APPUNTI ALESSANDRINI N.10-11

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Newsletter mensile di politica e attualità

Pubblicazione non destinata alla vendita a circolazione interna mediante diffusione on-line

ANNO5N.10NOVEMBRE2011● EDITORIALE

appuntialessandrini.wordpress.com ●  appunti.alessandrini@gmail.com LQUI ALESSANDRIAL Le grandi manovre per le elezioni

Chiesa e mercati finanziari

TEMPO DI RIFORME Marco Ciani ●

E’di recente pubblicazione il documento “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale”, redatto dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace alla fine di ottobre. Capita, e non a caso, in un momento nel quale la crisi finanziaria globale riveste un carattere di drammatica attualità. In tale scenario l’Italia, come apprendiamo tutti i giorni dalle cronache politico/economiche, è tra i Paesi che rischiano di pagare un prezzo dei più elevati, soprattutto a causa dell’enorme debito pubblico accumulato negli ultimi trent’anni e delle mancate riforme per la crescita. Nel documento vaticano viene fornita una doppia chiave di lettura del frangente attuale. Una è l’instabilità e l’altra è la complessità, anche in ambito finanziario; si tratta di fattori che rendono sempre più necessaria una autorità mondiale. La parola governo mondiale viene spesa in questo documento, ma nell’ambito di una visione sussidiaria del potere globale che si pone al servizio dell’uomo. Poiché però un progetto così ambizioso richiederà necessariamente un lasso di tempo lungo, misurabile probabilmente in decenni o più, bisognerà trovare nel mentre una soluzione immediata. Si tratta di creare una banca centrale mondiale. Una banca simile alla Banca Centrale Europea (BCE), con il compito però di regolare i flussi monetari e l’emissione di denaro e al tempo stesso porre dei limiti al rischio di credito che l’insieme degli istituti bancari possono assumere. Questo è il punto più concreto che esce dal documento vaticano, ma al di là di tale aspetto conta il modo in cui è formulato: mai la Santa Sede era scesa così nel dettaglio nelle proposte tecniche. (segue a pag.4)

Aumentano i candidati a sindaco, ma non la qualità Roberto Massaro ● Smentendo tutte le ultime indagini di sociologia e i soliti luoghi comuni, ad Alessandria è sbocciata nuovamente la passione per l’impegno politico. Segno che nella nostra città la disaffezione alla politica e l’avversione alla casta non hanno attecchito mentre si è riscoperto un nuovo civismo e una nuova voglia di partecipazione. Ma è proprio così? Propongo qualche riflessione per cercare di capire ed interpretare gli eventi. Innanzitutto un dato numerico. Cinque anni fa al primo turno delle elezioni amministrative, vinte largamente dal sindaco Fabbio, i candidati in corsa erano cinque. Oggi, a sei mesi dalle elezioni, sono già almeno una decina coloro che hanno annunciato la propria discesa in campo. Ma, pare, che il numero sia destinato a salire ulteriormente mancando ancora all’appello qualche partito o lista civica. Di fronte a questo quadro, sorgono tre considerazioni. La prima è che una ridotta capacità dell’esame di realtà caratterizza in alcuni casi i candidati. Questi, con malcelata ambizione, ritengono infatti che la buona volontà e qualche lodevole idea siano sufficienti per amministrare una città come Alessandria, gravata dall’evidente stato di sofferenza del bilancio, causato dal malgoverno dell’attuale giunta. Saranno necessarie, invece, una visione complessiva, una notevole capacità amministrativa e una squadra ricca di competenze e professionalità. La seconda considerazione individua l’aspetto più deteriore di questa fioritura di candidature: tanti candidati possono impedire una vittoria al primo

