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1 Introduzione

1 INTRODUZIONE

La possibilità di fare il bagno in mare (o in un fiume, o in un lago) in acqua “pulita” è garantita dai controlli che ARPAT, così come ogni altra Agenzia regionale per l’ambiente, effettua nelle diverse aree sulla base di norme nazionali e disposizioni regionali. La normativa è ancora oggi di tipo sanitario (D.Lgs. 116/2008 e DM 30/03/2010), cioè tesa a limitare l’esposizione della popolazione (balneare) al rischio di contrarre “malattie” derivanti dal contatto con l’acqua contaminata e/o dalla sua eventuale ingestione (e dall’inalazione dell’aerosol), anche per breve tempo. Dato che le principali patologie associate alla balneazione (gastroenteriti, febbri respiratorie, ecc.) sono correlate (WHO, 2003) a fenomeni di inquinamento fecale, cioè derivanti soprattutto da apporti di reflui urbani (acque di scarico, sia domestiche che industriali, provenienti da insediamenti urbani), per valutare se l’acqua è “contaminata” sono stati scelti solo 2 parametri microbiologici (Escherichia coli ed enterococchi intestinali), indicatori della presenza di tali apporti fecali. Sia l’idoneità alla balneazione che il giudizio di qualità delle acque di balneazione (classe), come vedremo in seguito (par. 2), sono basati solo sull’elaborazione dei dati di concentrazioni batteriche rilevate senza prendere in considerazione alcun aspetto ecologico, nè chimico, nè organolettico (cioè percepibile mediante i sensi, come l’odore, il colore, ecc.), nè estetico o paesaggistico, riferibile all’acqua, alle spiagge o ai fondali. Altre normative (D.Lgs. 152/2006) hanno, invece, l’obiettivo di valutare, ad esempio, la qualità ambientale delle acque, con indagini e analisi sulle componenti biologiche (plancton, macroalghe, piante, invertebrati, pesci ecc.) e chimiche (nutrienti, metalli, sostanze organiche, pesticidi, fitofarmaci ecc.) sia nelle acque che nei sedimenti e nel biota (bioaccumulo). Questo monitoraggio, proprio perché deve tenere conto di variazioni stagionali e annuali e deve essere riferito a corpi idrici (interi laghi o fiumi, ampie porzioni di mare, ecc.), che quanto a dimensioni e complessità sono molto maggiori rispetto alle sole acque di balneazione, viene effettuato con modalità non applicabili alla balneazione e incompatibili con la gestione in corso di stagione (frequenze dei prelievi, localizzazione delle zone di controllo, tempi di risposta delle analisi ecc.).

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