Numero 1, Marzo 2015
ARTE
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CHIAREZZA
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ARTESPLORANDO Sono Cristian, classe 1983, laureato in restauro e conservazione dei beni culturali, mi piace l'arte, la musica, la pittura. Da sempre la vera passione della mia vita è la storia dell'arte e oggi cerco di diffonderla anche attraverso questo notiziario, fondato insieme ad altri blogger con cui condivido questa passione! artesplorando.blogspot.it
alizzarin@gmail.com
Cultura e arte, antidoto al degrado morale Guardando le notizie di questo da poco cominciato 2015, mi sono posto un quesito: nel mezzo di una crisi economica, religiosa e politica devastante a cosa può servire parlare e scrivere di arte, di paesaggio, di bellezza? A cosa può servire un notiziario come questo nel mondo d'oggi?
“A cosa può servire un notiziario come questo nel mondo d'oggi?”
Si perdono posti di lavoro, cresce la disoccupazione giovanile, gli italiani cominciano a risparmiare perfino sui generi alimentari e Are you art? parla d'arte! A questi dubbi io risponderei leggendo dall’elenco delle spese sostenute da politici e politicanti negli innumerevoli scandali emersi negli ultimi anni: aperitivi, cene in discoteca, auto, arredi per la casa, abbonamenti alle partite... neppure un euro per la cultura, per l’acquisto di un abbonamento al teatro, una tessera del Fai o per un libro. La cultura sembra assente dalla vita di questi politici e allora viene da pensare che laddove manca la cultura sembra farsi largo la corruzione, il malaffare e che tanto più oggi sembra indispensabile scrivere di arte anche come antidoto al degrado morale.
Perchè la cultura non è un concetto astratto, lontano dalla vita quotidiana. La cultura determina i nostri gusti, il nostro stile di vita, mitiga l'individualismo che ci fa dimenticare il bene comune, orienta verso la solidarietà. E forse può creare un terreno comune su cui costruire un nuovo modello di sviluppo. Per questo e per tanti altri motivi, ho ritenuto importante creare questo spazio in cui si parla liberamente di arte, in cui si scopre, si conosce, ci si confronta. Buona lettura a tutti.
C. C.
MICHELANGELO BUONARROTI È TORNATO Antonietta Bandelloni, da sempre appassionata di arte ma soprattutto di Michelangelo e delle sue opere. Scrive per passione, per lavoro e per evadere dalla quotidianità. Casa sua è invasa dai libri, dai tubetti di colore e dalla vivacità di due piccole birbanti. michelangelobuonarrotietornato.com
antoniettabandelloni@gmail.com
La differenza fra statua e scultura Io non ho mai scolpito statue. Le statue stanno ferme, immobili sui loro piedistalli a sputar sentenze. Ti guardano dall’alto verso il basso e attraversano i secoli senza dire niente di nuovo, senza lasciare ai posteri l’amore di chi le ha create. Ho sempre preferito fare sculture. Hanno racchiuso in sé tutto il senso del movimento e non rimangono mai immobili per più di qualche secondo. Se osservate da diverse angolazioni, le espressioni dei loro volti cambiano e possono a volte sorridere, altre imbronciarsi oppure divenire giocose. Parlano direttamente al cuore e anche se non proferiscono parola, proclamano a tutti i loro sentimenti mettendo a nudo l’animo di chi le ha create. Adesso sapete che differenza intercorre fra una statua e una scultura. Se andate in un qualsiasi museo non perdete tempo guardando le statue, ma correte subito verso le sculture perché attendono con ansia di raccontarvi le loro meravigliose storie di vita vissuta. A. B.
“Io non ho mai scolpito statue...Ho sempre preferito fare sculture”
WWW.ALESSANDRAARTALE.IT Alessandra Artale, storica dell’arte, giornalista, scrittrice e blogger, laureata all’Università di Genova tanti anni fa. Il mio peggior difetto l’essere maniaca della precisione, la mia maggior virtù l’essere maniaca della precisione. L’arte è sempre stata la mia passione, fin da piccola. Non mi piace l’arte contemporanea, amo invece quella antica. Il mio cuore è per Tiziano e Caravaggio, ma c’è posto anche per qualcun altro. www.alessandraartale.it
artematite@gmail.com
Guttuso: impegno politico e Sicilia
“Renato Guttuso vuole raccontare la vita con realismo e lo fa in maniera raffinata e intensa.”
La sua pittura è una forma di libertà, di impegno morale e politico, di toccante amore per la sua Sicilia, così fulgida di colori, di suoni e di bellezza luminosa. Renato Guttuso vuole raccontare la vita con realismo e lo fa in maniera raffinata e intensa. Fu davvero un grande e controverso maestro, tenace difensore Crocefissione - 1940 dell’arte figurativa, tanto che, sgressioni all’iconografia dotato di una vasta cultura e tradizionale. di una straordinaria abilità tecnica, rielabora criticamen- Un quadro che diventa il mate l’arte europea, da Cézan- nifesto del realismo neo cubine agli impressionisti, per sta. Come Picasso in Guerniapprodare a Picasso: eviden- ca, così Guttuso nella scena ti sono gli elementi che rive- più drammatica della vita di de da quel pilastro dell’arte Cristo, ritrae le atrocità della del Novecento che fu Guerni- guerra che aveva messo in ca, dipinta dall’artista spa- ginocchio l’Italia e tutto il congnolo nel 1937. E a lui certa- tinente, le fa sue, le vuole mente guarda tre anni dopo gridare al mondo intero. E quando dipinge la Crocefis- quell’uomo sulla croce divensione, un quadro che fece ta, e in quel momento storico scalpore e di cui si discusse ancora di più, il simbolo unimolto, soprattutto per le tra- versale delle sofferenze umane. Sofferenze che sono di tutti, dalla nuda Maddalena e con le labbra troppo rosse che lo piange disperata ai due ladroni sulla croce, con i corpi straziati dal dolore che sembrano riflettersi nello sguardo allucinato del cavallo. I colori vibranti, forti e taglienti come lame - i rossi e i neri e i bianchi - vivono in un’intensità espressiva che non si
Cactus sul golfo di Palermo
spegne neanche nel paese sullo sfondo, rassicurante e all’apparenza pieno di pace, perché è deserto, non c’è più nessuno. Ancora un quadro politico, L’occupazione delle terre incolte del 1949, con gli stessi colori accesi e la bandiera rossa che sventola in primo piano ne è un esempio: per Guttuso l’arte diventa davvero un mezzo per smuovere le coscienze di chi è sempre stato in silenzio, per far vale-
L’occupazione delle terre incolte - 1949
re i diritti di chi non ne ha mai avuti. Ecco perché fonda, due anni prima, il Fronte Nuovo delle Arti, avanguardia artistica legata al partito comunista e dichiaratamente legata a temi di impegno sociale senza cadere però nella facile demagogia. (continua nella pagina seguente)
Ma Guttuso e la Sicilia sono una cosa sola ed ecco nel 1974 la Vuccirìa: un enorme (tre metri per tre) fotogramma del mercato storico di Palermo, con i suoi odori forti di carne e di pesce, i suoi profumi di verdure e di aromi, i suoi colori e le sue urla in un vicolo strettissimo pieno di vita. Vuccirìa in siciliano vuol dire confusione, e la confusione è palpabile, si sente a pelle e ti
confonde il cervello in quel florilegio di merci e di persone. Confusione dei prodotti in vendita, dai gomitoli di salsicce alle frattaglie, dai pomodori ai pesci, fino al quarto di bue appeso a un gancio. Confusione dei colori: il bianco delle uova, il verde di cicoria e sedani, il rosso dei pomodori e delle arance, il grigio argento dei pesci e il rosa dei tranci di pesce spada, il vestito bianco della donna, il giallo del maglione dell’uomo.
