Brisighella - La perla di Val Lamone

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Storico culturale

Brisighella. La perla di Val Lamone Passeggiata nel borgo medievale e dintorni La provincia di Ravenna offre ai turisti un paesaggio collinare felicemente segnato da siti storici e da emergenze ambientali di grande attrattiva e soprattutto è adeguatamente predisposto per rendere agevole la visita sia nei borghi storici, sia nelle aree open air dove si possono riconoscere colture autoctone, emergenze geologiche, giardini e parchi. Venendo da Cervia, dopo il passaggio per Forlì, si prosegue sulla via Emilia SS 9 verso Faenza e raggiunta la nota “capitale della ceramica” sulla strada circonvallazione, che lascia a destra il centro abitato, si prende la direzione verso Brisighella su via Canalgrande. Questa è in realtà la SS.302 brisighellese che conduce a Firenze, un’antica via romana, come la via Emilia (S.S.9) da cui si dirama, appunto, con il nome di via CanalGrande. Ci attendono circa 11 chilometri per predisporci ad un paesaggio non prevedibile dopo i lunghi percorsi autostradali. La strada ferrata, opera della fine del XIX secolo, corre parallela alla strada e compie ancora il servizio di collegamento tra la Romagna e la Toscana, fino al capoluogo Firenze: si sale a Faenza e si scende dopo pochi minuti alla stazione di Brisighella. Dopo undici chilometri si arriva a Brisighella, borgo immerso nel verde intenso della valle del fiume Lamone e addossato, nonché protetto dalla calda “Vena del Gesso” che le ha offerto dai tempi più remoti tre pinnacoli, divenuti il suo baluardo, dapprima di difesa, poi di fama fino ai nostri tempi. Il sito di Brisighella ci richiama a ere geologiche antichissime quando si formarono le

Via degli Asini

Panorama vallata verso Brisighella

terre che furono chiamate Romagna e si creò l’ambiente chimico che favorì la formazione degli zolfi e dei gessi. L’uomo, invece, la frequentò in epoche successive, tra il neolitico e l’età del bronzo come attestano i reperti della Grotta Tanaccia, una delle grotte nella Vena del Gesso romagnola. Sui tre pinnacoli gessosi che definiscono la skyline del Borgo sono sorti la Rocca, la Torre dell’Orologio e il Santuario del Monticino. Il percorso, inedito per le sue tappe, si snoda attraverso il centro storico e vi diamo come punto di partenza la sede della Pro Loco, dove si può ottenere ogni informazione sul borgo e dintorni e sul prodotto leader di questo territorio, ovvero l’olio dop di Brisighella. A fianco della Pro Loco, vi proponiamo la visita del Museo Civico Giuseppe Ugonia dedicato a Giuseppe Ugonia (1881-1944) che era nativo di Faenza, ma visse a Brisighella nonostante gli fossero proposti incarichi importanti in altre regioni. Ugonia fu uno dei più noti litografi d’inizio ‘900 membro del famoso “Cenacolo Baccarini” le cui opere sono esposte in prestigiosi musei nel mondo. Qui vi sono le opere donate dalla vedova, circa 400, tra cui molte litografie che propongono gli angoli suggestivi del borgo e della natura circostante. E’ stato ricreato anche lo studio del maestro, al primo piano. Nel Museo si ammirano anche alcune tele del Guercino e di Nicolò Paganelli e ceramiche faentine del ‘700, realizzate nella fabbrica Ferniani. Fuori dal museo, il Borgo torna ad essere protagonista


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della scena: in pochi metri farete un balzo di secoli e anche di prospettiva logistica. Procedete brevemente a sinistra, oltre il museo, e incontrate un passaggio sopraelevato di alcuni gradini e chiuso alla sommità da un arco. E’ una porta interna della città; sulla strada dove vi trovate, infatti, vi era una delle tre porte che in epoca rinascimentale consentiva l’accesso a Brisighella da Nord. Si chiamava Porta Gabalo (o delle Gabelle). Questa, dove ora vi trovate, invece, era una porta interna chiamata la Porta delle Dame, perché le donne dell’aristocrazia vi accoglievano gli ospiti illustri. Superata Porta della Dame si sale ancora lungo una gradinata per avvicinarsi al nucleo più antico del Borgo, che era addossato alla roccia e sopraelevato. Qui una sosta è d’obbligo. Vi sovrasta la verticalità di una casa, la più antica casa del Borgo, di proprietà Boschi-Raggi, che si sviluppa su sette piani, il primo è di origine preistorica, gli altri sei di epoca medievale. Il proprietario ha realizzato un sapiente restauro. Come potete vedere qui tutto è molto addossato alla roccia. E più avanti troverete la spiegazione. Si procede oltre casa Boschi su Vicolo Paolina che si presenta con soffitto in travi di legno e pavimentazione in acciottolato e appena se ne esce si ha la visione, verso l’alto, della Torre dell’Orologio. La Torre dell’Orologio fu costruita intorno al 1200 da Maghinardo Pagani signore di Susinana come torre di Guardia. Si considera questo come il primo atto di fondazione di Brisighella:

