I giorni di maggio

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16 Aprile - 8 Maggio 1945

A Léon Colas ai Trecento della “Charlemagne” ed a tutti gli Eroici Difensori di Berlino Combattenti dello Spirito che seppero testimoniare col sacrificio della vita l’estrema fedeltà al Giuramento e all’Ideale. A Loro Onore e Gloria


33° WAFFEN-GRENADIER DIVISION DER SS «CHARLEMAGNE» Costituita alla fine del 1944 con i volontari francesi. Impiegata in Pomerania. Semidistrutta a Korlin e Belgrado. Un battaglione d’assalto Charlemagne combatterà fino all’ultimo giorno in Berlino accerchiata. Insegna: le insegne dell’Imperatore d’occidente unite all’aquila tedesca ed ai gigli di Francia.


I GIORNI DI MAGGIO Elegie per Berlino Gott mit Uns

PRESSE PRIVテ右 1


I Quaderni di DiotĂŹma N. 2 Tiratura speciale

Mantieniti forte nei vecchi sogni affinchĂŠ il nostro mondo non perda la speranza. Ezra Pound

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I Charlemagne Tenero è il profumo delle rose a Maggio e sui roseti tremano alla brezza o si reclinano molli nei vasi entro la casa indenne che gli abeti proteggono: salotto buono vecchie foto in cornici dorate, limpido specchio di giorni scritti nel sorriso sereno di ragazzo - pula di grano tenero i capelli - all’attimo ormai senza tempo. Remota è la morte dalla casa ovattata, remota più della luna che gioca bianca sulle foglie degli alberi mentre trepide madri raccontano a stanchi figli di altre madri lontane vecchie storie che sanno di pane e di menta e tracce di giorni che ancora si leggono nelle tende stirate odorose di amido e nella tazza profumata del té. Ed il Guerriero ascolta e beve quell’attimo di pausa lungo il cammino petroso della Via Il fuoco acceso nel camino 5


e lo scintillio della bevanda d’oro nel cavo antico della porcellana mentre amiche mani trepide rassettano lenzuola odorose di spigo le ultime forse che accoglieranno i corpi stanchi dalla lunga marcia; domani riprenderà il cammino ed il sole si leverà sulla Città ferita dove lo stanco cuore della Madre antica pulsa ancora ostinato e per la libertà vegliano gli ultimi eroi. Gli occhi, fondi specchi dove la luna scrive i volti e i nomi degli amici uccisi e le voci ed il loro ultimo grido di sacrificio ed ancora segreti responsi delle querce a Dodona e la domanda contandosi all’appello “Chi sarà il prossimo di noi?”. Ma adesso il domani è lontano da questa casa tiepida ultimo dono prima dell’inferno ed il bicchiere gira tra gli amici sole racchiuso il liquido splendore dei vigneti del Reno scivola nel cuore fiotto caldo del sangue dove nostalgia e ricordo sono forza. Cadranno domani ma ugualmente loro sarà la vittoria.

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II Sulle betulle opalescenti l’alba cancella leggera con dita dorate la tenebra e sparge la rugiada del Millesimo mattino miracolosamente sorto sulle strade fangose della guerra. Ed essi marciano, il passo in cadenza, forti ed invincibili malgrado il dolore ed il fiore caduto; l’attimo si tinge per loro del colore splendente dell’eternità .

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III Tölz 1° Chi suonerà nella cattedrale bianca sotto la luna ricamo di preghiere antiche verità trafitte alla pietra volontà d’ascesi e conquista del Cielo mentre volgono inesorabili i giorni e l’età oscura precipita all’abisso? Al fondo di queste note nel silenzio della notte presaga ritornano i giorni splendenti le asce brillanti e gli scudi e la spada che qualcuno liberò dalla roccia; ogni cosa rivive nella cupa armonia che il misterioso Signore regala alla notte, l’ultima notte serena dove la stella del Nord incide punte di freddo splendore.

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IV Tölz 2° La notte si colma del vento bianco delle cime lungo archi calcinati di luna arcaici splendori di castelli gotici sepolti tra il verde riverberano note imperiose cascata fluente di suoni mentre affiancati agili nel passo ombre scure graffite nel chiarore vanno i soldati barriera alla valanga. Traboccherà l’abisso già canta l’antica saga la caduta né varrà la spada dell’eroe solare ad arrestarla ma ancora mentre il sole percorrerà gli stanchi cammini del cielo qualcuno ripenserà il rogo ed il nome ed i capelli di lino ingrommati di sangue.

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V Ida! bist du da! Ida, ragazzina sperduta nel cappotto da uomo afferrata al tuo carillon gli occhi sgranditi di cucciolo trepido che finalmente ritrova una mano amica ed una voce buona che cancella l’orrore delle grida ed il corpo di tua madre violato dalla barbarie. Ida, così ti hanno trovata nella casa distrutta che tremavi d’orrore e li hai amati, Ida, questi tuoi nuovi fratelli e non volevi che ti lasciassero di nuovo sola con la tua paura né potevi né sapevi credere, il cuore pulsante nella fragile gabbia del tuo piccolo petto, che tornassero a prenderti: troppo l’opalescente azzurro dei tuoi occhi puliti aveva bevuto d’orrore in una sola notte. Così hai scritto un biglietto educato di cortese saluto affidando il tuo piccolo tesoro, 10


il carillon ricordo della stagione fiorita, ai fratelli europei i tuoi ultimi amici mentre tu sopesa al cinturone dove incisero le rune di vittoria oscilli dalla trave nel tuo ultimo gioco.

