Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA - VARESE Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate

Corso di Laurea Magistrale Scienze e Tecniche della Comunicazione

Apprendimento e comunicazione musicale: analisi applicativa del metodo Suzuki. Il caso ImmaginArte di Varese

Relatore: Chiar.mo Prof. Giulio M. Facchetti Correlatore: Chiar.ma Prof.ssa Paola Biavaschi

Studente: Dott.ssa Antonella Ilardi matr. 617343

Anno Accademico 2013/2014


Indice Introduzione

6

Capitolo I La musica e l’uomo

8

1.1.

Che cos’è la musica?

8

1.2.

La funzione della musica

10

1.3.

La musica nella storia

12

1.3.1 La musica primitiva

13

1.3.2 La musica nell’Antico Egitto

14

1.3.3 La musica nell’Antico Testamento

16

1.3.4 L’Antica Grecia: Aristotele e la musica

17

1.3.5 La musica e le tribù africane

22

Capitolo II Pedagogia e musica

24

2.1

L’educazione musicale e i risvolti pedagogici

24

2.1.1 Teorie sull’educazione musicale

27

2.1.2 Arte e musica per un’educazione integrale

27

2.1.3 L’educazione musicale e la socializzazione

29

Espressione, creatività e autonomia

31

2.2.1 L’ascolto

31

2.2.2 La produzione

32

2.2.3 L’espressività

33

2.2.4 L’autonomia

34

L’educazione musicale

35

2.3.1 Identità e complessità

36

2.3.2 L’educatore musicale

38

2.3.3 L’integrazione educativa

41

2.2

2.3

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2


Capitolo III Il metodo Suzuki

43

3.1

Shinichi Suzuki: vita e studi

43

3.2

L’Educazione al Talento e riflessioni pedagogiche

45

3.3

Le neuroscienze e l’importanza dell’apprendimento in età prescolare

49

3.4

L’intelligenza musicale

52

3.4.1 La formazione musicale e le funzioni cerebrali

54

3.4.2 La funzione dell’emisfero destro del cervello:

55

emozioni e patologie 3.5

L’importanza dell’interazione nell’apprendimento

56

3.6

Il ruolo della famiglia e l’accompagnamento

58

3.6.1 Il valore genitoriale

59

3.6.2 Si fa insieme e si cresce insieme

60

3.6.3 L’impegno dei genitori

61

3.6.4 L’insegnante del metodo e il genitore educatore

62

3.7

Genitori e figli nella storia della musica

63

3.8

La lezione musicale e la relazione tra bambino e genitore

65

3.8.1 L’appello

66

3.8.2 Il tuffo

67

3.8.3 I ritmi

67

3.8.4 Le canzoni di repertorio

68

3.8.5 La manualità della canzone

69

3.8.6 La filastrocca

69

3.8.7 Il saluto

71

La disciplina come gioco

71

3.9.1 Gioco e ripetizione

72

3.9

!

3


Capitolo IV Applicazione e esperienze

74

4.1

L’indagine metodologica

74

4.2

Analisi di un contesto applicativo: l’associazione ImmaginArte

76

4.2.1 Il Children's Music Laboratory e la prelettura

78

4.2.2 Il corso di Armonia Applicata

79

4.2.3 Music Lullaby

80

4.2.4 L’Orchestra

81

4.2.5 Esperienze e riconoscimenti

82

4.3

L’intervista al docente di musica

83

4.4

L’intervista ai genitori

97

4.5

Il contenuto delle interviste: proposte e aspettative

116

4.6

L’iniziativa

119

4.6.1 El Sistema

120

4.6.2 El Sistema in Italia

123

4.6.3 L’intervista al Dirigente Scolastico

125

Conclusioni

130

Bibliografia

133

Sitografia

143

!

4


Antonio Vivaldi, Concerti delle stagioni, 1730

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5


Introduzione

L’imitazione (dal latino imitatio) è un processo che rappresenta una produzione comportamentale basata su un modello preesistente che si intende eguagliare. In campo comunicativo l’imitazione è la prova, specie in età infantile, del potenziale che il fanciullo esprime nel processo di apprendimento. In campo musicale, in particolar modo, lo studio e l’applicazione proposta dal maestro violinista Shinichi Suzuki, negli anni ‘30, fu parte importante della costellazione delle proposte educative che in quegli anni vide partecipare Maria Montessori e Jean Piaget. Considerando il processo d'apprendimento umano, Suzuki, attraverso il suo metodo, dimostrò che si poteva insegnare a un bambino l’uso degli strumenti comunicativi musicali, sfruttando le stesse modalità con cui il bambino imparava a parlare, ascoltando e ripetendo continuamente le parole dette dai genitori. Secondo Suzuki, il fanciullo avrebbe potuto imparare a suonare, ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo e una melodia proposta dall’insegnante nel corso della giornata. In base al modello, il mondo della musica potrà divenire parte fondamentale e del tutto naturale nella vita del bambino e della sua famiglia, stimolando la formazione del carattere e la crescita del buon gusto, rafforzando l’autostima e sostenendo la capacità di relazione con gli altri e rispettandone le regole di contatto. Il valore legato al riconoscimento del proprio ruolo (nell’orchestra), non solo aumenterebbe i livelli di sensibilità, utile a gestire i rapporti con il gruppo, ma contribuirebbe a favorire lo sviluppo del proprio stile. La tesi intende indagare le verità del metodo Suzuki e confermarne i vantaggi. Il metodo di indagine è basato su interviste che intendono obiettivare i risultati del valore dell’applicazione del metodo e i benefici di natura relazionale di coloro che sono iniziati all’applicazione del metodo stesso. Attraverso l’analisi proposta dal percorso di ricerca, s’intende, dunque,

