DeepDream_Act II

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è

un collettivo artistico che si muove sul confine tra arte, design e ricerca tecnologica. Nasce dall’unione di diverse esperienze per dar vita a uno spazio di espressione autonomo, esule dall’industria creativa, in grado di sviluppare progetti innovativi e interdisciplinari, anche nel campo dell’arte. Costruisce esperienze che indagano la dimensione umana, macchine che esplorano lo spazio fisico, lo sviluppo degli eventi e l’inconscio.


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DeepDream_Act II

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’opera porta il nome di un algoritmo matematico scoperto involon-

tariamente da Google che procede per associazioni visive catturando immagini e video dal database ‘Google’, una rete neurale che interpreta la realtà attraverso un immaginario condiviso in costante evoluzione.

Prendendo spunto dal concetto di intelligenza artificiale, NONE ha deciso di prestare la sua attenzione all’interazi-

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o spettatore è sottoposto a un “bombardamento” visivo e sonoro che altro non è se non

il tangibile riflesso della nostra attività virtuale.

one uomo-macchina. Nel caso dell’al-

Ciò che ci circonda sono infatti immagini, video,

goritmo di Google, Deep Dream ap-

gif, prese da un database in fieri condiviso su

punto, la macchina prova a riprodurre

Facebook: DeepDream_Open Archive. Il rappor-

una sorta di creatività autonoma, ma il

to tra opera e spettatore, centrale nella mostra,

suo resoconto, che funziona per asso-

precede nel lavoro dei NONE addirittura l’instal-

ciazioni di immagini, non è altro che il

lazione della stessa: lo spettatore infatti prima di

frutto di quell’immaginario “condiviso”

“entrare” nell’opera dei NONE è invitato a colle-

che è il web.

garsi al proprio profilo da cellulare, permettendo agli artisti di catturarne in tal modo 10 immagini solo per il tempo dell’esperienza. Questo da la possibilità nella fruizione dell’opera, di rendere le proprie immagini profilo di Facebook un tassello di questo voyeuristico cyberspazio.

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’installazione è costituita da una pianta a croce, ricoperta di specchi - circa 170 metri quadrati di specchio su pavimento, pareti e soffitto. Entrando, si crea una sorta di ipercubo, ovvero una moltiplicazione all’infinito del contenuto proiettato. Le immagini sono state trattate con una chiave cromatica/estetica digitale, facendo anche un lavoro sulla geometria affinché il tutto avesse una certa prospettiva in relazione alla forma della struttura.

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a parte computazionale dell’installazione si compone di un router di rete, sei personal computer, quattro Kinect e due schede audio. Le quattro kinect inviano dati ai due master (audio e video) che producono dei contenuti audio e video generativi. Il software, scritto con openFrameworks, comunica con l’app di facebook “Deepdream” che scarica le immagini utente dei partecipanti e le passa alla patch di Touchdesigner. Quest’ultimo software produce in real time una composizione generativa di animazioni con elementi visual, contemporaneamente Abletonlive genera modulazioni sonore a seconda della posizione dell’utente nello spazio. Generando visual e suono in tempo reale, ogni utente vive un’esperienza immersiva unica, che cambia ogni volta aspetto a seconda dell’interazione.

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Il meccanismo dello scorrere all’infinito di volti e azioni ha fascino, e i tanti visi inutilmente sorridenti dei social network scorrono all’infinito, verso la scomparsa. Il tema principale è il rapporto uomo-macchina. Principalmente è una rappresentazione di ciò che si è nella vita virtuale, mai esattamente ciò che ci si aspetta.

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percezione La sensazione che viene suscitata al fruitore dell’opera è la perdita del senso di orientamento e dell’equilibrio. Non vi è più distinzione tra sopra o sotto, destra o sinistra, non si ricorda da dove si è entrati e da dove si uscirà. E’ come se si stesse fluttuando in una bolla senza gravità, mentre si subiscono le immagini che passano sugli schermi. La perdita dell’equilibrio e dell’orientamento, sono dati dalla diffusione del suono monofonico a 360° in tutta la stanza, ma sopratutto dalla struttura interna dell’opera.

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equilibrio Gli organi che sono deputati al mantenimento dell’equilibrio e della posizione del corpo nello spazio sono gli occhi e le orecchie. Gli occhi ci aiutano a restare in equilibrio grazie a punti di ancoraggio visivi, ma sopratutto poiché danno completezza a tutte le altre informazioni ricevute dalle forze interne. In questo caso però, il movimento dello spazio intorno a noi viene interpretato come un movimento del proprio corpo: tutte le immagini proiettate e riflesse si muovono, ed il cervello crede che sia il nostro stesso corpo a muoversi, nonostante il canale vestibolare non percepisca nulla di tutto ciò. Inoltre, gli impulsi violenti del passaggio dalla piena luce al buio totale hanno un intervallo talmente minimo che impedisce l’azione di controbilanciamento che attua l’occhio per ripristinare l’equilibrio. Nell’esperienza percettiva, l’infrazione alle leggi dell’armonia è intollerabile.

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considerazioni L’intento dell’autore era quello di far immergere lo spettatore nella propria realtà virtuale: uno spazio che apparentemente è il proprio sé, ma che in realtà lo appartiene in minima parte, divenendo un sé gemellare. Davanti allo spettatore si smaterializza con velocità vorticosa tutto ciò che egli stesso produce, entrando così in un’ambiente che non si sente più proprio. Nell’opera ci si perde nella moltitudine dei contenuti, che siano propri o meno dall’effettuo del login sul social network. Il passaggio dall’atomo al bit è divenuta ormai una realtà comune, nonostante nella realtà persista il valore dell’opposto, ormai oscurato dallo schermo/specchio dei computer o smartphone.

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Il termine “profilo” sta mano a mano perdendo di significato. Col tempo si sta iniziando a vivere solo ed esclusivamente con la funzione di creare contenuti multimediali che possano piacere al proprio pubblico, senza mai sbilanciarsi troppo, senza mai esprimere un pensiero critico, restando nella safe zone, in un loop di like (o cuoricini) da ricevere e dispensare alla qualunque. L’effettivo annullamento totale della personalità avverrà quando, per piacere, si smetterà di dire ciò che si pensa. Sotto questo punto di vista siamo “salvi”, poiché, al momento, social network e odio vivono in simbiosi.

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Mereu Arianna Interaction Design II a.a. 2016-2017 Teoria della percezione e psicologia della forma Docente: Gianna Angelini Quasar Design University


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