconomiche di dominazione".
di Godelier secondo la quale il «modo di produzione asiatico» non rappresenta ancora una società di classe o rappresenta tutt'al più una società di classe «nella sua
forma più primitiva» 45. Le due osservazioni sono evi-
I
dentemente contraddittorie) Se la sequenza non è cronologica, se il « modo di produzione asiatico» non si colloca necessariamente prima delhr-società schiavistica (od anche della società feudale), è impossibile supporre che non si tratti neppure d'una società di classe, o solo di una società di classe rudimentale... Benché tenda, a nostro .avviso a torto, a minimizzare .il « modo di produzione asiatico », in particolare in rapporto a società più sviluppate come l'India o la Cina 4', Maxime Rodinson critica implicitamente la concezione di Godelier, commentando in questi termini il passo dei Grundrisse che stiamo ora analizzando:
"1
'
In sostanza, Marx vede lo sviluppo precapitalistico in rapporto col capitalismo. Quel che lo interessava era la comparsa, nelle formazioni precedenti, delle condizioni che rendono possibile l'emergere d'una società capitalistica. La storia del precapitalismo non è, ,come vuole una visione marxista volgare, una successione di stadi universali, di formazioni economicosociali governate da delle leggi imp]acabili, che ]e portano ineluttabilmente verso il capitalismo e quindi verso il socialismo... Essa parte da una comunità primitiva, con una struttura essenzialmente imposta dalle condizioni d'esistenza dell'umanità arcaica, ma che presenta nondimeno una certa varietàdi tipi. Alcuni di questi racchiudono, nell'ambito della' loro struttura particolare, un potenziale d'evoluzione dovuto alle loro interne contraddizioni. È nel corso di tale evoluzione, che si protrae per migliaia di anni, che si sono prodotti dei fenomeni che, convergendo in una regione determinata (l'Europa), ad un'epoca data (il XVI secolo) e in un contesto dato, hanno dato vita alla società capitalistica. Tra il punto di partenza e il punto d'arrivo ci sono altri fenomeni, come la 45 Ibid., p. 32. ,'6 M. RODINSON, Islam e capitalismo, Torino, Einaudi, 1968, pp. 79-91.
144
I
Bisogna menzionare la notev.ole Prefazione di Pierre Vidal-Naquet all'edizione francese del Dispotismo orientale del Wittfogel, prefazione nella quale l'autore accetta grosso modo la teoria del « modo di produzione asiatico» applicata ai paesi cui Marx stesso destinava que~ta nozione, pur sottolineando le debolezze e le esagerazioni del libro di Wittfogel, ed insistendo sul fatto che «solo un'agricoltura che implichi da parte della collettività grandi lavori... è suscettibile di creare questo tipo di. società» 49. Bisogna infine citare un testo roneotipato di Guy Dhuquois, incaricato all'Università di Algeri, che c'è stato gentilmente inviato dall'autore 50. Questi formula delle critiche analoghe a quelle che abbiamo appena formulato nei confronti delle tesi di Godelier, Chesneaux, Suret-' Canale. Come Maxime Rodinson, anch'egli torna alla intenzione di Marx, ch'era quella di contrapporre la linea dell'evoluzione europea a quella uscita dal «modo di produzione asiatico ». Insiste in proposito, e giustamente, sulla «coerenza» e la tendenza estremamente proriun47 È il sociologò polacco J. HOCHFELD (Studia o marksowskiej leorii spoleczinstwa [Studi sulla teoria marxista della società], Var~avia, Panstwowe Vydawnictwo naukowe, 1963) che ha stabilito la distinzione corretta tra un «modo di produzione », vale a dire un modello economico « puro », dunque astratto, e una formazione economico-sociale, vale a dire un tipo concreto di società in seno alla quale un « modo di produzione» occupa un posto dominante. Così, sarebbe esatto dire che il modo di produzione capitalistico s'è sviluppato in Gran Bretagna a partire da XVI secolo, ma caratterizzare .la Gran Bretagna come una «formazione economicosociale» capitalistica non sarebbe esatto che a partire dalla seconda metà del XVIII secolo. ... M, RODINSON,What happened in History?, in «The New Left Review», n, 35, gennaio-febbraio 1966, pp. 97-99. 4D p, VIDAL-NAQUF.T, op. cit., p. lO. .>0G. DIiUQUOIS,Le mode de productiol1 asiatique (manoscritto ;'oneotipato), p. 13. '
145
ziata alla stabilità e alla questo
« palingenesi » che caratterizzano modo di produzione:
Il commercio crea talvolta un abbozzo di capitalismo [sarebbe più corretto dire: d'accumulazione di capitale, E.M.], ma è destinato ai. bisogni degli aristocratici e del sovrano che dispongono del sovrapprodotto... Le città appaiono parassitarie, viventi a spese del mondo rurale, al quale non restituiscono quasi nulla; forniscono solo una base ristretta allo sviluppo del commercio e dell'artigianato urbano. Il finanziere lavora soprattutto per conto del « despota »0 Il commerciante e il finanziere vivono in un ambiente che è da molti punti di vista, economico, sociologico, politico o culturale, sfavorevole ad iniziative individuali di tipo nuovo. Per esempio, i modelli sociali li spingono a comprare dei diritti fondiari o a far entrare i loro figli nella pubblica amministrazione. Infine, lo Stato, che dirige tutta la vita economica, interviene per controllare la loro attività. Si assiste al continuo riassorbimento di queste attività marginali da parte del modello sociale dominante 51.
Guy Dhuquois indica nello stesso tempo che sulla base di questo criterio, l'applicazione del concetto di «modo di produzione asiatico» a società come il basso impero romano o l'impero bizantino risulta inopportuno. . Nel primo caso, l'analogia è fuori luogo, «perché, anche trascurando l'importanza della proprietà privata che, con i grandi proprietari fondiari, ha comportato un abboz. zo di feudalizzazione, la preponderanza economica dello
stato appare arbitraria rispetto alle esigenzetecniche» 52. È per questa ragione che tale preponderanza non è stata di lunga durata, e ha portato ad un continuo deterioramento della situazione economica e infine alla disintegrazione dello stato, e non alla palingenesi così caratteristica per dei paesi come l'India o la Cina. Quanto poi al caso di Bisanzio, l'impero bizantino «ha conosciuto un'evolu. zione che sembra invero esser stata ineluttabile verso un tipo particolare di feudalesimo che, qui, ha finito con l'imporsi, mentre, secondo la nostra definizione, nel modo 51 50
Jbido,pp. 4-5. Ibid., .p. 70 146
di produzione asiatico, lo stato deve di regola riapparire...
nel suo ruolo tradizionale» 53.
Ma la nozione di « modo di produzione asiatico » non ha conosciuto soltanto una felice rinascita nel corso degli ultimi anni. È stata anche sottòposta ad una critica, per altro più seria di quella dei «marxisti» dogmatici dell'età staliniana. È questo in particolare il caso di E. R. Leach, autore di uno studio su Ceylon pubblicato nel 1959; che funge al tempo stesso da critica dell'opera di Wittfogel 54. . Questa critica, valida nella misura in cui prende di mira le formulazioni eccessive (<<dogmatiche alla rovescia ») del Wittfogel 1958, è molto meno pertinente quando la si esamina alla luce delle concezioni di Marx ed Engels riguardo al «modo di produzione asiatico» e a quelle del Wittfogel 1931. Perché incontestabilmente, degli elementi di « feudalesimo » (vale a dire grandi proprietà fondiarie di fatto, se non di diritto, coltivate mediante corvées o imposizione d'una rendita ai contadini-affittua-. ri) esistono in seno al «modo di produzione asiatico ». Secondo la descrizione del Leach, questi elementi sembrano più importanti a Ceylon che in India o in Cina, ma esistevano anche in Cina e in Wirtschaft und Gesellschaft Chinas, Wittfogel ne rende largamente conto. Solo che questa classe feudale non è mai diventata classe dominante. I suoi progressi sono sempre stati considerati come delle usurpazioni ai' danni del potere dello stato e dei diritti dei contadini; e quando queste usurpazioni diventavano eccessive, provocavano periodicamente delle crisi economiche e politiche che si concludevano in genere col rovesciamento della dinastia esistente, in. seguito ad una guerra contadina, e con la comparsa d'una nuova dinastia che riportava alla ragione i proprietari fondiari 55.
53
Ibid.,
p. 80
5., Eo R. LEACH,Hydraulic Society in Ceylol1, in «Past and Present », n. 15, aprile 1959, pp. 2-260 o" D. D. KOSAMBI,op. cito, ppo 326-31; 351-65, afferma che gli invasori musulmani in India vi hanno creato a partire dall'xI secolo un'embrionale classe feudale, che però non ha mai potuto im-
1-17
È possibile d'altra parte, come suggerisce nel suo studio il Leach, che l'antico sistema d'irrigazione a Ceylon non fosse così impressionante come appare oggi dalle dimensioni delle rovine. Egli suggerisce che si tratti di progressive giustapposizioni, ogni generazione aggiungendo un certo numero di canali e serbatoi in base a tecniche di lavoro decentralizzate (coordinate su scala di villaggio). Ma in questo caso la conclusione del Leach non in6rma veramente la tesi del «modo di produzione asiatico ». Quest'ultimo infatti si limita a stabilire un collegamento tra la comparsa d'uno stato dispotico ipertr06co e la necessità di grandi opere idrauliche. E quando tali opere vengono effettuate essenzialmente a livello di villaggio - come nel sistema dei qanats in Iran - non ne risulta necessariamente il dispotismo s'. ' C'è d'altra parte qualche altro passo dei Grundrisse in cui Marx torna su questa differenza speci6ca tra una società fondata sulla produzione di valori d'uso, vale a dire in ultima analisi fondata sull'agricoltura (si tratti del « modo di produzione asiatico », del modo di produzione antico od anche del feudalesimo allo stato «puro») ed 56
padronirsi del potere su tutto il territorio, presa com'era tra il dispotismo al vertice e la comunità di villaggio alla base. 56
Si veda in proposito H. GOBLOT, Dans l'ancien Iran, les
tecbniques
de l'eau et la, grande bistoire, in «Annales »" XVIII,
n. 3, maggio-giugno1963, pp. 500-20.
,
s, Segnaliamo in proposito che nel II volume delle Lezioni sulla filosofia della storia, che Marx ed Engeis avevano studiato con ardore, Hegel aveva colto la differenza essenziale tra l'evoluzione storica cinese e quella europea: «Parimenti non vi è in Cina un'aristocrazia di nascita, uno stato feudale, e nemmeno una dipendenza dalla ricchezza, come in Inghilterra: il potere supremo viene esercitato totalmente ed esclusivamente dal monarca» (G. w. F. HEGEL, Lezioni sulla filosofia della storia, voI. II, Il mondo orientale, Firenze, La Nuova Italia, 1963, p. 31). Cfr. anche questa notevole definizione, che annunzia già l'analisi del «modo di produzione asiatico »: «Il principio dominante in Cina è infatti l'uguaglianza [la comunità di villaggio, E. M.]. La Cina è l'impero dell'assoluttl uguaglianza... ». Ma «dappertutto è necessario il controllo dell'amministrazione. Essendovi in Cina'uguaglianza ma non libertà, il dispotismo è la forma di governo che per forza vi ha luogo» (ibid., p.42).
148
1
una società fondata sulla produzione di valori di scambio, sulla produzione di merci. La comparsa del capitale commerciale (comprare per vendere), questo movimento può verificarsi all'interno di popoli e tra popoli per la cui produzione il valore di scambio non è ancora diventato un presupposto. Il movimento riguarda soltanto il surplus della loro produzione destinata all'uso immediato e si sviluppa soltanto ai suoi margini [come dire, marginale, E.M.]. Come gli ebrei nell'antica società polacca o in generale nella società medievale, così interi popoli mercantili - come è accaduto nell'antichità e successivamente con i lombardi - possono assumere questo ruolo tra popoli il cui modo di produzione non è stato ancora condizionato dal valore di scambio come presupposto fondamentale 58.
E ancora: Il denaro
come patrimonio
commerciale
-
così come
si'
presenta ndle più diverse forme di società e ai più diversi livelli di sviluppo delle forze produttive sociali, è tuttavia semplicemente il movimento di mediazione tra estremi che non domina, e tra contraddizioni che non crea... La maggior parte dei popqli o delle città commerciali autonomi e fortemente sviluppati praticavano il carrying trade che trovava le sue condizioni nella barbarie dei popoli produttori tra i quali essi svolgevano il ruolo del denaro (di mediatori). Nei primi stadi della società borghese il commercio domina l'industria; nella società moderna è l'inverso. Il commercio naturalmente reagirà in misura maggiore o minore sulle comunità tra le <.!uali esso si svolge. Subordinerà in misura maggiore o minore la produzione al valore di scambio; spingerà in misura maggiore o minore nello sfondo il valore d'uso immediato, nella misura in cui fa dipendere la sussistenza più dalla vendita che dall'uso immediato del prodotto. Dissolve i vecchi rapporti. Quindi accresce la circolazione del denaro. Prima in. veste l'eccedente della produzione, poi finisce con l'impugnare gradualmente la produzione stessa. Tuttavia l'effetto dissolvente dipende ~molto dalla natura delle comunità produttrici tra le 58
K. MARX, Lineamenti
fondamentali 149
cit., p. [.165],
quali esso opera. Per esempio [il commercio] ha a mala pena scosso le antiche comunità dell'India e in genere i rapporti asiatici 50.
Questo passo è importante perché dimostra come nel 1857-58 Marx conservasse l'opinione formulata nel 1853 circa la resistenza che il « modo di produzione asiatico » manifestava nei confronti dell'azione dissolvitrice dello scambio. Sottolinea anche il fatto che per Marx l'intera evoluzione progressiva dei modi di produzione è fondata su una dialettica del sovrapprodotto sociale (del surplus) che, come abbiamo visto in precedenza, non è altro che una dialettica del « tempo necessario» e del « pluslavoro ». A questo punto non resta che ricollocare tutte queste considerazioni sul « modo di produzione asiatico» nd loro contesto concreto, vale a dire nell'analisi effettuata da Marx delle 'condizioni storiche - le più astratte dello sviluppo del capitale e del capitalismo. Si sarà già capito che, seguendo il metodo dialettico che utilizza di preferenza nei Grundrisse, Marx s'attarda sulle « forme economiche precapitalistiche» solo per mettere in luce, negativamente, i fattori che in Europa hanno portato, positivamente, al fiorire del capitale e del capitalismo. Marx rileva in proposito anzitutto la necessità che il lavoro sia diventato effettivamente
« libero » -
e questo
non solo nel senso giuridico ma anche e soprattutto nel senso economico del termine, vale a dire libero da ogni legame con i mezzi di sussistenza e quelli di lavoro. Ciò significa « prima di tutto il distacco del lavoratore dalla terra in quanto suo laboratorio naturale, quindi la dissoluzione tanto della piccola proprietà fondiaria libera quanto della proprietà fondiaria collettiva basata sulla comunità
orientale» 60. È questa un'idea che ritorna in numerosi passi dei Grundrisse ed è qui ripresa in particolare in 59
60
un'analisi delle condizioni della colonizzazione che sarà ulteriormente sviluppata nel I volume del Capitale. Lo sviluppo del capitalismo è impossibile fintanto che sussiste il libero accesso ad una terra (relativamente) abbondante 61: questo assioma stabilito da Marx ha trovato una sorprendente conferma nella tragedia imposta ai popoli dello Zimbabwe e dell'Africa del Sud, che hanno dovuto essere allontanati dalla loro terra natale e rinchiusi in delle « riserve» per assoggettarsi all'obbligo economico di vendere la loro forza-lavoro al capitale. Ciò implica inoltre una separazione del produttore dai suoi mezzi di lavoro tradizionali (per esempio quelli dell'artigiano indipendente) e dai beni di consumo che' gli erano garantiti anche prima che si mettesse a produrre 62. . Ma Marx rivela anche l'altra faccia della medaglia: nelle comunità primitive, l'uomo è strettamente integrato in condizioni d'esistenza naturali e nella collettività « della quale egli stesso è fino a un certo punto proprietà» 63. Il livello di sviluppo delle forze produttive non permette altra forma di organizzazione sociale. È solo quando tale sviluppo supera lo stadio della comunità primitiva, quando le forze produttive diventano il prodotto dell' uomo molto più che quello della natura 64, che l'individuo si stacca dalle comunità primitive: «l'uomo si isola soltanto attraverso il processo storico» 65. Lo scambio è uno dei principali strumenti di questa individualizzazione. Esso produce al tempo
stesso l'alienazione
dell'uomo
-
ma crea
anche le condizioni necessarie al suo pieno sviluppo in quanto individuo, con tutta « l'universalità dei bisogni, 61
K. S. SHELVANKAR segnala che ancora nel XVIII secolo la
terra era abbondante nella regione del Gange (in A. R. DESAI, op. cit., p. 149). 62
63 64
K. MARX,Lineamenti
fondamentali
cit., p. [397].
Ibid., p. [395]. Cfr. la fonnulaquasi identicautilizzatanei Manoscrittieco-
nomico-filosofici del 1844. L'uomo crc;a re stesso - Man makes himself - è anche il titolo dell'eccellente manuale di preistoria e storia antica redatto dal compianto Gordon Childe.
Ibid., pp. [741-42]. Ibid., 'p. [375].
65
150
K. MARX, Lineamenti
fondamentali 151
cit., p. [395].
'"
,lI delle capacità, dei godimenti, delle forze produttive ecc. degli individui»." che manca nelle comunità primitive ed è repressa nel1asocietà borghese. Si vede dunque quanto sia ingiusto il rimprovero che viene spesso mosso a Marx secondo il quale egli desidererebbe una completa integrazione dell'individuo nella col1ettività, e la socializzazione da' lui desiderata sarebbe una socializzazione integrale dell'individuo .'. È vero il contrario. Se Marx attribuisce un'importanza così grande allo sviluppo del1e forze produttive, se è in una certa misùra «innamorato del progresso tecnico» senza peraltromai sottovalutare 'j pericoli di parcellizzazlOne e d'alienazione del lavoro che .ne derivano - è proprio perché comprende che solo questo sviluppo delle forze produttive crea le condizioni necessarie per una sempre
-
.. Ibid., p. [387].
., Cfr.peresemPio la Préfacedi F.
PERROUX
alla cito edizione
delle Oeuvres di Marx nella « Bibliothèque de I~ Pléiade »: «l'uomo socializzato dello stadio finale del comunismo è uomo solo in quanto fa parte del tutto sociale, di quella totalità ch'è la società comunista. L'individuo s'oggettiva nella e per l'appartenenza a questa società...» (p. XXII). Ed anche: «Quest'uomo diventato autentico nel e per il tutto sociale, quest'uomo che non resta autentico che nella e per la totalità sociale, non è caratterizzato come un soggetto originale ed unico per sua essenza capaèe di libera azione e libera parola. Non è autentico per la spontaneità irridu. cibik dello spirito fonte dell'azione e della parola personali; lo è per la partecipazione alla socialità; è solo nella e per la totalità ch'è diventato e resta un uomo... »' (p. XXIII). La citazione che abbiamo appena riportato dei Grundrisse dimostra quanto poco conforme alla vis)one marxista sia l'immagine che.il Perroux traccia qui dell'« uomo socialista» o dell'« uomo comunista» secondo Marx. AI contrario, Marx assegna alla società dell'avvenire la funzione di assicurare «il libero sviluppo delle individualità» che consiste essenzialmente nel loro sviluppo «artistico, scientifico, ecc.» (Lineamenti fondamentali cit., p. [593]). Questo passo, come pure l'approfondimento che ne fa Marx qualche pagina dopo, quando si diffonde sull'interazione del «tempo libero» - che trasforma l'uomo in un «altro soggetto », (apace di sperimentare, di creare liberamente e de1lo sviluppo de1le forze produttive, indica quanto sia contraria a1le concezioni di Marx un'altra idea del PerI'oux, secondo la quale «un piccolissimo numero di padroni . delle macchine» sussisterebbe per Marx anche nella società comunista» (p. XVII).
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152
....
più larga individualizzazione del!'uon20, quale si realizzerà in definitiva nella società socialista.'. I
I . J
j
.. Ciò non è affatto in contraddizione con la sesta tesi su Feuerbach, che afferma che «l'essenza umana non è qualcosa di astratto che sia immanente all'individuo singolo. Ne1la sua realtà Opere essa è l'insieme dei rapporti sociali» (in K. MARX-F. ENGELS, scelti? cit., p. 189). Si tratta precisamente di relazioni sociali infinitamente più fermarsi.
ricche che permetteranno
all'uomo
socialista di af-.
Capitolo Nono
LA MESSA A PUNTO DELLA TEORIA DEI SALARI
Come abbiamo visto, la prima opera che Marx aveva l'onsacrato più particolarmente al lavoro salariato, Lobnarbeit und Kapital, è ancora in parte fondata su UHt: tl~oriaerronea dei salari, ripresa grosso modo da Ricardo. La stessa teoria dei salari si ritrova in altri scritti di Marx della stessa epoca, in particolare nella Miseria della filosofia e nel Manifesto comunista.
.
Di che si tratta? La teoria ricardiana dei salari s'ispira largamente a Malthus, e considera un movimento d'offerta e di domanda della manodopera stimolato essenzIalmente dal processo demografico. L'aumento dei salari comporterebbe una maggiore procreazione presso gli òperal e se ci si vuole esprimere con più circospezione: una diminuzione della mortalità infantile donde l'aumento dell'offerta di braccia, donde la caduta dei salari. Per contro la caduta dei salari ridurrebbe le dimensioni delle famiglie operaie (oppure, il che è lo stesso, farebbe aumentare il tasso della mortalità infantile) donde la riduzione dell'offerta di braccia. Ad un èerto momento, la domanda di manodopera deve dunque superare l'offerta, il che comporta un aumento dei salari. Questi due movimenti della bilancia tendono a ren. dere stabile il livello dei salari, ma questo al livello più basso, appena sufficiente a mantenere in vita l'operaio e una famiglia « media » (in modo da permettere un movimento demografico che corrisponda esattamente ai bisogni di manodopera creati dall'industria capitalistica). È indiscutibile che si tratti d'una teoria molto pri-
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~
155
mitiva '. In primo luogo il ragionamento è caduco perché mentre definisce il salario come risultante delle fluttuazioni dell'offerta e della domanda di manodopera, si limita di fatto. a studiare le fluttuazioni dell'offerta (e si trattasse solo di questo!), facendo astrazione dalle fluttuazioni della domanda. Si limita ad esaminare, come offerta di manodopera solo quella che risulta dal movimento demografico in ambiente operaio, facendo astrazione da un processo che è peraltro uno dei più significativi del capitalismo: quello della proletarizzazione dei produttori che in precedenza disponevano direttamente dei loro mezzi di produzione e di scambio (contadini, artigiani, piccoli commercianti e piccoli imprenditori), e che si presentano via via sul mercato per offrire la loro forza-lavoro. Infine, anche in' quella che sembra essere la parte valida del ragionamento (le fluttuazioni della mortalità infantile governate dal livello medio di vita delle famiglie operaie), c'è un grossolano errore di ragionamento: non' viene preso in considerazione il fattore tempo. In realtà, una caduta della mortalità infantile non fa aumentare immediatamente l'offerta di braccia: la fa aumentare solo dieci o quindici anni dopo (l'intervallo dipende dalla diffusione del lavoro infantile e dall'età media in cui i fanciulli cominciano ad essere assunti). Per sapere se questo aumento dell'offerta di manodopera provocherà o meno una caduta dei salari, bisogna porsi almeno il problema di sapere qual è la tendenza della domanda di manodopera da un decennio all'altro. La teoria dei salari di MalthusBisogna tuttavia aggiungere a difesa di Ricardo ch'egli non ignorava l'effetto dell'accumulazione del capitale sui salari e che, dopo aver supposto in un primo tempo che l'espansione del macchinismo avrebbe portato ad un aumento dei salari, aveva poi mo. dificato tale opinione riconoscendo ch'esso avrebbe potuto avere effetti nefasti sui salari stessi (si veda l'introduzione di P. SRAFFA. a T he W'orks and Correspondence of David Ricardo, Cambridge, Cambridge University Press, 1951, voI. I, p.LVII). Ricardo era l)erÒ troppo affascinato dalla sua teoria delle rendite e dall'ipotesi d'un rincaro generale e permanente dei viveri per rompere deci. samente con le concezioni di Malthus. I
156
Ricardo presuppone dunque di fatto tacitamente una sta. gnaziolle a lungo termine della domanda di manodopera (da un decennio all'altro!), il che è in contraddizione con i fenomeni della rIvoluzione industriale, dell'industrializzazione e dello sviluppo economico in regime capitalistico In genere. Tale teoria è stata ripresa, in questa forma grezza, solo da alcuni socialisti detti « utopici» e da Lassalle, con
la sua famosa« legge ferrea dei salari » 2. Marx ed Engels n'on l'hanno mai difesa, ma essa li ha incontestabilmente influenzati nella formulazione della loro prima erronea teoria dei salari, che si conclude, come la teoria Ricardo. Malthus, con l'affermazione della tendenza dei salari a cadere verso il minimo vitale fisiologico e mantenervisi. È il « geniale schizzo» del giovane Engels, gli Umrisse zu einer Kritik der Nationalokonomie, che fornisce la teoria dei salari cui i due amici resteranno fedeli, nelle sue grandi linee, sino al secondo esilio di Marx in Inghilterra. Engels vi condanna come «infame, nefanda» la dottrina di Malthus, ma ne adotta tuttavia le conclusioni: «al lavoro tocca soltanto lo stretto necessario, i nudi mezzi di sussistenza... »". Egli deduce questo fatto non già da un movimento demografico (anche se afferma ch'è stato un merito di Malthus quello di aver dimostrato «che la popolazione preme sempre sui mezzi di produzione »4), ma da un fatto economico: la conèorrenza universale nella quale gli operai sono più deboli dei capitalisti, e tanto più indeboliti in quanto possono essere so'stituiti dalle macchine. 2 «La ferrea legge economica che determina il salario nelle condizioni attuali attraverso il gioco dell'offerta e della domanda di lavoro è la seguente: il salario medio si riduce sempre al livello dei beni di sussistenza necessari all'esistenza e alla riproduzione in base ai costumi d'un popolo dato» (F. LASSALLE,Offenes Antwortschreiben an das Zentralkomitee zur Berufung eines allgemeinel: Dèutschen Arbeiterkongresses zu Leipzig, 24 aorilè 1863, in Gesam. melte Reden und Schriften, Berlin, Paul Cassirer, 1919, voI. III, p.58). .
