Museo diffuso per Villa Adriana

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POLITECNICO DI TORINO I FACOLTA’ DI ARCHITETTURA Corso di Laurea Specialistica in Architettura (Costruzione) A.A. 2012/2013

Progettare per l’Archeologia: un museo diffuso per Villa Adriana

Relatore: Prof. P.A. Croset

Correlatore: Prof. M. Vaudetti

Tesista: Francesca Serra


Indice generale

INDICE GENERALE

I

INTRODUZIONE

II

PARTE I

Archeologia e Architettura

IV

1.1 L’impianto generale

V

1.2 Villa Adriana e il mito: la riscoperta del sito

VI

1.3 Villa Adriana oggi e la necessità del progetto

Ogni pietra rappresentava il singolare conglomerato d’una volontà, d’una memoria, a volte d’una sfida. Ogni edificio sorgeva sulla pianta d’un sogno

1.4 Architettura e Archeologia: collaborazione o contrapposizione? 1.5 Lettura compositiva

XVI XVIII XX

1.6 Lettura per fasi costruttive

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Un museo diffuso per Villa Adriana

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Marguerite Yourcenar, “Memorie di Adriano” PARTE II

Un museo ha bisogno di un parco. Si può passeggiare nel parco e decidere se entrare o meno. Ed è solo passeggiando nel parco che si può capire se vale la pena di proseguire la visita o andarsene. In assoluta libertà, non si è obbligati ad entrare. Si può entrare per vedere qualcosa o si può stare fuori, e ciò è parte della storia del vedere, il senso dell’incommensurabile.

2.1 Il workshop “Piranesi Prix de Rome”

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2.2 La scelta della modalità diffusa e ipogea

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2.3 Lo studio dei riferimenti progettuali

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2.4 Il Masterplan: gli step d’intervento

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2.5 Il Masterplan: i percorsi di visita

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2.6 La distribuzione funzionale dei padiglioni

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2.7 L’architettura del padiglione sull’asse del Pecile 2.8 Il sistema costruttivo e i materiali

Louis Kahn ALLEGATI

LI LVII

Saggi di ricerca Saggio di ricerca I a carattere storico – critico: “Restituire il senso del luogo: i percorsi dell’Acropoli di Atene e il Museo Archeologico di Mont Beuvray” (prof. P.A. Croset) Saggio di ricerca II: “La musealizzazione dei siti archeologici: problematiche, casi studio e ultimi sviluppi” (prof. M. Vaudetti)

Tavole di analisi e Masterplan RINGRAZIAMENTI

CXII

BIBLIOGRAFIA

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I


Introduzione

Introduzione

La tesi vuole indagare una possibile strategia di intervento a fini museali per valorizzare la complessa area archeologica della villa dell’imperatore Adriano. Durante gli ultimi anni, infatti, la villa sta subendo un lento e costante declino che la sta portando sempre più in basso nella classifica dei siti archeologici visitati e si moltiplicano i cartelli di pericolo crollo sparsi tra gli edifici di cui si compone la residenza imperiale. A mio avviso, l’assenza di una musealizzazione strutturata è uno dei principali motivi di dissertazione in quanto, allo stato attuale, la villa presenta all’interno solamente un’area dedicata alle esposizioni temporanee mancando totalmente sia magazzini per i reperti, sia spazi per la documentazione e la ricerca che spazi per accogliere dibattiti e convegni nonché un punto ristoro interno al sito. Mancano molti degli elementi “basilari” di cui si dovrebbe comporre un museo. La villa si presenta al visitatore in modo non accogliente e non adeguato all’importanza che essa ha rivestito per tutti gli architetti, gli studiosi e gli appassionati che vi si sono recati dalla sua riscoperta. Questo è dovuto non già all’incuria della Soprintendenza che, anno dopo anno, lottando contro la mancanza di fondi, cerca di mantenere il sito a livelli decorosi, quanto alla cronica mancanza di finanziamenti e di una ferma volontà di intervento a fini museali da ricercare a livello governativo. Proprio per sollecitare l’opinione pubblica, ma anche per altre motivazioni su cui non mi soffermo in questa prefazione, l’Accademia Adrianea ha istituito un workshop estivo ormai annuale in cui studenti di architettura di varie Facoltà d’Italia spendono le proprie energie per proporre soluzioni progettuali che valorizzino al meglio la storia e le architetture della villa. Riallacciandomi all’iniziativa dell’Accademia Adrianea ho svolto questa tesi che si pone l’obiettivo di rispondere al meglio alle esigen-

ze del visitatore contemporaneo guidandolo alla scoperta dei tesori che la villa ha da offrire. La tesi si è svolta tra il Politecnico di Torino, sotto la guida del prof. P.A. Croset e la collaborazione al saggio II allegato del prof. M. Vaudetti, il Politecnico di Milano, con la gentile collaborazione del prof. Caliari e con alcuni colloqui con la Responsabile del sito dott. B. Adembri della Soprintenza dei Beni Archeologici del Lazio. Alla tesi ho integrato la frequentazione dei dibattiti accademici sul tema, quali il Convegno Internazionale “The archeological musealization” tenutosi presso il Politecnico di Torino nel Novembre 2011 e il “Seminario Nazionale di Archeologia Virtuale: comunicare in digitale” svoltosi presso l’Università La Sapienza di Roma nel Giugno 2012. La tesi è strutturata in due parti: la prima parte inizia con un’analisi storica della Villa dalla sua riscoperta, evidenziando gli stimoli e gli spunti di riflessione che ha fornito agli architetti che l’hanno visitata. L’analisi procede per comparazione tra edifici presenti nella villa ed edifici realizzati da architetti del calibro di Borromini, Le Corbusier, Khan e molti altri. In seguito ho colto alcuni spunti di riflessione sul rapporto tra Architettura e Archeologia sottolineando gli aspetti salienti del dibattito accademico sul tema. Infine, ho svolto un lavoro preliminare al progetto di analisi compositiva e di analisi per fasi costruttive per comprendere meglio le possibili strategie di intervento. Nella seconda parte, invece, introduco il bando del Workshop Prix de Rome a cui mi sono attenuta per quanto riguarda i requisiti funzionali e le modalità di intervento. Successivamente descrivo il progetto con una sorta di “diario di bordo” in cui alterno descrizioni e tavole progettuali chiarificando scelte compositive e modalità di approccio riguardo le scelte costruttive, la scelta dei materiali, la disposizione delle collezioni, ecc.

II

Il progetto proposto coglie gli stimoli e le informazioni emerse durante tutto l’arco di stesura della tesi e si sofferma sul tema del “racconto” tramite strutture diffuse che accompagnano e guidano il visitatore alla scoperta del sito. Le strutture architettoniche, ipogee, si caratterizzano per la loro presenza discreta ed essenziale, come una sorta di chiavi di lettura nascoste e disseminate nel sito. In allegato alla tesi sono presenti due saggi, scritti in parallelo con l’evolversi del progetto, in cui ho approfondito temi correlati alla musealizzazione nei siti archeologici. Il primo saggio, scritto sotto la guida del prof. P.A. Croset, è un saggio storico-critico di comparazione tra due interventi progettuali che affrontano i rapporti tra Archeologia, Paesaggio e Architettura, condizioni simili a quelle affrontate per il progetto di Villa Adriana: i percorsi dell’Acropoli di Atene (Arch. Pikionis) e il Museo Archeologico di Mont Beuvray (Arch. Pierre-Louis Faloçi). Lo scopo era quello di confrontare le modalità di approccio e le modalità progettuali dei due architetti evidenziandone le affinità e le differenze attraverso un confronto per tematiche. Nel secondo saggio, strutturato in accordo con il prof. M. Vaudetti, ho approfondito il tema della musealizzazione dei siti archeologi analizzando problematiche e casi studio nazionali e internazionali, con un focus sui recenti sviluppi dei supporti virtuali in ambito museale.

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Archeologia e Architettura

L’impianto generale

I dintorni della Villa ai tempi di Adriano

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Villa Adriana sorge ai piedi dei Monti Tiburtini, nel Lazio, su un’ampia serie di pianori tufacei. Le caratteristiche oro – topografiche e climatiche della zona sono largamente diffuse nella regione e soprattutto nelle aree adiacenti alla capitale; pertanto le ragioni che determinarono la scelta di questo specifico luogo da parte dell’imperatore sono da ricercarsi altrove, per lo più tra quelle di carattere pratico. Fra queste sono da menzionare la prossimità del sito alle cave di travertino e a quelle di ottimo calcare da calce; la presenza di quattro grandi acquedotti; la navigabilità dell’Aniene fino a Ponte Lucano; la Via Tiburtina, particolarmente adatta al trasporto di materiali pesanti, nonché la vicinanza delle Acque Albule, i cui effetti curativi erano indubbiamente noti all’imperatore. A tutto questo va aggiunta la presenza sul posto della pozzolana e del tufo, insieme alla fama acquistata nei secoli dall’area tiburtina, prescelta in numerose occasioni dal patriziato romano per la realizzazione di ville dedicate all’otium. La Villa si distese tra il Fosso della Ferrata (o Valle di Tempe) e quello Risicoli (o di Roccabruna), distribuendosi su un’area la cui estensione è circa il doppio rispetto a quella su cui sorgeva Pompei. Con una stima approssimata la villa si estendeva per circa centoventi ettari. Una estensione molto vasta se si pensa che la Domus Aurea di Nerone arrivava a malapena a cinquanta ettari e che Pompei e Ostia non superavano i settanta entro le loro mura. La proprietà demaniale odierna, tuttavia, copre all’incirca 65 ettari e falsa l’immagine della villa identificandola con l’estensione che è possibile visitare allo stato attuale. Prima di procedere alla lettura compositiva, vorrei precisare due premesse fondamentali che riguardano la morfologia del terreno e le strategie di progettazione climatica. La morfologia del terreno è la principale fonte antica di cui disponiamo per comprendere l’architettura della villa. Le decisioni principali derivavano da un attento studio dei vantaggi e svantaggi nella

conformazione del paesaggio. Non si tratta tuttavia di assecondare il terreno lasciandolo nella sua forma naturale ma, seguendo una strategia tipicamente romana, il paesaggio venne modellato e riorganizzato per rafforzare la percezione della relatività delle altezze, per fissare punti panoramici e padiglioni opportunamente orientati sullo sfondo di orizzonti vasti creando una sorta di “naturalezza artificiale”. Complessivamente la villa ha un’estensione di due chilometri in lunghezza, entro i quali si trovano due grandi dislivelli: uno di trentadue metri e l’altro di ventiquattro metri, con ulteriori dislivelli di minore entità. Il terreno presenta la morfologia tipica della campagna romana con bassi crinali arrotondati e un ripido alveo di un corso d’acqua inaridito, in cui Adriano collocò il canale scenografico del Canopo. Il terreno non presenta una linea di orientamento principale e non se ne legge neanche l’intenzione, da parte dell’imperatore, di collocarne una. Sembra anzi che la rivelazione immediata fosse stata volutamente evitata a favore di una scoperta graduale della villa da parte di chi la visitava. Le strategie progettuali fanno riferimento ad un attento studio bioclimatico del sito. Il sole e l’assenza di sole sono i due principali fattori di influenza nella progettazione, insieme all’utilizzo strategico di grandi quantità di acqua che va ben oltre gli intenti estetici e ornamentali che si possono immaginare in un primo momento. In linea generale il fianco sud ovest della villa rappresenta il lato invernale che si affaccia sulla luce morente del tramonto mentre d’estate i monti proteggono dal sole il fianco a nord est durante il mattino. Solo per citare alcuni esempi, le sale estive per banchetti vennero tutte orientate a nord, il doppio portico del Pecile venne concepito per le passeggiate in inverno e in estate secondo un orientamento nord/sud, i numerosi passaggi sotterranei creavano dei luoghi più rinfrescati per sfuggire al caldo sole estivo mentre per attutire il freddo durante la stagione invernale veniva ampiamente utilizzato il riscaldamento per irraggiamento adottandolo sia nelle terme che nelle stanze private.