E ancora il bianco della camicia dell’uomo dietro e di nuovo il nero della signora con il sacchetto della spesa. Vita, persone, odori, sapori e colori di Sicilia, in un caos miscelato alla perfezione. Ogni volta che guardi quel grande quadrato scopri qualche particolare nuovo che ti sorprende. E per questo saperti regalare una sorpresa sempre nuova, ringrazi Guttuso. A. A.
“Guttuso e la Sicilia sono una cosa sola”
La Vucciria - 1974
APPUNTI D’ARTE Mi chiamo Michela, nata a Roma nel 1984,dove conseguito la maturità classica. Questa mi ha dato la possibilità di ampliare fortemente le passioni che nutrivo fin da piccola, in particolar modo la letteratura ( soprattutto francese), l'arte, biografie e storia. appuntario.blogspot.it
appuntario@gmail.com
" Impressione, sole nascente " di Monet
“Ciò che pochi sanno è che Impressione , sole nascente non è il quadro in questione.”
" Ah, eccolo, eccolo! Esclamò dinanzi al n° 98.Che cosa rappresenta questa tela ? Guardate il catalogo. Impressione, sole nascente. Impressione, ne ero sicuro. Ci dev'essere dell'impressione, là dentro. E che libertà, che disinvoltura nell'esecuzione! La carta da parati allo stato embrionale è ancor più curata di questo dipinto."
( Louis Leroy su " Le Chiarivari ", 25 Aprile 1874 ) Così il critico francese Louis Leroy ( 1812-1885 ), immaginando un ipotetico dialogo tra due visitatori, descrisse l'opera più famosa di Monet, esposta per la prima volta il venticinque Aprile 1874, in boulevard des Capucines, presso lo studio del fotografo Nadar ( 1820-1910 ), insieme ad altri dipinti di quel gruppo così originale e misconosciuto che prese il nome proprio da quell'opera così aspramente criticata, e con cui diventarono in breve tempo universalmente noti e apprezzati. Nella primavera del 1874, Claude Monet ( 1840-1926 ), giovane bello e di agiata famiglia, tornava da Le Havre, città della sua infanzia, portando con sé una tela che aveva dipinto dalla finestra di
" Impressione,sole nascente " ( 1872 ), C.Monet
un albergo. Alla prima mostra del gruppo degli "Independantes", di cui erano originariamente compresi Degas, Renoir, Cézanne, Morisot, Pissarro, Guillaumin, Sisley; nell'elegante edificio dato in affitto da Nadar; Monet consegnò proprio il paesaggio su Le Havre. Il catalogo delle opere fu accuratamente realizzato da Edmond Renoir ( fratello del pittore ), il quale trovando banale il titolo dell'opera di Monet ( e a dire il vero un po' tutte le sue opere ), optò per il titolo " Impressione, sole nascente." Il dipinto rappresentava un'alba sul porto di Le Havre. Le Havre era allora una città in pieno sviluppo, mondana, con signori e dame elegantemente vestiti e attiva con la sua ferrovia e il porto, centro di vacanze e regate. "Un disco di color arancione brillante con vividi riflessi
dello stesso colore che si spargevano in tutte le direzioni, come diagonali tracciate con tocchi rapidi. Era un dipinto semplice ed accattivante". Il caldo arancione del sole si rifletteva nel mare blu-verde ove si trovavano barche che ritornavano dalla pesca notturna su un cielo grigio-blu; un'atmosfera poetica volta tutta a cogliere il momento. Per il dipinto il pittore si ispirò ai sublimi paesaggi di Joseph Turner ( 1775-1851 ) e in particolare a " L'Incendio del Palazzo del Parlamento " ( 1835 ),di grande effetto. Come si sa, l'Eposizione ebbe molte critiche e poca duttilità da parte dei visitatori che ritenevano incomprensibile e non finita l'arte di quel gruppo. Ciò che pochi sanno è che " Impressione, sole nascente " non è il quadro in questione. Infatti quello che vediamo noi oggi è un tramonto, non un'alba. Bisogna ricordare che Claude Monet era solito rappresentare lo stesso soggetto in ore diverse del giorno. Il "vero" potrebbe far parte di una collezione privata. (continua nella pagina seguente)
" Ho dipinto la Senna in tutta la mia vita, a tutte le ore del giorno, in tutti i periodi dell'anno, da Parigi fino al mare [...] Argentuil, Poissy, Vétheuil, Giverny, Rouen, Le Havre."
ne d'arte fu messa all'asta e il quadro fu venduto a Georges De Bellio ( 1828-1894 ),altro collezionista, per duecentodieci franchi. Dal 1938 risiede al Musée Marmottan di Parigi.
Il dipinto che fece anch'esso il suo scandalo per l'originalità artistica fu in seguito acquistato dal ricco collezionista Ernest Hoschedé ( 18371891 ),amico dell'artista per ottocento franchi. Con la bancarotta di Hoschedé, nel 1877, la sua collezio-
Con questo grande capolavoro si cominciava a stagliare in quegli anni un nuovo modo di vedere l'arte e con essa le luci, i colori, le sfumature...ma anche la vita : era l'alba dell'impressionismo. M. P.