"
F. ENGELS, Abbozzo
d'una
critica
«Annali franco. tedeschi » cit., p. 173. I Ibid., p. 170. 157
dell'economia
politica,'
in
In seguito, questo argomento decisivo, che negli Umrisse sembra un po' marginale, passerà in primo piano nella teoria dei salari delle opere giovanili di Marx ed Engels. Così già nelle note di lettura del 1844, Marx aggiunge il seguente commento ad alcuni testi di Ricardo e Smith: «In tutti i paesi industriali il numero di operai è ora superiore alla domanda, e può essere reclutato giorno per giorno tra il proletariato disoccupato, di cui questi stessi operai a loro volta contribuiscono ad accrescere il numero. Così l'accumulazione ha anche la conseguenza inversa per cui il salario operaio è sempre più ridotto»'. Nel primo dei Manoscritti economico.-filosoficidel 1844, Marx afferma che il capitalismo reagirà contro ogni .aumento dei salari cercando di ridurre la domanda di manodopera grazie alla sostituzionedei lavoratori con delle macchine: «Poiché il lavoratore è degradato a una macchina, questa gli può stare di fronte come una concorrente » '. È questa tendenza innata nel capitalismo a sostituire il lavoro morto al lavoro vivo che diventa al tempo stesso il motore dell'accumulazione del capitale e della di- . minuzione tendenziale dei salari, secondo il giovane Marx
'.
La conclusione ch'egli trae allora da questa legge è la considerazione che più l'operaio produce, meno consuma; suppone quindi una riduzione assoluta dei salari. Il fatto che il salario possa aumentare in una situazione data solo facendo diminuire il profitto è già chiaramente individuato nel secondo manoscritto del 1844.. Così, i nostri due giovani autori elaborano di fatto una teoria dei salari che parte essenzialmentenon già dal
5
È interessante
constatare
come col termine
«proletariato»
il giovane Marx non designi qui la classe operaia bensì esclusivamente i disoccupati, per analogia col proletariato dell'antica Roma. " K. MARX, Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., p. 156. 7
Due anni dopo scriveràad Annenkov:«Dal 1825,l'inven-
zione e l'applicazione della macchina sono state risultato della lotta tra i lavoratori e i datori di pendice a K. MARX,Miseria della filosofia cit., p. · K..MARX,Manoscritti economico-filosofici del 158
semplicemente il lavoro» (in Ap147). 1844 cit., p. 210.
I
movimento demografico, bensì da quello dell'accumulazione del capitale. Nei Manoscritti economico-filosoficidel. 1844 Marx constata ch'è il periodo d'espansione, d'alta congiuntura quello più favorevole all'operaio, perché in tale periodo la domanda di manodopera supera l'offerta e si accentua la concorrenza tra i capitalisti. Questi due fattori fanno al,1mentare i salari. Ma Marx aggiunge che la logica del sistema capitalistico produce ben presto il risultato inverso. L'alta congiuntura stimola infatti l'accumulazione dei capitali, e dunque la concentrazione capitalistica, ,la .quale fa ricadere numerosi produttori indipendenti nella. condizione proletaria. DOllde aumento dell'offerta di manodopera e caduta dei salari 9. Nella Miseria della filosofia, nel manoscritto Appunti sul salario del 1847, in Lavoro salariato e capitale, nel Manifesto comunista, Marx ed Engels restano fedeli all'idea che la tendenza generale dei salari in regime capitalistico è quella di diminuire nel senso assoluto del termine, e di cadere verso 'il minimo fisiologico di sussistenza. Abbiamo indicato più sopra quali siano le riserve e le sfumature ch'essi introducono in tale concezione - riserve e sfumature che li aiuteranno grandemente a superare quel che c'era d'erroneo nella loro teoria. Le due forze motrici di questa diminuzione tendenziale dei salari reali, sono, da una parte, la sostituzione dei lavoratori con le macchine (vale a dire una forma di accumulazione di capitale che sopprime più posti di lavoro di quanti non ne crei), e dall'altra, la concorrenzacrescente tra gli operai, come risultato" di questa disoccupazione permanente e crescente. . Quando nel 1847 Marx redige a Bruxelles i suoi Appunti sul salario, crede ancora che le obiezioni degli economisti contro i sindacati (le associazioni di operai) - secondo cui questi ultimi non potrebbero impedire le riduzioni di salario perché la loro azione provoca inevitabilmente nuove forme di divisione del lavoro, lo sposta9 Ibid., pp. 155-:56. 159
mento di capitali da un settore all'altro, la comparsa di nuove macchine ecc. - siano in definitiva fondate. Tuttavia difende queste «associazioni », considerando ch'è nel loro ambito che gli operai apprendono a prepararsi
al rovesciamentodella « vecchiasocietà» lO. Anche questo punto di vista sarà rivisto e allargato da Marx qualche anno più tardi. In breve, durante tutto questo periodo, la concezione fondamentale di Marx relativamente ai salari è che il «prezzo naturale» (il valore) del lavoro (della forza-lavaro) è il salario minimo - questo minimo essendo con-
cepito in termini fisiologici11. Quando e come ha riveduto questa concezione? Non è facile stabiIirIo con precisione. Ma è senza dubbio lo studio delle fluttuazioni cicliche e quello dell'attività sindacale in Gran Bretagna
che l'hanno condotto a un punto di vista più corretto 12. Nei Grundrisse, scritti nel 1857-58, e dunque esattamente dieci anni dopo i passi che abbiamo appena citato Marx ha già una visione più dialettica, più completa e più matura del problema dei salari, visione che rimarrà praticamente invariata sino alla redazione del Capitale. Così, Marx osserva qui che la sola cosa che distingue 13,
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IO JI
K. MARX,Appunti sul salario (1847) cit., pp. 63-64. Cfr. il celebre passo del Manifesto comunista: «le spese
che causa l'operaio si limitano quasi esclusivamente ai mezzi di sussistenza dei quali ha bisogno per il proprio mantenimento e per la riproduzione della sua specie. Ma il prezzo di una merce, quindi anche quello del lavoro, è uguale ai suoi costi di produzione. Quindi il salario decresce nella stessa proporzione in cui aumenta il tedio del lavoro» (K. MARX-F.ENGELS,Manifesto del partito comunista cit., p. 109). 12
Tuttavia,già negli Appunti sul salariodel 1847Marx con-
sidera che questo. minimo non è una. nozione fisiologica assoluta; che vari elementi possono esservi introdotti o venirne defalcati; che gli stessi borghesi vi includono «un po' di tè, di rhum, di zucchero o di carne» e gli operai la loro quota sindaèale (K. MARX, Appunti sul salario (1847) cit., p. 64). 1:1Cfr. F. ENGELS~Introduzione del 1891 a K. MARX, Lavoro Jalariato e capitale cit., pp. 17-18: «Tra il 1840 e il 1850 Marx non aveva ancora condotto a termine la sua critica dell'economia rolitica. Ciò 3\'Venne solo verso la fine del decennio 1850.1860 ».
l'operaIo dallo schiavo è il fatto ch'egli può allargare il cerchio delle sue soddisfazioni in periodo di congiuntura favorevole, che può partecipare «a godimenti superiori, anche spirituali, come l'agitazione per i propri interessi la possibilità di avere propri giornali, di erudirsi, di educare i figli, di sviluppare il gusto », in breve di partecipare «all'incivilimento» per la sola via che gli rimane
aperta, elevando i suoi bisogni14. Ora, Marx afferma qui implicitamente che questo aumento del consumo, questo allargamento dei bisogni, resta possibile per gli operai almeno in periodo di alta congiuntura, e che il valore della forza-lavoro include dunque due elementi, l'uno costituito da un fattore fisiologico più o meno stabile, l'altro da un fattore variabile, considerato necessario aIIa riproduzione della forza-lavoro secondo i bisogni crescenti degli operai. E qualche pagina dopo 15 indica che il capitale ha la tendenza a spingere l'operaio a sostituire i suoi «bisogni naturali» (fisiologici) con dei bisogni «storicamente creati ». Questa idea era stata d'altra parte già trattata in un precedente passo dei Grundrisse, dove Marx sottolinea il fatto che l'operaio è considerato anche come consumatore dal capitalista, e che questi ha dunque la tendenza a voler stimolare il consumo... tranne che presso i propri operai Edè sviluppata nell'analisi deIIa produzione del plusvalore relativo, dove sono messi in luce i due effetti contraddittori dell' accumulazione del capitale sul valore della forza-lavoro e sull'evoluzione dei salari. Da una parte, l'accumulazione del capitale, la sostituzione del lavoro vivo con delle macchine, l'aumento della produttività del lavoro tendono a far diminuire il salario nominale (una stessa quantità di viveri o di merci in genere è ora prodotta in un lasso di tempo più ridotto) ed anche il salario reale (sotto la pressione deIIa disoccupazione crescente). Ma dall'altra l'accumulazione del capitale implica la creazione di nuovi rami industriali, 16.
14 K. MARX, Lineamenti fondamentali '" Ibid., p. [231J. IO;Ibid, pp. [194; 198].
160 104.(,
161
cit., pp. [197-98].
e dunque la creazione di nuovi impieghi, come pure la creazione di nuovi bisogni e la loro diffusione in ambienti In tal modo, essa tende ad accresempre più vasti scere il valore della forza-lavoro (perché questo valore include ora il prezzo di nuove merci destinate a soddisfare i nuovi bisogni) come pure il suo prezzo (quando la disoccupazione si riduce). I movimenti reali dei salari non sono dunque più determinati da leggi semplici e meccaniche, ma dipendono dall'interazione dialettica di questo doppio effetto dell'accumulazione del capitale sul valore della forza-lavoro 18. Nel manoscritto delle Theorien iiber den Mehrwert, redatto nel 1862-63, Marx precisa che l'accumulazione del capitale, pur sostituendo costantemente il lavoro vivo con delle macchine, può riprodurre il lavoro salariato su scala allargata, aumentare cioè in maniera assoluta il numero dei salariati, anche se la massa dei salari diminuisce relativamer.te al capitale globale '9. Altrove osserva che in periodo di alta congiuntura, gli operai « hanno una parte importante anche come consumatori, come consumatori del loro proprio prodotto» (beni di consumo) 20. Ma è nelle conferenze tenute il 20 e 27 giugno 1865 davanti al Consiglio generale dell'Associazione generale dei lavoratori (la I Internazionale), che Marx esporrà in maniera completa la sua teoria dei salari. Questa teoria, egli la riassume nel passo seguente: 17.
J
Ma vi sono alcune circostanze particolari che differenziano 11
18
Ibid., p. [312].
Ricardo aveva avuto il presentimentodi questi .complessi
effetti quando sottolineava che la diminuzione dei prezzi di numerose merci poteva rendere possibile il loro consumo da parte degli operai. Ma aggiungeva: a condizione che ci sia sproporzione tra i prezzi delle materie prime (e della forza-lavoro) e i prezzi delle merci finite, e che gli operai sacrifichino una parte del reddito previsto per l'acquisto di viveri. Come sottolinea Marx, sopprimendo questa « sproporzione », il libero scambio sopprimerebbe al tempo stesso la fonte dell'espansione dei bisogni presso gli operai (v. K. MARX, Lineamenti fondamentali cit., pp. [817-18]. 19
K.MARX, Storiadelle teorieeconomichecit., voI.II, p. 632.
20
Ibid., voI. III, p. 246.
il valore della forza-lavoro o il valore del lavoro dai valori di tutte le altre merci. II valore della forza-lavoro è costituito da due elementi, di cui l'uno è unicamente fisico, l'altro è storico o sociale. II suo limite minimo è determinato dall'elemento fisico, il che vuoI dire che la classe operaia, per conservarsi e per .rinnovarsi, per perpetuare la propria esistenza fisica, deve ricevere gli oggetti d'uso assolutamente necessari per la sua vita e per la sua riproduzione. II valore di questi oggetti d'uso assolutamente necessari costituisce quindi il limite minimo del valore del lavoro... Oltre che da questo elemento puramente fisico, il valore del lavoro è determinato dal tenore di vita tradizionale in ogni paese. Esso non consiste soltanto nella vita fisica, ma nel soddisfacimento di determinati bisogni, che nascono dalle condizioni sociali in cui gli uomini vivono e sono stati educati... Se confrontate tra loro i salari normali o i valori del lavoro in diversi paesi e in diverse epoche storiche dello stesso paese, troverete che il valore del lavoro non è una grandezza fissa, ma una grandezza variabile, anche se si suppone che i valori di tutte le altre merci rimangono costanti [corsivo nostro, E.M.] ...
Marx ne deduce che se il limite minimo dei salari può essere definito con maggiore o minore esattezza, non esiste un limite massimo per i salari stessi. O più esattamente: il massirpo dei salari è quello che lascia sussistere un profitto sufficiente, oltre il quale il capitale non ha più interesse ad assumere manodopera. Tra questo minimo e questo massimo la determina. zione concreta del livello dei salari dipende « dalle forze rispettive dei combattenti », vale a dire dalle vicissitudini della lotta di classe. È d'altronde quel che Marx cerca di dimostrare, dal momento che la sua conferenza tendeva innanzi tutto a confutare la tesi secondo la quale l'azione dei sindacati sarebbe inutile e persino nociva per i1865.) lavoratori 22. (Cfr. la lettera ad Engels del 20 maggio ., K. MARX,Salario, prezzo e profitto, in K. MARX-F.ENGELS, Opere scelte cit., pp. 821-22. . 22
162
K. MARX-F. ENGELS, Carteggio,
163
voI. IV, p. 338.
Ma queste « forze rispettive dei combattenti» sono a loro volta determinate almeno in parte, da fattori oggettivi. E tra questi Marx cita anzitutto la fluttuazione dell'offerta e della domanda di manodopera, il che gli permette di precisare che nei paesi d'oltremare come gli Stati Uniti d'America, relativamente poco popolati, dove « il mercato del lavoro si svuota continuamente in seguito alla trasformazione continua degli operai in contadini in-
dipendenti» 23, la legge dell'offerta e della domanda favorisce l'operaio e gli permette di ottenere dei salari più elevati che non in Europa. Marx aveva d'altra parte ospoleinizzando con Riservato qualche anno prima che la relativa penuria di popolazione negli Stati cardo Uniti aveva permesso di stimolare qui al tempo stesso l'aumento dei salari ed una prodigiosa espansione del macchinismo ". . Come evolvono l'offerta e la domanda di manodopera nei paesi già largamente industrializzati? Attraverso la costante sostituzione delle macchine ai lavoratori, il costante aumento della composizione organica del capitale. La tendenza a lungo termine è dunque quella d'uno squilibrio tra l'offerta e la domanda a favore dei capitalisti e a spese dei lavoratori, ritiene Marx: «La tendenza generale della produzione capitalistica non è quella di elevare il salario normale medio, ma di ridurlo»". Bisogna intendere questa espressione nel senso assoluto o nel senso relativo del termine, in quanto diminuzione del potere d'acquisto dei salari? Vari elementi lasciano supporre che il senso relativo è quello più conforme al pensiero di Marx. Egli indica infatti nel corso della stessa esposizione che una diminuzione del valore
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'3 K. MARX,Salario,prezzoe profittocit., p. 823. .. K. MARX,Storia delle teorie economiche cit., voI. II, p. 635. Cfr. un'analoga osservazione fatta già nel dicembre 1846 nella citata lettera ad Annenkov: «E infine nell'America del Nord l'introduzione della macchina fu dovuta sia alla concorrenza con gli altri paesi sia alla mancanza di braccia, e cioè alla sproporzione tra la popolazione dell'America del Nord e i suoi bisogni industriali» (in Appendicea K. MARX, Miseriadella filosofia cit., p. 148). Salario,prezzoe profitto cit.,p. 826. . .. K.MARX,
164
L
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della. forza-lavoro, in caso di aumento della produttività, può accompagnarsi al mantenimento del salario reale, e :aggiunge: «Benché il tenore di vita assoluto dell'operaio fosse rimasto immutato, il suo salario relativo, e perciò la sua condizione sociale relativa sarebbe peggiorata rispetto a quella capitalista»". Ora, queste condizioni d'aumento della produttività sono incontestabilmente, da quasi un secolo, le più « normali» nei paesi capitalistici. D'altra parte Marx aggiunge immediatamente al passo summenzionato: «Se l'operaio <>pponesseresistenza a questa diminuzione dei salari relativi, non tenderebbe ad altro che a conseguire una partecipazione. all'aumento delle forze produttive del suo lavoro, e a mantenere la sua precedente condizione so. dale relativa» '7. Questa eventualità implica anche un aumento tendenziale dei salari reali, con diminuzione della parte relativa dei nuovi valori creati che tocca agli operai. Nelle Theorien iiber den Mehrwert
'., Marx
sembra indicare che si tratta
qui d'una tendenza generale, e che «gli operai stessi... benché non possano impedire l'abbassamento del salario (secondo il valore), non lo lasciano assolutam~nte abbassare al minimum, ma ottengono con la forza di partecipare in una certa misura al progr~sso della ricchezza generale ». Come che sia, la conclusione relativa alla diminuzione tendenziale dei salari medi deve in ogni caso essere attenuata da due oS'servazioni. Essa si applica solo alla società capitalistica presa nel suo complesso, vale a dire su scala mondiale, e può benissimo tradursi concretamente .. K. MARX,Salario, pr.ezzo e profitto cit., p. 815. Marx attribuisce un'enorme importanza alla nozione di « salario relativo» e considera che uno dei principali meriti scientifici di Ricardo fu quello d'aver stabilito la categoria del salario relativo o proporzionale (v. K. MARX,Storia delle teorie economiche cit., voI. 11I,p. 36). Egli stesso aveva sottolineato l'importanza di questa nozione sin dal 1847, nelle conferenze intitolate Lavoro salariato e capitale (cfr. K. MARX-F. ENGELS, Opere scelte cit., p. 346). 27
f-
MARX,
Salario,prezzo e profitto Cit.,p. 815.
.. K. MARX,Storia delle teorie economiche cit., voI. 11I, p. 334.
165
in un aumento tendenziale dei salari medi nei paesi industrializzati, dove l'accumulazione del capitale assume una tale ampiezza che l'occupazione aumenta costantemente in rapporto al movimento demografico, perché la soppressione d'impieghi che tale movimento implica nOI1 si verifica tanto all'interno di questi paesi quanto al!'esterno) nei paesi detti «del Terzo Mondo ». Essa può essere temperata dal fatto che con i progressi del macchinismo aumentano al tempo stesso gli impieghi nel settore dei servizi, e che lo sviluppo d'una «nuova classe media» evita un continuo accrescimento dell'esercito di riserva industriale, fenomeni questi che Marx aveva previsto, molto tempo prima che si verificassero, in due passi delle Theorien iiber den Mehrwert 2.. Nello stesso tempo, l'utilità dell'azione sindacale consiste nel sopprimere almeno in gran parte quella bmosa concorrenza tra gli operai che al giovane Marx era apparsa come la causa dell'inevitabile caduta dei salari verso il loro minimo 30. In Salario, prezzo e profitto, Marx s'esprime in maniera più scientifica affermando che quando c'è abbondanza d'offerta sul «mercato del lavoro », in particolare .in periodo di crisi economica e di disoccupazione di massa, la forza-lavoro rischia d'essere venduta al di sotto del suo valore. La coalizione operaia, la soppressione della concorrenza tra operai, la contrattazione collettiva dei salari, l'azione sindacale, tutto ciò mira in ultima analisi ad ottenere che in media la forza-lavoro sia venduta al suo valore e non al di sotto di questo. Tali forme di azione sono giudicate quindi assolutamente indispensabili da Marx, perché senza di loro, la classe operaia « si ridurrebbe al livello di una massa amorfa di affamati e di disperati, a cui non si potrebbe più dare nessun aiuto» 3'. Ma le possibilità oggettive d'una azione sindacale che abbia successo dipendono a loro volta dall'ampiezza. relativa dell'esercito di riserva industriale che, 2. Ibid., voI. II, pp. 631; 634. 30 Si veda in particolare Lavoro salariato e capitale, in K. MARX-F. ENGELS, Opere 31
scelte
cit., pp. 356-57.