turno con conseguente rinvio al ballottaggio dove le liste minori avranno l’opportunità di far pesare il loro pacchetto di voti in cambio di posti in giunta o nelle municipalizzate. Ovviamente tutto questo in nome di un “nuovo modo di far politica alternativo alla destra e alla sinistra” che alcuni di questi candidati immaginano di incarnare. Ecco allora che per i cittadini di Alessandria diventa importante discernere la qualità morale insita non solo nelle singole scelte, bensì anche nel modo di operarle. La terza considerazione è che questa situazione svela la crisi dei partiti tradizionali. I riferimenti ideologici e di valore a cui si ispiravano sono stati sostituiti, in molti casi, dalla fiducia personale. Il rapporto con la società avviene sempre meno attraverso la partecipazione e l’organizzazione e sempre più attraverso la comunicazione e i media. Ne segue un costume politico che non cerca il dialogo e che non si confronta. E’cresciuta pertanto l’idea della politica intesa come luogo del successo in cui è possibile chiedere deleghe a governare, non sulla base di programmi condivisi e credibili, bensì su promesse generiche. Bene ha fatto allora il centrosinistra, andando controcorrente, a promuovere le primarie che avranno luogo domenica prossima, 13 Novembre. Mauro Buzzi e Rita Rossa hanno incontrato in queste settimane quei cittadini che non vanno più nelle sezioni di partito, che sono un po’ frastornati dalla crisi e inquieti per il futuro, che non affollano i ristoranti e non prendono abitualmente l’aereo. Li hanno incontrati nei bar, ai mercati, di fronte ai centri commerciali, nelle piazze. (segue a pag.4)


L’INTERVISTAL

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In una delle fasi più difficili per l’Italia, la parola alla CISL

Le difficili sfide affrontate e le prossime tappe secondo il Segretario Generale A cura della Redazione ● Dopo un quinquennio di responsabilità al vertice della CISL, quale bilancio si sente di poter tratteggiare? Credo che sia un bilancio positivo per la Cisl. Abbiamo raggiunto traguardi importanti in questi ultimi anni. La Cisl ha dimostrato di essere un sindacato autonomo dalla politica, responsabile, autorevole, capace di dialogare con tutti gli interlocutori istituzionali. Siamo riusciti a portare a casa risultati importanti, pur in quadro economico difficile. A partire dalle nuove regole sulla contrattazione, che, come ho già tante volte avuto modo di sottolineare, è stato davvero un evento storico. Quella intesa, infatti, ha cambiato le relazioni industriali nel segno della partecipazione, ponendo l’azienda ed il territorio al centro dell’attività sindacale. Ma abbiamo fatto tanto anche sul piano della tutela dei posti di lavoro, con l’utilizzazione ampia ed efficace degli ammortizzatori sociali insieme ad una stagione importante di rinnovi contrattuali. E poi ci sono gli accordi di Pomigliano e Mirafiori: occupazione e salario di produttività, in cambio di maggiore flessibilità nell'organizzazione del lavoro. Ma non dobbiamo riposare sugli allori. Ora ci daremo da fare affinchè il governo affondi il bisturi nei costi esorbitanti e scandalosi della politica e delle amministrazioni locali, introduca una patrimoniale che escluda chi ha solo una casa, venda il patrimonio pubblico, liberalizzi le municipalizzate, sblocchi davvero le infrastrutture e dia incentivi fiscali per l’assunzione dei giovani. E poi contrasti efficacemente, una volta per tutte, evasione ed elusione fiscale, facendo pagare di più chi dispone di più alti redditi. La riforma fiscale è il nostro grande obiettivo dei prossimi mesi per avere un sistema più giusto ed equo.

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Il Segretario Generale della CISL Raffaele BONANNI Indubbiamente gli ultimi anni sono stati particolarmente difficili. Come valuta le recenti lacerazioni prodotte dalla CGIL per un verso e dalla Fiat di Marchionne dall'altro? La Cisl non ha nulla di cui rimproverarsi. Noi abbiamo fatto solo il nostro mestiere di sindacato, trattando con i nostri interlocutori e portando a casa risultati importanti, come, per esempio, le 70 mila assunzioni nella scuola o la tutela delle pensioni. La Cgil invece ha voluto sostituirsi alla politica, assumendo in questi anni un ruolo di opposizione sociale assolutamente inconcludente. Per quanto riguarda il discorso Fiat e la sua uscita da Confindustria, posso solo dire che ci dispiace questa scelta, anche se apprezziamo la conferma del piano di investimenti in Italia. La Fiat è libera di stare o non stare in una associazione imprenditoriale, però non può dire che esce perché è stato depotenziato l'accordo interconfederale del 28 giugno.