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Archeologia e Architettura

Villa Adriana e il mito: la riscoperta del sito

Da sinistra verso destra: - Trattato di Flavio Biondo, “Roma Ristaurata et Italia Illustrata di Biondo da Forlì “, 1558 - Disegno del recinto dell’isola di Francesco di Giorgio Martini, “Codice Salluziano” - Disegno del recinto dell’isola di Andrea Palladio, ca. 1554 - Disegno di Giuliano da San Gallo, “Codice Barberini”

Dopo un periodo di relativo oblio la data ufficiale che segna la riscoperta della villa è identificata con il 1461, anno in cui il papa Pio II e l’umanista Flavio Biondo riconobbero le rovine nominate dall’Historia Augusta durante un viaggio estivo da Roma a Tivoli1. Entrambi ci fornirono le prime descrizioni scritte della villa posteriori all’età classica grazie al rinnovato interesse per i valori umanistici che il Rinascimento portava con sé. In particolare la descrizione che ci fornì il papa risulta tuttoggi una delle più complete e, fattore non trascurabile, risulta antecedente alle razzie che vennero perpetrate per anni da generazioni di rinascimentali cacciatori di tesori che provocarono numerosi danni ai reperti archeologici. Per avere i primi disegni con i rilievi delle fabbriche della villa bisognerà però aspettare il 1465 quando l’architetto senese Francesco di Giorgio Martini visitò la villa e realizzò le piante in scala di due edifici quali il recinto dell’isola con il cortile delle fontane ovest e la sala circolare, oggi conservate agli Uffizi. Queste piante sono i documenti più antichi che sono sopravvissuti ai giorni nostri e nel trattato pubblicato successivamente presentano alcune modifiche fantasiose che gli architetti del Quattrocento solevano apportare ogni qual volta notavano discrepanze tra quanto affermato nel trattato di Vitruvio e i rilievi reali. D’altronde la preoccupazione per la fedeltà archeologica nasce in epoche successive ed era prassi all’epoca reinventare piante e prospetti secondo il gusto “critico” dell’architetto. Quasi contemporaneamente l’architetto Giuliano da San Gallo disegnò alcune parti della villa contenute nel codice Barberini, importante raccolta di disegni che divenne strumento di conoscenza per gli aspiranti architetti dell’epoca in quanto non tutti potevano permettersi di conoscere direttamente l’architettura antica. Successivamente sappiamo che Bramante, Raffaello e altri artisti del Rinascimento studiarono le rovine della villa. Il Vasari, in particolare, spiega che il Bramante si dedicò a disegnare sistematicamente la villa e riutilizzò

ciò che aveva rilevato in molti dei suoi successivi progetti, primo fra tutti il Tempietto di San Pietro in Vincoli, che ricorda molto nella sua concezione il recinto dell’isola, e il cortile del Belvedere voluto da Giulio II. L’interesse per la villa crebbe molto velocemente fino a raggiungere l’apice verso la metà del Cinquecento quando Palladio pubblicò la guida sulle antichità di Roma includendo una pianta del recinto dell’isola. Tuttavia egli fece numerosi schizzi nella villa che fanno emergere il suo forte interesse per la simmetria e la gerarchia delle forme anche se apprezzava anche la disposizione asimmetrica e non assiale degli spazi. Alla stessa maniera di F. di Giorgio Martini, Palladio reinventò le architetture adrianee per trovare conferma alle proprie teorie compositive. Come gli altri riutilizzò alcuni elementi spaziali nei suoi progetti come l’enfilade di stanze del palazzo Thiene a Vicenza. Un altro architetto che visitò la villa per trarne ispirazione fu Michelangelo, che durante il pontificato di Paolo III visitò Tivoli per prendere dei disegni ed esiste uno studio sulla possibile influenza della villa sui disegni per San Pietro. Esiste tuttavia un particolare curioso che emerge dallo studio dei manuali rinascimentali dell’architettura classica e cioè il fatto che nessuno dei disegni che i diversi architetti redassero visitando la villa sia stato inserito in una raccolta. L’unica eccezione è rappresentata dal manuale di Philibert Delorme, del 1567, il quale riporta il particolare di un fregio proveniente dalla villa. Questo fattore può essere tuttavia imputato al fatto che le antichità riportate nei trattati principali avevano il preciso scopo di confermare ciò che Vitruvio affermava nel suo trattato e, in questo senso, i disegni che vennero redatti a villa Adriana mostravano evidentemente il distacco da quest’ultimo. A questo proposito quindi si può affermare che le influenze provocate dalle architetture della villa rimasero relegate a quei pochi che la visitarono personalmente dato che le prime piante in scala vennero pubblicate solo alla fine del Seicento.

1. Per una trattazione completa e dettagliata si rimanda al capitolo “sopravvivenza e riscoperta” del libro di Mac Donald/Plinto, “Villa Adriana: la costruzione e il mito da Adriano a Louis I. Kahn”, Electa, 2006

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Archeologia e Architettura

La primissima pianta in scala si deve al paziente lavoro dell’architetto Pirro Ligorio, il quale preparò anche la prima vasta descrizione della villa, attribuendo ai diversi edifici, in maniera del tutto arbitraria, i nomi presenti nell’Historia Augusta influenzando così tutti gli studiosi e gli architetti che in seguito si sarebbero recati a Villa Adriana fino ai giorni nostri. Questo interessamento portò anche a iniziare degli scavi dal 1550 al 1568 durante i quali, purtroppo, Pirro Ligorio ebbe modo di sottrarre numerosi materiali alla villa per soddisfare le esigenze del cardinale Ippolito d’Este, allora appena nominato cardinale di Tivoli, che nel 1560 avviò la costruzione della famosa villa che porta il suo nome. A Ligorio, tuttavia, dobbiamo la più ampia descrizione della villa pubblicata dopo quelle di Pio II e Palladio, intitolata “Descrittione della superba e magnificientissima villa Tiburtina Hadriana” e pubblicata postuma solo nel 1723. Grazie a questa ampia descrizione della villa è stato possibile risalire alla posizione originaria delle statue e conoscere particolari ormai andati perduti quali pavimenti e soffitti stuccati. La pianta in scala che doveva essere allegata all’opera non fu mai portata a termine oppure andò perduta, sono sopravvissuti solo alcuni disegni preparatori di parti ridotte. Bisognerà aspettare il 1668 per vedere pubblicata la prima pianta esauriente del sito, opera dell’architetto Francesco Contini. Il Contini provvide ad effettuare tutti i rilievi e allegò alla pianta un libretto esplicativo basandosi sui manoscritti del Ligorio. Per questo maestoso e accurato lavoro l’architetto impiegò più di 30 anni grazie all’interes-

samento del cardinale Barberini. Attraverso questa pianta architetti del calibro di Borromini furono attratti dalla villa per l’innovazione delle strutture che ospitava. Borromini, in particolare, era in contatto con il matematico Berti che aiutò il Contini nel lavoro di rilievo ed ebbe sicuramente modo di condividere con lui le sue approfondite conoscenze della villa. D’altronde l’architetto era fortemente attratto dalle forme insolite lontane dai canoni vitruviani e villa Adriana ne era un chiaro esempio. E’ lo stesso architetto che nelle pagine dell’ ”Opus architectonicum”, pubblicato nel 1725, spiega come la disposizione diagonale dei pilastri nell’oratorio del monastero dei Filippini sia ispirata al modo di costruire visto all’interno della villa, il quale permetteva di scaricare il peso delle volte sui pilastri d’angolo piuttosto che sulle murature. Nei suoi progetti di chiese, i rimandi alle architetture della villa sono innumerevoli, uno fra tutti la volta ad ombrello della chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza che ricorda molto le volte “a zucca” care ad Adriano e disprezzate dal suo architetto Apollodoro da Damasco ben presto liquidato e fatto uccidere (Secondo Dione Cassio, Apollodoro aveva cacciato via il giovane Adriano che aveva criticato alcuni suoi progetti: “Fuori dai piedi! - gli aveva detto - Va’ un po’ a disegnare le tue zucche. Di architettura tu non hai mai capito niente!”). Il modo con cui Borromini trae spunto dalle architetture antiche è del tutto originale ed è ben lungi dall’essere un mero copiare e ricostruire. Del resto fu lui stesso ad affermare: “Non mi sarei mai posto a questa professione (l’architettura) col fine d’esser solo copista”.

Pianta del ninfeo della Piazza d’Oro Perry M.Duncan 1925 - 1926

Pianta della chiesa di San Carlino del Borromini 1634 - 1644

Analogie tra le volte “a zucca” del Serapeo del Canopo e la cupola di Sant’Ivo alla Sapienza

Pianta della Villa in 10 tavole di Francesco Contini 1668

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Archeologia e Architettura

Archeologia e Architettura

Successivamente, nel Settecento, Villa Adriana divenne una delle mete del cosidetto Grand Tour ma lo scenario che ebbero di fronte i visitatori era totalmente cambiato: la villa si presentava estremamente frammentata in quanto le terre erano state frazionate da quarantacinque proprietari, i quali le destinarono alla coltivazione o al pascolo. Questo emerge chiaramente da una pianta redatta nel 1770 dove la villa sembra essere un mosaico di appezzamenti di terreno. Alcuni casolari eretti all’epoca non solo sono sopravvissuti fino ai giorni nostri ma sono tuttora utilizzati come sede amministrativa della villa (Casino Fede) e Museo Didattico (Casino Liborio Michilli). Al conte Fede si deve il lungo viale dei cipressi che si vede all’ingresso attuale della villa che dal casino sale fino alla terrazza est ovest con l’ingresso introdotta dal Canina sul muro di spina del Pecile. I numerosi artisti che visitarono la villa hanno lasciato una gran quantità di firme sui muri sia fuori terra che nei percorsi sotterranei, a testimonianza del grande interesse che susci-

tava la villa a distanza di tanti anni dalla sua riscoperta. Diversi direttori dell’Accademia di Francia a Roma spinsero i propri pensionnaires a disegnare dal vero nei dintorni di Roma, tra cui proprio villa Adriana. I resti della villa fornirono lo spunto per la creazione di pittoreschi giardini abbelliti di finti ruderi. Le vedute che ci hanno tramandato questi pensionnaires comunicano la forte interazione che esiste tra i manufatti e la natura circostante e sono degli strumenti indispensabili oggi ai visitatori per comprendere l’essenza della villa molto più di qualsiasi pianta o disegno in scala. In seguito numerosi architetti visitarono la villa e la ritrassero in splendide vedute soffermandosi più sugli aspetti architettonici che naturalistici: Robert Adam, Charles-Louis Clérisseau, Charles Cameron e molti altri. Tutti ebbero in comune però il fatto di disegnare solo qualcuna delle costruzioni spettacolari presenti mentre dopo la metà del ‘700 si affermò la pratica di condurre delle indagini più sistematiche e approfondite.

Fra tutti è da menzionare Giovanni Battista Piranesi, architetto che viene oggi ricordato soprattutto come un incisore appassionato di antichità anziché come un architetto dal notevole estro come era conosciuto da molti architetti francesi. La pianta della villa richiese un periodo di tempo di dieci anni e venne data alle stampe solo dopo la sua morte dal figlio nel 1781. La “pianta delle fabriche esistenti nella villa Adriana” è un documento fondamentale, occupa circa tre metri e risulta essere in scala 1:1000. La sua straordinaria importanza è dovuta all’estrema precisione del Piranesi, il quale si è preoccupato di distinguere con un tratto più marcato le parti della villa rilevabili e con un tratto più leggero quelle mancanti. Questa metodologia lo differenzia dai suoi predecessori i quali non solo non riportarono fedelmente e al dettaglio le fabbriche esistenti ma apportarono divagazioni e modifiche in modo del tutto arbitrario e fantasioso. L’architetto non si fermò soltanto all’aspetto grafico, magistralmente eseguito, ma corre-

dò la pianta di un esteso commentario di 434 voci in cui descrive le singole fabbriche ambiente per ambiente. Oltre a questa ci sono pervenute altre dieci stampe realizzate dal Piranesi che ritraggono 16 soggetti architettonici altrettanto preziosi per lo studio della villa. L’elemento meno attendibile riguarda l’individuazione della funzione dei singoli edifici fondata soprattutto sulla nomenclatura dell’Historia Augusta e il fatto che i disegni vengono abilmente manipolati nelle proporzioni e nei rapporti proporzionali, restando però fedeli alle strutture essenziali e ai dettagli ornamentali.

Accesso Settecentesco alla Villa e divisione dei lotti di terreno

Estratto della pianta del Piranesi ed alcune stampe della Villa, 1781

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L’ Ottocento2 segna un periodo di svolta per quanto riguarda gli studi portati avanti nella villa. Si cominciò ad affermare un’analisi metodica con basi moderne e più scientifiche. Studiosi come Antonio Nibby e Luigi Canina ritennero che la villa fosse un luogo da documentare nei particolari e che fosse un luogo a cui ci si dovesse accostare con maggiore scientificità evitando dilagazioni “romantiche”. Lo studio di Nibby portò ad un analisi critica del lavoro dei suoi predecessori, Piranesi incluso. Egli si servì di prove materiali per confutare le incoerenze rilevate e affermò che la maggior parte degli autori che si erano occupati di villa Adriana non avevano fatto altro che copiarsi a vicenda. Questo archeologo si occupò anche degli scavi dei fori imperiali e, alla sua morte prematura, gli succedette il Canina, architetto piemontese che operò per diversi anni a Roma. In questo periodo l’interesse per villa Adriana crebbe tanto che per necessità chiamarono diversi incisori anche di scarso talento pur di avere numerose riproduzioni degli edifici della villa ai visitatori sempre più numerosi del sito. Altro elemento innovatore è l’opera in quattro volumi del “Viaggio pittorico” di Agostino Penna, condotto nei primi dell’Ottocento. Il topografo presenta i ruderi con un itinerario che guida il lettore quasi passeggiasse per la tenuta con lui in veste di Cicerone. Penna si sofferma molto sui bolli laterizi e

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Archeologia e Architettura

sulle tecniche di costruzione e accompagna ogni singola veduta con una didascalia che la descrive indicandone le misure e le opere ritrovate in situ. Finalmente nel 1870 il governo del nuovo regno d’Italia acquisto metà del sito archeologico e l’area passò ufficialmente sotto la tutela della Soprintendenza ponendo così fine ai numerosi saccheggi perpetrati per anni.

