I Figli di Baal. I Giardini dell'Essere

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Armando Curcio Editore


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ELECTI I Edizione ottobre 2013 Š 2013 Gruppo Armando Curcio Editore S.p.A., Roma www.armandocurcioeditore.it info@armandocurcioeditore.it ISBN 978-88-97508-80-9 Direzione editoriale: Cristina Siciliano Copertina: Andrea Tomassini, (computer grafica) Gianfranco Maniscalco Art direction: Mauro Ortolani Elaborazione grafica: Pierluigi Guerrucci Supervisione editoriale: Enrico Conticchio Tutti i diritti sono riservati, incluso il diritto di riproduzione integrale e/o parziale in qualsiasi forma.


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Ora che, sognando e desiderando, stai plasmando la tua realtĂ ...


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INDICE

PARTE PRIMA Primo comandamento. Aspira alla perfezione Un taglio netto col passato La sua voce Un altro giorno Dall’arcimago L’antro delle arpie Una vera strega

13 23 33 45 51 89 103

PARTE SECONDA Secondo comandamento. Fonda la tua scuola Il ritorno dei Figli di Baal It’s a kind of magic Il fuoco purificatore La città che non dorme mai La gilda dei maghi L’audizione Wild magic! Un nuovo membro per i Baalym

123 141 147 169 197 233 259 275 293


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PARTE TERZA Terzo comandamento. Specializza la materia Nelle fauci del drago dorato La piccola Pan Senza speranza Scontro frontale La caduta di Aurigard Epilogo

319 329 347 363 375 415 431

APPENDICE. Info e curiosità Scheda I. Nuovi arrivi Scheda II. Tavole smeraldine di Toth l’atlantideo Scheda III. Di rose, castelli e persecuzioni Scheda IV. La struttura della magia Scheda V. Le canzoni de La guida rossa

433 437 439 441 443

Ringraziamenti


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PRIMO COMANDAMENTO.

ASPIRA ALLA PERFEZIONE

Lemuria, Terre perdute, Deserto di fuoco

Vento, oscurità e una perenne coltre di nebbia si aggiungono al clima aspro di questa landa desolata. Com’è possibile che dall’altro lato del globo si trovi Atlazan con un clima sempre temperato, vivido della conoscenza che racchiude? «Mi sembra di capire che sulla Terra dominino gli opposti», mi dico mentre mi aggiro tra la steppa monocolore di questo territorio brullo. Ognuno dei miei compagni si sta occupando di costruire un tempio dove concentrare gli esseri umani e insegnare loro quanto abbiamo appreso attraverso le ere. Io ho invece deciso di non seguire più le sorti degli abitanti di questo pianeta. Voglio che conoscano me, Mephisto, primo raggio di Volontà e Potere, solo quando saranno pronti. E adesso mi sembra proprio che non lo siano. 13


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Mystra mi ha parlato spesso del territorio che gli uomini chiamano Mu. Qui potrei costruire il mio tempio. La roccia, però, è troppo dura per erigere delle fondamenta e la dominante di colore rosso ruggine mi dà un senso di angoscia e solitudine. Mentre vago per queste terre desertiche, col vento e la sabbia che a tratti mi accecano, un’ampia pianura si estende davanti ai miei occhi. L’odore nell’aria è asfissiante, a causa dei molteplici pulviscoli che aleggiano nell’atmosfera. Il cielo è plumbeo e la coltre di nubi è scura e spessa. Il sole non riesce a passare, eppure io riesco a percepire cosa accade intorno a me. Se non fosse per questa stramaledetta nebbia che mi confonde... Proseguo. Dovrei stare procedendo sempre nella stessa direzione. La nebbia, in effetti, si avvicina. Noto alla mia destra un piccolo geyser spruzzare a getto continuo dei vapori roventi e sulfurei. Lì intorno il colore del terreno si fa giallo ocra, pesante. Attraverso la nebbia. Se prima i suoni erano percepibili come il rombo della terra che trema, viva da sotto la superficie, adesso le mie orecchie percepiscono un mondo ovattato. Mi sento pesante e a malapena riesco a respirare. Faccio fatica a muovermi, forse perché c’è poco ossigeno. Ho capito che questo corpo umano con cui mi manifesto ha bisogno di certe molecole come carburante, mentre altre lo frenano. Allungo le braccia in avanti, ma non vedo più le mani. Tutto si fa buio e asfissiante... D’un tratto, respiro di nuovo. Davanti a me si apre, colpendo prima le mie orecchie quindi i miei occhi, lo stesso scenario di prima: terra arida rossastra, il cielo plumbeo venato anch’esso di rosso, una pianura infinita e il geyser sulfureo che, stavolta, è alla mia sinistra. 14


