alvaro siza

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“ Nei musei la luce si fa dolce, accurata, preferibilmente impassibile, e immutabile. E’ necessario non ferire le attenzioni di Vermeer, non si deve competere con la violenta luce di Goya, o la penombra, non si può disfare la calda atmosfera di Tiziano, sul punto di estinguersi, o la luce universale di Velasquez o quella secca di Picasso, tutto ciò sfugge al tempo e al luogo nel volo della Vittoria di Samotracia. L’architettura del museo non può essere che classica, probabilmente, distante o attenta in relazione alla geografia e alla storia; la stessa rampa di Wright s’irrigidisce all’istante. Sorgono nel soffitto invisibili favolose macchine di controllo, accessibili da botole, da scalette metalliche coperte di polvere e di tele di ragno e di ponti riservati, che dicono alla luce, al sole e alle invenzioni: fermati, entra in punta di piedi, silenzio, quello che illumini ha resistito alla tua violenza, al tuo percorso di monotona e troppo rapida novità; ha osato resistere, pretendere di resistere. Concede benevolenza a quello che gli uomini fanno con le mani e nasce da te, adorandoti e immobilizzano la tua impazienza. Concede agli uomini che si muovono in questi spazi serenamente, dimenticandoti, viaggiante imperturbabile che crea e uccide senza cattiveria né bontà. Così è l’architettura dei musei, idealmente senza pareti, né porte, né finestre, né tutte quelle difese che per lo più eviti, pensate e ripetute, musei che raccolgono quello che stava in palazzi, o chiese, o capanne, o soffitte, coperto di gloria o di polvere, piegato sotto il materasso di un giaciglio, e adesso silenziosamente mi osserva, sotto una luce indifferente a ciò che si muove troppo”.1

(Alvaro Siza, Porto 1988)


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ALVARO SIZA: VITA E OPERE

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Biografia Nasce a Matosinhos in Portogallo nel 1933. Dal 1944 al '55 studia alla Escola Superior di Belas Artes do Porto, sotto la guida di Fernando Tàvora con il quale lavora dopo la laurea fino al 1958. Già nel 1954 apre a Porto uno studio professionale. Dal 1966 al 1969 insegna presso la facoltà di Architettura dell'università di Porto. Nel 1976 viene nominato professore di Costruzioni, disciplina che insegna tuttora. E' stato professore ospite presso l'Ecole Polytechnique di Losanna, la Pennsylvania University, l'università Los Ardes di Bogotà e la Graduate School of Design della Harvard University. Nato e sviluppatosi in un clima regionalista ai margini d’Europa, con uno sguardo sempre attento al recupero della tradizione povera contadina dell’architettura vernacolare portoghese, Siza vive il travaglio di una terra condannata al regime fascista fino alla cosiddetta rivoluzione dei Garofani del 1974, partecipe dei movimenti sociali urbani di Porto, che intendevano risanare e migliorare le condizioni socio-urbane della città [il S.A.A.L. prevedeva degli interventi di restauro e di nuova edificazione di edilizia popolare in alcuni punti della città], rimanendo, fino a quella data, insieme alla cosiddetta scuola di Porto, relegato ed emarginato a causa della sua matrice culturale progressista, di opposizione al regime. Dopo la spinta emotiva e la rinascita sociale portoghese, a cui partecipa attivamente e direttamente, ecco che i grandi temi dell’architettura popolare, della composizione per frammenti, della ricerca unitaria del paesaggio, del luogo e della civiltà, dello scambio lessicale architettonico e sociale tra varie etnie, razze e culture si materializzano felicemente, quasi all’improvviso in una serie notevole di progetti. Si vivono le grandi esperienze di Evora in Portogallo (iniziata nel 1977), con la ricostruzione del suo borgo di Malaguiera, offeso da abusivismi, degradi e conflitti sociali, nel quale Siza interviene coraggiosamente con un atto di fondazione di nuova città. Qui elementi paesaggistici e topografici contribuiscono a creare un paesaggio "culturale e sociale" delle diversità etniche gitane e portoghesi, che non viene vissuto come conflitto, bensì relazione, integrazione ed interscambio delle differenze. E’ una eterogeneità che viene letta ed interpretata anche nel secco e povero linguaggio architettonico, in bilico tra tradizione portoghese, come tecnologie e materiali, che come nuova architettura capace di coagulare e modificare i costumi consolidatasi negli anni. Nel 1980 partecipa al laboratorio di progettazione "Belice '80", iniziando una lunga collaborazione con Roberto Collovà. "(...) L'architettura di Siza brilla di luce propria, ma anche di luce riflessa: in essa è possibile leggere il ricordo di opere canoniche della modernità - da Le Corbusier ad Aalto, da Wright a Oud, da Loos a Mendelsohn, ma anche talvolta di opere anonime della tradizione vernacolare. Siza non privilegia mai a priori una fonte linguistica. (...) il linguaggio dell'architettura moderna non deve quindi essere abbandonato, ma deve assumere un diverso statuto: non più linguaggio del nuovo, bensì linguaggio dell'interpretazione, della modificazione sensibile e critica dello realtà. Non più linguaggio della purezza, chiusa in una 4


superba autonomia, bensì linguaggio dell'ibrido, aperto alle contaminazioni provenienti dai contesti." 2 Fra le sue opere ricordiamo: le quattro case a Matosinhos del 1954-57, il ristorante e le due piscine a Leca, i due interventi residenziali SAAL a Porto, casa Duarte a Ovar del 1981-85, la Torre d'acqua ad Aveiro del 1988. Fra i molti concorsi cui ha partecipato con successo citiamo il concorso IBA del 1980 per un edificio residenziale a Berlino-Kreuzberg e quello più recente IACP sull'isola della Giudecca a Venezia. E ancora la Facoltà di Architettura di Porto, la Biblioteca Universitaria di Aveiro e alcuni interventi nel Chiado a Lisbona. Nel 1994 è stato inaugurato il suo Museo di Arte Contemporanea a Santiago de Compostela. Tra i progetti più recenti: il Museo d'Arte Moderna di Porto, un Centro Parrocchiale a Marco de Canavezes e il Padiglione del Portogallo per l'Expo '98. Nel 1992 gli è stato assegnato il Pritzker Architecture Prize. Esposizioni: 1975 Copenagen. Danimarca. 1976 Barcellona, Spagna. 1978 Biennale di Venezia, Italia. 1978 Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano, Italia. 1982 Museo di Architettura di Helsinki, Finlandia. Museo di Alvar Aalto, Finlandia. Centro Georges Pompidou di Parigi, Francia. 1983 Institute of Contemporary Arts di Londra, Inghilterra. Stichting Wonen di Amsterdam, Olanda 1984 Technische Hogenschool di Deft, Olanda. Esbap e Galleria Almada Negreiros di Lisbona, Portogallo. IBA a Berlino, Germania. 1985 Biennale di Parigi, Francia. Istituto Tecnologico del Massachussetts a Cambridge, Stati Uniti. 1986 Galleria 9H di Londra, Inghilterra. 1987 IBA di Berlino, Germania. Università di Colombia di New York, Stati Uniti. 1988 Graduate School of Design, Università di Harvard, Stati Uniti. 1990 Centro Georges Pompidou di Parigi, Francia. Galleria del Ministero dello Opere Pubbliche a Madrid, Spagna. 1991 RIBA di Londra, Inghilterra. Collegio degli Architetti di Siviglia, Spagna. 1993 Galleria Rui Alberto di Porto, Portogallo. Mopu di Madrid, Spagna. 1994 Collegio degli Architetti di Granada, Spagna. Sala do Risco di Lisbona, Portogallo. 1995 Centro Gallego d'Arte Contemporanea di Santiago de Compostela, Spagna.

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Progetti: - Progetto di recupero urbano e della Chiesa Madre a Salemi 1980 progetto redatto nell'ambito del seminario di progettazione "Belice '80" con: Roberto Collovà, Nuno Lopez, Eduardo Souto de Moura e con A. Alì, B. Asaro, S. Lentini I. Bertrand, Oliver, P. Mincio e V. Trapani - Progetto per la fruizione delle Cave di Cusa 1980 progetto redatto nell'ambito del seminario di progettazione "Belice '80" con: Roberto Collovà, Nuno Lopez, Eduardo Souto de Moura e con A. Alì, B. Asaro, S. Lentini I. Bertrand, Oliver, P. Mincio e V. Trapani - Progetto esecutivo di restauro della Chiesa Madre di Salemi 1982 con Roberto Collovà in collaborazione con L'Ufficio tecnico della Curia di Mazara del Vallo [arch.Vito De Pasquale], Oreste Marrone, Viviana Trapani. Strutture: Ing.Sergio De Cola - Parco Urbano a Salemi 1986 con Adalberto Dias, Eduardo Souto de Moura e con S. Afonso, E. M. Cruz, J. Xavier, A. Braga, J. Carreira, J. N. Mouréiro, P. P. Mincio - Piano di recupero del quartiere "Cascio" a Salemi 1990 con Roberto Collovà Concorsi internazionali: 1980 Schlesisches Tor a Berlino, Germania (primo premio). 1985 Recupero del Campo di Marte a Venezia, Italia (primo premio). 1986 Ristrutturazione del CasinÚ e del CafË Winkler a Salisburgo, Austria (primo premio) 1988 Un progetto per Siena, Italia. 1988-90 Biblioteca di Francia a Parigi, Francia. 1993 Museo di Helsinki, Finlandia. Principali realizzazioni: 1958-63 Ristorante e Casa de The a Leça da Palmeira, Portogallo. 1958-65 Piscina a Quinta da Conceiçao, Portogallo. 1961-66 Piscina a Leça da Palmeira, Portogallo. 1971-73 Casa Alcino Cordoso a Moledo do Minho, Portogallo. 1971-74 Banca Pinto & Sotto Mayor a Oliveira de Azemeis, Portogallo. 1973-76 Casa Beires a Povoa do Varzim, Portogallo. 1973-77 Realizzazioni Saal a Bouça, Porto, Portogallo. 6