Torre dell’orologio

Museo Ugonia

Maghinardo (che Dante chiamò “demonio dei pagani”) si era impadronito di Faenza ed entrato in val Lamone su uno dei tre spuntoni di gesso costruì appunto la torre che fino al secolo XVI fu un sicuro bastione di difesa e contribuì a salvare il territorio dai nemici. Fu ricostruita nel 1548, più volte danneggiata da terremoti e oggi la vediamo dopo il rifacimento del 1850. Alle falde del suo colle sono visibili tracce di mura di antiche abitazioni. Passato il vicolo e la successiva via Del Guasto Garattoni avete di fronte la visione prospettica della Antica via del Borgo o Degli Asini, la cui origine coincide con l’origine stessa di Brisighella. Subito capite di essere in un luogo unico, inusuale ( è il luogo che attira a Brisighella migliaia di turisti) e vi domanderete se siete su una strada o dentro un edificio, perché sopra di voi vedete il soffitto in travi di legno. Allora affacciatevi al primo arco semicircolare a sinistra, il primo della litania di archi su questo lato e vedrete che sotto di voi c’è la strada da cui siete saliti: questa quindi è una strada, una via sopraelevata e coperta, chiusa da un soffitto. Fuori dall’ arco non esisteva nulla, c’era solo il borgo, ed esso era anche la fortezza, il baluardo di difesa dagli attacchi di eventuali nemici. Gli archi che si rincorrono e che non sono tutti della stessa misura, se guardate bene, sono ciascuno di fronte ad una porta di ingresso di una abitazione. Gli archi infatti appartenevano alla famiglia che era anche proprietaria della abitazione ed erano famiglie benestanti perché potevano mettere a guardia degli archi un manipolo di soldati a proprie spese. Le abitazioni sono tutte dalla parte opposta e addossate


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alla parete gessosa. Con questa struttura di architettura inedita gli abitanti dovettero rinunciare alla piazza. La via del Borgo era la loro piazza. E,attenzione, questa era anche la cinta muraria del borgo, infatti a Brisighella non c’è traccia di antiche mura perimetrali. Lo storico assedio dell’anno 1467 da parte del Duca di Urbino fallì, per l’eroica resistenza organizzata sulla linea di questi mezzi archi. Solo quando la via del borgo perse la sua funzione di difesa, all’epoca della scoperta della polvere da sparo con la diffusione delle armi da fuoco, si spostò la linea di difesa oltre la via del borgo, e si costruirono le tre porte. Il paese si ampliò e questo divenne il quartiere del birocciai che dovevano passare qui per trasportare il gesso estratto dalla Vena verso i mercati di Faenza o di Firenze. I carri erano trainati dagli asini da cui nacque il nome dato alla strada, “via degli asini”. Procedete fino al numero civico 14 e vedete l’unico portone ancora intatto dell’epoca dei birocciai. Oltre questo portone, e così oltre tutti gli altri, c’erano le stalle dove riposavano le bestie, le birocce, invece,venivano lasciate al piano della strada. Sopra la stalla fu costruito il piano adibito ad abitazione e tra i due piani si lasciavano delle botole attraverso le quali il caldo saliva dalla stalla e riscaldava le stanze. Nel piano sotto stante le stalle, che era come uno zoccolo di roccia vennero ricavati i magazzini e, quando tornerete sulla strada, notate che ora al loro posto vi sono i moderni negozi. Attualmente la via “Del Borgo o degli Asini” è abitata da privati, da alcuni studi professionali. Talvolta, si può visitare qualche abitazione, ma solo grazie ad una pre-

