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“ LET TIME FLY. YOU MIGHT GET TO AN EXCEPTIONAL PLACE.” YIQING YIN, HAUTE COUTURE CREATOR, WEARS THE VACHERON CONSTANTIN ÉGÉRIE
“ LET TIME FLY. YOU MIGHT GET TO AN EXCEPTIONAL PLACE.” YIQING YIN, HAUTE COUTURE CREATOR, WEARS THE VACHERON CONSTANTIN ÉGÉRIE
La terza edizione di Homo Faber celebra il collegamento tra mestiere d’arte, uomo e tempo, con il tema centrale del “viaggio della vita.”
Attraverso mostre e storie suggestive, Homo Faber esplora un modo più sostenibile di vivere e lavorare, evidenziando la bellezza degli oggetti
artigianali e il significato profondo dell’autenticità.
di
Alberto Cavalli
Quale collegamento sussiste tra l’artigianato, tra la creatività e il talento manuale, e la nostra vita di ogni giorno?
Quale ruolo assegniamo agli oggetti simbolici e speciali, realizzati per esprimere un’identità più forte dello scorrere del tempo, in un’esistenza costellata da eventi speciali ma anche da sogni, desideri, attimi che desideriamo celebrare proprio perché preziosi?
La terza edizione di Homo Faber, organizzata presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia dal 1° al 30 settembre 2024, lo ha trovato in una personalissima visione del fare, e del fare bene: o con arte, o con ispirazione, o comunque con una sorridente, determinata intraprendenza. E ha celebrato questo collegamento tra arte, mestiere, umanità e tempo mettendo al centro del discorso “il viaggio della vita”: un tema che questo numero di Mestieri d’Arte & Design ha fatto proprio, articolando lo spazio editoriale tra le grandi visioni che innervano le mostre di Homo Faber e le splendide, suggestive storie di nicchia che proprio a Venezia diventano l’esempio di un modo diverso e più sostenibile di vivere, di lavorare, di produrre.
Il viaggio della vita: un’immersione tra oggetti e gesti non solo belli, ma anche sinceri e ricchi di significato. Soprattutto quando si considera che la ricerca di un prodotto bello e ben fatto si unisce alla scoperta (o alla riscoperta) di un patrimonio artistico che non resta certo confinato alle architetture o ai capolavori dell’arte, ma che scende dai piedistalli ed esce dalle cornici fino a stimolare (per fortuna) ogni aspetto della creatività.
Nelle prossime pagine racconteremo storie di persone, di aziende, di atelier e di eroici (benché quotidiani) protagonisti, che ogni giorno riportano la “mano” dell’artigiano al centro dell’attenzione. Perché oggi più che mai la ricerca di autenticità, e quindi di originalità e affidabilità, è percepita come un tratto irrinunciabile di ogni oggetto d’eccellenza, che non può che nascere grazie all’intelligenza dei gesti, alla sensibilità delle dita e alla tenace perseveranza del cuore.
Più che oggetti, beni: beni fatti per durare, per essere riparati, per acquisire valore e bellezza con lo scorrere del tempo.
Beni fatti per essere custoditi e tramandati, come la nuova edizione di Homo Faber ben rappresenta.
La verità del gesto, la conoscenza, l’intelligenza (nel senso etimologico di intelligere: ascoltare e comprendere) diventano gli attributi differenzianti rispetto a un lavoro anonimo e ripetitivo. E da questa “intelligenza”, da questa profonda comprensione e intuizione del “senso” del prodotto, deriva quella continua ricerca di miglioramento che porta a ciò che gli inglesi definiscono achievement, ovvero il raggiungimento di un obiettivo che coniuga conoscenza, lavoro, intuizione e saper fare.
Homo Faber celebra il talento umano nella creazione della bellezza: una bellezza speciale, ma anche quotidiana e potente. Che nasce da quei maestri, celebri o in ascesa, che portano con sé non solo la passione e l’entusiasmo dello sguardo, ma anche la consapevolezza che trasferire nel futuro i mestieri d’arte, ormai, non è più una scelta tra tante: è una necessità.•
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EDITORIALE
La vita in viaggio tra arte e artigianato
Alberto Cavalli
22 Album
Stefania Montani
Dialoghi virtuosi
Anna Carmen Lo Calzo 80 Isole di pace e di lavoro
Susanna Pozzoli 88 Una congiuntura astrale, sotto il segno del vetro
Jean Blanchaert 96 L'arte del Saper Fare.
Il Salone dell'Alto
Artigianato Italiano 2024
Fabrizio D’Oria e Alberto Bozzo
Caleidoscopio di eccellenza
Margherita Rosina
Stregati… dalla laguna
Alessandra de Nitto
Riflessioni sul tempo
Pier Francesco Petracchi
Stefania Montani
18
Oggetti della memoria
Ugo La Pietra
20
Il fascino senza tempo
dell'artigianato veneziano
Toto Bergamo Rossi
114
L’arte dei mestieri e il valore dei territori
Franco Cologni
MESTIERI D’ARTE & DESIGN. CRAFTS CULTURE
Semestrale – Anno 15 – Numero 29 - Settembre 2024 mestieridarte.it
DIRETTORE RESPONSABILE
Alberto Cavalli
DIRETTORE EDITORIALE
Franco Cologni
DIREZIONE ARTISTICA
Lucrezia Russo
CONSULENTE EDITORIALE
Ugo La Pietra
REDAZIONE
Susanna Ardigò
Alessandra de Nitto
Lara Lo Calzo
Francesco Rossetti Molendini
TRADUZIONI
Traduko
Giovanna Marchello (editing e adattamento)
PRESTAMPA E STAMPA
Grafiche Antiga Spa
MESTIERI D’ARTE & DESIGN. CRAFTS CULTURE
è un progetto della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte
Via Lovanio, 5 – 20121 Milano
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PUBBLICITÀ E TRAFFICO
Mestieri d'Arte Srl
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IN COPERTINA: Simone Crestani, Riverenza, calice scultoreo, vetro borosilicato e lavorazione a fiamma, 2024. In quest’opera, il Maestro combina la riscoperta di antiche tecniche tradizionali veneziane della decorazione del vetro trasparente con il proprio processo creativo. Foto: tutti i diritti riservati.
I caratteri tipografici fanno parte della collezione della Tipoteca Italiana (www.tipoteca.it)
Toto Bergamo Rossi
Già restauratore, Toto Bergamo Rossi ha restaurato importanti monumenti in Italia e all’estero. Dal 2010 è direttore di Venetian Heritage, una fondazione non profit che raccoglie fondi per sostenere importanti interventi di restauro a Venezia. Ha ideato e curato numerose mostre e volumi dedicati all’arte veneta.
Caroline Bishop
Giornalista, redattrice e autrice freelance britannicocanadese, attualmente basata in Svizzera. Negli ultimi venti anni ha scritto di viaggi, cibo e teatro per giornali, riviste e siti web tra cui The Guardian, The Telegraph, The Independent, BBC Travel, Wanderlust, Lonely Planet e molti altri.
Jean Blanchaert
Gallerista, curatore, critico d’arte e calligrafo, da più di trent’anni conduce la galleria di famiglia fondata dalla madre Silvia nel 1957 e da sempre specializzata in materiali contemporanei. Dal 2008 è collaboratore fisso del mensile Art e Dossier (Giunti Editore). È stato curatore della sala Best of Europe di Homo Faber 2018 e della sala Next of Europe dell’edizione 2022, alla Fondazione Cini di Venezia. È autore del volume dedicato ai Maestri del vetro di Murano Musica senza suono (Marsilio Editori / Fondazione Cologni).
Direttore Sviluppo Mercati e Vendite in Vela spa dal 2018. Dal 2021 è direttore Commerciale del Salone Nautico Venezia. Ha maturato la sua esperienza lavorativa nel settore commerciale e marketing, in aziende private e multinazionali tra cui Hewlett Packard e AMD, ricoprendo vari incarichi come vicepresidente e direttore generale.
Dopo diverse esperienze all’interno della pubblica amministrazione, ha consolidato la sua posizione all’interno della società Venezia Marketing & Eventi, poi confluita in Vela spa, occupando il ruolo di Direttore operativo dell’intero comparto relativo a turismo, marketing, eventi tradizionali e progetti speciali, oltre che bigliettazione del trasporto pubblico.
Ugo La Pietra Artista, architetto, Compasso d’Oro, designer e soprattutto ricercatore nella grande area dei sistemi di comunicazione. La sua attività è nota attraverso mostre, pubblicazioni, didattica nelle Accademie e nelle Università. Le sue opere sono presenti nei più importanti Musei internazionali.
Ex modella internazionale, musa ispiratrice di stilisti come Gianfranco Ferrè e Giorgio Armani, archiviate le sfilate e i servizi fotografici, ha trasformato in professione la passione per il mondo del lusso e del made in Italy. Giornalista pubblicista dal 2003, è scrittrice e consulente di comunicazione.
Giovanna Marchello Dopo una lunga carriera nel global business development e licensing maturata in prestigiose maison italiane, dal 2011 si occupa dello sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali e culturali, anche nel Terzo Settore, specializzandosi nell’ambito dell’artigianato d’eccellenza.
Giornalista, ha pubblicato tre guide alle botteghe artigiane di Milano e una guida alle botteghe artigiane di Torino. Ha ricevuto il Premio Gabriele Lanfredini dalla Camera di Commercio di Milano per aver contribuito alla diffusione della cultura e della conoscenza dell’artigianato.
Pier Francesco Petracchi
Laureato in Relazioni e Affari Internazionali, insieme a Giulio Rampoldi e Pietro Rossi, è uno dei tre direttori e fondatori di MATTA, galleria milanese itinerante, piattaforma nomade che invita gli artisti a sperimentare e realizzare progetti inediti per poi trovare, di volta in volta, lo spazio più idoneo per esporli temporaneamente.
Fotografa cosmopolita, vive e lavora a Parigi. Si è specializzata nel ritrarre il mondo artigiano, che racconta con immagini e parole sviluppando parallelamente una ricerca personale, pubblicata ed esposta internazionalmente con continuità. Su incarico di Fondazione Cologni ha coordinato l’edizione 2024 di Homo Faber in Città, creando, promuovendo e fotografando una rete di oltre 70 botteghe di eccellenza.
Margherita Rosina
Storica del tessuto e curatrice, direttrice del Museo della Fondazione Antonio Ratti di Como dal 2007 al 2017. È stata docente presso l’Università Statale di Milano, collabora con l’Università IULM tenendo lezioni e seminari. È autrice di numerose pubblicazioni sulla storia della moda e del tessile.
Andrea Tomasi
Laureato in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo a Bologna, inizia la sua carriera come critico cinematografico. Dopo aver lavorato come caporedattore per diversi settimanali, nel 2018 inizia la sua collaborazione con la Michelangelo Foundation per la realizzazione della prima edizione di Homo Faber. Dal 2020 dirige la Homo Faber Guide, una piattaforma online che consente di scoprire artigiani d’eccellenza in Europa e in altri Paesi extra-europei.
3 - 6 ottobre 2024
Institutional Partner
Il Salone dell’Alto Artigianato Italiano è un evento che celebra l’eleganza e la ra natezza dei mestieri antichi, pronto ad accogliere anche l’entusiasmo e la creatività dei giovani artigiani che rappresentano il futuro dell’arte e del saper fare manuale in Italia.
L’Arsenale di Venezia, in particolare le storiche Tese, tornano ad essere il cuore della esposizione: un percorso emozionante e suggestivo tra diverse espressioni culturali che presenteranno una vasta gamma di lavorazioni - dai tessuti pregiati ai lavori in ceramica, dalla tradizione orafa al vetro so ato, oltre a mobili, oggetti di design e molto altro ancora – che da sempre sono sinonimo del Made in Italy nel mondo. Una vetrina per mettere in evidenza ciò che c’è dietro al lavoro artigiano, la passione e la cura per ogni oggetto realizzato.
Tra le presenze eccellenti in Arsenale, spazio anche alle lavorazioni tradizionali veneziane: l’arte della perla di vetro, quella dei merletti, oltre a botteghe di ceramisti e mosaicisti, di occhiali, di gioielli, di restauro del legno e di ceramica, stamperie d’arte, studi di gra ca e serigra e, vetrerie, atelier e manifatture tessili, legatorie, ma anche il Carnevale con i suoi preziosi costumi di fattura sartoriale e le immancabili maschere veneziane in cartapesta originale.
Inoltre, si susseguiranno le dimostrazioni dal vivo, nei vari stand, di tecniche e lavorazioni – dal mosaico alla ceramica, dalla tappezzeria alla liuteria, dall’arte orafa agli intagliatori, dal vetro so ato ai merletti – che sapranno attirare l’interesse del pubblico, ammaliato dall’abilità dei maestri artigiani nel dar vita a forme di straordinaria bellezza. Un viaggio dal nord al sud, un incontro tra tradizione e innovazione, un omaggio al passato e uno sguardo verso il futuro dell’artigianato italiano.
Alcuni oggetti diventano veri e propri “souvenir” del nostro percorso esistenziale. Non sono solo beni materiali quindi, ma simboli carichi di significati affettivi. Oggetti che evocano esperienze, persone e momenti cruciali, mantenendo vivo il dialogo con il passato e stimolando i nostri sogni e pensieri più profondi.
Tra i tanti oggetti che caratterizzano la nostra società dei consumi, ognuno di noi ha individuato i propri. Sono oggetti che ci appartengono e che rappresentano il nostro vissuto. Sono, quindi, oggetti ai quali nel tempo abbiamo attribuito dei “significati”. Significati intesi come valori affettivi, capaci di evocare parte delle nostre esperienze di vita. Quasi sempre sono oggetti in grado di raccontare l’esistenza di una persona: basterebbe pensare alle abitazioni di grandi artisti e intellettuali (Giuseppe Verdi, Giacomo Leopardi, Gabriele D’Annunzio…) “congelate” come musei dopo la loro morte, ma anche alle tante case-laboratori di anonimi artigiani o di artisti più o meno noti. È l’insieme degli oggetti che parla della loro vita, sono le tante cose di cui si sono circondati, e che anche ognuno di noi accumula nel proprio spazio abitativo, a dimostrare come la nostra vita possa essere raccontata, di fatto, dagli oggetti che scegliamo come “souvenir” del nostro percorso esistenziale.
Dai primi oggetti della nostra infanzia, a cui rimaniamo legati per tutta la vita (un giocattolo, un pupazzo...), a ciò che è stato conservato dai nostri genitori per ricordare quel meraviglioso momento in cui eravamo piccoli, indifesi e desiderosi di amore e attenzione, come ad esempio una scatolina con i riccioli dei capelli che avevamo sulla nostra “testolina”! E così proseguendo nel corso del tempo, con tutti gli oggetti che raccontano la nostra esistenza, dagli amori ai viaggi. Oggetti della memoria: nella mostra organizzata per la Biennale di Venezia del 1980 con il semiologo Gianfranco Bettetini (“Il tempo e le memoria nella società contemporanea”), realizzai una grande struttura, una sorta di grande magazzino, con centinaia di scatoloni sovrapposti che riportavano all’esterno un’etichetta per identificarne il contenuto (amori, amici, viaggi…). Una rappresentazione tridimensionale della nostra vita attraverso gli oggetti accumulati, quasi sempre lontani dalla definizione contemporanea di “oggetti di design”, che spesso vengono scelti più per il loro significato che per la qualità della fattura.
Oggetti di semplice artigianato raccolti nei mercati regionali per ricordare un viaggio, una particolare estate, un amore che ha segnato la nostra vita. Oggetti che sono stati recuperati da un vissuto dei nostri artigiani che ci danno il senso della continuità della vita e che vorremmo fossero apprezzati anche dai nostri figli. Opere che ci aiutano a non dimenticare, e che spesso sono legate a un territorio. Oggetti che esprimono il genius loci di una realtà che abbiamo attraversato e che ci raccontano le capacità artistico-artigianali di una comunità che è riuscita nel tempo a mantenere viva, rinnovandola, la propria tradizione legata alla cultura del fare. Spesso sono oggetti che nascono senza nessun valore né fattuale né di significato, e che solo noi, legandoli alla nostra vita, siamo capaci di caricare di valori e che quindi ci aiutano a mantenere un dialogo con persone, luoghi, cose, ma anche a stimolare i nostri pensieri e i nostri sogni più segreti e personali. Oggetti-feticci, ma anche oggetti-simbolo di una visione della vita e di credenze che vanno oltre la dimensione terrena. Proprio come nell’antica Roma all’ingresso della casa venivano collocati i simboli dei cari estinti (i Penati), così ancora oggi tutti noi abbiamo oggetti che ci ricordano, in qualche modo, persone a cui siamo rimasti affezionati ma senza necessariamente rappresentarle con un’immagine (bi- o tridimensionale). Ogni mattina mi alzo e faccio colazione con una scodella bianca con decori azzurri, che è la stessa tazza che usava mia nonna per bere il latte e che ha usato per tanti anni anche mia mamma. •
Venezia non è solo famosa per i suoi canali e palazzi storici, ma anche per un ricco patrimonio di saperi artigianali tramandati attraverso i secoli.
Grazie a organizzazioni come Venetian Heritage ed eventi di rilievo internazionale come Homo Faber, la città continua a celebrare e a perpetuare queste antiche e inestimabili tradizioni, mantenendo viva la sua identità e il suo ruolo di protagonista nel panorama artistico globale.
Venezia è una delle città più scolpite e decorate al mondo. La lungimirante tutela del know-how dell’artigianato locale praticata dal governo della Repubblica di Venezia era atta a conservare l’importantissimo patrimonio di segreti professionali sviluppatisi nei secoli in laguna. La rarità e la preziosità delle produzioni locali avvolte nel mito di tecniche sconosciute al di fuori della laguna, fecero aumentare la fama del pregiato artigianato locale che si sviluppò dal XIII secolo fino alla caduta della Serenissima avvenuta nel 1797.
Grazie a tutto ciò il vetro veneziano invase l’Europa. I favolosi lampadari prodotti dalla fornace Briati durante la prima metà del Settecento decorano ancora numerose dimore veneziane e non solo. Nel favoloso salone da ballo di palazzo Gangi a Palermo – immortalato da Luchino Visconti nella scena del ballo nel celebre film Il Gattopardo – scendono dai soffitti barocchi una serie di lampadari veneziani, soffiati da Briati per la principesca famiglia palermitana. I broccati tessuti a Venezia venivano richiesti persino dalla corte ottomana di Istanbul. Gli “indoradori” ricoprirono di foglie d’oro gli immensi soffitti lignei di Palazzo Ducale e di molti pregiati altari scolpiti nelle chiese della Repubblica di Venezia. Centinaia di scultori, scalpellini, intagliatori, stuccatori, terrazzieri, mosaicisti, carpentieri navali, si sono succeduti nei secoli tramandando, spesso con grandi difficoltà, il loro sapere, la loro storia e la loro tradizione.
L’unicità, anche geografica, che distingue la città di Venezia dal resto del mondo ha contribuito a trasmettere fino ai nostri giorni – nonostante la globalizzazione – questo incredibile patrimonio materiale e immateriale che ha reso meravigliosa la Regina dell’Adriatico. Tramite il finanziamento di alcuni importanti interventi di restauro conservativo, la fondazione Venetian Heritage da me diretta sostiene da 25 anni non solo la perpetrazione dell’immenso patrimonio artistico di Venezia, ma anche delle sue arti, dei suoi mestieri e dei suoi artigiani, con l’intento di trasmettere alle future generazioni non solo il nostro patrimonio storico artistico ma anche il know-how delle maestranze veneziane.
L’impegno di Venetian Heritage è volto anche alla salvaguardia della peculiarità di Venezia, sostenendo iniziative a favore di un’identità urbana residenziale non legata soltanto al turismo di massa, a favore di un turismo di qualità, attento, rispettoso della sua fragilità, a favore di una dimensione economica equilibrata e sostenibile, che ne valorizzi la natura di centro culturale e di ricerca all’avanguardia.
Alla Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship va il merito di aver riconosciuto e promosso il valore e l’unicità dei mestieri d’arte locali e del mondo intero, anche attraverso Homo Faber 2024: The Journey of Life che porterà per la terza volta in città il meglio dell’artigianato e del savoir-faire mondiale. L’alto profilo di questa manifestazione contribuisce non solo a promuovere l’attività di centinaia di eccellenti artigiani italiani e internazionali ma anche a far conoscere una Venezia diversa che si riappropria delle sue antiche tradizioni artigiane. Venezia merita di essere un punto di riferimento a livello internazionale, in grado di attrarre risorse e di recuperare un ruolo da protagonista degno della sua unicità agli occhi del mondo e, grazie a Homo Faber, viene elevata a madrina delle arti decorative. •
Giudecca 213
30133 Venezia
Tel. +39 347 2211661
adelestefanelli.com
Una donna dalle tante vite: così si potrebbe definire Adele Stefanelli, straordinaria artigiana che, spinta dall’inesauribile desiderio di conoscenza, ha fatto della ricerca della perfezione la sua linea guida. «Ho scoperto la bellezza della porcellana per caso, visitando la bellissima collezione Baur di ceramiche orientali mentre ero all’Università di Ginevra, per studiare da interprete. La ceramica era già il mio hobby ma quel giorno è stato un colpo di fulmine, un amore a prima vista che ha cambiato la mia vita,» racconta Adele. Nel suo atelier alla Giudecca, nascosto all’interno di un microcosmo che ferve di laboratori artigianali, ci sono due torni, un tavolo da lavoro, tanti strumenti del mestiere. Sugli scaffali lungo le pareti sono allineati i suoi lavori: magnifiche ciotole, vasi, piatti, oggetti per la tavola dallo stile semplice e raffinato. Instancabile nel desiderio di apprendere, ha voluto imparare le tecniche dai migliori Maestri di Nove e Deruta, dai ceramisti della Corea del Sud, del Giappone e della Cina, patria della porcellana. «Ho iniziato a fare pratica a casa, come autodidatta, poi mi sono trasferita in Toscana. Per alcuni anni ho vissuto lì, appagata dal mio lavoro. Avevo
clienti che venivano da varie parti del mondo: Amsterdam, Londra, Milano, Roma, Stati Uniti. Poi è iniziato un periodo di insoddisfazione e ho ripreso il mio lavoro di interprete trasferendomi a Bruxelles. Ma la passione era solo sopita. Così nel 2017 sono partita per la Cina e per la Corea dove ho seguito gli insegnamenti di alcuni grandi Maestri, imparando anche le tecniche del grès, della porcellana e degli smalti, che realizzo per la maggior parte a partire dalla cenere di diverse piante, secondo antiche ricette cinesi e coreane.» Ecologici e non tossici. «Ultimamente mi dedico soprattutto alla porcellana cercando il giusto equilibrio tra la creazione di un pezzo e il tempo dedicato: e soprattutto tra la bellezza di un oggetto e il suo utilizzo. In una continua ricerca, che è quello che mi affascina nel mio mestiere.» Adele Stefanelli pratica anche l’arte del kintsugi e tiene corsi di ceramica nel suo laboratorio, tra novembre e marzo.
di Anna Campagnari
Santa Croce 117
30135 Venezia
Cell. +39 347 7799783 anareta.it
Dinamica, solare, sportiva, Anna Campagnari è una campionessa di voga che, oltre allo sport, ha deciso di dedicarsi anche alla creazione di bandiere, stendardi e gagliardetti,
gli stessi che aveva ricevuto come drappi distintivi durante le sue esibizioni agonistiche. Al suo attivo, quattro titoli nella Regata Storica di Venezia e un centinaio di premi conquistati in altrettante regate comunali. Una vera gloria della Serenissima. «Quando l’artigiano che confezionava le bandiere (che anch’io avevo tante volte ricevuto) ha chiuso l’attività, non volevo che la tradizione andasse perduta. Così ho deciso di aprire questa attività sartoriale affiancandola a quella sportiva, recuperando i disegni originali dal mio predecessore. Devo a mia madre, che era un’abile sarta, l’aver appreso i segreti del mestiere. In altre parti del mondo ai concorrenti si donano le medaglie, qui a Venezia le bandiere e i gagliardetti. Sono tessuti preziosamente rifiniti, i cui decori variano a seconda delle rappresentazioni. Ci sono simboli che si tramandano nel tempo. Testimoniano l’appartenenza a una comunità, a un’associazione, a una tradizione comune. Io sono sempre stata attratta dalle decorazioni e per questo motivo ho deciso di provare a crearne in prima persona. I miei primi clienti sono state le società remiere locali, quelle che mi conoscevano come regatante. Poi ho avuto l’onore di servire il Comune di Venezia, che da sedici anni mi commissiona i premi per le regate più prestigiose.» Il suo laboratorio è a al piano terra del palazzo quattrocentesco della
sua famiglia. Alle pareti bandiere, drappi, coppe. Al centro un lungo tavolo da lavoro, rotoli di tessuto prezioso, seta, raso, passamanerie. Qui Anareta confeziona bandiere, gonfaloni, stendardi di grandi formati rifinendoli minuziosamente a mano, riproducendo i disegni tradizionali di ogni singola località e celebrazione. «Il disegno va realizzato stendendo una base d’oro sul tessuto, poi disegnando a china, infine creando sfumature e ombre con i colori e fissando con una vernice a pennello,» spiega l’esperta artigiana. «Si cuce poi la frangia e si applica il cordone, prima di fissare la bandiera sull’asta. Recentemente ho allargato la mia produzione a cuscini, furlane e oggetti regalo. Tutto fatto sempre a mano, anche su ordinazione. Ci sono mie bandiere in Germania, Svezia, Francia, Cina, persino nella caserma dei Vigili del Fuoco di New York,» conclude sorridendo. Ma la sua attività agonistica non si è fermata: da qualche anno Anareta compete ai più alti livelli anche come timoniere su Dragonboat e insieme alla sua squadra ha conquistato il titolo ai campionati europei e mondiali.
di Sofia Sarria
Ruga Vecchia San Giovanni 777 30125 Venezia
Tel. +39 041 5207278 ateliervolante.it
Sofia Sarria è una figlia d’arte che ha appreso fin da bambina, come un gioco, l’arte di fabbricare le maschere in cartapesta: infatti i suoi genitori erano proprietari di uno dei laboratori più noti a Venezia. Così, forte di una solida base tecnica, di tanti stampi e trucchi del mestiere, ha deciso di continuare questa bella tradizione veneziana. E non solo. Oltre alle maschere, Sofia ha elaborato anche dei procedimenti simili alla scultura, per creare figure animali partendo dalla carta di recupero come i cartoni contenitori delle spedizioni (“utilizzati per un solo giorno”), i giornali destinati al macero, gli involucri in generale, tirati fuori dal cestino, spesso per creare un mondo popolato di strane creature pronte a far parte di una favola, di elfi e folletti. E ad avere una nuova vita. «Nel nostro mondo sempre più veloce, di usa e getta, io credo che vada riscoperto l’amore per il dettaglio, con ritmi più sostenibili, per essere meno stressati. Il mio atelier non è solo uno spazio fisico ma anche mentale, che vuole essere di aiuto a ritrovare il proprio centro, anche con la lentezza.» A pochi passi dal mercato di Rialto, il suo laboratorio è un
locale lungo e stretto: alle pareti, da un lato le maschere in cartapesta, dall’altro i personaggi creati e scolpiti dalla sua fantasia. In fondo il suo tavolo da lavoro traboccante di pennelli, matite, taglierine, colle, contenitori d’acqua. Qui Sofia dà vita alle sue creazioni modellando, colorando e lasciando libera la sua creatività. «Ho chiamato il mio spazio Atelier Volante perché durante il Covid non sapevo quale destino avrebbe avuto la mia bottega... Invece sono rimasta a tramandare la tradizione di famiglia, nello stesso luogo appartenuto a mio nonno.»
