2013 N. 2/febbraio
Quaderni di Fotografia
o t o i n ve t r i n a s e l e z i o n a t e d a l l o s t a f f
Antonio D’Errico, The picture of Dorian Gray
3
Sandro Sardoz, Prêt-À-Porter
4
Paolo Tallone, L’interrogatorio
5
Giuseppe Serrapica, st
6
Catalina Filip, st
7
Enrico Barbieri, In libreria Bruxelles Aprile 2012
8
Antonio Perrone, st
9
Mariella Carniti, Che gambe!!!
10
Franco Maffei, Banchi di scuola
11
Alessio Bongiorni, st
12
Gianluca Trozzi, The singer - l’attesa
13
David Bassan, Storie di un passeggero - Barbiere
14
Annalisa Ceccotti, Nina
15
Angelo Trapani, Always
16
Letizia Falini, Solitudine
17
Davide Tiribelli, Il musicista solitario
18
Marco Millotti, L’ultimo valzer... prima che sia sera
19
Roberta Nozza, Un posto al sole
20
Ivana Triossi, st
21
Antonio Lombardini, Il sogno....
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Sandro Sardoz, Corpus delicti
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Valerio Ferraro, Sale
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Catalina Filip, st
25
Lino Rusciano, Amianto killer 2
26
Sascha Di Bartolo, Inferno
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Paolo Agati, Acquari
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Antonella Catalano, Artista parigino...qual è quello vero?
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Alex Antonini, Mi visita ogni notte
o t o i n ve t r i n a s e l e z i o n a t e d a g l i u t e n t i
Aldo Feroce, La strada ( Tokio)
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Wanda D’Onofrio, Lost Corpse Bride’s Head
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Sandro Sardoz, What to wear today...?
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Gianluca Trozzi, Confined
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Raffaele Rossiello, Non è tempo
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Antonio D’Errico, Psycho
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Giovanni Paolini, Neve a Milano
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Annamaria Germani, Gli occhi del cuore
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Angelo Trapani, Finestre dell’anima
40
Catalina Filip, st
41
Simone Sapienza, Per le vie notturne di Fatih
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Marco Millotti, B asta poco per essere sereni
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Carlo Ferrara, Spettatori del tempo
44
Wanda D’Onofrio, st
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Marco Millotti, Ah io vorrei
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Marco Furio Perini, Felpata
V
i n c i t o r e c o n t e s t 2 / 2 0 1 3 : “ A rc h i t e t t u r e �
Paolo Corradini, Mauto
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S o t t o l a l e n t e d i T I C & TAC a cura di Libero Musetti e Franco Maffei
Roberto “calletta” Bon: acqua alta a Micromosso Nella produzione fotografica di Roberto una posizione dominante è occupata dalle immagini che riguardano la sua città: fotografare Venezia,così come ogni altra città a forte, fortissimo, richiamo turistico, non è certamente facile e altissimo è il rischio di riprodurla nelle solite, viste e riviste immagini, ripetitive e stereotipate, “taglio cartolina”.
Appare strano, a prima vista, che il nostro Bon proponga pochi scorci di celebri piazze o rare canalgrandesche prospettive in fuga su palladiane, isolate e monumentali, architetture, o contate gondole e gondolette congelate oppure mosse, oppure in bianco e nero su setose lagune o più romanticamente vestite di seppiacee livree… Roberto ricerca , e ci propone, la sua Venezia nelle muffe più intime e odorose e nei contrasti di una luce ora dura, poi più morbida, di calle e callette mai “pittoresche”, ma autentiche e veritiere riuscendo, spesso, ad estrarne, esaltandolo, il genius-loci, ai più distratti ,o superficiali, invisibile o mai compiutamente decodificato. Una fotografia schietta e sincera, spesso esaltata da un bianco e nero di altissima fattura, secca ed essenziale, che rivolge la propria attenzione ai luoghi più segreti e veraci quasi sempre, per fortuna, soltanto sfiorati da eserciti di presenze distratte e telecomandate, nel loro incedere acritico e arido, sulle mappe tracciate da un consumismo culturale, dilagante, e di bassa lega. Uno street photographer soprattutto, il Roberto, attento ed acuto, sintetico e minimalista nella confezione dell’immagine che, quasi sempre, racconta però di molte cose in virtù di scelte compositive adeguate che escludono elementi di ridondanza o poco significativi. Richiamiamo l’attenzione degli amici di Micromosso verso il corpo complessivo dell’opera presentata dal Bon su queste pagine: vi troveranno molte buone o buonissime fotografie e sicuramente apprezzeranno il lavoro di un fotografo di lungo corso, preparato e competente, raffinato e perspicace osservatore, anche per nostro conto, di piccoli mondi pregnanti di significati capaci di aprire a prospettive che travalicano i limiti propriamente fisici della calletta di turno.