1974-77 Realizzazioni Saal a Sao Victor, Porto, Portogallo. 1976-78 Casa Antonio Carlos Siza a Santo Tirso, Portogallo. 1977-... Quartiere popolare Quinta da Malagueira a Evora, Portogallo. 1980 Schlesisches Tor a Kreuzberg, Berlino, Germania. 1981-85 Casa Avelino Duarte a Ovar, Portogallo. 1982 Banca Borges & Irmao, Vila do Conde, Portogallo. 1983-95 Chiesa a Salemi, Italia. 1984-92 Asilo a Penafiel. Portogallo. 1985-95 Facoltà di Architettura, Porto, Portogallo. 1986-94 Scuola superiore di Educazione, Setubal. 1986-95 Complesso residenziale a Schilderswijk Ward, L'Aia. Olanda. 1986-89 Case a Van Der Venne Park, L'Aia. Olanda. 1988-... Piano di Ricostruzione del Chiado, Lisbona. 1988-94 Centro Gallego di Arte Contemporanea, Santiago de Compostela, Spagna. 1988-95 Biblioteca del Campus Universitario di Aveiro. 1990-92 Centro Meteorologico della Villa Olimpica di Barecellona. 1990-94 Fabbrica Vitra, Viel-am-Rein, Germania. 1994-... Show-Room a San Donà di Piave, Italia. Premi: 1982 Premio della sezione portoghese dell'Associazione Internazionale di Critici d’Arte 1987 Premio di Architettura dell'Associazione degli Architetti Portoghesi, 1988 Medaglia d'Oro di Architettura del Consiglio Superiore dei Collegi degli Architetti di Spagna. Medaglia d'Oro della Fondazione Alvar Aalto. Premio di Architettura della Comunità Europea "Mies van der Rohe", Barcellona 1992 Premio Pritzker della Fondazione Hytt di Chicago. Dottore Honoris Causa dall'Università di Venezia. 1993 Premio Nazionale di Architettura dell'Associazione Architetti Portoghesi. Dottor Honoris Causa dall'Ecole PolithÈcnique de Losanna. 1995 Dottor Honoris Causa dell'Università di Palermo.Centro Gallego di Arte

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IL DISEGNO DI ALVARO SIZA ”(….) Il disegno ci disinibisce da idee preconcette aprendoci a impreviste elaborazioni”. 3 Con questa frase si inizia già a capire il ruolo che il disegno ricopre nell’attività artistica di Alvaro Siza. Egli, come tutti gli artisti, prima di realizzare un’opera rappresenta le sue idee in una quantità infinita di schizzi e molti di essi si trovano pubblicati in quantità elevatissime su molte riviste e testi di architettura. Questo materiale di lavoro nel suo caso può essere suddiviso in due categorie: disegni “en route” o “en passant” stilisticamente più fantasiosi e confusionari, e disegni “tecnici” entrambe caratterizzati da un tratto fine e dalla totale assenza del colore.

(Una camera a Berlino,1981)

I primi hanno un elemento che li caratterizza da ogni altro disegno. In quasi ogni suo schizzo di questo genere l’artista rappresenta nella parte sottostante del foglio la sua 8


mano che tiene il libro e sopra a questa l’altra nell’atto di disegnare.”(….) Non ricordo la prima volta che ho disegnato le mie mani in uno schizzo. Forse si tratta di una determinata concezione dello spazio, di un tentativo di dare un’idea il più possibile globale , arretrando il primo piano fino al punto di partenza dello sguardo. E’ un modo di mostrare la spazialità che io percepisco mediante una presenza che uso 4 come un’ulteriore risorsa tecnica per creare un primo piano.” Gli schizzi di Siza fatti “en route” possono essere definiti per questa caratteristica anche auto-riflessivi.

(Alvaro Siza, autoritratto, 1982)

L’autore è sempre presente nel non disegnato portando l’osservatore ad una continua oscillazione tra oggetto e soggetto, tra il fruitore e il corpo dell’edificio. Si può quindi affermare che il corpo è sempre presente nelle opere di Siza, sia se si tratta di uno 9


schizzo sia di un’opera finita; la relazione tra l’essere e l’opera è perennemente percepibile. Per quanto riguarda lo stile della rappresentazione, l’artista mostra sempre il sito come un campo di battaglia dove i vari livelli topografici mostrano la loro costituzione conflittuale. Le figure sono ridotte a cifre, a zombi, su una terra che sembra in continua eruzione e tutto questo da vita ad una materia che sembra ancora in cerca della propria forma definitiva. I suoi schizzi sono quindi “graffiti” fatti “en passant”, cose disegnate in corsa in una vita frenetica e tumultuosa. Vengono definiti anche disegni di viaggio perché oltre ad essere note e appunti di visite ed esperienze, sono l’espressione di un importante e lungo viaggio che Alvaro Siza identifica con la vita. I disegni “tecnici” rappresentano anch’essi uno strumento di lavoro molto importante per due motivi: primo perché permettono comunicazioni rapidissime e secondo perché consentono un’analisi molto accurata di ciò che esiste rendendo percettibile ogni minimo particolare. Inoltre questo tipo di disegno è il primo passo verso la realizzazione di un’idea che inizialmente ha una forma e dopo infinite variazioni arriva ad essere il progetto concreto. La prima fase di un lavoro è la rappresentazione del suolo con tutte le indicazioni topografiche dove le idee iniziano a trovare una dimensione fisica e materiale. “(….) La progettazione è qualcosa di estremamente labile, l’espressione di una serie di dubbi e l’accumularsi di una serie di conflitti. E’ il 5 mezzo per comprendere meglio…”

( Schizzi del Centro Gallego di Arte Contemporanea)

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Per quanto riguarda il Centro Gallego di Arte Contemporanea ci sono pervenuti alcuni schizzi che possono far comprendere in modo più dettagliato l’idea dell’autore. Con pochi segni Alvaro Siza riesce già a trasmettere a grandi linee l’ampiezza degli ambienti, le proporzioni ma anche le relazioni tra le sue parti; contengono alcuni particolari costruttivi, l’utilizzo dei materiali e l’apporto che la luce naturale avrà sull’ambiente nel suo complesso. Inoltre con l’inserimento di figure umane nei suoi schizzi viene messo subito in risalto il rapporto che il visitatore avrà con l’ambiente museale sottolineando la forte relazione che c’è tra l’essere umano e “l’essere” architettonico; l’uno fa parte dell’altro e insieme formano un’unità perfetta.

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CENTRO GALLEGO DI ARTE CONTEMPORANEA, SANTIAGO DE COMPOSTELA 1988-1994

Progetto: Alvaro Siza Progetto di massima Coordinamento: Joan Falgueras Collaboratori: Mona Trautman, Jordi Fossas, Rafael Soto, Angal Fibla, Joan Genis, Joan Claudi, Joan Claudi Miguel, Jordi Maristany, Antonio Trilla. Progetto esecutivo Coordinamento prima fase: Yves Stump Coordinamento seconda fase: Joao Sebugueiro Collaboratori: Jane Considine, Tiago Faria, Anton Graf, Cecilia Lau, Elisiàrio Miranda, Luìs Cardoso, Miguel Nery Assistenza all’amministrazione: Iago Seara Morales Consulenza tecnica: Euroconsult Consulenza per gli impianti: Alfredo Costa Pereira, Paulo Queiròs Faria Il progetto: contenuti architettonici - Programma Il Centro Gallego di Arte Contemporanea chiamato anche CGAC è stato costruito da Alvaro Siza tra il 1988 e il 1993 e oltre ad essere la progettazione del suo primo grande museo è anche una delle sue realizzazioni più riuscite. Esso è situato a 12


Santiago de Compostela divenuta dagli anni ’80 capoluogo della regione autonoma della Galizia. Il Centro rientra nel programma di rivitalizzazione che la città ha portato avanti per anni sotto consulenza di Josef Paul Kleihues e si poneva come obiettivo principale l’insediamento di attività culturali a ridosso del centro storico, in una fetta di tessuto urbano recentemente interessata da interventi di architettura moderna. Inoltre il piano voleva riorganizzare il sistema stradale e la periferia cresciuta recentemente in modo disastroso. Quest’opera di sistemazione e riorganizzazione comprendeva anche il Convento de San Roque, il Convento de Santo Domingo, la Porta do Camino, il quartiere compreso tra le vie As Rodas e Valle-Inclan e gli spazi pubblici adiacenti. Ora il Centro rappresenta un foro di divulgazione d’arte e creazione contemporanea costituendo il fulcro della vita culturale di una città segnata da arte e storia. Siza ha quindi racchiuso in esso le risonanze storiche e geologiche della regione e ha cercato di mettere in rilievo Santiago de Compostela come culmine di un percorso: la via dei pellegrini. - Inserimento urbano

(Planimetria generale)

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Il CGAC è situato in una delle zone monumentali più suggestive e simboliche di Santiago de Compostela: al limite del centro storico verso nord e al lato dell’antica porta del Camino Francès (il cammino di arrivo dei pellegrini). Esso è orientato in direzione sud-nord e costeggia Rua de Ramon de Valle-Inclan, una delle strade principali anch’essa di recente formazione. Inoltre è collocato davanti al convento di Santo Domingo del Bonaval costruito nel 1219 che attualmente ospita il Museo del popolo galiziano (Museo do Pobo Galego) dove sono esposti oggetti riguardanti aspetti della vita e delle arti galiziane dall’industria della pesca, alla musica, all’artigianato e ai costumi tradizionali. Per la vicinanza con l’antico edificio il sito ora occupato del Centro era anticamente occupato dall’orto del convento e la facciata principale del CGAC sostituisce un antico muro che delimitava la proprietà di esso ma con un’angolazione leggermente diversa per seguire l’andamento della strada antistante.

