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Meraviglie per la testa
di Antonio Mancinelli
Francesco Ballestrazzi è un artista rigorosamente solitario, un visionario passionale che crea “oggetti da testa” raffinati e fantasiosi, tratto inconfondibile di uno stile tutt’altro che prevedibile e pieno di gioia.
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Francesco Ballestrazzi al lavoro nel suo studio nel quartiere di Brera, a Milano, si concentra sulla creazione di una testa di gatto in velluto che verrà applicata a uno dei sui famosi baseball cap Foto: Pietro Lucerni per Michelangelo Foundation.
“Cappellini”. Non c’è parola che Francesco Ballestrazzi detesti in misura maggiore. Insignito, da parte della Fondazione Cologni, del riconoscimento di Maestro d’Arte e Mestiere, ha compiuto un percorso così variegato, lungo e complesso da approdare a volatili sculture cerebrali, “pensieri concreti” come appena fuoriusciti dal capo, ludici complementi del corpo di cui proteggono le idee, che chiamarli “cappellini” – come gli è stato chiesto da un prestigioso department store australiano –, gli è sembrata una diminuzione non solo dell’oggetto, ma del suo stesso estro.
Quarant’anni, nato a Carpi ma di vocazione giramondo, ha la quieta combattività di chi affronta la vita con leggerezza calviniana, cercando di ricavarne ogni volta una bella esperienza. È uno dei pochi a portare avanti in Italia la tradizione dei milliner, cioè quei creatori che, attraverso “oggetti da testa” di grande effetto e di potente spettacolarità «riescono a esprimere sé stessi. Pensi, ho iniziato facendo il ballerino di danza contemporanea, dove parlavo con il corpo.
Poi, un incidente alle caviglie ha stroncato quella carriera ma ne ha fatto nascere un’altra, dove parlo con le mani.» Non senza una punta di civetteria, lui si definisce “modista”: una farfalla dalle ali di seta si è posata, per sempre, su un cerchietto a impollinare pensieri. Le piume, ritagliate una per una nella seta, di un pappagallo tropicale compongono un casco di variopinta leggerezza. Ghirlande fragili e sostenute sono lì, pronte a incorniciare il volto. Lunghe piume vintage trafiggono la struttura Bauhaus di toque destrutturate. Sono esempi di quella «creatività, ovvero la capacità di concepire idee e prodotti nuovi, che ci permette di distinguere un artigiano da un Maestro, un oggetto da un capolavoro, una semplice mansione da una competenza radicata. Nei mestieri d’arte la creatività è una forza dinamica, una mescolanza di visione, passione e competenze eccezionali», come scrive Alberto Cavalli con Giuditta Comerci e Giovanna Marchello ne Il talento del mestiere per la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, che poi lo ha convocato all’ultima edizione di “Homo Faber”, «un sogno realizzato».
PAGINA ACCANTO:
Francesco Ballestrazzi mostra live alcune fasi di lavorazione durante l’evento “Homo Faber” (Venezia, aprile 2022) nella sala “Next of Europe”, curata da Jean Blanchaert e Stefano Boeri. Foto: Ginevra Formentini per Michelangelo Foundation.
QUI: Copricapo Queen
Bee, composto da due api realizzate con nastri in seta e piume, ali interamente ricamate a mano su tulle di seta.
Foto: Elena Datrino.
Siamo a Milano, nel suo atelier in via dell’Orso, dove troneggia con la calma apparente e studiata di chi ha tutto il tempo del mondo, mentre ha miliardi di impegni da assolvere. Il punto è che, oltre ai suoi umani affetti, ciò che ama di più non è il favoloso e rutilante fashion system con le sue tempistiche demenziali, ma il fare le cose da solo: non ha neanche un assistente. Dunque, ama confezionare ogni modello con tutto il tempo che ci vuole, in un atto che ha del rivoluzionario: rifuggire dalla folle velocità di ricambio dei “prodotti” (altra parola che detesta), anche se appartenenti ad alti sistemi culturali, estetici o artistici, in nome di una pazienza che riporta alla mente la frase di Gustave Flaubert «il talento è una lunga pazienza».