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Questo non è affatto vero. L'accordo del 28 giugno rimane per noi una tappa importante ed è utilissimo per la Fiat e per tutto il mondo del lavoro. D'altronde ha stabilito per la prima volta in sessant'anni che qualora in un'azienda c'è una maggioranza di lavoratori che esprimono una volontà precisa, quella maggioranza detta la linea e la minoranza deve rispettare gli accordi. Abbiamo letto prese di posizione molto dure nei confronti del governo. Quali soluzioni sarebbero auspicabili per far uscire l'Italia dall'impasse? Il governo Berlusconi non sembra in questo momento adeguato alle difficoltà del momento storico. Troppe divisioni, troppi errori. Non si sono voluti affrontare i nodi veri delle riforme economiche ed istituzionali. L'unica via di salvezza in questo momento di difficoltà, è dar vita ad un governo di larghe intese e di emergenza nazionale che metta insieme anche forze politiche contrapposte ed affronti, così, alcune priorità imprescindibili. La politica ha smarrito il senso della sua missione perché finora non ha ancora trovato soluzioni concrete e da tutti condivise, ai nodi non sciolti da vent'anni.

Raffaele BONANNI Nato a Bomba (CH) nel 1949, ha iniziato l'attività sindacale nel 1972. Nel 1981 è Segretario Generale della CISL di Palermo e, nel 1989, è Segretario Generale della CISL siciliana. In quegli anni si batte contro le infiltrazioni della criminalità negli appalti e nella vita pubblica. Nel 1991 è alla guida della FILCA, la categoria degli edili. Già Vice Presidente della Federazione Europea delle costruzioni (FETBB), entra in Segreteria Confederale della CISL nel 1998, poi riconfermato nel 2001 e 2005. E' stato eletto Segretario Generale della CISL il 27 aprile 2006 ed è Consigliere del CNEL dal 7 luglio 2006.

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Meglio, dunque, cooperare tra forze responsabili e governare in modo tale che ciascuno possa rivedere la propria impostazione ed offrire agli italiani un'indicazione credibile per l'esecutivo della prossima legislatura. Oggi c'e' da soccorrere un Paese davvero esausto, ecco perché crediamo che la concordia tra le parti sia la riforma delle riforme a cui tutti dobbiamo aspirare. Ma siamo contrari alle elezioni: andare a votare adesso, infatti, con le borse ed i mercati in questa situazione di dubbio, significherebbe assommare disastri a disastri. E l’Italia, adesso, non può assolutamente permetterselo.

Il 17 ottobre a Todi, alla presenza della Card. Bagnasco e di altri autorevoli interlocutori, si sono riunite le maggiori espressioni sociali del cattolicesimo nazionale e tra queste la presenza fondamentale della CISL. A Todi abbiamo rilanciato l’impegno dei credenti per un vero cambiamento nella società italiana, con l’obiettivo di rimettere la persona ed i suoi diritti di cittadinanza al centro dell’azione politica. Si è di sicuro aperta una nuova fase. Occorre una testimonianza forte di valori, la formazione di una nuova classe dirigente per promuovere una politica in grado di misurarsi con i problemi concreti della realtà, di diventare progetto di cambiamento, di promuovere libertà e responsabilità, giustizia e solidarietà, il consenso della partecipazione dei cittadini. Sono i cattolici che possono realmente ed attivamente contribuire ad una svolta democratica, tornando protagonisti nei territori e nelle comunità. Faremo iniziative per rimettere al centro la famiglia, come promotore della vita comunitaria e principale ammortizzatore in questa lunga crisi.