(Il fronte sud verso la chiesa)

Nonostante i due edifici siano di stili ed epoche diverse il corpo del Centro sembra un’estensione del convento. La facciata cieca del primo infatti forma un alto muro che delimita il recinto del secondo, chiudendo così l’angolo su Calle Cara Monina, un’antica strada ora caduta in disuso che risaliva la collina. Il complesso ecclesiastico (chiesa e chiostro) da origine ad un angolo di 90° e l’unione con il corpo del Centro da luogo ad una piccola piazza dove sono collocate le entrate di entrambe gli edifici. Ed è sempre su questo slargo che si affaccia il percorso principale del giardino che si trova dietro al CGAC, anch’esso recentemente ristrutturato per l’utilizzo pubblico. Questo percorso prosegue fiancheggiando il muro orientale dell’edificio fino alla zona delle esposizioni all’aperto. Continua tra i vari livelli attraversando prati e orti disegnati da vecchi muri e si divide in sentieri secondari per raggiungere terrazze 14


(vedute del giardino retrostante)

panoramiche , boschetti di querce e fonti d’acqua e vasche di irrigazione. Qui sono stati riportati alla luce reperti archeologici e antichi viottoli e il recupero di portali abbandonati unito all’apertura di nuovi ingressi, consente di accedere al giardino anche dalle strade laterali e di raggiungere il complesso museale dalla collina, dove sono previsti un ristorante e un parcheggio. Era nel centro di questo giardino che il municipio aveva stabilito inizialmente l’edificazione del Centro ma Siza scelse una locazione più vicina al nucleo cittadino compiendo così una scelta progettuale fondativa e determinante per l’evoluzione dell’intero progetto. ”(….) A differenza di quanto mi si richiedeva pensai di attestare il nuovo edificio proprio sulla strada: un’istituzione 6così importante per la città doveva in qualche modo rappresentarsi pubblicamente”. I giardini sono costituiti da piattaforme ascendenti non parallele di differente orientamento che hanno favorito una direzione conveniente agli assi ordinatori del nuovo edificio in modo da renderlo una sorta di completamento armonico tra la collina e la strada. Alvaro Siza afferma infatti che: “(….)La concezione dell’edificio 15


efrreeeede

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Profilo del complesso di Santo Domingo de Bonaval)

(Le rampe di collegamento tra i diversi livelli del giardino, il percorso lungo le mura e la porta di ingresso dell’ex cimitero


(Le due Fonti del giardino)

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deve moltissimo al parco perché come questo, è situato in un terreno con pendenze e organizzato in piattaforme. Questa sequenza di piattaforme scendono per il pendio e terminano nell’edificio che è una piattaforma in più; una forma rettangolare formata da due rettangoli che seguono la sequenza delle altre piattaforme del parco.” 7 Inoltre per la costruzione del basamento del Centro sono stati presi in considerazione gli antichi percorsi ascendenti dei cammini di avvicinamento che in alcuni casi vengono tuttora utilizzati. (veduta del giardino retrostante)

“(…) Quando guardai le misteriose scale e le facciate d’angolo del convento di Santo Domingo, a fianco del quale fui incaricato di costruire il museo di Santiago quando salii le piattaforme invase dalla vegetazione e contenute da muri semidistrutti, o quando entrai nel cimitero e vidi dall’alto di Caravalhal i tetti ed i mille campanili di Santiago, mi sentii ancora più inibito. Mi mostrarono documenti preziosi e vecchie fotografie. A poco a poco trovammo e dissotterrammo canali in granito, resti di tubi logorati, vie d’acqua e sorgenti e fonti e gradini da molto coperti, capitelli di qualche convento sparito; a poco a poco trovammo il luogo dove collocare le fondazioni e dove erigere le pareti, dove coprire, impermeabilizzare e aprire i vuoti, lasciando 8 entrare la luce". - Aspetti strutturali Il Centro Gallego de Arte Contemporanea è la prova dell’interesse di Alvaro Siza verso il razionalismo e il movimento moderno che sono affiancati dalla sua visione poetica dell’architettura e dello spazio. I suoi edifici emanano infatti delle sensazioni speciali come la passione che egli prova per l’architettura in generale e ma soprattutto quella che prova per le sue opere. Inoltre è molto evidente l’influenza delle correnti artistiche nord europee acquisite durante la costruzione dei suoi edifici al di fuori del Portogallo. 19


(Vista del Centro Gallego di Arte Contemporanea da Rua Valle-Inclan)

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Nonostante queste caratteristiche Siza tiene molto al parallelismo tra il contesto locale e la tradizione e da qui parte anche l’attento studio della parte costitutiva dell’edificio uniformandosi ai metodi industriali prevalenti. La linea, la luce e il volume sono gli elementi che si uniscono per lasciar posto ad un’architettura austera e serena. Come per tutte le sue opere Siza analizza sotto tutti i punti di vista l’ambiente che deve accogliere un suo edificio. “ (….) Il progetto è l’applicazione di nozioni sebbene in modo sensibile nei riguardi dell’ambiente, dei materiali, della topografia del modo di produzione e delle tecnologie”. “ (….) Inizio un progetto quando visito il terreno dove dovrà essere costruito; altre volte inizio prima, partendo dall’idea che ho del luogo ( una descrizione, una fotografia, qualcosa 9 che ho letto, un’indiscrezione)”. (Prospetto Ovest)

L’edificio è formato da un corpo allungato con una leggera configurazione a “V”. E’ completamente rivestito di granito e s’innalza sopra un basamento di piattaforme e rampe con una forma rettangolare come se rispondesse alle fattezze dell’antistante convento di Santo Domingo; in questo modo il nuovo riecheggia il vecchio ma tuttavia non lo imita. Il Centro d’Arte Contemporanea è inequivocabilmente un edificio moderno per forma, spazialità e struttura infatti ha una costruzione compatta e solida che lo fanno sembrare un blocco affondato nella terra. Allo stesso tempo però può essere visto come un blocco sospeso da terra poiché c’è un distacco variabile tra la base (prolungamento del terreno) e la parte superiore dell’edificio. (Sezione Longitudinale)

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Questa caratteristica e visibile sull’ampia apertura laterale dove una trave in acciaio mette in luce che le pareti non sono in muratura tradizionale, ma sono formate da un rivestimento applicato a un differente sistema costruttivo. Questa trave in acciaio ha anche un altro scopo e cioè quello di creare un grande portico per proteggere la fila di persone in attesa di entrare al museo durante i periodi di maggior affluenza. stereotomia (Stereotomia del fronte ovest)

Percorrendo il lungo segno obliquo che intaglia l’affaccio occidentale dell’edificio parallelo alla strada antistante, ci s’immette in un ulteriore portico anch’esso protetto de una veletta che impedisce la vista complessiva dell’adiacente complesso conventuale. In prossimità dell’ingresso la massiccia sovrastruttura in pietra poggia a terra soltanto tramite esili cerniere e continua in corrispondenza dell’ingresso vero e proprio; qui la porta indipendente in granito sembra spalancata mentre il suo corrispondente in marmo all’interno appare chiuso. (Rampa e ingresso del centro)

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Le soluzioni riguardo il paramento lapideo fissato tramite perni metallici furono fortemente criticate perché si credeva che la struttura non fosse stata in grado di sopportare le piogge e l’umidità che caratterizzano il clima gallego. Un’opera architettonica di questo genere e con queste caratteristiche invece fornisce al visitatore molti motivi d’interesse perché gli artifici utilizzati da Siza rinforzano l’identità del luogo ed enfatizzano la centralità della presenza umana nell’architettura. Quindi nonostante l’edificio sia formato da materiali diversi, da pieni e vuoti da luce ed ombra, l’idea che persiste è sempre quella di unità “(….) Il museo CGAC ha concentrato tutto il suo programma in un corpo unitario; è vero che esso presenta una serie di angoli ma, sostanzialmente, è un tutto. Anche il tracciato diagonale è più evidente all’interno che all’esterno, ed è qui che si fa manifesto l’incontro di vari corpi, di vari spazi, che configurano un tutto unico”. 10 - Importanza e utilizzo della luce Internamente l’edificio è caratterizzato da lucidi interni con pavimenti e coperture in pendenza; superfici piane e bianche che modellano la luce e la distribuiscono sulle opere d’arte; si susseguono ambienti di differente volumetria; visuali inaspettate riuniscono primi piani e sfondi, interni ed esterni, fino ad arrivare alla terrazza aperta in direzione del cielo. Ogni ambiente sembra prendere vita da solo e a questo contribuisce moltissimo la componente luce e il rapporto che essa ha con le forma e il rivestimento degli spazi. Il CGAC non è l’unica opera di Alvaro Siza caratterizzata da questa pratica quindi si può affermare che la luce è uno degli elementi fondamentali del suo operato. Essa penetra da numerose fenditure e scanalature nelle pareti che la riflettono e molte di queste aperture restano invisibili all’osservatore. (Veduta della scala principale, dell’atrio e della hall)

L’architetto portoghese è sempre stato attratto da questa pratica infatti in un’intervista affermò: “(….) La luce è associata ad alcuni fattori: il rapporto tra interno ed esterno, la sintonia con il tempo, con il cambio di orientamento, con non so quali meccanismi psicologici che fin dalla nascita, per una continuità di percezione che non saprei spiegare, sono profondamente legati ai tuoi ritmi, alle tue condizioni di spirito, alla 23


tua azione e così via…(….) Una cosa che mi affascina molto è vedere come una piccola entrata di luce può essere moltiplicata non so quante volte. Mi piace esercitarmi in questo, come per esempio nel CGAC, la luce del lucernario illumina l’atrio, il corridoio e le scale. La luce è importante anche perché obbliga a scatenare le relazioni tra i differenti elementi dell’architettura. La luce è messa in relazione con 11 il colore, la struttura”. (Veduta dell’atrio e schizzo rigurdante lo studio della luce)

La luce è quindi nell’edificio, nella sua costruzione e si può guidare e misurare. Inoltre Siza punta molto sull’utilizzo della luce naturale non solo per creare sorprendenti effetti luminosi e scenici ma anche per diminuire lo spreco energetico che molte volte si compie nelle costruzioni edilizie perché molte volte essa viene affiancata da luce artificiale creando effetti magici ma spesso anche impercettibili.”(….) Ricordo che dovemmo lottare nel CGAC per ridurre l’intensità energetica, che venne diminuita della metà, e forse meno, dalla potenza d’illuminazione iniziale. Questa era non so quante volte maggiore, e la si è potuta ridurre sfruttando la luce naturale e l’architettura stessa…non è solo la lampada che 12 da luce, ma i riflessi, i colori”. Ad esempio una grande fonte luminosa presente nel Museo è la finestra che capta la luce dalla copertura riversandola poi sulla scala della galleria centrale fino ad arrivare all’interno della grande sala del piano terra.