Nei primi anni del Novecento, Villa Adriana vide ancora numerosi architetti americani che, sulla scia dell’Ecole des Beaux-Arts, effettuarono rilievi e ricostruzioni fondate in generale su solidi dati di fatto, tranne le decorazioni più o meno opera di fantasia. Con un approccio totalmente diverso un altro architetto, Le Corbusier, visitò la villa durante il suo “voyage d’Orient”, iniziato nel 1911, ed effettuò trentasette disegni a matita delle rovine con didascalie sintetiche ma piuttosto acute che sottolineavano il grande interesse che il complesso architettonico suscitò in lui3. L’architetto seguì l’itinerario proposto dalla guida Baedeker dell’Italia Centrale e di Roma iniziando dal muro dell’ambulacro in corrispondenza della spianata est ovest. Gli schizzi che fece confluirono nel suo famoso libro “Vers une architecture” edito nel 1923 dove

dedicava un capitolo sulla Lezione di Roma. In particolare rimase colpito dall’abside terminale del triclinio scenografico con il fascio di luce che la illumina e squarcia l’interno tenebroso. L’architetto vi fece riferimento quarant’anni più tardi progettando la cappella di NotreDame-du-Haut a Ronchamp. L’influenza della villa si può constatare anche nel suo progetto per il centro governativo di Chandigarh, in India, dove la sequenza di volte massicce che si stagliano sul paesaggio ricorda molto gli schizzi da lui eseguti sull’edificio di servizio centrale e la rozza tessitura del calcestruzzo rimanda alle murature cadenti delle grandi terme presenti nelle sue raffigurazioni.

Schizzi di Le Corbusier nel Serapeo del Canopo

Accesso Settecentesco alla Villa e divisione dei lotti di terreno

L’architetto pone particolare enfasi al modo in cui la luce penetra all’interno e sembra riproporla in una delle torri-faro della cappella di Ronchamp

Ricostruzione del Belvedere ovest, Canina, 1856

Vista a volo d’uccello di A. Penna, 1831 - 1836

2. Per una trattazione completa e dettagliata si rimanda al capitolo “dopo il 1800” del libro di Mac Donald/Plinto, “Villa Adriana: la costruzione e il mito da Adriano a Louis I. Kahn”, Electa, 2006

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3. Le Corbusier, “Voyage d’Orient”, New York, 1988 (in particolare Carnet V da pag.34 in poi)

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Archeologia e Architettura

Pianta del Florida Southern College di F.L. Wright, 1938 Gli assi angolati, la forma rotonda del Water Dome e il teatro semicircolare rimandano a Villa Adriana

Pianta di Casa Cooper di F.L. Wright, 1890

Le finestre dei progetti di Kahn mostrano diversi richiami con le aperture finestrate dei ruderi della Villa come il Palazzo d’Inverno e la Torre di Roccabruna (in basso)

Tra gli altri architetti moderni vorrei menzionare anche Frank Loyd Wright, il quale non si sa esattamente se abbia visitato la villa ma di certo aveva avuto modo di consultare le piante che spesso comparivano negli studi degli architetti. Sappiamo soltanto che Wright visitò Fiesole nel 1910 e che si dedicò diversi mesi allo studio dell’architettura italiana. Il progetto per il Florida Southern College, in particolare, ideato nel 1938, mostra evidenti riferimenti agli ambienti concatenati della villa. Alcuni studiosi come Scully e D’Amato sostengono questa tesi. Altre tesi, come quella di MacDonald4, invece, affermano che l’uso della linea diagonale in Wright non può essere un elemento tratto dalla villa in quanto i suoi assi angolati non sono uniti l’uno con l’altro come i passaggi coperti di Lakeland. Anche il progetto per la Casa Cooper, mostra che le forme dell’architettura altoimperiale erano molto richieste. Nel progetto si possono identificare una mezza dozzina di elementi romani tipici distribuiti su sette assi. Più tardi un altro famoso architetto trascorse tre mesi all’Accademia Americana di Roma: Louis Kahn. L’architetto era fortemente interessato alla villa e prese spunto da questa per diversi suoi progetti. Il primo è il Salk Institute di La Jolla soprattutto per il complesso di sale da pranzo e residenze chiamato Accademia, ma purtroppo questo progetto non fu mai realizzato. Thomas Vreeland, che fu suo collaboratore per il progetto del Salk, racconta che per entrare nelle grazie di Kahn un giorno ricalcò un pezzo di villa Adriana facendola rientrare nei confini del lotto; quando Kahn vide il progetto si congratulò con lui per l’ottimo lavoro pur non accorgendosi minimamente del plagio. Era noto a tutti l’interesse di Kahn per la villa quanto per la pianta del Campo Marzio del Piranesi e grazie al suo interessamento negli anni ’50 la villa è diventata di nuovo un appuntamento fisso nelle pubblicazioni di architettura suscitando l’interesse di molti architetti per la capacità ispiratrice delle sue forme. J. Stirling, per esempio, nel progetto della Neue Staatsgalerie mostra numerose analogie come anche il progetto di R. Mangurian per il cortile teatrale del suo progetto della South Settlemente House a Columbus svela analogie di forme con il triclinio scenografico.

4. W.L. MacDonald-J.A. Pinto, “Villa Adriana, la costruzione e il mito da Adriano a Louis Kahn”, Electa, 2006, p.363-364

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Archeologia e Architettura

Villa Adriana oggi: il ritorno all’oblio e la necessità del progetto

Uno dei numerosi cartelli di periocolo crollo sparsi nella Villa

Un recente rapporto del Mibac (Ministero per i Beni e le Attività Culturali) tira le somme sull’afflusso turistico nell’area negli ultimi anni. Si parla di circa 300.000 visitatori l’anno di cui quasi il 50% con biglietti gratuiti e, nonostante gli ingenti finanziamenti concessi dal 1998 ad oggi per lavori di scavo, restauro e valorizzazione, il numero di visitatori è rimasto pressoché invariato5. Un articolo del Corriere della Sera del 2011 parla dei numerosi cartelli di “pericolo crollo” presenti sul sito e di fondi che nella realtà dei fatti si stanno facendo sempre meno ingenti da parte del Ministero6. Considerando che Villa Adriana è uno dei 45 luoghi italiani che l’Unesco ha dichiarato patrimonio dell’umanità si fatica a trovarne le motivazioni di tale disinteresse. Un dossier stilato nel 2010 da PricewaterhouseCoopers stima a 100 la capacità di sfruttamento ai fini turistici dei beni italiani tutelati dalle Nazioni Unite; quelli spagnoli e brasiliani si collocano a 130, i francesi a 190 e i cinesi arrivano addirittura a 270. A dimostrazione che la Cina sa valorizzare i propri beni artistici quasi tre volte meglio di noi. Se si tirano le somme e si considera che Villa Adriana è stata dichiarata patrimonio dell’umanità nel Dicembre del 1999 è facile trarre alcune conclusioni. Nel 2000 il numero dei visitatori l’anno (paganti) era di 187.202, nel 2010 sono stati appena di 108.811: 46 mila in meno di quelli registrati nel 2008 dallo zoo di Pistoia. Non meno imponente è stata l’emorragia complessiva considerando anche i non paganti. Dai 323.231 visitatori del 2000 si è scesi ai 229.885 del 2010. Solo per citare un altro sito archeologico di grande estensione, Pompei ha un afflusso di almeno due milioni e mezzo l’anno. Volendo rimanere nelle vicinanze Villa d’Este sorpassa già villa Adriana con i suoi 458.000 visitatori l’anno. “Persino la grande promozione “Villa Adriana ad un euro” nel ponte del primo maggio è stata un triste fallimento” e “Pago il biglietto anche se i tornelli d’ingresso non funzionano e dunque si può entrare gratis perché non c’è controllo” cita un articolo de La Repubblica del maggio 20127.

Ho trovato l’articolo molto interessante perché spiega il punto di vista di chi, sapendo poco o nulla di archeologia o di architettura, avrebbe bisogno di una comunicazione museale ad hoc e la reclama con forza. Cito testualmente alcune frasi del giornalista che trovo particolarmente calzanti: “Da solo il muro, con i suoi mattoni a rombi, varrebbe la visita purché qualcun spiegasse che era la misura della passeggiata…… Tornando a casa il visitatore si sente sperduto e anche io mi sento perduto. Mi sembra di aver fatto una passeggiata in campagna. È stato come visitare un bosco. L’architettura non parla, viene riassorbita dalla natura e diventa una massa informe”. Credo che sia proprio questo il nodo della questione: l’architettura non parla. D’altronde anche un architetto romano che ha scritto uno dei più recenti saggi sulla villa, Federica Chiappetta, parla di un serio deficit di comunicazione e mi unisco a questa considerazione perché credo che da questo punto di vista la villa sia estremamente carente. Personalmente visitai il sito al primo anno del corso di laurea in Architettura alla Sapienza, munita solo della guida del prof. Coarelli, e non riuscii a cogliere molte delle raffinatezze e delle sfumature che la villa aveva da comunicare. Le ho scoperte solo in seguito occupandomi di questo progetto. Ritengo quindi che a fianco dei fondi che necessariamente servono per la manutenzione del patrimonio archeologico sia necessaria una chiara strategia di fruizione dell’area che accompagni il visitatore durante tutta l’estensione ad oggi visitabile (circa il 50%). L’attuale cartellonistica, infatti, è poco stimolante e anche abbastanza noiosa da leggere, specialmente sotto il caldo estivo. Presenta la pianta degli edifici e alcune ipotesi ricostruttive ritenute più valide. Per avere altre informazioni si delega tutto alla visita con l’archeologo che avviene nell’arco di una ventina di minuti e che si snoda solo tra gli edifici considerati più caratteristici. Nelle epoche passate i visitatori, principalmente nobili, si recavano nei musei per confermare quello di cui erano già a conoscenza ma oggi i musei sono diventati di massa e devono potenziare la comunicazione cercando di rendere visibile l’invisibile.

5. http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1242829710225_txt_villa_adriana.doc 6. http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/11_luglio_5/vialla-adriana-incuria-sergio-rizzo-1901026965014.shtml 7. http://www.repubblica.it/cronaca/2012/05/25/news/rovina_villa_adriana-35870249

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Archeologia e Architettura

Archeologia e Architettura

Archeologia ed Architettura: contrapposizione o collaborazione?

“L’archeologia, prima di essere tale, in un tempo definibile come originario, era architettura” “Il reperto, prima di essere documento, era parte di un contesto architettonico vissuto e abitato” Arch. Pier Federico Caliari

Vorrei partire da queste due affermazioni del Prof. Arch. Caliari del Politecnico di Milano per introdurre il tema del rapporto tra Architettura e Archeologia. Essendo nata e cresciuta in una città come Roma il tema mi ha sempre coinvolto e ho spesso seguito con un certo interesse il dibattito nelle facoltà. Si parte generalmente dal presupposto che l’archeologia abbia, in genere, un consenso socialmente diffuso che le riconosce un certo valore condivisibile dalla stragrande maggioranza. L’architettura, invece, specie quella contemporanea, sembra che abbia perso il sostegno critico e viene spesso vista in contrapposizione con l’archeologia. L’impressione diffusa è che l’architettura aggredisca e violenti l’archeologia. In conseguenza di questo Roma risulta costellata di recinti archeologi come ben notava in un suo libro l’archeologa Andreina Ricci. Secondo la studiosa, infatti, questi recinti sono nati in contrapposizione alle politiche del regime fascista che ha utilizzato i monumenti a fini politico-demagogici. Cito a questo proposito un passo del libro “Attorno alla nuda pietra” edito nel 2006: “Siamo qui davanti ad un nuovo tipo di isolamento: non più isolamento come enfatizzazione, ma isolamento come anonimato; come reazione all’uso pubblico della storia messo in scena dal regime fascista, l’archeologia, infatti, viene lasciata in mano agli archeologi, comunque agli specialisti, con la conseguenza che si viene a creare una separazione netta tra questi e i comuni cittadini. E il valore storico dei resti, che dovrebbe essere il fondamento di ogni politica di tutela, sfugge completamente allo sguardo

