Eskaton Il Telos della Visione
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di / by Luisa Cortesi con / with Luisa Cortesi da / from “Per Vedere” project in collaboration with Massimo Barzagli photo©Dino Incardi artextBook ©2011
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Il Telos della Visione
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Il Telos della Visione
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ESKATON
Agendo il corpo che pensa a se stesso, il mio lavoro coreografico prende in considerazione il corpo come organismo, intero sistema che tende alla produzione di immagine in movimento. Visione di visioni della memoria, di istinti ma anche di affidamento alle regole gravitazionali, di sfruttamento delle leve, di resistenza o abbandono. Ogni lavoro parte dall’ idea essenziale di gestione dello spazio e del corpo. La costruzione di ogni lavoro, che ha al centro la possibilitssibilit“Per Vedere” è un progetto in collaborazione con l’artista Massimo Barzagli. La nostra collaborazione risale a progetti precedenti e nasce da un intento comune di indagine sul corpo, sullo spazio e sulla ridefinizione delle categorie pittorica e performativa
Per Vedere analizza fino a che punto la filosofia della scienza, la scienza e i suoi dottorati, quali in questo caso biologia, geologia, restauro scientifico e ottica, saranno in grado di supportare e di attualizzare a partire dall’ idea, la messa in pratica di ognuno dei lavori progettati. Il presupposto del progetto, ciò che lega i lavori che lo porteranno a compiersi, è un pensiero filosofico che prende considerazione la costruzione e la potenza dell’ immagine, la capacità di costruire “visioni messe al mondo per la prima volta”.
La potenza distruttrice e la forza creatrice sono i poli fondamentali di discussione e riflessione, in relazione alla capacità umana di modificare la natura e il corso naturale degli eventi in modo da generare “un’ immagine che non si è mai vista prima”. Questo rappresenta presumibilmente il presupposto alla ricerca dell’artista, ma anche a quella dello scienziato. Per Vedere intende indagare su come l’immagine per come ci è data dalla natura, e che conserviamo nella memoria come dato di fatto, porti a una visione nuova nell’ essere forgiata e manipolata per venire al mondo. Da una parte si fa dunque strada il concetto di iconoclastia, di distruzione dell’immagine e dall’altra la volontà di costruzione, di forgiare continuamente la materia, di rendere la materia forma. Ciò che nel nostro caso intendiamo per visione ha a che fare con la visione dinamica della rappresentazione del corpo e dell’ oggetto in relazione al tempo e al luogo della scena, allo spazio performativo, live, dove un’immagine si svolge nei termini della rappresentazione teatrale, accogliendone ma anche sovvertendone le regole. A guidare ogni lavoro è l’ idea che ogni visione risulti da un’ “oggettività” che si verifica sulla scena, dichiarando un allontanamento dalla finzione teatrale o da un effetto speciale. Una sorta di movimento basato sulla sincronia degli opposti, la ricerca di un anelato equilibrio, quasi mai raggiunto e d’altra parte così mortifero per la chimica, che si sviluppa tra picchi e attese, immagine e movimento, tra corpo e oggetto, spettatore e performer, teatro e museo.
Luisa Cortesi
COREOGRAFIE disegni
Fermina
Retro Corsa
Saltini Saltini Ferma
Fermo
visivo ii
Fucilazioni
Lenta
camminata
Cadute
Eskaton Il Telos della Visione Massimo Barzagli
“Per Aristotele il senso del tatto è ciò senza cui la visione non può avere luogo.” (Didi-Huberman)
È il suo obiettivo, l’ ossessione, la fobia. Nella nozione di “carne” Merleau Ponty parla dell’avvolgimento del visibile sul corpo vedente, ma anche del “tangibile sul corpo toccante”. Si ritorna alla visione toccata. Ne “Il capolavoro sconosciuto”, Frenhofer disseziona strato per strato i quadri di Tizano nel tenativo di svelarne l’ esuberante vivacità. Vivacità tale da poter far immaginare che il Tiziano avesse derivato i pigmenti dei suoi colori per il colorito delle carni, dalla carne stessa. “Tiziano dipinge la carne con la carne”. D’ altra parte il Vasari si preoccupa di obiettivi più strettamente prospettici e illusori quando indaga sul potere della messa a fuoco che si esercita arretrando e avvicinandosi al soggetto. Osserva semplicemente come un soggetto sia visibile solamente da lontano.
Molto più tardi Sartre puntualizzerà lo spostamento definitivo che Giacometti pone alle sue figure. La figura è visibile solo a distanza, da vicino non si vede niente. Il dettaglio o il vedere da vicino, volgarizzati, possono essere considerati un’ estremizzazione del “ritocco” che, non solo nelle pratiche scientifiche del pittorico, cioè il restauro, fa sì che la metastasi o la consunzione della struttura cromatica venga liftata. Il lifting pittorico infatti, in molti casi, è messo in opera dal pittore stesso.
Il baratro del visibile e la caduta nel caos dell’ incomprensibile non sono accademicamente associabili al dettaglio esemplificato da un qualsiasi avambraccio di una qualsiasi statua di Canova, od un crocchio di una retrostante capigliatura di una bagnante di Ingres, o un bustino del maestro Bronzino. Paradossalmente questi apparenti dettagli, che dettagli non potrebbero mai essere, contengono un potenziale astratto nell’ aura che le atmosfere diffondono e circondano figure, arredi, capigliature, gioielli, carte geografiche, sì totalmente invasate di sintomo nei dipinti di Vermeer. Perciò sia dichiarato il dettaglio “perdita” o “assenza della perdita” e la proprietà del visibile perpetrata da un non pittore, ovvero dall’ incapacità di vedere. Che il dettaglio si manifesti nella struttura concatenata a tutti i dettagli che compongono un’ opera. Pertanto Jackson Pollock agisce in funzione della “totalità del visibile” . Come anche per Vermeer, per Pollock ogni dettaglio ha un aura e una propria dotazione di sintomo. L’ immagine retorica che meglio esplica “un’ immagine dotata di sintomo” è il Ritratto di Dorian Gray, ma anche il piccolo monocromo rosso, o blu ritagliato dal nero nei dipinti di Pietr Mondrian. Quello che ci sta dinnanzi non è “L’ origine du monde” - cioè l’ avanzare al nostro sguardo dell’ organo genitale femminile che ci zoomma Goustave Courbet- bensì l’ amputazione delle cosce e della parte alta del costato della donna sdraiata, così come un reperto anatomico, così come quello che Brancusi frammenta e pone di nuovo su un’ altra base.
“Avvicinarsi” epistemologicamente equivale a slegare pensiero e realtà. Lo dimostra Bachelard quando dice che nella conoscenza ravvicinata “la realtà perde in qualche modo la sua solidità, la sua costanza, la sua sostanza; e realtà e pensiero sprofondano nello stesso niente”. Come non dice Bachelard, nel più vicino del vicino si può vedere solo quel che si vede toccando. L’ occhio chiuso non vede più ma percepisce la palpebra: così sicuramente Jasper Johns risponde con -skin-, dove il suo viso si sviluppa davanti a noi di 180°.”
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