Libriamoci 2012

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2012

fabianNEGRIN

illustrazioni


Immagini e colori, creatività artistica, sperimentazione e ricerca di nuove forme di linguaggio espressivo. Illuminare e arricchire. Sono forse queste le due parole chiave che mi piace attribuire a Libriamoci, una manifestazione che fin dalla sua nascita, attraverso la Mostra internazionale dell’illustrazione, è entrata a far parte delle peculiarità culturali di Macerata. E la città è orgogliosa di ospitare ogni anno una manifestazione di respiro internazionale che ci consente, di volta in volta, di vivere una storia diversa, di decifrare e interpretare le varie sfaccettature della realtà in cui veniamo catapultati attraverso le tavole che compongono un percorso fatto di colori, toni e sfumature e dove ci piace perderci. Come avverrà quest’anno grazie alla sapiente mano e alla inesauribile sensibilità di Fabian Negrin. In questo importante progetto l’Amministrazione comunale ci ha creduto e ci crede perché rappresenta una delle linfe vitali che nutrono e fanno crescere il livello dell’offerta culturale che proponiamo. Un grazie voglio esprimerlo ai fautori di questi risultati importanti e che, forse non a caso, hanno una denominazione che ben si sposa con la natura di Libriamoci: la Fabbrica delle Favole. Una Fabbrica dove si respira aria buona, fatta di talento ma anche di tenacia e sacrificio grazie ai quali i sogni ogni volta diventano realtà. Una realtà fatta anche di successo. Ed è questo che voglio augurare all’edizione 2102 della Mostra internazionale dell’illustrazione, il successo, giusto riconoscimento per una proposta di così alto livello.

Il Sindaco Romano Carancini

Libriamoci è tante cose insieme: l’incontro con illustratori di fama internazionale, laboratori per bambini, mostra d’arte, presentazioni di libri, aula per la scuola fuori dalle scuole, occasioni per le famiglie che passeggiano nel centro storico. E’ anche un tempo per la fantasia e per i sogni. E’ un luogo per incontrare la grandezza degli artisti. E’ uno spazio d’avventura per i bambini. E’ l’universo dei bambini che rinnova il mondo degli adulti. Con Libriamoci ogni anno rimettiamo al centro della città la cultura che nasce dai libri, dalle storie raccontate ai bambini, dalle buone relazioni con gli altri. Libriamoci è un bene culturale della città per il bene di tutti. Macerata, città della cultura, generosa nelle arti, ne è orgogliosa. Stefania Monteverde Assessore alle Politiche scolastiche

– E’ impossibile disegnare uno specchio. Silenzio. Non rispondo mai alle provocazioni di mio figlio: la chiarezza di idee che gli danno i suoi undici anni mi mette in svantaggio. Inoltre in quel momento sto cercando di disegnare uno specchio.– E’ molto bello quello che hai detto, Ruy –devo ammettere.– Beh, sì, si può, ma dovresti essere uno di quelli che disegnano come se fosse una fotografia, che stanno lì ore e ore a fare un disegno. Come si chiama quello che ha fatto Pinocchio, con tutti i dettagli?– Innocenti?– Innocenti, quello sì potrebbe disegnare uno specchio. Mio figlio ritiene che fuori dal realismo non ci sia salvezza. Inutile parlargli di Henry Matisse quando c’è Norman Rockwell. Tuttavia, anche chi crede che altri modi di disegnare siano possibili, più astratti, più espressionisti, dovrà convenire che disegnare uno specchio (uno specchio che funzioni veramente come tale) comporta consistenti problemi tecnici. Disegnare riflessi può portarci ai limiti di quello che siamo capaci di fare dal punto di vista della manualità. Un’impresa a prima vista impossibile. Rovesciando l’affermazione iniziale potremmo spingerci a dire che un disegnatore è la persona che sa disegnare uno specchio e se ci domandassimo quali sono i criteri minimi da richiedere a un disegnatore, fammi vedere come disegni uno specchio potrebbe essere la domanda giusta. Ho incominciato a disegnare in modo continuo una trentina d’anni fa, quando avevo quindici anni, per iniziare a farlo semi-professionalmente ai vent’anni, mescolando l’illustrazione a lavori di grafica. Di quei primi cinque anni, di ossessivo sprofondare nella pagina, senza testimoni, non credo avrei potuto fare a meno per disegnare come lo faccio adesso (anche se oggi non sembrano esserci più tracce di Audrey Bearsley e Yellow Submarine nel mio lavoro). Credo che questa sia un’esperienza comune a tanti disegnatori, forse a ogni persona che faccia un lavoro che comporta una qualche espressione di sé. Un periodo segreto, impossibile di aggirare, dove si imparano i rudimenti del mestiere e si scoprono le proprie caratteristiche, non solo stilistiche (che credo siano le meno interessanti e più sopravvalutate) ma caratteriali, intellettuali e affettive, dove si mescola il saper disegnare nel più classico senso del termine e l’essere a tutti gli effetti una persona. Un secondo momento particolarmente utile venne immediatamente dopo, quando iniziai a lavorare per i giornali. Era l’opposto di prima, ogni disegno veniva mostrato e valutato da altre persone, criticato, rifiutato, discusso, rifatto, alterato, abbellito, rovinato, impaginato bene e male e poi gettato al pubblico ludibrio: insomma pubblicato. In termini un po’ romantici potrei parlare di un buttarsi nel mondo ed esserne travolti. Non essendo Orson Welles, cioè non essendo un genio ma una persona normale, ho dovuto imparare dagli altri come adeguare i miei disegni, partoriti dal buio ventre protetto della mia stanza, ai bisogni e interessi dei committenti, lasciarli camminare sotto la pioggia di sguardi per vedere quale dei miei figli sopravviveva e quale si beccava la polmonite e moriva. Credo di non riuscire a fare a meno neanche di questo secondo momento, in cui mi sono dischiuso ampliando il mio raggio d’azione, le tecniche che conoscevo, i soggetti che usavo, e incanalando l’immaginazione in un modo meno solipsistico che richiedeva tutta una serie di compromessi. Senza cadere nel ridicolo di pensare che tutti debbano fare le mie stesse esperienze, credo che - nei tempi e modi propri di ciascuno questi due momenti siano indispensabili per diventare illustratore, e che siano proprio questi a distinguere quest’ultimo da un artista che per puro caso si diletta a illustrare un libro, dal momento che illustrare non ha semplicemente a che fare con l’abilità tecnica o con le ossessioni personali, ma con tutta una serie di competenze che legano il nostro mondo interiore agli altri abitanti del pianeta, con un’esigenza di fruibilità più alta e più inmediata rispetto ad altre forme d’espressione. Questi legami, che vanno da noi verso il mondo e ritorno, credo di essere riuscito a costruirli nei due momenti di cui sopra dicevo.