K. MARX,Salario, prezzo e profitto cit., p. 825. 166
come Marx dirà nel Capitale, è il regolatore deI livello dei salari. È solo quando la disoccupazione tende a stabilizzarsi e a ridursi a lungo termine che può prodursi un aumento dei salari reali a lungo termine 32. Per Marx l'essenziale era di mettere in luce la paupe-. rizzazione relativa deI proletariato, il fatto che, anche quando i salari aumentano, aumentano molto meno delle ricchezze deI capitale. Già in Lavoro salariato e capitale troviamo a questo proposito l'immagine della « casa grande o piccola» accanto alla quale s'innalzava un palazzo. Vent'anni dopo scriverà neI Capitale: «la situazione dell'operaio, qualunque sia la sua retribuzione, alta o bassa, deve peggiorare ». La medesima condanna della pauperizzazione relativa è alla base di queste due espressioni 33. Quanto precede indica chiaramente come Marx non abbia mai esposto nelle sue opere della maturità una qualunque « legge» della pauperizzazione assoluta dei lavoratori, benché considerasse inevitabile la loro pauperizzazione relativa. Eliane Mossé cita il celebre passo deI I volume del Capitale (cap. XXXII) in cui Marx parla dell'accumulazione della ricchezza ad un polo che è al tempo stesso «accumulazione di miseria, tormento di lavoro, schiavitù, ignoranza, abbrutimentoe degradazione morale al polo opposto, ossia dalla parte della classe che produce il proprio prodotto come capitale» 35. Ma non sembra rilevare che in base al contesto (vale a dire alle frasi che precedono) la formula non si riferisce agli operai che lavorano, bensì allo « strato dei Lazzari » del proletariato, cioè alla massa di disoccupati che costituisce l'esercito di riserva industriale. Ciò è ulteriormente sottolineato dal passo che pre34
32 Cfr. il nostro Trattato di economia marxista cit., voI. 1. pp. 224-25. 33 K. MARX,Lavoro salariato e capitale, in K. MARX-F.ENGELS, Opere scelte cit., p. 345; K. MARX, Il Capitale cit., voI. I, p. 706. Tutto il problema della teoria dei salari di Marx è esaminato in modo notevole da R. ROSDOLSKY, Der esoterische und der exoterische Marx, in « Arbeit und Wirtschaft », novembre 1957 e gennaio 1958. 34 E. MOSSÉ, Marx et le problème de la croissance dalls UIl"
écono~ie capitaliste, Paris, Armand Cotin, 1956, p. 60. .H K. MARX,Il Capitale cit., voI. I, p. 706. 167
cede, dove Marx jprecisa « la legge assoluta, generale dell'accumulazione' cazpitalistica»: La grandezza plroporzionale dell'es~tcito industriale di riserva cresce dunqUie.insieme con le potenze della ricchezza. Ma quanto maggiOlresarà questo esercito di riserva in rapporto all'esercito olPeraio attivo, tanto più in massa si consoliderà la sovrappoprolazionela cui miseria è in proporzione inversa del tormento del suo lavoro. Quanto maggiori infine lo strato dei Lazzari {C\ellaclasse operaia e l'esercito industriale di riserva, tanto matggioreil pauperismo ufficiale.Questa è la legge assoluta, gene'raledell'qccumulazionecapitalistica.Come tutte le altre leggi essa è modificata nel corso della propria attuazione da molte:plicicircostanze la cui analisi non rientra qui '8. Non è possibile quindi dedurre da questo passo niente che si riferisca all'evoluzione dei salari, tanto più che Marx lo fa seguire dalla frase: «Ne consegue quindi che nella misura in cui il caJPitale si accumula la situazione dell'operaio, qualunque sia la sua retribuzione, alta o bassa, deve peggiorare ». Numerosi studi confermano l'esistenza di questo «strato dl Lazzari della classe operaia» in tutti i paesi capitalistici. L'esempio più sorprendente è quello del paese dai salari più elevati, gli Stati Uniti d'America, dove la <<'leggeassoluta generale dell'accumulazione capitalistica» s'è drammaticamente avverata. Dopo la pubblicazione del libro di Michael Harrington, L'altra America, è un fatto comunemente ammesso negli Stati Uniti che un quarto della nazione, cinquanta milioni di americani, sono poveri e patiscono le .stimmate della miseria 37.E se questa cifra non è più elevata, ciò è dovuto in parte al fatto che tra il 1940 e il 1957 la percentuale delle donne sposate salariate o impiegate è passato dal 15 al 30%, il che implica, in un paese in cui i servizi sociali sono notoriamente sottosviluppati, «l'impoverimento... dei bam-
bini che ricevono. meno cure, meno amore e meno sorveglianza » 3.. Il professor James è più vicino al pensiero di Marx che non la Mossé quando scrive nella prefazione al libro di quest'ultima: La conclusione è che conformemente all'opinione di' Marx. s'è veramente prodotta una «pauperizzazione assoluta» ed una «pauperizzazione relativa» della classe operaia nel corso dell'espansione economica francese. Per quanto concerne la « pauperizzazione relativa », nel senso indicato da Marx, la dimostrazione di Mlle Mossé sembra convincente, ma quel che importerebbe sarebbe dimostrare che c'è stata «pauperizzazione assoluta ». Ora, non esito a dire che su questo punto la lettura dell'opera di Mlle Mossé non m'ha convinto 3..
Di fatto, la pauperizzazione assoluta» non è conforme alle opinioni del Marx degli anni della maturit~. C'è d'altronde una prova ancora più dimostrativa .del fatto che Marx ed Engels erano ben lungi dall'aderire all'ipotesi d'una « pauperizzazione assoluta» del proletariato. Nella sua critica -del programma di Erfurt della socialdemocrazia tedesca, Engels ha così commentato la frase « Sempre più grande diviene il numero e la miseria dei proletari »: «Questo non è esatto se è espresso in modo così assoluto. L'organizzazione degli operai, la loro resistenza sempre crescente opporrà per quanto è possibile un certo argine al crescere della miseria. Ciò che invece aumenta sicuramente è la incertezza della esistenza. Questo io aggiungerei! » 4.. <~
Si può tuttavia immaginare come per Marx la pauperizzazione relativa non verta esclusivamente sul rapporto tra il reddito globale e quello che tocca agli operai. Verte anche sull'insufficienza dei salari rispetto ai' nuovi bisogni suscitati dalla produzione capitalistica. 3'
Ibid., p. 174.
3. E. ]AMES, Préface a E. MOSSÉ, op. cit., p. VII. 38
Ibid., p. 705.
H
M. HARRINGTON, L'altra America, Milano, Il Saggiatore, 1963.
4. F. ENGELS,Per la critica del progetto di programma del partito p. 1170.socialdemocratico,in K. MARX-F.ENGELS,Opere scelte cit.,
168
169
~ - --
Per Marx si tratta di confrontare i salari con la ricchezza complessiva creata dal lavoro; e « la ricchezza considerata dal punto di vista materiale, consiste soltanto di
una varietà di bisogni» 41. Ora, l'evoluzionedella produ-
zione industriale tende a rendere comuni e necessari dei bisogni considerati in precedenza come bisogni di lusso. Ma lo fa in modo contraddittorio, in seno al modo di produzione capitalistico, «in quanto essa stessa a sua volta non fa che porre un determinato parametro sociale come quello riecessario rispetto al lusso»". In altri termini: solo alcuni dei nuovi bisogni sono soddisfatti, inclusi nel calcolo dei salari, per la manodopera salariata, mentre gli altri restano dei bisogni di lusso, cui i lavoratori non hanno accesso, nonostante che la grande industria potrebbe soddisfare questi bisogni anche per loro, se non si sviluppasse più sulla base dell'appropriazione privata. Portando a termine l'analisi dettagliata del problema dei salari, Marx ha in realtà concluso l'opera analitica che. doveva permettergli di redigere il Capitale. «Adesso io lavoro come un mulo perché debbo approfittare del tempo in cui mi sento in vena di lavorare e perché i foruncoli sono sempre là », scrive ad Engels il 20 maggio 1865 '3. Di questi foruncoli, dice in altro luogo, la borghesia se ne ricorderà per un pezzo. 41 42
K. MARX, Lineamenti
43
K. MARX-F.ENGELS,Carteggio, voI. IV, p. 337.
Ibid.
fondamentali
cit., p. [426].
Capitolo DecImo
DAI «MANOSCRITTI DEL 1844» AI «GRUNDRISSE »: DA UNA CONCEZIONE ANTROPOLOGICA A UNA CONCEZIONE STORICA DELL'ALIENAZIONE È venuto il momento di concludere. La genesi delle. concezioni economiche di Marx è stata esposta. Come si può riassumere l'evoluzione delle concezioni economiche di Marx dal 1843-44, epoca in cui comincia a studiare sistematicamente l'economia politica, all'indomani della ' redazione dei Grundrisse? Marx ha affrontato i problemi economici da filosofo, ancora tutto imbevuto di Hegel e Feuerbach, accettando grosso. modo la critica materialistica di Hegel effettuata da Feuerbach, ma cominciando a criticare Feuerbach-stesso in base ad Hegel, dal momento che il contributo di quest'ultimo poteva aggiungere all'antropologia una dimensione storico-sociale ch'era assente in Fèuerbach 1. Per questo i Manoscritti del 1844 costituiscono un affascinante incontro tra la filosofia e l'economia politica, incontro che 1 H. MARCUSE,Ragione e Rivoluzione, Bologna, Il Mulino, 1968, pp. 304.5. Si veda anche quanto osserva E. BOT:rIGELLI nella sua Présentation all'edizione francese dei Manoscritti del 1844 (Pa. ris, Editions Sociales, 1962): «Da Hegel, Marx riprende l'idea del divenire storico dell'uomo. Da Feuerbach riprende il materialismo, l'uomo concreto e la formula umanesimo = naturalismo. Ma la sua concezione è ben altro che la sintesi di questi elementi. Essa li supera in maniera originale, anche quando sembra parlare il linguaggiodi coloro al cui pensiero s'ispira» (p. LXIX).Plechanov aveva già precisato: «Se Marx ha cominciato l'opera della sua in. terpretazione materialista della storia con la critica della filosofia hegeliana del diritto, ha potuto procedere in tale maniera solo perché la critica della filosofia spec~latiiJadi Hegel era stata già fatta da Feuerbach» (in Le questioni fondamentali del marxismo cit., pp. 34-35). 171
~.L-"
è al tempo stesso fonte di nuova coscienza e di contraddizione in Marx, e resta fonte di problemi e controversie per quanti oggi li studiano. Tuttavia questo incontro della filosofia e dell'economia politica non è nuovo nella storia del pensiero umano. Lo si è ritrovato in Aristotele e in Tommaso d'Aquino; i teorici liberali del diritto naturale l'avevano poi praticato su larga scala 2. Attraverso la critica della filosofia del diritto di Hegel, Marx aveva già scoperto che lo stato, difendendo gli interessi dei proprietari, non serve affattò quelli della società nel suo complesso. Bastava confrontare la realtà della società borghese con le ipotesi dei teorici del diritto naturale per accorgersi che l'eguaglianza delle possibilità e l'affermazione della personalità di ciascuno sono delle illusioni in una società fondata sulla proprietà privata. .
Ma è la filosofiadel lavoro di Hegel che fornisce gli
strumenti concettuali con i quali Marx effettuerà questo primo contatto con l'economia politica 3. Questa filosofia del lavoro, fondata nel System der Sittlichkeit, sviluppata nella Realphilosophie, saldamente stabilita nella Fenomenologia dello spirito, e mantenuta nella Filosofia del diritto e nella Scienza della logica', è al tempo stesso una vera e propria antropologia. Hegel in effetti stabilisce sin dal 1805-6 il rapporto tra la teleologia dell'uomo e la casualità della natura, di cui l'uomo si serve nel suo lavoro (lavoro che presenterà nella Scienza della logica come la forma originale della praxis umana). Nella Fenomenologia detlo spirito, Hegel definisce poi il lavoro come « appetito tenuto a freno» (gehemmte
Ikgicrde) 5. Egli ha sviluppato una vera e propria dialettica dei bisognie del lavoro, arrivando cos1ad una duplice definizione del lavoro alienante e alienato: alienato perché questo lavoro è per natura esteriorizzazione (Verausserung) d'una capacità umana, che fa .sl che l'uomo perda qualcosa che prima gli apparteneva; alienato perché i bisogni sono sempre in anticipo sulla produzione, perché questa non può mai soddisfarli appieno 6. La natura antropologica della nozione di «lavoro alienato» in Hegel non consiste nel fatto che Hegel non intravedeva le contraddizioni sociali prodotte dalla società borghese. Si trova nella Filosofia del diritto un passo che si legge come un'anticipazione di quello più celebre del Capitale concernente le tendenze generali dell'accumulazione capitalistica: «si accresce, da un lato, l'accumulazione delle ricchezze... come dall'altro lato si accresce la divisione (Veremzelung) e la limitatezza (Beschrankung) del lavoro particolare e, quindi, la dipendenza e la necessità della classe legata a questo lavoro» 7. La natura antropologica e mistificatrice <;liquesta teoria consiste nel fatto che da t:na parte, Hegel considera tale alienazione come fondata sulla natura dell'uomo, se non sulla natura pura e semplice, e che dall'altra non ammette che la contraddizione che risulta dall'opposizione della ricchezza e della povertà possa portare ad un'eliminazione dell'alienazione stessa mediante una trasformazione delle strutture della società, una volta che si sia raggiunto un certo grado di sviluppo delle forze di produzione.. 5 G. W. F. HEGEL,Fenomenologia dello spirito, Firenze, La Nuova Italia, 1960, voI. I, p. 162. 6
2
Si veda il nostro Trattato di economia marxista cit., voI. II,
cap. XVIII, pp. 489 sgg. e J. HABERMAS,Theorie und Praxis cit., p.79. 3 Si veda in proposito l'eccellente capitolo relativo alla filosofia deUavoro di Hegel in P. NAVILLE, De l'aliénatioità la ;ouissancecito · Ne Il giovane Hegel cit., G. Lukacs ha soprattutto analizzato il System der Sittlichkeit, nel quale Hegel parte dalla prima triade dialettica (bisogni-lavoro-godimento),e la Realphilosophie di lena.
172
-~, ,
-
G. W. F. HEGEL,Lineamenti
di filosofia del diritto, Bari, La-
terza, 1954, par. 193, p. 171. È l'argomento chiave che innumerevoli economisti hanno opposto alla possibilità del socialismo. Un teorico comunista iugoslavo, B. Horvath, se.ne serve ancor oggi per «con. futare» la possibilità d'un deperimento della produzione mercantile, anche sotto il comunismo (Towards a Tbeory 01 Economic Planning, Beograd, Yugoslav Institute of Economic Research, 1964, _ p. 132). 7
G. W. F. HEGEL,Lineamenti di filosofia del diritto cit., par. 243,
p. 201. . · Si veda in proposito la celebre dialettica del signore e del servo che non si risolve con la soppressione effettiva della servitù, 173
1>"
È da questa posizione che parte Marx per rimetterla in questione, nello stesso tempo in cui rimette in discussione i fondamenti dell'economia politica classica confrontandoli con l'antropologia di Feuerbach e HegeI. Gli strumenti dell'analisi sembrano"Identici; i risultati sono diversi. In questo senso non possiamo seguire Althusser quando afferma: «questo incontro tra Marx e l'economia politica è ancora... un incontro tra la filosofia e l'economia politica. Certamente non una filosofia qualsiasi: la filosofia che Marx aveva costruita at~raverso tutte le sue esperienze pratico-teoriche... Una filosofia che risolve la contraddizione dell'economia politica pensandola, e pensando pOi attraverso di essa tutta quanta l'economia politica, tutte le sue categorie, a partire da un concetto chiave: il concetto di lavoro alienato » .. È molto più opportuno consta,. tare con Marcuse:
I
Il passaggio da Hege1 a Marx è, sotto tutti gli aspetti, un passaggio a un ordine di verità essenzialmente diverso, che non deve essere interpretato in termini filosofici. Vedremo che tutti i concetti filosofici della teoria marxiana sono categorie sociali ed economiche, mentre le categorie sociali ed economiche di Hegel sono tutte concetti filosofici. Anche i primi scritti di Marx non sono filosofici. Essi sono la negazione della filosofia, sebbene esprimano ancora tale negazione in un linguaggio filosofico 10.
Il fatto è che sin dal]'inizio Marx afferma chiaramente la sua posizione critica nei confronti dell'economia polima solo con l'affermazione che Jpiritualmente libero del signore pp. 159-64). 9
'pp.
il servo diventa più
(G. w. F. HEGEL, Fenomenologia
dello
spirito
cit.,
L. ALTHUSSER, Per Marx, Roma, Editori Riuniti, 1967,
135-36. IO
H. MARCUSE,&gione e rivoluzione cit., p. 290. Si veda
anche J. HABERMAS,op. cit., p. 279: «Marx non vuole più filosofare sulla base dei presupposti della filosofia, bensl piuttosto su quelli del suo superamento - vale a dire vuole criticare. Così assorbite, le categorie si trasformano, come pure i problemi della filosofia, e con esse si trasforma anche lo strumento stesso di riflessione ». 174
---
t Il'H,come pure nei confronti della filosofia ". Il suo punto di partenza in questa critica non è affatto il «concetto» dI lavoro alienato; il suo punto di partenza è al contrario la constatazione pratica della miseria operaia, che cresce nclla stessa misura in cui crescono le ricchezze prodotte «la questa classe. La sua conclusione non è affatto una conclusione filosofica, al livello del pensiero, dell'idea, del lavoro intellettuale. Conclude al contrario: «Per sopprimere il pensiero della proprietà privata basta del tutto Il comunismo pensato. Per sopprimere la reale proprietà privata ci vuole una reale azione comunista» 12. L'appello u!l'azione rivoluzionaria - di cui è portatore il proletariato - s'è già sostituito alla rassegnazione della « filosofia del lavoro ». Si vuoI dire con questo che già nei Manoscritti del 1844 Marx ha eliminato tutte le scorie filosofiche d'un pensiero che sarà d'ora In poi rigorosamente socio-economico? Evidentemente no. Si tratta per l'appunto d'una transizione del giovane Marx dalla filosofia hegeliana e Ceuerbachiana all'elaborazione del materialismo storico. In questa transizione elementi del passato si combinano necessariamente con elementi dell'avvenire. Marx combina a suo modo, vale a dire modificandoli profondamente, la dialettica di Hegel, il materialismo di Feuerbach e le determina-
zioni socialidell'economiapolitica 13. Questa combinazione non è coerente. Non crea un nuovo «sistema », una nuova «ideologia ». Presenta dei frammenti sparsi che, racchiudono numerose contraddizioni l.. E non bisogna Il K. MARX, Prefazione a Manoscritti economico-filosofici 1844, in Opere filosofiche giovanili cit., pp. 147-49. 12
Ibid., p. 242.
P. NAVILLE, Ve l'aliénation à la iouissance cit., p. 136.
l. È 13
del
qui che tocchiamo col dito la fonte dell'errore
di Louis
Althusser, che si sforza vanamente di presentare i Manoscritti del 1844 come il frutto d'una ideologia conclusa, « formante un tutto ». Egli ha ragione di opporsi ad ogni metodo analitico-teleologicoche concepisca l'opera giovanile d'un determinato autore esclusivamente con l'intento di sapere fino a che punto si sia avvicinato al « fine» costituito dall'opera della maturità. Ma ha torto di contrapporvi un metodo che seziona arbitrariamente in formazioni ideologiche 175
~,\
dimenticare nemmeno che si tratta d'un «manoscritto non solo incompiuto, ma anche in parte distrutto» È precisamente alla luce del concetto di lavoro alienato che le contraddizioni racchillse nei Manoscritti del 1844 possono essere messe in evidenza con la maggiore chiarezza. Dopo aver successivamente--seoperto l'alienazione nel campo religioso (sin dall'annesso alla tesi di dottorato) e nel campo giuridico (l'interesse privato aliena l'uomo dalla collettività), Marx aveva capito, sin dalla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, che la proprietà privata è una fonte generale d'alienazione, e poi, sin dalla Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, che l'alienazione umana è fondamentalmente un'alienazione
l..
coerenti le successive fasi evolutive d'uno stesso autore, col pretesto di considerare « ogni ideologia come un tutto ». In tal modo una totalità ricca e in movimento (il pensiero d'un autore preso come un tutto, che evolve incessantemente sotto il peso delle pro-' prie interne contraddizioni, evoluzione determinata in ultima analisi dalla dinamica del contesto socio-economicovissuto dall'autore) viene sacrificata ad una totalità striminzita e statica. Non è per caso che Althusser è portato a parlare delle «mutazioni» d'un pene che la nosiero - vale a dire di salti più o meno arbitrari zione di contraddizioni interne a questo in quanto motrici della sua, evoluzione scompare completamente. L'obiezione di Althusser secondo la quale questa concezione ridurrebbe «Marx ad Hegel », poiché allora il marxismo « nascerebbe dalle contraddizioni interne dell'hegelismo»,. è priva di fondamento. Non si tratta delle contraddizioni interne di Hegel ma di quelle del pensiero di Marx, che combina elementi tratti da Hegel con nuove conoscenze nate da un'esperienza e da una pratica nuove, in un contesto storico socio-economiconuovo (cfr. L. ALTHUSSER, Per Marx cit., passim). "" P. NA:::LLE,De l'aliénation à la ;ouissance cit., p. 131; si veda anche questo consiglio di P. KAEGI:«È quindi necessario esaminare dapprima i frammenti con molta attenzione. Questo ci salvaguarderà dal pericolo di ricomporre i pezzi troppo presto, di farci trasportare dalla fantasia nell'abbozzare l'immagine complessiva e trascurare differenze essenziali tra le parti» (Biografia illtellettuale di Marx cit., p. 177). Analogamente, nella cito Présentation dell'edizione francese dei Manoscritti del 1844, E. BOTTIGELI.I scrive: «I Manoscritti del 1844 non si presentano come un'opera compiuta. In primo luogo, non li possediamo integralmente... Poi sono privi di conclusione e la loro redazione è stata interrotta certo
-
per ragioni estrinseche. (pp. XXXVII-XXXVIII).
Infine,
le varie parti
d'omogeneità
"
Noi partiamo da un fatto economico, attuale. L'operaio diventa tanto più povero quanto più produce ricchezza,... l'operaio diventa una merce tanto più a buon mercato quanto più crea delle merci. Con la messa in valore del mondo delle cose cresce in rapporto diretto la svalutazione del mondo degli uomini. Il lavoro non produce soltanto merci; esso produce' se :,tcsso e il lavoratore come una merce, precisamente nella proporzione
_ __._
in cui esso produce
merci in genere
".
,. W. JAHN,Der okonomische Inhalt des BegrifJs der Entfremdung der Arbeit in den Fruhschriften von Karl Marx, in «Wirtschafts wissenschaft», 1957, n. 6, p. 850. Jahn trae questa idea da A. CORNU, che nella prefazione a K. MARX,Die okonomischphilosophischen Manuskripte, Berlin 1955, aveva dichiarato molto a proposito: «Il problema fondamentale resta per lui quello dell'emancipazione umana; ma ora lo solleva dal punto di vista del proletariato, il che lo porta a concepire la soppressione dell'alienazione, che continua a considerare come la condizione fondamentale dell'emancipazione umana, non più nella sua forma politico-sociale in quanto soppressione dell'essenza umana nello stato, ma nella sua forma economico-sociale, in quanto soppressione dell'alienazione dell'attività umana, del lavoro umano...» (p. 9). Si vede dunque sino a che punto s'inganna J. RANCIÈRE quando afferma che almeno nel primo manoscritto, «neanch'essa [l'alienazione economica] appare come ralienazione fondamentale ottenuta mediante riduzione delle altre alienazioni... Le alienazioni si presentano all'inizio come se fossero tutte allo 'stesso livello» (La critique de l'économie politique des Manuscrits de 1844 au Capital, in Lire le Capital, Paris, Maspero, 1965, voI. I, p. 102). Ciò è in totale contraddizione col seguente testo: «Tutte queste conseguenze si trovano nella determinazione: che l'operaio sta in rapporto al prodotto del suo lavoro come ad un oggetto estraneo» (K, MARX,Manoscritti economico-filosoficidel 1844 cit., p. 195). li
176
-h.
mancano
dcllavoro umano l.. Sottoponendo ad una critica sistematica l'economia politica, scopri che questa tendeva a dissimulare le contraddizioni sociali, la miseria operaia, ch'erano per così dire riassunte nel fenomeno del lavoro alienato. Ma a questo punto il pensiero di Marx si trova alle soglie di grandi scoperte. In uno dei frammenti dei Manoscritti del 1844, Marx, dà una notevole definizione del lavoro alienato come il prodotto d'una forma particolare di società. Rifiuta esplicitamente di respingere il problema nelle nebbie del passato. Proclama:
K. MARX,Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., p. 194, 177
Non vogliamo proseguire la citazione; ma tutto resta ~oerente nel contesto indicato da Marx stesso. Nella società contemporanea, il lavoro alienato è il lavoro che non è più padrone dei suoi prodotti, che con essi arricchisce gli altri; è il lavoro che diventa lavoro forzato, lavoro a profitto di quelli che non lavorano. In altri termini: il lavoro alienato è qui ridotto chiaramente alla divisione della società in classi, all'opposizione tra il capitale e tI lavoro, alla proprietà privata e, se si vuole, in un passo piuttosto oscuro, alla divisione del lavoro e alla nascita della produzione mercantile Ma il manoscritto s'arresta bruscamente su questa strada. Il pensiero devia e produce un passo in cui l'origine del lavoro alienato non è più ricercata in una forma specifica della società umana, bensl nella stessa natura umana, o più esattamente nella natura senz'altro 19,dove il lavoro alienato è contrapposto alle qualità dell'« uomo in genere» (Gattun gswesen) e l'alienazione potrebbe essere compresa in primo luogo se non come esteriorizzazione in senso hegeliano, almeno come negazione d'un «uomo ideale» che non è mai esistito. Anche qui però Marx supera già Hegel perché, per riprendere le parole del Naville, «Quel che bisogna qui ritenere è che l'alienazione non è fondata solo nella società, lo è anche in natura; ma i rapporti naturali possono ricreare quel che i rapporti sociali distruggono, la riappropriazione umana dipende dalla loro conservazione. In effetti, la natura è una e la sua «lacerazione» interna, quale Hegel l'aveva illustrata, è dunque solo relativa; non ha un carattere assoluto. Di modo che è appunto perché 18.