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Via degli Asini

notazione richiesta al proprietario dalla Pro Loco. Percorrendo la via si possono notare alcune curiosità come, al numero civico 17, lo stemma della famiglia Tozzi, ovvero un cane con un tozzo di pane in bocca, e di seguito al n.11 alla lapide che ricorda i due fratelli Cicognani che, seppure di modeste origini familiari, divennero entrambi cardinali. Quando arrivate al n.1 dovrete uscire, ma in origine la via proseguiva ancora per 1 km fino alla porta Bonfante (o Porta Buonfante). verso Firenze. Date uno sguardo in retrospettiva alla strada, la sua suggestione è unica, e scendete dai gradini. Alla vostra destra avete l’attacco di una scalinata che in almeno 200 gradini conduce fino alla Rocca o fino alla Torre e c’è un sentiero panoramico alle falde della Torre (le due strutture si raggiungono, comunque sulla strada asfaltata in auto o bus.) Ora siete tornati al piano stradale attuale, e vi dirigete verso Piazza Marconi. E’ quasi d’obbligo ritornare di pochi passi sulla vostra sinistra per riguardare la via degli Asini dal piano stradale e valutare che essa, vista da qui, si può assimilare in tutto ad un fronte unico, una schiera di case senza soluzione di continuità. Poi raggiungete il Municipio, Palazzo Maghinardo, un’imponente costruzione neoclassica che ci chiude la prospettiva a sinistra per assecondare la direzione naturale della roccia cui il borgo è addossato.

Via degli Asini interno

Siete in piazza Marconi, detta anticamente piazza Politica, il Municipio è ospitato in palazzo Maghinardo, che


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con la maestosa facciata in stile neoclassico illumina la piazza. Fu edificato nel 1828 su un precedente edificio, di diversa architettura. Il nome gli deriva da quello del condottiero medievale al quale viene fatta comunemente risalire la fondazione di Brisighella, Maghinardo Pagani di Susinana che Dante Alighieri nel suo Inferno definisce “demonio dei Pagani”(Canto XXVII). Procedete in via Naldi fino ad incontrare Via Spada, acciottolata, subito in salita, come molte strade in Brisighella. Il passo rallenta, c’è tempo per osservare il piccolo anfiteatro che viene utilizzato nel periodo estivo per le manifestazioni di”Brisighella Danza” che portano nel borgo migliaia di visitatori. Più avanti si incontra la Chiesa di San Francesco del 1700, con l’Oratorio di Santa Croce, del 1500. La chiesa ha un nucleo originario del 1300 di cui unico segno rimane una finestrella di struttura elegantemente allungata secondo lo stile dell’epoca in cui l’edificio era dedicato a San Gerolamo. Segue una serie di civili abitazioni, spesso adibite a residenze estive, piacevolmente ristrutturate che conferiscono un clima ameno alla parte finale della strada. Sul lato destro continua ampio il paesaggio dominato dai pinnacoli con le loro fortezze e, di fronte a noi, il terzo pinnacolo su cui sorge il Santuario del Monticino.Vi anticipiamo che è un santuario di antica tradizione mariana, risale al XVIII secolo, fu eretto sul terzo colle di Brisighella (noto un tempo come “Calvario”) per ospitare una maiolica seicentesca raffigurante la Madonna con il Bambino. Nella zona antistante il santuario si segue

Santuario del Monticino

Santuario del Monticino

la Via Crucis in bronzo opera del Nonni, artista faentino frequentatore come l’Ugonia del cenacolo Baccarini. Da questa posizione si gode il panorama sulla valle, di grande attrattiva. Più tardi potrete raggiungerlo. Chi vuole raggiungere ora il Santuario a piedi può intraprendere lo stradello, lungo poco più di un centinaio di metri, in salita. Ora siete giunti in fondo a via Spada: qui sorgeva la seconda porta di Brisighella, Porta Bonfante (il nome è forse un riconoscimento epocale della condiscendenza del fante preposto al controllo di quanto, uomini e merci, fosse in entrata o in uscita dal paese). C’è una lapide con un’iscrizione che ricorda ai passanti che la ceramica ora venerata nel Santuario del Monticino fu all’inizio collocata qui, in un tabernacolo, nel 1626, e solo successivamente, nel 1662,traslata al Monticino. La lapide è a ricordo della traslazione dopo 300 anni, nel 1926 Scendete lungo la via scalinata del Monticino e vi dirigete a sinistra, su via Delle Volte, verso il centro del paese. La prossima tappa è in Piazza Carducci, la raggiungete superando la Fontana Vecchia, costruita nel 1492 dai signori Manfredi era alimentata dalle acque gessose della vicina sorgente “della doccia”. Viene anche chiamata fontana dei tre sbruffi, ”di tri sbroff” per le tre fontanelle di uscita dell’acqua, poi percorrete alla vostra destra, via Porta Fiorentina, dove sorgeva la terza porta di Brisighella. In piazza farete una sosta in Cattedrale, nota come la


