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Design territoriale

Abbiamo sempre avuto bisogno di bellezza (e oggi ne abbiamo bisogno più che mai, dati i tempi che corrono). L’abbiamo cercata ovunque: nello sguardo di un bambino, nel canto di un uccello, nel candore delle vette innevate… e abbiamo sempre cercato in ogni modo di portarla con noi, nella nostra mente e nel nostro cuore, ma anche con qualcosa di tangibile, capace di rievocarla. Abbiamo così realizzato oggetti capaci di esprimere questa bellezza (o almeno capaci di ricordarla) e li abbiamo portati nelle nostre case. Li abbiamo collocati sulle mensole, nelle vetrinette, sulle consolle… e li abbiamo chiamati “oggetti di bellezza”. Una definizione che voleva significare che non avevano una particolare funzione, qualche volta alludevano ad un uso, ma quasi sempre erano carichi di valori affettivi e che ci ricordavano un luogo, un territorio, una persona, un’esperienza. Ancora oggi, come ieri (si pensi ai viaggiatori del Settecento e Ottocento che intraprendevano il Grand Tour), chi proviene da altri luoghi, Paesi e città, continua ad avere il desiderio di cercare negli oggetti tutta la bellezza che l’Italia ha saputo e sa ancora offrire. Una bellezza che attraverso gli oggetti può entrare nella casa, la “casa all’italiana” descritta da Gio Ponti: “una casa variabile, simultaneamente piena di ricordi, di speranze, di coraggiose accettazioni, una casa per viverla nella fortuna e anche nelle malinconie…”. Una casa quindi fatta anche di oggetti capaci di esprimere la nostra più profonda cultura, quella cultura che da secoli ha ricercato la bellezza. Ma oggi quali sono gli oggetti che possono di fatto esprimere questo valore di cui abbiamo tanto bisogno?

Ponti invitava i progettisti suoi coetanei a progettare oggetti senza modestia e senza la paura di usare la parola “bellissimi”; lo stesso Ponti ci indicava una strada: partire dal passato, dal classico, “del resto si comincia sempre in Accademia e si procede verso un’accademia: la propria”. Tutto questo lo ritroviamo negli oggetti “fatti ad arte”, oggetti che “resistono al tempo”, “oggetti di fantasia”… secondo le definizioni di Gio Ponti. Questi valori, capaci di dare senso e bellezza agli oggetti, si ritrovano nella pratica di molto nostro artigianato, un artigianato che negli ultimi decenni ha vissuto proprio questo particolare processo: dalle forme classiche verso le forme “rinnovate” grazie alla creatività del progettista. Oggetti capaci di resistere al tempo in quanto nati dalle opere consolidate dalla tradizione, poi rinnovata. Oggetti che esprimono la nostra italianità perché prendono forma dalle radici (storiche, culturali) dei nostri tanti e diversi territori, dove la bellezza è alla base del più profondo valore della nostra cultura: le diversità. Diversità che spingono a creare opere sempre più eccezionali, spesso uniche, dove l’artigianato ancorato alle sue pratiche tradizionali, per poter avere ancora un ruolo e un’attrattiva nel pubblico, cerca strade nuove nell’uso delle tecniche e dei materiali. Ho sempre definito questa pratica “design territoriale” da quando, nella vetrinetta di mia nonna originaria di Vietri sul Mare, guardavo con simpatia l’asinello in ceramica (color verde ramino e che sorride sempre) che ancora oggi rappresenta il simbolo di quella cultura contadina tipica dei Paesi del Mediterraneo, introdotto nella tradizione ceramica locale da alcuni artisti tedeschi approdatati sulla costa salentina negli anni trenta del Novecento. •

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