18
Si potrebbe obiettare che c'è un passo nel quale Marx
afferma che il lavoro alienato è la causa e la proprietà privata il risultato (Manoscritti economico-filosoficidel 1844 cit., p. 204). Ma' Jahn osserva a ragione che Marx non pone qui il problema dell'origine storica della proprietà privata, bensl quello della sua natura, della sua quotidiana riapparizione in un modo di produzione fondato sul lavoro alienato (w. JAHN,Der okonomische lnhalt cit., p. 856).' I " K. MARX,Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., pp. 198 sgg.
('alienazione ha anche un carattere naturale ch'essa rappresenta solo una discordanza transitoria in seno alla natura e può quindi esser superata e l'appropriazione naturale ritrovata»
.
20.
Tuttavia, questa concezione antropologica dell'alienazione, benché andasse più lontano di quella di Hegel dal momento che indicava una soluzione, resta largamente filosofica, speculativa. Non ha un fondamento empirico. Non è dimostrata. D'altra parte non si ritrova negli altri manoscritti, in particolare nella notevole digressione sui bisogni, in cui Marx contrappone esplicitamente l'alienazione dei consumatori in regime di proprietà privata al godimento, fonte di sviluppo delle capacità universali degli uomini 21. Si tratta dunque d'una vera e propria contrad-
dizione in seno ai Manoscritti del 1844 22, che nessuna
casuistica può eliminare, sia che interpreti arbitrariamente 1 passi socio-economici in un senso filosofico, sia che interpreti il passo summenzionato come equivalente alla descrizione d'una alienazione socialmente determinata 28. Sappiamo come Marx ha risolto in seguito questa contraddizione. Abbandonando risolutamente il concetto dell'« uomo in genere» - che anzi un anno dopo, nell'Ideologia tedesca, rimprovera a Stirner! - scopre le radici storiche precise dello sfruttamento dell'uomo da 20
P. NAVILLE,De l'aliénation à la ;ouissance cit., p. 152.
21
K. MARX,Manoscritti economici-filosofici del 1844 cit.,
pp. 236 sgg. 22
Questa contraddizione è ulteriormente rafforzata dal fatto
che nel quarto manoscritto, Critica della dialettica e della filosofia hegeliana in generale (Manoscritti... cit., pp. 257-78), Marx si rifiuta di seguire Hegel quando questi identifica oggettivazione e alienazione, e' distingue, per riprendere una formula di R. GARAUDY (Dieu est mort, Paris, PUF, 1962, p. 69) l'oggettivazione alienata e l'oggettivazione umana. 23
«La parte, purtroppo interrotta, sul lavoro alienato è stata
preparata
dalle
osservazioni,
già ricordate,
c proprio
strumento
conoscitivo
"
di Mar;.: cit., p. 190). 178
sugli
estratti
da
James
Mill. In queste osservazioni si può vedere come Marx arriva ad applicare l'immagine hegeliana e feuerbachiana delI'alienazi~ne a fatti economici e a servirsene efficacemente come illustrazione; e come poi questa immagine si trasformi inavvertitamente in un v~ro
179
(P.
KAEGI,
Biografia
intellettuale
parte dell'uomo, e ne delinea cos1 le origini, le' ragioni del suo sviluppo e le condizioni del suo. deperimento. Già nell'Ideologia tedesca, la fonte dellavaro alienato è precisata come derivante dalla divisione del lavoro e dalla produzione mercantile, idea che d'altra parte si ritrova an.:he nel terzo dei Manoscritti del 1844 24. E nel Capitale, il carattere feticistico delle categorie economiche è ricondotto ai rapporti mercantili, vale a dire alla proprietà privata e alla concorrenza, che isolano i produttori (e i proprietari) individuali gli uni dagli altri, sin da prima dell'avvento del capitalismo, sin dalla fase della piccola produzione mercantile L'evoluzione del concetto di lavoro alienato in Marx è dunque chiara: da una concezione antropologica (feuerbachiana ed hegeIiana) prima dei Manoscritti del 1844, egli procede verso una concezione storica dell'alienazione (a partire dall'Ideologia tedesca). I Manoscritti del 1844 costituiscono una transizione dalla prima alla seconda, ove la' concezione antropologica sopravvive qua e là pur realizzando già un considerevole progresso rispetto alla concezione hegeliana, in primo luogo perché non è più fondata su una dialettica' bisogni-lavoro priva di sbocchi risolutivi 2" poi perché implica già la possibilità d'un supera25.
,I
mento dell'alienazione grazie alla lotta comunista del proletariato. . Un'enorme controversia è nata intorno al concetto di alienazione in Marx, praticamente sin dall'indomani della prima pubblicazione dei Manoscritti del 1844, nel 1932. Questa controversia è ben lungi dall'esser terminata. Anzi è tornata alla ribalta in Francia con la pubblicazione del Pour Marx di Louis Althusser, che ha già suscitato numerose critiche.
'
Il punto di partenza di questa critica è stato il tentativo effettuato da una serie di filosofi borghesi o revisionisti di « reinterpretare » Marx alla luce delle sue opere giovanili 21.Ma le linee di forza della discussione cos1 iniziata si sono a tal punto combinate e sovrapposte che oggi è possibile distinguere tre diverse posizioni: 1. La posizione di coloro i quali cercano di contestare la differenza tra i Manoscritti del 1844 e il Capitale, e ritrovano l'essenziale delle tesi del Capitale già nei Manoscritti del 1844. ' 21
I precedenti di questo tentativo vanno riCercatinello sforzo
Recht uild Gesellschaft, 1953, p. 151). Egli non vede 1) che Marx l'aveva già abbandonato nel terzo dei Manoscritti del 1844; 2) che questo postulato vale quel che valgono tutti i « postulati fiosofici», vale a dire non molto; 3) che un'analisi concreta della storia economiCaumana dimostra che nel corso di decine di migliaia di anni i bisogni umani non hanno mai o quasi mai superato il livello di sviluppo dato delle forze produttive; 4) che questo « superamento » generalizzato e istituzionalizzato non è che il prodotto dell'economia mercantile generalizzata, vale a dire del modo di produzione capitalistico; 5) che questo modo di produzione crea al tempo stesso le premesse per il superamento della «dialettiCa bisogni-lavoro» creando le premesse materiali dell'abbondanza.
compiuto dall'ideologia borghese per riappropriarsi di Marx, dopo essersi invano sforzata d'ignorarlo o diChiararlo definitivamente superato. N. I. LAPIN, in Der ;unge Marx im Spiegel der Literatur, Berlin, Dietz Verlag, 1965, p. 12, riCorda che è a partire dal 1895 -che il numero di scritti accademici consacrati a Marx e al marxismo aumenta rapidamente (20 prima del 1883; 66 opere tra il 1883 e il 1895; 214 tra il 1895 e il 1904). È evidentemente l'ascesa 'del movimento operaio che spiega questo sforzo di riappropriazione. Il diretto predecessore dei filosofi e dei sociologi che hanno cercato di riCondurre Marx ad Hegel è il dotto JOHANNPLENGE(Marx und Hegel, Tiibingen, Verlag der H. Laupp'schen Buchhandlung, 1911), che afferma che Marx è 'restato per tutta la vita quel ch'era diventato come studente a 'Berlino, vale a dire un «realista dialettiCo, un dialettiCo realista» (pp. 16-17). Vedremo in seguito come, senza aver conosciuto i Manoscritti del 1844, il Plenge abbia presentito la maggior parte degli argomenti. di coloro che contrappongono il « giovane Marx» al «Marx maturo ». Ma invece di vedere un'opposizione tra queste due fasi del pensiero marxiano, egli la concepisce come una contraddizione inerente al marxismo. Quel ch'è più sfumato e sottile negli autori contemporanei è brutale e grossolano in Plenge: tutta la sua tesi è fondata sulla negazione dei principali aspetti materialistici del materialismo storiCo, il che costituisce un'evidente falsificazione,
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.. K. MARX-F.ENGELS,L'ideologia tedesca cit., pp. 22-25; K. MARX,Manoscritti economico-filosofici del 1844, p. 246. . 25 K. MARX,Il Capitale, voI. I, pp. 103 sgg. 2. H. POPITZ rimprovera precisamente a Marx d'aver abban-
donato nell'Ideologiatedescail postulatohegelianodei «bisogni .' che forze
- superano
- necessariamente - il - livello - di - sviluppo - delle - produttive ,> (v. Der entfremdete Mensch, Basel, Verlag fiir
2. La posizione di coloro i quali ritengono che, al contrario del Marx del Capitale, il Marx dei Manoscritti del 1844 esponga in modo più «globale », «integrale» il problema del lavoro alienato, specialmente conferendo una dimensione etica, antropologica od anche filosofica a questa nozione, e contrappongono quindi i due Marx, ovvero « rivalutano» il Capitale alla luce dei Manoscritti . del 1844. 3. La posizione di coloro i quali ritengono che le concezioni del giovane Marx sul lavoro alienato, esposte nei Manoscritti del 1844, non solo sono in contraddizione con l'analisi economica del Capitale, ma hanno rappresentato addirittura un ostacolo che ha impedito al giovane Marx di accettare la teoria del valore-lavoro. Per gli èsponenti più estremi di questa scuola, il concetto d'alienazioneè un concetto « premarxista » che Marx ha dovuto superare prima d'arrivare ad un'analisi scienti6ca dell'economia capitalistica. La prima scuola accomuna piuttosto stranamente autori comunisti ufficiali, scrittori socialisti ferocemente anticomunisti ~ome Erich Fromm e Maximilien Rubel, e autori cattolici come il R. P. Bigo, il R. P. Calvez e H. Bartoli 20. Scrive ad esempio il Fromm: «È d'una estrema im.portanza per la comprensione di Marx il constatare comeil concetto di alienazione sia sempre stato. e rimasto il punto centrale del pensiero del giovane Marx, che ha scritto i Manoscritti economico-filosofici, e del « vecchio >>28 In particolare P. TOGLIATTI,De Hegel au marxisme, in «Recherches internationales à la lumière. du marxisme », n. 19, Le ;eune Marx, Paris, Editions Sociales, 1960, pp. 36-52; R. GARAUDY,Dieu est mort, Paris, PUF, 1962; E.' FROMM,Marx's Concept 01 Man, New York, F. Ungar Publishing Co., 1961; M. RUBEL, Karl Marx. Essai de biographie intellectuelle, Paris, Rivière, 1957; P. BIGO,Humanisme et économie politique chez Karl Marx, Paris, PUF, 1953; J. Y. CALVEZ,La pensée de Karl Marx, Paris, Editions
Marx che ha scritto il Capitale» 2.. Egli cita esplicitamente in proposito l'idea che l'alienazione, per Marx, implica un'alienazione dell'uomo rispetto alla natura. Ma è evidente che questa concezione è del tutto assente dal Capitale 30. Allo stesso modo, il tentativo d'identificare il concetto d'alienazione del lavoro dei Manoscritti del 1844 col concetto d'alienazione e di mutilazione dell'operaio quale si ritrova nelle opere successive di Marx fa passare sotto silenzio il vero problema, vale a dire la giustapposizione, nei Manoscritti del 1844, d'una concezione antropologica e d'una concezione storica dell'alienazione, che sono logicamente e praticamente inconciliabili. Se l'alienazione è veramente fondata nella natura del lavoro, e se questo è indispensabile alla sopravvivenza dell'uomo, come Marx preciserà più tardi in una famosa lettera a allora l'alienazione non sarà mai superata. Kugelmann 31 Mettendo a confronto due passi, l'uno dei Manoscritti del 1844, l'altro del Capitale 32,Fromm non rileva che nel primo si tratta del lavoro e dei prodotti del lavoro in. genere, mentre il secondo comincia precisamente con le parole: «Nel sistema capitalistico... ». Da parte sua, Maximilien Rubel afferma che nei Mano.scritti del 1844 e con la nozione del lavoro alienato, «siamo nel cuore stesso della critica e della visione marxiana, abbiamo la chiave di tutta l'opera successiva dell'economista e del sociologo... Il concetto di lavoro alienato occuperà d'ora in avanti un posto centrale nella socio-
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2~ E. FROMM, Marx's Concept 01 Man cit., p. 51. 30
II problemadell'evoluzionedell'ideache Marxs'è fatta della
'natura è stato trattato molto dettagliatamente da A. SCHMIDT, Der Begri/f der Natur in der Lehre von Marx, Frankfurt a. M., Euro-
Classifichiamo queste due ultime opere nella prima categoria con alcune riserve. Benché questi autori sottolineino la continuità del pensiero economico di Marx, dai Manoscritti del 1844 al Capitale, hanno però la tendenza a rivalutare quest'ultima opera alla luce della prima.
paische VerIagsanstalt, 1962 [tr. it., Bari, Laterza 1969]. Questo autore mostra anche l'abbandono da parte del Marx più maturo dell'ingenua speranza «d'una soluzione del conflitto dell'uomo con la natura» che si ritrova ancora nei Manoscritti del 1844. 31 «Che sospendendo il lavoro, non dico per un anno, ma solo per un paio di settimane, ogni nazione creperebbe, è una cosa che ogni bambino sa » (lettera dell'Il luglio 1868, in K. MARX,Let.tere a Kugelmann, Roma, Edizioni Rinascita, 1950, p. 78). . 32 E. FROMM, Marx's Concept 01 Man cit., pp. 51-52.
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du SeuiI,1956 (trad. it., Torino,BorIa, 1966).
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logia e liell'etica marxiana» 33. Come può la «chiave >~ dell'opera successiva dell'economista essere scoperta al di fuori della teoria del valore-lavoro e della teoria del plusvalore? Tutt'al più si potrebbe accettare l'idea che la motivazione fondamentale di Marx è rivelata nei Manoscritti del 1844; che a partire da questo momento egli cerca effettivamente di criticare un'« economia politica disumana ». Ma tra questo movente della critica, e il contenuto efficace di quest'ultima, c'è un abisso, sul quale Marx stesso ha attirato l'attenzione e sul quale torneremo. nelle conclusioni del presente studio. Non si può accettare nemmeno l'opinione di Togliatti, che afferma che nei Manoscritti del 1844, «le categorie economiche sono ricondotte alla necessaria espressione di un processo dialettico. reale. È aperta la strada alla critica della totalità della società borghese, che sarà effettuata negli anni e nelle opere successive e culminerà nel Capitale, ma di cui si può dire ch'è già in gran parte completa» [corsivo nostro, E..M.]. O, meglio ancora: «Malgrado la forma, che non è semplice, si sente che tutto il marxismo è già contenuto qui» [corsivo nostro, E. M.] H. Tutto il marxismo, senza la teoria del valore-lavoro, senza la teoria del plusvalore, senza comprendere che il conflitto tra il grado di sviluppo delle forze di produzione e i rapporti di produzione è il motore delle rivoluzioni sociali? È interessante sottolineare l'identità di vedute tra. Togliatti e il R. P. Jean-Yves Calvez: «Non sono tuttavia mancati interpreti che hanno ammesso che le categorie economiche del Capitale non derivano dallo stesso mododi pensare delle categorie filosofiche delle opere giovanili di Marx... [Nei capitoli precedenti] si è arrivati ad una conclusione che contraddice rigorosamente ogni tentativo, di dissociazione di tal genere. Tutto il ragionamento di Marx si fonda sul legame tra le diverse alienazioni ». E ancora: «In tutta l'opera di Marx c'è una reale unità; le categorie filosofiche d'alienazione, che in gioventù, egli 33 M. RUBEL,op. cit., pp. 121; 135. 3. P. TOGLIATTI,art. cit., pp. 48-49.
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'"
IIprcndeva da HegeI, avrebbero formato l'ossatura della
IIrandeopera della sua maturità»
J>.
II guaio, per questa
Ipotesi, è che le categorie « filosofiche» riprese da Hegel 60no già «rimesse sui loro piedi »; vale a dire trasformate in categorie socio-economiche sin dai Manoscritti del 1844, e che rappresentano tutt'al più la motivazione e non l'armatura del Capitale, ch'è fornita invece da una critica della teoria del valore e del plusvalore. Non possiamo neppure' concordare con la seguente osservazione di Jean Hyppolite: «Credo... che le posizioni di partenza di Marx si ritrovino nel Capitale e che, Ja sole, permettano benissimo di capire il significato di tutta la teoria del valore» 3&. In tal modo, l'Hyppolite suggerisce di fatto che questa teoria sarebbe comprensibile solo a partire dall'indignazione morale di Marx, posto di fronte ai fenomeni del lavoro alienato. La reale dialettica dell'evoluzione di Marx è al tempo stess; più ricca e più complessa. C'è sì coincidenza tra la motivazione etica e le conclusioni dell'analisi economica; è vero che l'una ricopre l'altra. Ma questa analisi economica ha un valore autonomo che le è proprio. Essa procede da uno studio economico rigorosamente scientifico. La teqria del plus-valore corrisponde ad una realtà oggettiva; benché rafforzi l'indign~zione morale di Marx nei confronti del capitalismo, ne è indipendente. Elementi d'una analoga confusione si ritrovano anche in certi autori che pure non mancàno di mettere l'accento sulle differenze tra i Manoscritti del 1844 e il Capitale. Così Adoratskij scrive nell'introduzione alla prima edizione sovietiea dei Manoscritti che « le contraddizioni reali dell'ordine sociale capitalistico vi sono rivelate in maniera sorprendente a partire dalla situazione della classe operaia » 37. Invece di dire «rivelate» sarebbe stato molto più giusto dire « suggerite» o « presenti te ». Nei Mano35 J. Y. CALVEZ,Il pensiero di Carlo Marx cit., pp. 336; 339. Un'idea analoga anche in P. BIGO,op. cit., p. 30. 3& J. HYPPOLITE, Saggi su Marx e Hegel, Milano, Bompiani,
1965, p. 157. 37 In MEGA, I, 3, p. XIII. 185
scritti del; 1844 si è ben lontani da un'analisi delle contraddizioni rea~alidel capitalismo; ed anche la descrizione della condizione e operaia è qui ingombrata in particolare da una teoria deUlla «pauperizzazione assoluta» che sarà più tardi abbalandonata da Marx. Anche ~ un autore come Jahn, che erge una barriera dogmatica I assoluta tra il concetto di alienazione e quello di valore-Irlavoro, vuoI scoprire nei Manoscritti del 1844 una teoria a dei «rapporti di produzione in genere», che viceversa vi manca del tutto 38. Allo stesso modo, il Popitz, ch(1e pure sottolinea le differenze tra il «giovane Marx» e il« Marx maturo », vede già nei Manoscritti l'annunzio/della scoperta del conflitto tra il grado di sviluppo delle florze produttive e i rapporti di produzione mentre nel:l 1844 Marx si trova ancora manifestamente alle soglie: della scoperta di questo conflitto, ma non le ha ancora ~superate 40.
.
39,
La secconda scuola, quella che contrappone il « giovane Marx »;, in quanto più ricco e più «etico », al Marx più maturoO, Ovvero interpreta quest'ultimo alla luce del primo, è q~uella che ~nora s'~ fatta ~aggior~ente sentire nel dibattUto. A partIre dallIntroduzlOne dI Landshut e Mayer all'eedizione tedesca dei Manoscritti del 1844, essa ha prodott(o uI? gran n~~er? di, opere t:a le quali alcune d'un evidernte Interesse . SI puo tuttavIa concordare con 38
W. ]AtHN, op. cit., p. 854. .
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H. poI'PITZ,op. cit., p. 161.
40 Anchee l'analisi, in genere eccellente, dei Manoscritti del 1844 fatta da w. JHEISE, contiene qualche elemento d'idealizzazione eccessiva del tessto: v. Ueber die Entfremdung und ihre Ueberwindung, in « Deutsch~ ?eitschrift fur Philosophie », 1965, n. 6, pp. 690-92. 4' In palrttcolare: H. POPITZ, Der entfremdete Mensch cit.; H. WEINSTOCI{<, Arbeit und Bildung, Heidelberg 1954; J. HOMMES, Der technisc/JJe Eros, Freiburg, 1955; E. THIER, Das Menschenbild des ;ungen A"Jarx! Gottingen, Vandenhoeck und Ruprecht, 1957; v. LEEMANS;De longe Marx en de marxisten, Bruxelles, Standaard Boekhandel' 11962; K. LOWITH, Da Hegel a Nietzsche, Torino Einaudi 1964 3' e in parte anche H. MARCUSE, Raf,ione e Rivolllzio;e cit.; HI. DEMAN,Der neue entdeckte Marx, in « Der Kampf '>, 1932, nn. 5 ~ 6; K. AXELOS,op. cit., ecc.
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.Ilìrgcn Habcrmas quando afferma che l'errore comune in l'~se contenuto è di non vedere la differenza tra la conce~Ione antropologica e la concezione storica del lavoro 42: « La dialettica materialistica significa dunque: comprende1'(:la logica dialettica a partire dal contesto del « lavoro >< dal metabolismo degli uomini con la natura, senza concepire il lavoro in maniera metafisica (sia teologicamente, tn quanto necessario alla salvezza, sia antropologicamente, in quanto necessità per la sopravvivenza)>> Il Marx del 1844 conserva ancora in parte una simile concezione metafisica del lavoro; il Marx del Capitale l'ha da gran tempo abbandonata. L'analisi di queste opere permette di rilevare le contraddizioni e i paradossi cui porta necessariamente il fondamentale malinteso riguardo alle intenzioni di Marx nei Manoscritti del 1844 e alla natura dei concetti da lui utilizzati. Ci limiteremo qui a qualche esempio. Così, nella prefazione all'edizione Landshut e Mayer dei Manoscritti del 1844, Landshut li considera come « la rivelazione del marxismo autentico... l'opera centrale di Marx, il punto cruciale dello sviluppo del suo pensiero, dove i principi dell'analisi economica derivano direttamente dall'idea dell'autentica realtà dell'uomo» ". Kostas Axelos postula: «il Manoscritto del 1844 è e rimane il testo più denso di pensiero di tutte le òpere marxiane 43.