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«Che strano – mi dico –, possibile che sia lo stesso di prima? Mi sembra di girare in tondo». Rimango un attimo fermo, perplesso. Dietro di me, la spessa nebbia mi è molto vicina; se guardo a destra e sinistra essa sembra espandersi a perdita d’occhio. Così come, di fronte a me, si estende la pianura rossastra. Decido di proseguire ancora in un’unica direzione, come se camminassi su una linea perfettamente retta. D’altronde, secondo la geometria di questo pianeta, è il modo più veloce per congiungere due punti. Cammino, dunque, e penso a come tornare su Atlazan. Ho posizionato il mio vimana all’imbocco di questa terra isolata, dopo aver attraversato immense distese di acqua. «Acqua...», mormoro, mentre il mio corpo comincia a sentire lo spasmodico bisogno di questo liquido che lo tiene in vita. Poi penso al fuoco, a come tutto qui sia contrario all’elemento di cui è permeata la città che abbiamo costruito dalla parte opposta del globo. Allora continuo, assetato, a percorrere la landa desolata davanti a me. Di nuovo, dopo un tempo che sembra infinito – mi sto abituando allo spazio-tempo del pianeta – incontro la solita coltre di nebbia. Mi soffermo solo un attimo, prima di entrarci dentro. Essa mi ingloba avvolgendo completamente il mio corpo. Per la seconda volta mi sembra di soffocare e non vedo nulla, neanche le mie mani che, ingenuamente, allungo davanti a me nella speranza di tastare qualcosa... Ma nulla. I miei sensi, nella nebbia, sono completamente intorpiditi. Non respirò più... D’un tratto, i polmoni si riempiono di nuovo di ossigeno, 15


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misto a pulviscoli sulfurei. I miei occhi tornano al solito ruggine rossastro e ricompare la stessa terra arida. Dietro, ho solo la coltre di nebbia. Mi volto e, adesso, il geyser giallastro è alla mia destra. «Non è possibile!», esclamo fissando allibito gli sbuffi di acqua bollente e di vapore giallastro. Sono stordito, ma inizio a capire cosa sta succedendo. Questo luogo ha una sola dimensione: il tempo. Lo spazio è irrilevante, forse è solo una costruzione della mia mente... che anch’io stia diventando “umano”? «IMPOSSIBILE!», grido. Mi accorgo di non essere solo... Dei movimenti repentini e un respiro affannoso si avvicinano dalla coltre di nubi alle mie spalle... almeno nella direzione che penso sia “dietro di me”. L’alito putrido e il grugnire di una creatura primitiva si fanno sempre più vicini. Con un rantolo, la bestia mi si getta contro, affamata, assetata e – se fosse senziente – persino disperata di girare in tondo in questo “nulla”. Faccio appena in tempo a scansarmi, quando mi accorgo della sua lunga coda a spirale. La pelle, nera e verdastra, è in parte ustionata e dai numerosi tagli fuoriesce una densa sostanza blu. Gli occhi gialli penetranti mi puntano, la bocca ha denti aguzzi, la lingua biforcuta rosso fiamma perde saliva e bava... l’uomo lucertola ha fame e io sono un pasto prelibato. Mi preparo alla lotta. Sposto il peso alternativamente su una gamba e sull’altra studiando ogni mossa dell’enorme lucertola. Si lancia di nuovo contro di me, roteando la coda e sfiorandomi con i suoi artigli che spuntano dalle zampe anteriori, sembrano 16