Il suo stretto legame con il tessuto culturale locale veneziano si esprime poi attraverso i laboratori didattici, dedicati anche ai bambini, nei quali propone la realizzazione di maschere in cartapesta utilizzando gli stampi, «il metodo più veloce nell’asciugatura.»
di Nelson Kishi
Fondamenta degli Ormesini 2778 30121 Venezia Cell. +39 348 5460257 codexvenezia.it
Nato in Brasile da genitori giapponesi e trasferitosi a Venezia trent’anni fa, Nelson Kishi è davvero un cittadino del mondo dalle mille sfaccettature e con una grande sensibilità artistica. «Sono nato e cresciuto in Brasile e ho frequentato l’università di Architettura a
Brasilia,» racconta il Maestro Kishi. «Dopo la laurea sono partito per Roma. Sono capitato a Venezia per caso nel 1990, pochi mesi dopo il mio arrivo in Italia, e da allora non mi sono più mosso. Ho sempre disegnato, fatto schizzi a matita fin da ragazzo, ma qui in laguna la mia creatività si è centuplicata.» Lo dimostrano i suoi straordinari disegni che rappresentano Venezia, la laguna, la natura, i personaggi. «Disegnare è la mia maniera di apprendere, di indagare la natura, gli uomini, la luce. Fin da bambino è stato il mio modo di studiare le cose, di esprimere i miei pensieri e sentimenti. Si può dire che è la curiosità che muove la mia mano.» Il Maestro Kishi disegna prevalentemente a penna e ad acquerello, su carta. La luce del canale, che cambia in continuazione, creando ombre, effetti vibranti, è una delle sue fonti di ispirazione. Il suo studio affacciato sulle Fondamenta degli Ormesini è un piccolo spazio pieno di luce che divide con Robin Frood, incisore e sua compagna di vita, che realizza opere con la tecnica giapponese dell’ukiyo-e utilizzando pigmenti e amido di riso. Tre figli, tutti appassionati di musica come da tradizione nella famiglia Kishi.
Nelson è stato tentato di lasciare la pittura per la musica. Poi ha deciso di far convivere le sue passioni, continuando però nella professione di pittore. Cita il poeta brasiliano Vinicio de Morales: «La vita è l’arte dell’incontro. Mi sono appassionato alla musica quando mia figlia Olivia (che oggi ha uno studio suo, il Teatro delle Ombre) a cinque anni ha iniziato a suonare il violoncello. Volevo quasi lasciare la pittura per dedicarmi interamente alla musica. Ma poi, studiando solfeggio a cinquant’anni e vista la difficoltà di apprendimento, ho preferito tenerla come hobby e continuare con il disegno. Mi sono comunque molto divertito a realizzare un librospartito con i disegni delle vedute di Venezia di notte che ho chiamato Notturni Veneziani.» La sua passione per la pittura ha contagiato anche i suoi figli. «Mio figlio Theo ha realizzato un libro sugli animali: si chiama Zoo ed è formato da disegni di animali, piccole storie, poesie. L’ho impaginato con l’aiuto di alcune mie ex allieve,» perché, come sostiene Nelson, «un’opera porta in sé la collettività anche se non dichiarata. Inoltre, l’autore dovrebbe dare il merito della composizione per metà allo strumento,» conclude l’affascinante architetto, pittore, musicista e filosofo, citando Villa Lobos.
di Luisa Conventi
Calle Priuli dei Cavaletti 100
30121 Venezia
Cell. +39 335 8445846 dittagioia.it
Quello delle impiraresse è uno degli antichi mestieri nati a Venezia intorno all’arte del vetro. Ci racconta Luisa Conventi, nipote ed erede di una delle grandi famiglie che hanno sviluppato e tramandato quest’arte antica: «Impirar in veneziano significa infilare: e proprio questa era l’abilità richiesta alle lavoranti che alla fine dell’Ottocento avevano il compito di raccogliere su lunghi aghi le perline di vetro prodotte a Murano, chiamate “conterie”, facendole poi scivolare sul filo di cotone. Mio nonno già ai primi del Novecento aveva aperto una bottega per il commercio delle conterie, ma fu mio zio Toni De Lorenzi che nel 1950, in questi stessi locali, aprì il Ferenaz (dal nome del mio bisnonno), un vero e proprio laboratorio che divenne famoso per la bravura delle sue impiraresse. Anch’io da ragazzina ho collaborato a realizzare orecchini, collane e piccoli oggetti di vetro, un po’ per gioco un po’ perché attirata dalla bellezza delle conterie. Poi, una volta terminati gli studi, ho deciso
di proseguire nella tradizione di famiglia e ho aperto un laboratorio tutto mio nel 1987 chiamandolo Gioia, sia perché realizzo gioie, sia per il mio carattere gioioso.» Oltre al laboratorio, dove lavorano alcune esperte artigiane, Luisa ha voluto aprire uno spazio museale per far scoprire ai visitatori le origini di questo straordinario mestiere e le diverse tipologie delle lavorazioni, attraverso fotografie dell’Ottocento, video, documenti, attrezzi, oggetti d’epoca. Soprattutto per avvicinare i giovani, alcuni dei quali recentemente hanno anche fatto delle tesi di laurea sulle impiraresse, documentandosi nella sua biblioteca. Accanto al museo vi è poi un laboratorio per chi desidera imparare quest’arte antica. «Le piccole perle forate sono raccolte in bacinelle e l’abilità delle impiraresse consiste nell’infilare nei lunghi aghi, tenuti in mano a mo’ di ventaglio, il maggior numero di perline forate facendole poi scivolare nel filo di cotone. Abbiamo studiato diversi modelli da aggiungere a quelli tradizionali per creare monili moderni pur con le conterie classiche. Realizziamo anche frange e fiori, con le decorazioni più colorate.» Luisa Conventi sta organizzando a Venezia la Festa delle Impiraresse, che quest’anno si terrà il 6 ottobre.
di Shanti Ganesha
Fondamenta dei Preti 5842
30122 Venezia
Tel. +39 347 7246043 meracu.it
Metà italiana e metà indiana, Shanti è una cittadina del mondo che, dopo il diploma al Liceo Artistico di Venezia, è partita con lo zaino sulle spalle e ha vissuto in Nuova Zelanda, Australia, Inghilterra e India, mossa dalla sete di esplorare gli usi, i costumi e le tradizioni di altre popolazioni. «Nel 2013 ho avuto il mio primo contatto con la pelle: è stato amore a prima vista e da subito mi sono dedicata ad apprendere i segreti della concia, come trattare le varie tipologie di pellame, come dare forma e cucire per ottenere i modelli che avevo in mente. Lo scopo principale era creare qualcosa che mi piacesse e fosse funzionale.» Tornata a Venezia dopo la pandemia, nel 2022 Shanti decide di aprire il suo atelier, un piccolo laboratorio di 14 metri quadri. «Il mio processo creativo è completamente affidato alle mani, non utilizzo nessun macchinario perché ho bisogno di sentire come il progetto prende forma, dal taglio alla cucitura fino alla rifinitura dei bordi. Uso solo la pressa a calore per il marchio. Amo le forme geometriche e spesso applico alla pelle il principio dell’origami, piegando e trovando la struttura
più adatta che sia anche comoda e funzionale. Dedico molta attenzione ai dettagli, modifico il progetto in corso d’opera, e questo lo posso fare solo se uso le mani.» Continua l’abile artigiana: «Molti miei prodotti sono polifunzionali: zaini che diventano tracolle, pochette usabili in sei modi diversi, per tante occasioni. Sempre all’insegna della praticità. Ho anche ideato un portabottiglie da passeggio, senza cuciture, tenuto insieme dal manico: ideale per portare una bottiglia a cena da amici!» Per acquistare le pelli, Shanti si rifornisce da un consorzio toscano che utilizza il sistema antichissimo della concia vegetale, con tannino recuperato dalla corteccia degli alberi e dalle foglie, privo di metallo e con minimo impatto ambientale. E conclude: «La nostra pelle è ottenuta attraverso un sistema di riciclaggio che riutilizza i sottoprodotti delle fabbriche di carne. Questo ci consente di dare loro uno scopo nuovo e duraturo senza danneggiare gli animali esclusivamente per le loro pelli. Questa pelle sostenibile e resistente diventa sempre più bella nel tempo, acquisendo carattere e patina, come le borse e le valigie dei nostri nonni.» Parola di Shanti.
di Simona Iacovazzi
Sestiere Dorsoduro 3282
30123 Venezia
Cell. +39 340 8449112 perlamadredesign.com
Gioielli scintillanti, dai mille riflessi di luce, assemblati con gusto e creatività: è l’antica arte della lavorazione a lume che Simona Iacovazzi ha studiato e appreso, fino a diventare un’abile artigiana in grado di lavorare e trasformare le canne di vetro in originali bijoux.
«Ho iniziato giovanissima come restauratrice e sono arrivata a Venezia da Brindisi proprio per il mio lavoro. Qui, incuriosita dal vetro, ho seguito un corso a Murano che mi ha affascinato. Così, tornata in Puglia, ho iniziato a impratichirmi nella tecnica del vetro a lume ogni giorno, come autodidatta, dopo il lavoro di restauro. Finché la passione ha prevalso e sono tornata a Venezia.» Da allora sono trascorsi 13 anni, Simona ha aperto una bottega dove crea gioielli che realizza con grande gusto e originalità, seguendo le antiche tecniche della tradizione veneziana. La varietà delle forme e delle composizioni è ampia perché la
fantasia della designer è molto fervida. Ci spiega Simona, che tiene anche corsi per chi desidera avvicinarsi a quest’arte antica: «Si chiama “lavorazione a lume” perché in passato la fiamma era alimentata con oli vegetali o con grasso animale che davano vita a una piccola fiamma, che la perlera animava grazie a un mantice a pedale che teneva sotto il tavolo. Oggi invece disponiamo di una fiamma molto potente, che arriva fin quasi a mille gradi, ed è alimentata da gas e ossigeno.»
Ogni perla che compone i suoi bracciali, le sue collane, gli anelli e gli altri bijoux racchiude una storia, racconta un’attenta ricerca del colore e svela le potenzialità del materiale. «Da qualche tempo realizzo anche mosaici “isolari”, utilizzando il vetro di scarto e le perle spaccate durante la lavorazione. Scelgo colori marini per comporre scenari di isole dimenticate, piccoli quadri di paesaggi onirici, per dare una seconda vita a questo materiale prezioso.» Simona Iacovazzi disegna anche lampade che fa realizzare a Murano recuperando vecchie bacchette di vetro con pigmenti oramai in disuso. Con una elegante creatività sempre in movimento.
di Riccardo Todesco
Fondamenta Vetrai 54
30121 Murano, Venezia
Cell. +39 389 1533365 amurianas.it
Il fascino del fuoco, la magia dell’idea che diventa creazione grazie al sapiente gioco dell’aria calda e fredda, al movimento delle pinze, alle mole. E poi le infinite sfaccettature e i riflessi dell’oggetto di vetro finito, che da più di mille anni continuano ad ammaliare. Anche Riccardo Todesco ne è stato stregato, tanto da scegliere, dopo una laurea in Economia e Commercio, di aprire il suo laboratorio a Murano. Racconta il Maestro vetraio: «Il nome Murano deriva da Amurianas, una delle porte dell’antica città romana di Altino (situata nei pressi della Laguna veneta), dalla quale gli abitanti scapparono a causa dell’invasione dei barbari, per rifugiarsi nelle isole della laguna di Venezia. Una prese il nome di Murano-Amurianum, e qui si specializzarono i vetrai iniziando un redditizio commercio che non si è mai fermato,» racconta Todesco, spiegando la scelta del nome che ha voluto dare alla sua fornace. Nel grande laboratorio, che si sviluppa in diversi ambienti per le varie tecniche di lavorazione,
ci sono macchinari per il taglio e la molatura ad acqua, le lastre e i granuli di vetro della vetrofusione, i piatti con le murrine, una fucina con i forni, tante pinze per tagliare le lunghe bacchette di vetro colorato, raggruppate in vari contenitori, le murrine. «La nostra è un’attività di famiglia: anche i miei genitori collaborano per la parte commerciale. La produzione varia dalla tecnica della vetrofusione a quella della moleria,» spiega Riccardo. La straordinaria duttilità e fantasia di Todesco lo hanno spinto a ricercare sempre forme nuove e a perfezionare le tecniche per rendere possibile ogni tipo di manufatto, realizzando anche oggetti personalizzati su misura. Di fianco al laboratorio c’è lo showroom che espone le varie creazioni del Maestro vetraio: un luogo dove la meraviglia spazia dai bicchieri dalle varie forme ai vasi, dagli oggetti decorativi per la casa e per la tavola fino ai bijoux, comprese le perle rosetta utilizzate dalle impiraresse. Il tutto all’insegna di una genialità creativa.
di Sofia Visca
Fondamenta dei Preti 5844
30122 Venezia
Tel. +39 347 3021825 ramingolab.it
Sofia Visca è una giovane artista da sempre appassionata di disegno e di scultura che, frequentando la Scuola Orafa Ambrosiana di Milano, si è dedicata all’arte del gioiello, alla lavorazione dei metalli, alla tecnica della modellazione della cera. I suoi monili sono vere e proprie sculture in argento e ottone che realizza anche su disegno del cliente. «Ho avuto la fortuna di partecipare a degli stage formativi di alto livello all’interno di aziende di qualità, tra le quali Pomellato. Poi ho voluto conoscere le caratteristiche e i tagli delle pietre, così legate al mondo del gioiello, e mi sono diplomata in gemmologia. Ora sento di avere le conoscenze per esprimere al meglio la mia creatività.»
Dopo aver scelto di vivere a Venezia, Sofia ha aperto il suo laboratorio nel cuore della città dove, tra minuscoli attrezzi del mestiere, calchi, disegni, crea i suoi originali monili a cera persa. «La mia specializzazione come cerista mi ha portato a
indagare i vari tipi di cere con le quali creo le forme dei miei gioielli. Utilizzo lime, carver odontotecnici e trapani con piccolissime frese apposite, saldatrici a stagno: amo sperimentare e perciò unisco le tecniche antiche con quelle più moderne e innovative.»
Spesso Sofia collabora con altri Maestri artigiani. «Ho sempre avuto l’idea di creare una rete di artigiani che fossero non solo abili nei loro mestieri, ma anche pronti a collaborare gli uni con gli altri, scambiandosi tecniche e strumenti, unendo anche le diverse metodologie di lavorazione. Per questo ho creato Ramingo: è una parola antica della lingua italiana che indica un uccellino che non sta mai fermo e vola di ramo in ramo... Una metafora per indicare che nella nostra epoca globale in cui tutto è condiviso anche il sapere deve fondersi per creare maggiore bellezza e sapienza.»
Sofia Visca condivide il laboratorio con un’altra artigiana, Valentina Stocco, abile ceramista. Tra loro esiste una bella collaborazione, che ha dato vita a collezioni di grande originalità.
Sestiere Dorsoduro 3848
30123 Venezia
Cell. +39 340 2776813
vanessamilan.org
Un atelier pieno di luce, a pochi passi dall’Università Cà Foscari di Venezia. All’interno un tavolo da lavoro, un torchio, un telaio foto sensibilizzato, fogli di carta di varie dimensioni, stoffe, pennelli, colori. E sulle pareti tante opere appena realizzate. È il mondo di Vanessa Milan, giovane artista veneziana, specializzata in illustrazioni, grafica, serigrafie, acqueforti e xilografie a tiratura limitata. Ci racconta l’abile artigiana: «Fin dagli anni dell’università ho collaborato con i docenti dell’Accademia gestendo LAB43 for print, per quasi vent’anni. Poi nel 2022 ho aperto un laboratorio tutto mio. Lavoro in modo istintivo, lasciandomi guidare soprattutto dall’intuito: quando ho in mente un’idea è per me imperativo realizzarla. Ho un approccio pittorico con la serigrafia: per realizzare la grafica io utilizzo pennelli e colori acrilici direttamente su acetato. Anche per le altre tecniche, tra le quali il collage, mi affido all’ispirazione del momento. Uso molto le mani per trattare i materiali e mescolare i colori e, anche se alcuni lavori possono apparire imperfetti, sono convinta che dagli errori spesso nascono soluzioni inaspettate.»
L’incisione è la sua tecnica prediletta perché, come Vanessa sostiene, lascia
molto spazio alla ricerca. «Io incido lo zinco utilizzando vari processi, molti dei quali sperimentali. Uso sempre metodologie a basso impatto ambientale. Inizio a lavorare il metallo partendo da un’idea, poi stendo l’inchiostro sulla matrice e stampo su carta di cotone, utilizzando il torchio calcografico. Realizzo sia piccole tirature d’arte sia copie uniche personalizzate. Cerco di renderle più contemporanee scegliendo come soggetti i paesaggi della laguna. Le mie basi sono le mappe idrografiche della laguna degli anni Settanta, dal tipico colore rosato, che utilizzo come sfondo per la stampa su cui inserisco dei paesaggi lagunari, caratterizzati dai pali di legno.»
Dinamica ed entusiasta del suo lavoro, Vanessa ha collaborato con il mondo del cinema per il quale ha illustrato i manifesti delle rassegne “Esterno Notte” e “Estate al Cinema”. Ha realizzato anche l’immagine per il portale del Comune di Venezia Aquagranda. Molto coinvolta nel sociale, ha collaborato con diverse associazioni nel veneziano, con il Dipartimento di Salute Mentale e nell’ambito del percorso riabilitativo nelle carceri.
Calle del Fumo 5311
30121 Venezia
Tel. +39 041 5222265 vittoriocostantini.com
Grande Maestro d’arte, vero e proprio mago nella tecnica della lavorazione del vetro a lume, Vittorio Costantini possiede un senso artistico decisamente fuori dal comune.
E lo dimostrano i suoi pezzi esposti in musei e gallerie non solo in Europa ma anche in America e in Giappone, oltre che richiestissimi dai collezionisti privati.
«Ho iniziato a lavorare in fornace a 11 anni e a 19 ho scoperto il vetro a lume. Sono autodidatta e all’inizio è stato per me soltanto un hobby, un passatempo dopo il lavoro. Poi a poco a poco mi sono appassionato sempre più, finché ho deciso di aprire un laboratorio tutto mio e da allora mi sono dedicato esclusivamente a questa tecnica antica,» ci racconta il grande Maestro vetraio, che ha insegnato anche in America, in Francia, in Inghilterra e Giappone, sempre accompagnato e sostenuto dalla fedele moglie. Timido e schivo, si
esprime attraverso le sue opere, che sono davvero straordinarie. I suoi fiori multicolori dai petali impalpabili hanno una poesia difficile da tradurre in parole, così come le colombe o i pavoni dalle piume variopinte, o, ancora, le libellule dalle esili antenne, le coccinelle e gli scarabei dalle zampette ricurve che sembrano in movimento, il volo delle farfalle dai mille colori, i coralli dei fondali marini, i pesci dalle squame trasparenti... Un mondo che partendo dall’osservazione attenta della natura finisce per trasportarci in un universo fatto solo di bellezza e sensibilità. Grande appassionato dell’ambiente, Costantini passa ore a costruire ogni singolo oggetto: con straordinaria destrezza, manualità e precisione, scalda le bacchette di vetro sul fuoco, ruotandole in continuazione, aggiunge con le pinze i particolari in altri colori, taglia con le forbici tagliavetro, assembla, in una creatività che si può definire soltanto magica. Perché il grande Maestro riesce a unire l’eccellenza della sua arte con l’amore per la natura, l’ispirazione e l’abilità. Nel suo laboratorio, a pochi passi dalle Fondamenta Nuove, si possono ammirare alcune creazioni della sua collezione personale, realizzate negli anni, oltre agli oggetti più recenti, in una vera meraviglia per gli occhi.
di Valentina Stocco
Fondamenta dei Preti 5844
30122 Venezia
Tel. +39 379 1180380 vsceramics.com
Valentina Stocco è una giovane artigiana veneziana che, innamorata della sua terra, riesce a racchiudere nelle sue ceramiche i colori e la poesia della laguna. «Ho studiato ceramica e scultura a Venezia,» racconta la talentuosa artigiana, «poi durante uno stage alla St. Martin School di Londra ho scoperto le ceramiche nordiche e quelle orientali. Mi ha colpito l’essenzialità delle forme, la lucentezza del materiale. Ho provato un forte desiderio di dedicarmi anch’io alla creazione di forme d’argilla, di cimentarmi in questo mestiere: così sono rientrata in Italia, ho iniziato a frequentare dei corsi di perfezionamento e alla fine ho aperto il mio laboratorio, specializzandomi nella tornitura e nella lavorazione dell’argilla.» Il suo quartier generale si trova a Mestre: nell’ampio spazio troneggiano un tornio, un tavolo da lavoro, vasche, pennelli, spatole, taglierine, barattoli con pigmenti colorati. È qui che dà vita alle collezioni destinate ad alberghi e ristoranti, che affidano al suo gusto l’arte di apparecchiare le loro tavole.
Molte materie prime per gli smalti sono selezionate da Valentina stessa con una ricerca di materiali nuovi e antichi, quali piante autoctone, gusci d’uovo, conchiglie, ossi di seppia, alghe, cenere. Le sue creazioni riprendono i colori della laguna, quali il verde, l’azzurro e il marrone. Sugli scaffali del laboratorio sono esposti i suoi manufatti. Prevalentemente oggetti per la tavola, ciotole, tazze, piatti, teiere. «Lavorare al tornio e modellare con le mie mani ogni singolo oggetto mi dà sempre una grande gioia. Mi piace anche rendere partecipi gli altri di questo antico mestiere e per questo organizzo corsi e laboratori creativi per chi desidera apprendere la lavorazione al tornio, le diverse tecniche della decorazione, l’invetriatura e gli smalti, compresa la cottura in fornace.»
© Dario Garofalo per Venezia su Misura
Recentemente Valentina Stocco ha aperto un laboratorio vicino al ponte di Rialto, in condivisione con l’orafa Sofia Visca, con la quale collabora nella creazione di gioielli a quattro mani. Qui Valentina utilizza altre tecniche quali la ceramica a lastra e a colombino. La sua è un’inesauribile fantasia creativa.
di Alberto Cavalli
La terza edizione di Homo Faber, intitolata “Homo Faber 2024: The Journey of Life”, esplora il rapporto essenziale tra gli esseri umani e il talento artigiano. Dalla nascita al momento dell’ultimo commiato, l’artigianato si intreccia con il tessuto della nostra esistenza, contribuendo a rendere speciali tutti i momenti preziosi e indimenticabili.
DOPPIA PAGINA PRECEDENTE: Lin Flangu guarda all’artigianato tradizionale dalla prospettiva di un’artista contemporanea: vincitrice del Loewe Foundation Craft Prize nel 2021,
la maestra d’arte cinese crea opere con le tecniche tie-dyeing, know-how per tingere i capi caratteristico della comunità femminile Bai nello Yunnan. Foto: tutti i diritti riservati
È questa la visione che anima Hanneli Rupert, Vicepresidente
Esecutiva della Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, l’istituzione che organizza Homo Faber. Una visione al contempo precisa e poetica, che ha portato Hanneli Rupert a scegliere questo tema curatoriale per la terza edizione dell’evento, con il preciso intento di delineare un vero e proprio itinerario espositivo lungo dieci sale tematiche: tra i chiostri, i giardini e gli spazi della Fondazione Giorgio Cini, infatti, si dipana un racconto fittamente intessuto di oggetti e di gesti, di evocazioni suggestive e di sorprese – un viaggio ideale attraverso la vita umana, insomma, per scoprire il segno dell’artigianato sia nei momenti più importanti, sia in quelli più semplici e quotidiani.
Gli artigiani sono animati dalla passione, sostenuti dal talento, vivificati dalla bellezza. E soprattutto, incuriositi dalla vita e dai suoi ineffabili, arcani passaggi, che si possono raccontare
QUI: Il Chiostro dei Cipressi della Fondazione Giorgio Cini rappresenta un mirabile esempio di architettura rinascimentale costruito agli inizi del Cinquecento da Andrea Buora. Foto: Matteo De Fina/Courtesy Fondazione Giorgio Cini
solo per sintesi potenti. Proprio per trasferire in un progetto coerente e sorprendente tutte queste qualità umane e tecniche dei Maestri d’arte, Hanneli Rupert ha affidato la direzione artistica di questa edizione di Homo Faber a Luca Guadagnino, che insieme all’architetto Nicolò Rosmarini ha lavorato proprio come un artigiano avrebbe lavorato su un avorio prezioso, su una pietra rara, su un legno esotico: con un approccio che evoca nova ac vetera, per raccontare un viaggio – quello della vita – che accomuna tutti i sogni e che celebra tutti i destini. Nova: nessuno aveva mai immaginato un percorso così potente e coerente, che si snoda attraverso gli spazi monumentali della Fondazione Giorgio Cini, per raccontare gli oggetti creati con cura, meticolosità e passione da Maestri artigiani di tutto il mondo. Vetera: il suo tributo a Carlo Scarpa, a Venezia, agli artisti che hanno lasciato un segno alla Fondazione Giorgio Cini (Palladio, Veronese, Buora, Longhena, fino a Vietti)
Uno dei ricami d’archivio di Pino Grasso Ricami, eccellenza milanese per l’alta moda, presente all’edizione 2024 di Homo Faber nel Chiostro dei Cipressi con una serie di pannelli decorati sul tema del Gioco dell’Oca. Foto: Tomas Bertelsen per Michelangelo Foundation
Liam Lee, Chair 16 , lana merino infeltrita verde e compensato di pioppo, 2023. Il lavoro dell’artistaartigiano americano si occupa della dissoluzione del confine tra spazio interno e esterno, tra l’oggetto costruito dall’uomo e ciò che costituisce l’ambiente naturale. Foto: tutti i diritti riservati
è stato composto nel segno dello studio e dell’interpretazione autoriale, per evocare una familiarità che è come un’eco, più che una visione.
Organizzato in partnership con la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e con la Fondazione Giorgio Cini; posto sotto il patrocinio dell’UNESCO, del Ministero della Cultura, del Consolato di Svizzera a Milano, della Regione del Veneto e della Città di Venezia; sviluppato in un dialogo serrato con le principali organizzazioni internazionali che si occupano di mestieri d’arte, questa nuova edizione di Homo Faber integra e al contempo supera la visione delle due precedenti. La integra perché Homo Faber è e resta una celebrazione del talento umano, insostituibile anche in un’epoca dominata dalla tecnologia. Ma la supera anche, creando per la prima volta un percorso narrativo articolato e progressivo, e integrando artigiani selezionati in tutto il mondo. Hanneli Rupert ha
infatti voluto mettere in valore il talento di tutti coloro che sanno interpretare i temi del “Viaggio della vita” in maniera originale, ispirata e potente, declinandoli a seconda delle proprie tradizioni: i visitatori entrano quindi in contatto con maestrie, talenti e visioni spesso poco conosciute (perché geograficamente distanti o perché culturalmente poco frequentate), ma che Homo Faber fa dialogare e valorizza grazie all’accostamento tematico. Nascita, Gioco, Celebrazione, Patrimonio, Amore, Natura, Sogno, Viaggi, Dialoghi, Aldilà: temi che ogni persona sente come propri, e che ogni tradizione declina in modo personale. E che proprio per questo diventano parte di un sentire comune, che gli artigiani interpretano con lucida poesia.
Alla profondità e quasi alla sacralità del tema fa da contrappunto la leggerezza dell’ironia del progetto artistico, che si ritrova nelle scelte e negli elementi inventati da Luca
QUI: Nel suo
il vetro borosilicato in modo più scultoreo rispetto alla tecnica tradizionale, ottenendo opere di grandi dimensioni curate nei dettagli.