“Con questo grande capolavoro si cominciava a stagliare in quegli anni un nuovo modo di vedere l'arte …”
" L'Incendio al Parlamento " ( 1835 ),J.Turner
ARTE PER BIMBI CURIOSI Sono Monica, mamma full, full, full-time di due bimbi pestiferi e meravigliosi. Diplomata al liceo artistico, successivamente ho intrapreso un percorso universitario che con l'arte non ha niente in comune. Amo condividere la mia passione per l'arte con i miei figli, nonostante siano ancora piccoli. Perchè non è mai troppo presto per imparare. arteperbimbicuriosi.altervista.org
f.monica@libero.it
Quando Mia incontra Klimt
“Ciò che rende l’opera di Klimt così originale e riconoscibile è l’ornamento, il decoro”
Raynor e Mayla
Ultimamente, M. (mia figlia seienne) segue un cartone animato che, a mio avviso, è veramente originale, non tanto per la storia (che comunque è simpatica e poetica), ma, in particolare, per l’ispirazione del disegno. La serie si intitola “Mia and me” e tratta di una dodicenne rimasta orfana (Mia, appunto) che ha ereditato un vecchio libro sugli unicorni e un braccialetto. Grazie a questi oggetti, Mia può magicamente avere accesso al mondo parallelo di Centopia e parlare con gli unicorni che la popolano, non più con le sue fattezze di teenager, bensì come elfo. Ed è a questo punto “fatato” della storia che avviene l’intreccio tra live action e animazione, i cui motivi sono ispirati all’opera di Gustav Klimt. Ho colto subito l’occasione di parlare a M. di questo artista meraviglioso, mostrandole le immagini “ispiratrici”, aiutandola a trovare i punti in comune tra pittura e cartone animato e fornendole informazioni semplici e stringate sui dipinti e sul loro autore. M. ne è rimasta affascinata. Non poteva essere altrimenti… Ecco a voi Klimt e Mia! Klimt è stato un artista viennese, uno dei massimi espo-
tagli ripresi integralmente dall’originale, basti notare il vestito di re Raynor, la cui fantasia è pressoché identica a quella dell’abito che troviamo ne “Il bacio”, o la mise di regina Mayla, che ricalca quella de “L’attesa”, anche per quanto riguarda acconciatura e copricapo.
Didascalia dell'immagine o della fotografia
nenti dell’art nouveau, un movimento artistico che non riguarda solo la pittura, ma anche architettura e arredamento e che si ispira principalmente alla natura, reinterpretandone gli elementi strutturali. Ciò che rende l’opera di Klimt così originale e riconoscibile (soprattutto per quanto riguarda i lavori che ho preso in considerazione qui) è l’ornamento, il decoro: le linee sono eleganti e morbide, le forme geometriche si ripetono con armonia, alternandosi a segni più delicati e i colori sono accostati con sapienza. Per quanto riguarda le similitudini con il cartone animato, si possono notare alcuni det-
Il personaggio di Gargona è identico all'”Hygieia” e riprende, inoltre, le acconciature che troviamo in un particolare del “Fregio di Beethoven”. La perfida Panthea è, invece, un mix tra “Emilie Floge” e la figura spettrale di “Morte e vita”. I capelli fuxia di Mia e le criniere dei vari unicorni sono decorati con pietre colorate o fiori, dettagli che troviamo spesso nelle capigliature delle donne di Klimt, come “Nuda veritas”, “Le forze ostili” (sempre dal “Fregio di Beethoven”), “Le tre età della donna” e “Serpenti d’acqua”. (continua nella pagina seguente)
Sicuramente i bimbi, lasciati tranquilli a studiare e comparare le immagini, saranno in grado di trovare molte altre similitudini che a me sono sfuggite! Concludo con un’ultima “opera d’arte”, quella che ha magistralmente creato M. ispirandosi “ai riccioli di Klimt” (parole sue). E anche queste sono soddisfazioni…
Panthea e Gargona
M. F.
Mia
Klimt-Hygeia
Panthea e Gargona
M. ispirata da Klimt
“...i bimbi, lasciati tranquilli a studiare e comparare le immagini, saranno in grado di trovare molte altre similitudini…”
ARTE A SCUOLA PRESENTA ... Sono Miriam Paternoster, insegnante di Arte e Immagine presso la Scuola Secondaria di Primo Grado. Dal 2008 lavoro a questo blog, pubblicando e condividendo i lavori fatti a scuola e le lezioni ideate per la scuola: da allora questo sito è diventato un luogo dove scambiare nuove idee, confrontare lezioni, sperimentare tecniche e creazioni. “Arte a scuola”, scritto in italiano ed inglese, è un’occasione per incontrare insegnanti e studenti di tutto il mondo e per promuovere la creatività in classe e nella vita. arteascuola.com
I ritratti di Picasso
“L’esperienza di disegnare un volto fuori dalle regole convenzionali ci ha fatto ragionare …”
Lo stile di Picasso nei ritratti è inconfondibile: le figure si scompongono e si ricompongono nei suoi quadri sconvolgendo tutti i canoni e le proporzioni del volto secondo lo stile cubista. Quando gli studenti hanno copiato le opere di Picasso non si sono preoccupati di rispettare le proporzioni del quadro, ma hanno disegnato liberamente, lasciandosi ispirare dall’immagine. L’esperienza di disegnare un volto fuori dalle regole convenzionali ci ha fatto ragionare sul concetto di “bello” e di “brutto” per approfondire altri aspetti del ritratto come quelli di “significativo”, “espressivo”, “comunicativo”. Per realizzare questo lavoro abbiamo dapprima preparato un fondo a collage, incollando pezzi di giornale su un foglio bianco. Successivamente è stato tracciato il disegno a mano libera con un pennarello nero copiandolo direttamente da un’opera di Picasso. I colori sono stati applicati successivamente con i pastelli a olio, imitando l’opera originale. M. P.
patermir@gmail.com
LETTEREARTE Mi chiamo Cristina, ho studiato lettere e filologia classiche, ma al grande amore per la letteratura si unisce da sempre la passione per l’arte. Dal connubio dei miei interessi, è nato, nel febbraio 2013, il blog Athenae Noctua, in cui confluiscono interventi dedicati ai libri, alle opere d’arte, al teatro, al cinema e all’attualità e non di rado mi trovo a fondere insieme spunti provenienti da tutti questi mondi. athenaenoctua2013.blogspot.it
athenae.noctua2013@gmail.com
Pascoli e Van Gogh: Solitudini Agli amanti della letteratura capita, talvolta, di imbattersi in un testo che richiama alla mente un dipinto o, viceversa, che, ammirando un'opera d'arte, essa appaia come la perfetta traduzione visiva di un romanzo o di una poesia. Io l'ho provato più di una volta: il mito ovidiano di Apollo e Dafne tradotto nel marmo dal Bernini, l'Olympia di Manet come descrizione della Margherita Gautier protagonista de La signora delle camelie... ma uno dei più sorprendenti riconoscimenti di poesia nell'arte arriva da un dipinto realizzato da Vincent Van Gogh nel 1890, dal titolo Campo innevato con un aratro, che sembra la trasfigurazione in tratti e colore di uno dei componimenti più celebri di Giovanni Pascoli, Lavandare.