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lame taglienti e velenose. Schivo e cerco di contrattaccare. Tiro un gancio su quello che sembra il costato dell’animale. Grida di dolore. Le mie. La sua pelle è durissima, corazzata! Il mio corpo non è abbastanza forte. Mi sento stringere al collo. Il rettile mi ha afferrato con la coda! Il dolore è lancinante, il mio collo si allunga in modo innaturale, sento che sta per spezzarsi... non vedo, non sento più nulla. Per un istante perdo conoscenza. Quando riapro gli occhi e l’ossigeno rinfranca la mia mente, mi accorgo che l’uomo lucertola è stato attaccato da un altro essere, ancora più grande e mostruoso: dritto su due enormi zampe muscolose, si avventa sul mio assalitore che al confronto è minuscolo. Ha spine e lame d’osso che gli escono dal corpo, fondendosi nelle carni rosso ruggine come la terra da cui ha avuto origine. Quella che sembra la testa ha enormi protuberanze simili a tentacoli, la bocca ha più file di denti circolari che roteano segando e lacerando ogni cosa. Anche quest’essere ha una coda, ma due occhi piccoli e neri ai lati della testa e due “braccia” con zampe munite di artigli. Afferra l’uomo lucertola senza che esso possa opporre alcuna resistenza e con una forza dirompente lo trancia in due parti. Quando inizia a divorare la melma bluastra che fuoriesce dal corpo lacerato, ho un improvviso conato di vomito. Devo lasciare questo posto! Mi alzo a fatica. Il dolore alle vertebre del collo mi stordisce. Penso intensamente a una sola cosa: il mio vimana. Mi tuffo nella nebbia con in mente, chiaro, l’obiettivo di rientrare ad Atlazan, verso la salvezza. Adesso di fronte a me, invece del territorio ruggine e sulfureo, vedo e sento, inconfondibile, il mare. Con un respiro di sollievo mi rendo 17


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conto che l’aria si è fatta più rarefatta e respirabile, e il mio corpo ne trae giovamento. Luminoso come la mia aura dorata, scorgo il vimana, fermo dove l’avevo lasciato. Mi accascio dentro di esso e, oltre alla sua luce, vengo avvolto dalla sua morbidezza e dal suo calore. Provo piacere mentre mi concentro sulla mia statua, ad Atlazan, che risuona con la mia nota e brilla del metallo orihalcon che abbiamo portato da Venere. E sono già lì, ai piedi del mio avatar.

È Haziel il primo a raggiungermi. I miei occhi sono pesanti, a fatica vedo la sua luce. «Mephisto, fratello, rispondimi!», la sua voce è un piacere per le mie orecchie ancora ovattate. «Cos’è successo? Ho visto il suo vimana cadere dall’alto, sembrava senza meta. Strano per lui». Questa è la voce di Baal! Fratelli miei, aiutatemi... Il tocco caldo di Haziel fa scorrere nel mio corpo tante scintille dorate e calde, che rigenerano la linfa vitale in esso. Il collo dolente adesso si raddrizza e, lentamente, riapro gli occhi. «Ah!», grido mentre i raggi del sole mi feriscono. Mi ritrovo disteso a terra sorretto da Baal, mentre Haziel emette la sua luce curativa che, dal centro del suo petto, irradia dai palmi delle mani poggiati sopra il mio cuore. Mi metto a sedere, accennando un sorriso rivolto ai miei due fratelli. «Mephisto, cosa ti è successo?», Baal mi guarda con i suoi grandi occhi, uno marrone, l’altro azzurro come il ghiaccio. 18


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Mi sono sempre chiesto perché abbia scelto questa doppia cromia, molto rara tra gli esseri umani. Comunque, è sinceramente preoccupato per me. Pensare che dopo il nostro litigio sulla piramide ci siamo a malapena parlati, qualche volta neanche “pensati”. «Sono stato su Mu... è una terra devastata dall’inconsapevolezza. Gli esseri che la abitano mi ricordano molto le razze inferiori, come i rettili. Sono orribili», ansimo. «Anche loro hanno motivo di esistere», dice Haziel, rassicurato che io stessi meglio. «Magari un giorno ne sapremo di più anche noi. Non capisco cosa ci sei andato a fare in quel luogo desertico». Barcollando mi alzo in piedi e sistemo i miei abiti sgualciti e strappati. Insieme ci dirigiamo verso il cuore di Atlazan, dove le nostre sorelle sono alle prese con la costruzione di sei templi, ognuno realizzato per ospitare l’insegnamento delle nostre rispettive abilità. Alla domanda che mi ha fatto Haziel non rispondo, limitandomi a sorridere. Tra i Sette sono l’unico a non averne ancora progettato uno. Questo perché sono sicuro che non sarei capito... come quella volta in cui ho cercato di aiutare una famiglia a costruire la propria casa. Il gruppo di lavoro non era ben congegnato, non c’era collaborazione. Ho fermato tutto con un mio ampio gesto delle braccia e le fondamenta e la struttura in legno sono andate in fiamme, stessa cosa è accaduta alle assi tagliate con maestria dai piccoli artigiani del luogo. Cammino per le strade e mi sento osservato... sono alto tre metri e questi piccoli uomini mi adorano come un “dio”. Che ne sanno loro di Dio! Vado alla ricerca di coloro che sono degni di conoscere l’Essenza della creazione, selezionando solo chi, tra gli uomini, sia in grado di seguirmi nella Nuova era. 19