In un'opera anteriore al. sopra citato Marx's Concept of Man, The Sane Society, Landon, Routledge & Kegau Paul, 1963 (tr. it., Psicanalisidella società contemporanea, Milano, Comunità, 19683), Erich Fromm aveva anch'egli contraQPOsto il giovane Marx al «vecchio Marx l>, esclusivamente preoccupato d'una {( analisi puramente economica deI capitalismo », e prigioniero dell'« opinione tradizionale dell'importanza dello stato e del potere politico» (pp. 254, 250). . 42 Questa differenza rispecchia evidentemente anche una differenza di metodo, quella tra la dialettica idealistica aprioristica e la dialettica materialistica sperimentale, che ricerca la logica specifica dell'oggetto specifico (cfr. G. DELLAVOLPE, Rousseau e Marx, Roma, Editori Riuniti, 1964, pp. 150; 153). 43 ]. HABERMAS,op. cit., pp. 318-19. .. V orwort a K. MARX, Der historische Materialismus, die Friihschriften, Leipzig, Verlag Alfred Kroner, 1932, voI. I, p. XIII. 187
e marxistiche» '5, Sempre nel 1932, Heinrich de Man afferma che «per quanto grandemente apprezzate, le opere più tardive di Marx manifestano nondimeno un certo rallentamento e indebolimento delle sue possibilità creative [!], che Marx non sempre riusciva a superare con un'eroica tensione delle sue forze»". Basta ricordare che la scoperta della teoria del plus-valore e il perfezionamento della teoria del valore-lavoro, sono posteriotl di 14 anni ai Manoscritti del 1844, per accorgersi di tutta la «profondità» di questo «indebolimento ». Erich Thier pone un segno d'eguaglianza assoluta tra « esteriorizzazione» del lavoratore e lavoro alienato, e afferma che «l'alienazione è data come tendenza, potenzialmente (nel lavoro); l'operaio' produce' lui stesso il non-operaio.., Non è dunque Hegel, ma Marx che lascia apparire la proprietà privata come derivante dall'analisi del concetto di lavoro esteriorizzato, facendola procedere verso ulteriori alienazioni» 47. Thier non sembra ricordare d'aver egli stesso affermato in 'precedenza che la critica della Fenomenologia dello spirito di Hegel contenuta nei Manoscritti del 1844 è essenzialmente una critica della concezione hegeliana dell'alienazione... che ora attribuisce integralmente a Marx ". Né ha notato che a parte il solo passo sopra menzionato, i Manoscritti del 1844 fanno derivare l'alienazione non già da una concezione antropologica deU'« esteriorizzazione del lavoratore », bensì da condizioni storiche precise: produzione d'un surplus; divisione del lavoro; nascita della produzione mercantile, ecc. Non. ha esaminato il contesto per dimostrare che l'unico passo che sfugge a questa concezione può essere effettivamente considerato come espressione di un'id~a generale di Marx sull'alienazione. E soprattutto non ha rilevato .! che anche nel passo « antropologico» dei Manoscritti del iJ 1844, non è dal concetto di «lavoro esteriorizzato »che
derivala nozioned'alienazione,bensìdall'analisi(erronea .J. I .5 K. AXELOS,op. cit., pp. '56-57. :; H. DE MAN, op.. cit., pp. 275-76.
1.1bid., p. 25. E. THIER, op. Clt., pp. 69-70.
.'
I
I. I
lS8
o <llmeno incompleta) dell'attività del lavoratore nella natura. Il giovane Marx è ritrasformato in un hegeliano puro e s~mplice, il che non facilita la comprensione dei Manoscritti del 1844", Così pure, quando Thier afferma che in Marx «l'antropologia può trovare il suo pieno sviluppo, che a partire da essa si può comprendere l'obiettivo di Marx sin nei suoi effetti scientifici e politici, senza necessità di pensare la- legge del valore e la sua probleniatica » 50, c'è evidentemente una confusione. Perché. bisogna pur constatare che, a partire dalle sue insufficienti conoscenze ~cientifiche del 1844, Marx non ha potuto. far altro che. presentire le contraddizioni reali del modo di produzione capitalistico; non ha potuto analizzarle pienamente, esaurientemente e in modo soddisfacente 51, Il suo obiettivo era fin dall'inizio della redazione dei Manoscritti del 1844, quello di formulare una « critica dell'economia politica »; questo obiettivo, egli non l'ha potuto pienamente realizzare che dopo essersi impadronito deUa teoria del va10re-la\Toroed averla perfezionata 52, .. Il R. P. BIGOha effettuato lo stesso tentativo di ridurre Marx .ad un puro e semplice hegeliano: «La fenomenologia dello spirito s'è semplicemente [!] mutata in quella del lavoro, la dialettica dell'alienazione umana in quella del Capitale, la metafisica del sapere assoluto in quella [I] del comunismo assoluto» (op. cit., p. 34). A tal fine, il R. P. Bigo deve negare i faticosi studi empirici effettuati da Marx nel campo dell'economia politica, e presentare la sua presa di coscienza come il prodotto d'una semplice «intuizione geniale» (ibid., pp. 36-37). 50 E. THIER,op. cit., p. 71. 51 Cfr. la corretta osservazione di L. PAJITNOV: «Le idee fondamentali di Marx (nei Manoscritti del 1844') sono. ancora in divenire, e insieme a delle notevoli formulazioni, in cui è in germe la nuova concezione del mondo, vi si trovano anche molto spesso dei pensieri non ancora maturi, che portano il segno dell'influenza delle fonti teoriche che hanno servito da materiale per la riflessione di Marx e dalle quali egli è partito per l'elaborazione della sua dottrina» (Les Manuscrits économico-philosophiquesde 1844, in «Recherches internationales à la Lumière du Marxisme », n. cit., p. 98). 52 Cos1 pure ci sembra eccessivo affermare, come fa T. L OISERMAN, che Marx nei Manoscritti del 1844 imputa l'alienazione all'insufficiente grado di sviluppo delle forze produttive (cfr. Vie Entfremdung als historische Kategorie, Berlin, Dietz VerIag, 1965, 189
, II L
-In Popitz, la cui opera è peraltro più importante e più profonda di quella del Thier, si trova una serie di quiproquo dello stesso genere. Egli afferma che nei Manoscritti del 1844, Marx «critica dei rapporti sociali determinati e li riconduce a un centro indeterminato [!] che chiama 'l'essere umano essenziale'. È questo il sostrato concettuale dei rapporti empiricamente constatati... Marx sovrappone uno schema dialettico ai fenomeni sociali, e si sforza di fondarlo sulla genesi d'un 'essere essenziale' umano. Quest'ultimo svolge dunque il ruolo dello spirito del mondo e dello spirito popolare in Hegel »
.7.
Quiproquo
manifesto:
Marx è puramente
alla divisione progressiva del lavoro, poi allo scambio svio luppato, alla produzione mercantile, alla prQduzione mercantile generalizzata e al capitalismo. Per superarla bisogna dunque creare un surplus sufficientemente ampio per rendere superflua «la meschina appropriazione del lavoro altrui », il che è precisamente il risultato d'uno sviluppo del macchinismo e della scienza! . E perché poi sarebbe « romantico » supporre che nel quadro dell'automazione, presentita da Marx, l'abbondanza dei beni e la generalizzazione dell'insegnamento superiore, insieme alla costante estensione .del «tempo li,. bero », creerebbero le condizioni d'uno sviluppo pieno e integrale dell'uomo, che si libererebbe effettivamente della schiavitù della divisione sociale del lavoro e praticherebbe liberamente delle attività tecniche, scientifiche, artistiche, sportive, sociali e politiche le une accanto alle altre? .6 Notiamo anche un'osservazione di Popitz, secondo la quale sarebbe impossibile «distinguere fenomenologicamente» tra l'utilizzazione e l'impiego delle forze produt-
~,
e
semplicemente ritrasformato in Hegel. Il fatto che l'alienazione sia stata dedotta da un'analisi delle condizioni empiriche della società borghese è dimenticato; cos1 pure è dimenticato tutto il contesto storico-sociale delle origini dell'alienazione nei Manoscritti del 1844: surplus economico; divisione del lavoro; produzione mercantile; separazione del capitale e del lavoro, ecc. Siamo piuttosto lontani dal Weltgeist di Hege1... Popitz attribuisce anche a Marx un « postulato » della produttività progressiva del genere umano'4, mentre in Marx si tratta solo della produttività progressiva del modo di produzione capitalistico, e questa non è dedotta da una qualsiasi « teoria dei bisogni », bens1 dalla CODcorrenza. L'idea di Popitz, secondo la quale il famoso passo dell'Ideologia tedesca sulla necessaria soppressione della divisione del lavoro sarebbe « antitecnica» o «romantica ».. dimostra una stupefacente incomprensione d~un ragionamento già largamente abbozzato nei Manoscritti del 1844. Secondo tale ragionamento, l'alienazione del lavoro nasce storicamente da un surplus troppo limitato, la cui comparsa conduce allo scambio semplice, poi p. 83). Tutt'al più si può affermarech'egli ha il presentimentodi questa tesi che non svilupperànettamenteche nell'Ideologiatedesca. .. H. POPITZ, op. cit., p. 88. ., Ibid., p. 152. .. Ibid., p. 160. A. SCHAFF esprime un'idea analoga in Il marxism?e la personaumana,Milano,FeltrineIli,1966,
.6 In un passo che abbiamo già criticato per un altro aspetto, il professorPerroux può benissimo rappresentarsi, dal suo canto, una vita sociale in cui «l'economia sia interamente. e pienamente automatizzata», il che renderebbe possibile una vita sociale interamente libera (in cui ciascuno fa quel che gli piace e quando gli piace). La sola obiezione che il Perroux avanza in proposito è che tale immagine implica un deperimento dello stato, mentre, secondo lui, sussistono sempre «delle contraddizioni fondamentali tra gli individui», contraddizioni tra «padroni delle macchine» e «sorveglianti e controllori». Ma il Perroux non dimostra affatto l'inevitabilità di questa sopravvivenza di contraddizioI)i sociali in condizioni d'abbondanza (v. F. PERROUX, Préfacecito a K. MARX,Oeuvres, «Bibliothèque de la Pléiade >', p. XVII). Allo stesso modo, R. Dahrendorf afferma che ci saranno sempre dei «dominatori» e dei dominati, e che «è ben difficile immaginare una società in cui non vi sia alcuna differenziazione di ruoli in termini di potere legittimo» (v. Classi e conflitti di classe nella società industriale, Bari, Laterza, 1963, p. 380). L'atrofia dell'immaginazione sociale di R. Dahrendorf, evidentemente non è un argomento scientifico. Quanto a Marx, ben lungi dal voler mantenere una qualsiasi « élite del potere», presuppone al contrario che la costante estensione del « tempo libero », nel senso proprio del termine, svilupperà al massimo le capacità scientifiche e creatrici nella gran maggioranza degli uomini. 191
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tive da una parte, e i rapporti di produzione da queste determinati dall'altra 57. Qui Popitz è molto più « determinista» dello stesso Marx, ma determinista in un senso strettamente meccanicistico. Quel che Marx precisa in particolare nell'Introduzione a Per la critica dell'economia politica, è che quando c'è conflitto tra un determinato livello di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione obiettivamente superati, s'apre un periodo di periodo che può essere di lunga rivoluzione sociale durata, e durante il quale du~ tipi di rapporti di produzione possono coincidere con un livello di sviluppo equivalente delle forze produttive (cfr. l'Europa occidentale nel periodo 1770-1830, e l'Europa centrale nel periudo 1914-1964). . In breve, quel che tutti questi scrittori non riescono a capire è che il Marx dei Manoscritti del 1844, pur non avendo ancora sviluppato la teoria del materialismo storico, ha superato Hegel, non ragiOna piÙ in termini d'idee assolute o di concetti filosofici, ma cerca' di criticare. un'ideologia determinata (l'economia politica) a partIre dalle contraddizioni sociali reali empiricamente constatate. Confondono l'oggetto delle sue ricerche e delle sue:' preoccupazioni con gli strumenti e il linguaggio ch'egli impiega per accostarvisi.
un convinto difensore 8'. Questa tesi può essere cosi riassunta: i Manoscritti del 1844 costituiscono una tappa importante ma transitoria nella storia intellettuale di Marx, che riesce già a cogliere le contraddizioni principali della società borghese, ma le esprime ancora in un linguaggio feuerbachiano, umanistico. La conceZiOne del lavoro alienato ne è l'espressione più evidente. QuestI> concezione Rli ha impeditCl di accettare la teoria del valore-lavoro di Ricardo. Ha dovuto superarla per poteI formulare la sua teoria del valore e del plusvalore 82. Non
-
la si ritrova più nelle opere della maturità. Questo ragionamento non è mai accompagnato da una dimostrazione logica: non si vede bene perché sarebbe proprio il concetto di lavoro alienato che avrebbe impedito a Marx di accettare la teoria del valore-lavoro di Ricardo. Le vere ragioni che hanno ritardato la sua accettazione di questa teoria sono state esaminate nel 111 capitolo del presente studio. L'esperienza ha dimostrato ch'era perfettamente possibile combinare una teoria del" l'alienazione con la teoria del valore-lavoro perfezionata; è d'altronde quello che Marx ha fatto nel 1857-58.
.,)
getto che Hegel aveva risolto medianre la dialettica dell'Idea assoluta, è da Marx risolto concretamente. Col comunismo, « forma ne. cessaria del prossimo futuro », l'uomo prenderà possesso della sua vera natura e il mondo, cui tUtta la sua pratica l'opponeva aI tempo dell'alienazione, tornerà ad essere il mondo umano. il prolungamento . dell'essenzadell'uomo. Così il problema del ritorno all'unità che ha tormentato tutto il pensiero tedesco dalla fine del XVIIIall'inizio del XIXsecolo si trova risolto non in un senso mistico, ma a favore dell'uomo, con l'affermazione della sua libertà e del suo diritto al libero spiegamento delle sue facoltà ». Si resta tanto più stupiti nel leggere qualche pagina dopo (p. LXVII)che nei Manoscritti «è ancora l'idea, in sé hegeliana, dello sviluppo delle contraddizioni che porta [?] al passaggio da un regime sociale all'altro ». In realtà, nei Manoscritti Marx non s'appoggia ad alcuna « idea» partIcolare. bensì all'analisi concreta delle contraddizioni sociali; e il comunismo allora non è più il multato dell'« idea dello sviluppo delle contraddizioni », bensì della lotta pratica del proletariato. 8. M. BUHR,Entfremdung . philosophische Anthropologie . Marx Kritik, in «Deutsche Zeitschrift rur Philosophie », XIV,1966, n. 7, pp. 806-34. . .. W. ]AHN,art. cit., p. 683; A. CORNU,op. cit., p. 152.
Resta la terza scuola, rappresentata soprattutto da autori che, nel corso degli anni 40 e 50 hanno difeso il punto di vista ufficiale dei partiu comunisti. Wolfgang Jahn 58 ne presenta la tesi nel modo più succinto. Au. guste Cornu l'ha largamente ripresa nel II volume della
sua biografia di Marx ed Engels 59. Emile Bottigelli la sposa in parte nella sua Présentation dell'edizione fran-
cese dei Manoscritti del 1844 66: Manfred Buhr ne resta
H. POPITZ. op. cit., pp. 164-65. .. w ]AHN, art. ctt. 59 A. CORNU,Karl Marx und Friedrich Engels. Leben und Werk cito La stessa tesi era già stata esposta dall'autore nella citata prefazione a K. MARX, Die okonomisch-philosophischen Manuskripte. >7
60
Paris, Editions sociales, 1962. La Présentation del Botti-
gel!i, in genere prudente e improntata al buon senso, constata (p. LX) che « il problema dell'identificazione del soggetto e dell'og.
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192 Ii)-t -; I ...!
Il ragionamento di Jahn, Cornu, Bottigelli e Buhr soprattutto non è seguito da una dimostrazione empirica. Essi non provano che Marx ha abbandonato il concetto di alienazione dopo aver accettato la teoria del valorelavoro. Jahn si contenta di constatare che Marx ed EngeIs vi ritornano nell'Ideologia tedesca per conferirle « un contenuto nuovo» (il che è esatto); ma aggiunge subito dopo: «Nelle opere successive, esso [il problema della alienazione] non svolge più un ruolo importante [il che è falso l » .3. Bottigelli afferma: «Una volta terminata la lotta contro la sinistra hegeliana, l'espressione 'alienazione' non riappare, a nostra conoscenza, che nell'Introduzione a Per la critica dell'economia politica... È l'ultimo [ testo] in cui ha ragionato da filosofo nel senso classico della parola».'. Ci sembra fuori luogo affermare che nell'Introduzione, uno dei testi più notevoli dal punto di vista metodologico, Marx «ragioni da filosofo ». Ma è in ogni caso falso che dopo il 1857 il concetto d'alienazione non compaia più nelle sue opere. Come pure è falso affermare, come fa il Buhr, che Marx avrebbe «largamente rinunziato all'uso di questo termine» nelle opere successive, benché q'Jesto autore riconosca che Marx non . ha mai perso di vista il problema sottostante a questo concetto .5. Quanto a Louis Althusser, egli s'è spinto recentemente ancora più lontano, proclamando che « il concetto d'alienazione» è un concetto «premar. ideologico ..
Disgraziatamente per tutti questi autori, nei Grundrisse, scritti in tempore non suspecto .7, dopo la celebre Introduzione a Per la critica dell'economia politica, ad una data che .10 stesso Althusser colloca all'inizio del periodo della « maturità» di Marx, questi torna senz'altro al concetto d'alienazione, facendone anzi un largo uso. I passi relativi all'alienazione abbondano nei Grundrisse e riducono
al nulla la tesi di
Jahn,
Cornu, Bottigelli,
Buhr
e Althusser. Non solo il concetto di alienazione non è « premarxista », ma fa parte dell'instrumentarium del Marx giunto a piena maturità. Leggendo attentamente il Capitale, d'altronde, lo si ritrova anche qui, sia pure a volte sotto una forma leggermente modificata ...
guente passo dello stesso autote: «Bisognerà una volta o l'altra entrare nei particolari e dare di questo testo una spiegazione parola per parola: interrogarsi sullo statuto teorico e sulla funzione teorica assegnati al concetto chiave di lavoro alienato, esaminare il campo concettuale di questa nozione, riconoscere che serve bene alla funzione che Marx le assegna allora: la funzione di fondamento originario; ma che non può esercitare questa funzione se non a condizione di riceverla come mandato e come missione da tutta una concezione dell'uomo che attinge nell'essenza dell'uomo la necessità e il contenuto dei concetti economici che ci sono familiari.
Bisognerà insomma scoprire sotto parole votate all'imminenza di un senso futuro, il senso che le mantiene ancora prigioniere di una filosofia che esercita su di esse la sua ultima suggestione e i suoi ultimi poteri... sotto questo rapporto il Marx più lontano [sic] da Marx è proprio questo Marx qui» (ibid., pp. 136-37). Che dire allora del Marx dei Grundrisse? .7 La redazione dei Grundrisse è in effetti posteriore a quella della celebre Introduzione che secondo Althusser (L'ob;et du Capital, in Lire le Capital cit., voI. II [trad. it., Milano, Feltrinelli, 1968]) sarebbe la quintessenza del metodo marxista maturo! .8 Si vedano tuttavia i passi seguenti: «Quella figura (Gestaln indipendente ed estraniata (entfremdete) che il modo di produzione capitalistico conferisce in genere alle condizioni di lavoro e al prodotto del lavoro nei riguardi dell'operaio, si evolve perciò con le macchine in un antagonismo completo» (K. MARX,Il Capitale cit., voI. I, p. 476); «Abbiamo visto nella quarta sezione, in occasione dell'analisi della produzione del plusvalore relativo, che entro il sistema capitalistico tutti i metodi per incrementare la forza produttiva sociale del lavoro si attuano a spese dell'operaio individuo; tutti i mezzi per lo sviluppo della produzione si capovolgono in mezzi di dominio e di sfruttamento del produttore, mutilano l'operaio facendone un uomo parziale, lo avviliscono a insignificante appendice delle macchine, distruggono con il tormento del suo lavoro il contenuto del lavoro stesso, gli estraniano (entfremden) le potenze intellettuali del processo lavorativo nella stessa misura in cui a quest'ultimo la scienza viene incorporata come potenza autonoma... » (ibid., p. 706); «Poiché prima della sua entrata [quella dell'operaio, E. M.] nel processo il suo stesso lavoro è stato alienato (entfremdet) a lui, appropriato al capitalista e incorporato al capitale, durante il processo il suo lavoro si oggettiva costantemente in prodotto altrui (in fremdem Produkt)>> (ibid., p. 626);
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xlsta»
.
.3 W. JAHN, op. cit., pp. 863-64.
..
E. BOTTIGELLI,
Présentation
cit.,
pp.
LXVII-LXVIII.
.5 M. BUHR, op. cit., p. 813. .. L. ALTHUSSER,Per Marx cit., 1'. 214. Si veda anche il se-
I I ,
Ecco come Marx introduce nei Grundrisse del lavoro alienato, nel capitolo sul denaro:
il problema
Si è detto e si può dire che il lato magnifico [nell'economia mercantile E.M.] sta proprio in questo ricambio materiale e spirituale, in questa connessione naturale, indipendente dal sapere e dal volere degli individui, e che presuppone proprio la loro indipendenza e indifferenza reciproche. E certamente questo nesso materiale è preferibile alla loro mancanza di nesso o ad un nesso soltanto locale fondato su rapporti naturali di. consanguineità o di' signoria e servitù. Altrettanto certo è che gli individui non possono subordinare a sé i loro stessi nessi sociali prima di averli creati. Ma è anche insulso pensare quel nesso soltanto materiale come un nesso naturale, inscindibile dalla natura dell'individualità (in antitesi al sapere e volere riflessi) e ad essa immanente. Esso invece ne è il prodotto storico. Appartiene ad una determinata fase del suo sviluppo. L'estraneità e l'autonomia in cui esso ancora si trova rispetto a loro, dimostra soltanto che essi sono ancora presi nella creazione delle condizioni della loro vita sociale invece di averia iniziata a partire da queste condizioni. Quella naturale, è la connessione di individui nell'ambito di àeterminati e limitati rapporti di produzione. Gli individui universalmente sviluppati, i cui rapporti sociali in quanto loro relazioni proprie, comuni, sono già assoggettati al loro proprio . comune controllo, non sono un prodotto della natura, bensl della storia. Il grado e l'universalità dello sviluppo delle capacità [delle forze produttive, E. M.] in cui q u e s t a individualità diventa possibile, presuppone appunto la produzione sulla base dei valori di scambio, la quale essa soltanto produce, insieme con l'universalità, l'alienazione del. l'individuo da sé [corsivo mio] e dagli altri, ma anche l'universalità e l' organicità delle sue relazioni e delle sue capacità. Nei precedenti stadi di sviluppo l'individuo singolo si presenta in tutta la sua pienezza appunto perché non ha « Il capitale si manifesta sempre più come una potenza sociale cui il capitalista è l'agente
-
-
di
che ha oramai perduto qualsiasi rap-
porto proporzionale con quello che può produrre il lavoro di un singolo individuo; ma come una potenza sociale, esterna, indipendente che si contrappone alla società come entità materiale e come potenza dei capitalisti attraverso questa entità materiale» (ibid., voI. m, p. 318). 196
:ancora elaborato la pienezza delle sue relazioni, e perché questa pienezza di relazioni egli non se l'è ancora contrapposta come forze e rapporti sociali indipendenti da lui. Volgersi indietro a quella pienezza originaria è altrettanto ridicolo quanto credere di dover rimanere fermi a quel completo svuotamento [odierno, E. M.] .'.