Vincent Van Gogh, Campo innevato con un aratro (1890), Van Gogh Museum di Amsterdam
Lavandare Nel campo mezzo grigio e mezzo nero resta un aratro senza buoi, che pare dimenticato tra il vapor leggiero. E cadenzato dalla gora viene lo sciabordare delle lavandare con tonfi spessi e lunghe cantilene. Il vento soffia e nevica la frasca, e tu non torni ancora al tuo paese! Quando partisti, come son rimasta! Come l'aratro in mezzo alla maggese.
(continua nella pagina seguente)
“...uno dei più sorprendenti riconoscimenti di poesia nell'arte arriva da un dipinto realizzato da Vincent Van Gogh .”
“Tanto lontani geograficamente, tanto vicini appaiono nella solitudine queste due grandi figure della cultura di fine Ottocento“
La descrizione di questo abbandono, nell'oggetto lasciato in un campo, la terra mezza rivoltata e il freddo che cade sull'ultima strofa sembrano la perfetta didascalia del dipinto di Van Gogh . In esso troviamo la stessa atmosfera gelida, i trattini di colore nel cielo che suggeriscono la presenza del “vapor leggiero” e, a metà, evidenziato dall'isolamento come quel “dimenticato” che balza all'attenzione del lettore grazie all'enjambement fra i versi 2 e 3, un aratro abbandonato, senza qualcuno che lo manovri, come per una fuga improvvisa. Lavandare, un testo incluso in Myricae fin dalla prima edizione, si data al 1891, un solo anno dopo la realizzazione del quadro di Amsterdam. In entrambi cogliamo un senso di freddezza e di solitudine che in Van Gogh è accentuato dalle tinte azzurre e verdognole, mentre nei versi di Pascoli è almeno in parte mitigato dalla ventata sonora che arriva da lontano a suggerire la presenza di una realtà sicura e confortante. La nota prevalente di Myricae è la costante simbiosi fra le immagini e i suoni della quotidianità (spesso legati alla natura) e il soggetto che li percepisce, alla ricerca di un'armonia che il poeta di San Mauro rende con un
impressionismo fatto di tratti frammentari, non diversamente da quanto fa l'artista olandese con le sue immagini composte di virgole veloci. Tanto lontani geograficamente, tanto vicini appaiono nella solitudine queste due grandi figure della cultura di fine Ottocento (Van Gogh morirà nello stesso 1890, Pascoli, nato solo tre anni dopo, sopravvivrà fino al 1912). I loro frammenti esprimono le affini sensibilità, la difficoltà a rapportarsi con un mondo che sembra tendere continue minacce... e allora solo la natura, gli alberi, i campi, gli uccelli, i fiori, elementi ricorrenti nella poesia dell'uno e nei dipinti dell'altro, possono offrire un conforto o, se la consolazione non appare possibile, un'immagine che traduca un disagio in un linguaggio più diretto e spontaneo di quello di una ragione assente o introvabile. C. M.
THE ART POST BLOG Io non racconto una mostra, ma le storie che racconta una mostra. Non spiego la storia dell’arte, ma narro le storie di cui parla l’arte. Nel mio blog ci sono dettagli, frammenti, curiosità, piccole storie contenute in grandi capolavori, realizzati da uomini e donne di grande talento. Divertiti e fatti ispirare. www.theartpostblog.com
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La Basilica Palladiana Basilica Palladiana, Vicenza. Il numero di visitatori alla mostra“Tutankhamon, Caravaggio, Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento” è impressionante e se anche voi andrete a vedere la mostra di Vicenza o state pensando di farlo, non potrete evitare di farvi stregare da questa città ricca di storia e di bellezze. La mostra è ospitata all’interno della Basilica Palladiana, che è il più importante monumento storico di Vicenza e che ha una storia che vale la pena conoscere. La Basilica Palladiana è l’edificio simbolo di Vicenza. Progettata dall’architetto Andrea Palladio ( 1508 – 1580), che è considerato il più importante architetto veneto del Cinquecento, l’opera venne completata nel 1614 e rappresenta la consacrazione dello stile palladiano, ovvero il recupero del linguaggio dell’architettura classica senza dimenticare le esigenze funzionali che un’edificio deve possedere. Nel 1549 il Consiglio dei Cento, l’organo di governo di Vicenza, affidò a Palladio l’incarico per la ricostruzione del vecchio Palazzo della Ragione, che in origine era un grande edificio gotico in mattoni e che serviva come
sala riunione del Gran Consiglio. Il primo nucleo della Basilica Palladiana era costituito dal Palazzo della Ragione, sede delle magistrature pubbliche cittadine e di botteghe al piano terra, che venne realizzato tra il 1449 e il 1460, recuperando alcuni edifici pubblici medievali esistenti. La tradizione attribuisce al maestro Domenico da Venezia la progettazione dell’ampio salone superiore con copertura lignea a carena di nave rovesciata rivestita da lastre di piombo. Nel 1481 iniziarono i lavori per circondare tre lati del palazzo con un loggiato, mentre nel 1495 venne realizzato da Pietro Lombardo lo scalone d’accesso al loggiato superiore. Nel 1496 il crollo dell’angolo sud-ovest delle logge diede vita ad un acceso dibattito sulla ricostruzione che coin-
volse i più importanti architetti del tempo: Jacopo Sansovino, Sebastiano Serlio, Michele Sanmicheli e Giulio Romano. L’approvazione del progetto del Palladio, nel maggio del 1549, segnò la consacrazione artistica dell’architetto che propose una soluzione innovativa. Andrea Palladio avvolse le vecchie mura dell’edificio con un portico a due piani e caratterizzato da colonne di marmo, rendendo la struttura in grado di tener conto dei necessari allineamenti con le aperture e i varchi dell’edificio quattrocentesco preesistente. (continua nella pagina seguente)
“La Basilica Palladiana è l’edificio simbolo di Vicenza.”