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Mentre camminiamo, Baal mi osserva. Lo fa da tempo, lui che invece il suo tempio l’ha finito per primo e si occupa di far capire ai suoi discepoli che è l’umanità stessa l’artefice del proprio futuro. Spiega come intessere rapporti commerciali tra le diverse tribù che popolano l’isola di Atlazan, mentre con alcuni esseri umani sta sviluppando contatti telepatici e rapporti privilegiati. Il bimbo che ha aiutato con l’uccellino malato una volta scesi sulla Terra, ad esempio, adesso è un uomo ed è il suo primo discepolo, nonché messaggero. Io non ho questo rapporto con nessuno degli esseri presenti qui, sull’isola. Eccezion fatta per Arel, con il quale ogni giorno mi alleno nel suo tempio dedicato alle arti della guerra e al combattimento. Voglio parlare con lui di quanto ho visto su Mu. Se un domani dovessimo imbatterci in quelle orrende creature e uomini lucertola, dovremmo essere in grado di sconfiggerle. Un esercito di vimana ci aiuterebbe a fermarli. Poi c’è Mystra, che sta insegnando forme-pensiero utili per incanalare le proprie energie e modificare la materia. Gli esseri umani la chiamano “magia” e non capisco perché Mystra acconsenta a mantenere questa definizione. Solo con loro due mi sento me stesso... mentre con Baal e Talya, sempre più intimi, non riesco a trovare un punto d’incontro. Forse la mia presenza su questa Terra non è poi così necessaria, dopotutto. Un altro ricordo... un contadino mi ha chiesto di aiutarlo a prendersi cura dei campi. Io ero frastornato dal suo modo di collaborare con altri, così invidioso di quanto possedevano. Mi sono innervosito e in un batter d’occhio il suo campo e il misero raccolto che aveva racimolato, sono andati in fumo. Non c’è perfezione nelle interazioni umane, ma soltanto caos. Nessuno sa indirizzare i propri pensieri, né porsi un obiettivo. 20


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Tutto questo per me è frustrante, speravo di trovare un popolo più evoluto da guidare. Dovrò essere io a crearlo, forse... già, magari a partire dagli esseri che ho incontrato su Mu. Sono primitivi ma, se Mystra e Arel mi aiuteranno con i vimana, una mente come la mia potrebbe soggiogarli e sfruttarli come schiavi per costruire un altro regno, dal lato opposto del globo. Non capisco... eppure per Baal è così facile andare d’accordo con gli esseri umani, così facile. I suoi discepoli lo amano, mentre di me gli uomini hanno solo paura. E sia! Creerò su Mu un esercito di uomini lucertola e di... “uccisori”, non so come definire meglio l’essere divoratore. Fonderò lì la mia colonia di primo raggio, dove il fuoco non distruggerà più nulla, ma sarà fonte di purificazione. Che Baal si tenga pure Atlazan! La nuova razza, la MIA razza sorgerà sul continente che ho appena esplorato. Il mio futuro qui, su questo pianeta, è ancora tutto in divenire, e in ascesa. Fratello mio, tra poco avrò anch’io i miei discepoli e allora vedremo chi di loro... chi di noi sarà il più forte e avrà più potere sulle menti di questi piccoli uomini. Solo allora sapremo chi ha sempre avuto ragione.