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A questo passo bisogna aggiungere, per completare il quadro, quelli in cui Marx nei Grundrisse descrive il totale assoggettamento del « lavoro vivo» al « lavoro oggettivato» (il « lavoro morto », il capitale fisso) 10,come pure il notevole passo in cui egli sviluppa la differenza tra il lavoro « repellente », il lavoro del10 schiavo, il lavoro servile e il lavoro salariato da una .parte, e il «lavoro libero», il «lavoro attraente» dall'altra 11. Ci sono d'altra parte molti altri passi dei Grundrisse in cui il concetto d'alienazione ricompare esplicitamente. In particolare quel10 importantissimo in cui Marx torna al1a distinzione tra oggettivazione e alienazione: Gli economisti borghesi sono a tal punto prigionieri degli schemi d'un determinato livello di sviluppo storico della società che la necessità della oggettivazione delle forze soci;tli del lavoro si presenta loro inscindibile dalla necessità della alienazione di queste stesse forze di fronte al lavoro vivo... Non occorre un acume particolare per comprendere che partendo per esempio dal lavoro libero derivante dalla dissoluzione della servitù della gleba, o lavoro salariato, le macchine possono nascere solamente in antitesi al lavoro vivo, in quanto proprietà altrui e potere ostile ad esso contrapposti; ossia che esse gli si devono contrapporre come capitale. Ma è altrettanto facile capire che le macchine non cesseranno di essere agenti della produzione sociale quando per esempio diventeranno proprietà degli operai associati 12.
E c'è soprattutto il passo seguente, che richiama quasi testualmente i Manoscritti del 1844: .. K. MARX,Lineamenti 10
Ibid., pp. [582-92].
fondamentali
11 Ibid., p. [505]. 12Ibid., pp. [716-17].
197
cit., I, pp. 104-5.
Ma se cos1 il capitale si presenta come prodotto del lavoro, il prodotto del lavoro si presenta altres1 come capitale non più come semplice prodotto, né come merce scambiabile, ma. come capitale; lavoro 'oggettivato come dominio, comando su lavoro vivo. E si presenta come prodotto del lavoro anche il fatto che il suo prodotto si presenti come proprietà altrui, come modo di esistenza che si contrappone autonomamente al lavoro vivo, e altresl come valore per sé stante; che il prodotto del lavoro, il lavoro oggettivato sia dotato di una propria anima dal lavoro vivo stesso gli si fissi poi di fronte come un potere altrui [alienato]. Dal punto di vista del lavoro, esso agisce nel processo di produzione in questo modo: respinge da sé al tempo stesso la sua realizzazione... come una realtà estranea, e perciò si pone come capacità lavorativa priva di sostanza, puramente bisognosa, di fronte a questa realtà che gli si è alienata (corsivo nostro,
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E. M.), che non appartienead esso ma ad altri 13. Ma basta citare. Da tutti questi passi si desume chiaramente una teoria marxista del!'alienazione, ch'è lo sviluppo coerente di quella contenuta nell'Ideologia tedesca, e il superamento dialettico delle contraddizioni contenute nei Manoscritti del 1844. Nella società primitiva, l'individuo fornisce direttamente del lavoro sociale. È armoniosamente integrato nel suo. ambiente sociale, ma se sembra «pienamente sviluppato », è solo a causa dell'estrema ristrettezza dei bisogni di cui 1:tapreso coscienza. In realtà la povertà materiale della società, l'impotenza degli uomini di fronte alle forze della natura 74, costituiscono delle fonti d'alie13 Ibid., pp. [357-58]. 14 Il passo dei Grundrisse (pp. 104-5) sopraccitato dimostra chiaramente che per Marx non si trattava affatto d'idealizzare l'uomo primitivo o di presentarlo come disalienato. H. LEFEBVRE s'è dunque sbagliato quando ha parlato del «meraviglioso equilibrio della comunità di villaggio» nella quale l'uomo poteva abbandonarsi « alla sua spontanea vitalità» (Critique de la vie quotidienne, I, Paris, L'Arche, 1958, p. 221), seguendo Engels che aveva espresso idee analoghe in L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato. Lefebvre aveva scritto anche: «L'alienazione ha spogliato la vita di tutto quel che in altri tempi, pur nella sua primitiva debolezza, le conferiva gioia e saggezza». Questo nella prima
nazione, soprattutto sociale (delle sue possibilità obiet.tive), ideologica e religiosa 1.. Con i lenti progressi della produttività sociale del lavoro, fa progressivamente la sua comparsa un surplus -economico. Questo crea le condizioni materiali dello scambio, della divisione del lavoro e della produzione mercantile. In quest'ultima, l'individuo è alienato dal prodotto del. suo lavoro e dalla sua attività produttiva, il suo lavoro diventa sempre più lavoro alienato. Questa .alienazioneeconomica,che s'aggiunge ora all'alienazione _sociale,religiosa e ideologica è essenzialmenteil risultato della divisione sociale del lavoro, della produzione mer-cantile e della divisione della società in classi. Essa prod.uce l'alienazione politica, con la comparsa dello stato, e i fenomeni di violenza e d'oppressione che caratterizzano i rapporti tra gli uomini. In seno al modo di produzione capitalistico, queste molteplici forme di- alienazione raggiungono il loro punto culminante: «La trasformazione di tutti gli oggetti in merci, la loro quantincazione in valori £eticistici di scambio [diventa]... un processo intensivo che opera in questo senso su ogni forma di oggettualità della vita» 1.. Ma questo stesso modo di produzione crea, con l'universalità dei rapporti di scambio e lo sviluppo del mercato mondiale, l'univeredizione del I volume della Critique de la vie quotidienne (Paris, Grasset, 1947, p. 242) che d'altra parte contiene una delle migliori esposizioni della teoria marxista dell'alienazione. Si veda anche in
~
proposito, G. PETROVIC,Marx's Theory 01 Alienation, in « Philosophy and Phenomenological Research », pp. 419-26. 15 G. NOVACK,Basic Differences between Existentialism and Marxism, in G. NOVACK(a c. di), Existentialism versus Marxismus, New York, Dell Publishing Co., 1966, p. 337. Si veda anche 'r. I. OISERMAN,op. cit.: «L'uomo s'è sempre più impadronito delle forze spontanee della natura, e simultaneamente è sempre più asservito alle forze spontanee dell'evoluzione sociale» (p. 8). 16 G. LUKACS,Storia e coscienza di classe, Milano, Sugar, 1967'p. 225. L'opera di Lukacs redatta prima che l'autore avesse potuto leggere i Manoscritti del 1844 o i Grundrisse, costituisce, nonostante qualche esagerazione idealistica nelle conclusioni, una magistrale ricostruzione del pensiero di Marx relativamente ai problemi dell'alienazione e della reificazione.
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salità dei bisogni umani e delle umane capacità, ed' un livello di sviluppo delle forze produttive che rende oggettivamente possibile la soddisfazion~ di questi bisogni, lo sviluppo universale dell'uomo 77. L'abolizione del regime capitalista rende allora possibile il progressivo deperimento della produzione mercantile, della divisione sociale del lavoro e della mutilazione degli uomini. L'alienazione non è «soppressa» da un singolo evento, così come non è apparsa d'un sol colpo. Essa deperisce progressivamente, così come è apparsa progressivamente. Ad ogni modo, non è insita nella «natura umana» o nella «esistenza umana '», bensl in specifiche condizioni del lavoro, della produzione e della società umana. È possibile dunque intravvedere e precisare le condizioni necessarie al suo deperimento. ._ E si comprende meglio ora il senso sociale delle tre interpretazioni mistificatrici dei rapporti tra i Manoscritti del 1844 e il Capitale, delle tre interpretazioni erronee dei rapporti del Marx maturo col concetto antropologico del lavoro alienato. Esse riflettono delle condizioni storiche e dei contesti socio-economici precisi, che ne illuminano la comparsa, al di là del fatto casuale della pub,blicazione dei Manoscritti del 1844 nel 1932. Per la borghesia si tratta, dopo la fenomenale ascesa del, movimento operaio d'ispirazione marxista, di riappropriarsi di Marx, riducendo Marx tutto intero ad Hegel. Con ciò stesso essa cerca di disinnescare il significato rivoluzionario, esplosivo della dottrina di Marx, per rein-
I
La socialdemocrazia riformista la segue a ruota. Ma le è sempre più difficile identificare il Marx delle opere giovanili col Marx del Capitale. A lungo essa ha cercato di mascherare la natura rivoluzionaria dell'opera di Marx difendendone 'un'interpretazione meccaniCistica. Il compito di rovesciare il modo di produzione capitalistico era affidato allo « sviluppo inesorabile delle forze produttive », piuttosto che all'azione del proletariato organizzato. Tuttavia, quando la crisi economica del, 1929-33 e l'ascesa del fascismo rivelano agli occhi di tutti che non c'è alcun rapporto causale inevitabile che porti dall'incontestabile conflitto tra il grado di sviluppo delle forze produttive e i rapporti di produzione capitalistici all'avvento del socialismo, l'ideologia socialdemocratica è costretta a cambiar spalla al suo fucile. Dopo aver a lungo
disprezzatole opere giovanilidi Marx 18, improvvisamente vi cerca l'ispirazione per opporre un «messaggio etico» al tempo stesso alla disperante realtà capitalistica, alla rivoluzione socialista per cui non vuole optare e alla sua 'degenerazione nell'Unione Sovietica dell'età staliniana, che serve molto bene da spauracchio. Di qui la voga che i Manoscritti del 1844 conoscono da oltre un quarto di secolo negli ambienti socialdemocratici, voga che s'accompagna ad un deliberato tentativo di attenuare il messaggio rivoluzionario contenuto in questi stessi Mano-
77 Non condividiamo l'avviso di G. PETROVIC (op. cit., p. 42223) secondo il quale l'alienazione rappresenterebbe la mancata realizzazione delle possibilità umane storicamente date. Se cosi fosse, l'uomo primitivo (che di fatto realizzava le possibilità esistenti a quell'epoca) sarebbe stato effettivamente un uomo disalienato, contrariamente a quanto afferma lo stesso Petrovic. Un tipico esempio di alienazione nel campo dei bisogni è offerto dal deliberato tentativo della società borghese americana di «riportare al focolare» la donna che, ha fatto degli studi universitari. Il fine è quello di stimolare la vendita di elettrodomestici, mobili ecc. L'effetto è quello di provocare una vera e propria atrofia delle capacità intellettuali, una «progressiva disumanizzazione» delle donne (v. B. FRIEDAN, La mistica della femminilità, Milano, Comunità, 1964, passim).
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tegrarlo come «pensatore» e «filosofo» in un mondo capitalistico concepito se non come il «migliore dei mondi », almeno come il meno peggio dei mondi possibili. .-
scritti
19.
In guanto erede e superatore della filosofia classica tedesca, Marx è «discolpato» dalla responsabilità degli 18
N. I. LAPIN,op. cit., pp. 72-75.
19
V. LEEMANS,op. cit., pp. 126-30, ecc., che non è tenuto a
prendere le precauzioni oratorie che s'impongono ai socialdemocratici, vede nella volontà d'azione rivoluzionaria di Marx, ossia nella sua praxis politica, il peccato originale e la contraddizione fondamentale della sua opera giovanile. Non si potrebbe essere più chiari... 201
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errori dello stalinismo. nella misura in cui « l'umanesimo antropologico» del giovane Marx s'oppone all'« economicismo » del « Marx degli anni della maturità ». Si « riabilita» Marx per poterlo rivolgere contro il movimento comunista e rivoluzionario internazionale. D'altra parte la realtà sovietica dell'epoca staliniana.. era tale che il concetto di lavoro alienato vi avrebbe provocato un'inevitabile identificazione con l'immagine corrente di tale realtà. Perciò il concetto apparve inaccettabile - perché troppo esplosivo - ai dirigenti e agli ideologi del regime. «Nella società sovietica non si poteva, non si doveva più parlare di alienazione. Il concetto stesso doveva sparire, per ordine superiore, per ragione di stato. »80 Donde il tentativo di sminuire le opere giovanili come i Manoscritti del 1844, a cominciare dal tentativo di non riprodurli in extenso in una sola edizione 81. Donde il tentativo di minimizzare il concetto di alienazione o dichiararlo francamente «premarxista ». Coloro i quali avevano degradato il marxismo ad una volgare. apologetica della politica staliniana, erano perciò stesso del tutto impotenti a rispondere alla sfida degli esegeti idealisti o esistenzialisti dei Manoscritti del 1844. Quanto ai marxisti che da una parte riconobbero il carattere mistificatorio di questo tentativo, ma dall'altra cercarono di conservare il loro posto all'interno dell'ortodossia ufficiale, se la cavarono identificando totalmente il Marx maturo col giovane Marx, giungendo cosi a risultati analoghi a quelli della pseudo-critica borghese. 80
H. LEFEBVRE,Préface alla seconda edizione del I volume
della Critique de la vie quotidienne cit., p. 63. 81 L. Althusser si lamenta a giusto titolo del fatto che nessun economista abbia studiato. i Manoscritti del 1844 dal punto di vista di un filosofo e che nessun filosofo li abbia studiati dal punto di vista di un economista. Ma questa frattura nell'interpretazione non .è senza rapporto col fatto che nella RDTi primi tre manoscritti sono stati a lungo pubblicati separatamente dal quarto, e che in URSS la prima edizione integrale dei Manoscritti data dal 1956 (dr. G. HILLMANN, op. cit., II, pp. 203-4; 240).
Capitolo Undicesimo
DISALIENAZIONE PROGRESSIVA ATTRAVERSO LA COSTRUZIONE DELLA SOCIETÀ SOCIALISTA, O ALIENAZIONE INEVITABILE NELLA «SOCIETÀ INDUSTRIALE »?
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La deformazione ideologica e mistificatrice della teoria marxista dell'alienazione ha dunque' delle fonti sociali specifiche nella realtà dei nostri giorni. Essa ha inoltre evidenti funzioni apologetiche. Gli ideologi della borghesia cercano di rappresentare i tratti più repugnanti del capitalismo contemporaneo come dei risultati eterni e inevitabili del « dramma umano ». Si sforzano di ricondurre la concezione socio-storica dell'alienazione umana ad una concezione antropologica, improntata a rassegnazione e disperazione. Quanto poi agli ideologi staliniani, essi' si sforzano di ridurre il «nucleo valido» della teoria dell'alienazione a -èlei tratti specifici dello sfruttamento capitalistico del lavoro, per poter cosi «provare» che l'alienazione non esiste più nell'Unione so",ietica e non può
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esistere in alcuna società di transizione dal capitalismo al socialismo (e a maggior ragione in alcuna società socia\ lista). Inversamente, la manifesta sopravvivenza di fenomeni d'alienazione nella società sovietica serve da punto d'appoggio agli ideologi borghesi per dimostrare trionfalmente la fatalità inevitabile dell'alienazione nella «società industriale ». E l'ostinazione dell'ideologia ufficiale in URSS a negare
l'evidenza
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vale a dire la sòpravvi-
venza dei fenomeni d'alienazione nel corso della fase di transizione dal capitalismo al socialismo rischia di provocare analoghe conclusioni nei teorici marxisti di paesi a base economica socialista che aspirano sinceraII1ente a scoprire la realtà sotto il velo delle menzogne ufficiali. Un'analisi della teoriamarxista-- deWalienazione -non
I è dunque completa finché non permette di formulare una teoria marxista della disalienazione progressiva e di di£enderla con successo contro il mito dell'« alienazione inevitabile » in seno ad ogni « società industriale ». Una simile concezione marxista dell'alienazione e della disalienazione non quadra evidentemente con l'affermazione apologetica di autori come Jahn, secondo la quale «il dominio d'una potenza estranea sugli uomini è eliminato con la soppressione della proprietà privata ad opera della rivoluzione proletaria e la costruzione della società comunista, poiché gli uomini si pongono qui liberamente di fronte ai loro prodotti... »1. Una tesi analoga è difesa da Manfred Buhr, che scrive che l'alienazione viene « eliminata solo con la rivoluzione socialista, la creazione della dittatura del proletariato nel processo di costruzionedella societàsocialista» 2. L'autore aggiunge d'altronde che non tutti i fenomeni dell'alienazione scompaiono spontaneamente all'indomani della rivoluzione socialista. Ma si riferisce in proposito a vaghe «$opravvivenze» ideologiche e psicologiche dell'era capitalistica, l'individualismo borghese e l'egoismo, senza rivelarne le radici materiali e sociali. In uno scritto successivo, Manfred Buhr afferma nettamente: «Così come il fenomeno sociale dell'alienazione è un fenomeno d'origine storica e cesserà di manifestarsi nel corso della storia, il concetto d'alienazione che lo riflette è anch'esso un concetto storico e non può essere applicato in modo significativo che a delle condizioni capitalistiche » 3. Non c'è evidentemente alcun rapporto l 2
W. ]AHN,op. cit., p. 864. M. BUHR, art. Entfremdung
in G. KLAUS-M. BUHR (a c. di), Phi-
losophisches Worterbuch, Leipzig, VEB Verlag Enziklopadie, 1964, p. 140. Bisogna sottolineare che nonostante questa debolezza per quel che riguarda il problema della disalienazione, il testo di Buhr rappresenta un progresso rispetto al modo in cui la questione dell'alienazione era stata trattata in precedenza nella RDT.
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3 M. BUHR,Entfremdung philosophische Anthropologie Marx Kritik cit., p. 814. In una nota a piè di pagina, Manfred Buhr ammette che la disalienazione è un processo che non fa che cominciare col rovesciamento della società capitalistica. Ma con-
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causal~ tra la prima e la seconda parte di questa frase. Il fatto che l'alienazione sia un fenomeno storicamente limitato non implica affatto che la sua validità si limiti alla sola epoca capitalistica. T. L Oiserman svolge la sua argomentazione ad un livello più elevato: Nel socialismo [l'autore si riferisce qui esplicitamente alla «prima fase del socialismo », secondo la formula di Marx nella Critica al programma di Gotba] non esiste quel che Marx ha chiamato l'essenza, il contenuto dell'alienazione, anzi, questo contenuto in senso proprio non può esistervi: dominio dei prodotti del lavoro sui produttori, alienazione dell'attività produttiva, rapporti sociali alienati, sottomissione della personalità alle forze spontanee dell' evoluzione sociale'.
Disgraziatamente, tutti i fenomeni enumerati da Oiserman non solo possono sussistere nell'epoca di transizione dal capitalismo al socialismo, ma vi sussistono anche inevitabilmente, nella misura in cui sussiste la produzione mercantile, lo scambio della forza-lavoro con un salario strettamente limitato e calcolato, l'obbligo economico di questo scambio, la divisione del lavoro (e in particolare la divisione del lavoro in lavoro manuale e lavoro intel'lettuale) ecc. E in una società di transizione burocraticamente deformata o degenerata, questi fenomeni rischiano anche di acquistare un'ampiezza sempre maggiore. Ciò è evidente quando si analizza in profondità la realtà economica dei paesi a base economica socialista. È evidente che i bisogni di consumo dei lavoratoti non vi sono interamente soddisfatti: non implica questo un'alienazione del lavoratore rispetto ai prodotti del suo lavoro, elude che non si può dedurre da queste premesse che ci siano ancora fenomeni d'alienazione nella società socialista (più esattamente: nell'epoca di transizione dal capitalismo al socialismo). Tutto quel che si designa «comunemente e alla leggera» col termine d'alienazione nel socialismo sarebbe tutt'al più «esteriormente analoga» a quella capitalistica. Salta agli occhi l'aspetto apologetico di, questa casuistica. T. I. OISERMAN,op. cit., p. 135.
·
205
...
. soprattuttò quando questi prodotti sono dei beni ch'egli desidera acquistare e l'insufficiente sviluppo delle forze produttive (senza parlare delle deformazioni burocratiche. del sistema di distribuzione!) gl'impedisce di appropriarsene? È evidente che anche la divisione del lavoro (i cui danni sono accresciuti dalCotganizzazione bur<;Jcratica) spesso aliena il lavoratore e il cittadino dall'attività produttiva. Il numero dei candidati agli studi universitari che non sono ammessi all'università e sono quindi obbligati a svolgere un'attività al solo fine di assicurarsi la sussistenza, sono altrettanti testimoni di questa alienazione. Si potrebbe continuare la lista all'infinito. In Cecoslovacchia un autore comunista, Miroslav Kusy, non ha d'altra parte esitato ad attirare l'attenzione su nuovi fenomeni d'alienazione provocati dalla burocratizzazione delle istituzioni, che s'alienano dal popolo 5. È un tema su cui si potrebbero fare infinite variazioni. Anche un autore sottile come J. N. Davydov preferisce ignorare questo problema e rifugiarsi prudentemente . in un'aùalisi delle condizioni della disalienazione nella seconda fase del socialismo, analisi peraltro notevole, sulla quale torneremo in seguito. In queste condizioni, non si può non approvare Hemi Lefebvre quando proclama perentoriamente: «Marx non ha mai limitato la sfera dell'alienazione al capitalismo» .. E bisogna rendere omaggio al coraggio di Wolfgang Heise, che afferma: .Il superamento dell'alienazione s'identifica nello stesso tempo con lo sviluppo dell'individuo socialista consapevole e della capacità di creazione collettiva. Si realizza attraverso la costruzione del socialismo e del comunismo. È pertanto un aspetto dell'intero processo storico volto a superare i segni lasciati dalla vecchia società in tutte le relazioni ed attività vitali. Esso comincia con l'emancipazione della classe operaia, 5 Cit. da G. HILLMANN, Zum Verstandnis der Texte, in K. MARX, T exte zu Methode und Praxis II, cit., pp. 216-17. · H. LEFEBVRE,Préface alla II ed. del I volume di Critique de la vie quotidienne cit., p. 74.
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la lotta per la dittatura del proletariato, e si conclude con la realizzazione dell'autogestione sociale piena e intera '.
Questo ci pare grosso modo corretto, anche se avremmo da criticare Heise nella sua analisi degli aspetti concreti dell'alienazione e del processo di disalienazione nell'epoca di transizione dal capitalismo verso il socialismo. Ad ogni modo riteniamo quanto segue: per Matx, il fenomeno dell'alienazione è anteriore al capitalismo. Esso è legato all'insufficiente sviluppo delle forze produttive, all'economia mercantile, all'economia monetaria e alla divisione sociale del lavoro. Fino a quando sopravviver anno questi fenomeni, è inevitabile la sopravvivenza d'una certa forma di alienazione umana.. Il teorico comunista iugoslavo Boris Ziherl l'ammette da parte sua per la «società socialista» (diremmo più correttamente: la società di transizione dal capitalismo al socialismo), il che torna a suo onore. Ma è 'solo per indignarsi contro i filosofi iugoslavi che reclamano un inizio di disalienazione da attuare attraverso un inizio di deperimento dell'economia mercantile, e che mettono in evidenza le costrizioni superflue e alienanti che sussistono nella società iugoslava .. . La posizione dei teorici ufficiali iugoslavi è in proposito molto contraddittoria. Essi affermano che le condizioni materiali non sono mature per il deperimento dell'economia mercantile e dell'alienazione che ne risulta. Ma forse che le condizioni materiali sono mature per il depe~ W. HEISE,op. cit., p. 701. 8 Una variante della concezione apologetica d è fornita da E. V. ILENKOV, che afferma che solo « la divisione antagonistica del lavoro », la «divisione borghese del lavoro» mutilano l'uomo (La dialettica dell'astratto e del concreto nel Capitale di Marx, Milano, Feltrinelli, 1961, p. .32). Per Marx ogni divisione del lavoro che condanni l'uomo ad esercitare solo una professione che quella che sussiste in URSS è alienante.