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Collegiata di S.Michele Arcangelo, ultimata nel 1697 su progetto dell’architetto Gherardo Silvani con pianta a croce greca ha un bel portale in bronzo opera dello scultore Angelo Biancini, su disegno di Antonio Savioli. All’interno si segnalano: un crocifisso scolpito in legno d’olivo, del secolo XVI, notevole per la forza espressiva del Cristo; l’altare in stile neo-barocco (scagliola policroma) dedicato alla Madonna delle Grazie, patrona del Borgo, la cui dolce immagine con volto di bambina su tavola lignea è attribuita a certi pittori Mingarelli nel 1410 circa. interessante anche il volto di san Domenico che assomiglia ad un monaco tibetano. La Pala è oggetto di studi. Nella cosidetta ex cappella di S.Antonio, si conserva una magnifica tavola del pittore forlivese Marco Palmezzano (sec. XVI) proveniente dall’antica Pieve di Rontana, che rappresenta l’Adorazione dei Magi. Il dipinto fu eseguito dal pittore Marco Palmezzano di Forlì, titolare di una bottega nella sua città, nel 1514 su commissione della famiglia Naldi per l’altare della chiesa di Santa Maria in Rontana. Nella lunetta, dello stesso autore, la scena di “Gesù fra i dottori nel tempio”, tema trattato raramente nella storia della pittura. Fuori dal Duomo siamo in Piazza Carducci e scendendo verso via Roma si può fare una veloce sosta all’ “Antro di Ermete”. Una mostra percorso in una cantina medievale del XIII secolo, abbinata al tema delle Feste medievali che si tengono a Luglio in tutto il paese. La prima edizione delle Feste medievali si tenne nel 1980. Durante le

Fontana Vecchia

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Chiesa dell’Osservanza

manifestazioni si alternano mostre, interventi teatrali, concerti e banchetti allestiti nelle taverne e nelle vie del borgo. Si percorre tutta via Roma per giungere alla chiesa di Santa Maria degli Angeli o Dell’Osservanza e al relativo convento. La Chiesa dell’Osservanza e il convento sono un complesso costruito nel XVI secolo. La Chiesa, dedicata a Santa Maria degli Angeli, risale al 1525; è situata lungo la strada statale che porta a Firenze. All’interno vi sono conservate alcune pregevoli ceramiche artistiche e una pietà di Giuseppe Rosetti, detto il Mutino (18641939). La navata della chiesa è ricca di stucchi del 1634. Sull’altare maggiore una magnifica tavola opera del pittore forlivese Marco Palmezzano. La cancellata e il lampadario (sec. XX), del terzo altare di destra, sono opere pregevoli in ferro battuto di Eugenio Baldi (18951948) di Brisighella, le tempere sono di Giuseppe Ugonia (1881-1944). Qui vicino, nei pressi della stazione, nel Parco Ugonia è collocato il monumento al “Fante che dorme” opera dell’artista Domenico Rambelli. Ora vi attende una tappa che nessuno vuole perdere quando viene a Brisighella.Si procede in direzione di Firenze per meno di 1 km sulla SS302 fino alla Pieve di S.Giovanni Battista in Ottavo, nota a tutti come Pieve del Thò. Dichiarata nel 1908 Monumento Nazionale è stata inserita anche nell’itinerario religioso ravennate


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nell’ultimo giubileo del 2000. Il nome dialettale (Thò sta per ottavo), indica l’ ubicazione all’ottavo miglio della strada romana (citata nell’itinerario di Antonino Pio) che collegava l’Emilia all’Etruria, Faenza con Firenze. La data di costruzione, secondo un primo documento in cui è citata la Pieve, è precedente all’anno 909. Fu costruita, verosimilmente, dagli abitanti che utilizzarono i materiali di recupero di un precedente edificio romano (colonne, capitelli, lapidi di cui si trovano esempi nell’interno). Lo stile è quello romanico. Lunga circa 26 metri e larga non più di 13. Nella cripta, è stato rinvenuto un antichissimo frantoio che conferma la millenaria coltivazione dell’olivo in Val Lamone. L’altare contiene un Paliotto del VI secolo d.C, quindi antecedente la chiesa ed è segno della evangelizzazione della zona. Viene fatto notare il piattismo bizantino della decorazione, tale da richiamare i mosaici di Ravenna. In origine potrebbe essere stato il coperchio di una sepoltura , poi fu sistemato nel portichetto d’entrata, ma per proteggerlo, infine, è stato incassato nell’altare. L’affresco sulla parete dell’abside potrebbe essere del 1300, come si potrebbe dedurre dalla piattezza dell’aureola. Scendendo dall’abside, sulla seconda colonna a destra, si nota un’impronta fossile di conchiglia che potrebbe risalire a circa un miliardo di anni fa ed è bene notare anche un’ immagine di Madonna molto graziosa affrescata con stile che richiama il ‘400 fiorentino: le perle di corallo al collo del Bambino sono segno di positività. Un’ altra immagine di Madonna con sorriso a sinistra. Si segnala all’attenzione del visitatore il Cro-