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6


confermare il valore didattico e produttivo del metodo Suzuki, illustrando il percorso di crescita, studiando i diversi metodi didattici proposti nella storia e che accompagnano, e continuano ad accompagnare, l’apprendimento del linguaggio musicale.

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7


Capitolo I La musica e l’uomo Vorrei insegnare alle persone la musica, la fisica, la filosofia; ma soprattutto la musica,

perché

nel

modello

della

musica

sono

contenute

le

chiavi

dell’apprendimento1.

Platone 1.1

Che cos’è la musica?

La musica può essere definita l’arte di combinare più suoni in base a regole definite, diverse a seconda dei luoghi e delle epoche2. Questa definizione è valida per tutti i generi di musica, sia che si parli di musica classica o popolare, di musica rock o jazz. La musica, così come sosteneva Debussy3, esprime l’inesprimibile all’infinito4, giunge dove la parola non arriva.! Diverse sono le definizioni che possono essere attribuite alla musica, in quanto organizzazione di note e generazione di melodia, come produzione di suoni udibili e legati alla ricostruzione cognitiva. V’è da precisare però, che la musica ha ottenuto definizioni ben più complete, nel momento in cui è stata la letteratura a offrirne una spiegazione, caratterizzando il piacevole modo di ascoltarla a quello di sentirla emozionalmente. Siohan5, per esempio, dedica all’arte del suono l’espressione seguente: La musica è una cosa misteriosa. Quando l’ascoltiamo, essa ci suggestiona, ci eleva, ci anima, ci culla, ci rattrista, ci turba. Rende più importanti noi e il mondo in

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E. Moutsopoulos, La musica nell’opera di Platone, Vita e Pensiero, Milano, 2002, p. 277. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli. 3 Claude-Achille Debussy (1862 – 1918) è stato un compositore e pianista francese. 4 R. Siohan, Possibilités et limites de l'abstraction musicale, Journal de Psychologie, Presses Universitaires De France, Parigi, 1959, p. 258. 5 ! Robert Siohan (1894-1985) fu un direttore d'orchestra, compositore francese e un violista di formazione. 2

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8


cui risuona, sia esso il mondo di ogni giorno o quello fantastico di un film o di un pièce teatrale. Illumina particolari oggetti, avvenimenti, espressioni o gesti di per sé irrilevanti dando loro un nuovo significato6.

La parola musica deriva dalla parola greca moysa (ovvero musa). L'idea occidentale di musica è collegata alle muse e in questo senso alludeva ad ogni scienza ed arte che risveglia l'idea di cosa perfetta e gradevole. È difficile, però, dare una definizione di musica, in quanto non è qualcosa che si può vedere o toccare: semplicemente la sentiamo. Essa ha il potere di valorizzare anche gli aspetti più semplici della vita, è capace di portarci lontano, nell’immensità delle sensazioni, delle emozioni e degli affetti. Il suo forte potere evocativo fa riemergere ricordi, sussurra idee, bisbiglia nomi, tratteggia luoghi, grida la rabbia, urla il dolore, esalta la gioia e così provoca sussulti, ansie, gioie, ricordi, fantasie, amore e voglia di vivere. La musica, come scriveva lo scrittore Erri De Luca … è la colonna sonora della nostra vita7. La musica è in grado di stimolare ed affinare l’espressione, l’immaginazione, la rappresentazione e le abilità nello stabilire e mantenere le relazioni sociali. In una lettera inviata al musicista Ludwig Senfl8 nel 1530, Lutero9!affermò che: La musica è un po’ come una disciplina che rende gli uomini più pazienti e più dolci, più modesti e più ragionevoli. […] Grazie alla musica si dimentica la collera e tutti gli altri vizi. […] Chiunque è portato per quest’arte non può non essere un uomo di buon carattere, pronto a tutto10.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 6 !J.!Maròthy, Musica e uomo, Ricordi Unicopli, Milano, 1987, p. 11.! 7 E. De Luca, La musica provata, Feltrinelli, Milano, 2014, p. 35.! 8!