-
-
dunque an-
· B. ZIHERL, Sur les conditionsob;ectiveset sub;ectivesde la . désaliénationdans le socialisme,in «Questions actuellesciu Sodalisme», n. 76, gennaio-marzo1965, pp. 122; 129-.30. 207
rimento della stato? Contro Stalin e i suoi discepoli, i comunisti iugoslavi s'erano richiamati a Lenin, che in Stato e rivoluzione, aveva dimostrato che per essere conforme alla marcia verso i~ socialismo, il deperimento dello stato doveva cominciare «all'indomani della rivoluzione proletaria », che il proletariato-..doveva costruire uno stato « che non è più uno stato nel senso proprio del termine ». Giustamente avevano proclamato che il rifiuto d'impegnarsi su questa strada, lungi dal preparare «la. maturazione delle condizioni oggettive» avrebbe fatalmente innalzato degli ostacoli supplementari sulla via d'un deperimento futuro. Quest'ultimo ad ogni modo non può risultare da un rafforzamento continuo dello stato stesso! Ma il ragionamento ch'è valido per lo stato lo è anche per l'economia mercantile Il proletariato non può liberarsene all'indomani del rovesciamento del capitalismo; essa è legata ad una fase storica dello sviluppo delle forze produttive, ch'è ben lungi dall'essere superata nei paesi detti « in via di sviluppo» (e tutti i paesi a base economica socialista, ad eccezione della RDT appartenevano a questa categoria al momento d'iniziare la costruzione del socialismo). Essa può e dev'essere utilizzata nel quadro lO.
d'un'economia
pianificata
-
per perfezionare
tale piani-
ficazione ed accelerare lo sviluppo delle forze produttive, senza il quale il suo deperimento finale sarebbe utopico. Ma nello stesso tempo essa deve cominciare a deperire, altrimenti la sUa estensione creerebbe nuovi ostacoli oggettivi e soggettivi sulla strada del suo deperimento futuro. La natura di questi nuovi ostacoli s'è manifestata tragicamente in Jugoslavia, dove la merce ha riprodotto una delle contraddizioni sociali ch'essa contiene in germe: la disoccupa;;o;ione,con tutte le conseguenze che
-
-
lO
W. HEISE,Op. cit., pp. 700-11, analizza dettagliatamente nu-
merosi fattori che frenano il processo di disalienazione nel corso della fase di costruzione del socialismo (vale a dire in realtà durante la fase di transizione dal capitalismo al socialismo). Ma non menziona nemmeno in questo contesto, la sopravvivenza dell'economia mercantile e monetaria, mentre questa è proprio una delle fonti essenziali dell'alienazione secondo Marx!
208
ne derivano anche per la coscienza dell'uomo ". Cosl come lo stato non può deperire miracolosamente d'un sol colpo dopo essersi costantemente rafforzato nel periodo precedente, l'economia mercantile non può deperire miracolosamente dopo essersi costantemente consolidata ed estesa nel periodo di transizione dal' capitalismo al socialismo. I filosofi iugoslavi che sollevano il problema della sopravvivenza e della riproduzione di fenomeni d'alienazione nel loro paese 12 sono dunque più «marxisti» in proposito
dei teorici
ufficiali
-
anche se sono a volte
portati, per influsso delle cattive esperienze vissute, a mettere un punto interrogativo sulla teoria marxista della disalienazione integrale dell'uomo nella società comunista. La possibilità di questa disalienazione è contestata anche in due recenti opere di Henri Lefebvre ", nelle quali l'autore non intravvede più altro che una continua oscillazione tra alienazione, disalienazione e nuove forme di alienazione. Egli afferma giustamente che bisogna «completamente particolareggiare», «storicizzare» e «relativizzare il concetto d'alienazione » ". Ma se, relativizzando Il Dimenticando completamente i legami tra alienazione e produzione mercantile, l'economista iugoslavo Branko Horvath vede nell'autogestione la via per la soppressione dell'alienazione. Egli scrive: « Il cOÌltrollodella produzione senza l'intermediario dello stato significa il cont!'ollo da parte dei produttori diretti, il che vuoI dire a sua volta che l'eguaglianzadei proletari è trasformata in una eguaglianza di padroni. Il processo d'alienazione umana... giunge al suo termine» (B. HORVATH, op. cit., p. 80). Strani « padroni» in verità che possono ritrovarsi in mezzo a una strada senza lavoro né redditi degni di questo nome! 12 Segrialiamotra questi: R. SUPEK,Dialectique de la pratique sociale, in «Praxis », n. 1, 1965; G. PETROVIC,op. cit., e Man as Economie AnimaI and Man as Praxis, in «Inquiry », VI, 1963; P. VRANICKI,La signification actuelle de l'bumanisme du ;eune Marx, in «Annali dell'Istituto G. Feltrinelli », VII, 1964-65, e Socialism and tbe Problem 01 Alienation, in « Praxis », n. 2-3, 1965; Z. PESICGOLUBOVIC, W bat is tbe Meaning 01 Alienation?, in « Praxis », n. 3, 1966, ecc. \3 H. LEFEBVRE,Critique de la vie quotidienne, voI. II, Paris, L'Arche, 1961; lntroduction à la modernité, Paris, Editions de Minuit, 1962.
"
H. LEFEBVRE, Critique
de la vie
p.209.
209
quotidienne,
voI.
II cit.,
L
questo concetto, si sopprime la possibilità della sua negazione totale, si tende a renderlo di nuovo assoluto. Cosi il tentativo di Lefebvre di «storicizzare» l'alienazione va considerato fallito dal momento che ha prodotto il risultato dialettico inverso, ha trasformato di nuovo l'alienazione in un concetto immanente alla società umana, anche se si presenta sotto forme diverse in ogni diverso tipo di società. Le fonti di questo scetticismo storico sono evidenti: si tratta dei fenomeni negativi che hanno accompagnato i primi tentativi storici di costruire una società sociali-
sta 15. Si tratta di prodotti dello stalinismo che ha inutilmente accentuato i fenomeni d'alienazione che non possono non sussistere nel periodo di transizione dal capitalismo al socialismo. Così il neo-scetticismo d'un Lefebvre o d'un PesicGolubovic non è altro che una reazione negativa nei confronti dell'esperienza staliniana, allo stesso modo in cui l'apologetica dei vari Buhr, Jahn, Oisermann e Ilenkov non è altro che un prodotto della stessa esperienza, che cerca ,di far passare sotto silenzio gli aspetti negativi della realtà sociale nei paesi a base economica socialista. Quando il pensiero, in un nuovo contesto politico, supera questa apologetica, può sia sboccare in un ritorno alla concezione originaria della disalienazione in Marx - la disalienazione in quanto dipendente da un'infrastruttura materiale e sociale che non esiste ancora all'epoca della transizione dal capitalismo al socialismo - sia sboccare nello scetticismo quanto alle possibilità di disalienazione totale. Il compito della scienza è al contrario quello d'analizzare le fonti socio-economiche della sopravvivenza di fe,. «Noi siamo oggi meno convinti di Marx d'una fine completa dell'alienazione» (H. LEFEBVRE, lntroduction à la modernité cit., p. 146. Corsivo nostro, E. M.). Riferendosi alle condizioni attuali per dimostrare la validità di questa conclusione, Lefebvre sembra dimenticare le premesse del ragionamento di Marx: deperimento della produzione mercantile, dell'economia monetaria, della divisione sociale del lavoro in un quadro mondiale e sulla base d'un grado molto elevato di sviluppo delle forze produttive. 210
nomeni d'alienazione all'epoca della transizione dal capitalismo al socialismo, nonché durante la prima fase del socialismo, e di scoprire i motori del processo di disalienazione nel corso di queste stesse fasi. Si tratta di effettuare l'analisi cominciando col fare astrazione dai fattori che rafforzano ed aggravano l'alienazione in seguito alla deformazione o degenerazione burocratica della società di transizione, per poi integrare questi fattori particolari in un'analisi più concreta dei fenomeni d'alienazione in paesi come l'uRss, le « democrazie popolari» ecc. . La fonte generale della sopravvivenza dei fenomeni d'alienazione nell'epoca di transizione e nella prima fase del socialismo è l'insufficiente grado di sviluppo delle forze produttive e la conseguente sopravvivenza di norme di distribuzione borghesi 16. La contraddizione tra il modo
di produzionesocializzatoe le norme di distribuzione.borghesi --- contraddizione principale dell'epoca di transi-
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zione introduce dei fattori d'alienazione nei rapporti di produzione. I lavoratori continuano a subire, foss'anche parzialmente, l'effetto d'una evoluzione sociale oggettiva e spontanea ch'essi non controllano (sopravvivenza delle « leggi del mercato» nel campo dei beni di consumo; sopravvivenza d'una « selezione professionale» che impedisce lo sviluppo integrale di tutte le attitudini di tutti gl'individui, ecc.). Quando a ciò si aggiunge l'ipertrofia della burocrazia, l'assenza di democrazia socialista sul piano politico, l'assenza di autogestione operaia sul piano economico, l'assenza di libertà di creazione sul piano culturale, allora fattori :ipecificid'alienazione, risultanti dalla deformazione o dalla degenerazione burocratica, s'aggiungono agli altri inevitabili che abbiamo appena menzionato. La burocratizzazione della società di transizione tende ad esasperare la contraddizione tra il modo di produzione socializzato e le norme di distribuzione borghesi, in particolare attraverso l'accentuazione dell'ineguaglianza sociale. La generalizzazione dell'economia monetaria va nello stesso senso. '6
Si veda la formula impiegata da Marx nella Critica al pro-
gramma di Gotha in K. MARX-F.ENGELS,Opere scelte cit., p. 961. 211
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Wolfgang Heise effettua in proposito un'analisi molto sottile. Se la proprietà collettiva dei mezzi di produzione e la pianificazione socialista superano in teoria l'impotenza sociale nei confronti dell'evoluzione della società nel suo complesso, ciò non significa che questa impotenza sociale risulti al tempo stesso superata da tutti gl'individui. Non solo bisogna tener conto delle scorie ideologiche del passato capitalistico, dei membri delle vecchie classi dominanti, dell'insufficiente educazione d'una parte del proletariato ecc. Bisogna anche comprendere che questa impotenza non è superata in pratica che quando gl'individui realizzano la loro identità con la società attraverso un'atti-
vità sociale fondata in larga misura su libere decisioni11. Ciò implica non soltanto un'autogestione integrale del lavoro al livello dell'economia presa nel suo complesso (non solo nel processo di produzione ma anche in quello di distribuzione e di consumo), ma anche un deperimento dello stato e la scomparsa di tutti i rapporti umani fondati sulla costrizionè e l'oppressione. Fino a questo punto, l'analisi di Heise ci sembra corretta. Ma quando afferma che il processo di disalienazione non può essere un fenomeno spontaneo ma dev'essere guidata dal partito, egli comincia con l'affermare che il mezzo migliore per neutralizzare il rischio di burocratizzazione quello di vedere gli apparati diventare autonomi rispetto agli obiettivi della società nel suo complesso - consiste in quest'azione del partito 18. Ciò significa peccare d'idealismo e perdere di vista il fatto che ci sono due fonti obiettive della burocratizzazione: da una parte la sopravvivenza d'un processo economico spontaneo (sopravvivenza di norme di distribuzione e di elementi di economia mercantile, sopravvivenza della divisione del lavoro, dei privilegi culturali e delle deleghe di potere, che spingono gli apparati a diventare autonomi e a trasformarsi da servitori in padroni della società) e dall'altra la centralizzazione del sovrapprodotto sociale e il fatto che il diritto
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-di disporne tocchi all' apparato. Il duplice processo di disalienazione rispetto a questi fenomeni specifici d'alienazione, consiste dunque nel deperimento progressivo dell'economia mercantile e dell'ineguaglianza sociale, e nella sostituzione del sistema di gestione statale dell'economia .con un sistema di autogestione operaia, democraticamente .centralizzata. Con ciò risulterebbe distrutta l'infrastruttura materiale della burocratizzazione. Ed è solo in queste con.dizioni che l'azione soggettiva del partito e l'allarga-
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mento della democraziasocialista sul piano politico, che
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implica l'abbandono del dogma del partito unico può .emanciparsi dalla presa burocratica che l'imprigiona 19. Heise insiste giustamente sull'importanza d'uno sviluppo sufficiente delle forze produttive che renda possibile l'avvio di tutti questi processi di disalienazione. Ma dopo aver cominciato col peccare di volontarismo, finisce col peccare di meccanicismo. Un simile sviluppo delle forze produttive reclama « un grado straordinariamente elevato .dell'organizzazione e della differenziazione delle funzioni, 'sociali »; sarebbe perciò« insensato reclamare la demo.crazia diretta nella produzione o l'abbandono della pianificazione centrale autoritaria... come condizione per il superamento dell'alienazione... Sarebbe un'esigenza opposta :alla necessità reale . e teCnIca...» . d'una20 .produzione razionale, alla logica economica È degno di nota il fatto che, messa alle strette, un'apo10gia della mancanza d'autogestione operaia nella RDT manipoli lo stesso argomento utilizzato dagli ideologi bor;ghesi per dimostrare l'inevitabilità dell'alienazione non solo in regime capitalistico, ma in ogni «società industriale »: «l'elevato grado di differenziazione delle fun:zioni sociali ». Ci torneremo in seguito. È altrettanto degno di nota il fatto che Heise non riesca a concepire la pianifi.cazione centralizzata altro che come pianificazione autoritaria, e che, proprio come gli autori iugoslavi, resti chiuso nel dilemma: o anarchia della produzione (economia di ,.
11 18
W. HEISE, op. cit., pp. 702-3. Ibid., p. 704.
212
È ben noto che in URSS, all'epoca di Stalin, il partito era
'il principale veicolo di burocratizzazione. 20
w. HEISE, op. cit., p. 706.
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mercato) o pianificazione autoritaria. La possibilità d'una pianificazione democraticamente centralizzata, risultante da un congresso di consigli operai che gestiscano le imprese, sembra sfuggirgli. Quel ch'egli chiama «la riduzione del grado d'organizzazione della società» equivale per lui alla soppressione delle strutture autoritarie. Come se i «produttori associati » - per dirla con Marx - fossero incapaci di migliorare il grado dell'organizzazione sociale sola disciplina liberamente stituendo almeno tra loro consentita ad una gerarchia di comandanti e subordinati. Ma la debolezza fondamentale del ragionamento di Heise è ancora più profonda. Da una parte, egli si richiama al primato dell'azione del partito (contro le tendenze alla spontaneità del burocratismo); dall'altra invoca il primato dello sviluppo economico (contro la democratizzazione della vita delle imprese). Non sembra accorgersi che il potere delfa burocrazia si riflette soggettivamente in questo argomento economico, che accettandolo si paralizza in partenza ogni azione soggettiva contro di lei. Perché la burocrazia non pretende forse d'incarnare la «competenza » e la « specializzazione » di fronte alle masse ignare? Né Heise rileva che oggettivamente la burocrazia resta onnipotente fintanto che può disporre sovranamente del 50vrapprodotto sociale (e ciò sia in via autoritaria, come in URSS, sia per la mediazione delle « leggi del mercato », come in Jugoslavia). Per questo egli reclama bensì dei « co.rrettivi » contro gli « errori» sotto forma d'un «diritto di controllo crescente da parte della collettività », per questo egli ammette che alla lunga. la centralizzazione del potere nelle mani dell' apparato dovrebbe essere superata dalla « demQcrazia socialista » e dallo « sviluppo d'una attività cosciente delle
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ratori ai «produttori associati» - la gestione della produzione e la possibilità di disporre del sovrapprodotto sociale. J. N. Davydov si sforza di analizzare i meccanismi
della disalienazionenella costruzione del .comunismo in
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modo ben più approfondito che non Wolfgang Heise. Per Marx, la divisione del lavoro capitalistica ha portato alla completa eliminazione della libertà dalla sfera della produzione materiale; questa libertà, il comunismo ve la reintegrerà, dal momento che sono le esigenze stesse della tecnica a reclamare una sempre maggiore mobilità di funzioni nei produttori, diventati la principale forza produttiva in virtù delle loro conoscenze scientifiche. Lo sviluppo universale dell'individualità è possibile sulla base di questa tecnica, la quale anzi la reclama poiché dal punto di vista d'una « economia politica del comunismo» ogni uomo che non sia diventato un'« individualità pienamente sviluppata» rappresenta un'enorme perdita economica Ma ciò vuoI dire che in condizioni d'abbondanza sempre più generalizzata di beni materiali, il fine principale della produzione diventa quello di produrre degli individui 23.
« totalmente»
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sviluppati,
liberi e creatori
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Nella stessa
misura in cui l'uomo diventa la «forza produttiva principale »25 a causa dell'enorme sviluppo della tecnologia scientifica, è sempre meno direttamente «integrato» nel processo di produzione. Nella stessa misura in cui il « lavoro vivo» è espulso dal processo di produzione, esso si rivaluta in quanto organizzatore e controllore di questo -stesso processo. E nella stessa misura in cui s'opera in tal modo la produzione parallela d'una abbondanza di beni materiali e d'uomini universalmente sviluppati, scompare il
masse» 22, ma non ne trae la conclusione,evidente da un punto di vista marxista, che il passo decisivo verso tale democrazia è quello che attribuisce all'insieme dei lavo-
23]. N. DAVynOV, Freiheit und Deutscher Verlag JerWissenschaften,
21 La costrizione resta evidentemente inevitabile nei confronti delle altre classi sociali, ma il grado di questa costrizione dipende dalla violenza delle contraddizioni sociali.
Cfr. K. MARX, Lineamenti fondamentali cit., p. [593]: è « lo sviluppo dell'individuo sociale... che si presenta come il grande pilone di sostegno della produzione e della ricchezza ».
24
22
VEB
Ibid., p. 117.
25
W. HEISE,op. cit., pp. 706-7. 214
Entfremdung, Berlin, 1964, p. 114.
215
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dominio del « lavoro morto» sul « lavoro vivo », e la libertà è «reintegrata» nella produzione materiale". Tutta questa analisi, fondata essenzialmente sui passi dei Grundrisse che abbiamo più sopra citato, ci sembra atta a chiarire sostanzialmente il problema 27. La sua debolezza principate è che salta di colpo dalla società capitalistica ai rapp())fti di produzione comunisti senza analizzare le mediazioni :storiche necessarie e inevitabili, vale a dire senza descrivere i motori concreti della disalienazione progressiva nenIa fase di transizione, durante la costruzione' del .socialismol. L'autogestione operaia; la pianificazione democratica centralizzata; il progressivo deperimento della produzione mercantile; la generalizzazione dell'insegnamento superiore; l:a riduzione radicale della giornata di lavoro; lo sviluppo dell'attività creativa durante il «tempo libero »; la progJressiva compenetrazione delle abitudini di consumo su :scala mondiale; la rivoluzione psicologica provocata da 'queste successive trasformazioni e in particolare dal deperimento della produzione mercantile 28: tutto ciò non è incluso nell'analisi del Davydov, che dovrebbe comple:tarla per eliminare dal suo studio quel sospetto di assi())matismo che i critici borghesi e dogmatici non mancheranmo di rimproverargli a torto 2.. . Il fatto è che per essere logica, l'analisi della disalienazione progressiva del lavoro e dell'uomo nel socialismo' deve integrarsii in una esauriente analisi dell'alienazione nell'epoca di transizione. In mancanza di questa, la prima diventa arbitraria. Assume un aspetto di « fuga in avanti. >>2. J. N. DAV'YDOV, op. cit., pp. 117; 131. 27 Si veda Ila serie di citazioni contenute presente opera.
nel cap. VII della
che irrita coloro i quali accordano la priorità ad un approccio più pragmatico alla realtà immediata. Ma per lo meno questa «fuga in avanti» ha il merito della chiarezza e quello di fornire prospettive precise. Essa resta fedele all'insegnamento di Marx, che respinge qualsiasi concezione antropologica dell'alienazione. Lo stesso merito non va riconosciuto alle conclusioni disincantate che un Adam Schaff trae dalla sua esperienza della realtà polacca d'oggi. Egli ammette la sopravvivenza di fenomeni d'alienazione nella società socialista, ma se la cava mettendo in dubbio la possibilità di realizzare, persino nella società comunista, il deperimento dello stato, la scomparsa della divisione del lavoro (che concepisce in maniera meccanica: la lettura di Davydov dovrebbe fargli cambiare opinione!) e la soppressione della produ-
zione mercantile30. Questa revisionescettica e misantropa di Marx è stata criticata dai dirigenti del PC polacco31,
ma non nel senso d'una analisi esplicita degli oc;tacoli alla disalienazione imposti dalla realtà sociale burocratizzata del loro paese, bensì in. quello d'una semplice 'negazione apologetica del problema. Schaff, che per lo meno ha cercato di formulare un «programma d'azione» contro l'alienazione, è relativamente più sincero 32. Ma tanto gli uni che l'altro sono incapaci di riproporre l'insegnamento di Marx e non riescono quindi ad arrestare l'ascesa della filosofia e della sociologia non marxiste in Polonia. 30 «Mi preme soltanto segnalare il problema, tanto più che si può sostenere che nella fase più avanzata della società comunista la produzione non sarà più mercantile, ma nel guadro delle esperienze attuali questa tesi è discutibile» (A. SCHAFF,Il marxismo e la persona umana, Milano, Feltrinelli, 1966, p. 135). 31
V. «Nowe Drogi », dicembre 1965.
Abbiamo consacrato a questo problema gran parte deI cap. XVII del n<DstroTrattato di economia marxista cit., voI. II, pp. 431 sgg. 2' Vari aspetti del ragionamento di Davydov hanno già ri-. cevuto un princi:pio di verifica empirica, in particolare la necessità d'una maggiore mobilità del lavoro e dei suoi compiti in seno ai gruppi funzionati che risulta dai progressi dell'automazione nella grande industria (v. G. FRIEDMANN-P. NAVILLE, Traité de sociologil; du travail, Paris:, Colin, 1961, pp. 380-81).
32 Schaff riconosce che la socializzazione dei mezzi di produzione non può far altro che dare inizio al processo di disalienazione. Ma mette piuttosto l'accento sull'educazione socialista che non sul cambiamento delle condizioni economiche (in particolare sul necessario deperimento delle norme di distribuzione borghesi) per portare a termine questo processo. La sua perorazione a favore d'un «egualitarismo moderato» e d'una maggiore libertà d'opinione e di critica nei confronti del «gruppo al potere» è meritoria, ma non va al fondo delle cose.