Tic & Tac
P
o r t f o l i o : C i n e m a I t a l i a d i Jo h n G u b e r t i n i a cura di Marco Furio Perini, Lucia Pulvirenti e Vania Paganelli
Il progresso tecnologico, in qualsiasi ambito lo si vada ad osservare, non sta dietro alle nostalgie, non si cura del “vecchio” alfine di preservarne il valore culturale, e quello che appena ieri era attuale oggi magari lo ritroviamo soltanto in ambienti di nicchia, tra appassionati, estimatori del vintage o professionisti del settore. Nell’era del consumismo tutto corre a ritmi serrati, non c’è tempo per abituarsi all’idea del cambiamento, non c’è interesse economico nel produrre oggetti che mantengano la qualità a lungo e, dunque, forse non c’è neanche tempo di godere appieno dei passi in avanti della tecnologia.La tecnologia digitale, che possiamo definire come una delle più importanti rivoluzioni del secolo, sta soppiantando completamente la pellicola. Un articolo su La Stampa del Novembre 2012 attestava che in Europa due schermi su tre sarebbero già passati al digitale. La fotografia, di cui tutti noi siamo appassionati, possiamo dire che anche stavolta abbia anticipato il cinema; sono svariati anni che, in ambito professionale così come tra i fotoamatori, si utilizza quasi esclusivamente il formato digitale (persino certe marche di pellicola tradizionale hanno già definitivamente chiuso la propria produzione). Il portfolio di John Gubertini ci ripropone, almeno in parte, quel cinema in fase di tramonto, quasi come fosse un ultimo saluto, evocando quel sentimento di nostalgia che molti di noi avranno quando i film in pellicola saranno soltanto un pezzo di storia e ricordi. Ci sono almeno due rischi fondamentali nell’approccio ad un portfolio come questo. Il primo è quello di scrivere più di cinema che di fotografia, più dei luoghi del cinema piuttosto che di linguaggio fotografico. L’altro è quello di lasciarsi sopraffare dall’emotività, dalla nostalgia, dai sentimenti, il tutto a discapito della razionalità e della lucidità di analisi. Rischi che, lo confessiamo senza timore, vogliamo correre volentieri, anzi vogliamo persino assecondare. Perchè in fondo è proprio in questa ambigui-
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tà tra tecnica ed emozioni che l’autore voleva condurci, anzi, che voleva condividere con noi osservatori fin dall’ idea del portfolio, ancor prima della sua realizzazione pratica. Ma, volendo parlare di fotografia, in un portfolio dedicato al cinema diventa quasi doveroso citare il legame storico e “parentelare” che cinema e fotografia hanno avuto sin dalle origini, non solo in quanto la nascita dell’uno deriva necessariamente dall’altra, ma anche perchè le rispettive tecniche ed i rispettivi linguaggi narrativi si sono intersecati e tuttora lo fanno, influenzandosi vicendevolmente come in una partita a ping pong. D’altronde ci sono già noti lo spirito di ricerca e la capacità di raccontare innati alla personalità fotografica di John Gubertini. Dunque come non soffermarsi ad ammirare ogni singola immagine lasciandosi trasportare verso il passato, verso i ricordi di un cinema che forse ci sembrava persino più vero di adesso, penetrando nella sfera più intima ed emotiva della nostra memoria, infantile o non. Troviamo esauriente e ben progettata la sequenza di immagini che compongono il portfolio, scorrevole la tecnica narrativa e adeguata la scelta di un bianco e nero sobrio ed incisivo allo stesso tempo. E ci colpiscono, al di là della lettura sul lavoro completo, le immagini numero 7 (il proiezionista che guarda lo schermo ancora bianco) e numero 11 (la spettatrice “mossa” che esce dalla sala), perchè diventano, proprio attraverso quelle loro volute sgrammaticature fotografiche, imprescindibili sul piano contenutistico e descrittivo del racconto, facendo emergere un linguaggio fotografico maturo e dando un’impronta autoriale al portfolio Un sala così, diciamolo pure, la potremmo definire quasi un tempio del cinema. Per tutti i significati storici che racchiude e conserva in sè, rifiutando però di presentarsi come vetrina museale di oggetti ormai in disuso. Vero è che ci restituisce un’idea di passato, sempre restando però ben radicata nell’attualità dei nostri giorni. Una sala che continua a svolgere la sua piena funzione di offerta di pellicole cinematografiche (ce lo confermano sia il film recentissimo di Spielberg in proiezione, sia quel “La bicicletta verde”