“Fu Palladio stesso a dare all’edificio il nome di Basilica”
L’idea del Palladio si basa su una struttura fatta di arcate sovrapposte e in cui l’elemento dominante è un arco affiancato da due aperture laterali rettangolari e di larghezza variabile, per compensare la differenza di larghezza delle campate. Questa struttura è detta “serliana”, derivando il nome dall’architetto Sebastiano Serlio (1475 – 1554/1555) il quale aveva descritto questa tipologia architettonica, e conosciuta fin dall’antichità, nel suo “Trattato di Archiettura”. Con questa struttura il Palladio riesce ad inglobare il vecchio edificio a due piani, regolarizzandone la forma e creando una struttura nuova ma ispirata allo stile classico. Fu Palladio stesso a dare all’edificio il nome di “Basilica”, dato che nel XVI secolo il termine “basilica” non indicava una chiesa, ma piuttosto un’aula di incontro o con una funzione civile. L’edificio è imponente, ma è solo al suo interno che si riescono a percepire le enormi dimensioni del loggiato e soprattutto della sala al primo piano, dove attualmente si svolgono le mostre temporanee. La Basilica Palladiana è stata inserita dall’Unesco nella lista dei beni patrimonio dell’umanità nel 1994 e nel 2014 è diventata Monumento Nazionale. Tra il 2007 al 2012 la Basilica è stata oggetto di un importante restauro architettonico, per la conservazione della struttura e per rendere l’edificio funzionale. Il 5 ottobre 2012 è stata riaperta al pubblico e all’intervento conservativo è stato assegnato a Vienna il
“Premio dell’Unione Europea per il Patrimonio culturale – Concorso Europa Nostra 2014” per la conservazione del patrimonio culturale. Dal 2014, inoltre, è accessibile anche la Terrazza della Basilica da cui si gode una vista impareggiabile sulla città di Vicenza. C. S.
SVIRGOLETTATE - PENNELLATE DI CURIOSITÀ DAL MONDO DELL'ARTE Antonio Dario Fiorini, storico dell'arte e blogger. Il suo miglior pregio è la curiosità; il suo peggior difetto: la curiosità. Laureatosi presso l'Università degli Studi Roma Tre, ama l'arte moderna e contemporanea, provando una particolare predilezione per Caravaggio, Otto Dix, Ernst Ludwig Kirchner e Henri Matisse. svirgolettate.blogspot.it
a.d.fiorini@gmail.com
La Madonna dell'Insalata di Recanati: Caravaggio o non Caravaggio? Degli artisti più celeberrimi della storia dell’arte, non sempre è possibile delinearne una precisa e sicura cronologia del loro operato: molto spesso accade che venga ripresa in considerazione un’opera d’arte snobbata o semplicemente non conosciuta, diroccata in qualche chiesa periferica o palazzo privato, che venendo attribuita all’artista per stile più vicino, finisce addirittura per svelare un lato poco conosciuto di questo. Ricordo a tal proposito le tele del Tintoretto e del Veronese site presso la Pinacoteca di Bari, protagoniste dei restauri del 1914-15 e del 2010, che testimoniano una meravigliosa collaborazione non solo commerciale ma anche artistica tra il Veneto e la Puglia, o il dipinto dei SS. Quattro Coronati un tempo sito nell’ormai demolita Sant’Andrea in Vincis, attribuito non a caso per qualche tempo al Caravaggio. E a proposito del Caravaggio, contestualizzandolo alla premessa fatta, diviene importante analizzare e screditare per quanto ci è possibile, l’alone di mistero che aleggia intorno ad un dipinto attribuito a questo sin dal lontano1916, che io, semplicemente perché ingordo della sua arte, voglio credere suo: La fuga in Egitto, altrimenti
detta la Madonna dell’insalata, custodita presso la Chiesa dei Cappuccini di Recanati. Già, Recanati, il paese protetto dai Conti Leopardi, il cui massimo esponente, Giacomo, è tra i padri fondatori della letteratura moderna che fa capo al XIX secolo, pare abbia ospitato anche Caravaggio, che qui potrebbe aver lasciato una sua opera.
La storia dell’attribuzione del dipinto a Caravaggio inizia quasi un secolo fa, quando il recanatese Patrizi, studioso di criminologia, si occupò più volte della figura del Caravaggio, affascinato da quell’evento che lo vide protagonista della morte di Ranuccio Tommasoni. In visione di ciò, il Patrizi, si imbatté casualmente, il 25 luglio del 1912, (un periodo ricordiamolo, in cui l’interesse per l’arte correlato alla riscoperta del patrimonio artistico ancora da scoprire, era all’apice), in un dipinto presente nella chiesa dei Cappuccini del suo paese. E analizzando il colore, i soggetti, la resa pittorica e volgendo uno sguardo d’insieme a quella che era stata la vita del pittore per eccellenza, in un articolo del 1916, si decise ad attribuire quest’opera a Caravaggio, definendola un Riposo nella fuga in Egitto. E poiché la sacra Famiglia è inten-
ta a preparare una cena improvvisata con della verdura selvatica, denominò il dipinto “Madonna dell’insalata”. Tenete ben a mente questa denominazione, perché ci ritorneremo più tardi. Continuando il nostro percorso, l’opera subì vari restauri: nel 1916, a poche settimane dall’articolo, il dipinto fu restaurato in qualità di “opera del Caravaggio” (il che attesta una convinzione del sopraintendente delle Gallerie delle Marche ad accettare l’attribuzione) dal restauratore De Bacci Venuti, che fermò il colore risollevato, evitando che questo cadesse; nuovamente nel 2008, così da rimuovere le vecchie vernici, ossidate nel secolo corrente. Questo, ha permesso che la tela acquisisse maggiore leggibilità e luminosità, per cui ghiotta si è resa l’occasione di avviare una più approfondita indagine storico archivistica, che ha permesso di appurare che il dipinto è presente nella chiesa del convento dei Cappuccini di Recanati a partire dalla fine dell’Ottocento. (continua nella pagina seguente)
“La storia dell’attribuzione del dipinto a Caravaggio inizia quasi un secolo fa”
Ora, converrete che se il dipinto è del XVII secolo, per ben due secoli è stato sito necessariamente presso un altro edificio, per cui si è tentato di individuare la chiesa o il palazzo di provenienza dell’opera. E a tal punto, il professor Bartolozzi, storico dell’arte che tenta di vedere nella Madonna dell’Insalata un’opera dell’artista lombardo, ha avanzato una ipotesi di degno spessore che potrebbe individuare l’ignota provenienza. Pare che al Caravaggio fu commissionata fra la fine del 1603 e gli inizi del 1604, la pala d’altare da collocare nel Convento dei Cappuccini di Tolentino e così fu fatto; documenti certi lo attestano.