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È così che un sociologo come Stanislaw Ossowky può affermare che la concezione classica delle classi sociali formulata da Marx non s'applica integralmente che a un tipo di società caratterizzata dal capitalismo di libera concorrenza. Oggi, non solo l'appropriazione dei mezzi di produzione, ma anche quella dei beni di consumo permetterebbe di stabilire «il potere economico sugli uomini ». Ci sarebbero anche nuove forme di dominazione dell'uomo sull'uomo, dominazione che sarebbe in funzione sia della proprietà dei mezzi di produzione, sia della proprietà dei mezzi di consumo, sia della proprietà di mezzi di costrizione, sia d'una combinazione tra queste di-
verse 'forme di proprietà 33. Si passa chiaramente da una sociologia che parte dalle nozioni di classe e di sovrapprodotto sociale ad una sociologia fondata sul concetto infinitamente più vago e meno operativo di «gruppi dominanti» H. Ed è così gettato il ponte tra la sociologia (e la filosofia) critiche ma revisionistiche dei paesi detti socialisti, e la sociologia accademica dei paesi capitalistici" che respinge il marxismo in nome d'una divisione della società in « governanti» e « governati ». È inutile sottolineare il carattere apologetico di questa concezione della «società industriale » qual è stata elaborata da numerosi autori. Quel che c'è di specifico nel modo di produzione capitalistico è attribuito ad ogni società nell'era della grandt: industria 35. Quel che deriva 33 S. OSSOWSKI,Struttura di classe e coscienza sociale, Torino, Einaudi, 1966, pp. 206-7. 3. Le idee di Ossowski si avvicinano in proposito a quelle sopraccitate d'un François Perroux o d'un Ralf Dahrendorf, o alle concezioni d'un antropologo conservatore come Arnold Gehlen: l'autorità funzionale si sostituirebbe sempre più alla divisione sociale in classi (v. Anthropologische Forschung, Hamburg, Rowohlt Verlag, 1961, p. 130). Ossowski dal canto suo lascia intendere che alla base. del suo revisionismo scettico c'è l'incapacità del marxismo dogmatico e apologetico dell'epoca staliniana a spiegare i fenomeni del privilegio sociale nelle società in cui i mezzi di produzione sono stati 50cializzati. 35 Si veda in particolare R. ARON,Dix-huit leçons sur la société
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da un tipo d'organizzazione sociale è' attribuito ad una forma d'organizzazione tecnica. La maggior parte dei sociologi occidentali trae delle conclusioni pessimistiche da questa identificazione mistificatrice dei rapporti sociali e dei rapporti con la tecnica. Essi resuscitano il vecchio mito del Leviathan di Hobbes, c vedono l'uomo moderno inevitabilmente schiacciato dalla macchina uscita dal suo cervello. L'alienazione del lavoro, il lavoratore schiacciato dal suo stesso prodotto, sarebbero l'inevitabile risultato della grande industria, e tale alienazione sarebbe destinata ad aggravarsi implacabilmente man mano che l'apparato tecnico si perfeziona. Bisogna riconoscere che la degenerazione burocratica dell'uRss soprattutto nell'epoca staliniana, ha fornito molti argomenti ai sostenitori di questa tesi pessimistica. Quel che tuttavia in genere.li caratterizza, è l'assenza d'un'analisi approfondita che ricavi da una descrizione puramente fenomenologica le leggi di sviluppo della realtà sociale. Affermando che ci saranno sempre dei « governanti» e dei « governati », che ci saranno sempre dei beni scarsi e quindi la necessità d'una loro ripartizione alienante, s'innalza al rango d'assioma quelle che sono non già le conclusioni, bensì le premesse d'un ragionamento. Si crede di basarsi su dei fatti empirici, ma in realtà si nega una tendenza che procede in senso inverso. Perché è difficile contestare che la potenziale ricchezza della società, il grado di soddisfazione dei bisogni razionali, e pertanto la possibilità d'eliminare i meccanismi di costrizione dell'organizzazione socio-economica, abbiano fatto giganteschi progressi da un secolo a questa parte, e soprattutto nel corso dell'ultimo quarto di secolo, nella cosiddetta società «industriale ». Perché supporre che questa tendenza nori possa portare ad un « salto» qualitativo, col quale deperirebbe l'asservimento dell'uomo alle necessità d'una «lotta per l'esistenza» e la sua capacità di dominare l'organizzazione sociale si svilupperebbe fino a dominare le forze della natura?
industrielle, Paris, 'Gallimard, 1962, trad. .it. La società industriale, Milano, Comunità, 1962; R. BENDIX,Work and Authority in
IndustfY, New York,Harper and Row, Harper Torchbooks,1963;
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R. DAHRENDORF, op. cit.,
ecc.
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glio d'amministrazione d'una società per azioni capitalistica
Ora', bisogna pur riconoscere che la tendenza di sviluppo della tecnica non va affatto nel senso previsto dai pessimisti. Georg Klaus distingue giustamente due tipi d'automazione, il secondo dei quali, molto meno rigido del primo e basato sulla cibernetica, crea l'infrastruttura d'un deperimento del lavoro alienante, i prerequisiti d'un lavoro universalmente creatore. Ed uno scienziato come il professor Van Melsen ammette onestamente che la tecnica è ancora nella sua fase primitiva, e che molti dei suoi aspetti abbrutenti risultano precisamente da questo primitivismo: In effetti quando i bisogni primari sono soddisfatti è possibilissimo, in parte grazie allo stesso progresso tecnico, passare a produzioni di piccola serie, incorporandovi progetti artistici originali. Inoltre il tempo di «lavoro obbligatorio» sempre più ridotto contribuirà a far rifiorire tutte quelle cose che richiedono amore e cure personali... Senza dubbio esse ritorneranno sotto forma d'arti liberamente praticate da coloro che saranno stati liberati dalla tecnica 36.
Non c'è bisogno di dire che questa azione emancipatrice della tecnica non sarà possibile che quando quest'ultima sarà stata liberata dal dominio del profitto privato e della valorizzazione del capitale. L'accentuato pessimismo dei sostenitori della tesi dell'inevitabilità dell'alienazione nella «società industriale» si spiega d'altronde con la loro confusione tra le vere fonti del potere e le sue articolazioni funzionali 37. Il consi-
può decidere la chiusura delle sue imprese
sione di tutta costruita
I 1
(
-
-
e la soppres-
la gerarchia burocratica pazientemente
senza bisogno di prevaricare
sulla « crescente
autonomia» dei laboratori di ricerca e del dipartimento del planning tecnologico. Ma la sua decisione di sciogliere la società, presa in funzione degli imperativi del profitto, rivela fino a che punto la preesistente delega di potere era limitata a funzioni circoscritte e come la proprietà privata resti in r'ealtà la fonte del potere. Perché un consiglio operaio non potrebbe delegare allo stesso modo certi poteri tecnici senza perciò perdere la possibilità di prendere (od .anche di far prendere dai collettivi di lavoratori) le deci~ sioni fondamentali della gestione economica? Non è dall'ineluttabilità tecnica di queste articolazioni funzionali che deriva l'impossibilità di « democratizzare le imprese ». Non è la complessità e differenziazione crescente dei compiti che s'oppone a tale democratizzazione. È nel diritto di decisione in ultima istanza che vogliono riservarsi i grandi azionisti e i managers loro alleati che consiste l'ostacolo insuperabile in regime capitalistico Se questo ostacolo è eliminato dalla rivoluzione socialista, non c'è alcun motivo a priori per credere che «nuove alienazioni» debbano necessariamente risultare dagli imperativi tecnici in seno alle imprese autogestite e democraticamente centralizzate. Lo stesso pessimismo risulta anche da un'insufficiente 38.
Tipiche in proposito le considerazioni ,di Alain Touraine
und Hegel cit., p. 134). Questo passo va accostato a quello di Wo!fgang Heise sopraccitato concernente l'impossibilità della democrazia in seno all'impresa a causa della «differenziazione delle funzioni sociali ». Come si vede, l'apologia della gerarchia borghese in fabbrica fornisce l'argomento principale all'apologia della gerarchia burocratica.
sulla decentralizzazione crescente delle decisioni in seno alle grandi imprese «burocratizzate », in G. FRIEDMANN-P,NAVILLE,op. cit., I, pp, 420 sgg. Uno dei primi a servirsi di questo argomento fu invero il dottor Johann Plenge, autentico precursore della contemporanea critica borghese di Marx: «La tecnica moderna implica il lavoro spirituale, il'l}plica la subordinazione del lavoro manuale disciplinato nel quadro dell'impresa »; l'esercizio del potere da parte dei lavoratori manuali sarebbe impossibile per questa ragione (Marx
in Pour une réforme de l'entreprise, Paris, Editions du Seuil, 1963 (trad. it., Milano, Etas Kompass, 1968). Egli si pronunzia a favore d'una maggiore partecipazione dei sindacati e dei lavoratori alla gestione di certi aspetti dell'attività delle imprese. Ma s'affretta a precisare che questa «partecipazione» non abolisce la direzione unica, la gerarchia patronale, che conserva essa sola il di. ritto di prendere le decisioni economiche chiave.
220
221
36 G, KLAUS,Kybernetik in philosophischer Sicht, Berlin, Dietz Verlag, 1965, pp. 414-15; A, G. M, VANMELSEN,Natuurwetenschap en Techniek, Utrecht-Antwerpen, Aula Boeken, 1960, p. 321. 37
36
È quel che rivela in modo impressionante
F. BLOCI4'-LAINÉ
-.;
, distinzione tra l'apparente automatismo dei meccanismi e le decisioni umane ispirate da motivi socio-economici che caratterizzano la società detta «industriale ». Quando degli autori come Wiener esprimono il timore che le macchine finiscano col prendere delle decisioni indipendentemente da un qualsiasi giudizio degli uomini (essi
« società industriale », ma potrebbe essere superata senza bisogno d'un rovesciamento del capitalismo. Basterebbe, dicono gli uni, restituire ai lavoratori un «senso della partecipazione », ovvero un'« etica del lavoro », attraverso la rivalutazione delle relazioni umane all'interno dell'impresa, perché questi stessi lavoratori non abbiano più la
stessi meccanizzati)39, dimenticano che la tendenza alla meccanizzazione del lavoro alla base è accompagnata nella società capitalistica da un'inaudita concentrazione di potere di decisione al vertice, ove un pugno d'uomini aiutati dall'enorme massa d'informazioni ricevute, e facendo leva su tutte le articolazioni funzionali d!::lpotere che ne accrescono la forza d'urto, restano soli padroni di decidere in ultima istanza se questo o quell'orientamento suggerito Quel dai computers sarà in definitiva seguito o meno che la teoria marxista chiarisce sono i motivi che in definitiva ispirano questi uomini: non si tratta né di motivi arbitrari, né di motivi irrazionali, né d'un semplice gioco, ma della difesa globale d'interessi di classe, quali lo strato più potente in seno a questa classe li concepisce. Ora, se le cose stanno effettivamente così, è chiaro che basta sostituire a questo potere di decisione d'una minoranza quello della massa dei «produttori associati », perché queste stesse macchine si mettano a servire la
sensazioned'esserealienati42.Bisognerebbe, affermano altri, 43.
I ~
40.
societànella stessamisurain cui oggisembranoasservirla41. Accanto alle mistificazioni pessimistiche sussistono tuttavia anche delle mistificazioni ottimistiche. L'alienazione del lavoro sarebbe bensì il risultato inevitabile della 39 N. WIENER, Cybernétique Deux Rives, 1~50, pp. 161-63.
40
et société,
Paris, Editions
des
Il caso della macchinada guerra americana,altamentemec-
canizzata (in particolare il sistema d'allarme guidato da computers) ma che in definitiva fa capo al presidente degli Stati Uniti, il solo abilitato a premere certi bottoni, è simbolico del meccanismo del regime capitalistico nel suo complesso.
assicurare dei meccanismi di comunicazione, di dialogo e .di creazione, che restituiscano al lavoratore il senso della sua personalità. e libertà nel lavoro o nel tempo libero La prima tesi è nettamente apologetica. Diciamo pure ch'è senz'altro al servizio diretto del gran capitale, dal momento che il suo Me riconosciuto è quello d'attenuare i conflitti sociali in seno al regime così com'è. Quel che gli specialisti di «relazioni umane» cercano di abolire non è la realtà dell'alienazione, è la coscienza che i lavoratori hanno di questa realtà. La loro pseudo-disalienazione sarebbe l'alienazione spinta al parossismo, quella in cui il lavoratore alienato sarebbe alienato persino dalla coscienza L'alienazione del suo stato d'essere umano mutilato acquista in tal modo delle dimensioni supplementari, attraverso 11tentativo della società borghese di manipolare non solo il pensiero e le abitudini, ma anche l'inconscio dei produttori. Ci sono tuttavia scarse possibilità che i tecnici delle « relazioni' 'umane » possano alla lunga impedire la
t
44.
I .
42
E. MAYO,The Human Problems 01 an IndustriaI Civilization,
New York, The Viking Press, 1960, pp. 158-59; 171 ecc.; R. BENDIX, op. cit., pp. 448-50. 43 F. PERROUX, Aliénation et création collective, in «Cahiers de l'ISEA », n. 150, giugno 1964, pp. 92-93.
..
Bendix
d'altra
parte
classifica
giustamente
la
teoria
delle
cio-economico e autorità tecnica, questo «argomento» del quotidiano borghese tedesco « Frankfurter Allgemeine Zeitung »: al punto in cui si è arrivati con tutte queste rivendicazioni d'autogestione, perché non reclamare che un « consiglio di malati» detti ai medici diagnosi e terapie? (n. del 16 agosto 1967)...
human relations nella categoria più generale dell'« ideologia degli imprenditori» (diremmo piuttosto: l'ideologia capitalistica per quel che concerne l'impresa). Sarebbe facile dimostrare che l'evoluzione di tale ideologia nel corso d'un secolo riflette non solo l'evoluzione della struttura della stessa impresa capitalistica, ma anche e soprattutto l'evoluzione dei rapporti di forza tra la borghesia e il proletariato. Niente è più rivelatore in proposito della trasformazione del puritanesimo altezzoso e del darwinismo sociale dell'epoca dell'onnipotenza capitalistica in un'ipocrita perorazione a favore dell'associazione capitale-lavoro.
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223
41
Notevole esempio di confusione tra potere di decisione so-
'I
presa di coscienza da parte dei lavoratori dello stato
«zone benefiche» di «curiosità disinteressata », ma di arrivare ad una autogestione integrale degli uomini in tutte le sfere dell'attività sociale. Perché in questo risiede effettivamente la chiave della disalienazione definitiva. Essa è in funzione dell'abolizione del lavoro (nel senso in cui l'intendono Marxed Engels nell'Ideologia tedesca) '1 o, se si vuole, della sostituzione del lavoro meccanico e schematico con un lavoro realmente creatore, che non è più lavoro nel senso tradizionale della parola, che non ha più come fine quello di « guadagnarsi la vita », che non finisce più col far sì che si perda la vita per assicurarsi l'esistenza materiale, ma ch'è diventato invece attività creatrice universale dell'uomo'.. Una critica delle concezioni apologetiche borghesi e burocratiche ci rinvia così alla grandiosa visione della società senza classi evocata da Marx nei Grundrisse e che ::iproduce su un piano più elevato, perché nutrita di conoscenze scientifiche e d'una dimostrazione socio-economica coerente, quella analoga ch'egli aveva già abbozzato nei Manoscritti del 1844 e nell'Ideologia tedesca. Ed è nella trasformazione della teoria dell'alienazione da una concezione antropologica, metafisica e rassegnata in una concezione storica, dialettica e rivoluzionaria che consiste in sintesi tutta la gigantesca opera economica compiuta da Marx tra la sua prima lettura degli economisti classici nel 1843-44 e la redazione dei Grundrisse nel 1857-58. Possiamo quindi concludere rispondendo ad un quesito che non ha cessato di suscitare discussioni tra i commentatori di Marx, quello concernente la natura specifica di
d'oppressione in cui si trovano 45,
.
La seconda tesi, più sottile, è soprattutto ambigua. Essa è formulata come un imperativo morale, apparentemente indipendente dalla « forma delle istituzioni» (vale a dire dal modo di produzione). Ma François Perroux precisa che « non è in un rigido quadro istituzionale che consacri l'errore e l'ingiustizia nella totalità sociale, che delle istituzioni specializzate possono svolgere le loro funzioni » , Una società fondata sull'obbligo per il lavoratore di vendere la sua forza-lavoro ed eseguire un lavoro abbrutente al fine d'ottenere i beni di sussistenza necessari. alla sua sopravvivenza non è forse essa stessa un « rigido quadro istituzionale» che consacra «l'errore e l'ingiustizia »? Com'è possibile restituire al lavoratore, in un quadro del genere, «la sensazione di partecipare ad una creazione collettiva» o l'occasione ed i mezzi per prender coscienza di sé durante il tempo libero? Nell'ambito del modo di produzione capitalistico ciò non sarebbe che un grossolano inganno. La realizzazione di tale programma reclama il rovesciamento della società capitalistica. Ma allora il programma del Perroux dovrebbe conoscere una singolare estensione. Non si tratterebbe più di dare al lavoratore la «sensazione» di partecipare ad una creazione collettiva, ma di fame un creatore effettivo. Non si tratterebbe più di dargli l'occasione ed i mezzi per « prender coscienza di sé » durante il tempo libero, ma quella di realizzarsi egli stesso liberamente, senza costrizione esteriore. Non si tratterebbe soltanto di lasciare che si sviluppino delle
'..
45 v. PACKARD, I persuasori occulti, Milano, Il Saggiatore, 1968. Se un Wright Mills teme lo svilupparsi d'una certa indifferenza nei confronti dell'alienazione (Tbe Marxists cit., p. 113), Bloch-Lainé sottolinea almeno, più realisticamente, a proposito di questa stessa alienazione, quello che ne costituisce l'aspetto principale (la mancanza di potere operaio nelle imprese): «la calma è ingannevole; essa nasconde molte in soddisfazioni particolari, pronte a suscitare rivolte, al primo cedimento della congiuntura generale» (trad. it. cit., p. 21). Si veda nel cap. I l'indicazione di qualche fonte bibliografica sullo stato d'animo della classe operaia. F. PI:RROUX,Aliénation et création collective cit., p. 44.
.1 K. MARX-F. ENGELS, L'ideologia tedesca cit., passim. Cfr. G. KLAUS,op. cit.: «Per sviluppare tutto il potenziale creativo dell'ùomo, è necessario liberarlo largamente dall'obbligo di fornire del lavoro schematico... » (p. 457); « La cibernetica e l'automazione sono le condizioni tecniche di questa situazione (comunista), perché permettono all'uomo di liberarsi d'ogni lavoro schematico non creativo... Esse gli danno soprattutto il tempo di acquisire una formazione scientifica e tecnica universale, vale a dire le condizioni d'un lavoro veramente creatore al livello attuale delIa produzione» (p. 464).
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225 1';;.S
M,,, ;n quanto econom;"'. Due ,,,i ,i trovono qui con-
frontate. Da una parte ci sono coloro i quali, come M. Rubel o, in minor misura il R. P. Bigo, contestano in' realtà che Marx abbia fatto opera d'economista, affermano che sarebbe stato solo in virtù d'una «geniale intuizione »" che avrebbe formulato le sue teorie fondamentali o dicono anche più chiaramente:
«Marx
.. R. P. BIGO,op. cit., pp. 36-37. La tesi del Rubel sul carattere etico dell'opera di Marx era stata formulata sin dal 1911 da K. VORLANDER in Kant und Marx, Tiibingen, Mohr dando origine a una celebre controversia con Max AdIer. '0 M. RUBEL,op. cit., p. 12. ., E. ]AMES,op. cit., p. 167. .2 ]. MARCHAL, Deux Essaissur le Marxisme,Paris, Librairie de Médicis, 1955, p. 80. Si veda anche E. TEILACH,L'Economie politique perdue et retrouvée, Paris, Libraire Générale de Droit et de Jurisprudence, 1962, p. 106: «Al seguito degli economisti classici Marx intendeva porsi rigorosamente nell'ambito dell'economia, formulare una teoria propriamente economica,fare opera d'economista ». '3 K. MARX-F.ENGELS,Carteggio, voI. m, p. 166 (lettera ad EngeIs del lO febbraio 1858).
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non è affatto
il promotore d'una nuova teoria economica, bensl uno! dei pionieri della sociologia scientifica »'0. Ci seno d'altra parte coloro i quali ammettono, col professar James, che Marx sia stato il più grande economista del XIXsecolo ", ovvero, con Jean Marchal, l'economista che ha reso possibile alla scienza economica di conseguire «la grande visione d'una evoluzione immanente ai processi economici »'2. A nostro avviso, Marx ha risposto in anticipo agli uni e agli .altri con una definizione del suo metodo che costituisce al tempo stesso una critica di quello di Lassalle: «[Lassalle] imparerà a sue spese che ben altra cosa è arrivare a portare per mezzo della critica una scienza al punto da poterla esporre dialetticamente, ed altra applicare un sistema di logica astratto e bell'e pronto a presentimenti per l'appunto di un tale sistema »'3. E già nei Manoscritti del 1844 aveva incluso nell'introduzione il seguente avvertimento: «Al lettore familiare con l'economia politica non occorre che assicuri fin da principio che
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i miei risultati sono stati ottenuti attraverso un'analisi del tutto sperimentale, fondata su un coscienzioso studio critico dell'economia
politica»
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Marx è partito dalla volontà di effettuare una critica d'assieme della società borghese, presa nella sua totalità. Ciò l'ha portato a formulare alcune leggi generali sull'evoluzione di tutte le società umane. Una di queste leggi è il fatto che i rapporti di produzione costituiscono in qualche modo «il sistema anatomico» della società. Per poter formulare questa legge in maniera efficace, egli ha dovuto cominciare con l'appropriarsi di tutti i dati empirici della scienza economica dell'epoca (come pure di molti dati di altre scienze umane) ". Per portare a termine l'opera di critica totale della società borghese, Marx ha dovuto inoltre approfondire la storia delle dottrine economiche '6, il cui sviluppo segue una logica interna, sia pure determinata in ultima analisi dall'evoluzione socioeconomica nel suo complesso. Questa duplice necessità l'ha portato ad occuparsi dell'oggetto della scienza economica in quanto economista dotato d'una particolare consapevolezza dell'impossibilità di separare tale scienza economica dalle altre scienze umane 01. Marx non ha potuto dunque .. K. MARX, Manoscritti p. 147.
economico-filosofici
del
1844
cit.,
.. «Marx allude sempre a tutto l'insieme dei dati empirici, all'intuizione socialmente realizzata» (E. I. ILENKOV,op. cit., p. 13). '6 «Il ricercatore deve sempre sforzarsi di ritrovare la realtà totale e concreta, anche se sa di potervi riuscire in modo parziale e limitato e quindi Ùttegrore, con lo studio dei fatti sociali, la storia delle teorie su questi fatti e d'altra parte, collegare lo studio dei fatti di coscienzacon la loro localizzazione storica e con la loro infrastruttura economica e sociale» (L. GOLDMANN, Scienze umane e filosofia, Milano, Feltrinelli, 1961, p. 25). .7 «L'introduzione delle nozioni di struttura e di sistema sembra essere il solo mezzo che la scienza abbia finora trovato per gettare un ponte tra i due ordini di ricerche, troppo spesso separati: la ricerca storica e l'analisi teorica» A. MARCHAL,Systèmes et structures économiques, Paris, PUF, 1959, p. 11. È per l'appunto Marx ch'è riuscito per primo a gettare questo ponte tra la storia e l'analisi economica, grazie all'impiego di categorie storiche per l'analisi, le quali permettono d'altra parte d'introdurvi le nozioni di struttura e di sistema reclamate da André Marchal. 227
I
essere « uno dei pionieri della sociologia scientifica» che nella misura in cui .ha fatto opera autonoma d'economista. Senza le sue scoperte specificamente economiche, tutta la sua teoria sociale avrebbe conservato un carattere essenzialmente utopico, volontaristico e « filosofico» nel senso
negativo del termine 58. È solo grazie alle sue scoperte economiche che ha potuto realizzare quella che egli stesso ha considerato l'opera principale della sua vita, dare un fondamento scientifico all'aspirazione e alla lotta socialista del proletariato:« Il pensiero dialettico... rende comprensibile quella simultaneità della conoscenza oggettiva fornita dalle scienze sociali e delle posizioni politiche che s'impone a chi n'è penetrato nel corso del processo sociale»". È impossibile dissociare in Marx il sociologo dal rivoluzionario, lo storic.::>dall'economista. Ma egli non ha potuto essere efficacemente, cioè scientificamente, sociologo, storico e soprattutto rivoluzionario che perché è stato economista, perché ha sconvolto la scienza economica con delle scoperte di cui nel presente studio abbiamo voluto seguire passo passo la genesi. Compiuto questo lavoro, il Capitale era fatto: non gli restava che scriverlo. 58 Allo stesso modo K. KORSCH(Marxismo e filosofia, Milano, Sugar, 1966) s'inganna quando, mosso dal legittimo desiderio di ristabilire l'unità tra la teoria e la pratica nella dottrina di Marx, e difenderne il significato rivoluzionario contro il riformismo di certi epigoni, finisce col contestare il carattere oggettivamente scientifico dell'analisi economica di Marx e non vi vede altro che 1'« espressione teorica» d'un processo rivoluzionario (p. 114). Per poter formulare in maniera teoricamente valida, vale a dire efficace, l'analisi della lotta di classe in regime capitalistico, e della marcia verso il rovesciamento rivoluzionario del capitale, bisognava in primo luogo appropriarsi empiricamente di tutti i dati delle scienze umane ed effettuarne la critica, il superamento scientifico. Troppe volte Marx stesso ha definito in questo modo la sua opera perché se ne possa oggi snaturare il senso e contestare il valore scientifico oggettivo, indipendentemente dalla «passione rivoluzionaria» che l'ha animato per tutta la vita e dall'obiettivo rivoluzionario che ha costantemente cercato di conseguire.
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cit., p. 59.
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