Pieve del Tho interno

cefisso di scuola toscana del ‘300 scolpito nel legno di ulivo, oggetto di un recente restauro. Procedendo verso l’ingresso: all’altezza dell’ottava colonna terminavano i due ordini di colonne; la parte ora eccedente era il pronao, ovvero la zona riservata ai catecumeni in attesa di ricevere il battesimo. L’inglobamento del pronao nell’area basilicale fu voluta dal pievano Giovanni Andrea Callegari che qui operò tra il 1570 e il 1572. Quando fu costruito il Duomo, la pieve perse la sua importanza, il pievano ebbe meno mezzi, la comunità rurale era povera, e non si fece alcuna modifica. Questo fatto, considerato oggi, ha avuto l’effetto positivo di conservare l’edificio nel suo magnifico aspetto originale. La Pieve del Tho è una suggestiva sintesi di storia e ambiente come tutto qui, in valle del Lamone. Il tour in Brisighella vi conduce ora sulla strada verso la Rocca Manfrediana, sulla provinciale Sp 23 Monticino Limisano.

Pieve del Tho esterno

La Rocca Manfrediana, sorge maestosa su uno dei tre pinnacoli rocciosi che dominano il borgo.Fu eretta nell’anno 1310 per volere di Francesco Manfredi: era da poco iniziato il dominio dei Manfredi signori di Faenza anche su Brisighella, dominio che durerà fino alla fine del secolo XV, solo con brevi interruzioni. In seguito, l’ edificio fu rimaneggiato dai veneziani che presero Brisighella nel 1503. Un significativo restauro si è concluso in tempi molto recenti. Il complesso di questa fortezza si


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compone del cosiddetto “Torrione Veneziano”(sec.XVI) e dell’antico “Torricino”, che risale al 1300, costruito per volere della famiglia Manfredi di Faenza. E’ un pregevole esempio dell’arte militare del medioevo. L’itinerario che avete percorso alla conoscenza della storia di Brisighella e dei suoi segni nell’architettura urbana e nell’arte potrebbe terminare qui, presso la Rocca,in verità noi vi invitiamo a proseguirlo, perché c’è un protagonista sottinteso in questa storia di cui abbiamo fatto solo qualche cenno, ma esso è di tale importanza da motivare il secondo itinerario sul territorio intorno al Borgo. Parliamo dell’Olio di Brisighella che qui è coltivato da circa un millennio e vanta di essere il primo ad avere ottenuto la Dop (Denominazione di Origine Protetta) nel 1996. Questo primo itinerario storico culturale si conclude perciò presso il Frantoio Sociale della Cooperativa Agricola Brisighellese (CAB) in via Strada n.2. Da questo stesso luogo partirà il secondo itinerario interamente dedicato all’olio prodotto leader del territorio e al Museo open air che gli è stato dedicato nel 2004 nell’ambito di un progetto curato dalla società L’altra Romagna in collaborazione con CAB, Comune di Brisighella, Comunità Montana dell’Appennino faentino e Arpo. Il progetto del museo fu curato dalla giornalista Laura Vestrucci che scrisse anche la Guida per la visita. In discesa dalla Rocca sulla provinciale n.23 si ritorna sulla SS.302, in direzione Firenze, ma per poche

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Cab Frantoio

centinaia di metri. Subito sulla destra si apre l’area del Frantoio sociale, della Cantina sociale e dei locali per la vendita esposizione con annessi uffici della CAB. La visita al Frantoio è consentita anche a gruppi di turisti durante la produzione dell’olio, nel mese di novembre, previa prenotazione presso i responsabili della Cooperativa. In ogni mese dell’anno, invece, si può acquistare l’olio, sia nelle confezioni previste per l’imbottigliamento delle diverse tipologie, sia sfuso, ed è anche questo un ottimo prodotto. Qui è attiva dagli anni ’80 del ‘900 anche la cantina sociale che produce ottimi vivi anch’essi in vendita nel negozio. Nel negozio si trovano anche gli altri prodotti eccellenti del territorio dell’ Appennino faentino ottimi formaggi, confetture di frutti dimenticati, piccoli ortaggi autoctoni come lo scalogno e il carciofo moretto, prodotti al farro. Terminata la visita della CAB si ritorna sulla SS.302, in direzione Faenza fino ad incontrare la SS.9, via Emilia in direzione Forlì e di seguito la Sp.254 fino a Cervia.

Rocca Manfrediana


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