Nel suo caso, poi, oltre alla pazienza c’è stata grande curiosità e molta umiltà: anni di apprendistato prima da Alexander McQueen e poi da Moschino, dove ha chiesto di imparare tutto da zero, lo portano a poter essere un creativo-fattivo, che immagina e porta a termine ogni progetto. «Ho da sempre questo dono, che avverto come una benevola schizofrenia: da un lato, mi abbandono alle fantasticherie, dall’altro mi appare evidente – come in una subitanea rivelazione – il modo in cui posso o potrei realizzarli fattivamente.» Nel 2011 nasce la Francesco Ballestrazzi Hats & Creations, a cui ora si è aggiunta la dicitura Artisanal a sottolineare la manualità insita in ogni copricapo, «anche nei berretti con la visiera che hanno avuto un grande successo in Giappone, dove però mi hanno contestato alcune impercettibili imprecisioni che sono insite nella lavorazioni a mano.» Peccato non sia stato compreso, perché come scriveva John Ruskin, pensatore del XIX secolo che catturò alcuni dei concetti fondamentali del movimento Arts and Crafts, nel libro I sassi di Venezia, «nessuna opera buona può essere perfetta e l’esigenza della perfezione è sempre segno di un malinteso dei fini dell’arte.» E così anche l’imperfezione per Francesco Ballestrazzi fa sì che da ogni ostacolo tragga un insegnamento per risolvere problemi e superare limiti imposti dai materiali, dalle funzioni e dai desideri dei clienti. • di Alessandra de Nitto
PAGINA ACCANTO: Francesco Ballestrazzi alle prese con la modellazione di piume d’oca. Foto: Pietro Lucerni per Michelangelo Foundation.
QUI: Cappello in feltro a tesa larga, ricoperto di piume multicolori tinte a mano. Foto: Elena Datrino.
QUI: Cappello in feltro di lapin con applicazioni che ricreano le piume di un paio d’ali.
Foto: Elena Datrino.
PAGINA ACCANTO: Copricapo con ali di Ara Macao realizzato con piume in raso di seta multicolore.
Foto: Elena Datrino.
Diffusione del sapere, tutela del patrimonio e delle tradizioni, innovazione. In Italia le scuole di mestieri d’arte sono numerose. Realtà essenziali per la formazione delle nuove generazioni di maestri d’arte e artigiani, all’insegna del rinnovamento.
Fotografie di Laila Pozzo da La regola del talento. Scuole italiane di eccellenza a cura di Fondazione Cologni, Marsilio Editori, 2014
Non è una strada facile, quella del mestiere d’arte, ma certo una dimensione in cui si ripropone il ruolo dell’abilità e della perizia, la forza dell’esperienza, il forte primato dell’individuo, lo stupore dell’aura, il mistero del bello, la felicità della competizione.
L’Italia fucina di Bellezza, museo a cielo aperto: nessun altro territorio al mondo certamente può vantare una tale concentrazione di tesori d’arte straordinari, e su questo si fonda, lo sappiamo, l’intenso fascino e la grande attrattiva del nostro Paese, amatissimo oggetto del desiderio in tutto il mondo. Ma non soltanto: sempre più viene scoperto, apprezzato e amato da chi visita l’Italia, spesso più che dagli stessi italiani, bisogna dirlo, anche il suo ineguagliabile patrimonio di saperi legati all’alto artigianato, che investe tutti i territori della nostra Penisola rendendola una vera miniera di un saper fare magistrale, legato ai territori, alle materie prime, alle tradizioni storiche dei luoghi. Questa multiforme ricchezza va preservata, diffusa e tutelata come parte integrante della “grande Bellezza” italiana. Sentinelle del patrimonio sono le molte Scuole di eccellenza presenti sul nostro territorio, garanti della trasmissione dei saperi alle nuove generazioni. A questi Istituti, che spesso vantano una storia secolare, è demandato il ruolo straordinario e il compito non facile di tenere in vita e trasmettere competenze uniche, una necessità fondamentale anche per il sistema economico e produttivo del nostro Paese.
La tradizione è vitale e in continua evoluzione in tutti i settori dell’alto artigianato: dal mosaico (Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo) al vetro (Scuola del Vetro Abate Zanetti di Murano) alla ceramica (con gli storici istituti d’arte di Faenza e Caltagirone); dall’oreficeria (Istituto d’Arte Pietro Selvatico di Padova) all’orologeria (Tarì Design School di Marcianise) all’incisione dei metalli (Scuola dell’Arte della Medaglia di Roma); dalla pelletteria (Alta Scuola di Pelletteria Italiana di Scandicci) alla calzatura (Politecnico Calzaturiero di Vigonza) alla sartoria (Scuola di Sartoria Nazareno Fonticoli di Penne); dai mestieri della scena teatrale (Accademia Teatro alla Scala di Milano) alla liuteria (Scuola Internazionale di Liuteria, Cremona), fino all’enogastronomia (Alma, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana a Colorno).