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(Particolare del fronte ovest)

- Distribuzione interna Per quanto riguarda la disposizione degli ambienti interni se ne può già avere un’idea analizzando i disegni dell’impianto. Per seguire l’andamento topografico del terreno Siza ha creato un angolo di 21° tra la facciata verso la strada principale e l’andamento del cimitero retrostante al convento dividendo in questo modo l’edificio in due blocchi facilmente individuabili entrambi con pianta ad L e che convergono intersecandosi nel limite sud dell’edificio. Il primo blocco è rivolto verso i giardini retrostanti mentre il secondo si affaccia verso Rua de Valle-Inclan; per quanto riguarda lo schema distributivo esso è molto semplice e si dispone su quattro livelli: il sotterraneo, due piani superiori e la terrazza. Il fulcro del museo, dal quale partono i vari percorsi museali e non, si trova all’incrocio dei due blocchi di cui si parlava prima; essi danno forma ad uno spazio triangolare destinato alla distribuzione principale. Accanto ad esso infatti al di sopra del pianterreno è situata una corte che funge da foyer principale del museo. Un blocco centrale a lastra , che fiancheggia un lato di questo spazio convergente, ospita le scale e gli ascensori per il pubblico e il personale, oltre ai montacarichi. Sulla rampa, verso la parte alta del podio e oltre il portico, il percorso principale si differenzia in corrispondenza del blocco principale. Dal portico, l’accesso più diretto conduce all’atrio, dove si incontra immediatamente una contro parete rivestita in marmo, trattata come se fosse continua con il pavimento. A questo punto i percorsi offrono due alternative: si può procedere verso l’atrio successivo, che conduce direttamente ai piani superiori, dove si trova l’auditorium, l’ala amministrativa e la biblioteca, oppure si può voltare a destra per entrare nel blocco centrale e salire al piano superiore che ospita la mostra permanente. 25


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Piano terra 1. Entrata 2. Atrio e guardaroba 3. Foyer basso 4. Sala conferenze 5. Area ristoro 6. Libreria 7. Caffetteria 8. Esposizione temporanea

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Secondo piano 1. Accesso alle terrazze 2. Biblioteca 3. Terrazza pubblica 4. Terrazza 5. Terrazza

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Sotterraneo 1. Bagni pubblici 2. Area di servizio 3. Area di manutenzione e montaggio 4. Aterlier di restaurazione

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Primo piano 1. Foyer alto 2. Sala per seminari 3. Uffici 4. Esposizione permanente

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In alternativa, si può attraversare il blocco centrale, in corrispondenza delle sale destinate alle mostre temporanee, lungo il lato est della costruzione. Un percorso secondario si apre sul portico, attraverso il blocco distributivo e conduce al bookshop, al bar e alla terrazza. Al di sotto di queste strutture, adiacenti alle sale del piano terra, sono ospitati alcuni servizi pubblici, mentre il resto del podio è riservato a depositi e attività di vario tipo attinenti la conservazione e l’allestimento delle opere d’arte. Al secondo piano si trovano le sale per la collezione permanente, concepite in modo piuttosto tradizionale, sebbene si attengano al principio moderno della flessibilità spaziale. Essa ospita due tipi di Collezioni: la Collezione CGAC e la Collezione della fondazione ARCO, formate entrambe da pitture, sculture, installazioni, video, fotografie e contenenti opere di artisti come: Francisco Leiro, Helena Almeida, Georges Rousse, Liam Gillick, Cildo Meireles, Hans Hemment, Johan Grimonprez, Alberto Barriero, Montse Rego, Salvador Cidràs, Vito Acconci, Adolfo Schlosser, Loris Cecchini, Giuseppe Penone, etc…Questa collezione permette di approfondire la storia recente dell’arte di questo paese mostrando un panorama artistico paragonabile ad artisti internazionali che sono già capisaldi della contemporaneità. L’ultimo spazio molto importante per l’identità del Centro è formato da una suggestiva terrazza che ricalca la forma dell’edificio; è posta all’ultimo piano del Centro e viene concepita come un “giardino di sculture” perché è formata da alte mura in granito che circondano uno spazio destinato ad ospitare mostre scultoree all’aperto. La prima scultura che viene introdotta è stata realizzata dallo stesso Siza e consiste in una piramide aguzza in granito aperta sul lato meno visibile per far penetrare la luce naturale nel corridoio sottostante. E’ da sottolineare che questo elemento oltre a svolgere la funzione di lucernario, viene utilizzato come elemento di richiamo verso il convento limitrofo dato che ne riecheggia il profilo dei campanili. La terrazza inoltre è completamente aperta sul paesaggio urbano e da qui si può ammirare il centro storico della città in tutta la sua bellezza. Questa splendida e inaspettata visione è parsa a critici e visitatori il fine ultimo dell’edificio cioè che rampe, scale, schemi e quindi l’intero percorso, fossero stati creati solo per il raggiungimento di quel punto, quell’apertura, dove è consentita la contemplazione del paesaggio circostante e dove si percepisce l’amore e l’attrazione che l’architetto prova verso la città. A questa affermazione Siza risponde : “(….) Le emozioni attraversano il progetto come qualsiasi esperienza umana. Credo di non aver mai avuto il proposito di usare quello che si trasforma in emozione come parte dell’espressione artistica, parlando di architettura; ma forse è il contrario. Questo stesso distanziamento mi sembra assolutamente necessario come parte del processo creativo. Alla fine restano muri, pareti. Ora, che poi il risultato finale sia impregnato di condizionamenti e percezioni di spazi, dell’edificio e della città ,mi sembra possibile, perfettamente comprensibile ”. 13

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(Particolare della terrazza)

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(Sezioni dell’edificio) Sez. AA’

Sez. BB’

Sez. CC’

Sez. DD’

Sez. EE’

Sez. FF’

Sez. GG’

Sez. HH’

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(Tagli di sezione) B A

F

E

H

H’ G’

C

C’

D

D’

G

F’

B’

E’

A’

Parlando invece di arredamento interno, l’edificio possiede degli elementi fissi di grande impatto visivo: un grande bancone in marmo per i servizi d’informazione e guardaroba; panche in legno, armadiature e banconi per l’area destinata alla sosta e al ristoro. Essi si possono definire più interventi architettonici che d’arredo e contribuiscono a rendere nitidi gli spazi interni. Le sale d’esposizione sono caratterizzate da una voluta nudità e l’unico elemento aggiuntivo al quale ricorre Siza è una schermatura a soffitto: una sorta di tavolo rovesciato ricoperto dallo stesso intonaco bianco utilizzato per le pareti. Dietro di esso sono posti tutti gli impianti tecnici necessari alla ventilazione e all’illuminazione artificiale, ma nasconde anche, la vista diretta dei lucernai longitudinali che diffondono una buona luce naturale in tutte le sale. Questa schermatura tuttavia serve anche a riparare le opere d’arte dalla luce diretta del sole che nelle ore più calde penetra nelle sale con violenza. Il “tavolo” collocato nelle sale può essere inteso come metafora esplicita dell’architettura che da mobile si trasforma in elemento architettonico spaziale. Quest’elemento dalla superficie bianca ribassa il settore centrale di ogni stanza ed esso, unito all’assenza di cornici, di finestre e di porte ( scorrevoli a scomparsa ), conferisce alla sequenza delle sale una singolare sospensione.“(….) Molti e minuti sono i dettagli curati nel corso dell’opera: la sagomatura di una lastra di marmo del pavimento attorno ad un pilastro, un parapetto tubolare pulitamente giuntato con tiranti invece che con saldature, il preciso posizionamento di inevitabili elementi 30


tecnici sono solo un esempio della perizia del mestiere alla quale il museo deve il 14 proprio equilibrio formale�. (Particolare delle sale espositive)

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(Pianta, sezioni e schizzo del lucernaio)

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- Materiali Per quanto riguarda i materiali usati nel Centro Gallego di Arte Contemporanea Siza si basa sull’industria edile fondata sulla costruzione in loco. In questo modo l’edificio non viene impreziosito da un punto di vista costitutivo ma assume comunque una sua personalità diversa da ogni altro edificio. L’esterno è rivestito da lastre di granito grigio mentre internamente troviamo pareti in gesso, intonaco e marmo bianco venato di Tassos utilizzato anche per scale, passaggi e sedili.”(….) Esiste un distacco molto chiaro ed elaborato tra gli interni di intonaco e l’esterno rivestito di granito. Questo nasce sia della necessità di marcare la differenza tra spazio pubblico e spazio interno, sia di controllare la luce indiretta, che si sa, 15 all’interno delle sale espositive è determinante”. Tornando al granito, si deve precisare che l’utilizzo delle pietra locale non è un elemento da sottovalutare; esso rappresenta il mezzo per dialogare con la città antica e con i resti archeologici vicini, rispettando il senso della storia e dell’arte che regnano a Santiago de Compostela da 2000 anni. Infatti la città sembra tutta scolpita nel granito, un solo materiale che costituisce muri, pavimenti, sculture, cupole, tetti. Inoltre questo materiale è molto caro all’architetto perché in un viaggio d’infanzia fatto con la famiglia a Santiago de Compostela il granito che rivestiva le strade gli rimase molto impresso segnandolo nel profondo della sua sensibilità di futuro architetto ma soprattutto di uomo.”(…) - Andrei a Santiago – esclamò mio padre. Girammo attorno alla cattedrale, una piazza e l’altra, sequenza di spazi e di livelli discendenti la collina. Operai rifacevano la pavimentazione e io rimpiangevo le pietre che venivano ricoperte, scomode ed antiche, ognuna preziosa come un Moore. Disgusto dimenticato: oggi sta lì quel granito della Galizia; quarant’anni hanno 16 addolcito spigoli e difetti….”. Quindi la scelta del materiale in quest’occasione è sia influenzato dall’industria edile locale, dalla tradizione culturale, ma anche da componete personale di tipo affettivo. “(….)Un architetto è chiamato ad ordinare e trasformare non solo secondo la necessità di un programma , ma 17anche ascoltando le sollecitazioni che un’emozione o un ricordo possono accendere.”