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pubblicizzato dal manifesto nell’ingresso, film anch’esso recente ed apprezzato sia da pubblico che critica) senza indulgere in abusate o sterili celebrazioni del passato prossimo o remoto. Il legame del cinema Italia con i mezzi e gli oggetti della storia è estremamente naturale, funzionale alla sua stessa esistenza, come dimostrano tanti particolari notati, osservati dagli occhi e restituitici fotograficamente dall’obiettivo dell’autore. A partire da quella porta d’ingresso, una “anziana” di vera classe, che non si sogna nemmeno di cedere il passo al moderno che avanza. E poi quella cassa all’interno, d’epoca anch’essa, con il portaombrelli posato lì di lato, il cartello dietro in alto dei prezzi (interi, ridotti, manca solo quello dei “militari e ragazzi” ...), con tutta la collezione di caramelle e chewingum in bella vista (per i popcorn magari passa ancora l’incaricato in sala con la sua lucina a pila per vedere soldi e resto...). E che dire di quell’insegna luminosa a muro che indica, oltre al primo ed il secondo tempo, l’ attualità, ovvero quell’intervallo tra uno spettacolo e l’altro quasi sempre riempito dai trailer dei film in programma (i prossimamente venivano comunemente chiamati quegli spezzoni di film) e l’immancabile Settimana Incom ? (un particolare questo davvero toccante per chi ricorda ancora quel “modo” di fruire il cinema di qualche decennio fa). Ancora, gli strumenti ed i luoghi indispensabili perchè l’incanto prendesse vita: il proiettore, con tutti quelle rotelle ed ingranaggi per lo scorrimento della pellicola a 24 fotogrammi al secondo, la cabina con le feritoie per lasciar uscire il magico fascio di luce, il proiezionista recluso lì dentro per il suo lavoro tutt’altro che facile. Manca soltanto la maschera, quella figura in divisa incaricata di accompagnare a spettacolo già in corso gli immancabili ritardatari ai pochi posti rimasti eventualmente liberi. Ma non è difficle capire perchè questa figura manchi al Cinema Italia: già da un bel po’ di anni a spettacolo iniziato non si entra più, e poi perchè i posti liberi ormai sono sempre di più... Un racconto, questo di Gubertini, che
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Hanno contribuito con le proprie foto:
Agati Paolo 27 Antonini Alex 29 Barbieri Enrico 7 Bassan David 13 Bon Roberto 49 Bongiorni Alessio 11 Carniti Mariella 9 Catalano Antonella 28 Cecconi Annalisa 14 Corradini Paolo 47 D’Errico Antonio 2 D’Onofrio Wanda 32 - 44 Di Bartolo Sascha 26 Falini Letizia 16 Feroce Aldo 31 Ferrara Carlo 43 Ferraro Valerio 23 Filip Catalina 6 – 24 - 40 Germani Annamaria 38
Gubertini John 50 Lombardini Antonio 21 Maffei Franco 10 Millotti Marco 18 – 42 - 45 Nozza Roberta 19 Perini Marco Furio 46 Perrone Antonio 8 Rossiello Raffaele 35 Rusciano Lino 25 Sapienza Simone 41 Sardoz Sandro 3 – 22 - 33 Serrapica Giuseppe 5 Tallone Paolo 4 Tiribelli Davide 17 Trapani Angelo 15 - 39 Triossi Ivana 20 Trozzi Gianluca 12 - 34
Grazie anche a Impaginazione Antonio Perrone Supervisione Fiorella Lamnidis La rubrica TIC&TAC è curata da Franco Maffei e Libero Musetti Tutto il materiale è gentilmente fornito dal portale del
CIRCOLO FOTOGRAFICO MICROMOSSO indirizzo web: www.micromosso.com il quaderno è stampato da
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