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UN TAGLIO NETTO COL PASSATO

Sono nato nel 1770. E, nel 1815, sono morto. Ricordo ancora le lame della ghigliottina trapassarmi gelide le carni, tranciandomi di netto l’osso del collo. Il dolore alla cervicale, da quel momento in poi, non mi è più passato. Un fastidio che mi porterò dietro per sempre, temo. Quel giorno sentivo le lame scendere ancora prima che il boia tagliasse la fune, l’unica sicurezza che ancora mi teneva in vita. Il sudore per la tensione scendeva copioso dai miei capelli, mentre fissavo attonito le spesse doghe del duro pavimento in legno su cui ero inginocchiato. Le mie spalle erano bloccate dallo strumento di tortura che, ad anello, mi cingeva impedendomi ogni movimento. Con le mani legate dietro la schiena, potevo fare ben poco. L’aspro sottofondo delle invettive contro di me e contro il clero che io rappresentavo in quel periodo della mia vita, erano di una volgarità che sapeva di amaro in bocca. Eppure riuscivo ancora a pensare alla situazione politica del mio paese e dell’Europa tutta. Le nazioni stavano cercando 23


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disperatamente di restaurare il loro passato e, anche se lo Stato pontificio non esisteva più, la Chiesa continuava a mantenere il suo potere. Non c’è logica negli accadimenti umani, che sono esclusivamente provvidenziali. E dire che Napoleone ancora aveva i suoi seguaci, nonostante quel maledetto 18 giugno a Waterloo, mentre gli stolti di Vienna si accaparravano quanto era rimasto... ma nessuno può riportare indietro il tempo. Ero sul patibolo, dunque, e la mia testa si arrovellava in queste e altre riflessioni senza alcuno sbocco. Decisamente, quello non era un buon giorno per morire. Nel 1815, dicevo, subito dopo la disfatta di Napoleone, l’uomo del secolo che ha cambiato il mondo, sono morto. Ma non prima di sentire, tra la folla, una parola nitida e chiara, una soltanto, in quel vociare scomposto e irriverente. Immobilizzato nell’orrenda macchina di morte, mentre il boia sollevava l’ascia per tranciare la corda e sancire così la mia fine, scorsi due occhi neri come la pece e un’aura incandescente di lame rosso fuoco. La strega, colei che avevo cercato invano di purificare sul fuoco sacro di Dio, aveva promesso che sarebbe tornata. E l’aveva fatto. La ghigliottina scese e, prima che la mia testa rotolasse per tre volte sul legno, capii che ero dannato e che per sempre avrei arso in quelle lame rosso sangue, con quegli occhi neri come la pece a scrutarmi l’anima. Qualcuno, forse, si sarebbe ricordato di me? Mio figlio, lui avrebbe serbato il ricordo di suo padre... «Hai finito con questa solfa?», una voce femminile s’insinuò fastidiosa nella mia mente. Forse la stavo immaginan24


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do io, perso nel vortice di una morte dolorosa. Le mie palpebre si chiusero, per sempre. «I tuoi pensieri sono così confusionari che mi stanno provocando un gran mal di testa. Datti una mossa, non farmi pentire di averti salvato», la voce persisteva. Non ci credevo di riuscire a sentire qualcosa. Non avevo il coraggio di aprire gli occhi, sapevo che quello che avrei visto sarebbe stato orribile. La voce si allontanò imprecando. Da giovane non tolleravo simili insolenze. Respirai, sentivo dell’aria chiusa e polverosa entrare nelle mie narici... morire, dopotutto, era quasi come sentirsi vivi. A quel punto decisi di aprirli, gli occhi e... un viso dolce di donna si palesò davanti a me. Due occhi grandi, marroni ed espressivi, mi fissavano tra lo strafottente e il divertito, mentre le labbra sode s’increspavano in un mezzo sorriso, più che altro una smorfia di fastidio. I capelli biondi cortissimi non si addicevano a un volto così femminile e, nel complesso, molto piacevole. Davvero, non era così male essere morti. «Questo deve essere il paradiso», dissi con la bocca impastata. «Perché, ti sembro forse un angelo?», rispose lei, secca. In effetti, solo in quel momento capii che si trattava della strega... la ricordavo pronta ad attaccare, nonostante tutte le droghe che le avevo iniettato nei giorni in cui era stata mia prigioniera, all’abbazia. «Datti una mossa, la nostra meta è vicina», la sua voce era davvero fastidiosa, troppo acuta per me che in quel momento cercavo solo il silenzio. Ma il calcio che ricevetti al fianco fu anche peggio. «La nostra meta? Di che parli, io sono appena morto, non ho nessuna meta», rialzandomi, mi resi finalmente conto 25