“tutti gli indizi parrebbero confermare il dipinto al Caravaggio”
Adesso sopraggiunge la tesi del professor Bartolozzi: a suo dire è da ritenersi possibile che il dipinto, dopo la soppressione del convento di Tolentino avvenuta nel 1866, sia passato a quello di Recanati, in sostituzione della pala del Calcagni defraudata proprio nel 1866 nella cappella di San Giuseppe, dove appunto fu collocato il Caravaggio o presunto tale. Ebbene a questo punto, ricordate che vi avevo chiesto di tener a mente la denominazione ufficiosa del dipinto? Bene, da una relazione del giugno 1916, del Soprintendente alle Gallerie del Lazio e degli Abruzzi, Federico Hermanin, in cui riferisce alla Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti lo stato del dipinto, si evince una curiosità che non è affatto irrilevante. A detta dell’Hermanin, i cespi d’insalata porti dalla Vergine al Bambino, che poi li lava nel catino, potrebbero rivelare un’allusione furbesca a Monsignor Pucci di Recanati, un cardi-
nale presso il quale il Caravaggio aveva dimorato durante i miserevoli anni del suo soggiorno a Roma: proprio questo cardinale, veniva chiamato dal Caravaggio “Monsignor Insalata”, a causa della natura del cibo troppo frugale che il prelato gli somministrava. Beh però se l’allusione fosse da prendere come valida, allora il dipinto apparterrebbe agli inizi della carriera del Caravaggio e non potrebbe essere la pala di Tolentino del 1603, che possiamo addurre appartenere al periodo maturo; inoltre la provenienza sarebbe da individuarsi nella corte pontificia romana e non nella periferia marchigiana. Non posso esprimermi, non ho prove certe per potermi schierare da questa o da quell’altra parte. Certo è, che tutti gli indizi parrebbero confermare il dipinto al Caravaggio. E pure la critica è d’accordo in questo, quasi all’unanimità: in pieno contrasto con la teoria del prof. Bartolozzi, il noto storico dell’arte Vittorio Sgarbi è convinto infatti che la pala sia da attribuirsi ad Alessandro Turchi, conosciuto come l’Orbetto, solo per il fatto che il pittore sarebbe un seguace di Caravaggio e avrebbe vissuto i luoghi marchigiani durante il suo operato. Per cui alla visione di quanto detto, sorrido all’idea che qualcuno come Sgarbi debba per forza andare controcorrente anche lì dove c’è l’evidenza. È nella natura dello storico dell’arte dire la sua: per qualcuno vige addirittura la regola “giusto o sbagliato purché se ne parli”. Una visione opinabile, certo, che non vuole intaccare assolutamente la professionalità dell’emerito, ma spinge senza dubbi a considerare come valida l’idea che, nel caso suddetto, quanto affermato dallo storico dell’arte e politico si debba necessariamente vedere come una mezza castroneria. A. D. F.
L’IMBRATTAC-ARTE Copywriter, blogger e web marketer con una grande passione per l'arte e per il suo mercato. Quando lavoro scrivo, quando non lavoro scrivo, leggo, viaggio e giro per mostre, musei e fiere cercando di divertirmi: perché l'arte è una cosa seria, come la vita, per questo va presa con il sorriso. www.emettiladaparte.com
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Investire in arte: 10 buoni consigli per non sbagliare Investire in arte è una forma molto redditizia per far fruttare una parte dei propri risparmi. È vero che ci sono diversi livelli di volatilità, ma le performance non sono affatto da scartare. Per l’arte contemporanea per esempio, possono arrivare anche a picchi del 50%. Restando con i piedi per terra, studi più o meno recenti indicano un rendimento medio annuo che va dal 14% al 17%. Con questi numeri non è difficile capire come mai in molti si stanno lanciando su questo mercato per diversificare il proprio portfolio investimenti. Il problema è che come è vero che si possono ottenere bei guadagni, è altrettanto vero ed è molto più facile fare acquisti sbagliati e ritrovarsi dopo qualche anno con qualcosa che praticamente non ha più alcun valore.
Questo succede soprattutto quando si passa all’azione senza una reale conoscenza del vasto universo dell’arte, un mondo affascinante ma che per quanto riguarda il mercato è guidato da ben poche regole certe e verificabili. Probabilmente anche tu vuoi diversificare il tuo portfolio investimenti e puntare su un
dipinto, una scultura o una fotografia ma hai paura di compiere un errore. Eccoti allora dieci consigli che ti aiuteranno a scegliere un artista le cui quotazioni potrebbero rivalutarsi nel corso degli anni. Devo partire innanzitutto da una breve ma fondamentale premessa indispensabile per contenere il più possibile le polemiche che ogni volta si scatenano quando si parla di questo argomento. Ti dico inoltre fin da subito che in un solo articolo non potrò esaurire l’argomento, sul quale per altro si sono già consumate le penne di decine di giornalisti, critici o addetti ai lavori. Scriverò comunque presto altri post legati a quello che stai per leggere. Ma ora partiamo: L’arte è una cosa, il mercato un’altra
Proprio così, arte e mercato sono due entità differenti e separate anche se strettamente legate e connesse fra loro. È come parlare di uno sport, il calcio per esempio, ma di due partite differenti che si giocano su due campi differenti per due competizioni differenti. Se valutiamo il valore artistico di un’opera, lo stile di un artista e la sua
importanza culturale, stiamo giocando una partita, se analizziamo il valore economico di un dipinto o di una scultura, ne stiamo giocando un’altra. Questo vuol dire che arte e mercato non si incontrano mai? No, a volte si incontrano anche, ma nella maggior parte dei casi c’è un forte sfasamento e il mercato si comporta un po’ come un cavallo impazzito: corre avanti rispetto a certi artisti mentre ne lascia indietro altri e questo comportamento fa arrabbiare tanti nostalgici amanti della vecchia buona e bella arte. Facciamo qualche esempio per essere più chiari. Chi sono gli artisti che più di tutti negli ultimi anni sono stati bersaglio di aspre critiche e fulcro di polemiche sistematiche (spesso anche consciamente cercate)? Sicuramente i nomi principali, per citare i più famosi, sono Damien Hirst e Jeff Koons. Il primo è stato forse un precursore nell’aver utilizzato (consapevolmente e con una strategia precisa) ciò che si chiama personal branding nel mondo dell’arte. Il secondo detiene il record per l’opera di un artista vivente più pagata in asta (58 milioni di $). (continua nella pagina seguente)
“L’arte è una cosa, il mercato un’altra ”
Può un cagnolone gigante, metallizzato, consapevolmente kitsch, costare più di un’opera di Gerhard Richter, per citare un altro artista vivente, o di Salvador Dalì e di Lucio Fontana, per citare due nomi di artisti storicizzati? Ebbene sì, può, sempre per lo stesso motivo: l’arte è una cosa, il mercato un’altra. Lo ripeto nuovamente perché deve entrare bene in testa a chi si vuole avvicinare a questo mondo senza trovarsi di fronte a brutte sorprese.