Foto: tutti i diritti riservati
Guadagnino e da Nicolò Rosmarini; una leggerezza che incrocia simbolici sguardi con la raffinatezza delle finiture da loro calligraficamente scelte, con la ricerca delle unicità, con la valorizzazione di elementi allestitivi che smettono di essere corollari per diventare segni, tramite i quali gli oggetti dei
Maestri artigiani sembrano comporre parole di luce. Come i segni quasi acquei, attraverso i quali Nigel Peake ha riscritto il linguaggio visivo di Homo Faber.
Dai rivestimenti specchiati che moltiplicano il Labirinto Borges ai tessuti iridescenti che dinamizzano il Chiostro dei Cipressi; dai panneggi preziosi delle sale monumentali alla visionarietà novecentesca della Tipografia; dall’onirica sontuosità della
Piscina Gandini alla trasformazione alchemica dell’Ex Scuola Nautica; il percorso di Homo Faber incanta i visitatori una
Foto:
melodia senza parole, come un canto che tutti noi conosciamo a memoria – quello della bellezza che conquista e che potenzia ogni elemento che incrocia.
E Venezia, simbolo per eccellenza di una bellezza fragile e emozionante, accoglie ancora una volta questa celebrazione del talento umano, magnificandola con la sua “serenissima” e secolare lezione: solo ciò che incanta permane, solo ciò che è fatto con amore seduce, solo ciò che ha significato è davvero bello. Come un gesto su misura, che l’artigiano compie non perché costretto, ma perché sa che i momenti più importanti della vita si celebrano così: con la connessione umana che può passare solo dal senso, dalla creazione, da un’energia che è prima pensiero e poi elettricità. Homo Faber, il luogo dove il pensiero (artigiano) diventa bellezza. •
Nella sua interpretazione dei disegni di Nigel Peake, l’artista sudcoreana Heehwa Jo ha voluto ricreare l’atmosfera e l’estetica del suo Paese attraverso alcune delle tecniche più rappresentative, quali il
saek-dong (un motivo composto da strisce in una combinazione armoniosa di colori), che riflette l’armonia dello Yin e dello Yang e i cinque elementi dell’universo.
Foto: Heehwa Jo
Un ambizioso progetto collettivo coinvolge 20 ricamatori indipendenti e atelier provenienti da quattro continenti, offrendo un’opportunità unica per ammirare tecniche e materiali diversi, ispirati al tradizionale Gioco dell’Oca. Questo antico gioco, reinterpretato attraverso l’arte del ricamo, diventa una potente allegoria della vita, unendo simbolismo e creatività in un’opera d’arte globale.
The Journey of Life è lo spunto per un grande progetto collettivo, appositamente commissionato dalla Michelangelo Foundation per Homo Faber 2024, che coinvolge venti ricamatori indipendenti e atelier in quattro continenti. Ispirato al Gioco dell’Oca, questo progetto è una straordinaria occasione per ammirare tecniche esecutive, materiali e interpretazioni che attingono a culture e tradizioni molto diverse tra loro. Al contempo, ci consente di riscoprire la storia di un gioco antico, che siamo abituati ad associare ai bambini, ma che per molti secoli è stato appannaggio degli adulti. Si ipotizza che il suo archetipo sia nato nell’antico Egitto, o che derivi da un gioco cinese, costituito appunto da una serie di caselle numerate disposte a spirale. È però certo che, dopo che nel 1580 Francesco I de’ Medici ne fece dono a Filippo II di Spagna, il Gioco dell’Oca riscosse subito una grande popolarità e si diffuse in tutta Europa.
Si sa che i giochi da tavolo sono da sempre occasioni di socializzazione e di intrattenimento, ma il Gioco dell’Oca ha avuto per molti secoli un significato anche fortemente simbolico. Le caselle raffiguranti l’Oca, infatti, rappresentano
la buona sorte, mentre i “pericoli”, come il Ponte, e il Labirinto, quella avversa. Il gioco diventa così un’allegoria della vita, che deve sottostare all’imprevedibilità del caso rappresentato dai dadi che il giocatore lancia per determinare il numero di caselle sulle quali spostare il suo pedone.
Un’incognita che diventa uno degli elementi costitutivi del progetto stesso, ideato da Nigel Peake, che per Homo Faber 2024 ha curato tutta la veste grafica. «La migliore conversazione è quella in cui non si sa cosa dirà l’altro in risposta», spiega l’architetto e designer. «Analogamente, io non sapevo come ciascun artista avrebbe tradotto i miei disegni: penso che quello che rende un progetto speciale sia proprio questo elemento di imponderabilità».
«I miei disegni» continua Peake, «sono in realtà uno spartito che ciascun artigiano ha interpretato con la propria voce.»
Un grande coro che è un esempio concreto di inclusività: a fianco di nomi illustri quali de Gournay (UK), Pino Grasso Ricami (Italia), Le Bégonia d’Or della Maestra d’arte Sylvie Deschamps (Francia), Paquili (Spagna), troviamo realtà forse meno note ma non meno rilevanti quali Zarif Design
PAGINA ACCANTO: Kyoko Sugiura è esperta in numerose tecniche di ricamo in filo di seta. Tra le sue specialità il crochet de Lunéville, molto utilizzata nell’alta moda. Membro dell’Atelier d’Art de France, l’artista vive e lavora tra Tokyo e Parigi. Foto: Kyoko Création
IN ALTO: Il Labirinto disegnato da Nigel Peake diventa un gioco di colori e contrasti nelle mani dei ricamatori del Kalhath Institute di Lucknow, capitale dello Stato indiano dell’Uttar Pradesh.
Foto: Kalhath Institute
A LATO: Ricamatrici al lavoro negli spazi di Zarif Design, a Kabul, una realtà nata per dare sostegno economico e dignità alle donne, oltre a preservare il patrimonio artistico e artigianale dell’Afghanistan che attinge alla storia millenaria del Paese.
Foto: M. Etemadi
A SINISTRA: La portoghese Dinis Pereira è maestra nel ricamo in feltro tipico della regione di Nisa, nell’alto Alentejo. Nei suoi pannelli sposa la geometricità del disegno di Nigel Peake con i motivi floreali della sua tradizione. Foto: Kitty Oliveira
A DESTRA: Tre pannelli del Gioco dell’Oca sono stati ricamati a Kigali, Rwanda, in un atelier gestito interamente da donne, nell’ambito di un progetto pluridecennale sostenuto dall’impresa sociale belga Kisany.
Foto: Kisany
(Afghanistan), Tilli Tanit (Tunisia), Houria Tazi (Marocco), Uedi di pehni arcoíris in collaborazione con Arte de mi Tierra (Messico), Mapula Embroidery Studio (Sudafrica), Kisany (Rwanda), Kalhath Institute (India). E poi ancora artigiani indipendenti che rappresentano l’evoluzione contemporanea di tradizioni secolari: Heehwa Jo (Corea del Sud), Julia Vysokova (Russia-Canada), Kyoko Sugiura (Giappone), Egla Memaj (Albania), Maral Sheuhmelian (Armenia), Dinis Pereira (Portogallo), Linnea Lyndon (Finlandia-UK), Oxana Chip (Ukraina-Svizzera), Nodir Rasulov (Uzbekistan). Le caselle disegnate da Nigel Peake riprendono l’impianto originale del Gioco dell’Oca, integrato da riferimenti alla città che ospita la manifestazione. «Venezia è un luogo piacevole in cui perdersi,» spiega. «Una calle stretta diventa a volte un canale. Una linea diventa una chiesa, poi un ponte, poi una piazza.» A inframmezzare le tessere di Oche, Ponti e Labirinti
troviamo quindi delle porzioni ingrandite della mappa di Venezia che, a seconda del gusto personale di ciascun ricamatore e ricamatrice, diventano talvolta delle astrazioni grafiche, sempre però riconducibili al gioco stesso. Ecco che le sessanta imponenti tessere ricamate del Gioco dell’Oca che aprono il percorso di Homo Faber 2024, nel Chiostro dei Cipressi, sono sia l’incipit del “Viaggio della vita” che è il fil rouge della manifestazione, sia uno straordinario compendio del ricamo tradizionale e contemporaneo. Un esercizio di stile che talvolta è anche una sfida, nella quale gli artigiani e le artigiane accettano di uscire dalla loro comfort zone per creare una vera e propria prova d’autore, per esprimere non solo la loro individuale maestria, creatività e capacità interpretativa, ma anche la cultura del proprio Paese, la loro storia personale, la loro indole e, ultima ma non meno importante, la loro umanità. •
QUI: L’artista albanese Egla Memaj è specializzata nel ricamo in filo d’oro e d’argento. Ha trovato molto stimolante il significato allegorico del Gioco dell’Oca, che ha interpretato con il suo stile caratterizzato dal punto pieno di grandi dimensioni. Foto: Egla Memaj.
PAGINA SEGUENTE: L’artista Oxana Chip crea spettacolari ricami nei quali abbina il crochet de Lunéville alla pittura acrilica. Foto: Oxana Chio
Nella sala dedicata alla “Celebrazione”, un tripudio di piatti, bicchieri, argenti e altre opere d’arte accolgono il visitatore di Homo Faber 2024. Non prima di essere passati dalla cucina, dove mani artigiane confezionano delizie per gli occhi.
Yuki Nishiyama, Dome, collezione per la tavola in vetro e smalti, 2024. L’artigiana giapponese è diventata un’artista indipendente nel 2010. Le sue opere, nelle quali coesistono delicatezza e vitalità, presentano temi della natura come fiori, animali e paesaggi. Foto: Rumiko Ito
QUI: Davide Furno, Limoni e melograni in libera composizione, cera, 2024. Il Maestro ceroplasta biellese fa rivivere con estremo realismo una tradizione che affonda le radici nel Secolo dei Lumi.
Foto: tutti i diritti riservati
PAGINA ACCANTO:
Pol Polloniato, Capricci contemporanei, terracotta bianca, 2024. Dal 2008 la ceramica contemporanea rappresenta la sua ricerca fondamentale, sviluppata attraverso la rivisitazione delle tecniche artigianali e dall’uso di stampi antichi.
Foto: Alberto Parise
Un tempo le preghiere, le risa e i silenzi dei monaci benedettini che vivevano sull’isola, erano così potenti da chiamare nel 1560 l’architetto più celebrato dell’epoca, Andrea Palladio, per la costruzione di un imponente refettorio nel quale trovò presto posto un dipinto destinato a fama immediata, quelle Nozze di Cana con cui Paolo Veronese raccontò uno degli episodi biblici più conosciuti: Gesù Cristo che tramuta l’acqua in vino. Oggi quella sala bellissima e immensa trasformata da Napoleone in un deposito d’armi, poi in un ricovero per malati e feriti, è il cuore della Fondazione Giorgio Cini, il suo luogo più spettacolare insieme con l’antistante chiostro, altra opera del Palladio, e lo scalone che Baldassare Longhena realizzò a metà del Seicento. Lungo i muri corre una parete di legno, sapiente intervento dell’architetto Michele De Lucchi chiamato a ridare vita allo spazio nei primi anni Duemila, alla parete una copia esatta del dipinto del Veronese, l’originale trafugato ed esposto oggi al Louvre di Parigi. Un rinnovato splendore che è stata scelta ovvia per il team curatoriale di Homo Faber 2024 e per i suoi direttori artistici: nella narrazione del viaggio della vita, non poteva che essere quello il luogo dove celebrarla. Un filo rosso attraversa tutte le culture del pianeta: quando
famiglie e amici si ritrovano per festeggiare un evento felice, ci sono sempre piatti, bicchieri e stoviglie varie, oltre ovviamente a cibo e bevande da condividere. Ed ecco quindi che la sala “Celebrazione” è lo spazio dedicato alle arti della tavola, o meglio sarebbe dire delle tavole, siano esse quelle occidentali preziose e adorne o quelle d’Oriente più essenziali, i tanti colori d’Africa o il bianco scandinavo. In un allestimento perimetrale che è dichiarato omaggio al genio di Carlo Scarpa, Luca Guadagnino e Nicolò Rosmarini hanno immaginato un tavolo di oltre venti metri appoggiato su un tappeto da loro disegnato e tessuto a mano dalle artigiane di Jaipur Rugs, eccellenza indiana di fama internazionale. Su di esso un trionfo di oggetti funzionali e decorativi, porcellane, cristalli e argenti –grande passione del regista di Challengers – ma anche cibi che solo a uno sguardo ravvicinato si rivelano per quello che sono, ovvero creazioni di vetro, carta, cera, ceramica e metallo a simulare frutti e verdure, pasticcini, torte e altre leccornie. Grandi manifatture come Christofle e Bernardaud si uniscono ad artigiani indipendenti o piccole botteghe, in un dialogo a tratti inatteso e sorprendente dove all’apparecchiatura tradizionale si è preferito un approccio più creativo.
A SINISTRA: Kazuki Takizawa, Ruby
Stripe, calice in vetro soffiato, 2023.
Foto: Robert Wedemeyer
A DESTRA: Kazuki Takizawa, Crown
Tail, calice in vetro soffiato, 2023.
Artista affetto da disturbo bipolare,
Kazuki Takizawa usa il vetro come mezzo per esplorare la sua realtà interiore.
Foto: Jordan Trimas
E a questo desco stroboscopico prende ovviamente posto anche tanta Italia: tra i molti nomi c’è il giovane MAMMaestro d’Arte e Mestiere Simone Crestani, virtuoso del vetro di rilievo internazionale, e le celebrate Vetrerie di Empoli, o ancora le argenterie Ganci e Pagliai, che portano avanti il vessillo di due città che hanno storicamente vestito il ruolo di capitali mondiali nella lavorazione del prezioso metallo, rispettivamente Milano e Firenze. Per accedere alla grande sala e poter così soddisfare l’appetito di occhi e cervello, i visitatori dovranno attraversare altri due spazi ricchi di talento e maestria. La scala che conduce al Cenacolo palladiano si trasforma in un giardino incantato grazie agli alberi immaginati dai direttori creativi assieme all’illustratore irlandese Nigel Peake, ideatore dell’intera
identità visiva di Homo Faber 2024, mentre l’ambulacro diventa una cucina immaginaria nella quale trovano posto pentole, padelle e coltelli, ovvero tutto ciò che non si vede su una tavola ma è essenziale per la riuscita di un banchetto. È in questo spazio che incontriamo una serie di artigiani al lavoro il cui savoir-faire è legato al tema principale della sala: coltellinai Maestri nell’arte dell’incisione, decoratori su porcellana e vetro, ma anche artisti della carta e del ricamo capaci di trasformare la materia prima in alimenti di sorprendente realismo.
Situata all’inizio del percorso di Homo Faber 2024, la sala dedicata alla “Celebrazione” mantiene la sua promessa: saziare la curiosità del visitatore, riempirgli gli occhi di incanto e affinarne il gusto. Accomodatevi, la bellezza è servita. •
Simone Crestani, Trionfo, candelabro scultoreo, vetro borosilicato e lavorazione a fiamma, 2024. L’intera collezione a cui appartiene l’opera è un elogio alla tecnica muranese oltre i confini del materiale stesso, alla sua eleganza senza tempo. Foto: tutti i diritti riservati
QUI: Michela Cattai e Andrea Zilio, Botanica Adriatica (dettaglio), vetro soffiato di Murano e lavorato a mano libera, 2023. L’esecuzione del progetto creativo integra forme organiche e naturali e tiene conto della biodiversità del territorio marino dell’alto Adriatico. Foto: Enrico Fiorese
PAGINA ACCANTO: Michael Sherrill, Remnant , scultura in porcellana e bronzo, 2024. L’artista-artigiano vive nelle montagne della Carolina del Nord dal 1974: al centro del suo interesse creativo c’è l’intersezione tra l’uomo e i materiali, sia negli oggetti fatti a mano che nel mondo naturale. Foto: tutti i diritti riservati
di Alberto Cavalli, con la collaborazione di Francesco Rossetti Molendini
A Homo Faber 2024, la sala “Natura” offre un’esplorazione della complessa relazione tra l’umanità e il mondo naturale. Un’esperienza immersiva avvolge i visitatori: qui, artigiani di tutto il mondo mostrano la loro squisita maestria, evidenziando il legame essenziale tra la creatività e il mondo vegetale e animale.
Jaeger LeCoultre, orologio Reverso One Precious Flowers , 2021. Questa inedita versione del Reverso, creato nell’Atelier dei Mestieri Rari, unisce i codici dell’alta orologeria, dell’artigianato artistico e dell’alta gioielleria per portare colore, raffinatezza e glamour alla collezione. L’orologio presenta fiori e foglie smaltati, l’intero sfondo è tempestato di diamanti incastonati a neve: una tecnica impegnativa che richiede circa un’ora per incastonare solo cinque o sei diamanti. Complessivamente, l’incastonatura di questo pezzo ha richiesto un totale di 95 ore.
Foto: Jaeger LeCoultre
«È un tempio la Natura, dove a volte parole / Escono confuse da viventi pilastri; / L’uomo l’attraversa tra foreste di simboli / Che gli lanciano occhiate familiari». Ne Les Fleurs du Mal, Charles Baudelaire indaga le infinite corrispondenze tra l’uomo e ciò che lo circonda, ovvero la natura. E, proprio come accade nella celebre lirica – nella quale entrando in una foresta, il tempio della natura appunto, l’uomo viene coinvolto con tutti i cinque sensi – così è immaginata l’esperienza immersiva nella sala “Natura” di Homo Faber 2024: una natura che coinvolge e che stupisce, uno stupore necessario, capace di portare il visitatore nelle più autentiche affinità con la bellezza. Teatro di questo racconto sono gli spazi dell’ex Tipografia della Fondazione Giorgio Cini che, proprio in occasione di Homo Faber, sono stati oggetto di un restauro ad hoc, contribuendo
quindi alla manutenzione del patrimonio monumentale dell’Isola di San Giorgio. La scelta di celebrare la natura all’interno del “Viaggio della vita”, tema della terza edizione di Homo Faber, è particolarmente significativa. Secondo Aristotele gli uomini hanno una tendenza “naturale” a rappresentare la realtà e a produrre l’esperienza attraverso le parole, i suoni e le immagini: qui, sottolineando che la natura è fonte primaria di ispirazione per creare bellezza, Michelangelo Foundation vuole porre l’accento su un rapporto che arricchisce, e che è arricchito dal “tocco” umano di artefici che plasmano la bellezza con le loro mani: gli artigiani. Artigiani provenienti da tutto il mondo, che dialogano attraverso una selezione curatoriale di pezzi e materiali significativi, con una particolare attenzione all’ambiente e alla sostenibilità. Basti pensare, tra gli altri, all’approccio dei Maestri d’arte giapponesi: il loro radicato rapporto con i simboli della potenza generatrice porta i Tesori Nazionali Viventi ad avere nei confronti della natura un rispetto quasi sacrale. Rispetto per le tecniche di lavorazione, rispetto per i materiali, rispetto dei saperi da tramandare.
Cyryl Zakrzewski, Nexus armchair, seduta in compensato leggero e resistente, 2024. La sedia ha la particolarità di avere solo tre gambe. Proprio come la relazione simbiotica tra le radici degli alberi e i funghi in natura, questa collezione rappresenta una collaborazione tra design artistico, tecnologia di modellazione 3D e abilità artigianale. Foto: tutti i diritti riservati
A SINISTRA: Bibi Smit, Maru Morii VIII, scultura in vetro. L’opera incarna il piacere nell’osservare un petalo di tulipano cadere, fermo e silenzioso, sul tavolo. Ogni pezzo è unico e modellato in un movimento controllato.
Foto: tutti i diritti riservati
A DESTRA: Marcia Morse Mullins, Interplay, intreccio di cesti, rovere bianco e frassino nero, 2024.
L’artigiano vive e lavora in Florida e si è specializzato nella realizzazione di cesti a stecche con elementi naturali.
Foto: Marcia Morse Mullins
ACCANTO: Cartier, bozzetto, modello e realizzazione di un bracciale con l’iconica Panthère : dal beauty case di Jeanne Toussaint a simbolo maestoso della Maison d’alta gioielleria. A Homo Faber sono visibili alcune dimostrazioni live da parte degli artigiani di Cartier.
Foto: Hugo Julliot © Cartier
L’esperienza del visitatore in questa sala è al contempo personale e inclusiva: personale perché ognuno di noi ha un proprio modo di confrontarsi e percepire la natura, inclusiva perché la natura è ovunque percepita come madre, «madre dolcissima» come ci ricorda Giovanni Pascoli. Una bellezza fragile e potente al tempo stesso, quella delle opere di alto artigianato qui esposte.
La sala, oltre a un’attenta selezione di pezzi artigianali (tra cui un magnifico tavolo onirico, proveniente dalle collezioni del Mobilier National), ospita anche delle speciali installazioni di Cartier e Jaeger-LeCoultre: entrambe le Maison fondano la loro creatività sulla relazione con la natura. Cartier, in esclusiva per la kermesse veneziana, presenta una nuova collezione di gioielli ispirata al mondo animale. Non manca l’esposizione di alcuni pezzi iconici, che hanno reso celebre il rapporto tra la Maison parigina e la natura. Quattro postazioni permettono ai
visitatori di apprezzare de visu il savoir-faire prezioso di Cartier: dalla glittica all’oreficeria, dal disegno alla gioielleria.
Jaeger-LeCoultre racconta una natura che fa parte del DNA stesso del brand: un esempio, tra tutti, la sua sede nella Vallée de Joux, centro mondiale dell’alta orologeria, ma soprattutto valle incontaminata che è fonte di ispirazione per le collezioni che qui vedono la luce. Anche in questo caso di grande interesse e curiosità sono le dimostrazioni dal vivo di smaltatura, e delle altre operazioni artigianali legate all’alta orologeria. Un’inedita versione dell’iconico Reverso, ispirata all’arte, a Venezia e ai suoi paesaggi naturali, è testimone di una maestria artigianale al massimo della creatività. Sentimenti «...che cantano i trasporti dello spirito e dei sensi», conclude Baudelaire, quasi a sottolineare l’intenso pathos che la natura instilla nell’essere umano, protagonista attivo di una bellezza dirompente. Come le opere che questa sala propone. •
Valentine Huygues Despointes, Wreck desk, 2023. Artigiana del cuoio diventata scultrice, racconta storie ispirate alla natura, alle piante, agli animali. Alla seconda edizione di “Les Aliénés” del Mobilier National, ha presentato questa scrivania interamente ricoperta da un ecosistema corallino in pelle. Foto: Laurene Bouaziz
Lino Tagliapietra, vasi Red Passion, vetro soffiato, 2024. I suoi pezzi unici sono presenti in alcuni dei più prestigiosi musei di tutto il mondo, oltre che in numerose gallerie e collezioni private. Il Maestro, considerato il più autorevole nel mondo del vetro contemporaneo, si divide tra Murano e Seattle. Foto: Francesco Allegretto
di Caroline Bishop
Tra i temi esplorati da Homo Faber 2024 c’è anche l’amore, a cui la mostra riserva due sale dedicate al corteggiamento e all’unione. Sentimento universale, l’amore in tutte le sue espressioni offre al talento artigiano una fonte d’ispirazione inesauribile per creare oggetti simbolici e significativi che attraversano culture e tradizioni diverse.
Van Cleef & Arpels, automa Fée Ondine: primo Objet Extraordinaire della Maison, è il frutto della collaborazione con il costruttore di automi François Junod, insieme a numerosi artigiani coinvolti nel progetto. Foto: Van Cleef & Arpels
I vasi che evocano fertilità e unione, il bouquet di anniversario composto con i fiori preferiti della persona a cui è destinato, il copricapo da sposa ricamato che passa da nonna a nipote... Quando si tratta di questioni di cuore, l’arte manuale svolge un ruolo essenziale, dando espressione a una profondità di sentimenti che non sempre siamo in grado di tradurre in parole. È questo il concetto su cui si fonda lo spazio espositivo intitolato “Amore” all’interno di Homo Faber 2024: The Journey of Life, in programma a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini, dal 1° al 30 settembre. Obiettivo della mostra, affidata alla direzione artistica di Luca Guadagnino e Nicolò Rosmarini, è dimostrare come l’artigianato si intrecci con il tessuto della nostra esistenza. E l’amore, che sia romantico o familiare, tra amici o addirittura tra colleghi che lavorano a stretto contatto condividendo la passione per quello che fanno, è senza dubbio una componente inestricabile dell’esperienza umana. Il rapporto tra i mestieri d’arte e questa potente
emozione trova espressione in due sale collegate che celebrano le usanze, i pegni e i simboli legati al romanticismo, all’amore e all’impegno nelle diverse culture. «L’amore è un’emozione umana fondamentale, eppure non è sempre facile da esternare,» ha dichiarato Alberto Cavalli, direttore esecutivo di Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, che organizza Homo Faber 2024. «È inevitabile, quindi, che andiamo alla ricerca di oggetti fisici – oggetti creati con cura e pieni di significato – per esprimere quello che non riusciamo a dire.» I visitatori che entrano nella prima delle due sale, dedicata al corteggiamento, si trovano dentro un “giardino della seduzione”, animato da fiori creati con una moltitudine di materiali diversi da Maestri artigiani di tutto il mondo. Tra le opere più originali e creative in esposizione, una complessa scultura in vetro lavorato a lume, raffigurante delle api che ronzano sui fiori, del celebre lampworker italiano Simone Crestani, i variopinti fiori di piume dell’atelier francese
Simone Crestani, Riverenza, calice scultoreo, vetro borosilicato e lavorazione a fiamma, 2024. In quest’opera, il Maestro combina la riscoperta di antiche tecniche tradizionali veneziane della decorazione del vetro trasparente con il proprio processo creativo. Foto: tutti i diritti riservati
Prune Faux e le piante di mora in carta crespa create dall’artista danese Signe Elisabeth Scharling. Diversi pezzi simboleggiano l’amore e il rispetto tra artigiani che lavorano insieme, come i fiori in feltro del duo olandese di scultori di tessuti Nicole Driessens e Ivo van den Baar e l’opera fantasiosa di due artigiani francesi, la creatrice di macramé Laurentine Périlhou e il soffiatore di vetro Thibaut Nussbaumer, che hanno deciso di collaborare appositamente per Homo Faber 2024. Infine, Van Cleef & Arpels presenterà gli iconici gioielli floreali che fanno parte del patrimonio storico della Maison. Spostandosi nella sala successiva, che racchiude l’idea di unione, i visitatori incontreranno uno spazio spettacolare illuminato da svariati lampadari: un’installazione creata –in linea con il tema – da un duo di artisti-designer, Eugenio Rossi e Yaazd Contractor di The Black Studio, e sponsorizzata da Panerai. Immersi nel suo bagliore, squisiti oggetti che esprimono, dal simbolico al letterale, l’amore e l’impegno.
Gli sgabelli in legno a forma di cuore del designer sloveno Oskar Kogoj accostati a una lettera d’amore decorata della ricamatrice britannica Rosalind Wyatt, e un cuore ornamentale scolpito in plastica riciclata e ricoperto da ricami in seta dell’artista marocchina Ghizlane Sahli.