(Santiago, 1988)

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Aspetti comuni dell’opera in esame con altre opere dello stesso architetto Analizzando in modo molto generale la poetica e lo stile di Alvaro Siza ci si accorge che tutti gli edifici dell’architetto portoghese hanno delle caratteristiche comuni come ad esempio: la continua presenza di piattaforme, pareti piane, aperture elementari, percorsi tortuosi, volumi complessi o espansi che influiscono sulle caratteristiche fisiche e simboliche. Inoltre egli ha sempre operato con tecnologie modeste che riflettono la prassi dell’industria edilizia nella maggior parte dei posti in cui ha lavorato. Questo poco interesse verso dimostrazioni spettacolari in campo tecnologico è anche determinato dal fatto che per Siza il materiale primario è in realtà, lo spazio ambientale. Le migliori architetture di Siza sono infatti formate dall’insieme di superfici di spazio e di luce inserite nel contesto locale.”(….) L’architettura è un mezzo per amplificare l’azione dell’uomo e per intensificare la sua esperienza quotidiana, così come per 18 attivare misteriose linee di forza nella città o nel paesaggio”. Ecco alcuni esempi dove è possibile riconoscere le caratteristiche stilistiche di Alvaro Siza paragonabili soprattutto al Centro Gallego di Arte Contemporanea: -EVORA:

Progetto iniziato nel 1977 che consisteva nella riorganizzazione del quartiere popolare Quinta da Malagueira. Questo intervento si può paragonare a quello del CGAC per quanto riguarda l’insediamento urbano e la contestualizzazione dell’edificio. Entrambe infatti sono stati inseriti in un territorio con elementi culturali molto forti e datati. Alvaro Siza è riuscito anche qui a conciliare antichità e modernità creando da una parte un nuovo criterio di densità urbana e dall’altra un nuovo modo di vedere la città. Risponde così al mutamento sociale senza alterare l’equilibrio cittadino. -BOA NOVA:

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Si tratta delle riorganizzazione di del ristorante Boa Nova. Ci si accorge immediatamente che il ristorante ha in comune con il Centro Gallego de Arte Contemporanea la relazione che l’edificio ha con l’esterno. Questa caratteristica crea non solo un’ulteriore chiave di lettura dell’opera ma anche un ulteriore percorso che va al di là di quello museale.“(….) La presenza leggibile di percorsi che spiegano in un certo qual modo un edificio è dovuta alla necessità di mettere in rapporto tutto 19 quanto accada nell’edificio, oltre che tra esso e il suo contesto”. Il ristorante offre una splendida visione dell’orizzonte atlantico sfruttando al massimo i vari livelli che il suolo roccioso offre. -LECA DE PALMEIRA:

Qui Siza fu incaricato tra il 1961 e il 1966 di costruire una piscina situata alcuni chilometri a nord di Porto sulla costa atlantica. Anche qui il percorso ha un carattere rituale: si tratta di una discesa dalla terra all’acqua, dal cemento alla roccia, dall’urbanizzazione allo stato naturale. Tanto i sensi quanto il corpo sono coinvolti in questo progetto architettonico che fa da tramite tra i paesaggi pieni di ombra e di mistero e la lunga linea dell’orizzonte. Inoltre come nel CGAC si da una forte importanza all’alternanza di profili e terrazze. Questo porta al paragone con il cubismo, un sistema di geroglifici intrecciati e sovrapposti, forme geometriche che tra loro formano una sensualità fortemente controllata. Un altro fattore che accomuna i due edifici è l’utilizzo della luce che come abbiamo visto è una delle caratteristiche principali dell’attività architettonica di Siza. La piscina infatti può essere intesa come un frammentario gioco di volumi animati dalla luce naturale

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-FACOLTA’ DI ARCHITETTURA DI PORTO:

Realizzata tra il 1986 e il 1995. L’università è situata in un grande parco dove si trova anche l’orto botanico della facoltà e qui ,come nel CGAC, il parco è parte integrante dell’edificio e insieme formano l’unita dell’opera. Anche qui gli elementi che compongono l’edificio vengono allineati secondo direttrici che seguono la topografia del sito e la disposizione di essi lungo due assi convergenti danno luogo ad una piazzetta triangolare che rappresentando il cuore del complesso trasformandolo così in uno spazio centrale per la socializzazione .Si da molta importanza alla luce creando varie soluzioni nelle pareti per illuminare gli spazi. “(….) Nella Facoltà di Architettura di Porto c’è un lucernario che illumina quattro ambienti, compreso uno 20 attraverso un camino”. -BIBLIOTECA DEL CAMPUS UNIVERSITARIO DI AVEIRO:

Anche questo edificio si trova nelle terra natale dell’autore, in Portogallo, ed è stato realizzato nello stesso lasso di tempo del CGAC (1988-1994). Lo spazio esterno entra a far parte di quello interno grazie a delle aperture orizzontali che proiettano le sale verso il panorama lineare delle saline offerto dalla laguna della città. Per quanto riguarda le sale al piano superiore, esse sono prevalentemente illuminate in modo naturale da cavedi e lucernari semiconici.

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-CENTRO METEOROLOGICO BARCELLONA:

DEL

VILLAGGIO

OLIMPICO

DI

Situato sul lungomare di Barcellona e realizzato tra il 1989 e il 1992. L’edificio ha forma cilindrica ed è percorso in tutta la sua altezza da profondi tagli interni che oltre ad offrire suggestive vedute sul paesaggio marittimo sono una fonte di luce naturale non indifferente per gli ambienti di lavoro disposti sui vari livelli.

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CONTENUTI RAPPRESENTETIVI La prima fase del processo creativo, la sua impostazione che va dal foglio di carta in bianco alla costruzione cambia moltissimo. Ogni progetto ha un suo processo e dei fattori condizionanti che lo rendono diverso; vi sono lavori nei quali gli aspetti funzionali del programma sono così preponderanti che dirigono lo sviluppo del progetto, in altri la topografia l'ubicazione o la cornice storica sono i condizionamenti di cui si deve tener conto. L 'inizio alla defmizione di un'idea può avvenire in modi assai diversi, ad esempio qualche primo disegno può aiutare a scatenare una serie di riflessioni che si concentreranno in seguito. Secondo Alvaro Siza in ogni momento del processo di progettazione è necessario avere un'idea chiave delle forme, dei volumi e dello spazio anteriormente al programma funzionale dell ' edificio. Prima le analisi preliminari che sono fondamentali, poi viene il momento di affrontare il foglio in bianco. La funzione del disegno secondo l' architetto è liberare le fantasie da inibizioni, da pregiudizi, da preconcetti, è un mezzo per poter ordinare o depurare una grande quantità di idee molto spesso contraddittorie. Questa riflessione prende spunto da una lettura di uno scritto di Alvar Aalto in cui diceva che a volte,quando il lavoro non andava avanti sospendeva tutto e faceva dei disegni che non avevano nulla a che vedere con il progetto, per puro piacere, per distrarsi, e che a volte da quei disegni non intenzionali sorgeva un' idea che consentiva di superare quell' impasse del progetto. Un passo ulteriore verso la concretizzazione nel processo di defInizione del progetto è il ruolo dei modelli che consente di affrontare a scala ridotta i problemi di spazio che si ricollegano alla complessità di alcuni fattori come la luce, gli accessi e la scala stessa dei singoli elementi. Secondo Siza i modelli sono un modo diverso di valutare quello che si è disegnato che consente di entrare di più nell ' edificio. Per quanto riguarda la presentazione del disegno l' architetto fa una distinzione dicendo che questa dipende dall'interlocutore. La rappresentazione grafica di una proposta sarà diversa se il progetto è diretto a una giuria abituata ad esaminare disegni architettonici, o se ci si rivolge a un committente privo di una formazione specifica. In quest'ultimo caso Siza fa uso di plastici e persino, per quel che riguarda certi dettagli, plastici a grandezza naturale, per poter tenere una spiegazione della massima chiarezza, quindi l' importante è riuscire ad associare il progetto alla realtà mediante disegni e modelli. Il disegno nell'attività abituale di Siza viene usato soprattutto con fmi pratici, come aiuto per lavorare a un'idea. Ma è anche usato come svago, un piacere che si trova soprattutto in alcune situazioni: il disegno nelle riunioni di amici, nei viaggi. In alcuni disegni di Siza troviamo la presenza delle mani del disegnatore, la spiegazione secondo l'architetto è nel tentativo di dare un'idea il più possibile globale, arretrando il primo piano fino al punto di partenza dello sguardo. I disegni a mano libera di Siza, fatti "en route" nel senso più generale, sono sempre autoriflessivi. L' autore invita a una continua oscillazione fra soggetto e oggetto, fra la posizione di colui che osserva e quella dell'immaginato.

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PUBBLICISTICA Dubois, Marc , Alvaro Siza dentro la città, Milano, MOTTA ARCHITETTURA, 1997. Analizzando il testo Dentro la Città curato da Marc Dubois viene lasciata la prefazione del testo stesso ad Alvaro Siza il quale espone il modo di vedere dell’architettura, le relazioni che i nuovi edifici devono avere con il contesto in cui verranno a trovarsi. Inoltre aggiunge che ogni città ha i sui ritmi i sui movimenti diversi, e quindi l’architetto si situa all’interno di questa dislocazione come se ci fosse un balletto delle superfici terrestre. Successivamente vi e una lunga ed accurata analisi dell’architetto e dell’architettura di Alvaro Siza. L’opera di Siza viene definita come una delle più affascinanti della nostra epoca, e il grande interesse che ha suscitato fin dagli anni settanta, mai venuto meno, rappresenta un fenomeno in se. Il lavoro di architetto non si può inquadrare in uno schema di pensiero dogmatico o astratto e che non è assolutamente necessario ricercarvi fondamenti teorici particolari, in quanto esso è saldamente ancorato alla realtà del vivere e alla relazione fra i fattori visibili e invisibili del sito e del progetto relativo. Inoltre viene evidenziato il fatto inconsueto che parecchi architetti con l’avanzare dell’età, al crescere dell’importanza degli incarichi conferiti si accompagna quasi sempre un restringimento delle vedute, ma che nel caso di Siza si può dire esattamente il contrario. Con il proseguire della carriera, infatti il suo ambito di riferimento non ha smesso di ampliarsi. Dopo aver fatto un ampia descrizione dell’architetto, Marc Dubois inizia ad analizzare i metodi usati per la progettazione dicendo che nessun altro architetto noto a livello internazionale aveva mai prodotto come lui un così alto numero di schizzi, e i suoi fini disegni geometrici in cui il colore è totalmente assente vogliono innanzi tutto dimostrare che la progettazione è qualcosa di estremamente labile. Siza non è un architetto avvezzo a viaggiare accompagnato dalle proprie teorie anzi terrà sempre presenti le caratteristiche del sito in cui andrà ad operare, in Siza non compare assolutamente l’esigenza ossessiva di una scrittura propria tuttavia la riconoscibilità rimane. Si dà poi risalto al Siza designer il quale progetta casualmente oggetti che verranno prodotti in sere limitate, uno degli oggetti più affascinanti sottolinea Marc Dubois è un posacenere chiamato “Havana” destinato ad accogliere un grande sigaro più che una sigaretta. Il testo prosegue con una ricca ed ampia carrellata delle opere più rappresentative dell’architetto soffermandosi sui temi progettuali e sulle relazioni che lo stesso viene a produrre con il contesto. Per quanto riguarda il Centro Galiziano di Arte Contemporanea viene fatta una descrizione dell’edificio nei suoi particolari il rispetto della tradizione edilizia di 39