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Pensiamo di dar vita ad una rete nei territori che colleghi associazioni, cooperative, sindacato, imprese, mondo del volontariato. Tornare al cattolicesimo popolare ed al progetto di Sturzo è l’unica possibilità di svolta e di rinascita per il nostro paese. Come dice il Cardinale Angelo Bagnasco, è dovere dei fedeli laici “lavorare per il giusto ordine sociale, anzi è un debito di servizio che hanno verso il mondo, in forza dell’antropologia illuminata dalla fede e dalla ragione. E’questo il motivo per cui non possono tacere”. I ventilati provvedimenti del governo sulla disciplina dei licenziamenti potrebbero portare ad una mobilitazione e forse allo sciopero. Siamo alla vigilia di uno scontro sociale? Una cosa è certa: noi non vogliamo che si metta mano alla normativa sui licenziamenti. Ci sembra una provocazione ideologica da parte del governo, mentre il Paese ha bisogno di coesione sociale e di unità. Siamo disponibili a discutere di una riforma del mercato del lavoro che dia una risposta ai tanti giovani precari o in cerca di prima occupazione. Ma se verrà modificato l'assetto normativo dei licenziamenti senza il consenso delle parti sociali, la Cisl di sicuro si mobiliterà ed andrà allo sciopero. Francamente non capiamo perché il governo che con le parti sociali responsabili finora ha fatto di tutto per reggere la coesione sociale, spendendo decine di miliardi per le casse integrazioni in deroga, proprio per salvaguardare i rapporti di lavoro, adesso lanci questa discussione senza senso, che noi non condividiamo affatto. Non faremo sconti al Governo su questo punto. Saremo costretti a scioperare, nonostante sia nostra ferma volontà il non ricorrere a forme di protesta estreme in un momento di crisi economica, proprio per non erodere ancora di più i salari e danneggiare le imprese. La nostra non è solo una minaccia. E’una presa di posizione ferma e concreta. Senza il consenso sociale nessun governo può fare le riforme per far ripartire il paese.

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TEMPO DI RIFORME

(Editoriale - continua da pagina 1)

Si parte in maniera discreta, quasi lasciando intendere di non voler ingerire nell’agenda delle iniziative in corso sul fronte finanziario, ma poi invece si ingerisce, eccome. E questo ci dà un’idea dell’urgenza che viene avvertita Oltretevere per una crisi economica che rischia - altro passaggio fondamentale del documento - di travolgere, di portare con sé le basi stesse delle democrazie, anche le più solide. La genesi di tale minaccia viene individuata nel paradigma liberista, denunciato fin dall’enciclica Populorum progressio del 1967. “Anzitutto un liberismo economico senza regole e senza controlli. Si tratta di una ideologia, di una forma di «apriorismo economico», che pretende di prendere dalla teoria le leggi di funzionamento del mercato e le cosiddette leggi dello sviluppo capitalistico esasperandone alcuni aspetti”. Il documento prosegue affrontando gli aspetti di carattere morale della crisi: “Per interpretare con lucidità l’attuale nuova questione sociale, occorre senz’ altro, però, evitare l’errore, figlio anch’ esso dell’ideologia neoliberista, di ritenere che i problemi da affrontare siano di ordine esclusivamente tecnico. Come tali, essi sfuggirebbero alla necessità di un discernimento e di una valutazione di tipo etico [… ] Dal riconoscimento del primato dell’essere rispetto a quello dell’avere, dell’etica rispetto a quello dell’economia, i popoli della terra dovrebbero assumere, come anima della loro azione, un’etica della solidarietà, abbandonando ogni forma di gretto egoismo, abbracciando la logica del bene comune mondiale che trascende il mero interesse contingente e particolare”. Alla globalizzazione in sé viene attribuita fondamentalmente una connotazione positiva, propiziatrice dell’unificazione mondiale. Allo stesso tempo però si ritiene anche, a fronte delle crisi finanziarie ricorrenti e della mancanza di un inquadramento etico dell’economia orientato al bene comune e alla sussidiarietà, che tale complesso processo richieda una revisione profonda e nuove e più adeguate istituzioni. Non si tratta di idee originali. Il richiamo all’esigenza di autorità pubbliche mondiali è già chiaramente delineato da Giovanni XXIII nella Pacem in Terris del 1963 (nn.71-74). Forse oggi la Chiesa intravede non solo l’opportunità che si proceda in tale direzione, ma la necessità che ciò avvenga in tempo utile per evitare