ANCHE A SAPER DISEGNARE UNO SPECCHIO Fabian Negrin (Pubblicato sulla rivista Infanzia nel 2009)


FRIDA E DIEGO - Una favola messicana Fabian Negrin Gallucci Editore 2011


“Fare libri per bambini è un po’ come fare libri per i marziani. Ci si ritrova a pensare a loro in modo astratto. I bambini, però, a differenza dei marziani, un giorno la Terra la conquisteranno per davvero e questo finisce per caricare di responsabilità il fatto di lavorare per loro.” Fabia Negrin Convegno sulla letteratura per Ragazzi Il Cairo

THE SELFISH GIANT Fiona Waters Bloomsbury Publishing 2000

BESTIE Fabian Negrin Gallucci Editore 2012

“Resto ancora una volta stupito e ammirato dalla versatilità alta del segno di Fabian. Pochi come lui riescono a modulare la propria arte nel gioco continuo di rapporto con il testo.” Walter Fochesato Rivista Andersen


LA PRINCIPESSA PEL DI TOPO Jacob e Wilhelm Grimm Donzelli Editore 2012


“Fabian Negrin ha la stregonesca capacità di adeguarsi ai testi, carpendone, al tempo stesso, i segreti, i silenzi e i sussurri.” Walter Fochesato Rivista Andersen

CHIAMATEMI SANDOKAN Fabian Negrin Salani Editore 2011


OCCHIOPIN Fabian Negrin Orecchio Acerbo Editore 2006

THE PRINCESS AND THE RAINBOW COAT Fiona Waters Chrysalis Books 2005 “Mentre la maggior parte dei bambini che ho conosciuto ha interessi molto ampi e curiosità quasi illimitata su ogni argomento, la maggior parte degli adulti che ho conosciuto ha interessi molto limitati e indifferenza quasi illimitata su ogni argomento.” Fabian Negrin articolo per “Il manifesto”

IN BOCCA AL LUPO Fabian Negrin Orecchio Acerbo Editore 2003


DECALOGO PER DIVENTARE UN ILLUSTRATORE DI LIBRI PER BAMBINI IMMORTALE di Fabian Negrin Impara a disegnare: che dei tuoi disegni nessuno possa dire questo lo riesco a fare anch’ io. Leggi tutti i libri, guarda tutte le immagini. Non cercare di essere un artista. Non cercare di essere moderno. Smetti di fissare la Torre Eiffell: i francesi non sono gli unici a fare libri per bambini. Non lasciare stampare i tuoi disegni su carta uso mano o in formati giganti: è solo moda, è solo vanità. Lo stile è la morte dell’illustratore: ogni volta che usi uno stile usa anche il preservativo. Fai libri per bambini. Per bambini. PER-BAM-BI-NI. Non cercare le immagini fuori dal testo, né dentro il testo: trovale tra le righe del testo. Non seguire nessun decalogo.

BIOGRAFIA Fabian Negrin è da tempo uno degli illustratori più amati e stimati sia in Italia che all’estero. Nato in Argentina nel 1963, si trasferisce giovanissimo a Città del Messico dove studia grafica e incisione. Nell’89, arriva a Milano, dove collabora con importanti riviste e giornali, il suo primo libro come illustratore esce nel 1995. Da subito ottiene importanti riconoscimenti: nel 1995 vince il premio Unicef alla Fiera di Bologna, nel 2000 il Premio Andersen come Miglior Illustratore, nel 2009 ottiene la BiB Plaque alla Biennale di Illustrazione di Bratislava. Fra i suoi libri: The Riverbank di Charles Darwin, Bologna Ragazzi Award 2010; L’ombra e il bagliore di Jack London, CJ Picture Book Award 2011. Nel 2011 ha illustrato: Chiamatemi Sandokan! (Salani), Santi Bambini (Notari e Gallucci), La storia di Capitano Nemo (L’Espresso), e Frida e Diego, una favola messicana (Seuil e Gallucci). Di recentissima uscita quest’anno: Bestie (Gallucci) e La Principessa Pel di Topo (Donzelli). Negrin è candidato all’edizione 2012 dell’Astrid Lindgren Award ed è inserito nella IBBY’s Honour List Illustrator.

LA PRINCIPESSA PEL DI TOPO Jacob e Wilhelm Grimm Donzelli Editore 2012


“La scuola pubblica resta l’unico posto dove i bambini possono ritrovarsi insieme senza troppe distinzioni razziali o sociali. L’ultimo posto dove Mowgli può ancora sperare di trovare Bagheera e Baloo.” Fabian Negrin


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