Sardinews: La gente Etrusca viene dai sardi

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Anno XIII - Giugno 2012 Libri 2

"La gente etrusca viene dai sardi" Tra cannonau e Atlantide 18 saggi Una mostra ai Musei vaticani con i ruoli identitari dei popoli antichi e delle loro lingue di Giambernardo Piroddi

Mogli e buoi dei paesi tuoi: buoi etruschi (come si può osservare nella foto) o voes sardos. L’immagine (carro da Bisenzio, VIII sec a.C., Firenze, Museo Archeologico Nazionale) ritrae uno dei trecento oggetti esposti fino al 15 luglio al Palazzo Mazzetti di Asti nella mostra Estruschi: l’ideale eroico e il vino lucente, in un itinerario che ripercorre il rapporto storico tra il mondo etrusco e il Mediterraneo evidenziando la funzione di cerniera culturale tra Mediterraneo ed Europa, svolta dagli Etruschi con i loro traffici che portarono nello Stivale costumi e valori del mondo greco-omerico e levantino. La mostra, curata da Maurizio Sannibale (Musei vaticani) e Alessandro Mandolesi (Università di Torino), presentata l’8 marzo a Roma ai Musei Vaticani (alias i maggiori prestatori dei reperti: 140 provenienti dal Museo Gregoriano Etrusco), insieme a grandi istituzioni museali e culturali italiane, è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti con il sostegno della Regione Piemonte. Dunque i cari cugini etruschi, dopo la storica mostra torinese di oltre cinquant’anni orsono Arte e civiltà degli Etruschi, tornano in Piemonte e noi anche, e neppure tanto di straforo: stavolta non c’entrano i barones (sa tirannia) bensì il vino, il vino etrusco, lucente se non quanto quello di Omero almeno quanto un cannonau: giacché non dobbiamo dimenticare che, come m’ebbe a scrivere Festo, reges soliti sunt esse etruscorum qui sardi appellantur, quia gens etrusca horta est sardibus (sono soliti essere re degli Etruschi coloro che si chiamano sardi, poiché la gente etrusca viene dai sardi). Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, con ecumenico slancio ha precisato che «gli Etruschi assunsero un ruolo identitario nella costruzione dell’Italia unita e nella sua storiografia, precursori dell’unificazione dell’Italia, almeno sul piano culturale». Dalla mostra emerge con chiarezza la funzione di ponte tra il Mediterraneo e l’Europa: «Relazioni che – precisano i curatori - conducono certamente alla definizione di modelli pan-europei tra artigianato e cultura che passa attraverso la condivisione di rituali eroici, recezione di insegne del potere, universale adozione di simboli religiosi». Tra i rituali eroici ecco il “bere vino alla greca” (o alla sarda?), giacché comunicare la cultura del mondo ellenico significa comunicare la cultura «di un popolo - concludono i curatori - recettore e mediatore di culture ‘altre’. Forse mai come per i secoli intorno ad Omero appare artificiosa la distinzione tra Oriente e Occidente». Per di più, «visto che molti scrivono – spiega il noto geologo Mario Tozzi - sulla possibilità che, prima di 3200 anni fa, l’isola di Sardegna potesse essere considerata Atlantide, rinverdisco la discussione aggiungendo la seguente suggestione: se i sardi sono stati scacciati da un immane cataclisma dalla loro isola e se ne sono andati a giro per il Mediterraneo finendo fino a combattere per gli egizi potrebbero essere loro gli antenati degli Etruschi che già accendevano i loro forni fusori prima di aver conosciuto le miniere delle colline metallifere? Chi glielo aveva insegnato? Sarà per questo che i sardi hanno ancora paura del mare? Sarà per questo che nessuna grande città etrusca è costruita a livello del mare, se si eccettuano pochi porti?». Dimandas chena resposta, come scriveva Michelangelo Pira in Sos sinnos? Massimo Pittau, autore di Origine e parentela dei Sardi e degli Etruschi: «Premetto che intorno alla civiltà nuragica esiste un luogo comune, quello secondo cui essa sarebbe stata una civiltà illetterata o analfabeta. Questo luogo comune, che per me è un autentico falso storico, è stato determinato in primo luogo da una implicita, strana ed assurda supposizione e pretesa: che i nuragici si fossero dovuti creare un loro alfabeto pur’esso tutto particolare, ossia un loro sistema di scrittura originale e “nazionale”. Senonché non si è considerato che in effetti neppure quei geniali e civili popoli dell’antichità che sono stati i Greci, gli Etruschi ed i Romani, si sono creati ex novo un loro proprio alfabeto nazionale, dato che - i Greci hanno preso l’alfabeto dai Fenici, gli Etruschi dai Greci ed i Romani dagli Etruschi. Gli stessi Fenici non si sono creati dal nulla il loro alfabeto, ma è del tutto certo che se lo sono creati sul modello di altri alfabeti di popoli del vicino Oriente, Sumeri ed Egizi in testa. Perché mai attendersi e pretendere dunque che i Nuragici si creassero un loro alfabeto nuragico nazionale?». Dunque niente limba comuna costruita a tavolino in epoca nuragica, piuttosto una koiné di linguaggi anche non verbali come il “bere vino alla greca”, l’“economia del dono” , le forme del potere, la religione che è parte della vita con i suoi simboli, l’alfabeto e la scrittura cui ha accennato Pittau che «registra – precisano i curatori -, è memoria e magia, fa parlare gli oggetti che raccontano, come nei versi omerici, per quali mani sono passati, accrescendo il loro valore, recependo l’immaginario mitologico veicolato dall’epica greca». Una fonte alternativa di trasmissione rispetto a quella orale e scritta, di cui si può leggere ampiamente nel bel catalogo della mostra (Electa-Mondadori): diciotto saggi nei quali sono prese in esame le varie espressioni della civiltà etrusca e sono prospettate analisi di valore scientifico a tutto campo, comprese quelle sulla virtù guerriera di questo popolo del mare, al pari degli Shardana. Copyright 2000 © Sardinews online - All rights reserved

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