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di un non specialista e in questo senso l’assenza di qualsiasi strumento di comunicazione, anche del più elementare pannello esplicativo o di una semplice didascalia, non può essere considerata casuale...recinti e perimetrazioni...rappresentano degli steccati, materiali o immateriali, nei confronti di qualsiasi cedimento ‘comunicativo’, considerato di per sé scorretto ….ancora nel timore di un uso pubblico della storia in senso didattico-pedagogico” Anche se qui l’archeologa si riferisce agli innumerevoli episodi archeologici di cui Roma è costellata, credo che il discorso sia applicabile anche al caso di Villa Adriana in quanto nonostante non si limiti ad essere solo un recinto e goda comunque dell’interesse e delle attenzioni della Soprintendenza non riesce ad essere comunicativa nei confronti dei comuni cittadini. Si parla di uso pubblico della storia in riferimento a quelle aree che vengono sottratte all’uso contemporaneo dei cittadini senza restituire nulla in cambio. Queste rimangono delle “nude pietre”. Un valore storico che andrebbe comunicato e reso percepibile piuttosto che rimanere rilegato agli studi specialistici del settore. La studiosa parla della comunicazione come “un dovere di cui soprattutto gli archeologi dovrebbero sentirsi responsabilmente investiti” 8 e proprio questa frase mi permette di introdurre la delicata questione del contributo degli architetti nei siti archeologici. La figura dell’architetto-archeologo non trova oggi spazio negli ordinamenti delle facoltà italiane ed è relegata a percorsi di approfondimento post-universitari9. Sullo stesso percorso è andata la Francia che, nel 1874, con la regolamentazione dell’acces-

-so all’Ecole d’Athènes, emarginava gli architetti dai grandi scavi riducendoli ad una funzione complementare a quella dell’archeologo. La nazione più in controtendenza è stata la Germania dove, sin dal 1799, con la fondazione della Bauakademie di Berlino, si ponevano i presupposti per la nascita della figura di architetto-archeologo. Anche ultimamente, nel 1973, l’istituzione dei un dipartimento di architettura presso l’Istituto Archeologico Germanico di Berlino mostra l’interesse per la ricerca architettonica nei siti archeologici. Recentemente in Italia è stato istituito un master di secondo livello dal titolo “Architettura per l’Archeologia” presso l’Università di Palermo che si pone il fine di formare “una figura professionale che sappia integrare le competenze del progettista di architettura e dello studioso di archeologia”. Per anni architetti e archeologi sono rimasti fermi nelle proprie convinzioni senza possibilità di un dialogo multidisciplinare, decisamente auspicabile per la buona riuscita di un progetto di musealizzazione di un sito archeologico. Non a caso si fatica a trovare esempi di progetti realizzati, specialmente se si parla di musei archeologici con modalità diffusa. L’archeologo, con il suo paziente lavoro di scavo, ha come obiettivo quello di ricostruire un quadro mentale della forma urbis del passato definito soprattutto a livello epistemologico che fornisca una base per ulteriori approfondimenti futuri. L’intento dell’architetto è invece quello di operare sui resti del passato prevedendone una possibile riattualizzazione. Quello che è auspicabile è che si arrivi ad un punto d’incontro tra queste due discipline, un tempo unite, in quanto l’immobilismo che ne deriva non giova non soltanto agli architetti e agli archeologi ma soprattutto ai cittadini che si trovano totalmente esclusi dal dibattito.

8.Andreina Ricci, “Attorno alla nuda pietra. Archeologia e città tra identità e progetto”, Donzelli, 2006, p.97 9.Interessante articolo online di Giorgio Rocco: http://www.archinfo.it/la-figura-dell-architetto-archeologo e la for mazione-universitaria-in/0,1254,53_ART_173190,00.html

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Villa Adriana: Lettura compositiva

Ad un primo sguardo la villa appare con una configurazione eccentrica e irrazionale, frutto di un lavoro poco accurato e casuale. Con questa analisi vorrei sottolineare alcuni elementi fondamentali presenti sul sito che in parte ne giustificano la disposizione “disordinata” e che rimangono le uniche testimonianze attendibili in quanto la pianta originaria di Adriano risulta ad oggi inesistente e le fonti storiche pervenuteci non forniscono alcuna delucidazione in merito alle scelte progettuali riguardanti la pianta della villa. Un primo stadio di lettura è quello che svela le giaciture di gruppi di edifici secondo quattro orientamenti/assi principali. La direzione principale è quella che corrisponde all’asse maggiore della terrazza del Pecile. Questa è la direzione più fortemente voluta essendo stata costruita in modo totalmente artificiale e si può attribuire questa scelta al fatto che la direzione verso cui si protende è proprio l’asse verso Roma. Questa direzione comprende il gruppo degli “edifici est ovest” quali il Pecile, l’edificio con Tre Esedre, il giar-

dino-stadio e il Palazzo d’Inverno. La seconda direzione deriva dalla giacitura della villa repubblicana preesistente10, probabilmente di proprietà della stessa moglie di Adriano (Sabina), in parte mantenuta e in parte rimaneggiata a cui si allineano gli altri edifici aggiunti successivamente dall’imperatore lungo la cosiddetta “Valle di Tempe” quali il “nucleo residenziale” dell’imperatore fino alla Piazza d’Oro. La terza direzione segue approssimativamente l’andamento del fiume Risicoli e trova allineati gli edifici dell’ ”area angolata” quali le Terme, il Vestibolo di ingresso, il Pretorio e il Canopo. Quest’ultimo sembra esser stato collocato a sua volta nel letto di un corso d’acqua inaridito in quanto i bassi crinali arrotondati e il ripido fosso ricorda la morfologia del letto di un piccolo fiume11. Una quarta direzione poi interessa tutta l’area dell’Accademia, denominata dell’ ”asse sud ovest”, che sembra allinearsi all’orientamento del fiume dell’Acqua Ferrata.

Asse II Nucleo residenziale Hospitalia Cortile delle Fontane Piazza d’Oro

Asse III Canopo e Serapeo Vestibolo Centrale Grandi Terme Pretorio blocco del canale

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Asse principale verso Roma: Pecile, Sala dei Filosofi, Edificio con Tre Esedre, Stadio e Palazzo d’Inverno

Asse IV

10. L’effettiva esistenza della Villa Repubblicana di Sabina è incerta, alcuni studiosi come Mac Donald, Lugli e altri la confermano mentre alcuni recenti studi al Politecnico di Milano la smentiscono. 11. W.L. MacDonald-J.A. Pinto, “Villa Adriana, la costruzione e il mito da Adriano a Louis Kahn”, Electa, 2006, p.35

Torre di Roccabruna Area dell’Accademia Teatro Sud

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Archeologia e Architettura

Da queste quattro direzioni sfuggono alcuni edifici sparsi che si trovano in direzioni sufficientemente isolate da legittimare questa slegatura: il “gruppo Nord” con il Teatro, i ruderi nord e l’area del Tempio Dorico e altri edifici minori nell’area della cosiddetta “Altura”. Ad una analisi più attenta emergono degli edifici che per la loro specifica collocazione appaiono come edifici “cerniera”12. Questi edifici sembrano raccordare due assialità per volta. Il primo edificio cerniera è il cosiddetto Teatro Marittimo. Questo raccorda la prima direzione dell’asse verso Roma e la seconda direzione della vecchia villa Repubblicana ed è, a tutti gli effetti, l’edificio più originale e iconico della villa. Il secondo edificio “cerniera” è rappresentato, invece, dalle Piccole Terme. Queste raccordano l’asse del Pecile con l’asse del Canopo e posseggono anch’esse degli elementi compositivi fortemente innovativi. Ad una analisi ulteriore focalizzata sugli edifici disposti sugli assi principali si evince un attento studio del fattore “sorpresa”. L’articolazione tra spazi chiusi, spazi semiaperti e spazi aperti mostra un gioco di contrasti perfettamente destinato a creare specifici effetti percettivi a chi percorreva la villa. Il cambiamento che si assisteva passando da un’area aperta ad una chiusa era spesso ben definito e sottolineato ad esempio dalle dimensione della porta o dell’ingresso, più ridotte rispetto alla fabbrica. Il fatto di attraversare ambienti molto diversi

fra loro contribuisce a creare quel disordine apparente che si percepisce in pianta e proprio per questo aspetto la villa sembra essere coerente a livello concettuale. La pianta svela l’obbiettivo percettivo spaziale che era negli intenti dell’imperatore. Nella villa, infatti, si evita accuratamente l’impostazione gerarchica tradizionale con una rettinearità preponderante. Gli accessi vengono attentamente pensati in modo tale che l’elemento finale e culminante del percorso si sveli appieno solo nel momento in cui lo si raggiunge. Ne sono un esempio in questo senso il santuario di Palestrina e lo stesso Pantheon. In tutto questo il gioco di luci ed ombre, presenti sin dall’antica casa con atrio romana con le sue sequenze di luci/ombre lungo l’asse centrale che dall’ingresso su strada portavano al cortile posteriore, sembra enfatizzare l’idea di movimento e di varietà che caratterizza la villa. Persino gli spazi di risulta tra un edificio e l’altro risultano derivare dallo stesso desiderio di sperimentazione. Da questa analisi la villa risulta quindi essere concepita come un aggregato di elementi artistici e funzionali disposti ad arte e talvolta ad effetto per rendere più varia e multiforme l’esperienza. La villa alternava alle sensazioni di vastità spaziale suscitate nei giardini e nelle terrazze, le atmosfere raccolte degli spazi chiusi spesso quasi completamente isolati dall’esterno.

Edifici sparsi: Teatro nord Ruderi nord Tempio di Venere Terme con Eliocamino Caserma dei Vigili Tholos Plutonium

Edifici “cerniera”: Teatro Marittimo e Piccole Terme

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12. Si veda anche l’analisa compositiva condotta da M. Falsitta, “Villa Adriana. Una questione di composizione architettonica”, Skira, 2002

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Archeologia e Architettura

118 - 121 d.C.

Villa Adriana: Lettura per fasi costruttive

Un secondo stadio di lettura può essere impostato partendo dall’analisi dei bolli laterizi laddove risultano presenti. La pratica della bollatura effettuata sui mattoni raggiunse l’apice proprio nel periodo di Adriano e consisteva nell’imprimere un marchio contente il nome del console in carica permettendo quindi di risalire alla data di fabbricazione. Lo studio dei bolli laterizi, inoltre, permette di avanzare ipotesi sulla sequenza e sull’articolazione dei lavori di costruzione del complesso. Il tempo di costruzione di Villa Adriana fu relativamente breve ma sicuramente esisteva un piano che attribuiva priorità ad alcuni edifici ritardando la costruzione di altri. Gli edifici necessari alla vita quotidiana dell’imperatore erano sicuramente prioritari rispetto alle fabbriche destinate a cerimonie e ricevimenti come anche quelle destinate al personale di servizio. La prima sequenza costruttiva è stata ipotizzata da Bloch13 per la prima volta nel 1937, grazie proprio allo studio dei bolli laterizi. Lo studioso arriva all’identificazione di tre distinte fasi: la prima fase dal 118 al 125, la seconda dal 125 al 133 - 34 e la terza dal 133 - 34 al 138 d.C. Inoltre queste fasi sono strettamente correlate con i ritorni dell’imperatore dai suoi viaggi e ciò fa pensare ad una partecipazione attiva dell’imperatore ai lavori nella villa. La prima fase14 corrisponderebbe ai lavori di ristrutturazione della vecchia villa repubblicana preesistente e l’apertura di un secondo accesso con la creazione del doppio portico del Pecile, del cosidetto Teatro Marittimo e delle Terme con Eliocamino. Quest’area viene considerata da alcuni studiosi come il primo nucleo residenziale utilizzato dall’imperatore per soprassedere ai lavori della villa identificando il Teatro Marittimo come la sua residenza temporanea. In un secondo momento, probabilmente tra il 121 e il 125, sarebbero iniziati i lavori per completare la parte residenziale fino alla Piazza d’Oro e le parti centrali del Pecile, Stadio, Edificio con Tre esedre, Piccole e Grandi Terme fino al Pretorio. Adriano tra il 120 e il 121 d.C. avrebbe avuto tutto il tempo per organizzare i nuovi lavori e

121 - 125 d.C.

125 - 138 d.C.