“stiamo parlando di mercato e il mercato lo fa il gallerista, non l’artista ”
Il mercato ha delle regole proprie e si muove secondo principi propri che a volte non hanno nulla a che vedere con quelli della storia dell’arte. Quindi se ci si avvicina all’arte con l’intenzione di fare un investimento sono le regole del mercato che bisognerebbe cercare di capire e seguire, non la piacevolezza dell’opera tanto meno il proprio gusto personale. Ovviamente fra i tanti possibili investimenti si può scegliere l’artista che più tocca le nostre corde, ma, come ho già scritto in un precedente post, se si compra sperando in una futura rivalutazione dell’opera non bisognerebbe mai farsi guidare dall’emozione: godere l’arte con il cuore ma comprarla con la testa.
Come investire in arte: 10 consigli per scegliere l’opera giusta Veniamo finalmente al succo di questo post. Se ti stai avvicinando al mondo dell’arte con l’intenzione di fare un buon investimento eccoti 10 domande che faresti bene a porti quando ti trovi davanti a un’opera che ti affascina prima di decidere di tirar fuori il tuo libretto degli assegni e
sperare di aver sotto il brac- scegliete il mercante giusto. In cio un dipinto che in futuro si Italia le gallerie più forti sono rivaluterà. Cominciamo: Massimo De Carlo, Giò Marconi, Lia Rumma, Massimo Mini1. Qual è la galleria o il ni, Franco Noero per citarne mercante che segue e solo alcune. Ci sono poi tantisgestisce il suo lavoro? sime altre gallerie meno forti Eh si, la prima domanda non ma che fanno un ottimo lavoro ha nulla a che vedere né con e vendono artisti interessanti. l’artista tanto meno che con (continua nella pagina seguenla sua arte. Ti sembra strate) no? Ti ricordo che stiamo parlando di mercato e il mercato lo fa il gallerista, non l’artista. Come esistono avvocati più potenti e influenti degli altri, politici più potenti e influenti degli altri, blogger, giornalisti, imprenditori, ecc. più potenti e influenti degli altri, così nel mondo dell’arte ci sono galleristi più potenti e influenti degli altri. Sono loro che, insieme ad altri personaggi, muovono le reti del sistema e a volte sono così famosi da diventare brand più importanti degli stessi artisti che gestiscono: Larry Gagosian, David Zwirner, Iwan Wirth per citarne qualcuno. Stando con i piedi per terra, senza andare a scomodare certe vette, anche a livelli inferiori ci sono galleristi che fanno bene il proprio lavoro e altri che lo fanno meno bene. Dietro alle alte quotazioni di un artista, si nasconde un lungo e dispendioso lavoro, sia a livello di tempo che a livello di denaro. Non tutti sono in grado o hanno le capacità, le conoscenze e i contatti (fattore essenziale per avere successo in questo mondo) per portarlo a termine. Ricordatevi che dietro agli impressionisti c’era Paul Durand Ruel e dietro a Picasso e Cézanne c’era un grande mercante come Ambroise Vollard. Quindi insieme all’artista, e in alcuni casi ancor prima dell’artista,
2. In quali mostre o musei sono stati o sono esposti i suoi lavori? Finalmente parliamo dell’artista o meglio ancora del suo Curriculum. Se doveste assumere un collaboratore come lo scegliereste? Ovviamente dando un’occhiata alle sue esperienze passate e alle aziende per cui ha lavorato. Nel caso di un artista le esperienze sono date dai premi vinti, dalle mostre e soprattutto dai musei in cui le sue opere sono esposte. Un tempo gli artisti raggiungevano questo riconoscimento a fine carriera. Oggi le cose sono cambiate e spesso gli artisti entrano nei musei molto prima e ottengono il riconoscimento economico fin da giovani. Avere un’opera all’interno di un museo, oltre che essere un riconoscimento ufficiale, espone il nome dell’artista agli occhi del mondo e lo rende quindi più desiderabile. Consiglio: cercate artisti esposti nei musei ma con prezzi ancora abbordabili e diffidate di quelli che costano già cifre stellari ma che nei musei entrano solo pagando il biglietto. 3. Chi lo colleziona? Una volta c’erano Papi, nobili e aristocratici. Oggi ci sono capitani d’industria, banchieri e imprenditori. Cambiano i ruoli, cambiano i modi, ma la musica non cambia. Entrare a far parte di certe collezioni è garanzia di successo. Pensate agli artisti della Young British Art collezionati dal magnate della pubblicità Charles Saatchi e che oggi hanno raggiunto cifre da capogiro. Altre collezioni importanti sono quella dei coniugi Rubell e quella diRosa e Carlos De la
Cruz in America, mentre in Italia si devono citare la Collezione Miuccia Prada, quella di Giuliano Gori e quella del Conte Panza di Biumo. 4. Quale ruolo ha all’interno della storia dell’arte? All’interno del vasto mondo della storia dell’arte, ci sono artisti importanti, alcuni indispensabili e altri che non hanno lasciato il segno. Se cancellassimo Cézanne, non capiremmo più Picasso e senza Picasso crollerebbe tutto il castello della storia dell’arte del Novecento. La stessa cosa vale per Lucio Fontana, per Andy Warhol e per tanti altri. Il mercato spesso non va di pari passo con la storia dell’arte e, soprattutto avvicinandoci ai giorni nostri, ci sono importanti e già storicizzati artisti che hanno ancora delle quotazioni raggiungibili. In questo momento gli artisti del dopoguerra (Vedova, Afro, Manzoni, Fontana, Castellani) hanno già valutazioni inarrivabili per i più ed è in atto la riscoperta degli artisti cinetici e di quelli dell’arte analitica. Una volta che anche loro arriveranno a determinate vette, il mercato passerà ai movimenti dei decenni successivi. Negli anni ’90 per esempio, hanno lavorato artisti come Alessandro Pessoli, Marco Cingolani e Stefano Arienti le cui quotazioni non hanno ancora raggiunto quelle del coetaneo Maurizio Cattelan. La cosa che si dovrebbe fare è anticipare i tempi e comprare gli artisti prima che vadano di moda e che vengano inglobati dal mercato: per riuscire a fare questo però, bisogna iniziare a familiarizzare con linguaggi
a cui non siamo ancora abituati e che spesso possono risultare di difficile comprensione. (continua nella pagina seguente)
5. Ha raccolto le sue opere in un catalogo generale? Per un artista avere il catalogo generale è garanzia di sicurezza. Serve a far ordine nella sua produzione, a certificare quali opere sono vere e a dare un messaggio di serietà che poi si trasferisce al mercato. Una delle cose che ha fatto esplodere il mercato di Alighiero Boetti qualche anno fa è stata la pubblicazione del catalogo ragionato delle sue opere. 6. I suoi lavori sono immediatamente riconoscibili?