(continua da pagina 1)

involuzioni economiche e quindi politiche dalle conseguenze inimmaginabili. In questo processo essa si mantiene pienamente coerente alla sua vocazione cattolica, cioè universale. Ciò detto, la proposta di un governo mondiale (e di una banca centrale mondiale) presenta difficoltà di non facile risoluzione. Anche perché il documento, pur lasciando intendere la necessità di raggiungere gli obiettivi attraverso “una fase preliminare di concertazione”, chiarisce in modo netto che un’autorità politica siffatta dovrebbe essere “super partes” e che “le sue decisioni non dovranno essere il risultato del pre-potere dei Paesi più sviluppati sui Paesi più deboli”. Rimarrebbe da capire come superare, assieme alle prevedibili resistenze nazionali, l’imbuto ben presente in ambito ONU dei veti posti dagli stati più potenti per ragioni egoistiche. Come imporre loro eventuali decisioni non gradite? E problemi spinosi incontrerebbe anche una banca centrale mondiale con la quale rischierebbero di presentarsi, amplificate in termini esponenziali, le questioni che assillano i Paesi dell’Euro, caratterizzati da una valuta e una politica monetaria comuni, ma andamenti economici molto differenziati (basti pensare al divario tra Grecia e Germania, per fare un esempio). Si tratta di questioni complicate, ma ineludibili, perché il rischio che il processo di globalizzazione si interrompa precipitando il mondo in una spirale di conflitti sociali e tensioni internazionali dagli esiti potenzialmente drammatici (ricordiamo che dal ’29 si uscì compiutamente solo con la seconda guerra mondiale) obbligherà ipso facto le nazioni a impegnarsi nel tentativo di realizzare, seppure in forme ancora da approfondire, l’unità politica del genere umano.

Li hanno ascoltati e, cercando di interpretare le loro attese, hanno definito se non ancora un programma amministrativo, alcune idee forti sulle quali aprire dei cantieri di elaborazione nei prossimi mesi, indipendentemente dal risultato di domenica prossima. Anche per i credenti, sia chiaro, non è più il tempo della noncuranza e del silenzio come molte volte nelle ultime settimane ci è stato ripetuto da eminenti esponenti dell’episcopato. Come siamo pronti a scattare di fronte agli attentati all’integrità e al valore della vita, con altrettanta prontezza dobbiamo esigere risposte convincenti a domande molto concrete. Quali proposte contro le povertà e l’emarginazione? Quali iniziative per arginare la disoccupazione, la mancanza di case, il degrado dei territori? Quali servizi per i giovani, gli anziani, i bambini, le famiglie, i diversamente abili? Quale idea di mobilità sostenibile, di urbanistica e di rispetto dell’ambiente? Quali impegni per la trasparenza amministrativa, il rispetto della legalità e la partecipazione dei cittadini oltre il momento elettorale? Quale impulso alla cultura, allo sport e al turismo in questa città? Qual è l’idea di sicurezza e come si pensa di declinarla? Quali progetti in materia di diritti e pari opportunità? Quale piano per l’educazione alla convivenza con i cittadini provenienti da altri paesi? Questa dovrebbe essere, a mio parere, per i credenti (e non solo) la griglia di valutazione sulla quale misurare le proposte offerte dai vari candidati per il governo di questa città, luogo di profezia e di speranza.

APPUNTI ALESSANDRINI Ap per un dibattito politico ANNO 5 N.10 Novembre 2011 Coordinatore: Agostino Pietrasanta Staff: Marco Ciani ● Walter Fiocchi Dario Fornaro ● Roberto Massaro Carlo Piccini Per ricevere questa Newsletter manda una mail all’indirizzo appunti.alessandrini@gmail.com con il seguente oggetto: ISCRIZIONE Per non ricevere questa Newsletter manda una mail all’indirizzo appunti.alessandrini@gmail.com con il seguente oggetto: RIMOZIONE

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