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dirigere le fabbriche già iniziate prima per poi partire per numerosi viaggi che lo terranno lontano da Roma fino al 125 d.C. Con la seconda fase, che va dal 125 d.C. al 134 d.C., si identificano gli ultimi completamenti alla parte residenziale che coinvolge il cortile delle fontane, l’edificio con peschiera e altri minori. Soprattutto viene iniziata la costruzione di quello che a detta di molti studiosi corrisponde all’accesso trionfale della villa in corrispondenza del nuovo nucleo del vestibolo centrale, il tempio Antinoeion e i nuclei del Canopo e dell’Accademia. Anche questa fase prevede un periodo iniziale in cui Adriano risiedette a Roma tra il 125 e il 128 d.C. per poi partire e tornare soltanto alla fine del 134 d.C. La terza fase, dal 134 d.C. al 138 d.C. vede la conclusione degli ultimi tre nuclei sopracitati (Vestibolo centrale, Canopo e Accademia) con la presenza costante di Adriano che, di ritorno dal suo ultimo viaggio, seguirà gli ultimi lavori della villa fino al 138 d.C. anno della sua morte. Dagli studi dei bolli laterizi è emerso inoltre il fatto che la villa non fu completata alla morte di Adriano e questo lo confermerebbero anche alcune analisi effettuate sulle Grandi Terme e sul Pretorio nel 2001 da S.P. Ricotti. Tuttavia l’analisi per fasi costruttive presenta numerose lacune ed è lungi dall’essere il calendario dei lavori a tutti gli effetti in quanto c’è un altissima percentuale di bolli laterizi risalenti al 123 - 124 d.C. e in minoranza se ne trovano di precedenti e ancor meno di successivi fino al 135 d.C. Questo evidenzia comunque la tesi, portata avanti dalla maggioranza degli studiosi, che villa Adriana sia stata concepita con un progetto unitario e onnicomprensivo piuttosto che per singoli ripensamenti e che più che di fasi costruttive si debba pensare ad un ordine di precedenza dei lavori delle singole fabbriche. La villa risulta quindi essere concepita come un aggregato di elementi artistici e funzionali disposti ad arte e talvolta ad effetto per rendere più varia e multiforme l’esperienza. Al suo interno si alternavano sensazioni di vastità spaziale nei giardini e nelle terrazze, e atmosfere raccolte degli spazi chiusi isolati.

13. H. Bloch, “I bolli laterizi e la storia edilizia romana; la Villa di Adriano a Tivoli” in Bollettino Commissione Archeologica Comunale di Roma 1937, 65 p. 113-181 14. Per l’analisi delle fasi costruttive si veda anche lo studio di F. Chiappetta, “I percorsi antichi di Villa Adriana”, Quasar, 2008, p.21-31

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Un museo diffuso per Villa Adriana

Il workshop “Piranesi Prix-de-Rome”

Vista aerea di Villa Adriana allo stato attuale

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L’idea di improntare la mia tesi su villa Adriana è sorta in occasione della pubblicazione del bando per partecipare ad un Workshop progettuale per un museo di Villa Adriana. Purtroppo per motivi amministrativi universitari il periodo del workshop coincideva con la sessione di esami a cui non potevo sottrarmi. Trovando tuttavia il tema di estremo interesse ho avuto modo, grazie all’organizzazione di un Convegno Internazionale sulla musealizzazione dei siti archeologici tenuto presso il Politecnico di Torino curato dal prof. Vaudetti, di entrare in contatto con il prof. Arch. Caliari del Politecnico di Milano per inserirmi lo stesso nello spirito del Workshop e trarre alcune linee guida molto utili e interessanti. Il Workshop fa parte del Seminario Internazionale di Museografia di Villa Adriana, nato nel maggio 2003 da una proposta di P.F. Caliari in una triangolazione tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, la Facoltà di Architettura e Società del Politecnico di Milano e la Penn State University di Roma. Il Premio Piranesi si pone in continuità con la tradizione del Grand Prix de Rome, il celebre riconoscimento annuale all’alta formazione classica degli architetti francesi, istituito nel 1713 dall’Académie Royale d’Architecture di Francia a Roma e abolito nel maggio del 1968. L’obiettivo principale è quello di fare da ponte tra il sapere archeologico e quello architettonico, istituzionalizzando percorsi metodologici comuni ed un linguaggio interdisciplinarmente riconosciuto. Il terreno di confronto si esplica nella museografia unita ad uno dei contesti archeologici che rappresenta una delle più grandi lezioni di architettura del mondo occidentale. In questa sede la museografia è intesa sia come disciplina “storica” legata all’esposizione oggettuale classica come performance temporanea. Di seguito provvederò ad illustrare le modalità di progettazioni e i requisiti richiesti dal bando del Workshop che ho adottato come linee guida generali del mio progetto.

La struttura museale Nel bando ho avuto modo di trovare diverse linee guida per la progettazione di un museo all’interno del sedime archeologico strutturato secondo quattro nuclei tematici tra loro integrati e interagenti: 1. Accoglienza e spazi extra-istituzionali interni ed esterni 2. Esposizione 3. Incontri e didattica 4. Documentazione e ricerca (facoltativa) I quattro nuclei tematici possono essere concentrati in un solo edificio oppure distribuiti secondo una logica di diversi padiglioni su tutto il territorio della villa. Le strategie proposte, quindi, erano due: 1. Strategia concentrata che prevede un unico edificio da collocare in una delle cinque aree di progetto indicate dal bando 2. Strategia diffusa, basata sulla distribuzione delle diverse funzioni del Museo nelle diverse aree di progetto Barriere architettoniche Tutte le sezioni museali sono da intendersi totalmente prive di limitazioni fisiche e barriere architettoniche. Accoglienza e spazi extra-istituzionali interni ed esterni

Atrio Nell’Atrio vi troveranno luogo: guardaroba, ambiti per accoglienza, informazione e promozione delle iniziative istituzionali e un information point multimediale.

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Un museo diffuso per Villa Adriana

Un museo diffuso per Villa Adriana

Nel caso di strategia a modalità diffusa ogni padiglione dovrà, sulla base della propria dotazione dimensionale, avere una parte destinata a questa funzione.

Sezioni espositive

Bookstore

La zona di arrivo delle opere deve essere accessibile con furgoni da uno spazio esterno sicuro, protetto e coperto per le operazioni di carico e scarico. Tale area deve essere articolata in un ufficio di arrivo e di controllo, una zona per disimballaggio e imballaggio e un deposito temporaneo.

Questo spazio potrà assumere un carattere complesso e articolato, in riferimento alla concezione progettuale dell’atrio. Potrà essere organizzato secondo un’offerta centralizzata, oppure disaggregato e diffuso in una serie di point riferiti ai diversi padiglioni. Dovrà contenere più ambiti, separati e interagenti, per libri, poster e gift del Museo.

Ricezione opere

Esposizione Caffetteria La caffetteria può essere centralizzata o riferirsi a più collocazioni nella villa. Infatti, attualmente, all’interno di essa non esiste alcun punto di ristoro strutturato.

L’esposizione è divisa in diverse sezioni. Queste possono essere concentrate oppure diffuse e scorporate. Prima Sezione espositiva: è dedicata alla STATUARIA ed in particolare alla narrazione dell’iconografia adrianea (Adriana, Sabina, Antinoo).

Incontri e didattica Gli spazi per gli incontri e la didattica arricchiscono l’immagine tradizionale del museo, improntato unicamente sulla visita e la fruizione delle opere. L’attivazione di tali spazi è legata a più ampie strategie che si prefiggono di aprire l’istituzione a molteplici attività culturali, di promozione delle iniziative e di diffusione culturale.

giore enfasi percettiva o allestiva e ad uno specifico rapporto tra spazio architettonico e collezione esposta. L’altezza richiesta è di 7/9 metri. Loft: s’intende uno spazio dalla pianta geometricamente non rapportabile a tipi stereometrici codificati, ma connotata da rapporti liberi. Il Loft deve consentire un alto livello di performatività per accogliere grandi opere, installazioni, allestimenti specificamente progettati per mostre o eventi.

Aula modulare polivalente Uno spazio da collocare in relazione alle zone espositive per mostre temporanee, considerando la crescente tendenza a integrare gli spazi espositivi con dibattiti, conferenze e incontri pubblici con curatori e artisti. Dovrà inoltre essere concepito come spazio polivalente per spettacoli multimediali, performance, video, proiezioni di film e workshop. Dovrà essere estremamente flessibile e consentire il cambio di configurazioni di sedute per molteplici forme di fruizione. E’ lo spazio utilizzabile anche per le attività didattiche di grande gruppo come le scolaresche, riunioni, seminari, convegni.

Reversibilità di tutti gli interventi Il Museo deve essere progettato secondo avanzati criteri di reversibilità. Reversibile è una trasformazione che, dopo aver avuto luogo, cioè al termine della vita assegnata ad un determinato intervento o forma architettonica, può essere invertita riportando i luoghi nelle condizioni iniziali senza che ciò comporti alcun cambiamento nel contesto. La modalità reversibile permette quindi di realizzare interventi rimuovibili e smaltibili secondo tecnologie a secco basate sul semplice disassembling, senza che di essi ne resti traccia o segni di invasività.

Tipologie architettoniche Seconda Sezione espositiva: è dedicata all’ARCHITETTURA DELLA VILLA e alla consultazione della mappa multimediale dei siti adrianei. In questo ambiente dovrà essere posizionata una copia aggiornata del grande modello del Gismondi attualmente custodito nel piccolo edificio vicino al Pecile, oltre ai singoli modelli di tutti i padiglioni più importanti della villa. Dovranno trovare posto anche i frammenti degli elementi architettonici e delle decorazioni pavimentali e murali. Terza Sezione espositiva: è destinata alle MOSTRE TEMPORANEE e deve essere ideata per permettere un’ampia versatilità nel cambio di configurazione attraverso pareti mobili e superfici reversibili.

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In relazione al grado di flessibilità e alle loro caratteristiche spaziali e d’uso, vengono indicate tre tipologie architettoniche che potranno essere declinate in molteplici configurazioni dal progetto: sono la Galleria, la Tholos e il Loft. Galleria: è uno spazio tubolare con una sezione geometricamente rapportabile al quadrato. Potrà essere flessibile e suddivisibile per ospitare più mostre contemporanee, oppure essere trattata unitariamente. L’illuminazione, sia artificiale che naturale, e sistemi di oscuramento consentiranno di accogliere mostre con opere d’arte antica e moderna che contemporanea, come installazioni luminose, multimediali e video. L’altezza richiesta è di 4/5 metri e la lunghezza fino a 40/50 metri.

Dati dimensionali Per svolgere in modo adeguato il programma ipotizzato, si è ritenuto necessario disporre di circa 2.500 mq di Slp, ripartiti come mostrano le tabelle seguenti. Inoltre le diverse unità sono state suddivise in diverse proporzioni di superficie netta e lorda. Nella fase progettuale la Superficie lorda di pavimento prevista può essere aumentata o diminuita fino a una misura pari al 10% complessivamente. Sarà inoltre possibile operare dei bilanciamenti interni alle superfici, aumentando la Superficie di occupazione ottimizzando e diminuendo, dove è possibile, la Superficie comune e la Superficie tecnica

Tholos: è uno spazio a pianta centrale, geometricamente definito (quadrato, circolare, ellittico, ottogonale, ecc.). Ha normalmente uno sviluppo verticale corrispondente come miniamo ad un lato o diagonale della pianta. Tipologicamente si riferisce a momenti del percorso museale caratterizzati da una mag-

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Un museo diffuso per Villa Adriana

Un museo diffuso per Villa Adriana

La scelta della modalità diffusa e ipogea

Tra le due strategie proposte dal bando (strategia concentrata e strategia diffusa) ho scelto la strategia diffusa. Dopo diversi sopralluoghi e con uno studio attento dell’area sono arrivata a questa scelta in quanto, a mio parere, rispecchia meglio la natura del sito. La villa, infatti, si estende su un territorio molto ampio che si presta molto bene alla lettura per zone “aggregate” ovvero per gruppi di edifici. La modalità diffusa permette di affidare il racconto dei gruppi di edifici a singoli padiglioni tematici evidenziando le peculiarità di quella specifica area e avendo modo di confrontare direttamente sul posto le rovine delle architetture e le ricostruzioni e descrizioni presenti all’interno del museo. Inoltre la sezione statuaria è stata concepita con uno specifico studio dei luoghi di ritrovamento in modo tale da esporre in ogni sezione dei singoli padiglioni solo i reperti strettamente correlati al contesto. Ovviamente questa scelta implica la presa di coscienza che il luogo di ritrovamento non coincide necessariamente con la sua collocazione originaria all’interno della villa, tuttavia si vedrà che per singoli cicli statuari esso può coincidere a tutti gli effetti. La modalità diffusa rispecchia anche di più i criteri di sostenibilità economica dell’intervento che, nel caso di un contesto archeologico così esteso e così bisognoso di fondi, è un aspetto da considerare a livello concreto. Nel caso di una modalità concentrata il progetto avrebbe avuto bisogno di finanziamenti ingenti e in un’unica tranche che, ad oggi, sarebbero estremamente difficili da trovare soprattutto per la Pubblica Amministrazione oltre che per possibili sponsor. In particolare, per museo diffuso si intende una delle più recenti evoluzioni del concetto di museo fino ai giorni nostri. Il museo diffuso è frutto di una sensibilità culturale allargata che si apre anche ai temi dell’ambiente, del paesaggio e, in generale, di ogni forma di manipolazione del territorio che è stata fatta in tempi passati. Questo tipo di museo è altrimenti detto “Mu-

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seo potenziato” o Augumented Museum per sottolineare il ruolo delle tecnologie innovative dell’Information and Communication Technology con le ricostruzioni virtuali che accompagnano il percorso di visita. In altre parole, non esiste più soltanto la tipologia di museo in quanto insieme di collezioni di Beni Artistici e Culturali dotati anche di un certo valore economico ma il museo si trasforma e assume una struttura dinamica preparandosi a svolgere un ruolo di primo piano nella formazione ed educazione di grandi masse di visitatori, diventa straordinario strumento di potenziamento della crescita culturale di un intero territorio e fa sì che la visibilità del paesaggio che rappresenta aumenti, cogliendone, a fondo, il significato tra storia, memoria e sviluppo. Per il caso di Villa Adriana si può intendere un nuovo tipo di concezione museale in termini di accompagnamento “diffuso” alla scoperta di un sito così vasto e di rimandi “virtuali” a quelli che erano gli altri edifici adrianei dello stesso periodo realizzati nella capitale in modo da integrare la conoscenza dell’architettura adrianea e fornire al turista un quadro completo. Per quanto riguarda invece la scelta di collocare gli edifici in modalità ipogea, questa è nata prima di tutto da un analisi di alcuni interventi museali in contesti archeologici quali, solo per citarne uno, il centro Madinat al-Zahra dello studio spagnolo Nieto Sobejano. Questi interventi si rifanno alla metafora dello scavo archeologico quindi l’edificio viene inserito nel terreno attraverso un processo di sottrazione che gli permette di evitare un eccessivo impatto del nuovo sul antico mantenendo l’immagine consolidata del sito archeologico e, contemporaneamente, permettendo all’edificio museale di essere una presenza costante ma discreta. Inoltre le opere di scavo effettuate per realizzare i padiglioni potrebbero essere sfruttate come ulteriore possibilità di indagine del sito magari con l’eventuale possibilità di trovare altri reperti.