“Avere uno stile unico e inconfondibile porta sicuramente valore al lavoro di un artista”
Avere uno stile unico e inconfondibile porta sicuramente valore al lavoro di un artista, soprattutto quando questo vuol dire anche utilizzare un linguaggio nuovo o dire cose che nessuno ha mai detto. Artisti con stili propri sono quelli che poi diventano più facilmente icone e quindi più desiderabili dai grandi collezionisti. Un’opera di Andy Warhol, come una di Francis Bacon, come una di Lucio Fontana, come una di Luigi Ontani ecc. le si possono riconoscere a chilometri di distanza. Avere una loro opera appesa in un salotto è garanzia di prestigio per chi la possiede. 7. Le sue opere girano all’interno di un mercato locale, nazionale o internazionale? Qui è anche inutile spendere troppe parole, è una legge dell’economia: più la richiesta aumenta, più aumentano i prezzi. È intuitivo e automatico che un artista venduto nel mondo ha più richiesta di un altro venduto solamente dalla galleria del paese.
8. Quella che sto per acquistare è un’opera di un periodo significativo? Quasi tutti gli artisti hanno avuto nel corso della vita, periodi di grande fermento creativo affiancati a periodi meno produttivi. Di solito il ciclo produttivo di un artista è diviso da una fase in cui “inventa” un nuovo linguaggio, seguito da una seconda fase in cui la novità si afferma e quindi finisce di essere una novità. Infine arriverà la fase in cui l’artista, ormai affermato, si attesterà sulla stanca ripetizione di uno schema ormai di successo. Ovviamente la prima fase è quella più cercata e pagata dal mercato. Non tutti i Picasso costano milioni di euro. Quelli del periodo rosa, del periodo blu o le opere cubiste sono quelle che raggiungono quotazioni spaventose. I Picasso dell’ultimo periodo non si avvicineranno nemmeno ai record price pazzeschi dell’artista. Così come una Piazza d’Italia di De Chirico degli anni ’50 non costerà come una del primo decennio del ‘900 o un Castellani degli anni 2000 non costerà come uno degli anni ’60. Attenzione però, perché non per tutti gli artisti il periodo migliore è quello giovanile, ci sono pittori che hanno raggiunto il massimo dell’espressività in età senile o altri per cui l’anno di creazione di un opera non fa la differenza ma conta solo la qualità. (continua nella pagina seguente)
9. Com’è la qualità dell’opera che sto per acquistare? La qualità appunto. Penso sia chiaro che un artista non dipinge solo capolavori. Tutti noi abbiamo giornate no, in cui niente ci esce come vorremmo e altre in cui tutto sembra invece facile. Per un artista è uguale: ci sono giornate in cui dipinge capolavori, altre in cui i quadri sono poco riusciti, altre ancora in cui non ha alcuna ispirazione ed è costretto a creare opere giusto per accontentare il mercato e altre giornate ancora in cui il risultato del suo lavoro è ciò che l’ambiente chiama con il sinonimo di “crosta”. Ovviamente i capolavori costano più delle altre opere, ma sono anche quelli che si rivalutano meglio nel tempo e che si farà meno fatica a vendere quando si vorrà monetizzare l’investimento. Nel mondo dell’arte a volte è meglio ricordarsi del proverbio: “chi più spende meno spende.” 10. Quale critico si è occupato della sua opera? Quest’ultima regola ero indeciso se inserirla o meno. Un tempo la voce di un critico avrebbe potuto lanciare verso le stelle la carriera e le quotazioni di un artista. Oggi anche una critica importante non smuove in sostanza niente dal punto di vista delle quotazioni. C’è in compenso una nuova figura che qualche influenza in più ce l’ha ed è quella del curatore. Negli ultimi anni le scelte fatte da alcune importanti istituzioni museali rispetto a mostre ed esposizioni spesso coincido-
no con i nomi che fanno ottimi risultati in asta. Adesso sei pronto anche tu a comprare la tua prima opera e a investire in arte. Ovviamente non è necessario che un artista possegga tutti i requisiti che ho elencato qui sopra per essere un investimento, soprattutto se stiamo parlando di un artista giovane. Queste vogliono essere solo delle linee guida ma il discorso ovviamente non si esaurisce qui, ci sono tante variabili che influenzano le quotazioni di un artista soprattutto in un mercato in cui c’è poca chiarezza e trasparenza. Matthew Carey -Williams, curatore della galleria White Cube di Londra ha dichiarato provocatoriamente «Oggi l’arte è un super business. Dopo il traffico di droga e la prostituzione, è il più grande mercato senza regole del mondo». Prima di lanciarti in un acquisto azzardato sarebbe meglio quindi iniziare a visitare musei, mostre, fiere nazionali e internazionali e dare un’occhiata ai nomi che girano. La cosa ancora più saggia è quella di farsi consigliare da un addetto ai lavori, ma occhio anche in questo caso a scegliere quello giusto, alcuni sono solo dei bravi imbonitori. N. S.
“Prima di lanciarti in un acquisto azzardato sarebbe meglio quindi iniziare a visitare musei, mostre, fiere …”
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