Fiore all’occhiello dell’Italia le quattro grandi Scuole di restauro di alta formazione, una specificità naturalmente legata al grande patrimonio artistico, e apprezzata in tutto il mondo, dove i restauratori italiani, noti per competenza e talento, sono chiamati a lavorare ai principali interventi di conservazione pubblici e privati: l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario di Roma, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale di Torino.
«L’esistenza di queste Scuole costituisce la più valida azione di tutela delle nostre tradizioni artistiche e artigianali e, in alcuni casi, l’unico argine alla perdita definitiva degli antichi saperi della creatività italiana,» scrive Giovanni Puglisi, Presidente Emerito della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco. Le tipologie formative sono variegate e testimoniano una ricchezza e complessità preziose: vi si trovano istituti pubblici di rilevanza nazionale, scuole di formazione legate alla tradizione e al territorio, realtà volute da lungimiranti aziende private per tutelare e perpetuare un patrimonio culturale e produttivo che non deve andare perduto. In queste Scuole ogni giorno si celebrano i riti della bellezza fatta ad arte: qui direttori, presidi, coordinatori didattici, docenti, spesso destreggiandosi tra non poche difficoltà e non sufficienti riconoscimenti, si assumono quotidianamente la responsabilità di accogliere, motivare, preparare i giovani, plasmarne il talento attraverso la regola, la moralità e la disciplina del lavoro ben fatto, senza cui la più grande passione non porta a nulla. Scuole che non sono, come si potrebbe credere, templi o santuari del sapere ma luoghi vivi, fucine in cui il talento si coniuga ogni giorno con la perizia manuale, la tradizione si rinnova anche attraverso l’uso delle più avanzate tecnologie, alleate preziose del saper fare, e dove l’insegnamento passa attraverso l’esempio e la pratica laboratoriale, secondo la lezione sempre vitale della bottega rinascimentale, che qui rivive felicemente.
PAGINA ACCANTO: L’incisione del corallo, presso la Scuola dell’Arte della Medaglia a Roma, all’interno dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato: una scuola laboratorio unica al mondo, che nessun altro Paese ha all’interno della sua zecca.
QUI: Allievi restauratori della Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro: quando l’Italia fa scuola nel mondo e prepara eccellenze riconosciute.
Accanto a questi grandi esempi, sono molte le Scuole impegnate a diffondere e tutelare il sapere, offrendo ai giovani una prospettiva affascinante e praticabile di una formazione professionale basata sulla passione e sul talento. Di questa mappa rende preziosa e utile testimonianza il portale scuolemestieridarte.it, che rappresenta la prima directory di orientamento e informazione, con centinaia di indirizzi di scuole di arti e mestieri, distribuite in tutta Italia, facilmente accessibili a giovani interessati e curiosi, con abbastanza talento e coraggio per intraprendere un mestiere d’arte oggi. In molti casi, speriamo, i nostri maestri d’arte di domani. «Non vasi da riempire, ma fiaccole da accendere.» (Quintiliano) •
PAGINA ACCANTO: La salvaguardia del bene comune, presso la Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario.
A DESTRA: Piccoli grandi chef crescono, imparando l’arte presso ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, fondata a Colorno da Gualtiero Marchesi: luogo di saper fare e di delizia.
SOTTO: Sulla Riviera del Brenta, cuore del distretto di eccellenza della calzatura, si apprende l’arte di costruire le più belle scarpe del mondo presso il Politecnico Calzaturiero di Vigonza (PD).
Custode di antichi saperi, fucina di nuove esperienze: è la storica Scuola dei Mosaicisti del Friuli, a Spilimbergo. Una realtà che dal 1922 forma i più grandi mosaicisti, celebri nel mondo, che hanno diffuso questa storica competenza portandola ai vertici dell’eccellenza.
QUI: Gorgiera dall’archivio dei costumi storici di Stefano Nicolao. Nell’atelier di Fondamenta della Misericordia la sartoria si compone di diverse stanze comunicanti, dedicate alla creazione di abiti e accessori e di un archivio di circa duecento pezzi autentici che vanno dalla fine del Cinquecento agli anni Sessanta del Novecento.
Foto: Susanna Pozzoli per Michelangelo Foundation.
PAGINA ACCANTO: Al secondo piano un repertorio stupefacente di oltre quindicimila costumi e accessori, realizzati per produzioni cinematografiche o liriche, che attendono di rivivere durante i fati del Carnevale veneziano.
Foto: Susanna Pozzoli per Michelangelo Foundation.