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Un museo diffuso per Villa Adriana

Lo studio dei riferimenti progettuali_1

Il Museo e Parco Archeologico di Karlkriese,Germania - Arch. Gigon e Guyer (1998-2001)

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L’intervento degli architetti svizzeri Gigon e Guyer insiste in una distesa di verde di circa 20 ettari nel quale si vuole rievocare alla memoria la celebre battaglia di Varo, tra Romani e Teutoni, avvenuta nel IX secolo. Il risultato degli scavi non sono reperti archeologici tradizionali ma solo tracce, indizi che sono stati ricomposti dai progettisti in un sistema di percorsi segnato da alcuni episodi architettonici in punti chiave attentamente studiati. Il progetto prevede: - la creazione di tre diversi tipi di sentieri - la riproduzione del tracciato del terrapieno difensivo costruito per la battaglia e scoperto durante gli scavi nell’area - la ricostruzione parziale delle caratteristiche originarie del paesaggio - la realizzazione di tre padiglioni, di un museo e di un centro di accoglienza che riutilizza un casale preesistente I percorsi

Legenda 1. Centro di accoglienza 2. Museo 3. Padiglione “vedere” 4. Percorso dei romani 5. Tracciato del bastione

6. Sentiero dei Teutoni 7. Ricostruzione del paesaggio originario 8. Padiglione “ascoltare” 9. Padiglione “interrogare”

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Il sistema dei percorsi riproduce sulla vasta area collinare le posizioni ei movimenti delle due legioni durante la battaglia. Il percorso curvilineo (4) segna il cammino dei Romani con piattaforme in acciaio. Il percorso svela pian piano frammenti di storia, metafora del lavoro paziente dell’archeologo che analizza frammento per frammento alla ricerca di un quadro storico più completo. Il movimento dei Teutoni nella foresta è, invece, introdotto da piccoli sentieri di ghiaia (6). Qui i progettisti hanno voluto enfatizzare la familiarità e l’abilità dei Teutoni nel muoversi all’interno della foresta e la loro capacità di nascondersi all’occorrenza. Infine il sistema dei percorsi che segue la geometria dei tracciati agricoli presenti permette ai visitatori di scoprire il luogo e il paesaggio circostante.

Ricostruzione del baluardo difensivo Attraverso uno scavo vengono riportate alla luce le mura difensive dei Teutoni, qui rievocate da una palizzata in acciaio cor-ten. Una palizzata in legno individua, invece, gli spostamenti della legione germanica. Intervento paesaggistico La rievocazione coinvolge anche l’elemento paesaggistico (7) provvedendo a ricreare le condizioni del sito originario in un punto specifico del percorso e disboscando una parte in modo da aprire la vista sui campi coltivati evidenziando la stratificazione di valori ed elementi paesaggistici differenti. Area museale Il Museo ospita uno spazio espositivo dedicato alla cultura romana e germanica, alla storia della battaglia e alla ricerca archeologica. Altri elementi architettonici sono stati introdotti per enfatizzare la percezione del paesaggio circostante come l’alta Torre del centro di accoglienza e i padiglioni a tema. Il primo padiglione “vedere” (3) proietta il mondo esterno in maniera invertita per mezzo di una camera oscura su una mezza sfera luminescente. Il mondo è visto sottosopra con il cielo sotto e la terra sopra in modo simile a quello del bulbo oculare umano. Quello che noi vediamo viene raffigurato su di un vetro sovradimensionato così i visitatori possono “vedere” allo stesso modo in cui vedono attraverso la retina. Il secondo padiglione “ascoltare” (8) è isolato acusticamente per enfatizzare tutti i suoni e i rumori del paesaggio circostante attraverso un tubo acustico che è possibile direzionare a piacimento.

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Un museo diffuso per Villa Adriana

Centro visitatori con la torre che svetta sul paesaggio circostante

Percorso dei Romani e Padiglione “vedere”

L’ultimo padiglione, chiamato “domandarsi”, (9) è strutturato con un muro che ha delle fessure verso l’esterno e un altro muro di fronte con nove schermi dove vengono proiettati dei video di trasmissioni televisive che parlano delle guerre che avvengono in tutto il mondo. Questo per sottolineare che le guerre non sono mai cessate, anzi continuano ad esserci con la stessa violenza di secoli fa. Mi sono soffermata sullo studio di questo museo perchè ho trovato forti analogie, prima di tutto per l’attenzione posta al paesaggio e al terreno che presenta forti dislivelli, in secondo luogo per l’approccio museale non concentrato ma organizzato per padiglioni con proprie funzioni. Avendo scelto di organizzare il museo di Villa Adriana con una modalità diffusa questo è uno dei pochi esempi progettuali che ho trovato relativamente alla musealizzazione in siti archeologici. In questo caso specifico la parte dei reperti archeologici si pone quasi allo stesso livello dello studio paesaggistico. Ho dovuto quindi trovare altri esempi che si rapportassero con dei ruderi in maniera più simile a quello che

avviene all’interno della Villa dell’imperatore Adriano. Il terzo aspetto interessante è il sistema dei percorsi, ciascuno con la propria storia da narrare e con trattamenti differenti in modo da non confonderli. Interessante è anche l’idea di riutilizzare un casale esistente in quanto era possibile recuperarlo piuttosto che costruirlo ex-novo. Questo mi ha dato uno spunto di riflessione sulla effettiva possibilità di riutilizzo di alcune strutture, postume agli edifici adrianei, già presenti all’interno della villa quali la biglietteria/bookshop posta all’esterno dell’odierna recinzione, l’edificio che ospita il plastico ricostruttivo del Gismondi, il Museo Didattico e l’edificio del Canopo. Tra le strutture che risalgono all’epoca adrianea, inoltre, ve ne sono alcune che si sono conservate molto bene come, per esempio, la Caserma dei Vigili. Queste strutture potrebbero essere riutilizzate per dar loro una nuova funzione collegata a quella museale dei padiglioni. Un ultimo aspetto da sottolineare è l’utilizzo di un unico materiale di rivestimento che conferisce unitarietà al tutto nonostante siano episodi architettonici singoli ed autonomi.

Vista della ricostruzione in cor-ten del baluardo difensivo dei Teutoni

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Un museo diffuso per Villa Adriana

Lo studio dei riferimenti progettuali_2

Museo e Centro di Ricerca Archeologico de La Breche et de La Noye , Froissy - Francia N! Studio (2006-2008)

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Legenda

Il Museo dello studio romano N!studio è frutto di un concorso internazionale ad inviti che prevede la realizzazione di un polo museale e per la ricerca all’interno della regione della Picardia, a nord di Parigi, ricca di testimonianze di grandi insediamenti gallo-romani. Le permanenze storiche di questo periodo sono piuttosto frammentarie in quanto i Galli costruivano soprattutto in legno. Questo ha favorito la creazione di una rete di piccoli musei localizzati sul territorio in collegamento diretto con i siti archeologici. Il sito gallo-romano di Vendeuil-Caply è tra le più emblematiche testimonianze di una città antica, con il suo anfiteatro di 81 metri di diametro che poteva ospitare fino a 4.000 spettatori. Secondo l’idea del museo legato al contesto, in nuovo edificio è situato vicino all’anfiteatro gallo-romano, come il punto finale della passerella di visita attraverso gli scavi. Il museo ha il duplice obiettivo di accoglienza dei flussi turistici da un lato e di supporto logistico agli archeologi dall’altro, per agevolare i lavori di restauro e pulitura dei reperti e per conservare al coperto i pezzi più delicati e deperibili, tutto senza alterare l’immagine del paesaggio circostante. Si tratta quindi di un museo-laboratorio, un museo attivo nel campo della ricerca archeologica. Un museo ipogeo

1. Anfiteatro del sito gallo-romano di Vendeuil-Caply 2. Nuovo Museo 3. Percorso verso i resti del Teatro gallo-romano

La struttura museale è inscritta nel suolo ed è stata pensata come una naturale estensione del paesaggio circostante formato da valli e depressioni della topografia della Picardie. Il museo si caratterizza per la sua presenza discreta come una sorta di mimetizzazione parziale affinchè il dialogo con il contesto sia il meno traumatico possibile. Collocandosi nella zona del teatro gallo-romano la struttura è quasi invisibile.

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Si accede attraverso una rampa posizionata sull’asse del futuro cammino che condurrà al teatro e fa scivolare lentamente i visitatori verso il livello espositivo. Vengono evidenziati i differenti strati del terreno: il suolo naturale del paesaggio attuale, il suolo artificiale del museo, i reperti archeologici nella parte più bassa. Anche il tetto è stato trattato con un manto erboso che contribuisce a integrare l’edificio nel contesto circostante oltre a migliorarne l’inerzia termica. Per realizzarlo è stata utilizzata la stessa terra di sbancamento del sito. Illuminazione interna La luce naturale penetra attraverso le aperture orizzontali della facciata di acciaio corten e dai pozzi di luce in copertura, e ciò impedisce l’illuminazione diretta delle sale. La differenza di altezza degli ambienti dedicati a uffici ed esposizione rispetto a quelli destinati ai depositi e laboratori ha permesso di inserire una striscia di finestre sul lato opposto alla facciata principale favorendo la ventilazione naturale fondamentale per il ricambio d’aria degli ambienti ed il benessere termo-igrometrico degli occupanti. La presenza di tali finestre permette inoltre l’ingresso di luce naturale dall’alto rendendo gli spazi di lavoro più dinamici e stimolanti. Materiali costruttivi Il progetto è caratterizzato dall’uso di una tavolozza ridotta di materiali, scelti tra quelli tipici della ricerca archeologica: - Setti in cls per il muro di sostegno temporaneo del museo - Suolo in cemento grezzo

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Un museo diffuso per Villa Adriana

- Soffitti progettati in modo da sostenere installazioni molto flessibili - Facciata sud in acciaio corten di colore bronzo. Questo materiale quasi organico cambia colore nel tempo - Pietra naturale locale - Pannelli per i muri di esposizioni temporanee e per la divisione degli spazi Nuovo Museo ipogeo

Bioclimatica

Resti del Teatro

Il rivestimento metallico che copre tale facciata ha permesso la creazione di un’intercapedine ventilata lungo tutto il lato sud-ovest dell’edificio. Il pacchetto di facciata comprende il paramento esterno in acciaio verniciato, l’intercapedine, lo strato impermeabilizzante, l’isolante da 10cm, la barriera al vapore e il rivestimento interno in cartongesso. Tale soluzione ha permesso di ridurre le perdite di calore per convezione dovute alle correnti d’aria invernali sull’involucro primario e proteggere lo stesso dall’irraggiamento diretto e dal conseguente riscaldamento nel periodo estivo. Nel periodo invernale la facciata in acciaio protegge la parete interna dalla sottrazione di calore generata per convezione dalle correnti fredde. Nel periodo estivo la libera circolazione dell’aria nell’intercapedine produce un flusso di corrente che contribuisce alla riduzione del surriscaldamento degli ambienti interni. L’apporto energetico principale offerto dall’utilizzo del verde in copertura nel periodo estivo consiste nella riduzione del carico termico sull’involucro grazie all’intercettazione dell’irraggiamento solare; i processi di evapotraspirazione legati alla fotosintesi assorbono la radiazione solare contenendo di conseguenza l’innalzamento delle temperature a ridosso dell’edificio. In inverno la superficie vegetale

e il terreno sottostante contribuiscono alla limitazione delle dispersioni di calore dovute alle correnti di aria fredda presenti nella zona che lambiscono l’edificio. Il tetto giardino garantisce inoltre un deflusso controllato delle acque meteoriche verso i sistemi di raccolta interrati. Il raffrescamento estivo e il riscaldamento invernale sono garantiti da un sistema di pannelli radianti alimentato da un impianto geotermico a bassa entalpia. Ho approfondito questo museo in quanto un museo di tipo ipogeo, parzialmente interrato, ben inserito nel contesto paesaggistico. Tramite l’assialità della rampa il museo riesce a instaurare un dialogo a distanza con il rudere anche se non presente nelle immediate vicinanze. L’ultima appendice della rampa, che apre a delle finestre visuali verso il paesaggio, enfatizza questa “tensione” verso i reperti archeologici poco distanti. La struttura è in grado di dialogare con i reperti archeologici ma, al contempo, mantenere la propria autonomia di edificio contemporaneo e “vitale”, centro di ricerca archeologica in grado di attrarre un nuovo interesse verso il teatro gallo-romano. Il Museo, infatti, non si trova in una località interessata da grandi flussi turistici, sarà frequentato episodicamente e dovrà funzionare come supporto logistico agli archeologi, per dar loro modo di effettuare agevolmente restauri e puliture e per conservare al coperto i pezzi più delicati e deperibili. E’ stato interessante capire come risolvere il problema della luce all’interno delle aree espositive, nonchè i criteri di scelta dei materiali utilizzati e delle tecnologie architettoniche utilizzate per risolvere i problemi di tipo strutturale ed energetico.