Accanto alle opere di questi artigiani indipendenti, alcune prestigiose Maison presentano oggetti di ispirazione romantica, mostrando il savoir-faire necessario per realizzarli. Gli orologiai di Vacheron Constantin rivelano le tecniche impiegate per creare raffinati segnatempo, imitati dai Maestri restauratori del Museo del Louvre che dimostrano come gli oggetti preziosi possano accompagnarci per secoli. Gli orafi di Buccellati presentano anelli su misura concepiti appositamente per Homo Faber 2024. Gli artigiani di Van Cleef & Arpels illustrano le abilità che confluiscono nella collezione di gioielli Les Inséparables/Lovebirds, insieme con lo straordinario automa Fée Ondine, raffigurante una fata di pietre preziose seduta su
una foglia di ninfea, realizzato in collaborazione con il Maestro francese d’arte meccanica François Junod. Mentre Serapian espone un baule vintage milanese come esempio della sua esclusiva tecnica di lavorazione della pelle, il “Mosaico”. I visitatori possono anche arrotolarsi le maniche e cimentarsi nella realizzazione di una decorazione in perline sotto la guida dei Maestri del laboratorio di ricami le19M di Chanel Lesage. Nel complesso, si tratta un’esplorazione dell’amore attraverso le culture, i Paesi e gli oggetti di artigianato che dimostra quanta importanza attribuiamo a questa emozione vitale e come i mestieri d’arte ci diano la capacità di esprimerla attraverso simboli, colori e motivi, che si tratti di un vaso di vetro rosa o di una decorazione da parete ricamata raffigurante due colombe che tubano. «L’amore è universale,» conclude Cavalli. «L’attenzione e la cura che gli artigiani mettono nel realizzare a mano i loro oggetti trasmette un significato in grado di attraversare i linguaggi e le culture.» •
Constantin e il Louvre: una partnership artistica e culturale che rappresenta l’impegno volto a conservare il patrimonio del passato. Per Homo Faber, Vacheron Constantin rende omaggio ai Métiers d’Art e invita i talentuosi artigiani del Louvre a presentare una loro creazione a Venezia. Foto: Courtesy Le Louvre©tutti i diritti riservati
QUI: Alla Dante Negro ogni aspetto progettuale viene curato prima di procedere alla sua concretizzazione: scelta dei materiali, studio e dimensioni dei vari componenti, tipologie di lavorazione.
PAGINA ACCANTO: Dante
Negro, Dolmen, design Margherita Rui, collezione Blending Habitats
Dolmen nasce dall’idea di reinterpretare il gazebo
elevandolo da prodotto a luogo, creando una nuova dimensione domestica, dove paesaggio, architettura e persona entrano in simbiosi.
Dante Negro è un nome che risuona nel mondo dell'artigianato italiano, sinonimo di talento, dedizione e creatività. Una passione che forgia una brillante carriera e che oggi lascia un segno nel mondo del design internazionale con creazioni uniche che esprimono la versatilità del ferro battuto in dialogo con la natura.
arricchisce il progetto grazie a tecnologie altamente sofisticate di cui si serve nel proprio laboratorio.
Una bella storia italiana, che parla di talento, impegno, estro creativo. È quella di Dante Negro, Maestro artigiano, che a 12 anni diventa forgiatore, a Mogliano Veneto, nella fucina di Toni Benetton, un artista nell’arte della lavorazione del ferro.
Da lui Dante apprende i segreti del mestiere, destreggiandosi tra pinze, trapani, frese, torni da ferro, saldatrici. Lavora duro in fucina per alcuni anni finché nel 1964 decide di aprire la propria bottega nel paese natale, a Biban di Carbonera, e inizia il suo percorso personale, sperimentando e modellando il metallo, creando arredi da interno e da giardino quali tavoli, sedie, panche, letti, anche su misura. Abilissimo anche nell’arte del restauro, ben presto inizia ad avere una nutrita clientela. Molte delle sue creazioni traggono ispirazione dalle forme della natura: non solo riccioli ed elaborati decori, ma anche linee essenziali, decisamente innovative, sia in ferro forgiato che in acciaio inox. Nasce la prima linea di complementi d’arredo da giardino che attira l’attenzione degli architetti e decreta il suo successo.
Da allora non si contano i progetti realizzati prima con l’aiuto di un paio di artigiani, poi con una vera e propria équipe, fino
all’ingresso in bottega del figlio Elia, che dal padre ha ereditato la passione per questo antico mestiere.
Ci racconta Elia: «Anch’io sono entrato a bottega giovanissimo, animato dallo stesso amore per questo lavoro. Grazie agli insegnamenti di mio padre e alla pratica del mestiere, oggi sono in grado di raccogliere con orgoglio il suo testimone. Abbiamo un vasto archivio, arricchito in oltre 60 anni di attività. Inoltre, grazie alla recente collaborazione con la designer Margherita Rui, che nel 2021 ha assunto la direzione creativa del marchio, abbiamo ideato nuove linee che sono andate ad aggiungersi ai nostri pezzi storici.» Continua Elia Negro: «In questi ultimi anni l’azienda è stata trasformata in un marchio di design dal respiro internazionale: abbiamo molti clienti che vengono dall’estero perché apprezzano le nostre lavorazioni, la cura dei dettagli e la storia dell’artigianato italiano. Il nostro obiettivo principale è una produzione di arredi e strutture architettoniche di alto livello. Per questo abbiamo anche ampliato la rete di artigiani con cui collaboriamo, per creare un esteso distretto produttivo che vanta esperienze nella lavorazione sia del vetro, che del legno e del
del gesto artigianale, dove il tocco umano dà forma a superfici uniche, dalle texture irregolari e irripetibili.
marmo. Tutti i laboratori producono materiali di alta qualità e si trovano a poca distanza dalla nostra azienda.»
Ci racconta la designer Margherita Rui che, in veste di direttore creativo, ha collaborato alla ideazione delle ultime collezioni: «Oltre alla collezione Heritage, che propone i modelli tradizionali sempre attuali, abbiamo progettato anche la linea Blending Habitats, che unisce alla lavorazione del ferro e dei metalli anche altri materiali per costruire arredi innovativi, per tutti gli ambienti della casa e del giardino. Noi proponiamo anche il su misura, Bespoke, che offre ai clienti delle soluzioni personalizzate con la consulenza del nostro staff.»
Dante Negro segue ogni commessa dalla proposta alla presa delle misure, dalla realizzazione al montaggio, dalle finiture al collaudo.
Di grande impatto visivo la collezione Bambusae disegnata da Zanellato Bortotto che ricorda il fusto snello e lineare dei bambù: una volta forgiate, queste sottili aste di ferro sono utilizzate per costruire strutture e coperture leggere per esterni, oppure tavoli e sedute. Disegnata dal duo di giovani designer
anche la linea Corda che, grazie a nodi sinuosi che interrompono le linee dei braccioli, incorniciano i sostegni dei gazebi, o, ancora, sostengono i ripiani dei tavoli, sembrano realizzati non con il ferro battuto ma con delle vere e proprie funi di corda. Tra i più recenti complementi di arredo sprigionati dalla creatività di questi Maestri della forgia, coordinati dalla designer, ci sono anche le collezioni Dolmen e Type di Stormo che, grazie alle linee essenziali, ricordano mondi primordiali. La collezione Dolmen di Margherita Rui è stata selezionata per arredare la Compagnia della Vela dell’Isola di San Giorgio, che in occasione della terza edizione di Homo Faber è trasformata in un ristorante, animato dallo Chef Salvatore Sodano. Dante Negro è presente a Homo Faber anche nel bellissimo giardino della Fondazione Giorgio Cini: per questo spazio i due direttori creativi Luca Guadagnino e Nicolò Rosmarini hanno selezionato le sedute Acanta, Begentle, Checkmate, i divani e le poltrone Nottambula e i coffee table Tavolario, tutti pezzi appartenenti alla collezione The Past Is Not Gone (collezione Heritage). I tessuti per i preziosi cuscini sono stati realizzati da Fortuny. •
Dante Negro, tavolo Tavolario e sedie
Checkmate, collezione
The Past Is Not Gone Elia Negro, ora a capo dell’azienda dopo il padre Dante, ha creato negli anni un vero e proprio distretto produttivo capace di rispondere a qualsiasi esigenza e sfida progettuale.
Homo Faber 2024 pone l’accento sull’importanza della trasmissione delle competenze e delle abilità, creando una rete di connessioni umane basata su un profondo scambio di conoscenze.
Progetti innovativi come la “Homo Faber Fellowship” dimostrano quanto il futuro dell’artigianato artistico sia indissolubilmente legato alla sinergia tra creatività e manualità.
Il futuro della bellezza è nelle mani dell’estro, dell’ingegno e del savoir-faire di una catena umana unita da un elemento potentissimo: il dialogo. Un dialogo profondo, coraggioso, basato sulla trasmissione dei mestieri e delle abilità.
Homo Faber 2024, giunto alla sua terza edizione, riprende il filo di un discorso mai interrotto sulla sinergia tra progettualità e manualità e pone al centro dell’attenzione il sostegno alla trama sempre più fitta di “incontri ravvicinati” tra Maestri e apprendisti, artigiani e artisti, artigiani e designer, artigiani e scienziati. Nell’ottica di un futuro sostenibile e sostenuto dal talento umano, da relazioni e interazioni profonde, l’abbattimento di determinate barriere artistiche e culturali diventa un’esigenza, una sorta di “traguardo di partenza” per un viaggio all’insegna della collaborazione e delle relazioni positive, indispensabili all’evoluzione del linguaggio creativo. Progettisti, artigiani, Maestri e allievi, sono sempre più interconnessi e uniti dal fervido intento comune di trasformare la materia in oggetti co-creati che raccontino la vita e che lascino il segno. Da questa visione nasce “Homo Faber Fellowship”: un programma internazionale di formazione professionale, articolato su sette mesi, ideato dalla Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship e ispirato dal programma “Una Scuola, un Lavoro. Percorsi di Eccellenza” della Fondazione Cologni (tra i partner di Homo Faber), che si rivolge a coppie di Maestri e giovani artigiani neodiplomati.
di Anna Carmen Lo Calzo
dal
La prima edizione, che si è conclusa in aprile, ha coinvolto con successo 20 coppie. Una seconda edizione verrà lanciata quest’anno e terminerà nel 2025.
Nell’ambito di Homo Faber 2024, la direzione artistica di Luca Guadagnino e dell’architetto Nicolò Rosmarini ha dedicato al tema del dialogo dei saperi (fortemente sostenuto dalla vicepresidente di Michelangelo Foundation, Hanneli Rupert) l’ex Scuola Nautica della Fondazione Giorgio Cini: il progetto riproduce un ambiente nel quale i protagonisti sono il design internazionale, l’alto artigianato contemporaneo e la manualità d’eccellenza che viene raccontata attraverso oggetti co-firmati e suggestive dimostrazioni dal vivo.
La presenza di quattro grandi Maison come Montblanc, IWC, Piaget e Santoni (che, per l’occasione, offrono al pubblico l’esperienza immersiva e coinvolgente del contatto diretto con i loro artigiani al lavoro), consolida il messaggio di sostegno al valore della conservazione, della collaborazione e della trasmissione: dal disegno, dall’oreficeria, all’alta orologeria, ai mestieri della calzatura, le quattro Maison si raccontano. Piaget offre al visitatore un contatto ravvicinato con l’oreficeria. Il know-how è al centro della produzione
della Maison svizzera che sostiene la cultura dell’artigianato per preservare e perpetuare la competenza in tutti gli aspetti della creazione di orologi e gioielli di lusso.
IWC, antica manifattura svizzera di alta orologeria conosciuta per la produzione di segnatempo che combinano ingegneria di precisione con un design esclusivo, espone una riproduzione del Perpetual Studio, presentato di recente al “Watches & Wonders” di Ginevra: un dialogo fertile tra orologeria e scienza.
Santoni, custode del valore della trasmissione attraverso la sua Academy, mette in risalto i mestieri della calzatura, come formatura e velatura, offrendo al pubblico la visione esclusiva di un banco da lavoro per le fasi della cucitura e della colorazione a mano.
Montblanc valorizza il dialogo tra il disegno, lo schizzo, la riproduzione della realtà, e il ricamo su pelle: mestieri diversi accomunati da valori comuni.
A celebrare l’eccellenza d’oltralpe sono presenti anche tredici drinking sets di J. & L. Lobmeyr di Vienna, storica protagonista della produzione vetraria austro-boema, che da cento anni supporta la collaborazione tra designer
e artigiani, realizzando oggetti di estrema raffinatezza. Homo Faber Fellowship dialoga anche con “Doppia Firma”, il progetto ideato da Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e Living – Corriere della Sera, che ha dato vita a sodalizi creativi e inconsueti tra designer europei e Maestri d’arte italiani. Sodalizi rappresentati da una selezione di oggetti creati appunto per Doppia Firma, all’insegna del dialogo. Come nel caso di alcuni vasi di Venini, firmati da grandi designer, qui esposti per celebrare l’incontro tra cultura del design ed eccellenza artigiana. La visita del progetto espositivo nell’ex Scuola Nautica rappresenta un’esperienza coinvolgente e immersiva con uomo e gesto al centro. Si compie un viaggio attraverso la ricerca dell’unicità, della perfezione e del dettaglio che fa la differenza; mani e menti parlano la stessa lingua raggiungendo l’apice della meraviglia. Ma il viaggio porta anche a scoprire le numerose iniziative mirate a sostenere la trasmissione dei saperi e a investire su giovani motivati, sul passaggio inevitabile e prezioso di consegne tra i Maestri di oggi e di domani. Tutto ciò confluisce in un’unica esperienza creativa dal grande valore umano e ricca di opportunità straordinarie. •
ACCANTO: Mike Byrne e Noel Donnellan, Coire, vaso scultoreo in ceramica, 2024. Indagando i confini del design, della funzione e dell’arte, la ceramica diventa storia sociale, legata al cibo, alla vita e alla morte. Foto: Noel Donnellan
QUI: Argenterie Ganci e Studio Job, Moonlander, teiera in argento, 2024. L’opera nasce dalla similitudine nelle forme tra il samovar/bollitore d’argento e la navicella spaziale, ed è stata creata ad hoc in occasione di Doppia Firma 2024, Salone del Mobile, Milano. Foto: Laila Pozzo per Doppia Firma 2024
Giannis Zois e Shokhrukh Rakhimow, Art Deco Totem/Flora & Fauna, totem in ceramica, 2024. Nel suo studio ad Atene, Giannis Zois ha un approccio creativo all’argilla istintivo. Foto: Giorgios Vitsaropoulos
Testo e fotografie di Susanna Pozzoli
Nella splendida cornice di Venezia, Murano e Burano, si svolge la seconda edizione di “Homo Faber in Città”, un'iniziativa che celebra l'eccellenza dell'artigianato locale. Dal 1° al 30 settembre, i visitatori possono esplorare le botteghe, i laboratori e le fornaci che animano questi centri storici, incontrando personalmente i Maestri artigiani. Un viaggio alla scoperta dei custodi di un patrimonio culturale inestimabile e del loro prezioso savoir-faire.
In occasione di “Homo Faber: The Journey of Life”, i centri storici della città di Venezia, Murano e Burano sono animati dalla seconda edizione di “Homo Faber in Città”.
Lo scorso autunno, Michelangelo Foundation e Fondazione Cologni, partner del progetto, hanno diffuso un invito a partecipare aperto a tutte le botteghe di artigianato d’arte che operano nel territorio.
Per questa edizione si è scelto di proporre ai visitatori esclusivamente botteghe, laboratori e fornaci attivi: oltre a criteri di eccellenza artigiana e professionalità, sono state fatte alcune richieste specifiche, come avere una bottega abbastanza grande per ospitare più visitatori, o dare la propria disponibilità per tutto il mese di settembre, in orari di apertura al pubblico senza prenotazione. Per assicurare il coordinamento e la promozione delle botteghe un apposito comitato ha selezionato una lista di settanta tra le numerose candidature ricevute: un campione non esaustivo ma certo significativo del savoir-faire veneziano.
“Homo Faber in Città” è un invito alla scoperta e all’incontro personale tra il pubblico e i Maestri artigiani, donne e uomini impegnati nella creazione e nella trasmissione dei saperi.
Tra calli e campi, immersi nella bellezza unica e sempre sorprendente di una città senza pari, il visitatore può scoprire la varietà di botteghe tramandate di generazione in generazione o di nuova apertura. Può confrontarsi con Maestri di età e formazione differenti e vederli al lavoro, mentre danno forma a manufatti di grande bellezza.
Dal 1° al 30 settembre le botteghe partecipanti mostrano una riconoscibile vetrofania e l’apposita App di Homo Faber Guide (www.homofaber.com) segnala giorno per giorno ai visitatori le disponibilità di orari per visitare gratuitamente le botteghe e incontrare gli artigiani. Una mappa interattiva permette di identificare le attività più vicine per creare itinerari geografici, uscendo dai sentieri tracciati del turismo in città.
Con la loro preziosa partecipazione, CNA, Confartigianato Venezia e Consorzio Promovetro Murano hanno contribuito alla preparazione di questa edizione. Il progetto gode inoltre del sostegno di Cartier, mecenate attento alla realtà artigiana d’eccellenza, attivo nel sostenere la trasmissione e la vitalità del savoir-faire. Oltre al programma principale, a Venezia si svolgono iniziative speciali: ogni mercoledì il Fondaco dei Tedeschi dedica una serata esperienziale di incontro e scoperta
del mondo artigiano; mentre Splendid Venice – Starhotels Collezione presenta la mostra “L’Italia nel cuore” con “In alto i cuori”, progetto artistico in ceramica di Studio Elica. Percorrendo i nomi dei settanta partecipanti troviamo mestieri legati al territorio, storici e di grande valore culturale, come la lavorazione del vetro di Murano in fornace rappresentata sia da imprese antiche che da realtà più recenti, piccole e indipendenti. L’arte della perla a lume, interpretata con grande libertà da ognuno dei Maestri e dai numerosi giovani artigiani di talento, è ampiamente rappresentata; mentre a Burano la grande tradizione del merletto è mostrata in vetrina, insieme ai pezzi contemporanei creati dalle merlettaie al lavoro. La fornace Orsoni 1888 apre per l’occasione le sue porte mostrando come si creano le tessere da mosaico e da Mosaic Studio scopriamo come si crea un pezzo contemporaneo con l’antica tecnica della Scuola di Spilimbergo. A Burano, Antonio Dei Rossi ci accoglie nel suo suggestivo universo, dove realizza murrine figurate. Non mancano lavorazioni del vetro di grande importanza, come la molatura e la vetrofusione. Una bella selezione di impiraresse, uomini e donne, rende omaggio ai mille modi di creare gioielli e oggetti a partire dalle storiche perle di conteria
PAGINA ACCANTO: (dall’alto in senso orario): Anna Campagnari, dal 2009, realizza bandiere e gonfaloni della Repubblica di Venezia assegnati come premi delle regate; la paper artist Sofia Sarria crea maschere in cartapesta nel suo Atelier Volante. Vittorio Costantini, maestro del vetro a lume, indaga e ricrea in vetro l’anatomia degli animali; Riccardo Todesco, nel suo laboratorio Amurianas Vitrum di Murano, specializzato nel campo del vetro artistico.
QUI: Simona Iacovazzi, maestra del gioiello, fa rivivere l’alchimia dei bijoux in vetro nella sua bottega Perlamadre Design, fondata nel 2012.
e perle a lume. L’arte del libro, della stampa a caratteri mobili, della serigrafia e dell’incisione sono ben rappresentate da una selezione di botteghe che creano, restaurano, insegnano le diverse tecniche o realizzano opere in carta di varia natura. Il restauro, così importante e multiforme, fondamentale per la salvaguardia dell’incalcolabile patrimonio artistico presente a Venezia, è nelle mani di artigiani di talento. Il centro di restauro Uni.S.Ve, luogo d’eccezione che raccoglie differenti pratiche di restauro, facendosi carico della formazione e della continuità dei saperi, è aperto per l’occasione al pubblico. A Venezia non potevano mancare costumi per il teatro, per il carnevale e maschere in cartapesta, realizzate da artigiani che perpetuano la tradizione aggiungendo il proprio estro personale. Anche la ceramica è ben rappresentata, con un gruppo di ceramiste diverse sia nello stile sia nelle tecniche di lavorazione. Troviamo inoltre due liutai; artigiani specializzati
nella creazione di forcole e remi a regola d’arte; Maestri che primeggiano nel lavoro di intaglio del legno, nella sartoria maschile e nella creazione di scarpe fatte a mano su misura, di bandiere e stendardi dipinti a mano per le regate.
Tra le giovani promesse si avverte il desiderio di produrre ripensando agli oggetti e al loro uso ponendo grande attenzione al processo creativo nello sforzo di ridurre al minimo l’utilizzo di materie prime e gli sprechi. Con cuoio, cera e ottone, con scarti di vetro di Murano, molti di loro si cimentano nel difficile compito di creare il bello con crescente consapevolezza e rispetto per l’ambiente.
Tutti questi luoghi sono preziose eccezioni al ritmo della vita contemporanea e ci regalano un’occasione unica per stimolare la nostra curiosità. Sono isole di pace e di lavoro nella frenesia di una Venezia sempre più soffocata da un turismo che corre tra le calli, ma non assapora la felicità della scoperta. •
IN ALTO: Lara Perbellini, nella sua sartoria su misura, realizza abiti con materiali rigorosamente naturali e di altissima qualità: canape, crine di cavallo, lana 100%, bottoni in corozo, corno o madreperla.
A LATO: A sinistra, la ceramista Valentina Stocco (VS Ceramics), a destra Sofia Visca (Ramingo Jewels), creatrice di gioielli con la tecnica della cera persa. Entrambe si ispirano a forme e materie della laguna. Le loro creazioni si incontrano in una bottega a due passi da Santa Maria Formosa.
di Jean Blanchaert
La secolare tradizione dell’arte vetraria trova una delle sue massime espressioni a Venezia, dove la storia, la cultura e la creatività si intrecciano per dare vita a capolavori unici. Homo Faber e Homo Faber in Città celebrano l’arte del vetro non solo per la sua bellezza estetica ma anche per l’innovazione e la maestria tecnica che rappresenta.
Quell’ottocentesco nipote di rabbini tedeschi diventato abbastanza celebre per alcune sue idee che hanno capovolto il mondo e per aver coniato uno slogan degno del più creativo dei copywriter, se fosse stato vivo oggi avrebbe potuto dire: «Artigiani e artisti del vetro di tutto il mondo, unitevi!» Per una fortunata combinazione astrale e per la volontà di alcuni, il mese di settembre 2024 dell’era corrente rimarrà nella memoria di tutti gli interessati perché nella città che non è vera ma è un sogno, si sono riuniti, provenienti dai quattro punti cardinali, quasi fossero calamitati, i più eccellenti artefici di quella materia che, anche soltanto per essere guardata, dev’essere prima creata.
Negli anni Venti, Paolo Venini era intento a inventare, da quel grande visionario fattivo che era, un nuovo modo di concepire l’arte del vetro, mettendo in contatto le tecniche millenarie ancora in possesso dei Maestri vetrai, con le nuove idee, proposte da artisti estasiati nel constatare che quanto immaginavano poteva tradursi in ossido di silicio, cioè in vetro. Le nuove idee erano quelle di un’arte che aveva già visto il Cubismo. La Rivoluzione era già stata fatta e per proporre i pensieri, i nuovi pensieri ai Maestri vetrai. Il più delle volte non ci voleva molto: bastava accennare l’idea con un gesso
Antonio Dei Rossi, murrina figurativa con testa di leone, a sinistra, e con testa e piume di pavone, a destra.
Il Maestro, a lato nella
sua bottega di Burano, è oggi l’ultimo artefice della murrina figurativa. Tutte le foto: Courtesy Antonio Dei Rossi
bianco su un tavolino di ferro nero adiacente allo scanno (la postazione dove il Maestro è seduto) e questi partiva entusiasta di poter mettere le proprie competenze finalmente al servizio di qualcosa di inedito. I grandi Maestri vetrai del Novecento erano consapevoli di essere il braccio armato di una rivoluzione estetica che stava cambiando il modo di vedere le cose. Anche per i Maestri di oggi è così. Espressa o non espressa verbalmente, si tratta di una sensazione elettrizzante: sappiamo creare i nuovi concetti plastici. Senza di noi, maestranze del vetro, questa rivoluzione etico-estetica non potrebbe realizzarsi. A parte le capacità tecniche in assenza delle quali non si va da nessuna parte, fra maestranze e artisti c’è un’altra componente imprescindibile. L’attitudine di trasmettere, suggerire, proporre, percepire immagini, idee, forme, senza parlare, così, semplicemente capendosi al volo. La grande protagonista del mondo del vetro, quell’attitudine magica che si instaura fra artista e Maestro, spesso non trova le parole per essere detta, spiegata. Nel clangore della fornace, dove sembra di essere nella omerica fucina di Efesto, nel secondo libro dell’Iliade, duemilasettecento anni fa, la grande coreografa della
danza, dell’intesa fra artista, Maestro, aiuto Maestro, servente, serventino, garzone e garzonetto è un’inconsapevole qualità paranormale esercitata tutti i giorni e per questo così efficace: si chiama telepatia, l’arma segreta della fornace. Mentre le prime due edizioni di Homo Faber (2018 e 2022) avevano focalizzato la loro ricerca sull’Europa, questa terza edizione che si svolge nel mese di settembre 2024, sempre alla Fondazione Giorgio Cini sull’isola di San Giorgio, a Venezia, si occupa delle eccellenze mondiali nel campo di tutti gli artigianati. Tema portante The Journey of Life, ed è a cura di Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship con la direzione artistica di Luca Guadagnino e Nicolò Rosmarini. Anche quest’anno, in concomitanza con Homo Faber, ha luogo Homo Faber in Città, iniziativa che permette ai visitatori di conoscere Venezia e le isole di Murano e Burano attraverso le loro botteghe e di osservare da vicino il lavoro degli artigiani. Una vetrina che valorizza i mestieri, ma soprattutto i Maestri, e che si inserisce naturalmente nel panorama veneziano, così profondamente segnato dall’arte e dall’artigianato di qualità. Nel campo del vetro sono segnalati artigiani e artigiani-artisti
di grande qualità. Tra questi Emanuel Toffolo, da ormai vent’anni autentico scultore-entomologo, lavora il vetro a lume ispirato anche dal grande Maestro Vittorio Costantini, anch’egli nell’itinerario, messo a punto e coordinato da Susanna Pozzoli con Fondazione Cologni; Alessandro Boscolo e Alessia Fuga sono un esempio di giovani eccellenti in quest’arte ardua e antica; Mauro Vianello propone il mondo dei mari con i suoi acquari; Moulaye Niang lavora perle ispirandosi ai colori della sua Africa; Matteo Tagliapietra da anni è primo Maestro della vetreria Gambaro & Tagliapietra; Nason Moretti propone bicchieri dai colori strepitosi; Simone Cenedese, sulle orme del padre Giovanni, è ormai un gran nome anche a livello internazionale; Roberto Beltrami, da Wave lavora con molti apprendisti stranieri e usa forni americani di alta sostenibilità; i Fratelli Panizzi sono eccelsi nella molatura a freddo; Alessandra Di Gennaro e Romuald Mesdagh sono eccellenti mosaicisti della storica Scuola di Spilimbergo; Muriel Balensi, nel suo atelier a Murano, con cannello e sottili bacchette di vetro, crea perle uniche. E ancora l’itinerario svela le ormai rare
murrine figurative di Antonio Dei Rossi; la grande tradizione del mosaico di Orsoni, con la sua strepitosa Biblioteca del colore; mentre Micheluzzi Glass rivisita l’antica tradizione dell’arte vetraria con un design unico e contemporaneo. Le creazioni di Elena e Margherita Micheluzzi, figlie del noto Maestro Massimo, si ispirano alle suggestioni lagunari, caratterizzate da superfici sfaccettate e riflessi cangianti che stimolano la perfezione viva e tattile del vetro.
La seconda edizione di “Homo Faber in Città” è in totale sinergia con “The Venice Glass Week”, festival internazionale dedicato al vetro giunto all’ottava edizione, e molti degli artigiani citati saranno presenti in entrambe le manifestazioni. Nel ricco itinerario non può mancare la nuova mostra “19121930. Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia”, a cura di Marino Barovier, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, alle Stanze del Vetro: un progetto culturale straordinario nato dall’iniziativa congiunta di Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung, che promuove lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria del Novecento e contemporanea. •
PAGINA ACCANTO: Massimo Micheluzzi, Opus Sectile, maestro vetraio Andrea Zilio, mosaico di vetro soffiato. Foto: Massimo Micheluzzi
IN ALTO: Il “balletto” di fornace: la Fornace Venini a Murano è una realtà unica al mondo che produce una palette di 125 colorazioni e dove 12 fornaci attive lavorano contemporaneamente fino a 12 colori.