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che avevo la testa ancora attaccata al collo. «AH!», gridai di gioia accarezzandomi il capo e stringendomi forte nelle spalle, in un abbraccio. «Allora sono ancora vivo? Eppure ricordo le lame della ghigliottina trapassarmi gelide le carni, tranciandomi di netto...». «Oh, insomma!», disse la donna avvicinandosi minacciosa. Notai le cicatrici sul suo volto e sulle mani, allora il rogo... «Nessuna ghigliottina ha tranciato il tuo collo, sei vivo – continuò lei –. Al posto tuo stanno bruciando il cadavere di un altro che ho provveduto a vestire come te, prete». Provai ad alzarmi, mi girava la testa. Quello che stavo apprendendo in quel momento non era facile da elaborare. «Mi servi vivo, non potevo permettere che ti uccidessero in quel modo». «Grazie», riuscii soltanto a dire, nonostante ancora non capissi come mi avesse salvato. «Bada bene, non dimentico quello che mi hai fatto. Per ora non ti ripagherò con la stessa moneta. Andiamo, non c’è tempo da perdere». Deglutii con forza. Ero vivo, sì, ma non sapevo ancora per quanto. «E comunque, dove stiamo andando?», chiesi con apprensione. «Dall’arcimago. Devo raggiungere Sean e solo un potente incantatore può aiutarmi a trovarlo, nello spazio-tempo di quest’epoca inconcludente». «Scusami, ma questo non lo posso accettare. Io sono nato e cresciuto in quest’epoca, che è degna di rispetto», mi alzai aggrottando le sopracciglia, rendendomi conto che ci trovavamo in una casa abbandonata, dove l’odore nauseabondo di un recente incendio mi fece pensare che il tetto, presto, ci sarebbe crollato addosso. 26


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«Crollerà se non ti dai una mossa. Forza, usciamo!», replicò la donna afferrandomi un polso ancora indolenzito per i legacci del boia. Rabbrividii. Quello che restava di un paese saccheggiato e distrutto dai briganti, era ben poca cosa rispetto a quello che sarebbe accaduto, adesso che Napoleone non controllava più il territorio di Francia né il resto dell’Europa unita. L’atmosfera era pesante, in quel luogo desolato... «Sì, l’atmosfera è davvero pesante, mi sembra ancora di sentire le urla dei bambini morti in quest’inferno», disse la strega sottovoce. «Puoi per favore smetterla di leggermi nel pensiero?», chiesi infastidito, senza meravigliarmi di quello che quella donna riusciva a fare. Ripensandoci oggi, a mente fredda, non mi sono mai meravigliato dei suoi poteri... forse avrei dovuto, considerando quello che è successo poi. «Credimi, vorrei tanto farlo, la tua testa è così complicata che mi fa male ascoltare i tuoi pensieri. Solo che non riesco a smettere. E poi, chi è questo dannato Napoleone?». «Dannato? Come osi, lui è il Sommo imperatore...». «Ah, no! Ne ho abbastanza di questi “sommi” chissà chi!». La discussione si animò, non avevo intenzione di sentire nessuno inveire contro di “lui”, che aveva cambiato la mente degli uomini. Sudici, smunti e derelitti si avvicinarono a noi. Una stretta al braccio, e la strega mi trascinò via dalla massa di villici inferociti che si dirigevano lassù, verso la reggia di un sovrano che ben poco aveva ancora da comandare. Ci nascondemmo tra i resti di un luogo che un tempo doveva 27


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essere stato un piccolo paesino di campagna, ridotto a un cumulo di macerie. «Cos’avranno da scalmanarsi questi, poi! – sbottò la donna mentre i villici si allontanavano, ignorandoci – Se il popolo si ribella al suo re, vuol dire che egli non ha fatto molto per capirne le esigenze. Un buon sovrano deve sempre partire dal basso, in questo modo avrà l’esperienza per guidare le masse». Mi limitai ad annuire, almeno in questo ero d’accordo con la stre... «Ah, un’altra cosa – m’interruppe lei –, smettila di chiamarmi “strega”. Il mio nome è Victoria».