Santiago, vengono presentate piante: planimetrie generali; prospetto sud e prospetto est; prospetto del fronte sulla via Valle-Inclàn con il convento e la chiesa; la rampa e l’ingresso; stereotomia del fronte ovest; pianta del primo livello ingresso rampa di accesso portico di ingresso atrio hall foyer sala conferenze sala per esposizioni temporanee terrazza del bar; bar; libreria; pianta del secondo livello sala riunioni uffici foyer sala di lettura sala per seminari sala per esposizioni; sezione; planimetria del complesso di Santo Domingo de Bonaval e del giardino museo di Arte contemporanea Convento di santo Domingo ex orti del convento bosco di querce ex cimitero; profilo del complesso di Santo Domingo de Bonaval. Come foto: il terrazzo dell’edificio; il fronte sulla via Valle-Inclàn; il fronte sulla via Valle-Inclàn con il convento e la chiesa; vedute dell’ingresso, di un particolare del fronte ovest, della Hall e di una sala per esposizioni; l’ingresso al giardino e le terrazze del primo piano e del secondo livello; le due fonti; gli ex orti e l’arcata sulla terrazza del terzo livello;le rampe di collegamento tra i diversi livelli del giardino, il percorso lungo le mura e la porta di ingresso dell’ex cimitero; inoltre schizzi delle due fonti. Il testo e stato prodotto nel 1997 ben oltre la fine della realizzazione del progetto del Museo di Arte Contemporanea anche se bisogna sottolineare che il testo non si occupa esclusivamente di esso ma fa una carrellata sulle opere dell’architetto, risulta ricco di foto dell’ambiente circostante il museo ed un po’ meno dell’opera stessa anche se foto piante sezioni riescono a rendere abbastanza bene l’idea della struttura sia nei particolari che nella sua complessità, rilevante ed ingegnoso è il fatto che alcune foto vengono presentate in bianco e nero per dare più risalto ai metodi usati da Siza per l’illuminazione naturale dell’edificio, il sistema rende a pieno questo aspetto. Bisogna anche sottolineare che l’autore evidenzia il fatto che Siza ama presentare i suoi progetti con ampi schizzi, ma non fornisce molto materiale a riguardo. Morteo, Enrico, Il progetto come esperienza, IN “DOMUS”, N° 746, 1993 FEBBRAIO, pp. 17-28. Wang, Wilfried, Alvaro Siza: passione e fede in architettura, IN “DOMUS”, N° 770,1995 APRILE, pp. 19-20. Dalle riviste Domus del 1993 numero 746 e del 1995 numero 770 non risulta una particolare interesse nella descrizione oggettiva dei progetti dell’architetto, ma ci si sofferma su interviste e considerazioni fatte sull’architetto stesso a livello generale e in particolar modo nell’idea che lui ha dell’architettura e di come lui e i suoi collaboratori esprimono questo, si cerca quindi di capire e studiare l’architettura di Siza non partendo dagli edifici ma dal suo modo di vedere e di pensare ponendo un confronto con gli altri architetti. In particolare in un articolo di Wilfried Wang si pongono domande, anche provocatorie, per esaltare l’architettura proposta da Siza mettendola a confronto, con gli altri architetti: “Chi, entrando in un edificio, non ha provato una sensazione speciale?” “Chi non ha avvertito, dietro gli strati di materia apparentemente muta, la passione, una passione che tocca i nervi di tutti i sensi?” “Ci sono ancora architetti 40


che, anche in tarda età, dimostrano passione nell’architettura?” “Quanti architetti hanno dato alla loro morente disciplina un flusso così regolare di edifici che tutti, ovviamente con qualche occasionale riserva, dimostrano questa speciale intensità?” “Quanti architetti hanno condiviso la nostra stessa attenzione per la cultura architettonica come hanno fatto Siza e i suoi collaboratori?” “La perdita della qualità architettonica è una conseguenza dell’arroganza della celebrità?” “Certi architetti stanno distogliendo il proprio interesse dall’intensità progettuale riorientandolo verso la gratificazione più immediata del guadagno?” “Come si conserva la passione per l’architettura durante gli sterili periodi di sviluppo minuto dei particolari?” “Qualcuno di noi non è forse scettico sul museo di Santiago della Compostela?” Per terminare l’articolo Wilfried Wang fa un omaggio a Siza: “Quanti dei cosiddetti edifici High-tech hanno dimostrato la stessa tenuta (quando siano stati realizzati da altrettanti veri professionisti) dei cosiddetti edifici per uffici tradizionali? Quanti dei così detti componenti standardizzati di un progetto high-tech sono davvero sopravvissuti fino a vedere un altro edificio? Forse gli edifici di Siza sotto questo aspetto sono sorpassati, forse fanno parte di un ‘epoca che scompare. Forse il tentativo del suo studio di adoperare i calcolatori è solo parziale; forse il suo affidarsi agli schizzi tradisce il suo reale linguaggio antiquario. Forse l’elogio a Siza è inguaribilmente nostalgico. Forse la percezione dell’opera è completamente idealizzata. Forse l’architettura – senza forse: certamente l’architettura ha esaurito la sua epoca d’oro.ma Siza ed i suoi collaboratori ha dato un contributo alla gloria di questo tramonto. Passione e fede in architettura sono cose rare, e stanno diventando ancora più rare.” Le due riviste prese in considerazione omettono gli aspetti riguardanti la descrizione dell’edificio e sono povere di foto. Beaudouin, Laurent, L’architecture d’aujourd’hui Siza, N° 278, 1991 DICEMBRE. La rivista L’architecture d’aujourd’hui, del 1991 numero 278 presenta un ampio articolo sul Centro Galiziano di Arte Contemporanea anche se come ben sappiamo l’edifico in quell’anno non era ancora stato ultimato, ovviamente , vista l’impossibilità di presentare un corredo fotografico dell’edificio non ancora ultimato, la rivista si sofferma sulla identificazione del loco dove sta avvenendo la costruzione dell’edificio con una planimetria dove viene evidenziato il sito, vi sono schizzi riguardanti prospetti da varie direzioni, piante di schemi esecutivi, sezioni ed altimetrie, inoltre l’articolo è supportato da due foto del plastico eseguito del museo. Questa rivista è una delle poche trovate che dedica un ampi descrizione del progetto in tutte le parti architettoniche curando la descrizione dei particolari con schizzi piante e sezioni, prima della fine dell’esecuzione dell’edificio. Collovà, Roberto, Sul centro di Arte contemporanea “CASABELLA”, N° 612, 1994 MAGGIO, pp. 4-10.

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Galizia,

IN

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Angelillo, Antonio, e Quintanas, Carlos, Santiago de Compostela: una politica di progetti, IN “CASABELLA”, N° 618,1994 DICEMBRE, pp. 26-41. Pasqui, Gabriele, A S. Marino l’opera completa di Alvaro Siza, IN “CASABELLA”, N° 626, 1995 SETTEMBRE, pp. 44-45. Consultando alcune riviste di Casabella dove per altro si è riusciti a trovare il maggior numero di informazione e dettagli sull’edificio, risalta una ricchezza di immagini fotografici scattate dall’alto che fanno ben capire il contesto in cui lo stesso è situato e dell’architettura gia presente, il modo in cui il vecchio ed il muovono vengono a formare un tuttuno. In particolare sul numero 618 del 1994 viene presentata la storia del luogo e le diverse vicissitudini che lo hanno portato ai giorni nostri. “Il sito era occupato anticamente da orti di conventi circondati da alti muri attorno ai quali si erano venuti a creare dei vicoli. L’apertura di una strada insieme all’abbattimento di diversi muri perimetrali avvenuti negli anni Settanta, oltre all’inserimento di qualche edificio di scarso interesse, avevano lasciato la zona priva di un carattere specifico.” Nel numero 626 del 1995 viene esposta la mostra fatta da Siza a San Marino ed una ampia intervista all’architetto nella quale viene anche tra l’altro chiesto il significato che hanno gli oggetti di design per un architetto. “Il primo pezzo esposto è una sedia del 1958 per il ristorante di Boa Nova, io ho sempre avuto l’ansia di progettare i dettagli interni fino ai mobili. Ho disegnato molti oggetti ma sempre riferiti ad un preciso contesto.” Framthon, Kenneth, Alvaro Siza tutte le opere, Milano, ELECTA, 1999 In fine nel testo Tutte le Opere di Kenneth Framhton del 1999 gli edifici vengono presentati direttamente dall’architetto partendo dal conferimento dell’incarico dagli obiettivi da raggiungere dallo studio attendo ed accurato della storia del posto alla disposizione dei volumi dell’edificio agli spazi verdi circostanti giustificando le varie scelte adottate nei minimi particolari. Inoltre vengo presentati discorsi tra Siza e Tàvora ed omaggi fatti da quest’ultimo, suo maestro, all’architetto Portoghese. Il testo è ricco di grandi immagini presentate su due facciate, vengono omessi particolari descrittivi delle opere anche se gli stessi possono essere facilmente intuiti da una attenta osservazione delle immagini, come un particolare dell’illuminazione che in una foto viene messo in evidenza con il dettaglio di un lucernario a forma di piramide.

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PROGETTO IN RETE Navigando in rete i siti che si possono incontrare digitando sul motore di ricerca “Alvaro Siza” o “Centro Gallego di Arte Contemporanea” sono numerosissimi. Questo comporta una quantità apparentemente infinita di materiale ma spesso non è così infatti capita molto di frequente di trovare siti diversi contenenti lo stesso materiale informativo oppure brutte copie di documenti cartacei. I dati che se ne possono trarre sono vari: materiale tecnico, informazioni turistiche, informazioni specifiche di ogni genere, proposte commerciali ma anche materiale illustrativo e fotografico. Uno dei tanti problemi nei quali ci s’imbatte durante questa ricerca è la valutazione dell’attendibilità delle fonti. La rete infatti a differenza di qualsiasi libro o documento che sia, è quasi sempre priva di una bibliografia allegata. Si deve perciò fare una cernita. La nostra ricerca è quindi partita dalla consultazione dei siti istituzionali del Museo e dell’autore. Per quanto riguarda il sito di Alvaro Siza ( www.alvarosiza.com ) il materiale da consultare è inesistente infatti esso è composto da un’unica pagina dov’è collocato al cento uno schizzo dell’autore e a piè di pagina i recapiti europei e americani dov’è possibile contattare l’architetto. (schizzo presente nel sito ufficiale di Alvaro Siza)

La caratteristica di inserire nei siti il recapito dell’architetto è molto frequente e questo credo che sia dovuto al fatto che Alvaro Siza continua tuttora nella sua opera di architetto e questo può favorirgli eventuali incarichi e commissioni. 43


I siti dove è possibile trovare informazioni sul suo operato e sulla sua vita sono molti e molte sono le pagine dedicate alle sue mostre e agli eventi che lo vedono partecipe Per quanto riguarda invece il sito ufficiale del Centro Gallego di Arte Contemporanea (www.cgac.org) credo che si possa definire completo in tutte le sue parti, infatti sono presenti informazioni di ogni genere: si possono trovare informazioni sulla struttura in generale e sul suo autore ma anche informazioni utili sulle mostre passate o future che il CGAC ha presentato con adeguati approfondimenti sui vari artisti. E’ presente anche una parte dedicata al commercio di libri presenti nel book shop on-line e una sezione dedicata alla prenotazione di biglietti e visite; non mancano informazioni turistiche e consigli pratici per il raggiungimento dell’edificio. Un altro sito molto attendibile è www.museos.consumer.es poiché si rifà molto al sito ufficiale ma con il pregio di essere ancora più semplice favorendo la comprensione delle informazioni a ogni tipo di visitatore on-line. Numerosissimi sono anche i siti che si occupano esclusivamente di mostre e che trattano quindi questo edificio solo dal punto di vista di “contenitore di opere”.