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VI La Città Vengono a Lei di lontano a Lei, che é madre e culla e cuore della nuova Europa, vengono i forti e sono tutti suoi figli anche se hanno patrie diverse. La madre antica chiama dilacerata ormai distrutta ma sempre fiera dinanzi al Destino, tempesta ed impeto è la valanga di ferro che avanza dalla pianura dell’Est, tempesta ed impeto sono i cuori pronti a resistere. Nel cavo dei rifugi pianto di bimbi lamento di feriti agglomerati di corpi -, sussulta la Città ferita ma sugli spalti continuano ad accorrere tutti i suoi figli, nessuno è mancato all’appello età e tempo si cancellano: nuovo sangue affluisce nel cuore dei vecchi ed ogni cuore bambino diviene nel pericolo adulto. Piangono le madri in silenzio il sangue che arrossa le piazze e gli antichi selciati dove suonarono passi di gloria, ma nessuno recede 12


ed ogni pietra è difesa sino all’ultimo palpito. Case sventrate a randa delle vie focolari violati ed un brandello di tenda ed una culla oscillante sul baratro; valanga di fuoco e d’acciaio piove sulla Città mentre gli incendi incidono il cielo e l’azzurro svanisce nel fumo e vampate di fosforo investono le sacre mura sgretolate ed arsi si accartocciano gli alberi dell’Orto Botanico e dei viali, una volta ombrosi di tigli, e gemono sfrigolante linfa e l’acqua della Sprea ribolle torbida di sangue e di bagliori.

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VII A Barenfänger Più forte del fuoco è il cuore del guerriero anche se mai si canterà la gloria di morire a Berlino spariranno i corpi nel rogo degli dei solari ed una sarà la morte senza nome ma sempre meglio della resa del lungo esodo per steppe lontane lungo tratturi d’obbrobio e di vergogna; crepita la mitraglia ed il rombo del cannone scava nell’aria e nelle mura nicchie di morte mentre febbrili le mani ricaricano esatte le armi e gli attimi divengono eterni per Loro che non avranno né tomba né nome immolando sé stessi nell’ultimo olocausto con la Città e la scèlta che fecero ed il Giuramento che li legò e li rese Uomini. Nessuno è più grande dell’Eroe sconosciuto.

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VIII Il Portaòrdini Tutto è compiuto: consegnato l’ultimo ordine l’eroe ragazzo siede il braccio ed il viso laceri ed i capelli biondi a tagliare la fronte sudata dove l’angoscia ha inciso rughe precoci osservando la gloria che si sfalda ed il regno del Sole fuso pietra a pietra dalla congiura dell’odio lava di violenza sgorgata da insondabili abissi; smarriti gli occhi vagano ancora cercando nei giardini un albero che insperato sopravviva e la fontana che agonizza le ultime gocce d’acqua le orbite vuote delle case aperte su voragini dolenti stilemi antichi di una vita serena e le ampie cucine dal profumo di mele il candore delle tende si vetri e le mani accorte della madre attorno ai vasi di gerani ridenti qualcuno ancora occhieggia insperato messaggio sul davanzale miracolosamente intatto e mani grate lo colsero 15


in offerta ai fratelli europei venuti a morire, spettrali danzano le immagini nella mente stanca mentre si compie il Fato ed i ricordi si sciolgono cocenti lungo le gote pallide e gentili bruciore è il rimpianto del sogno che dilegua e della vita vissuta nel grembo degli dei ma negli occhi che osservano ostinati rune di fuoco incise nella pietra, affidato ai giorni che verranno perdura il Messaggio.

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IX Elegia Sono morti i nostri ieri le nostre ore dorate i sogni fatti di niente quando il croco era rosso e gli eliotropi guardavano nel Sole, piÚ non stride l’aquila sfiorando con rapide ali le cime innevate superba nel grido di vittoria ed immobili rimangono i giorni ingrigiti, privi di fantasia, figlia di Giove, ma ancora nelle notti che oscure ed impenetrabili si chiudono roghi segreti ardono e cerchi di fuoco affidano alle fiaccole il messaggio della fiamma evocante nel rito il nuovo sorgere del Sole mentre nei cuori lo splendore del diamante serba la traccia dell’antica Via.

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Unsere Ehre hiess Treue. Il Nostro Onore si chiama FedeltĂ .


Indice Charlemagna Sulle betulle Chi suonerà (Tölz 1°) La notte si colma di vento (Tölz 2°) Ida, Bist Du da La Città Più forte del fuoco (A Barenfänger) Il Portaordini Elegia

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Giustificazione della tiratura

Questa edizione speciale composta in Bodoni romano del corpo 12 è stata stampata su carta Shiro Tree Free delle cartiere Favini di Rossano Veneto (VI). Le iniziali del nome sono composte in carattere PhyllisIniD. La tiratura è limitata a soli 10 esemplari contrassegnati in numeri romani. È stata ultimata in data 21 Settembre 2014. Equinozio d’Autunno Dies Mercuri XI Kalendas MMDCCLXVII ab V.c.

L’esemplare nelle vostre mani è il numero:


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