Foto: Venini
QUI: Simone Cenedese al lavoro nella sua fornace di Murano: il Maestro si distingue per il rinnovato interesse verso la tradizione vetraia, con richiami alla contemporaneità. Foto: Courtesy Simone Cenedese.
QUI: Lucio Bubacco, Angel, Satyr and Nymph, figure a lavorazione a lume, calice in vetro soffiato, decorazione del calice in foglia d’oro, 2017, collezione privata.
Foto: Norbert Heyl
PAGINA ACCANTO: Simone Cenedese, vaso Cocco, sovrapposizioni interne di colore caratterizzate dalla presenza di bollicine d’aria regolari, ottenute con la tecnica del baloton sommerso.
Foto: Courtesy Simone Cenedese
di Fabrizio D’Oria e Alberto Bozzo Fotografie Courtesy Vela Spa
L’Arsenale di Venezia ospita la seconda edizione del Salone dell’Alto Artigianato Italiano, un appuntamento che offre un viaggio affascinante attraverso le tradizioni e le innovazioni dell’artigianato, riunendo Maestri artigiani e giovani creativi. Con oltre cento espositori, il Salone è l’occasione per immergersi nella cultura del saper fare italiano, scoprendo lavorazioni raffinate e storie di passione che si intrecciano con l’identità culturale del nostro Paese.
Francesco Pavan è un maestro orafo, archeotecnico e rievocatore storico di Venezia, fondatore del brand 4NOVE, specializzato in oreficeria moderna e sperimentale. Lavora, oltre ai metalli preziosi e alle pietre dure, anche materiali più ricercati e particolari, come avorio di mammut e palco di daino.
Un viaggio dal nord al sud, un incontro tra tradizione e innovazione, un omaggio al passato e uno sguardo verso il futuro dell’artigianato italiano. Torna, dal 3 al 6 ottobre 2024 all’Arsenale di Venezia, la seconda edizione del Salone dell’Alto Artigianato Italiano, un evento che celebra l’eleganza e la raffinatezza dei mestieri antichi, ma pronto ad accogliere anche l’entusiasmo e la creatività dei giovani artigiani che rappresentano il futuro dell’arte e del saper fare manuale in Italia. Un tributo alla capacità artigianale che ha sempre caratterizzato il nostro Paese e che continuerà a farlo per molti secoli a venire. Il Salone dell’Alto Artigianato Italiano è promosso dal Comune di Venezia e organizzato da Vela Spa nell’ambito del progetto “Venezia e la sua laguna: gestione e valorizzazione dei flussi turistici” finanziato dal Ministero del Turismo per la valorizzazione dei Comuni a vocazione turistico-culturale nei cui territori sono ubicati siti riconosciuti dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.
La prima edizione si è conclusa registrando un successo di pubblico: più di quindicimila visitatori, di cui uno su cinque straniero, nell’arco di quattro giorni e oltre un centinaio di espositori che hanno portato in laguna la propria unicità, identità culturale e tradizione regionale.
Le storiche Tese dell’Arsenale di Venezia torneranno a essere, in autunno, il cuore dell’esposizione, un percorso esperienziale emozionante e suggestivo tra diverse espressioni culturali che
presenteranno una vasta gamma di lavorazioni – dai tessuti pregiati ai lavori in ceramica, dalla tradizione orafa al vetro soffiato, oltre a mobili, oggetti di design e molto altro ancora – che da sempre sono sinonimo del Made in Italy nel mondo. Una vetrina per mettere in evidenza ciò che c’è dietro al lavoro artigiano, la passione e la cura per ogni oggetto realizzato. Per quattro giorni, Venezia mostrerà la sua essenza attraverso una manifestazione che guarda al futuro, immergendo i visitatori in un percorso culturale tra atelier, botteghe e giovani appassionati, custodi di un inestimabile patrimonio del saper fare ma che punta alla formazione delle nuove generazioni, di uomini e donne che un giorno potranno continuare a esprimere la propria artigianalità attraverso la creazione delle loro opere d’arte. Tra le presenze eccellenti in Arsenale, spazio anche alle lavorazioni tradizionali veneziane: l’arte della perla di vetro, quella dei merletti, oltre a botteghe di ceramisti e mosaicisti, di occhiali, di gioielli, di restauro del legno e di ceramica, stamperie d’arte, studi di grafica e serigrafie, vetrerie, atelier e manifatture tessili, legatorie, ma anche l’eccellenza del Carnevale con i suoi costumi di fattura sartoriale e le immancabili maschere veneziane in cartapesta originale. Inoltre, le dimostrazioni dal vivo, nei vari stand, di tecniche
e lavorazioni – dal mosaico alla ceramica, dalla tappezzeria alla liuteria, dall’arte orafa agli intagliatori, dal vetro soffiato ai merletti – per attirare l’interesse del pubblico, ammaliato dall’abilità dei Maestri artigiani nel dar vita a forme di straordinaria bellezza.
«In un contesto impareggiabile presentiamo il racconto delle piccole imprese che sono il baluardo culturale e presidio identitario del nostro Paese – commentano Fabrizio D’Oria e Alberto Bozzo, rispettivamente direttore operativo e direttore commerciale di Vela spa – grazie all’intuizione del Sindaco Luigi Brugnaro anche questa iniziativa va ad aggiungersi a quella già consolidata del Salone Nautico nel lavoro di realizzazione di eventi di qualità, appuntamenti che rientrano nell’offerta della città di Venezia e rivolte ai suoi cittadini e ospiti.»
La manifestazione è anche il contenitore ideale per momenti di approfondimento sulle tematiche inerenti l’artigianato e per presentazioni a cura degli stessi espositori con particolare focus sull’innovazione, turismo e sostenibilità. Il Salone, che ha ottenuto dalla Regione Veneto la certificazione di fiera di rilevanza nazionale, alla sua prima edizione ha anche ricevuto dall’ente RINA la certificazione ISO 20121:2012 che attesta che l’evento è gestito secondo i principi della sostenibilità. •
PAGINA ACCANTO: Valentina Stocco, ceramista veneziana di Vs Ceramics. Nelle sue creazioni, principalmente in grès, si ispira ai colori della laguna.
IN ALTO (in senso orario): La veneta Porcellane Nuova Triade è stata fondata nel 1959: Icio Levante propone complementi d’arredo dalle linee eleganti e leggerezza dei materiali; Sebastiano Lunardelli realizza l’iconico sgabello in rovere massiccio Ca’ Pesaro di Lunardelli Venezia; Artefact Mosaic Studio, a Venezia, è un laboratorio di mosaico artistico su misura, sotto la guida di Alessandra Di Gennaro e Romuald Mesdagh.
A DESTRA: Tra i vari stand del Salone dell’Alto Artigianato Italiano 2023, in primo piano, Ovo, fondato da Maurizio Orrico ed Enrica Vulcano: i loro oggetti di design prendono vita dalle sperimentazioni sull’ossidazione dei metalli.
La scelta tra i disegni dipinti a mano, per sviluppare una nuova collezione o su commissione di un cliente. In Achille Pinto è fondamentale l’attenzione al patrimonio tessile del passato coniugato alle esigenze della produzione contemporanea.
Foto: Andrea Pugiotto
di Margherita Rosina
Con una storia che abbraccia novant’anni, Achille Pinto è oggi sinonimo di qualità, creatività e sostenibilità. Specializzata in tessitura, stampa, accessori, abbigliamento di alta gamma e home wear , l’azienda ha saputo mantenere un profilo discreto, ma sempre all’avanguardia, ed è presente a Homo Faber 2024 con una creazione d’eccezione.
Difficilissimo condensare in poche righe l’attività di una azienda come Achille Pinto di Casnate con Bernate (Como), che spazia dalla tessitura, alla stampa, all’accessorio, al capo finito, all’home wear di altissima gamma e che ha mantenuto dalla fondazione a oggi – hanno da poco festeggiato i novant’anni di attività – un profilo di estrema riservatezza. Già dal logo traspare lo spirito del fondatore trasmesso ai discendenti: è una piccola ape stilizzata inserita in un triangolo, scelta non a caso per rappresentare un insetto – non vistoso come la farfalla – ma noto per la sua operosità, e nello stesso tempo acronimo del fondatore, (APE) Achille Pinto Export. Semplice operaio di una tintoria comasca, nel 1933 Achille rileva tre telai dismessi e, partendo dalla cantina di casa, avvia un’attività imprenditoriale che si espande rapidamente, al punto che dieci anni più tardi i telai sono trenta, attivi soprattutto nella produzione di tessuti jacquard e stampati per cravatteria. Dopo la pausa forzata della Seconda Guerra mondiale prosegue l’espansione della ditta, con l’aggiunta di un reparto di fotoincisione dei quadri per la stampa manuale. Sono anni di grande fermento per l’industria tessile comasca, che si distingue nel panorama europeo per l’intraprendenza dei suoi attori; in un’intervista del 1952, Mme Brossin de Mérè, una famosa designer svizzera che collaborò a lungo con varie industrie comasche, affermava «quanto fosse piacevole lavorare con dei tecnici attenti, puntigliosi, ansiosi di riuscire a risolvere i problemi, con degli industriali comprensivi e desiderosi di creare una novità.» Tutte caratteristiche che si addicono perfettamente al mondo di Achille Pinto.
Nel 1959 un altro passo importante: il coinvolgimento in azienda dei tre figli maschi di Achille e dal 1969 del genero Mario Uliassi. Quest’ultimo assumerà poi il ruolo di amministratore delegato e sarà sua la decisione di suddividere la Pinto in tre aree autonome ma collegate: abbigliamento, accessorio e tessile.
Oggi la Achille Pinto è nelle mani dei figli di Mario Uliassi: Paolo, responsabile dell’area tessuto, Matteo, cui fa capo la divisione prodotto finito e Lisa responsabile dell’ufficio stile. L’azienda conta attualmente più di 400 dipendenti divisi in otto stabilimenti, dislocati nel comasco e nel biellese, a coprire tutte le fasi della produzione e della confezione di abbigliamento e accessorio per il mercato di alta gamma.
All’esterno, lo stabilimento di Casnate ha quasi conservato l’aspetto che aveva negli anni Cinquanta, quando sorgeva in un’area di aperta campagna, mentre oggi si ritrova a essere nel centro del paese: l’interno è una sorgente continua di sorprese, a cominciare dall’immenso archivio di prodotto, una risorsa fondamentale per un’industria comasca di questa importanza. È pressoché incalcolabile il numero di campioni di tessuto e disegni tessili che sono stati ordinatamente inventariati, sia provenienti dalla produzione di Pinto, sia da altri importanti archivi comaschi come quelli di Jermi e di Giuseppe Menta. Attenzione al patrimonio tessile del passato, quindi, coniugata con la volontà di sfruttarlo nel migliore dei modi per la produzione contemporanea, rispettandone però la fragilità: per questa ragione sono stati finora classificati e digitalizzati circa 275.000 disegni, proposti ai clienti attraverso un grande tavolo
digitale interattivo che permette di testare immediatamente l’effetto di un determinato pattern applicato a svariati capi di abbigliamento e accessori. Questo consente di “lasciare a riposo” i materiali originali, tessili o cartacei, che verranno consultati solo quando è indispensabile verificarne la mano, la texture o le sfumature di colore. Le stamperie coprono l’intera gamma delle esigenze; una specializzata nella stampa digitale, di cui la Pinto è stata pioniera, che produce anche 300/400 metri all’ora, affiancata in tempi più recenti dalla stampa twin, per stampare a registro simultaneamente sui due lati del tessuto anche varianti colore diverse.
La Comoprint invece, diretta da Valeriano Gaffuri insieme ai fratelli Uliassi, sorge a poca distanza dalla sede di Casnate ed è dedicata alla stampa a quadro serigrafico. Qui il ritmo è diverso, la dimensione prettamente artigianale: Valeriano ci accoglie scusandosi per il colore che lo imbratta qua e là, poiché sovrintende in prima persona alle attività della stamperia, e ci accompagna tra i tavoli da stampa invitandoci ad apprezzare la
raffinatezza di una tecnica, molto più lenta rispetto a quella inkjet, che ha reso famose le stamperie comasche nel mondo. Qui si eseguono le commesse per i marchi più prestigiosi, con una clientela capace di apprezzare l’esclusività di stampe anche a più di trenta colori, che vengono eseguite sia su seta sia su filati nobili di lana/cachemire, orditi e tessuti in una delle società del gruppo Pinto, a Gaglianico nel biellese. La scommessa della terza generazione di imprenditori impegnata adesso nella Achille Pinto si è allargata all’acquisizione di aziende ad alto tasso di artigianalità nel campo dell’home wear, come Alonpi, con cui realizzano plaid di cachemire di estrema raffinatezza, o Franco Ferrari, creatore di foulard e capi di abbigliamento ispirati alla natura con brillantissime combinazioni di colore.
Da ultimo (ma con i fratelli Uliassi c’è da scommettere che a breve se ne usciranno con altre sorprese), il sodalizio con Pierre-Louis Mascia, illustratore francese con cui hanno stretto una collaborazione iniziata dalla produzione di accessori, poi allargatasi all’abbigliamento e alla casa. Lo stile di Mascia è
personalissimo, non soggetto alle mode, fatto di un collage di suggestioni che spaziano dal Rinascimento all’etnico, al geometrico, al ricamo e che rendono unico e immediatamente riconoscibile il suo stile. Proprio Pierre-Louis Mascia creerà gli speciali kimono in velluto di seta per Homo Faber, realizzati con cura artigianale da Achille Pinto per celebrare il “Viaggio della vita”.
Tutto questo caleidoscopio di attività che coniugano industria d’avanguardia, alto artigianato e capacità creative, viene gestito fin dalle origini con grande attenzione ai fattori ambientali. Dagli anni Novanta del secolo scorso la Pinto si è impegnata nello smaltimento delle acque di tintura, nella riduzione dei rumori negli stabilimenti e delle emissioni nell’atmosfera, nel pieno rispetto dei più moderni standard di attenzione all’ambiente, divenendo una azienda green impegnata nello sviluppo sostenibile.
Il fondatore non lo poteva sapere, ma la scelta dell’ape come logo oggi significa anche questo, rispetto per la natura. •
Simbolo immortale di bellezza e fascino, sognata da tutti, Venezia ha una lunga tradizione d’accoglienza. Artigiani provenienti da tutto il mondo hanno trovato qui la loro dimensione autentica di vita e lavoro, e illustrano con passione e tenacia il loro amore per questa città unica, “la città inverosimile tra tutte”...
Una suggestiva vista della
indiscussa
contemporanea delle arti,
e
A volte sulla riva di San Marco giungono velieri che recano nelle loro vele i venti di altri mondi.
— Mieczysław Kozłowski
Certo non esiste città al mondo più ammirata, più celebrata, più cantata dai poeti, più ritratta dagli artisti, più desiderata dagli innamorati, più visitata e più amata. «Venezia! Esiste un nome nelle lingue umane che abbia fatto sognare più di questo?», si chiedeva Guy de Maupassant, uno dei suoi amanti più illustri. L’approdo indescrivibile; la città inusitata; il paradiso delle città; la città inverosimile tra tutte: sono solo alcune delle definizioni di Venezia nate dall’ammirazione dei più grandi poeti di ogni tempo. «Grazie a Dio sono qui!», dichiarava un John Ruskin entusiasta e a suo dire felice come non mai, sotto una luna «sufficiente a fare impazzire metà dei savî della terra». Mentre Thomas Mann, che la adorava, non mancava di intuire la sua avvincente e pericolosa malia: «Venezia; beltà lusingatrice e ambigua – racconto di fate e insieme trappola per i forestieri.»
Peggy Guggenheim, dal canto suo, l’americana ribelle innamorata di Venezia tanto da sceglierla per sempre come sua dimora e donarle uno dei suoi musei più affascinanti e visitati, così metteva in guardia i giovani sposi dalla scelta di questa meta
tanto agognata: «Tutti sono convinti che Venezia sia la città ideale per una luna di miele. Niente di più sbagliato! Vivere a Venezia o anche solo visitarla vuol dire innamorarsi di questa città, a tal punto da non lasciare più spazio ad altri amori.»
In occasione dell’edizione 2024 di Homo Faber, dedicata a The Journey of Life, fuori dalle magnifiche mura della Fondazione Giorgio Cini, sull’Isola di San Giorgio, avventurandosi tra le calli, i campi e campielli della città, salendo e scendendo i suoi mille ponti, il visitatore non distratto può scoprire con emozione e stupore il microcosmo di “Homo Faber in Città”: un itinerario inatteso tra botteghe e atelier dove ogni giorno si declina al presente la bellezza della grande tradizione artigiana veneziana. Sono luoghi straordinari del saper fare, abitati da artefici innamorati di Venezia, ma anche del loro mestiere, che in questa città unica al mondo assume un fascino e una motivazione senza pari. “Homo Faber in Città” è una rete virtuosa nata dall’invito di Michelangelo Foundation e Fondazione Cologni ai Maestri artigiani residenti, chiamati ad aprire le porte dei loro “santuari” di Venezia, Murano e Burano, per accogliere visitatori desiderosi di scoprire volti più nascosti e meno noti della città, perdendosi nella sua bellezza, forse per ritrovarsi.
È quel che è accaduto del resto a molti dei Maestri di questo itinerario, dove accanto ai veneziani per nascita possiamo incontrare quelli per destino, che questa città l’hanno scelta, decidendo di fermarsi e restare, trovando nei suoi luoghi spesso celati ai più la loro dimensione autentica di vita e di lavoro. Sono uomini e donne di talento che hanno scelto di lasciarsi sedurre dalla magia di Venezia e di viverla appieno, donandosi a lei con un amore consapevole e portandole in dote saperi e culture dei loro luoghi d’origine. Sono “foresti” d’eccezione, oggi in qualche modo “più realisti del re”, più appassionati di Venezia degli stessi veneziani. Per costruire la rete delle settanta botteghe artigiane di “Homo Faber in Città” la Fondazione Cologni ha scelto Susanna Pozzoli, che il viaggio l’ha fatto al contrario, dall’Italia, scegliendo Parigi come luogo della sua formazione e poi come sua casa e studio. Fotografa e autrice, Susanna da anni ha scelto di testimoniare il lavoro artigiano, entrando in punta di piedi nelle botteghe dei Maestri e restituendoci la loro realtà più autentica con il suo sguardo d’artista nitido e poetico, capace di raccontare con sensibilità anzitutto l’umanità di queste persone speciali. Da lei raccolgo il racconto delle storie di questi viaggiatori che hanno fatto tappa a Venezia per sempre, trovando se stessi pienamente.
IN QUESTE PAGINE: Muriel Balensi, cresciuta nel Sud della Francia, deve la sua passione per la città di Venezia, dove ha deciso di trasferirsi, a una vacanza: oggi, nel suo atelier muranese, è un’esperta artigiana nella lavorazione del vetro a lume e crea pregevoli perle che trasforma in gioielli e sculture.
Qui, si dedica alla creazione di perle di vetro lavorate a lume: la sua produzione si ispira ai colori, ai suoni e alle luci del Senegal, con contaminazioni della tradizione artigiana veneziana.
Contraddicendo Peggy, il loro amore per la città non è stato totalizzante, ma ha nutrito il loro talento alimentando la passione per il saper fare e la felicità che sempre ne deriva. Sono persone che hanno scelto di guardare Venezia «con gli occhi dei loro sogni», come scriveva ancora Guy de Maupassant... Tra le molte vicende affascinanti di chi è stato portato sulle rive di Venezia dal suo personale journey of life, tutte da scoprire in occasione di “Homo Faber in Città”, scelgo di raccontarne due a mio avviso particolarmente emblematiche e dense di senso. Come quella di Muriel Balensi. Cresciuta nel sud della Francia, studia e lavora a Parigi ma non si sente pienamente appagata: «Mi sembrava di non fare il lavoro per il quale ero venuta al mondo», dichiara. Nel corso di una vacanza a Venezia scopre l’incanto della lavorazione delle perle di vetro: è una vera chiamata del destino. Impavida, torna a Venezia con nulla (niente amici, niente soldi, nessuna conoscenza della lingua…). Dopo sedici anni, è oggi un’esperta riconosciuta del
vetro a lume, una delle tecniche più ardue e solitarie del vetro, antichissima e destinata a pochi. “A tu per tu con fuoco e vetro”, senza una passione indomita non puoi creare. Muriel realizza nel suo atelier di Murano, l’isola del vetro, perle uniche di rara bellezza, che poi usa per scolpire degli originali bijoux: colliers, braccialetti, diademi, spille, piccole sculture uniche e inconsuete da indossare, oggetti d’ornamento. Racconta del suo non facile amore per la città e i suoi abitanti, che ha dovuto conquistare dimostrando ogni giorno la sua passione e il suo talento. Oggi è felicemente una di loro e una delle sue opere, unica straniera ad aver ricevuto questo onore, è esposta presso il celebre Museo del Vetro di Murano.
Anche la storia di Moulaye Niang, forse lo straniero più integrato e amato a Venezia, ha un fascino speciale ed è anch’essa legata al vetro: l’anima stessa di questa città, l’arte millenaria che ancor oggi trova straordinari interpreti in laguna. Quindicenne, senegalese di origine cresciuto a Parigi, genitori
artigiani, Moulaye scopre la città, e il vetro, capitando da turista per caso nella bottega di un grande Maestro, Vittorio Costantini. Ne resta ammaliato, e pochi anni dopo decide di tornare e realizzare il suo sogno.
Così lo racconta Jean Blanchaert nel suo libro, fresco di stampa, Musica senza suono. Maestri di Murano (Marsilio): «Con grande tenacia, dopo aver frequentato la Scuola del Vetro Abate Zanetti, Niang ha imparato l’arte antichissima delle perle a lume, all’interno della ristretta e gelosa cerchia dei Maestri di Murano.»
Nella sua bottega nel sestiere di Castello, l’artista senegalese realizza perle di vetro a lume, collane in vetro e ebano e altre creazioni che sono l’espressione di un’evidente contaminazione tra l’arte africana e quella veneziana. «Le perle sono una cosa che sento molto vicina a me, profondamente legate alla cultura africana dove sono presenti ovunque. Nel mondo animista le usano per le cerimonie e i Bassari (un popolo del Senegal, del
Gambia e della Guinea che mantiene ancora intatte le antiche tradizioni africane) rappresentano ogni membro della famiglia con un piccolo puntino su una perla.»
In oltre vent’anni vissuti a Venezia, il “Muranero”, come è stato ribattezzato, ha saputo non senza fatica ritagliarsi il suo spazio, dando vita qui alla sua famiglia e diventando ambasciatore interculturale nella città simbolo del melting pot, dove ha portato colori, suoni (è anche musicista) e luci della sua terra. Grato al suo destino, animato dalla felicità del fare, Moulaye svolge anche nel suo atelier un’intensa attività didattica, insegnando l’arte del vetro a lume con competenza e passione: «La città mi ha dato tanto» afferma, «e io desidero condividere questa ricchezza con gli altri.»
Storie di abnegazione, di passione, di tenacia, di resilienza e infine di successo e di amore corrisposto in una città che certo non regala nulla, ma se la scegli ti mostra per sempre una via diversa, la strada per un’umanità più profonda e consapevole. •
QUI: The Back Studio, Design of Today, Project-To, Palazzo Martini di Cigala, Torino, 2021. A Homo Faber 2024 staffe metalliche, componenti di scaffalature modulari e involucri elettronici si combinano per creare installazioni luminose di grande effetto scenico, in collaborazione con Panerai.
ACCANTO: The Back Studio, Assemblage n. 27, ferramenta, vetro, catodo freddo, 2022.
Panerai, in collaborazione con il duo artistico The Back Studio, illumina Homo Faber 2024 con un’installazione modulare che celebra la creatività e richiama la complessa meccanica della tradizione orologiera della Maison, sottolineando la sua storia illustre come pioniere di strumenti a luminescenza affidabili.
Panerai è orgogliosa di far parte, insieme al duo artistico
The Back Studio, di Homo Faber 2024 che esplora il tema
The Journey of Life. «Siamo onorati di partecipare ancora una volta a questo evento ricco di cultura. Il tema dell’edizione di quest’anno rispecchia le nostre riflessioni sul tempo.
L’installazione site-specific sviluppata dal talentuoso duo artistico The Back Studio è un esempio della nostra dedizione all’arte dell’orologeria e della nostra ricerca continua dell’innovazione, in cui la luminosità traspare nello spirito della creatività italiana fatta a mano,» dichiara Jean-Marc Pontroué, amministratore delegato di Panerai. Panerai, famosa per il suo approccio innovativo all’orologeria, presenta quest’installazione luminosa concettuale nella
Sala degli Arazzi, un ambiente che, all’interno del viaggio della vita, simboleggia l’unione e l’amore. L’installazione progettata da The Back Studio, noto per il suo approccio contemporaneo alla light art e al design della luce scelto dalla
galleria MATTA, dimostra l’impegno di Panerai a integrare tecniche tramandate nel tempo con innovazioni moderne.
The Back Studio porta avanti un linguaggio visivo che sfugge alle categorizzazioni artistiche convenzionali, posizionandosi in una zona franca tra scultura, arte e design.
Il duo artistico The Back Studio si distingue per una produzione sfaccettata e difficilmente categorizzabile. Il suo approccio creativo si sviluppa in una zona di confine, sfuggendo a definizioni nette e favorendo un’estetica ambigua che si manifesta chiaramente ma resta incomprensibile. All’interno della sua produzione, elementi di costruzione industriale si combinano con creazioni in vetro soffiato artigianalmente, dando origine ad assemblaggi che fondono senza soluzione di continuità scultura e funzionalità. Ispirato da figure come Franz West, Donald Judd, Bruno Munari e Dan Flavin, The Back Studio adotta un approccio eclettico che trae spunto dalle sperimentazioni di West,
dall’essenzialismo di Judd, dalla giocosità di Munari e dall’uso della luce di Flavin. Ciò che rende unica la produzione di The Back Studio è la sua capacità di concentrarsi su dettagli nascosti e di riconsiderare gli oggetti comuni, creando connessioni inedite tra forma e funzione. Questo approccio si riflette nelle sue opere, che sfidano i concetti preesistenti, invitando il pubblico a riflettere sulla relazione tra estetica e utilità. Il design modulare dell’installazione luminosa progettata per Homo Faber 2024 richiama la complessa meccanica della tradizione orologiera di Panerai, evidenziando l’illustre storia della Maison come antesignana nell’invenzione di strumenti a luminescenza affidabili.
La partnership creativa si avvale della competenza del duo nell’illuminazione al neon e nell’arte contemporanea, mentre la struttura ricorda l’architettura modulare della meccanica orologiera.
Inserita nel contesto della Fondazione Giorgio Cini, l’installazione offre un contrasto di forte impatto visivo in cui l’architettura storica italiana incontra l’innovativa ricerca di Panerai in ambito di tecnologia luminescente – un tratto che è diventato una firma della sua identità. Con quest’opera, Panerai riafferma il proprio ruolo nella narrazione in divenire, presentata dai Maestri artigiani più bravi del mondo, delle tappe principali dell’esistenza in cui l’illuminazione gioca un ruolo centrale.