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L’ARCHITETTURA DEL MUSEO Tipi di spazio. Modellazione e flessibilita’ dello spazio espositivo

La critica che personalmente rivolgo al tipo di spazio espositivo all’interno del museo, è il distacco ed il gelo che i materiali scelti e la loro collocazione ritmica possono trasmettere ad un ipotetico visitatore. La modellazione degli spazi espositivi e’ senza dubbio efficace in quanto permette al visitatore di avere una corretta veduta dell’ambiente museale. I corridoi sono ampi, visivamente corretti, ben organizzati e soprattutto volti ad evitare un effetto labirinto, gli spazi sono armoniosi ed elegantemente divisi in settori e corsie piacevolmente percorribili.

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Percorso: Forma e Metafora Del Museo

Il Centro Gallego di Arte Contemporanea si prefigge il compito di di rivalutere l’arte contemporanea spagnola e in modo particolare quella gallega. Concettualmente sfiora un razionalismo sociale, senza però abbracciarlo del tutto; guarda con un occhio ai classici e con l’altro all’innovazione; rompe i margini del vecchio, facendosi però ispirare dal passato per fondare una moderna struttura architettonica.

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Sezione Fondativa Dello Spazio Espositivo. Studio Della Sezione Di Luce

In una analisi del comportamento e dell’importanza della luca nella struttura, bisogna sottolineare la convivenza messa in atto da Siza tra luce natuirale e artificiale. Le sale d’esposizione situate sul piano superiore sono illuminate da una schermatura a soffitto: una sorta di tavolo rovesciato dello stesso intonaco bianco che riveste le pareti, diffondono una buona luce naturale in tutte le sale. La luce generata dai lucernai, sorge abbagliante dall’alto del centro del soffitto. L’assenza, nelle sale espositive dei piani superiori di finestre o aperture sulla luce naturale, ha probabilmente reso molto più complessa di quanto sembra l’analisi e la collocazione degli spazi di luce. Nonostante l’impianto illuminativo proponga un buon effetto di illuminazione naturale-artificiale, l’assenza di un riscontro con la realtà naturale della luminosità rende alcuni degli ambienti espositivi estremamente metafisici e contemplativi. La luce irrorata dalle sue fonti non vuole essere un pretesto di distrazione per il visitatore, passa umilmente inosservata, ma vigila, esalta ed accompagna tutto il percorso espositivo e, più genericamente fruibile, in maniera efficacissima e con estrema delicatezza.

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Le forme del museo: rapporto tra forma esterna e spazio interno

Prima di analizzare il rapporto che c’è tra forma esterna e spazio interno bisogna sottolineate la relazione che c’è tra il Centro Gallego di Arte Contemporanea e l’ambiente circostane. Infatti anche se l’edificio è inserito in un contesto apparentemente estraneo ad esso ci si accoge che la voluta regolarità dei blocchi di granito opaco che ricoprono la struttura esterna del CGAC si relazionano splendidamente con timpani e le facciate invecchiate di palazzi di edificazione precedente come l’adiacente Convento di San Rocco. Il connubio tra essi è perfetto come se dalla loro unione si creasse un solo elemento. Per quanto riguarda la relazione interno-esterno la prina osservazione che si puo fare è la differenza di materiali che caratterizzano le due varie parti. Esternamente la struttura come si è già detto è ricoperta da lastre di granito mentre internamente troviamo un intonaco bianco che consente alle sale espositive di mantenere una certa austerità senza distogliere il visitatore nella sua visita. Inoltre se si esclude la rampa d’accesso che la taglia diagonalmente la facciata esterna ci si accorge che essa rispetta una certa razionelità sviluppandosi su rigide linee orizzontali. A differenza di essa all’interno Siza cerca una spazialità giocata su sale diverse, che si articola in una serie di sale espositive tipologicamente molto diverse 48


tra loro. L’espediente che gli permette di effettuare un collegamento visuale tra il foyer e il vano scala non può essere restituito da una fotografia; basandosi sul rapporto tra scale diverse, Siza sfrutta al massimo i dislivelli del soffitto, un elemto importate dello spazio che, a suo avviso viene troppo spesso ignorato dagli architetti. Rimanendo in questo ambito Siza utilizza un piccolo espediente tecnico per cercare di fondere interno ed esterno. Salendo la scala principale ci si accorge che attraverso una piccola finestra quadrata si vede contemporaneamente la caffetteria del centro, il giardino situato dietro l’edificio, e un albero monumentale. La finestra quindi non serve solo ad illuminare il pianterreno e il sotterraneo, ma diventa una cornice del giardino storico. Questo particolare dell’edificio permette di mostrare le persone che salgono le scale e l’interno dell’edificio.

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Le forme del museo. Supporti espositivi come strategia di segni

Gli spazi espositivi del CGAC sono pensati da Siza per ospitare deteminate opere inserite nel panorama delle arti Contemporanee. Questo ha di conseguenza influenzato la realizzazione degli spazi espositivi. “(…) il museo l’ho progettato per conservare ed esporre un certo tipo di opere. Non tutto. Quando mi dicono che le porte sono troppo piccole per poter trasportare all’interno dei pezzi, io rispondo che questo museo non è per pezzi di tale dimensione!(…)”. 21

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Elenco citazioni 1

“ Nei musei la luce si fa dolce, accurata, preferibilmente impassibile, e immutabile. E’ necessario non ferire le attenzioni di Vermeer, non si deve competere con la violenta luce di Goya, o la penombra, non si può disfare la calda atmosfera di Tiziano, sul punto di estinguersi, o la luce universale di Velasquez o quella secca di Picasso, tutto ciò sfugge al tempo e al luogo nel volo della Vittoria di Samotracia. L’architettura del museo non può essere che classica, probabilmente, distante o attenta in relazione alla geografia e alla storia; la stessa rampa di Wright s’irrigidisce all’istante. Sorgono nel soffitto invisibili favolose macchine di controllo, accessibili da botole, da scalette metalliche coperte di polvere e di tele di ragno e di ponti riservati, che dicono alla luce, al sole e alle invenzioni: fermati, entra in punta di piedi, silenzio, quello che illumini ha resistito alla tua violenza, al tuo percorso di monotona e troppo rapida novità; ha osato resistere, pretendere di resistere. Concede benevolenza a quello che gli uomini fanno con le mani e nasce da te, adorandoti e immobilizzano la tua impazienza. Concede agli uomini che si muovono in questi spazi serenamente, dimenticandoti, viaggiante imperturbabile che crea e uccide senza cattiveria né bontà. Così è l’architettura dei musei, idealmente senza pareti, né porte, né finestre, né tutte quelle difese che per lo più eviti, pensate e ripetute, musei che raccolgono quello che stava in palazzi, o chiese, o capanne, o soffitte, coperto di gloria o di polvere, piegato sotto il materasso di un giaciglio, e adesso silenziosamente mi osserva, sotto una luce indifferente a ciò che si muove troppo”. Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 62 2

"(...) L'architettura di Siza brilla di luce propria, ma anche di luce riflessa: in essa è possibile leggere il ricordo di opere canoniche della modernità - da Le Corbusier ad Aalto, da Wright a Oud, da Loos a Mendelsohn-, ma anche talvolta di opere anonime della tradizione vernacolare. Siza non privilegia mai a priori una fonte linguistica. (...) il linguaggio dell'architettura moderna non deve quindi essere abbandonato, ma deve assumere un diverso statuto: non più linguaggio del nuovo, bensì linguaggio dell'interpretazione, della modificazione sensibile e critica dello realtà. Non più linguaggio della purezza, chiusa in una superba autonomia, bensì linguaggio dell'ibrido, aperto alle contaminazioni provenienti dai contesti.” Tratto da: P. A. Croset. 3

”(….) Il disegno ci disinibisce da idee preconcette aprendoci a impreviste elaborazioni”. Tratto da: Morteo, Enrico, Il progetto come esperienza, IN “DOMUS”, N° 746, 1993 FEBBRAIO, p. 17.