Finestre visuali verso il paesaggio circostante

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Un museo diffuso per Villa Adriana Antica città romana di Flavia Solva sovrapposta alla nuova

Lo studio dei riferimenti progettuali_3

Parco Archeologico di Flavia Solva, Wagna, Austria - Nussmuller Architekten (2004)

Il concorso per costruire un padiglione sopra un’insula della città romana di Flavia Solva è stato indetto nel 2000 per attivare un percorso di riacquisizione della memoria civica. Dal 1998 il Comune aveva intrapreso un percorso di valorizzazione dopo una lunga serie di campagne di scavo. Il frutto di questo lavoro svolto nell’arco di un secolo sono state decine di insulae regolari, allineate secondo il Cardo e il Decumano massimo, con annesso un anfiteatro ligneo. L’area di interesse del padiglione è l’insula XXII, l’unica a non essere stata disotterrata dopo gli scavi per una precisa strategia di valorizzazione dell’area. Il museo, aperto ufficialmente nel 2004, è stato pensato come luogo di accoglienza estiva della popolazione locale più che meta per il turismo di massa.

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Legenda

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1. Insula XXII 2. Nuovo Padiglione museale

L’architettura del padiglione La struttura del padiglione adotta un sistema di sei pilastri in c.a. che sostiene una grande trave reticolare in tubolari di acciaio. Tutto è modulabile e realizzato in serie, in modo tale da espandere la superficie del museo a seconda dell’esigenza lungo le sue direzioni ortogonali. L’accesso al museo avviene tramite un lungo ballatoio che porta alla lunga parete vetrata d’accesso. La forma slanciata del padiglione è assimilabile ad un ponte e questo in riferimento al vicino Landschabrucke, uno dei più antichi ponti romani austriaci, enfatizzando al contempo il forte legame della città con il fiume Sulm. L’edificio permette di vedere le rovine dall’alto e di scendervi all’occorrenza tramite ponteggi

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da cantiere collegate alle terrazze del museo. Il padiglione è stato concepito come uno spazio coperto non riscaldato in un’ottica di apertura estiva per un risparmio economico e gestionale. Il turismo di massa, infatti, è totalmente assente nella stagione invernale. L’allestimento interno del padiglione è essenziale e prevede mostre temporanee su temi diversi. Questo padiglione espositivo rappresenta uno dei pochi casi in cui si costruisce sopra le rovine. E’ quasi un caso di simbiosi tra nuovo e antico in quanto è il nuovo che svela l’antico attraverso la passeggiata soprelevata prima e l’allestimento poi. Al di là del linguaggio architettonico adottato la struttura è discreta e, soprattutto, completamente reversibile e ampliabile. Questo progetto mi ha fatto riflettere sull’effettiva necessità di climatizzare i padiglioni espositivi del museo diffuso per Villa Adriana in quanto anche per questo sito la stagionalità delle visite è presente e vede i flussi maggiori durante l’estate. Un altro spunto di riflessione riguarda la possibilità di collocazione i padiglioni direttamente sopra i resti oppure nelle immediate vicinanze.

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Un museo diffuso per Villa Adriana

Il Masterplan: gli step d’intervento

Il Masterplan è strutturato secondo i 3 assi direttori che orientano l’intero sito archeologico. A questo fine sono disposti 3 padiglioni strutturati secondo sezioni specifiche che raccontano la storia della villa, delle sue architetture e permettono l’esposizione in situ dei reperti ad oggi oggetto di ritrovamento. Questi padiglioni forniscono una chiave di lettura degli assi e arricchiscono il percorso museale costituito dalle architetture vere e proprie fuori terra con il percorso di visita ipogeo che svela lentamente la villa. Il Masterplan prevede delle realizzazioni per step successivi sia per motivi imputabili alla mancanza di fondi, concessi sempre più per parti discrete, che per evitare di intralciare le attività di scavo e di manutenzione che si svolgono per tutto l’arco dell’anno nella villa. A questo scopo il masterplan prevede 3 step d’intervento: 1 – Padiglione lungo il muro del Pecile 2 – Padiglione lungo il nucleo residenziale 3 – Padiglione lungo l’asse del Canopo Oltre a questi 3 step, realizzabili nel breve-medio periodo, è previsto anche un quarto step in quanto il quarto asse che corrisponde alla zone cosiddetta dell’Accademia non è accessibile in gran parte, ricadendo in terreni di proprietà privati della famiglia Bulgarini. Nel caso in futuro l’area venga concessa si potrebbe pensare ad un altro padiglione che si snoda in quella direzione fornendo una chiave di lettura anche di quell’area attualmente fuori dal percorso di visita. A questo si aggiunge la possibilità di trasformare l’edificio della Caserma dei Vigili, in gran parte conservato, in magazzini visitabili tramite un intervento di rifacimento della copertura con dei costi relativamente contenuti.

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4 TAVOLE FORMATO A3 RELATIVE AI 4 STEP


Un museo diffuso per Villa Adriana

Il Masterplan: i percorsi di visita

Il Masterplan, inoltre, prevede tre percorsi di visita strutturati in base alle esigenze dei diversi visitatori con percorso breve, medio e completo. Tutti i percorsi permettono di intercettare i padiglioni ipogei del museo in modo da avere comunque una chiave di lettura della villa strutturata e globale a prescindere dalla durata della visita.

- Edificio con peschiera - Grandi Terme - Canopo - Piccole Terme - Edificio con 3 esedre - Tempio di Venere - Teatro greco Percorso completo

Percorso breve Il Percorso breve prevede un percorso di un’ora. Partendo dall’ingresso attuale si snoda lungo l’area del Pecile con il relativo padiglione, dall’Edificio con Tre Esedre si giunge al Teatro Marittimo per poi visitare l’antica area residenziale con il secondo padiglione. La visita prosegue nelle Terme con Eliocamino, Piccole Terme e Grandi Terme fino a giungere al Canopo, punto culminante della villa. Al rientro, verso l’uscita, si ha l’occasione di visitare l’ultimo padiglione e visionare l’antico accesso monumentale per poi proseguire lungo l’asse Settecentesco lungo il quale si possono ammirare i resti del Tempio di Venere e dell’antico Teatro greco. Edifici visitabili: - Pecile - Sala dei filosofi - Teatro Marittimo - Residenza imperiale - Grandi Terme - Canopo - Edificio con 3 esedre - Tempio di Venere - Teatro greco

Il percorso completo è quello più impegnativo in quanto abbraccia l’intera estensione della villa giungendo fino all’altura di Roccabruna e scendendo verso l’antico accesso monumentale del vestibolo centrale con il tempio di Antinoo. L’intera visita si svolge nell’arco di due ore. Edifici visitabili: - Pecile - Sala dei filosofi - Teatro Marittimo - Residenza imperiale - Edificio con peschiera - Palazzo d’inverno - Grandi Terme - Canopo - Torre di Roccabruna - Vestibolo centrale - Tempio di Antinoo - Piccole Terme - Edificio con 3 esedre - Tempio di Venere - Teatro greco

Percorso medio Il percorso medio inizia e si conclude nell’arco di un’ora e mezza. Oltre agli edifici visitabili con il percorso breve include aree più periferiche come la piazza d’Oro, la parte emergente dell’edificio con peschiera e la visita delle piccole Terme, il secondo edificio cerniera. Edifici visitabili: - Pecile - Sala dei filosofi - Teatro Marittimo - Residenza imperiale

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1 TAVOLA A3 CON I 3 PERCORSI DI VISITA


Un museo diffuso per Villa Adriana

Un museo diffuso per Villa Adriana

PIANTA FUNZIONI PADIGLIONE-TIPO

La distribuzione funzionale dei padiglioni

I padiglioni espositivi, 3 in totale con possibilità di realizzarne un quarto acquistando i terreni privati in cui ricade l’area dell’Accademia, si caratterizzano per essere collocati secondo gli assi di giacitura degli edifici presenti nella villa. L’insieme dei padiglioni forma un nuovo layer che si sovrappone al vecchio layer della villa svelandone i contenuti. Ad ogni padiglione sono assegnati specifici edifici della villa giacenti su quell’asse. Il visitatore vede prima le ricostruzioni e una breve descrizione della funzione di ciascun edificio per poi visitarlo direttamente in loco. La forma allungata del tetto della galleria ipogea, insieme alla rampa, enfatizza e focalizza lo sguardo del visitatore che, gradualmente, vede spegnersi l’orizzonte delle rovine e viene “iniziato” ai segreti della villa. Accoglienza Un piccolo punto accoglienza è presente in ogni padiglione fornendo informazioni sul percorso di visita del singolo padiglione nonchè supporti alla visita quali audioguide e istruzioni per l’utilizzo dei supporti virtuali. Sezione “Architettura” E’ la prima sezione che si visita entrando nel padiglione. Ho scelto di dare precedenza a questa sezione in quanto troppo spesso in contesti archeologici viene data enfasi alla statuaria o alle ricostruzioni della giornata-tipo di un romano o di un centurione, mentre l’elemento più caratteristico di villa Adriana risiede nella parte costruttiva, nell’eccezionalità delle forme architettoniche sperimentate dall’imperatore Adriano. Ogni edificio che si trova sull’asse ha quindi una specifica area in cui vengono esposti plastici dello stato di fatto e delle ipotesi ricostruttive virtuali (in modo da poterle aggiornare con l’evolversi della ricerca archeologica), resti di pavimentazioni, capitelli e apparati decorativi che soffrirebbero l’esposizione all’aperto. La forma architettonica assegnata è quella della galleria in cui di dipana il racconto.

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Parete di fondo dell’asse Per esplicitare al meglio l’asse coincidente co n il singolo padiglione, al fondo della galleria che ospita la Sezione “Architettura” si trova una parete che racconta la storia di quella singola giacitura e il perchè del suo tracciamento con il supporto di mappe in texture impresse nel muro. Delle postazioni virtuali permettono di interagire con la mappa, di fare domande e di avre risposte su approfondimenti a piacere.

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2 Sezione “Statuaria” La sezione relativa ai ritrovamenti scultorei è situata in una sala a parte appositamente progettata. Alla sala si accede attraverso una rampa che crea uno scavo nel suolo come ad enfatizzare l’atto simbolico che sta a monte dei ritrovamenti. La sala ha forma quadrata e viene illuminata da una luce zenitale attraverso un lucernario che serve anche per favorire la ventilazione dell’ambiente. Una luce radente illumina le pareti su tutto il perimetro creando un piacevole effetto di illuminazione sulle statue poste su mensole a sbalzo dalle pareti. Al centro è esposta tutta la statuaria di maggiore grandezza/altezza. All’interno di ogni sala “statuaria” dei padiglioni vengono esposte unicamente le statue ritrovate nei pressi degli edifici appartenente all’asse. Delle sedute lungo il perimetro permettono di fermarsi ad osservare mentre il supporto audio fornisce informazioni sulle singole statue.

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Magazzino Ogni padiglione è dotato di un magazzino a cui si accede a circa metà della rampa d’accesso. Nei pressi della porta d’accesso è possibile utilizzare un montacarichi oppure scendere attraverso una rampa con pendenza minima. Il magazzino è a una quota inferiore rispetto alla quota della sezione Architettura in modo da poter ottenere un’altezza maggiore da sfruttare per le scaffalature.