Homo Faber 2024 è un’esperienza immersiva che presenta la maestria artigiana racchiusa negli oggetti che scandiscono i momenti più preziosi delle nostre esistenze. Con una straordinaria scenografia, creazioni fatte a mano su misura e dimostrazioni dal vivo, l’evento promette di essere un’esperienza sensoriale, all’interno della quale Panerai, grazie all’originale prospettiva di The Back Studio, si pone all’avanguardia del percorso narrativo. •
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Le tradizioni millenarie, radicate nel territorio e nella cultura, rappresentano un patrimonio inestimabile di sapere e creatività che arricchiscono
l’identità di un gruppo; vengono rivitalizzati dalla tecnologia contemporanea e offrono una saggezza che si tramanda attraverso oggetti, parole e gesti dal valore simbolico e universale.
L’importanza di creare reti e connessioni umane emerge come una necessità per valorizzare e preservare tali arti.
«Possiedo alcune azioni del Banco delle Primule / Titoli profumati / una Dote di Asfodeli,» scriveva la poetessa Emily Dickinson, ritenendo assai pregevole il suo tesoro di sogno e poesia. Un simile elenco di ricchezze evanescenti, pur se preziosissime, può ricordare il valore generato dai mestieri d’arte: giacimenti culturali vasti come l’oceano; tesori inestimabili di talento; tradizioni e mestieri antichi di secoli che la tecnologia contemporanea non solo non ha cancellato, ma che ha anzi saputo rivitalizzare. Questi giacimenti esistono in tutto il mondo: costituiscono una saggezza popolare che nasce e si sviluppa in un determinato territorio, esso stesso valore fondamentale da proteggere e da riscoprire.
Perché dal territorio nascono i saperi che da sempre rappresentano l’identità di un gruppo, e che hanno la loro radice proprio in quel sapere latino che significa “avere sapore” ed “essere savio”. Un sapore che arricchisce e preserva; una saggezza che ha un “sapore” perché è umana, personale, tramandata non solo con le “cose” ma anche con le parole e i gesti.
Ed ecco la prima valenza che deriva del considerare il territorio come una ricchezza: la scoperta che mettere in circolo la cultura, come i grandi Maestri d’arte del Rinascimento, non solo non depaupera nessuno ma anzi crea circoli virtuosi di sapienze che fertilizzano ogni campo. Circoli virtuosi da organizzare in una rete, per sviluppare connessioni ancora embrionali. L’eredità di questo crogiolo culturale è viva e presente nei troppo dimenticati artigiani-artisti, che all’intelligenza della mano uniscono la passione del cuore e la creatività della mente e che pur in mezzo a mille difficoltà (non ultime quelle di ordine burocratico) rappresentano l’eccellenza del loro territorio.
Come la terza edizione di Homo Faber, dedicata al “Viaggio della vita”, ha dimostrato, creare una rete significa entrare in connessione. Significa scoprire valori federativi anche dove meno ci si aspetta di trovarli: e valorizzare il talento umano in ogni momento significativo della nostra vita, quale che sia la nostra educazione, quali che siano i nostri sogni, quale che sia il nostro destino.
Oggi abbiamo una rete; abbiamo infinite possibilità di scoprire e di esplorare, ma dobbiamo ancora entrare veramente in connessione. Una connessione umana, che varca i confini e che si esprime attraverso il linguaggio del saper fare: e perché la connessione sia valida, occorre ovviamente avere qualcosa da esprimere e da trasmettere. In una parola, occorre sapere Sapere che il viaggio della vita è un viaggio intorno ai nostri sogni, e ai momenti più importanti che scandiscono il nostro tempo: e che vanno celebrati (e che, anzi, di fatto sono celebrati) attraverso oggetti non banali ma significativi, il cui valore trascende ogni appartenenza territoriale per diventare il segno di un modo diverso di vivere, di acquistare, di custodire, di tramandare.
Homo Faber ci racconta di come costruire connessioni salde e reali con noi stessi e con il nostro tempo, lavorando sulla bellezza, sulla ricchezza e sull’arte dei territori. Tutti i territori, tutte le arti, tutti i mestieri. Ovvero: tutte le ricchezze. •
Alberto Cavalli
In what way are craftsmanship, creativity and manual skill connected with our everyday lives? What role do we attribute to symbolic and special objects, epitomising an identity that is stronger than the passing of time, within the context of a lifetime marked by special occasions but also by dreams, aspirations, events that we wish to celebrate because they are precious to us?
The third Homo Faber Biennial, which takes place from 1 to 30 September 2024 at Fondazione Giorgio Cini, in Venice, explores this question from the perspective of craftsmanship: whether it expresses an artistic flair, an inspiration and is, in every case, characterised by a resolute and joyful resourcefulness. Homo Faber 2024 celebrates the connection between art, craftsmanship, humanity and time through The Journey of Life: a leit motif that is also at the centre of this issue of Mestieri d’Arte & Design, which focuses on the visions that animate the event, and the individual experiences of those who, in Venice, are the symbol of a different and more sustainable way of living, working and producing. The Journey of Life offers an immersive experience amongst objects and skills that are not only beautiful, but also authentic and meaningful. Especially if we consider that the pursuit of beauty and fine workmanship goes hand in hand with the discovery (or rediscovery) of an artistic heritage that is by no means confined to architecture or art masterpieces, but which steps down from its pedestal and out of its frame to stimulate every aspect of creativity. This issue features the stories of people, enterprises, ateliers and epic (albeit down-to-earth) heroes who, day in and day out, make the spotlight shine onto the “hands” of craftsmanship. More than ever before, the quest for authenticity –and, with it, originality and consistency – is considered to be an essential feature of every outstanding object, which can only be generated through the wisdom of gestures, the sensitivity of fingers and the tireless determination of the heart. In fact, they are more than mere objects, because they are made to last, to be repaired, to gain value and beauty in the course of time. They are made to be treasured and handed down, as Homo Faber 2024 shows us so effectively. The authenticity of gestures, of knowledge, of intelligence (in the etymological sense of intelligere: to listen and comprehend) are the features that differentiate these objects from soulless mass-produced items. This “intelligence”, the understanding of the true “meaning”, is attained though a steadfast quest for improvement, which is distilled in the noun “achievement”: to reach a goal that combines knowledge, work, intuition and expertise.
Homo Faber 2024 celebrates human talent in the creation of beauty: special, powerful and at the same time everyday. This beauty is generated by master artisans and rising stars animated not only by passion and vision, but also by the awareness that preserving and passing on craftsmanship is no longer an option, but a necessity.
Ugo La Pietra
Among the many objects that typify today’s consumer society, each one of us has identified some to represent the experiences we have lived. The meaning we attribute to these objects is mostly a sentimental value, in that they evoke specific moments of our lives. Quite invariably, these objects can narrate the story of a person’s existence, like the homes of great artists and intellectuals (Giuseppe Verdi, Giacomo Leopardi, Gabriele D’Annunzio...) “frozen” into museums after their owner’s death. The same applies to the many home-ateliers of anonymous artisans or of more or less renowned artists. Their lives are represented by the entirety of the objects with which they have surrounded themselves. Likewise, the objects we choose to accumulate in our own homes
are the “souvenirs” of our existential journey. Starting from our first childhood playthings - like a toy or a puppet, to which we remain attached for the rest of our lives - to the keepsakes treasured by our parents, such as a little box containing a lock of our baby curls: a reminder of the wonderful time when we were small, helpless and thirsty for love. And so on through the years, along with all the objects that chronicle our existence, from our loves to our travels.
Memorabilia: for the 1980 Venice Biennale, in collaboration with semiologist Gianfranco Bettetini, I curated the exhibition “Time and memory in contemporary society”, for which I created a very big structure, like a warehouse, with hundreds of stacked boxes bearing a label to identify their contents (love, friends, travels...). The idea was to create a three-dimensional representation of our lives through accumulated objects that are mostly farremoved from the contemporary definition of “design objects”, and which are chosen more for their significance than for the quality of the craftsmanship.
Simple handicrafts bought in local markets to remember a journey, a special summer, a love story that has marked our lives. Objects drawn from the experience of our artisans, which represent the flow of life, and that we would also like our children to treasure. Objects that help us not to forget, and are often linked to a specific territory. Objects that express the genius loci of a particular moment and reveal the artistic and artisanal skills of a community that has managed, over time, to preserve and renew the traditions linked to their craft culture.
These objects are often born without any intrinsic or sentimental value. By binding them to our lives, we charge them with significance, thereby maintaining an open dialogue with people, places, things, which inspire our most secret and personal thoughts and dreams. Fetish objects that are also symbolic of our outlook on life and of our beliefs, reaching beyond our earthly dimension.
Just as the ancient Romans displayed the symbols of the dear departed (the Penates) at the entrance to their homes, today we all have objects that remind us, in some way, of the people we love, without necessarily representing them with a (two- or three-dimensional) image.
I, for example, have breakfast every morning in a white bowl with blue decorations that is the same cup in which my grandmother drank her milk, and which my mother also used for many years thereafter.
THE TIMELESS CHARM OF VENICE’S CRAFTSMANSHIP
Toto Bergamo Rossi
Venice is one of the most sculpted and decorated cities in the world. The farsighted protection of local craftsmanship by the Republic of Venice was designed to preserve the extraordinary heritage of professional secrets that had developed there over the centuries. The rarity and pricelessness of local productions, shrouded in the myth of techniques that were unknown beyond the Lagoon, increased the fame of the exquisite craftsmanship that developed in Venice from the 13th century until the fall of the Serenissima Republic, in 1797.
As a result, Venetian glass spread like wildfire throughout Europe. The stunning chandeliers produced by the Briati furnace in the first half of the 18th century still decorate many mansions, not only in Venice. In Palermo, for example, precious glass chandeliers blown by Briati cascade from the Baroque ceiling in Palazzo Gangi’s legendary ballroom, which Luchino Visconti immortalised in the famous waltz scene of The Leopard. The brocades woven in Venice were sought after even by the Ottoman court in Istanbul. The “indoradori” gilded the imposing wooden ceilings of the Doge’s Palace and many exquisitely carved church altars of the Venetian Republic. Over the centuries, hundreds of sculptors, stonemasons, carvers, plasterers, terrazzo workers, mosaicists and shipwrights have passed on, often with considerable effort, their knowledge, history and traditions. The uniqueness, also in geographical terms, that sets the
city of Venice apart from the rest of the world has contributed to preserve - in spite of globalisation - the incredible tangible and intangible heritage that has indeed made the Queen of the Adriatic the extraordinary gem it is today. For 25 years running, the mission of the Venetian Heritage Foundation, which I direct, has been to support Venice’s immense artistic legacy, with the aim of handing down to future generations also the know-how of Venetian craftspeople. The commitment of the Venetian Heritage Foundation is also to safeguard Venice’s uniqueness by promoting initiatives that favour a residential urban identity not linked solely to mass tourism, but to attentive travellers respectful of the city’s frailness, and a balanced and sustainable economic dimension to emphasise its status as a cutting-edge cultural and research centre.
The Michelangelo Foundation for Creativity & Craftsmanship is to be credited with acknowledging and promoting the value and uniqueness of the crafts both locally and around the world. For the third time since its inception, Homo Faber 2024: The Journey of Life brings the best of world craftsmanship and savoir-faire to the city of Venice. The event’s high profile contributes to promoting the work of hundreds of excellent Italian and international craftspeople, as well as to showcasing a different Venice, which is seeking to reclaim its ancient artisanal traditions. Venice deserves to be an international point of reference, attracting resources and playing a leading role, worthy of its uniqueness, in the eyes of the world. Indeed, thanks to the Homo Faber Biennial, Venice is elevated to the status of patroness of the decorative arts.
Stefania Montanari
Adele Stefanelli
Giudecca 213, Venice
Tel. +39 347 2211661
Adele Stefanelli is an extraordinary artisan who has lived many lives, always in the pursuit of perfection and driven by an unquenchable thirst for knowledge. “I discovered the beauty of porcelain by pure chance, visiting the Baur collection of Oriental ceramics while I was studying to become an interpreter at the University of Geneva. Pottery happened to be my hobby, but then and there I was blown away - a love at first sight that changed the course of my life,” she says. In her atelier on the Giudecca, tucked within a microcosm bustling with craft workshops, she has two lathes, a workbench and countless tools. The shelves along the walls are stacked with her work: magnificent bowls, vases, dishes and tableware characterised by a simple and elegant style. She learned different techniques from the best masters: in Nove and Deruta, and as far away as South Korea, Japan and China, the birthplace of porcelain. “I started practicing at home, on my own, and then I moved to Tuscany, where I lived for a few years, gratified by what I was doing. I had customers from all over the world: Amsterdam, London, Rome, Milan, the United States… Then followed a period of discontent, and I returned to my interpreting job in Brussels. But my passion was only dormant. In 2017, I set off for China and Korea to train under some of the greatest masters in techniques that went from stoneware and porcelain to glazes, which I learned to obtain from the ashes of different plants, according to ancient Chinese and Korean recipes.” Eco-friendly and non-toxic. “In this period, I am focusing mostly on porcelain, looking for the right balance between the actual making of a piece and the time I devote to it. And, importantly, between the beauty of an object and its purpose. What fascinates me about this craft is that it is an ongoing research.” Adele Stefanelli also specialises in the art of kintsugi and holds pottery classes in her workshop from November to March. adelestefanelli.com
Anareta
Santa Croce 117, Venice tel. +39 347 7799783
Dynamic and cheerful by nature, Anna Campagnari is a rowing champion who decided to couple her sporting passion to the making of flags, banners and pennants, just like the ones she has always been awarded at the competitions she runs. Anna is a true pride of the Serenissima: under her belt she has four victories in the Regata Storica di Venezia and some hundred prizes in as many municipal regattas. “When the artisan who made the flags closed his business, I did not want the tradition to be lost. This is how I decided to set up a tailoring business alongside my sports career, recovering the original designs from my predecessor. I learned the secrets of the trade from my mother, who was a skilled seamstress. Elsewhere in the world, competitors win medals. Here in Venice, they are given finely crafted flags and pennants, the decorations of which vary according to the race.” The origin of their symbols is lost in the mists of time, but they still represent one’s belonging to a community, an association, a shared tradition. “I have always been fascinated by decorations, which is why I eventually tried to create them myself. My first clients were the local rowing clubs, who already knew me as a racer. For sixteen years, I have had the honour of being chosen by the City of Venice to create the prizes for the most prestigious regattas.” Anareta’s workshop is on the ground floor of the 15th-century family residence. Flags, drapes, cups adorn the walls, while a long workbench stands in the centre of the room, covered in rolls of precious fabrics and trimmings. “To make a flag or pennant, the fabric is first covered with a gold base. The design is outlined in India ink and coloured to create shadings, and then fixed with a paint brush. The fringe and the cord are sewn on the flag before it is attached to the pole,” she explains. “My flags are waving in Germany, Sweden, France, China, even at the New York City Fire Department! Recently, I have expanded my production to include handmade pillows, furlane slippers and gift items, even made to order.” In the past few years, Anareta has also been competing at the highest level as a steerer on dragon boats, and her team has won titles at European and world championships. anareta.it
Atelier Volante
Ruga Vecchia San Giovanni 777, Venice Tel. +39 041 5207278
Sofia Sarria was born in a family of mask makers. Her parents owned one of the best-known workshops in Venice, and she started to pick up the art of making papier-mâché masks in her childhood, as a game. Equipped with a sound technical background, many moulds and tricks of the trade, she decided to continue this beautiful Venetian tradition. And not only that. In addition to masks, Sofia also developed similar processes to sculpt animal figurines from waste paper she fishes out of the bin, such as cardboard boxes, old newspapers and all sorts of wrapping materials, with which she brings to life a universe of fairy-tale elves, goblins and other strange creatures.
“In our fast-moving, throw-away world, I truly believe that it is necessary to rediscover an appreciation for detail and a more sustainable and less stressful pace. My studio is not only a physical space but also a mental one, intended to help people regain their centre and embrace slowness.” Situated close to the Rialto market, the studio where Sofia lets her creativity run free is long and narrow, with her papier-mâché masks on one wall and the characters created and sculpted by her imagination on the one opposite.
“I called it Volante because during the Covid lockdown I didn’t know what fate had in store for me... But I managed to continue the tradition of my family, in the same space that belonged to my grandfather.” Her strong connection with the Venetian culture is reflected in her workshops, also addressed to
children, in which she teaches how to make papier-mâché masks using moulds: “The quickest way to make them dry.” ateliervolante.it
Codex Venezia
Fondamenta degli Ormesini 2778, Venice Tel. +39 348 546 0257
A true citizen of the world, Nelson Kishi was born in Brazil to Japanese parents and settled down in Venice 30 years ago. “I studied Architecture at the University of Brasilia,” says the creative and talented master. “After graduating I set off for Rome. I landed in Venice quite by chance, in 1990, a few months after arriving in Italy, and I have never left. I have always liked drawing, ever since I was a boy. But here in the Lagoon my creativity has multiplied a hundredfold.” A statement confirmed by his extraordinary drawings of Venice, the Lagoon, its nature and people. “Drawing is my way of learning, of investigating the natural world, human beings, light. Ever since I was a child, this was my way of expressing my thoughts and feelings. You could in fact say that curiosity moves my hand.” Master Kishi draws with pens and watercolours on paper. The ever-changing light of the Canal Grande is one of his sources of inspiration. His studio on Fondamenta degli Orsini is a small space full of light that he shares with Robin Frood, an engraver and his life partner, who creates Japanese ukiyo-e using pigments and rice starch. Their three children are all music lovers, in keeping with the tradition of the Kishi family. At the age of fifty, Nelson was tempted to give up painting for music. He resolved to combine both of his passions, and to continue his profession as a painter. “Life is the art of encounter,” he says, quoting the Brazilian poet Vinicio de Morales. “I became interested in music when my daughter Olivia (who now has her own studio) started playing the cello at the age of five. When I started studying solfeggio, I realised it was an arduous task at my age, so I keep music as my hobby. But I had a lot of fun creating a book made of music sheets with views of Venice at night that I called Notturni Veneziani.” Nelson’s passion for painting was inherited by his children. “My son Theo made a book called Zoo, consisting of drawings of animals, short stories and poems. I oversaw the layout of the book with the help of some of my former students.” As Nelson says, “every work is the result of the combined effort of a team, even when this is not declared. What’s more,” he concludes quoting Villa-Lobos “the composer should give half the credit of his composition to the instrument.” codexvenezia.it
Gioia
Calle Priuli dei Cavaletti 100, Venice Tel. +39 335 8445846
Among the time-honoured crafts connected to glass that originated in Venice is that of the impiraresse. Luisa Conventi, granddaughter and heir to one of the great families that developed and handed down this ancient art, tells us its story: “In the dialect of Venice, ‘impirar’ means ‘to thread’. In the late 19th century, the skill of the impiraresse consisted in picking up with long needles the glass beads produced in Murano, called conterie, and to slide them onto threads of cotton. In the early 20th century, my grandfather opened a shop trading in conterie, while in 1950 my uncle Toni De Lorenzi established the Ferenaz workshop (named after my great-grandfather) in the same premises, which rose to fame for the skill of its impiraresse. As a teenager, I too helped to make earrings, necklaces and small glass objects, partly for fun and partly attracted by the beauty of the beads. After I finished my studies, in 1987 I opened my own workshop to continue in the family tradition. I called it Gioia, which in Italian means both ‘jewel’, which is what I make, and ‘joy’… like my character!” In addition to her atelier, where a number of skilled artisans work, Luisa also opened a museum space where visitors can discover the origins of
this extraordinary craft and its techniques through 19th-century photographs, videos, documents, tools and objects. Her aim is also to bring young people closer to one of Venice’s traditions, and indeed the documents in her library were recently used by some students writing dissertations on the impiraresse Next to the museum is also a workshop at the disposal of those who wish to try their hand at this unique craft. “We have developed a number of new patterns to create contemporary jewellery while still using traditional conterie. We also make fringes and flowers featuring colourful decorations.” Luisa Conventi is organising the Festa delle Impiraresse, which will be held in Venice on 6 October 2024. dittagioia.it
Meracu
Fondamenta dei Preti 5842, Venice
Tel. +39 347 7246043
Half Italian and half Indian, Shanti Ganesha is a citizen of the world. After graduating from the Liceo Artistico in Venice, she set off with her backpack on her shoulders and lived in New Zealand, Australia, the UK and India, driven by the curiosity to explore the customs and traditions of other cultures. “In 2013, I was introduced to leather: it was love at first sight and I soon got down to learning the secrets of tanning, how to process different types of leather, how to shape and sew it to obtain the patterns I had in mind. My primary aim was to create something that I liked and that was also functional.” Back in Venice, in 2022 Shanti decided to open her own atelier, a small workshop measuring only 14 square metres. “My creative process is completely manual. I don’t use any machinery, because I need to feel how the design takes shape, from cutting and sewing the material, through to finishing the edges. I brand my products with a heat press. I love geometric shapes, and I often apply the principles of origami to leather, folding it to find a suitable structure that is both comfortable and practical. I pay a lot of attention to detail, and change the design while the work progresses, which is something I can do only if I use my hands,” she explains. “Many of my products are multifunctional: backpacks that become shoulder bags, clutches that can be used in six different ways… I also designed a seamless bottle holder that is held together by the handle: perfect for carrying a bottle of wine to a friend’s house for dinner!” Shanti buys her leather from a Tuscan consortium that follows the age-old method of vegetable tanning, using tannins obtained from tree bark and leaves, metal-free and with a low environmental impact. “The leather we use derives from by-products of the meat industry. This allows us to give leather a new and lasting purpose, without killing animals solely for their hides. The leather is both sustainable and durable, and it becomes more and more beautiful with time, acquiring character and a lovely patina, like the bags and suitcases of our grandparents.” You can take Shanti’s word for it! meracu.it
Perlamadredesign
Sestiere Dorsoduro 3282, Venice Tel. +39 340 844 9112
Gleaming jewels in a thousand reflections of light are fashioned with taste and creativity by Simona Iacovazzi, an expert in the art of lampworking who can transform simple glass rods into original ornaments. “I came to Venice from Brindisi to work as a restorer. Fascinated by glass, I took a course in Murano. When I returned to Apulia, every day after work I used to practice lampworking on my own, until passion prevailed and I decided to return to Venice.” Thirteen years have passed since then. She opened her own workshop, where she creates very tasteful and original jewels using Venetian traditional techniques. Her fervent imagination has enabled her to develop a wide variety of shapes and compositions. Simona, who also holds courses for those wishing to experiment
with this ancient art, explains: “It’s called lampworking because in the past vegetable oils or animal fat were used to fuel a small flame, which the perlera –Venetian for beadmaker - kept burning by means of a pedal-operated bellows beneath the workbench. Today, we use a very powerful flame that reaches almost 1,000 degrees and is fuelled by gas and oxygen.” Each bead used in her bracelets, necklaces, rings and other items of jewellery is the result of Simona’s careful research into colour and reveals the material’s potential. “I have recently started making mosaics using waste glass and beads that have broken during the process. I called them ‘Isolari’, because these compositions recreate imaginary islands, small scenes of dreamlike marine landscapes.” Simona Iacovazzi also designs lamps that are made in Murano from old glass rods and pigments. An ever-evolving creativity that gives a new lease of life to discarded materials. perlamadredesign.com
Amurianas Vitrum
Fondamenta Vetrai 54, Murano Tel. +39 389 1533365
The enchantment of fire, the magic that is accomplished when an idea takes shape through the play of hot and cold air, the skilful use of pliers and grinding wheels. And then the thousand facets and reflections of the finished object in glass, a material that has intrigued and fascinated man for thousands of years. Riccardo Tedesco too fell under its spell, to the point that, after graduating in economics and business, he chose to open a workshop in Murano called Amurianas Vitrum. “The name Murano stems from Amurianas, one of the gates to the ancient Roman city of Altino, from which the inhabitants fled during the Barbarian invasions, seeking refuge on the islands of the Venetian lagoon. One took the name Murano-Amurianum, and became home to specialised glassmakers who started a profitable trade that has never ceased to thrive,” says Todesco, explaining the name he gave his glassworks. The big workshop is divided into separate areas, each dedicated to different parts of the process. There are machines for cutting and grinding, sheets and grains of glass used in the Murano glass fusion process, a forge with ovens, countless pliers for cutting the long rods of coloured glass grouped in a number of containers, and the murrine themselves. “This is a family-run business, and both my parents are involved in the commercial side,” explains Riccardo. Thanks to his extraordinary flexibility and imagination, he is constantly experimenting with new shapes and techniques to create all kinds of objects, including custom-made ones. Adjacent to the workshop is a showroom where the master glassmaker’s many creations are on display: from glasses to vases in all shapes and sizes, from decorative objects to glass jewellery, up to the chevron beads used by the impiraresse. The wonderful expression of Riccardo’s creative genius. amurianas.it
RamingoLab
Fondamenta dei Preti 5844, Venice
Tel. +39 347 3021825
Sofia Visca has always loved drawing and sculpture. While attending the Scuola Orafa Ambrosiana, in Milan, she became enamoured with the art of jewellery making, metalworking, and the technique of wax modelling. Her jewels are true sculptures in silver and brass, which she also produces to her customers’ designs. “I was lucky enough to take part in high-level training internships within leading jewellery Maisons, such as Pomellato. I also wanted to learn everything about the characteristics of precious stones, and eventually graduated in gemmology. Now I feel that I have the knowledge to express my creativity to the full.” She moved to Venice, where she opened her workshop in the heart of the city. Surrounded by tiny tools, casts and drawings, she creates original jewels using the lost-wax technique. “My specialisation in wax modelling has led me to investigate the various types of waxes. I use files, dental
carvers and drills with tiny cutters, tin-soldering irons: I love experimenting and combining ancient techniques with the most modern and innovative ones.” Sofia also likes to collaborate with other master artisans. “I always wanted to create a network of artisans who were not only skilled in their crafts, but also willing to work together, exchanging techniques and tools, and combining different approaches. For this reason, I created Ramingo: this is an Italian word for a little bird that never stays still, but keeps flying from branch to branch... A metaphor to indicate that in our global age we must also learn to share knowledge, so as to generate even more beauty and wisdom.” Sofia Visca shares a workshop with Valentina Stocco, a skilled ceramicist. Their successful collaboration has produced very original collections. ramingolab.it
Atelier Vanessa Milan
Sestiere Dorsoduro 3848, Venice
Tel. +39 340 2776813
Her light-filled atelier is just a stone’s throw away from Università Ca’ Foscari. It contains a workbench, a press, a loom, sheets of paper in various sizes, textiles, brushes, colours. The walls are covered with her most recent works. This is the world of Valentina Milan, a young Venetian artist specialising in illustrations, graphic art, screen printing, limited-edition etchings and xylographies. “I have been collaborating with the Accademia since my university years, running LAB43 for Print for almost two decades, until I opened my own workshop in 2022,” she says. “I let myself be guided above all by my instinct: whenever I have a new idea, I must make it happen. I take a pictorial approach to screen printing, using brushes and acrylic paint directly on the acetate. I adopt the same approach even in other techniques, including collage. I use my hands to manipulate materials and mix colours, and although some of my work may appear imperfect, I am convinced that mistakes often give rise to unexpected solutions.” She likes to engrave, because it leaves her plenty of room for research. “I etch zinc using various techniques, many of which are experimental. However, the processes are always environmentally friendly. First, I work the metal following my idea, then I ink the matrix and print it with a chalcographic press on cotton paper. I make both small runs and customised one-offs. I try to make them contemporary by choosing views of Venice as my subjects.” Her city maps are particularly noteworthy: “They are based on hydrographic maps of the 1970s, with their characteristic pinkish colour. I use them as a background for my prints, in which I insert typical Lagoon landscapes, with the wooden poles sticking out of the water.” Energetic and passionate, Vanessa has illustrated the posters for two film festivals (Effetto Notte and Estate al Cinema) and created the visual identity for Aquagranda, the digital memory of the city of Venice. She is also actively involved in social work, collaborating with a number of local associations. vanessamilan.org
Vittorio Costantini
Calle del Fumo 5311, Venice
Tel. +39 041 5222265
Vittorio Costantini is a great master lampworker with a truly outstanding artistic flair. A trait that is reflected in his works, displayed in museums and galleries (not only in Europe, but also in the USA and Japan) and in great demand among private collectors. “I started working in the glassworks at the age of 11 and discovered lampworking at 19. I am self-taught and initially it was just a hobby, a pastime after work. My passion grew with time, and eventually I decided to open my own workshop and to dedicate myself exclusively to this time-honoured art,” says Costantini, who has also taught in the USA, France, the UK and Japan, always accompanied by his wife. Shy and reserved, he prefers to speak through his works, which are truly extraordinary.
