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Nel mondo fantastico di Diego

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Homo ludens

Homo ludens

di Elena Agosti

Le abili mani di Diego Poloniato plasmano fantasiosi fischietti in terracotta appartenenti alla cultura popolare veneta. Dalle forme svariate e curiose e dalle caratteristiche sfumature cromatiche, i “cuchi” sono oggetti giocosi, portafortuna e scaccia malinconia.

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QUI: Diego Poloniato, Soldati napoleonici “a cavallo”, arcicuco, 2020-21, semirefrattari policromi cotti ad alte temperature, greificati e trattati con ossidi puri.

Foto: Chiara Bordignon.

PAGINA ACCANTO: Diego Poloniato mentre modella un cuco nel suo laboratorio a Nove (VI).

Foto: Bibo Cecchini.

Dal nome un po’ bizzarro, i cuchi sono i fischietti di terracotta tipici della tradizione di Nove, un piccolo paese in provincia di Vicenza. Piccole sculture zoomorfe fischianti, probabilmente inventate per imitare il canto degli uccelli o per allontanare gli spiriti cattivi, e soprattutto un gioco variopinto per i più piccoli. Probabilmente i primi giocattoli sonori dell’antichità, spesso raffigurano il cuculo e ne imitano il canto con il suono bitonale, allegoria del risveglio della natura.

Diego Poloniato è un MAM-Maestro d’Arte e Mestiere per la ceramica, e, oltre a essere un meticoloso modellatore, è specializzato proprio nella creazione di cuchi e arcicuchi. Galletti, ussari a cavallo, pagliacci, pinocchi e animali di ogni specie e forma sono i suoi soggetti prediletti. Entrare nel laboratorio di Diego è un’esperienza unica e immersiva, in qualsiasi direzione si rivolga lo sguardo, mille occhioni di ceramica guardano il visitatore. Le sue creazioni possono essere piccolissime e stare nel palmo di una mano, fino ad arrivare a macro-opere che a fatica usciranno dall’atelier. Il file rouge è il suono, ogni opera ha il suo timbro, la sua tonalità distintiva.

In Veneto il cuco era l’umile e al contempo prezioso giocattolo per i bimbi, ma anche infallibile richiamo d’amore: si comprava per pochi centesimi alle sagre paesane, come racconta Mario Rigoni Stern: «Davanti a queste esposizioni di fischietti, i giovanotti si fermavano per scegliere uno o più cuchi da regalare alle ragazze, e prima di porgerlo lo soffiavano per sentire il suono. (…) tutti questi suoni dei fischietti di terracotta, le voci, le risa, componevano una sinfonia primaverile viva e palpitante dopo il lungo inverno.» Si racconta difatti che i giovani innamorati donavano un cuco all’amata, e se ricambiati ricevevano da lei un uovo sodo variopinto. La credenza che il fischietto sia apotropaico non è solo veneta: in Inghilterra si muravano i fischietti nella cappa del camino per tenere lontani gli spiriti maligni, in Baviera venivano messi nella culla dei bambini per proteggerli. Nel laboratorio di Diego Poloniato i cuchi sono realizzati completamente a mano con semirefrattari policromi cotti ad alte temperature, greificati e trattati con ossidi puri. Ogni opera è unica, frutto della fantasia e dell’estro creativo di Diego.

QUI: Diego Poloniato, Totem zoomorfo, arcicuco, 2008, semirefrattari policromi cotti ad alte temperature, greificati e trattati con ossidi puri.

Foto: Bozzetto.

PAGINA ACCANTO: Diego Poloniato, Torneo medioevale, 2000, scultura in semirefrattario cotto ad alta temperatura, greificato e trattato con ossidi puri.

Foto: Elena Agosti.

I suoi “pezzi forti” sono i cavalieri e gli ussari, talvolta resi con plasticità realistica, altre volte con tono satirico e irriverente, come d’altronde vuole la tradizione locale. Difatti, dopo il sanguinoso passaggio di Napoleone nel 1796, l’iconografia del fischietto s’arricchì con i soldati napoleonici a cavallo di un cuco, e molto frequentemente di una gallina… Troviamo quindi Napoleone in veste di maresciallo di campo, il corazziere col pennacchio e il mammalucco, ossia il mercenario egiziano, tutti in uniforme completa e comodamente accovacciati su dei pollastri. Nella seconda metà dell’Ottocento lo stesso outfit si estende anche al carabiniere.

Diego ha imparato l’arte dal padre Domenico, abilissimo modellatore, che già nella seconda metà del Novecento produceva giganteschi arcicuchi, ed è stato proprio questo il suo apprendistato: guardare e aiutare il padre, imitare i movimenti delle sue mani, l’impugnatura delle stecche, provare e riprovare. Oggi è Diego a insegnare ai più piccoli l’arte di far fischiare la terra, dalla preparazione della pallina alla creazione della cassa armonica e dei fori che permetto l’insufflazione e il frangersi dell’aria che genera il fischio. Un terzo foro per la bitonalità e poi, sempre a crudo, tutti quei dettagli che rendono il fischietto una vera e propria opera d’arte. L’arcicuco è un cuco di grandi dimensioni formato da numerosi fischietti inseriti in un’unica camera d’aria che fa da cassa armonica, di produzione tipicamente novese. Esistono anche rari esemplari di “cuca col segreto” o “cuca bufona” con due fori vicini all’imboccatura, uno comunicante col dispositivo sonoro, l’altro con una camera a sé stante contenente talco o cenere: chi soffia si riempirà gli occhi di polvere.

Diego è stato tra i fondatori del Gruppo Cucari Veneti che dal 1996, in collaborazione con l’Associazione Nove Terra di Ceramica, si occupa di promozione e didattica di tale arte.

I suoi cuchi sono esposti nei maggiori musei tematici d’Italia: in primis a Nove e al Museo dei cuchi di Cesuna ad Asiago, ma anche a Matera, Rutigliano, Cerreto Sannita, Ronco Biellese e Castellamonte.

Ma se volete veramente immergervi nel suo magico mondo andate a trovarlo a Nove in via Astronauti: sarà un vero e proprio viaggio nello spazio, quello della poesia... •

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