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legenda 1. Accoglienza 2. Sezione Architettura 3. Parete virtuale 4. Sezione Statuaria 5. Magazzino

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Un museo diffuso per Villa Adriana

L’ architettura del padiglione sull’asse del Pecile

Il padiglione sull’asse del Pecile è il primo che si incontra nel percorso di visita ed è il più rappresentativo in quanto si inserisce lungo l’asse principale verso Roma. Questa direzione infatti è stata fortemente voluta dall’imperatore e non rispetta il naturale andamento del terreno. Questo asse viene altrimenti detto asse all’infinito in quanto oltre il dirupo delle Cento Camerelle lo sguardo si perde all’infiinito nella direzione di Roma. L’immagine generale Il padiglione espositivo vuole instaurare un rapporto discreto con la rovina volendo rimanere ad una quota inferiore rispetto al livello del terreno. L’immagine che ne deriva è di un forte segno nel suolo come un contenitore sotterrato che, con il suo tetto che si innalza dalle mura perimetrali su esili sostegni, sembra voler svelare il contenuto interno come una sorta di “vaso di pandora”. La copertura della sala statuaria svetta con il suo tetto verde. che si mimetizza nel verde dell’intorno. e il lucernaio vetrato enfatizza e cattura l’attenzione verso il contenuto interno. Arrivando dall’accesso principale sul muro del Pecile se ne nota la presenza ma senza rubare la scena alla famosa passeggiata lungo ila terrazza. Accesso L’accesso al padiglione avviene in maniera parallela alla passeggiata lungo il muro di spina del Pecile. Una rampa di moderata pendenza (8%) permette la discesa graduale. La linearità del tetto enfatizza la visuale verso Roma man mano che si scende e sulla destra si spegne lentamente il filare di bosso che simula il colonnato della passeggiata. Accoglienza L’info point si situa alla sinistra dell’atrio di accesso. Nell’attesa è ancora visibile la parte terminale del muro del Pecile grazie al muro obliquo sulla destra. In questa parte è ancora visibile il legame padiglione-muro di spina del Pecile.

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La galleria La prima parte di esposizione è inserita in un involucro architettonico a galleria. Sulla destra sono esposti tutti i reperti e le ricostruzioni dei 5 edifici che saranno visitati successivamente: Pecile con sala dei filosofi, Edificio con 3 esedre, Giardino-ninfeo, Edificio con peschiera e l’edificio-cerniera del Teatro Marittimo. Sulla sinistra, dei pannelli espositivi narrano la storia degli edifici. Il muro di fondo sulla destra simula il muro de l Pecile con dei corsi orizzontali alternati di calcestruzzo rosso e inserti di travertino. Rappresenta ed enfatizza l’evoluzione del calcestruzzo da quello romano fino ai giorni nostri. Alla fine della galleria, sul muro in direzione di Roma, sono incise nel calcestruzzo tre piantine delle aree relative ai 3 edifici adrianei romani: al centro la zona del Pantheon, a sinistra la zona del Tempio di Venere e Roma negli immediati pressi del Colosseo e sulla destra la zona di Castel Sant’Angelo lungo il Tevere. Nelle immediate vicinanze del muro tre postazioni multimediali a totem consentono di navigare nei contenuti interattivi stando di fronte alle 3 mappe. La sala statuaria La sala per l’esposizione della statuaria è di forma quadrata e ospita al centro le statue più grandi illuminate da un vasto lucernaio e poggianti su un supporto rialzato rispetto al pavimento. Lungo i muri perimetrali in calcestruzzo sono collocate tutte le altre statue di dimensioni ridotte con dei supporti di travertino che riprendono il travertino del pavimento. Le statue lungo i muri perimentrali sono illuminate da una scenografica luce radente che varia a seconda della posizione del sole lungo l’arco della giornata alternando svariati effetti di luce/ombra. Le statue qui esposte sono state rinvenute nei cinque edifici oggetto dell’esposizione architettura in modo da avere un collegamento diretto tra luogo di ritrovamento e luogo di esposzione. Al centro verrà esposto il ciclo degli dei (Statue di Atena, Flora, Endimione dormiente, l’Hermes pancraziaste).

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1 TAVOLA CON LA PIANTA scala metrica 1 TAVOLA CON SEZIONE LONGITUDINALE 1:200 1 TAVOLA CON SEZIONE TRASVERSALE 1:200 1 TAVOLA CON SEZIONE PROSP. SU PADIGLIONE+SALA STATUARIA 1 TAVOLA VISTE 3D INTERNI/ESTERNI


Un museo diffuso per Villa Adriana

Un museo diffuso per Villa Adriana

Il sistema costruttivo e i materiali

Il sistema costruttivo romano

Galleria

Sala statuaria

Il padiglione è stato pensato in calcestruzzo rosso, materiale di origine romana che ha subito una notevole evoluzione con l’architettura moderna e contemporanea. Dei ricorsi orizzontali in travertino simulano i ricorsi del muro di spina del Pecile ed enfatizzano l’asse in direzione di Roma ed un rimando simbolico al muro romano. La copertura della galleria, invece, è formata da putrelle in acciaio IPE 30 ,su supporti alti 30 cm, e rivestite da lastre in zinco-titanio con pigmento color terra. Questa struttura consente un facile montaggio a secco ultimato il getto dei muri perimetrali. La copertura integra un sistema di illuminazione artificiale seguendo il percorso pavimentato. La fondazione è formata da plinti in calcestruzzo e ospita un vespaio aereato su elementi iglu. La pavimentazione del percorso è in lastre di travertino intramezzate da elementi trasparenti che ospitano dei tubi luminosi mentre il resto, che non è accessibile, è ricoperto da sabbia nera. Il forte contrasto nero/rosso rimanda all’amore dei romani per i forti contrasti cromatici.

La sala statuaria è stata concepita con dei muri perimentrali in calcestruzzo grigio e una copertura in putrelle IPE 50 rivestite con lastre di cartongesso ignifugo per garantire l’adeguata sicurezza antincendio. Il tetto verde consente di migliorare l’inerzia termica dell’edificio sia in inverno che in estate. Il lucernaio integra degli elementi frangisole che consentono la regolazione della radizione solare entrante. Inoltre un sistema di apertura basculante dele vetrate perimetrali consente un efficace ricambio d’aria per effetto camino. Il controsoffitto in cartongesso integra un sistema di illuminazione aggiuntivo. La pavimentazione della sala è in lastre di travertino romano. La fondazione è formata da plinti in calcestruzzo e ospita un vespaio aereato su elementi iglu.

Muro di spina del Pecile composto in opera reticolata con ricorsi orizzontali con filari di mattoni

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Tipica impalcatura romana a incastro (1) e a sbalzo (2)

Un possibile equivalente moderno: il Parlamento di Dacca di Louis I. Kahn

Muro del padiglione espositivo composto in cls a vista rosso e giunti in travertino romano tra i getti

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Il muro del Pecile rappresenta bene il metodo costruttivo in opera reticolata utilizzato in maniera estesa dai romani. Nel disegno in basso si vede come sia stato realizzato mediante una impalcatura indipendente che si erigeva dal basso verso l’alto. I fori che si vedono ancora oggi sul muro sono la testimonianza dei fori realizzati per incassare i travicelli dell’impalcato.

Nel Parlamento di Dacca Kahn sceglie di rendere visibili le fasi costruttive e così compaiono i giunti in marmo bianco tagliato a listelli. I giunti orizzontali diventano alternativamente anche dei gocciolatoi mentre i giunti verticali muiono in corrispondenza delle aperture. La cassaforma lignea è stata predisposta per sagomare il calcestruzzo in modo da creare gli alloggiamenti per i listelli lapidei nelle apposite scanalature.

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Ringraziamenti

Vorrei ringraziare il prof. Arch. P.A. Croset che ha accettato di seguirmi in questo percorso di tesi sempre con entusiasmo e con preziosi consigli, nonchè per la disponibilità e la fiducia accordatami. Colgo l’occasione per ringraziare anche il prof. Arch. M. Vaudetti e la prof. Arch. Valeria Minucciani per il supporto fornitomi per la stesura del saggio 2 in stretta relazione con il tema della tesi. Ringrazio inoltre il prof. Arch. Caliari e i suoi assistenti del Politecnico di Milano che mi hanno introdotto nello spirito del workshop Piranesi Prix de Rome e mi hanno dedicato del tempo per alcune revisioni. Ringrazio anche la direttrice del sito archeologico, la dott. Archeologa Benedetta Adembri, per avermi fornito l’autorizzazione necessaria per accedere al sito e per aver scambiato diversi colloqui di confronto sulle effetive necessità di un sito archeologico così vasto. Un grazie anche all’Ufficio Tecnico di Tivoli per la massima disponibilità a fornire informazioni e mappe del sito nonchè novità sulle ultime iniziative intraprese per l’area archeologica. Un ringraziamento particolare va anche al prof. Longobardi della Facoltà di Architettura di Roma 3 con cui ho avuto modo di avere alcuni momenti di riflessione sul tema del rapporto tra Architettura e Archeologia. Ringrazio infine le due persone senza le quali non sarebbe stato possibile questo percorso universitario per il continuo supporto che mi hanno dimostrato in tutti questi anni: mia madre e mio marito Gioele. Grazie di tutto!

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Bibliografia

Bibliografia

Testi su villa Adriana

Testi vari

Aa. Vv., Adriano, Architettura e Progetto, catalogo della mostra, Milano 2000

B. Albertini, Scarpa: i musei e le esposizioni, Jaca Book 1992

Aa. Vv., Themenos - Tomo II Premio Piranesi, Progetti per villa Adriana 2007-2008”, Maggioli 2008

F. dal Co, Tadao Ando, Electa 2003

B. Adembri e G.E. Cinque, Villa Adriana. La pianta del Centenario 1906-2006, Firenze 2006

J. Rosa, Louis I. Kahn, 1901-1974 : spazio illuminato, Taschen 2007

H. Bloch, I bolli laterizi e la storia dell’edilizia romana, Roma 1968

M. Yourcenar, Memorie di Adriano, Einaudi 2002

F. Chiappetta, I percorsi antichi di Villa Adriana, Quasar 2008 F. Coarelli, Lazio, Laterza, 1993

Siti internet

M. De Franceschini, Villa Adriana : mosaici, pavimenti, edifici, L’ Erma di Bretschneider 1991

http://www.villaadriana.beniculturali.it http://www.villa-adriana.net http://www.villaadriana.com http://www.tibursuperbum.it/ita/monumenti/villaadriana http://www.comune.tivoli.rm.it/home_villa_adriana http://whc.unesco.org/en/list/907 http://www.premiopiranesi.net http://www.rinascitavillaadriana.it http://www.coopculture.it/heritage.cfm?id=75 http://portale.unipa.it/dipartimenti/diarchitettura/.content/Recupero_Agathon/Agathon_2011_2.pdf http://europaconcorsi.com/projects/181159-Museo-e-Centro-di-Ricerca-Archeologico-de-La-Breche-et-deLa-Noye http://www.gigon-guyer.ch/en/museums-038_kalkriese.html http://www.archello.com/en/project/museum-and-park-kalkriese http://www.museum-joanneum.at/de/flavia_solva http://www.museicapitolini.org

M. Falsitta, Villa Adriana, una questione di composizione architettonica, Skira 2002 W. L. MacDonald e J. A. Pinto, Villa Adriana, la ricostruzione e il mito da Adriano a Louis I. Kahn, Electa 2006 H. Mielsch, La villa romana, Giunti 1990 A. Penna, Viaggio pittorico nella Villa Adriana di Tivoli 1831/1836, Roma 1981 F. Piranesi, Pianta delle fabbriche esistenti di Villa Adriana, Roma 1781 A. M. Reggiani, Villa Adriana, paesaggio antico e ambiente moderno, Electa 2002 E. Salza Prina Ricotti, Villa Adriana il sogno di un imperatore. Architettura, arte e giardini, Roma 2000

Testi sulla progettazione museale G. Arie, La progezzazione di Musei, Biblioteche e centri congressuali, Hoepli 2007 L. Basso Peressut, Il museo moderno : architettura e museografia da Auguste Perret a Louis I. Kahn, Lybra Immagine 2005 P. F. Caliari, La forma dell’ effimero : tra allestimento e architettura : compresenza di codici e sovrapposizione di tessiture, Lybra 2000 S. Ranellucci, L’allestimento museale in edifici monumentali, Edizioni Kappa 2005 M. C. Ruggeri Tricoli, L’idea di museo, LYBRA 1998 M. C. Ruggeri Tricoli, Musei sulle rovine, LYBRA 2007 A. Tricoli, Monografie di Agathòn: La città nascosta, Offset studio 2011 M. Vaudetti, Edilizia per la cultura, UTET 2005 M. Vaudetti, V. Minucciani, S. Canepa, The archeological musealization, Allemandi & C. 2012

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