The poetic delicacy of his colourful flowers with gossamer petals is difficult to put into words, just like his doves and peacocks with polychrome feathers, or the dragonflies with their slender antennae, the ladybirds and beetles with their curved legs that almost seem to be moving, the butterflies in a thousand different hues, the corals of the seabed, the fish with their translucent scales... Costantini’s world starts in the close observation of nature, transporting us into a dimension of beauty and sensitivity. He spends hours creating each individual object. With extraordinary dexterity and precision, he heats the glass rods over the flame, rotating them continuously, using his pliers to add details in other colours, and then cutting and assembling them in a display of creativity that can only be defined as magical. His secret lies in his ability to combine his extraordinary expertise with his love of nature. In his workshop, close the Fondamenta Nuove, visitors can admire some items from Costantini's personal collection, crafted over the years, as well as his most recent works: a feast for the eyes.
vittoriocostantini.com
VS Ceramics
Fondamenta dei Preti 5844, Venice Tel. +39 379 1180380
Valentina Stocco is a young Venetian artisan who manages to capture the colours and poetry of the Lagoon in her ceramic work. “I studied ceramics and sculpture in Venice,” says the talented artisan, “then, during an internship at Central St Martins, in London, I discovered Nordic and Oriental pottery. I was struck by their essential design and glossiness. I felt a strong desire to devote myself to the moulding of clay, and to try my hand at this craft. Back in Italy, I started attending advanced courses in wheel throwing and other processing techniques, until I finally opened my own workshop.” Her main studio is in Mestre, and it is equipped with a lathe, a workbench, tubs, brushes, spatulas, cutters and jars full of pigments. Valentina crafts entire collections for hotels and restaurants, which entrust the art of setting their tables to her taste. She makes many of the raw materials that she uses for the glazes, blending native plants, eggshells, shells, cuttlefish bones, seaweed and ash. Her creations - mostly tableware, bowls, cups, plates, teapots - are piled high on the shelves in her laboratory, reflecting the greens, blues and browns of the Lagoon. “Throwing and shaping each object with my own hands always gives me great joy. I also like to share this ancient craft with others, which is why I organise creative courses and workshops for those who want to learn this method and the different decoration techniques.” Valentina Stocco has recently opened a workshop near the Rialto Bridge, which she shares with Sofia Visca, a goldsmith with whom she creates jewellery using other techniques, such as slab building and coiling. An endless exercise in creativity. vsceramics.com
Alberto Cavalli
Homo Faber 2024: The Journey of Life explores the fundamental relationship between human beings and craftsmanship. This is the vision that inspired Hanneli Rupert, Vice-Chair of the Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, the institution that brings Homo Faber Biennial to life. Both accurate and poetic, this vision led Hanneli Rupert to choose a theme for the third edition of the event that also plays out across ten themed areas of the exhibition itinerary: throughout the cloisters, gardens and halls of Fondazione Giorgio Cini unfolds a story teeming with objects and gestures, evocative references and unexpected surprises – a journey through our human existence, revealing the role of craftsmanship in the most important moments
of our lives as well as in the simplest and most everyday.
Artisans are driven by passion, sustained by talent, animated by beauty. Above all, they are intrigued by life and its ineffable, arcane twists and turns, which can only be told through a powerful synthesis. In order to transfer the human and creative qualities of master craftspeople into a coherent and engaging project, Hanneli Rupert entrusted the artistic direction of this year’s edition to Luca Guadagnino, who, together with architect Nicolò Rosmarini, has worked in much the same way as an artisan would craft a precious piece of ivory, a rare gem, an exotic wood. And to recount the journey of life - which unites all dreams and celebrates all destinies – he adopted an approach encapsuled in the concept of nova ac vetera
Nova: a novel, powerful and consistent itinerary, which winds through the monumental spaces of Fondazione Giorgio Cini to tell the story of objects created with care, meticulousness and passion by master artisans from all over the world. Vetera: a tribute to Carlo Scarpa, to Venice, to the artists who left their mark on the Fondazione Giorgio Cini (Palladio, Veronese, Buora, Longhena, Vietti), arranged within a framework of research and authorial interpretation, to evoke a sense of familiarity that is more of an echo than a vision.
Developed in partnership with Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte and Fondazione Giorgio Cini under the patronage of UNESCO, the Ministry of Culture, the Consulate General of Switzerland in Milan, the Veneto Region and the City of Venice, Homo Faber 2024 complements and transcends the vision of the two previous editions. It complements it because the Homo Faber Biennial continues to be a celebration of human talent, a resource that cannot be replaced, not even in an epoch dominated by technology. But it also transcends it, by introducing an articulate and ongoing narrative path incorporating selected artisans from all over the world. Indeed, Hanneli Rupert has sought to showcase the talents of the artisans capable of interpreting the themes of the Journey of Life in an original, inspired and powerful way, and according to their own heritage: thus, visitors encounter skills, talents and visions that are often little known (because they are either geographically distant or culturally remote), but which Homo Faber 2024 places at the centre of the dialogue thanks to this thematic set-up. Birth, Childhood, Celebration, Inheritance, Love, Nature, Dreams, Dialogues, Journeys, Afterlife: themes that each person can relate to, and that every tradition expresses in a different way. For this reason, they represent a common sentiment, which craftspeople interpret with vivid poetry.
The depth and near-sacredness of the main theme is counterbalanced by the subtle irony that characterises the artistic project, and which can be traced in the elements devised by Luca Guadagnino and Nicolò Rosmarini. This levity, reflected in the choice of colours and playful details, intertwines with the elegance of the finishes, the pursuit of uniqueness, and the display components – which cease to be mere accessories and instead highlight the objects in symphonies of light. Likewise for the flowing visual language that Nigel Peake has created for Homo Faber 2024.
The mirrored surrounds in the Borges maze, the iridescent embroideries that enliven the Cypress Cloister, the precious upholstery that blends with the 20th-century visionary nature of the Tipografia, the dreamlike sumptuousness of the Gandini swimming pool, the alchemical transformation of the former Nautical School: the perspective of Luca Guadagnino and Nicolò Rosmarini finds its way into the hearts of visitors like a wordless melody of seductive charm.
And in hosting this celebration of human talent, Venice, the symbol par excellence of a fragile and powerful beauty, magnifies this concept with its “most serene” and age-old lesson: only that which delights will endure, only that which is made with love will seduce, only that which has meaning is genuinely beautiful. Like a measured gesture, which artisans perform not because they are compelled to, but because they know that this is how the most
beautiful moments in life are celebrated: with a human connection that can only be achieved through meaning, through crafting, through an energy that is first thought and then action. All of this takes place at Homo Faber 2024, where (artisan) knowledge turns into creation, memory, hope.
Giovanna Marchello
The Journey of Life is the inspiration for a large-scale collective embroidery project, specially commissioned by the Michelangelo Foundation for Homo Faber 2024, involving 20 ateliers and independent artisan-artists on four continents. Based on the Game of the Goose, it offers an extraordinary opportunity to admire working techniques, materials and interpretations that are rooted in very different cultures and traditions. At the same time, it allows us to rediscover the history of an age-old game, which we are accustomed to associate with children, but which for many centuries was the sole preserve of adults. It is speculated that its archetype originated in ancient Egypt, or was derived from a Chinese game, consisting precisely of a series of numbered cases arranged in a spiral. What is certain, however, is that after Francesco de’ Medici presented the game as a gift to King Philip II of Spain, in 1580, the Game of the Goose immediately enjoyed great popularity, spreading rapidly throughout Europe.
Board games have always been occasions for socialising and entertainment, but for many centuries the Game of the Goose has also maintained a powerful symbolic significance. The cases depicting a goose represented good fortune, while the hazard cases, such as the Bridge and the Maze, meant adverse fate. From this perspective, the game is an allegory of life, which is subject to the whims of chance, epitomised by the dice the player rolls to determine the number of squares on which to move the pawns.
The unknown is also at the core of the Game of the Goose designed by Nigel Peake, who conceived the new visual identity of Homo Faber 2024. “The best type of conversation is when you do not know what the other person will say in response,” he explains. “I didn’t know how the makers would translate my drawings, and this unpredictability is what makes this project special. The drawings were to act as a score, which every artisan would play with their own voice.” The great choir of the Game of the Goose is a tangible example of inclusivity: alongside illustrious names such as de Gournay (UK), Pino Grasso Ricami (Italy), Sylvie Deschamps (France), Paquili (Spain), we find lesser known but equally relevant realities such as Zarif Design (Afghanistan), Tilli Tanit (Tunisia), Houria Tazi (Morocco), Arte de mi Tierra in collaboration with Uedi by Pehni Arcoíris (Mexico), Mapula Embroidery Studio (South Africa), Kisany (Rwanda), Kalhath Institute (India). And independent artisans representing the contemporary evolution of time-honored traditions: Heehwa Jo (South Korea), Julia Vysokova (Russia-Canada), Kyoko Sugiura (Japan), Egla Memaj (Albania), Maral Sheuhmelian (Armenia), Dinis Pereira (Portugal), Linnea Lyndon (Finland-UK), Oxana Chip (UkraineSwitzerland), Nodir Rasulov (Uzbekistan).
The cases designed by Nigel Peake are based on the layout of the original board game, enriched by references to the city hosting the event. “Venice is a nice city to be lost in,” he says. “A narrow street becomes a canal sometimes. A line becomes a church, then a bridge, then a square.” In between the Geese, Bridges and Mazes are cases occupied by blown-out sections of the map of Venice that, depending on the personal vision of each embroiderer, can become graphic abstractions, but are always retraceable to the game itself. The sixty imposing embroidered panels of the Game of the Goose displayed in the Cypress Cloister mark the beginning of Homo Faber 2024: The Journey of Life. They also represent an extraordinary compendium of traditional and contemporary embroidery. An exercise in style that challenges the artisans to
step out of their comfort zone, and to create a unique embroidery that expresses their individual craftsmanship, creativity and interpretative skills, as well as the culture of their country, their history, their personality and, last but not least, their humanity.
Andrea Tomasi
In days long past, the island rang out with the prayers, laughter and silence of the influential Benedictine monks who inhabited it. In 1560, they summoned the most celebrated architect of the day, Andrea Palladio, to build them a magnificent refectory, which was decorated with a painting that gained instant fame: Paolo Veronese’s Wedding at Cana, depicting one of the best-known biblical stories, in which Jesus Christ turns water into wine. Today, this beautiful and imposing hall, first turned into an arsenal by Napoleon, then into a hospice for the sick and wounded, is the heart of Fondazione Giorgio Cini and its most spectacular feature, together with the cloister that opens in front of it, also designed by Palladio, and the staircase built by Baldassare Longhena in the mid 17th century. The wooden wainscotting running along the walls was inspiringly designed by architect Michele De Lucchi, who, in the early 2000s, was given the task of breathing new life into the space. In the hall hangs an exact replica of Veronese’s painting, since the original was looted during the Napoleonic occupation and has since been at the Louvre. For the Homo Faber 2024 curatorial team and art directors, the hall’s renewed splendour was the perfect place to celebrate the Journey of Life.
A common thread runs through every culture across our planet: when families and friends get together to celebrate a happy event, the tables are decked with plates, glasses and assorted tableware, as well as food and drink to share, of course. Hence the Celebration room is dedicated to the arts de la table, whether in the luxurious and ornate style of the west or in the essential style of the Orient, in the joyous colours of Africa or in minimalistic Scandinavian whiteness. Within a setting that pays homage to the genius of Carlo Scarpa, Luca Guadagnino and Nicolò Rosmarini have conceived a table measuring more than 20 metres standing on a carpet also designed by them, and which was hand-woven by the artisans of Jaipur Rugs, an Indian excellence of international renown. The table is bedecked with a profusion of functional and decorative objects in porcelain, crystal and silver - a great passion of the director of Challengers - as well as food that reveals itself for what it is only up close: creations made of glass, paper, wax, ceramic and metal to simulate fruits and vegetables, pastries, cakes and many other treats.
Leading manufacturers, such as Christofle and Bernardaud, independent artisans and small workshops embrace an innovative dialogue and a creative approach to traditional tableware. Italian craftsmanship finds its place on this stroboscopic dining table: Simone Crestani, a young virtuoso of glass who was awarded the title of Maestro d’Arte e Mestiere; the celebrated Vetrerie di Empoli glassworks; Ganci Argenterie and Argentiere Pagliai, respectively carrying the banners of Milan and Florence, historical world capitals in the crafting of silver. Before entering the great hall – a feast for the eyes and mind - visitors pass through two other spaces brimming with talent and mastery. The steps leading to the Cenacolo Palladiano are transformed into an enchanted garden by the trees imagined by the two art directors together with Nigel Peake, who designed the visual identity of Homo Faber 2024. The area in front hosts an imaginary kitchen equipped with pots, pans and knives: in other words, everything that is not seen on a dining table, but is essential to the success of a banquet. Here we discover artisans at work, whose craft is linked to the main theme of the room: knifemakers specialising in the art of engraving, porcelain and glass decorators, as well as paper and embroidery artists who skilfully transform raw materials
into surprisingly realistic food. The spaces dedicated to Celebration keep their promise: satiate the public’s curiosity, fill their eyes with enchantment, stimulate their discernment. Take a seat, beauty is served.
Alberto Cavalli and Francesco Rossetti Molendini
“Nature is a temple in which living pillars / Sometimes give voice to confused words; / Man passes there through forests of symbols / Which look at him with understanding eyes.” In Les Fleurs du Mal, Charles Baudelaire explores the endless correlations between man and the natural world. Upon entering a forest, the temple of nature, all five senses are activated. Similarly, the exhibition space that Homo Faber 2024 dedicates to Nature offers an immersive experience that is both engaging and surprising, creating a feeling of intimacy between visitors and beauty.
This exhibition is staged in the premises that previously housed Fondazione Giorgio Cini’s Printing Shop, which has undergone extensive restoration on the occasion of the Homo Faber Biennial, thus contributing to the maintenance of the architectural heritage of the Island of San Giorgio. The celebration of nature within the theme of this edition, The Journey of Life, is particularly significant. According to Aristotle, humanity has a “natural” tendency to portray reality through words, sounds and images. By emphasising that nature is the primary source of inspiration in the creation of beauty, the Michelangelo Foundation focuses on a relationship that is enriched by the “touch” of those who are capable of moulding beauty with their own hands: craftspeople. In the space dedicated to Nature, artisans from all over the world engage in a dialogue through a curated selection of meaningful objects and materials, with a special focus on the environment and sustainability. This perspective is exemplified in the approach of the Living National Treasures of Japan, whose deep-rooted relationship with the symbols of this generative power induces them to have an almost sacred respect for nature: respect for techniques, for materials and for the knowledge that they are committed to perpetuating.
The visitor’s experience in this space is both personal and inclusive. Personal because each individual has their own way of relating to and perceiving nature. Inclusive because nature is universally regarded as a maternal figure: “the sweetest of mothers”, as Giovanni Pascoli reminds us. The beauty of the exceptional works of craftsmanship exhibited here is both fragile and powerful.
In addition to a hand-picked selection of artisanal objects (including a magnificent, dreamlike table from the collections of the Mobilier National), the exhibition room also hosts exclusive installations by Cartier and Jaeger-LeCoultre, two Maisons that historically draw their creativity from their relationship with nature. A new jewellery collection, inspired by the animal kingdom and made expressly by Cartier for Homo Faber 2024, is unveiled in Venice together with a number of iconic creations epitomising the connection between the French Maison and nature. Four workstations enable visitors to appreciate first-hand Cartier’s outstanding savoir-faire: from glyptic art to goldsmithing, from design to jewellery making. Nature is embedded in Jaeger-LeCoultre’s DNA: not surprisingly, its headquarters are located in the Vallée de Joux, the world centre of fine watchmaking, an uncontaminated valley that inspires all the collections created here. The Swiss Maison offers visitors fascinating live demonstrations of enamelling and other haute horlogerie techniques. Together with an exclusive new edition of the iconic Reverso inspired by art, Venice and its natural landscapes, which bears witness to fine craftsmanship at the height of creativity. At the end of his poem, Baudelaire refers to emotions “that sing the ecstasy of the soul and senses”, as if to emphasise the intense pathos that nature instils in the human being, the active protagonist of this powerful beauty. Just like the works on display in this space.
Caroline Bishop
That’s the concept behind the exhibition space entitled Love at Homo Faber 2024: The Journey of Life. The exhibition as a whole, designed by art directors Luca Guadagnino and Nicolò Rosmarini, aims to show how craftsmanship is woven into the fabric of a human life. Of course, love is an inextricable part of the human experience, whether that be romantic or familial, between platonic friends or even between close colleagues who share a passion for their work. Craft’s relationship with this powerful emotion is expressed in two interlinked rooms celebrating the customs, tokens and symbols of romance, love and commitment across different cultures. “Love is a fundamental human emotion, yet it is not always easy to express,” says Alberto Cavalli, Executive Director of the Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, which is organising Homo Faber 2024. “It is inevitable, therefore, that we look for physical objects – objects crafted with care and imbued with meaning – to say what we cannot communicate with words.”
Visitors entering the first of the two rooms, dedicated to courtship, find themselves in an imaginary garden of seduction, alive with flowers crafted from an array of different materials by artisans from all over the world. An intricate lampworked glass sculpture of bees buzzing around blossoms made by renowned Italian glassworker Simone Crestani, colourful blooms fashioned from feathers by French atelier Prune Faux, and blackberry plants made from crêpe paper by Danish artisan Signe Elisabeth Scharling are among the original and inventive works on display. Several of the pieces symbolise the love and respect between artisans working together, such as the fabric flowers by Dutch collaborators Nicole Driessens and Ivo van den Baar, and an imaginative creation by two French artisans, macramé worker Laurentine Périlhou and glassblower Thibaut Nussbaumer, who are collaborating especially for Homo Faber 2024. Lastly, Van Cleef & Arpels showcases the floral jewellery that is such a part of the Maison’s heritage.
Moving into the next room, encapsulating the idea of union, visitors encounter a spectacular space lit by multiple chandeliers, an installation created –appropriately – by an artist-designer duo, Eugenio Rossi and Yaazd Contractor of thebackstudio, and sponsored by Officine Panerai. Basking in its glow are exquisite objects expressing love and commitment, from the symbolic to the literal. Heart-shaped wooden stools by Slovenian woodworker Oskar Kogoj sit next to an embroidered love letter by British textile artisan Rosalind Wyatt, Lino Tagliapietra's red vases engage in a dialogue with an ornamental heart sculpted in recycled plastic and covered in silk embroidery by Moroccan artist Ghizlane Sahli. Diego Percossi Papi's marvellous box, one of the winners of the call for entries organised by Homo Faber Guide, illustrates the role of love in people's destiny through the figures of artfully enamelled tarot cards set among shining stones.
Alongside the work of these independent craftspeople, several prestigious Maisons present romance-inspired objects and demonstrate the savoir-faire involved in making them. Watchmakers from Vacheron Constantin reveal the techniques involved in creating exquisite timepieces, echoed by the master restorers of the Louvre, who will demonstrate how precious objects can accompany us for centuries. Jewellery makers from Buccellati have crafted bespoke rings made especially for Homo Faber 2024. Artisans from Van Cleef & Arpels demonstrate the skills that go into the jewellery collection Les Inséparables / Lovebirds, along with its extraordinary Fée Ondine automaton of a bejewelled fairy sitting on a lily pad, a collaboration with the French master of mechanical art, François Junod. And Serapian displays a Milanese vintage trunk showcasing its unique leatherworking technique, the Mosaico. Visitors can even roll their sleeves up and try their hand at beading under the guidance of masters from Chanel Lesage embroidery workshop le19M.
In all, it’s an exploration of love across cultures, countries and crafts which attests to the importance we attach to this vital emotion, and the ability craft gives us to express it through symbols, colours and motifs, whether that be a pink glass vase or an embroidered wall hanging depicting entwined doves. “Love is universal,” adds Cavalli. “The care and thought that artisans put into making their handcrafted objects conveys a meaning that crosses languages and cultures.”
Stefania Montani
The inspiring story of Italian master artisan Dante Negro is based on talent, commitment and creativity. At the age of 12, he started working in the artist studio of Toni Benetton, the renowned metal sculptor in Mogliano Veneto. Dante picked up the secrets of the trade from him, juggling pliers, drills, milling cutters, iron lathes and welding machines. He worked hard until 1964, when he decided to open his own workshop in his home town, Biban di Carbonera, where he began his personal journey, experimenting with metal, sculpting it and creating indoor and outdoor furnishings such as tables, chairs, benches and beds, some of which were custom-made.
Being also very skilled in the art of restoration, he rapidly established a sizeable clientele. Many of his creations draw their inspiration from the shapes of nature: not only elaborate patterns and decorations, but also essential, highly innovative designs, made in wrought iron and stainless steel.
When his first garden furniture range was born, it immediately attracted the attention of architects, marking his breakthrough. Since then, he has developed countless projects, which he carried out first with the help of a couple of artisans, then with a full-fledged team, until he was joined by his son Elia, who had inherited his father’s passion for this ancient craft.
“I joined the workshop at a very young age,” says Elia, “sharing the same passion for this profession. Thanks to my father’s teachings and to years of practical experience, today I can proudly pick up the baton he has passed on to me. We have a huge archive, accumulated over more than 60 years. And thanks to the collaboration with designer Margherita Rui, who became the creative director of the brand in 2021, we have also developed new ranges.”
“In recent years, the company has evolved into a world-class design brand,” continues Elia. “We have many international customers who appreciate the level of our workmanship and care for detail, and what we represent in the history of Italian craftsmanship. We are focused on the production of high-quality furniture and architectural structures. For this reason, we have broadened the network of craftspeople with whom we collaborate, so as to establish an extensive production district specialising in glass, wood and marble, and within easy reach of our company.”
Creative director and designer Margherita Rui has been involved in developing the latest collections: “In addition to the Heritage collection, which features traditional designs that are always contemporary, we developed our Blending Habitats line, which combines iron and metal with other materials to create innovative furnishings for both indoors and outdoors. We also offer our customers bespoke solutions with the expert support of our staff.” Dante Negro supervises every project, from the initial proposal to taking the measurements, from the construction phase to the installation, from the finishing touches to the testing.
The Bambusae collection designed by Zanellato / Bortotto is particularly striking: once forged, these thin iron rods reminiscent of slender bamboo canes are used to create lightweight outdoor structures and overhead covers, as well as tables and seats. Also conceived by the young designer duo is the Corda collection: the sinuous knots interrupting the lines of the armrests, framing the gazebos or supporting the table tops appear to be made not of wrought iron but of real ropes. The latest furnishing accessories to emerge from the creativity
of these masters of the forge coordinated by Margherita Rui include the Dolmen and Type collections by Stormo Studio, the essential design of which is reminiscent of primeval worlds.
Margherita Rui’s Dolmen collection was chosen to outfit the Compagnia della Vela on the Island of San Giorgio, which in the third edition of the Homo Faber Biennial has been transformed into a restaurant headed by Chef Salvatore Sodano. At Homo Faber 2024, Dante Negro is also featured in Fondazione Giorgio Cini’s beautiful garden: for this space, art directors Luca Guadagnino and Nicolò Rosmarini have picked the Acanta, Begentle and Checkmate seats, the Nottambula sofas and armchairs, and the Tavolario coffee table, all of which belong to The Past Is Not Gone (Heritage collection). The fabrics used for the luxurious cushions are made by Fortuny.
Anna Carmen Lo Calzo
The future of beauty depends on the creativity, resourcefulness and skill of a human network connected by the powerful element of dialogue. An intense and brave dialogue, which is based on the transmission of expertise. The third edition of the Homo Faber Biennial picks up the thread of an ongoing conversation on the synergy between design and craftsmanship, and focuses on supporting the increasingly tight weave of “close encounters” between masters and apprentices, artisans and artists, artisans and designers, artisans and scientists. In order to reach a sustainable future supported by human talent and meaningful relationships and interactions, it is necessary to overcome certain artistic and cultural barriers, thus creating the “starting point” of a journey under the banner of collaboration, which is an indispensable element for the evolution of creativity.
Designers, craftspeople, masters and apprentices are increasingly interconnected and bonded by their passionate common purpose of transforming matter into co-created objects that tell the story of life and ultimately leave their mark. The Homo Faber Fellowship was born from this vision: a seven-month international vocational training programme developed by the Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, which takes its inspiration from Fondazione Cologni’s programme Una Scuola, un Lavoro. Percorsi di Eccellenza (A school, a job. Training to excellence), specifically created to match master craftspeople and budding artisans who have just graduated. The first edition of the Homo Faber Fellowship, which ended in April, successfully involved 20 couples. The second edition will be launched this year and end in 2025.
For Homo Faber 2024, art directors Luca Guadagnino and Niccolò Rosmarini, strongly supported by Hanneli Rupert, Vice-Chair of the Michelangelo Foundation, consecrated Fondazione Giorgio Cini’s former nautical school to the topic of the dialogue of knowledge: the project recreates an environment in which the main protagonists are international design, contemporary craftsmanship and outstanding manual skills, represented by means of co-signed objects and evocative live demonstrations.
The participation of Montblanc, IWC, Piaget and Santoni (which, for the occasion, offer the public the immersive and engaging experience of direct contact with their craftspeople at work), consolidates the message of support for the value of preservation, collaboration and transmission. Within the exhibition, the four Maisons tell their stories that span from drawing, goldsmithing and haute horlogerie to shoemaking. Piaget offers visitors a firsthand contact with goldsmithing. Know-how is at the heart of the production of the Swiss Maison, which supports the culture of craftsmanship in order to preserve and perpetuate the many competencies that are indispensable in the creation of luxury watches and jewellery. Long-standing Swiss watch manufacturer IWC, known for its timepieces that combine precision
engineering with exclusive design, is exhibiting a replica of the Perpetual Studio, recently presented at the Watches & Wonders exhibition in Geneva: an inspiring dialogue between watchmaking and science. A custodian of the value of transmission through its own Academy, Santoni highlights the crafts involved in shoemaking, offering the public an exclusive view of a workbench where artisans demonstrate how the moulding is done by hand, as well as Santoni’s celebrated “velatura” dying. Montblanc highlights the dialogue between drawing, sketching, the representation of reality and embroidery on leather: different crafts united by common values.
To celebrate European excellence, Homo Faber 2024 presents in this space also 13 drinking sets made by Vienna-based J. & L. Lobmeyr, historical protagonist of Austro-Bohemian glass production, which has been advocating collabotarions between designers and artisans for a hundred years, creating exquisite and finely crafted objects.
Homo Faber Fellowship dialogues also with Doppia Firma, the project conceived by Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte and Living - Corriere della Sera, which has given rise to creative and unusual partnerships between European designers and Italian master artisans. These partnerships are represented by a selection of objects designed and crafted under the banner of dialogue for Doppia Firma. As is the case of some Venini vases designed by great designers, displayed here to celebrate the encounter between design and fine craftsmanship. The exhibition in the Scuola Nautica is an immersive experience, where the human hand and its ability to perform a gesture are at the core. Setting out on a quest for uniqueness, perfection and the details that make the difference, the hands and the mind speak the same language, and reach the heights of magnificence. This journey also reveals the many initiatives aimed at supporting the transmission of knowledge and investing in motivated young people: the inevitable and crucial handing-over of skills between the masters of today and tomorrow. All this converges into a creative experience of immense human value, brimming with extraordinary opportunities.