Tornata la calma, mi dissetai nei pressi di un fiumiciattolo, in un piacevole bosco di montagna. La stre... Victoria armeggiava per accendere un fuoco. Ma perché non usava la sua “potente” magia? Smise di sfregare i bastoncini e mi squadrò da capo a piedi. Stava per dire qualcosa, forse aveva sentito di nuovo i miei pensieri. Poi scosse la testa continuando il suo lavorio. Decisi di avvicinarmi, d’altronde se avesse voluto uccidermi, l’avrebbe già fatto. Forse potevo guadagnare tempo. Di morire ancora una volta non se ne parlava. «Come fai a sapere che l’arcimago di cui parli si trova proprio qui, in Francia?», chiesi con fare circospetto. «Me l’hai detto tu, non ricordi? – disse sbuffando – Ma forse eri troppo impegnato a infilare quel ferro arroventato nelle mie carni». 28


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Le reminiscenze dei sette giorni che lei aveva passato con me, nel convento a Reims, cominciarono a schiarirsi nella mia mente. «Perdonami...». «Oh figurati, scuse accettate», inarcò un sopracciglio. «Ma come ti viene in mente?! Certo che non ti perdono, mi hai torturato e per colpa tua sono finita sul rogo, pensi davvero che io possa perdonarti? E poi, dai, non sei sinceramente pentito, so che provavi un fastidioso e appiccicaticcio piacere nel torturarmi. Però, in quei momenti la tua mente si è aperta e mi hai mostrato tra i tuoi pensieri deliranti un mago anziano, vestito di rosso, con uno strano cappello a punta. In qualche modo ci siamo riconosciuti; so che lui è uno dei più potenti incantatori mai esistiti, dopo Mystra intendo. E, anche se non ne conosco il motivo, è tramite te che posso raggiungerlo». «Adesso sono i tuoi pensieri a essere deliranti. Ti rendi conto di quello che sta succedendo qui? Dopo la Rivoluzione e l’arrivo di Napoleone Bonaparte a sistemare le cose, adesso qualche sedicente “statista” sta cercando di tornare a un antico regime che non ha più alcun senso di esistere! La Restaurazione di cui tanto si parla cosa diavolo ha a che fare con la tua “magia”?», gridai tagliando di netto il discorso. Non volevo più avere nulla a che fare con quella donna e decisi di trovare un modo per sfuggirle... «No, non devo pensare, devo agire – pensai –, altrimenti lei mi scoprirà». «Umpf, piacerebbe tanto anche a me fuggire, sapessi quanto. Però, finché non sarò IO a deciderlo, tu mi seguirai, volente o nolente. Vado a rimediare qualcosa da mangiare; anche se ti allontani, saprò come fare per ritrovarti. Perciò non rendere la mia e, soprattutto, la tua 29


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TRILOGIA I FIGLI DI BAAL

notte ancora più difficile e lunga di quel che sarà», così dicendo mi lasciò finalmente il tempo di respirare e capire cos’era successo davvero negli ultimi giorni della mia esistenza. Che, a quanto pare, non era ancora giunta alla fine. Era come se fossi morto e rinato... dall’incontro con la strega all’abbazia fino a quel momento in cui mi trovavo con lei, deturpata dalle fiamme del rogo ma ancora in piedi, c’era un lasso di tempo di cui non avevo memoria. Mi sedetti poggiando la schiena a un albero. Quasi ogni notte della mia vita ho sognato una figura umana, bianca con un alone dorato e una maschera inespressiva sul volto, che mi ha spinto a conoscere, cercare... Nonostante il mio passato da attivista rivoluzionario, grazie ai messaggi che percepivo in quei sogni, ero infine entrato a far parte del clero, l’unica istituzione in grado di fornirmi la conoscenza alla quale tanto anelavo. La mia mente era però confusa, non avevo idea di cosa mi fosse accaduto prima di vedere la figura bianca dorata. Tornando indietro con la memoria, riuscivo solo a pensare a mio figlio... eppure sapevo che quell’uomo dal volto coperto sarebbe tornato a tormentarmi, almeno finché non gli avessi portato la testa della strega. Il mio nome è Julien e, una volta, ero il più alto inquisitore della Santa Romana Chiesa. Questa che, dopo tante vicissitudini, scrivo su un vecchio diario ormai ammuffito, è la mia storia. Ho bisogno di descrivere quell’incontro, quello con l’unica vera strega che abbia mai conosciuto. È stata Victoria a cambiare la mia vita, così come quella di molti altri sulla Terra. Prima che i miei lunghi giorni volgano al termine, 30


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I G I A R D I N I D E L L’ E S S E R E

voglio lasciare il mio messaggio in attesa che l’ultima chiave di cristallo che custodisco sia nelle mani del piÚ degno, di Baal...

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