Universitàa’ degli Studi di Roma Tor Vergata
Mercoledi 15 giugno 2016 Facolta’à di Economia, Saltto della Biblioteca Vilfredo Pareto Via Columbia 2
interverràa’ il Prof. Alberto Manodori Sagredo docente Storia e Tecnica della Fotografia Fotografie di
Paolo Albertini Rocchetta Pantaleo Rizzo Antonio Perrone per
Non c’è fotografia senza racconto, perché ogni immagine corrisponde ad una pausa di una narrazione, di una storia che, a sua volta, coinvolge il fotografo, innanzitutto e, subito dopo, l’osservatore e che discende dall’esperienza dell’esistere e del convivere. L’immagine fotografica, ancora, non è solo descrizione di quella pausa, né una serie di immagini racconta interamente una storia o una vicenda, ma esse tutte danno vita e forma ad altra serie di immagini, cui s’accompagna l’emozione della condivisione e la riflessione e la consapevolezza di decidere una presa di coscienza e, di conseguenza, di una valutazione morale e di una modalità di un agire responsabile. Tutto questo prende forma nell’immaginario e in esso e grazie ad esso, si definisce la posizione etica dell’agire, sicché il fotografare come l’osservare una fotografia conduce ad un risveglio della coscienza morale e dello spirito di solidarietà. Hanno fatto eccezione, nell’obbiettivo morale da raggiungere, tutte quelle immagini prodotte secondo i modelli estetici derivati o decisi dal cosiddetto “pensiero unico”, che più si è espresso nella comunicazione di massa le cui immagini hanno costruito un falso mondo di intelligenze che si riconoscevano solo ed unicamente nel dettato del capo o del partito. La fotografia infatti può essere manipolata sia dal fotografo che da chi l’osserva. La forza della comunicazione della fotografia, infatti, è di massima potenza suggestiva e incantatrice, soprattutto quando essa finisce per rappresentare la realtà che da lei stessa è stata registrata. Quindi il valore morale delle immagini fotografiche deriva e dipende dall’uso delle stesse, dai destinatari cui viene trasmessa, dai valori che sono alla base della sua prima realizzazione e che partecipano alla definizione estetica e morale dello sguardo sia dell’autore che dell’osservatore, al momento dello scatto per il primo e del tempo, lungo o breve dell’osservazione del secondo. I tre fotografi, autori delle tre serie di immagini raccolte sotto il titolo Tanti per tutti, hanno costruito tre storie con le loro fotografie, che al contempo sono tanto lunghe quanto brevi, perché correlate ai tempi di osservazione e di partecipazione commovente ai singoli referenti. Il primo momento, solo apparentemente breve, è quello dello scatto, della ripresa, della registrazione della scena, quando il fotografo la vede, quindi la inquadra e infine la fissa nella memoria fotografica, sia questa una pellicola o una banca dati elettronica. Infatti ogni singola ripresa nasce dopo che il fotografo ha deciso quale aspetto e forma della realtà cercare, trovare, individuare e fotografare. Il fotografo, infatti, non va incontro incolpevolmente a scene particolari e suggestive, pronto a scattare quando quelle meritano di essere catturate. Il fotografo ha un progetto, un piano, come un cacciatore che sa, fin dalla sera prima, a quale selvaggina rivolgere la sua attenzione all’alba del mattino seguente. La scelta di Paolo Albertini, Rocchetta Pantaleo Rizzo e Antonio Perrone è stata quella di osservare quelle spontanee e consuete disposizioni di oggetti, di gesti e presenze di uomini e donne che sono il cardine su cui gira la speranza del sopravvivere e del vivere: il sangue, l’abbraccio solidale ed accogliente al profugo, l’azione pronta ed esperta del primo decisivo soccorso.