Susanna Pozzoli
Homo Faber in Città is an open invitation to discover and meet in person the master craftspeople engaged in the creation and passing on of their knowledge. Organised by the Michelangelo Foundation with Fondazione Cologni, the second edition of Homo Faber in Città is made possible thanks to the invaluable collaboration of CNA, Confartigianato Venezia, and Consorzio Promovetro Murano. The project is supported by Cartier, a patron of craftsmanship committed to the transmission and success of savoir-faire. Across calli and campi, immersed in the unique and always surprising beauty of a city like no other, visitors can explore a wide variety of workshops that have either been handed down from generation to generation or were opened in more recent times. An opportunity to meet face to face with artisans of different ages and background and observe them while they craft objects of stunning beauty. From 1 to 30 September, the workshops taking part in the initiative display a special window sticker, while the Homo Faber Guide app (www.homofaber.com) provides detailed information about the times during which it is possible to visit the workshops and meet the artisans. Visits are always free of charge and, thanks to an interactive map, it is possible to create personalised itineraries that are off the beaten track. Alongside the main programme, special events take place throughout Venice: on Wednesdays, for example, Fondaco dei Tedeschi hosts an experiential evening dedicated to the world of craftsmanship, while Splendid Venice - Starhotels Collezione presents the ceramic art project In alto i cuori by Studio Elica within the exhibition L’Italia nel cuore.
Browsing through the names of the 70 participants, visitors can find crafts that are connected to the city and which have an enormous historical and cultural value, such as Murano glassmaking, represented by historical furnaces and independent small businesses established in more recent times. Lampworking is widely represented and interpreted with artistic freedom by masters and talented young artisans working in Venice. Burano’s lace-making tradition is showcased through historical pieces and contemporary works. Also in Burano is the workshop of Antonio Dei Rossi, who specialises in figurative murrine
On the occasion of Homo Faber in Città, Orsoni 1888 opens its doors to reveal how mosaic tesserae are crafted, while Mosaic Studio demonstrates how a contemporary piece is created with the time-honoured technique of the Spilimbergo school. Other very important glassworking techniques, such as grinding and fusing, are also featured in the programme. Not to mention the selection of skilled craftspeople who carry on the tradition of the impiraresse (bead stringers), paying homage to the thousand ways of creating jewels and objects with historic conteria beads.
Movable type printing, serigraphy and engraving are also in the programme, with an interesting selection of workshops that create, restore and teach these techniques or produce different kinds of works in paper. Restoration, which is fundamental for the conservation of Venice’s inestimable artistic heritage, is in the hands of talented craftspeople. The Uni.S.Ve restoration centre is also open to visitors interested in discovering an exceptional institution that provides training in different restoration practices. Being in Venice, there is no shortage of theatre and carnival costumes and papier-mâché masks made by craftspeople who perpetuate tradition with their own personal flair. Ceramics too are well represented, with a number of artisans and their differing styles and manufacturing techniques. Not to mention the luthiers, the artisans who sculpt superb oars and rowlocks, those who excel in woodcarving and inlay, in men’s tailoring, in the creation of handmade shoes, in flags and hand-painted banners for regattas. Up-and-coming artisans share a desire to reinterpret objects and their use, paying great attention to the production process in an effort to reduce the use of raw materials and minimise waste. With leather, wax and brass, with scraps of Murano glass, many of them are involved in the difficult task of creating beauty with increasing awareness and respect for the environment.
The artisan workshops of Venice provide an alternative to the pace of contemporary life and present us with a unique opportunity to stimulate our curiosity. They are islands of work and peace amid the frenzy of a city increasingly suffocated by hit-and-run tourists who only rarely slow down to savour the joy of discovery.
Jean Blanchaert
Had he been alive today, the 19th-century grandson of two German rabbis –brought to fame by his disruptive ideas and for coining a slogan worthy of the most creative of copywriters – would exclaim: “Glassworkers of the world, unite!” Thanks to the alignment of the stars, and to the determination of a few illuminated individuals, the month of September 2024 will remain imprinted in our memories: the city that is more a dream than real has attracted from all corners of the world the most talented artisans capable of transforming matter, shaping it into something to be admired.
In the 1920s, the great visionary Paolo Venini invented a new way of conceiving the art of glass, connecting the age-old techniques still in the hands of master glassmakers with new ideas brought by artists who were entranced to discover that what they imagined could actually be translated into silicon
oxide, in other words, glass. Their new ideas were borrowed from art, which had already experienced Cubism. The Revolution had taken place and, more often than not, it was enough for artists and designers to sketch an idea with a piece of white chalk on the small black iron table adjacent to the scanno (the workstation where the master is seated) to see the master glassmakers enthusiastically put their skills to the service of something they had never seen before. The great masters of the 20th century were well aware that they were the armed troops of an aesthetic revolution that was changing the way in which things were perceived. The same can be said of contemporary masters. Whether or not they verbalise it, they are galvanised by their ability to give shape to new sculptural concepts: without them, this ethical-aesthetic revolution could not take place.
In addition to technical expertise, without which nothing can be achieved, there is another essential ingredient in the relationship between artists and artisans: the ability to communicate, to hint, to perceive images, ideas, shapes, without using words, but simply understanding each other at a glance. One of the most important ingredients in glassmaking is the magical fellowship that develops between those taking part in this ritual. The din of the furnace takes us back 2,700 years, to the Homeric forge of Hephaestus, in the second book of the Iliad. The choreography of the dance, the chemistry between artist, master, assistant master, servente, serventino, garzone and garzonetto is a subconscious activity that, being exercised every day, is all the more effective: it is called telepathy, the secret weapon of the furnace. While the first two editions, in 2018 and 2022, had focused on Europe, Homo Faber 2024: The Journey of Life, curated by the Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship under the artistic direction of Luca Guadagnino and Nicolò Rosmarini, addresses craft excellence at a global level. Beyond the Homo Faber Biennial, which takes place on the Island of San Giorgio Maggiore, Homo Faber in Città gives visitors the opportunity to discover Venice and the islands of Murano and Burano through the city’s many artisan workshops, and to witness first-hand the skills of their craftspeople. This showcase of crafts and, above all, master artisans, fits naturally into the Venetian context, steeped as it is in art and craftsmanship. In the field of glass, many outstanding artists and craftspeople are featured within the itinerary developed and coordinated by Susanna Pozzoli with Fondazione Cologni. Among them: lampworker Emanuel Toffolo, for the past 20 years an authentic sculptor-entomologist, who was in turn inspired by the great master Vittorio Costantini; Alessandro Bosco and Alessia Fuga, a fine example of young people excelling in this challenging and ancient craft; Mauro Vianello and his aquariums; Moulaye Niang, maker of glass beads inspired by the colours of Africa; Matteo Tagliapietra, for many years the primo maestro at the Gambaro & Tagliapietra glassworks; Nason Moretti, makers of strikingly coloured glassware; Simone Cenedese, who has made a name for himself internationally, following his father Giovanni’s footsteps; Roberto Beltrami, head of Wave, who trains numerous foreign apprentices and uses highly sustainable American furnaces; Fratelli Panizzi, outstanding experts in cold glass etching; Alessandra Di Gennaro and Romuald Mesdagh, master mosaicists from the renowned Scuola di Spilimbergo; Muriel Balensi, who forges unique beads out of slender glass rods in her Murano workshop. The itinerary also features the now rare figurative murrine created by Antonio Dei Rossi; Orsoni’s great mosaic tradition, with its amazing Colour Library; while Micheluzzi Glass reinterprets the heritage of glass art with its unique contemporary design. The creations of Elena and Margherita Micheluzzi, daughters of the famous master glassblower Massimo, are inspired by the evocative atmosphere of the Lagoon, and are characterised by faceted and iridescent surfaces that enhance the vibrant and tactile perfection of glass. The second edition of Homo Faber in Città unfolds in synergy with the Venice Glass Week, the international glass festival now in its eighth year,
and many master artisans will participate in both events. The rich itinerary also includes the new exhibition “1912-1930 Murano Glass and the Venice Biennale”, curated by Marino Barovier, held in Le Stanze del Vetro (on the Island of San Giorgio Maggiore): an extraordinary cultural project born from the joint initiative of Fondazione Giorgio Cini and Pentagram Stiftung to promote the study and recognition of 20th-century and contemporary glass art.
Fabrizio D’Oria and Alberto Bozzo
From 3 to 6 October 2024, the second edition of the Salone dell’Alto Artigianato Italiano will take place at the Arsenale of Venice. The exhibition celebrates the elegance and refinement of centuries-old crafts together with the passion and creativity of the young artisans who represent the future of art and craftsmanship in Italy. From north to south, bridging tradition and innovation, the event pays homage to the past and looks into the future of Italian craftmanship, in a tribute to the artisan savoir-faire that has always characterised our country and will continue to do so in the centuries to come.
The Salone dell’Alto Artigianato Italiano is promoted by the City of Venice, funded by the Italian Ministry of Tourism and organised by Vela S.p.A. within the project “Venice and its lagoon: management and enhancement of tourist flows”, an initiative aimed at supporting cultural and tourist destinations in which UNESCO World Heritage Sites are located. The first edition was very successful in terms of attendance, with more than 15,000 visitors, one out of five from abroad, and over 100 exhibitors who, for four days, brought their uniqueness, cultural identity and regional traditions to the lagoon.
This autumn, the historic Tese docks at the Arsenale of Venice will return to be the heart of the exhibition: an exciting and evocative experiential journey through a variety of cultural expressions and crafts – from fine fabrics to ceramics, from traditional goldsmithing to glass blowing, as well as furniture, design objects and much more - that have always been the banner of Italian workmanship around the world. A showcase of all the aspects involved in artisanal work, highlighting the passion and care that goes into every crafted item.
For four days, Venice will reveal its very essence through an exhibition that looks to the future, accompanying visitors on an immersive cultural journey among ateliers, workshops and young talents. These custodians of an inestimable heritage of knowledge and skill are also committed to training the next generation of men and women, who will one day continue to express their craftsmanship through the creation of their works of art.
The Arsenale will host many outstanding exhibitors, including traditional Venetian artistic crafts: glass beadworkers, lacemakers, ceramic and mosaic workshops, eyewear and jewellery makers, wood and ceramic restorers, silk screen printers, glassworks, textile ateliers and manufactures, bookbinders and, of course, makers of sartorially crafted costumes and original papier-mâché masks for the Carnival of Venice. To entice the public, live demonstrations of techniques and processes – from mosaics to ceramics, from tapestries to stringed instruments, from goldsmithing to carving, from glass blowing to lacemakingwill be held in different booths, where master craftspeople will display their skill in creating artworks of extraordinary beauty.
“In this superb setting we showcase the small businesses that represent the cultural stronghold of our country and the custodians of its identity,” remark Fabrizio D’Oria and Alberto Bozzo, respectively operations director and commercial director of Vela S.p.A. “Thanks to the intuition of Mayor Luigi Brugnaro, this event complements the Salone Nautico in its consolidated commitment to the organisation of top-quality events in the city of Venice that are aimed both at its citizens and guests.” The exhibition is also the ideal platform for talks and round tables on related themes, which are run by the
exhibitors themselves with a focus on innovation, tourism and sustainability.
The Salone dell’Alto Artigianato Italiano, which was granted the status of fair of national relevance by the Veneto Region, has obtained an ISO 20121:2012 certification from RINA, attesting that the event is managed according to the principles of sustainability.
Margherita Rosina
It is very difficult to sum up in a few lines the history of a company like Achille Pinto, which has always maintained a low profile ever since its foundation. Established over 90 years ago at Casnate con Bernate, the company specialises in a range of activities, which span across weaving, printing, accessories, finished garments and top-end homewear.
The founder’s spirit, which his descendants have inherited, reveals itself in the company logo: a small, stylised bee enclosed in a triangle. The insect he chose is not a flamboyant butterfly, but an industrious bee (ape in Italian), which is also the founder’s acronym: Achille Pinto Export.
Achille started out as a worker in a Como dyeing factory. In 1933, he acquired three discarded looms and opened a small concern, which he ran in the cellar of his home. Business grew rapidly, and ten years later he had thirty looms, mainly employed in the production of jacquard and printed fabrics for ties. After World War II, during which production was halted, the company continued to expand and a photo-engraving department for manual printing was added. It was a very exciting time for Como’s textile industry, which was renowned in Europe for the resourcefulness of its protagonists. Mme Brossin de Mérè, a famous Swiss designer who collaborated extensively with various Como-based companies, declared in a 1952 interview “how pleasant it was to work with attentive and meticulous technicians, always eager to solve problems, and sympathetic industrialists keen to bring something new to the table.” These characteristics reflected Achille Pinto’s world to perfection. In 1959, a second important milestone took place: Achille’s three sons became involved in the company and were joined, in 1969, by his son-in-law Mario Uliassi, who later took on the role of managing director and decided to divide Pinto into three independent but interconnected divisions: clothing, accessories and textiles. Achille Pinto is now run by Mario Uliassi’s children: Paolo, in charge of the textile department, Matteo, who manages the finished products division, and Lisa, head of the design studio. The company currently employs over 400 people in eight plants, located in the Como and Biella areas, which cover all the production stages of clothing and accessories for the high-end market. Although it is situated in the heart of the town, the Casnate plant has retained pretty much the appearance it had in the 1950s, when it stood in the open countryside. Inside, the building offers endless surprises, starting from the immense product archive, a fundamental resource for an industry of this importance operating in this territory. It is virtually impossible to calculate the number of carefully inventoried fabric swatches and patterns coming from Pinto’s production and from other important Como archives, such as those of Jermi and Giuseppe Menta. The collection reflects the company’s dedication to the textile heritage of the past, coupled with the desire to make the best possible use of it in its contemporary production. To protect their inherent fragility, some 275,000 patterns have been classified and digitised to date, and are available to clients through a large interactive digital table that allows them to instantly test the effect of a given design on a variety of garments and accessories. In this way, the original fabric and paper samples are touched only when it is essential to check their texture or colour shades.
The printing division caters for a whole gamut of requirements: from digital printing, in which Achille Pinto was a pioneer, with an output of as
many as 300/400 metres per hour, to twin placed digital printing, that can simultaneously print on both sides of the fabric, even in different colour variants. The Cosmoprint facility, which Valeriano Gaffuri directs together with the Uliassi brothers, specialises in screen printing. Although it is located close to the headquarters, the pace here is completely different and the work purely artisanal. Valeriano, who personally oversees the activities, welcomes us apologising for the colour that stains his clothes. He shows us around, inviting us to take in the sophistication of a technique that is significantly slower than ink-jet printing, and which has indeed brought world renown to Como’s printing plants. This is where the order are carried out for the most prestigious brands, whose clientele can truly appreciate the exclusivity of prints featuring over thirty different colours, executed both on silk and on fine wool or cashmere fabrics warped and woven at Gaglianico, near Biella, in one of Pinto group’s subsidiaries.
The third generation of entrepreneurs now running Achille Pinto has broadened the business, taking over companies offering a high level of craftsmanship in the field of homewear, such as Alonpi, specialising in extremely refined cashmere throws, and Franco Ferrari, creating nature-inspired scarves and garments in bright colour combinations. Lastly (but with the Uliassi brothers it’s a safe bet they’ll be coming up with more surprises soon), the collaboration with Pierre-Louis Mascia, a French illustrator with whom they have entered into a partnership that started with the production of accessories and later extended to clothing and homewear. Mascia’s very personal style is unaffected by trends, and features a medley of inspirations ranging from the Renaissance to ethnical and geometric designs, to embroidery, all of which contribute to making his signature unique and highly recognisable. Pierre-Louis Mascia himself created the bespoke silk velvet kimonos for Homo Faber 2024, painstakingly crafted by Achille Pinto to celebrate The Journey of Life.
This kaleidoscope of operations, merging cutting-edge technology, fine craftsmanship and creativity, has always been managed with a keen eye on environmental issues. Since the 1990s, Pinto has been engaged in the purification of water used for dyeing and in the reduction of noise and emissions into the atmosphere in full compliance with the latest environmental standards, thereby becoming a green company committed to sustainable development. Even though the founder could not have foreseen this evolution, by choosing the bee as his logo he continues to communicate a deep respect for nature.
Alessandra de Nitto
There is no city in the world that is more admired, more celebrated, more sung by poets, more portrayed by artists, more desired by romantic couples, more visited and more loved. “Venice! Is there a name among the human languages that has made people dream more than this?” wondered Guy de Maupassant, one of the city’s most illustrious admirers.
An extraordinary destination; the most unusual city; a paradise of cities; the most inconceivable of all: these are only some of the definitions given to Venice by the greatest poets of all time. “Thank God I am here!” exclaimed John Ruskin, as happy as ever, under a moon that was “enough to make half the sanities of earth lunatic.” Thomas Mann, who adored Venice, recognised the city’s compelling and dangerous spell: “This was Venice, the flattering and suspect beauty — this city, half fairy tale and half tourist trap.” Peggy Guggenheim was so in love with Venice to choose it as her home, and give the city one of its most fascinating and visited museums. Nonetheless, the rebel American heiress warned young newlyweds against this coveted destination: “It is always assumed that Venice is the ideal place for a honeymoon. This is a grave error. To live in Venice or even to visit it means that you fall in love with the
city itself. There is nothing left over in your heart for anyone else.”
During Homo Faber 2024: The Journey of Life, visitors venturing beyond the magnificent walls of Fondazione Giorgio Cini, and into the city’s calli, campi and campielli, up and down its thousand bridges, will have the opportunity to experience the fascinating microcosm offered by Homo Faber in Città: an unexpected itinerary among the many workshops and ateliers that, day after day, renew the beauty of Venice’s traditional craftsmanship in a contemporary key. These extraordinary treasure troves of savoir-faire are inhabited by skilled craftspeople in love with Venice and their craft, which in this unique city takes on an unparalleled charm and motivation. Homo Faber in Città is a virtuous network developed by the Michelangelo Foundation and Fondazione Cologni, which invited master artisans in Venice, Murano and Burano to open the doors of their “sanctuaries” to visitors willing to discover the city’s most hidden and lesser-known faces and loose - and possibly even find -themselves in this beauty. This is what happened to many of the masters along this itinerary, where Venetians by birth work alongside Venetians by adoption. Artisans who have chosen Venice, deciding to settle down and stay, finding in its secret corners an authentic dimension, where it is possible to live and work. These talented men and women have allowed themselves to be seduced by the magic of Venice and live it to its fullest, surrendering their unconditional love to the city and bringing their knowledge and native cultures in dowry. Today, these outstanding foresti, foreigners in Venetian dialect, are somewhat “more royalist than the king”: in other words, more in love with Venice than the Venetians themselves. Fondazione Cologni has entrusted Susanna Pozzoli with the task of creating Homo Faber in Città’s network, consisting of 70 artisan workshops. Susanna herself made the same journey, but in reverse: from Italy, she chose to study in Paris, where she later settled down to live and work. A photographer by profession, for many years she has been documenting the work of artisans, tiptoeing into their workshops and revealing their humanity with her keen and sensitive eye.
She tells me the stories of the travellers who have stopped in Venice for good. Unlike Peggy, their love for the city was not all-consuming. Instead, it nurtured their talent, fuelled their passion for knowledge and gave them the happiness that always comes with it. People who, to quote again Maupassant, have chosen to look at Venice with the eyes of their dreams. Among their many fascinating stories, waiting to be discovered during Homo Faber in Città, I would like to mention two that I find particularly representative and meaningful. I will begin with Muriel Balensi. After growing up in the south of France, Muriel went on to study and work in Paris, but she didn’t find it fulfilling: “I just felt that I was not doing the job I was born to do,” she explains. While on holiday in Venice, she discovered the charm of lampworking: a true call of destiny. She bravely returned to Venice absolutely empty-handed (she had neither friends, nor money, nor any knowledge of the language...). Sixteen years on, Muriel is held in high regard for her expertise in the time-old practice of lampworking, one of the most challenging and solitary glassmaking techniques, destined for the very few.
“When you find yourself face to face with fire and glass, you cannot create unless you are sustained by an unwavering passion.” Muriel’s studio is in Murano, the island of glass. She uses her strikingly beautiful glass beads to fashion original and unique little sculptures - necklaces, bracelets, tiaras, brooches - to be worn like an ornament. She talks about her initial difficult relationship with the city and its inhabitants, whom she had to win over by proving her passion and talent day after day. Not only is she happily one of them now. She is also the only foreigner who received the honour of having one of her works exhibited at the famous Murano Glass Museum.
Even the story of Moulaye Niang, possibly the most integrated and wellloved foreigner in Venice, has a special charm and is also linked to glass. Born in Senegal and raised in Paris, Moulaye – whose parents are also artisans - discovered glass at the age of 15, on a school trip to Venice. One day, he
stumbled across the workshop of master lampworker Vittorio Costantini and was instantly fascinated by his craft. So much so that a few years later he decided to return and fulfil his dream in Venice. Jean Blanchaert writes about Moulaye’s experience in his new book “Musica senza suono. Maestri di Murano”, published by Marsilio: With great determination, after studying at Abate Zanetti Glass School, Moulaye acquired the venerable art of lampworked beads, making his way into the small and closed community of Murano’s masters. In his workshop in the Castello district, the Senegalese artist makes lampworked beads, glass and ebony necklaces and other creations that are the expression of the cross-fertilisation between African and Venetian art. “I feel a close affinity to glass beads, which are also deeply connected to the culture of Africa, where they are widespread. In the animist world, for example, they are used in ceremonies. The Bassari of Senegal (an ethnic group living between Senegal, Gambia and Guinea who preserve ancient African traditions) represent family members with a small dot on a bead.” After more than 20 years in Venice, and not without difficulties, the artisan nicknamed Muranero has carved his own niche here, starting his own family and becoming a modern crosscultural ambassador in the original melting pot city, to which he has brought the colours, sounds (he is also a musician) and lights of his homeland. Thankful for his fate and driven by the joy of crafting, Moulaye is also dedicated to teaching the art of lampworking. An activity that he carries out with passion and competence. “The city gave to me and I wanted to share this with the city, to give back to others.”
Muriel and Moulaye are two examples of self-sacrifice, determination and resilience that have culminated in success and requited love in a city that does not give anything away. But when it is chosen, Venice shows you the way to a deeper and more mindful humanity.
Pier Francesco Petracchi
Panerai is proud to be part of the celebrated Homo Faber Biennial along with artistic duo thebackstudio. Taking place at the iconic Fondazione Giorgio Cini, on the Island of San Giorgio Maggiore in Venice, this year’s edition is curated by Luca Guadagnino and architect Nicolò Rosmarini, and explores the theme of The Journey of Life, taking visitors on a voyage through human existence, from birth to afterlife.
“We are honoured to be part of this culturally rich event once again. The theme of The Journey of Life mirrors our own reflections on time. The site-specific installation developed by the talented artistic duo thebackstudio showcases our dedication to the art of watchmaking and our ongoing pursuit of innovation, where luminescence comes through in the spirit of handmade Italian creativity,” says Jean-Marc Pontroué, CEO of Panerai.
In keeping with its innovative approach to watchmaking, Panerai presents a conceptual light installation in Love, a room that symbolises union and love within the journey of life. Designed by thebackstudio, celebrated for its contemporary approach to light art and design selected by MATTA Gallery, the installation demonstrates Panerai’s commitment to integrating time-honoured techniques with modern innovations. Thebackstudio perpetuates a visual language that escapes conventional artistic categorisations, positioning itself in a grey area between sculpture, art and design.
The installation’s modular design echoes the intricate mechanics of Panerai’s watchmaking heritage, highlighting the Maison’s illustrious history as a pioneer in the invention of reliable instruments of luminescence. This creative partnership harnesses the duo’s expertise in neon lighting and contemporary art, while the structure is reminiscent of the modular architecture of watch mechanics. Set against the backdrop of the ancient monastery, it offers a
visually compelling contrast where Italy’s historical architecture meets Panerai’s innovative pursuit of luminescent technology—a trait that has become a signature of its identity. Here, Panerai reaffirms its role in the ongoing narrative of life’s milestones where illumination plays a pivotal role, showcased by the finest artisans in the world.
Homo Faber 2024 is an immersive experience that showcases the craftsmanship behind objects that mark life’s most precious moments. With exceptional scenography, bespoke handmade creations and live demonstrations, the event is a sensory experience, with Panerai at the forefront of this narrative thanks to the original perspective of thebackstudio, which stands out for its multifaceted and unclassified production. The duo’s creative approach thrives in a borderland, eluding clear definitions and favouring an ambiguous aesthetic that is clearly manifested yet incomprehensible. Within their production, elements of industrial construction combine with hand-blown glass creations, giving rise to a seamless blend of sculpture and functionality. Inspired by figures such as Franz West, Donald Judd, Bruno Munari, and Dan Flavin, thebackstudio adopts an eclectic approach, drawing inspiration from West’s experiments, Judd’s essentialism, Munari’s playfulness and Flavin’s use of light. What makes thebackstudio’s production so unique is its ability to focus on hidden details and reconsider common objects, creating unprecedented connections between form and function. This perspective is reflected in the artistic duo’s works, challenging pre-existing concepts and inviting the audience to contemplate the relationship between aesthetics and utility.
Franco Cologni
“Then I have ‘shares’ in Primrose ‘Banks’ / Daffodil Dowries / spicy ‘Stocks’,” wrote Emily Dickinson, who considered her treasure trove of dreams and poetry to be quite remarkable.
In some ways, such a list of ephemeral, albeit precious, riches calls to mind the value generated by craftsmanship: cultural deposits as vast as the ocean; priceless treasures of talent; age-old skills and traditions that contemporary technology has far from wiped out, but has actually contributed to revitalise. These deposits exist all over the world. They represent a common wisdom that originates and develops in a given territory, in itself a fundamental asset that needs to be protected and rediscovered. After all, the knowledge that has always constituted the identity of a community has its roots in the Latin word for wisdom (“sapere” in Italian), which translates both as “having a flavour” and “being wise”. A flavour that enriches and preserves us; a wisdom that has a “flavour” because it is human, personal, handed down not only in the form of “things”, but also by means of words and gestures.
This is the first value that derives from considering the territory as an asset: finding out that the dissemination of culture, in the manner of the great master artisans of the Renaissance, not only does not impoverish anyone, but rather creates virtuous circles of skills that fertilise other fields. Virtuous circles that need to be organised in a network, to develop connections that are still in their embryonic stage. The legacy of this cultural melting pot is kept alive by the much-neglected artisan-artists, who combine the intelligence of the hand with the passion of the heart and the creativity of the mind. And who, notwithstanding thousands of obstacles (including bureaucratic ones), represent the excellence of their territory.
The third edition of the Homo Faber Biennial, dedicated to The Journey of Life, shows us that creating a network means creating connections. It means discovering unifying values even where we least expect to find them. It means promoting human talent in every significant moment of our lives, regardless of our upbringing, our dreams, our destiny.
In today’s world we have a network and countless opportunities to discover and explore, but we still have to connect effectively. A human connection that crosses borders and expresses itself through the language of knowhow. And in order for this connection to be meaningful, we must have something to express and convey. In short, we need to have knowledge. We need to know that the journey of life is a journey through our dreams and the most important moments that mark our lives. Moments that should be celebrated (and are indeed celebrated) with objects that are not ordinary but significant, the value of which transcends any territorial boundaries to become the sign of a different way of living, buying, preserving, handing down.
Homo Faber 2024 shows us how to establish strong and genuine connections between ourselves and our time, focusing on the beauty, wealth and art of our territories. All territories, all arts, all crafts. In other words: all riches.