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”(….) Non ricordo la prima volta che ho disegnato le mie mani in uno schizzo. Forse si tratta di una determinata concezione dello spazio, di un tentativo di dare un’idea il più possibile globale , arretrando il primo piano fino al punto di partenza dello sguardo. E’ un modo di mostrare la spazialità che io percepisco mediante una presenza che uso come un’ulteriore risorsa tecnica per creare un primo piano.” Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 40 5

“(….) La progettazione è qualcosa di estremamente labile, l’espressione di una serie di dubbi e l’accumularsi di una serie di conflitti. E’ il mezzo per comprendere meglio…” Tratto da: Dubois, Marc, Alvaro Siza dentro la città, Milano, MOTTA ARCHITETTURA, 1997, p.8. 6

“(….) A differenza di quanto mi si richiedeva pensai di attestare il nuovo edificio proprio sulla strada: un’istituzione così importante per la città doveva in qualche modo rappresentarsi pubblicamente”. Tratto da: Collovà, Roberto, Sul centro di Arte contemporanea di Galizia, IN “CASABELLA”, N° 612, 1994 MAGGIO, p. 11. 7

“ (….)La concezione dell’edificio deve moltissimo al parco perché come questo, è situato in un terreno con pendenze e organizzato in piattaforme. Questa sequenza di piattaforme scendendo per il pendio e terminano nell’edificio che è una piattaforma in più; una forma rettangolare formata da due rettangoli che seguono la sequenza delle altre piattaforme del parco.” Tratto da: www.epdlp.com 8

“(…) Quando guardai le misteriose scale e le facciate d’angolo del convento di Santo Domingo, a fianco del quale fui incaricato di costruire il museo di Santiago quando salii le piattaforme invase dalla vegetazione e contenute da muri semidistrutti, o quando entrai nel cimitero e vidi dall’alto di Caravalhal i tetti ed i mille campanili di Santiago, mi sentii ancora più inibito. Mi bagnai le scarpe, i vestiti e il corpo. L’acqua scorreva disordinatamente ovunque. Mi mostrarono documenti preziosi e vecchie fotografie. Lo scultore svela dal granito figure religiose, come nel medioevo. A poco a poco trovammo e dissotterrammo canali in granito, resti di tubi logorati, vie d’acqua e sorgenti e fonti e gradini da molto coperti, capitelli di qualche convento sparito; a poco a poco trovammo il luogo dove collocare le fondazioni e dove erigere le pareti, dove coprire, impermeabilizzare e aprire i vuoti, lasciando entrare la luce". Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, pp. 80-81.

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“ (….) Il progetto è l’applicazione di nozioni sebbene in modo sensibile nei riguardi dell’ambiente, dei materiali, della topografia del modo di produzione e delle tecnologie”. “ (….) Inizio un progetto quando visito il terreno dove dovrà essere costruito; altre volte inizio prima, partendo dall’idea che ho del luogo ( una descrizione, una fotografia, qualcosa che ho letto, un’indiscrezione)”. Tratto da: www.epdlp.com 10

“(….) Il museo CGAC ha concentrato tutto il suo programma in un corpo unitario; è vero che esso presenta una serie di angoli ma, sostanzialmente, è un tutto. Anche il tracciato diagonale è più evidente all’interno che all’esterno, ed è qui che si fa manifesto l’incontro di vari corpi, di vari spazi, che configurano un tutto unico”. Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 34 11

”(….) La luce è associata ad alcuni fattori: il rapporto tra interno ed esterno, la sintonia con il tempo, con il cambio di orientamento, con non so quali meccanismi psicologici che fin dalla nascita, per una continuità di percezione che non saprei spiegare, sono profondamente legati ai tuoi ritmi, alle tue condizioni di spirito, alla tua azione e così via…(….) Una cosa che mi affascina molto è vedere come una piccola entrata di luce può essere moltiplicata non so quante volte. Mi piace esercitarmi in questo, come per esempio nel CGAC, la luce del lucernario illumina l’atrio, il corridoio e le scale. La luce è importante anche perché obbliga a scatenare le relazioni tra i differenti elementi dell’architettura. La luce è messa in relazione con il colore, la struttura”. Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, pp. 32-33. 12

”(….) Ricordo che dovemmo lottare nel CGAC per ridurre l’intensità energetica, che venne diminuita della metà, e forse meno, dalla potenza d’illuminazione iniziale. Questa era non so quante volte maggiore, e la si è potuta ridurre sfruttando la luce naturale e l’architettura stessa…non è solo la lampada che da luce, ma i riflessi, i colori”. Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 33. 13

“(….) Le emozioni attraversano il progetto come qualsiasi esperienza umana. Credo di non aver mai avuto il proposito di usare quello che si trasforma in emozione come parte dell’espressione artistica, parlando di architettura; ma forse è il contrario. Questo stesso distanziamento mi sembra assolutamente necessario come parte del processo creativo. Alla fine restano muri, pareti. Ora, che poi il risultato finale sia impregnato di condizionamenti e percezioni di spazi, dell’edificio e della città ,mi sembra possibile, perfettamente comprensibile ”. 53


Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 30. 14

“(….) Molti e minuti sono i dettagli curati nel corso dell’opera: la sagomatura di una lastra di marmo del pavimento attorno ad un pilastro, un parapetto tubolare pulitamente giuntato con tiranti invece che con saldature, il preciso posizionamento di inevitabili elementi tecnici sono solo un esempio della perizia del mestiere alla quale il museo deve il proprio equilibrio formale”. Tratto da: Zanco, Federica, Alvaro Siza Centro Galiziano da Arte Contemporanea, Santiago de Compostela, IN “DOMUSDOSSIER”, N° 2, 1994, p. 53. 15

”(….) Esiste un distacco molto chiaro ed elaborato tra gli interni di intonaco e l’esterno rivestito di granito. Questo nasce sia della necessità di marcare la differenza tra spazio pubblico e spazio interno, sia di controllare la luce indiretta, che si sa, all’interno delle sale espositive è determinante”. Tratto da: Collovà, Roberto, Sul centro di Arte contemporanea di Galizia, IN “CASABELLA”, N° 612, 1994 MAGGIO, p. 11. 16

”(…) - Andrei a Santiago – esclamò mio padre. Girammo attorno alla cattedrale, una piazza e l’altra, sequenza di spazi e di livelli discendenti la collina. Operai rifacevano la pavimentazione e io rimpiangevo le pietre che venivano ricoperte, scomode ed antiche, ognuna preziosa come un Moore. Disgusto dimenticato: oggi sta lì quel granito della Galizia; quarant’anni hanno addolcito spigoli e difetti….” Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 65. 17

“(….)Un architetto è chiamato ad ordinare e trasformare non solo secondo la necessità di un programma , ma anche ascoltando le sollecitazioni che un’emozione o un ricordo possono accendere.” Tratto da: Morteo, Enrico, Il progetto come esperienza, IN “DOMUS”, N° 746, 1993 FEBBRAIO, p. 17. 18

”(….) L’architettura è un mezzo per amplificare l’azione dell’uomo e per intensificare la sua esperienza quotidiana, così come per attivare misteriose linee di forza nella città o nel paesaggio”. Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 10. 19

“(….) La presenza leggibile di percorsi che spiegano in un certo qual modo un edificio è dovuta alla necessità di mettere in rapporto tutto quanto accada nell’edificio, oltre che tra esso e il suo contesto”. 54


Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 30. 20

“(….) Nella Facoltà di Architettura di Porto c’è un lucernario che illumina quattro ambienti, compreso uno attraverso un camino. Tratto da: Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995, p. 33. 21

“(….) Il CGAC l’ho progettato per conservare ed esporre un certo tipo di opere. Non tutto. Quando mi dicono che le porte sono troppo piccole per poter trasportare all’interno dei pezzi io rispondo che questo museo non è per pezzi di tale dimensione!(….) Il museo deve avere, come qualsiasi edificio una caratterizzazione architettonica, inclusa una limitazione d’uso, dovuta alla natura che le istituzioni della città ed il contesto culturale gli definiscono. Ogni esposizione dovrebbe semmai interpretare lo spazio architettonico che lo ospita.” Tratto da: Pasqui, Gabriele, A S. Marino l’opera completa di Alvaro Siza, IN “CASABELLA”, N° 626, 1995 SETTEMBRE, p. 45.

“(….) I cammini di Santiago danno integrità alla città; attraverso di essi si riesce a leggere la ragione della forma di ogni elemento architettonico, di ogni edificio della città. Ho la speranza di aver trovato così la chiave della progettazione del museo e del centro d’arte”. Tratto da: Collovà, Roberto, Sul centro di Arte contemporanea di Galizia, IN “CASABELLA”, N° 612, 1994 MAGGIO, p. 12. “(….)Esiste una componente importantissima, refrattaria a qualsiasi sistematicità, ed è la componente umana, l’emozione, la qualità del rapporto che si instaura nel gruppo di lavoro.” Tratto da: Morteo, Enrico, Il progetto come esperienza, IN “DOMUS”, N° 746, 1993 FEBBRAIO, p. 17.

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BIBLIOGRAFIA Riviste - Testa, Peter, Il piano di Macao e altri progetti di Alvaro Siza Vierira, IN “CASABELLA”, N° 559, 1989, p. 4. - Testa, Peter, Recenti opere urbane di Alvaro Siza, IN “CASABELLA”, N° 559, 1989, pp 15-18 - Collovà, Roberto, Sul centro di Arte contemporanea di Galizia, IN “CASABELLA”, N° 612, 1994 MAGGIO, pp. 4-10. - Angelillo, Antonio, e Quintanas, Carlos, Santiago de Compostela: una politica di progetti, IN “CASABELLA”, N° 618,1994 DICEMBRE, pp. 26-41. - Pasqui, Gabriele, A S. Marino l’opera completa di Alvaro Siza, IN “CASABELLA”, N° 626, 1995 SETTEMBRE, pp. 44-45. - Morteo, Enrico, Il progetto come esperienza, IN “DOMUS”, N° 746, 1993 FEBBRAIO, pp. 17-28. - Zanco, Federica, Alvaro Siza Centro Galiziano da Arte Contemporanea, Santiago de Compostela, IN “DOMUSDOSSIER”, N° 2, 1994, pp. 48-57. - Wang, Wilfried, Alvaro Siza: passione e fede in architettura, IN “DOMUS”, N° 770,1995 APRILE, pp. 19-20. - Beaudouin, Laurent, L’architecture d’aujourd’hui Siza, N° 278, 1991 DICEMBRE. - Frampton, Kenneth, Il disegno veloce Le annotazioni di Alvaro Siza, IN “LOTUS INTERNATIONAL”, N° 68, 1991 MARZO, pp. 72-87. - Levene, Richard e Marquez, Fernando, Centro Gallego de Arte Contemporaneo, IN “EL CROQUIS, ALVARO SIZA” N° 68,69, 1994, pp. 184-231 Libri - Siza, Alvaro, Professione poetica, ELECTA, Milano-Londra,1986. - Llano, Pedro e Castanheira, Carlos, Alvaro Siza Opere e Progetti, Milano, ELECTA, 1995. - Siza, Alvaro, Scritti di Architettura, Milano, SIKIRA,1997. - Dubois, Marc, Alvaro Siza dentro la città, Milano, MOTTA ARCHITETTURA, 1997. - Framthon, Kenneth, Alvaro Siza tutte le opere, Milano, ELECTA, 1999. - Lonely Planet, Spagna settentrionale, Torino, EDT SRL, 2003, pp. 543-554.

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Siti internet -

www.acmaweb.com www.agalicia.com www.architectsonline.it www.buildnet.es www.cgac.org www.cultura.terra.es www.epdlp.com www.guiarte.com www.museos.consumer.es

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