Nelle fotografie di Albertini, Rizzo e Perrone le sacche di sangue hanno perciò un nome, che non è solo quello del donatore ma della coscienza morale del donare, così come l’accoglienza prima di tutto è ascolto, partecipazione e confronto con la solitudine di chi è estraneo in terra tanto nuova quanto sognata mentre, infine, la competenza di chi sa come agire nei momenti dell’estremo pericolo si fa ruolo e funzione di sentinella contro l’agguato della morte. Tutte le immagini dei tre fotografi svelano il proposito morale dell’agire degli uomini e delle donne della solidarietà, registrano gesti e situazioni e consegnano all’osservatore una domanda che richiede una sola risposta “Tu da che parte stai ?”. Allora come sanno tutti quelli che si occupano di arti figurative, di cinema e di teatro, di musica e di fotografia, ecco che le immagini fotografiche svolgono in pieno e con la massima forza della comunicazione, la funzione che è loro propria: comunicare emozioni, porre domande e provocare scelte. Questa appare essere la finalità generale delle fotografie di Albertini, Rizzo e Perrone: non solo quella di farsi ammirare per il ben calibrato bianco e nero, per la giustezza e l’equilibrio dell’inquadratura, per il coinvolgente piano di ripresa, per il calore e l’espressività dei colori, per aver saputo fissare gli attimi più rappresentativi dell’agire dei personaggi, che era l’oggetto dell’azione fotografica stessa, ma il fine vero, tanto evidente quanto maggiormente comunicato nella sequela che lega tutte le immagini tra loro, quello di sollevare l’animo di chi le osserva, dai pensieri egocentrici e andare ai sentimenti che la comune sorte del vivere ci presenta quotidianamente. Allora le fotografie di Albertini, Rizzo e Perrone hanno una origine e una finalità morali, esse hanno ripreso e comunicano i momenti visibili della responsabilità e della condivisione del dolore di vivere. Non si può sfuggire alla forza della comunicazione delle immagini, come è accaduto per quelle scattate nei campi di sterminio o quelle della bambina vietnamita bruciata dal napalm o del bambino senza vita sulla risacca dell’onda del mare. Non si guarda un’immagine senza partecipare al messaggio che questa esprime e comunica, perché ci induce ad immaginare e quindi a riflettere, a pensare, a interrogarci. Tutto questo sapevano Albertini, Rizzo e Perrone quando, presa la macchina fotografica, uscirono con il preciso proposito, con la ben definita intenzione di cogliere quei momenti del donare, dell’accogliere, del prepararsi a salvare chi sta sulla soglia del morire e si guardarono intorno, come spiando gesti e situazioni, oggetti e strumenti e il loro sguardo era già fotografico e la successione degli scatti era già racconto, perché era già pronto il filo conduttore della storia e dei racconti. Una sceneggiatura fotografica, quella di Albertini, Rizzo e Perrone, d’alto valore morale è destinata a comunicare, ad interrogare, a coinvolgere l’altro polo dello scatto fotografico cioè l’osservatore delle fotografie, che così sentirà in sé quell’emozione commovente, provocatrice di un maggior senso della propria responsabilità del vivere sociale, del battere alla porta della sua coscienza quell’eterno imperativo morale, che ci fa sentire uomini tra gli uomini. Allora la vera fotografia ha svolto la sua funzione più nobile! Alberto Manodori Sagredo Docente di Storia e Tecnica della Fotografia - Macroarea di Lettere e Filosofia - Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Paolo Albertini LA SOTTILE LINEA ROSSA “Il fatto che il sangue sia raro implica la necessità di metterlo a disposizione di altri individui che potrebbero trovarsi in situazione di bisogno”, situazione che spesso si deve sperimentare personalmente prima di rendersi conto di quanto sia carente la sensibilizzazione su questo argomento. E’ importante sottolineare come, a differenza di altre forme di volontariato, il donatore abituale non sia mai a conoscenza del soggetto destinatario del proprio gesto, né si attenda una particolare forma di ringraziamento per il contributo offerto. Questo lavoro è la testimonianza di un volontariato vissuto in prima persona, prima ancora che racconto visivo di momenti tratti dall’attività dell’universo AVIS: immagini colte senza mai interferire con il normale flusso di lavoro, per dare un volto alla generosità anonima dei tanti individui che s’impegnano quotidianamente per alimentare quella “sottile linea rossa” dell’incipit e cercare di restituire un significato concreto al valore della vita.
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Foto 1- Ricostruire (ph. Rocchetta Pantaleo Rizzo) A volte i volontari sono poco visibili perché la loro attività non è percettibile direttamente dall’utente finale. L’Ass. Co.N.O.S.C.I. (Coordinamento Nazionale degli Operatori per la Salute nelle Carceri Italiane) contribuisce a creare linee guida e a promuovere progetti di solidarietà sociale nel campo dell’assistenza socio sanitaria dei detenuti, degli internati e degli stessi operatori. Attraverso una intensa attività di ricerca e studio fornisce le direttive utili per la formazione del personale che opera a vario titolo nelle carceri italiane. Foto 2 - Volontari per l’Expo (ph. Rocchetta Pantaleo Rizzo) Migliaia di volontari anonimi sono stati il volto il cuore e l’essenza di un grande evento internazionale Foto 3 - Andare per mari (ph. Rocchetta Pantaleo Rizzo) I volontari dell’Ass. Magna Grecia Mare sono impegnati a trasmettere il Sapere che gli avi marinai, pescatori, maestri d’ascia e artigiani hanno donato con orgoglio e tenacia e a promuovere la cultura marinaresca riscoprendo antiche tecniche costruttive e di navigazione. Foto 4-5- Roma – Ostia (ph. Rocchetta Pantaleo Rizzo) Migliaia di volontari anonimi sono stati il volto il cuore e l’essenza di un grande evento internazionale .
Circoli FIAF coinvolti Rocchetta Pantaleo Rizzo per
Paolo Albertini per
Antonio Perrone per