Ludwig Senfl (1486 – 1543) è stato un compositore svizzero e una figura importante per lo sviluppo dello stile polifonico franco-fiammingo nelle terre tedesche. 9! Martin Lutero (1483-1546), teologo tedesco e iniziatore della Riforma Protestante. La confessione cristiana basata sulla dottrina teologica, prende il nome di luteranismo. 10 E. Fubini, L’estetica musicale dall’antichità al Settecento, Einaudi, Torino, 1976, p. 140.

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9


1.2

La funzione della musica

Aristotele, nella sua opera Politica, sosteneva che: […] la musica non va praticata per un unico tipo di beneficio che da essa può derivare, ma per usi molteplici, poiché può servire per l’educazione, per procurare la catarsi e in terzo luogo per la ricreazione, il sollievo e il riposo dallo sforzo11.

Il compositore Luciano Berio12 affermava che: La musica non è mai sola. Essa assume diverse funzioni che variano da cultura a cultura e si modificano in base all’evoluzione della cultura. In occidente, nel corso dei secoli, il sapere e la prassi musicale si sono istituzionalizzati in un sistema di istruzione, documentazione e diffusione, basato sul concetto di musica intesa come arte e scienza ma, soprattutto, regolato sempre più marcatamente da criteri di mercato13.

La globalizzazione e l’integrazione culturale hanno permesso alla musica occidentale di essere fruita in qualsiasi parte del mondo, mettendo a rischio sia la sopravvivenza della cultura musicale tradizionale, sia la sua funzione. Ne emerge un tema complesso che fa emergere il problema dell’identità culturale e il ruolo della musica nella sua definizione. Un tentativo di riassumere in pochi capi le funzioni della musica nei suoi molteplici contesti risulta essere difficile. È necessario un ragionamento fortemente dialettico nella definizione delle finalità di un fenomeno che abbraccia la sfera individuale e collettiva e che implica al tempo stesso un’attività naturale e artificiale, istintiva e disciplinata, fisica e intellettuale.

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G. Comotti, La musica nella cultura greca e romana. Vol. 1, EDT, Torino, 1991, p. 158.

!Luciano Berio è stato un compositore italiano d'avanguardia, pioniere anche nel campo della musica elettronica.! 12 13

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L. Berio, Un ricordo al futuro. Lezioni americane, Einaudi, Torino, 2006, pp. 5-25.

10


Secondo l’etnomusicologo Allan P. Merriam14, la musica si articola in tre categorie principali15: -

funzioni di organizzazione e supporto delle attività sociali;

-

funzioni di induzione e coordinamento delle reazioni sensorio-motorie;

-

funzioni espressive.

Alla prima appartengono le attività musicali relative ai riti religiosi e sociali, alle cerimonie, celebrazioni, ricorrenze, alle occasioni di lavoro e d’intrattenimento collettivo, in cui la musica funge una funzione di stimolo e di organizzazione16. La seconda categoria si riferisce ad ogni esperienza musicale: la componente cinetica, quella dell’esecuzione vocale e strumentale, nonché nella danza17. Alla terza categoria appartiene l’intera sfera dell’espressione individuale, la comunicazione di idee attraverso forme simboliche codificate all’interno di una cultura musicale, e il godimento estetico18. È in questo ultimo ambito, che si pone la dialettica tra l’autonomia della musica e la sua eteronomia in quanto prodotto e rappresentazione di una determinata realtà sociale e storica. Proprio nel dibattito sulla capacità della musica di comunicare e di trasmettere emozioni e concetti, e sul rapporto tra evento musicale ed extramusicale, si riconosce la base dell’inconscio19. Ma la musica, nella sua storia, ha rappresentato altro.

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Allan P. Merriam (1923-1980) è stato un etnomusicologo statunitense. Il suo testo più importante, Antropologia della musica, promuove lo studio della musica con un metodo e una prospettiva antropologica. 15 A. Bannour, M. Bensalah, E.M. Chadli, M. Conoscenti, J.N. Dibie, J. Monleon, P. Scarnecchia, in M. Brondino e Y. Fracassetti (a cura di), Il Mediterraneo vede, scrive, ascolta, Jaca Book, Milano, 2005, p. 336. 16 Ibidem. 17 Ibidem. 18 Ibidem. 19 F. Giannattasio, Il concetto di musica. Contributi e prospettive della ricerca etnomusicologica, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992, p. 273.

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11


La funzione terapeutica20della musica, nota fin dall’antichità e vagamente implicita tra le tre categorie elencate sopra, ha avuto negli ultimi decenni un riconoscimento e un’applicazione di notevole profondità e diffusione nella musicoterapia come campo specifico di studio e di attività professionale. L’importanza della musica nell’educazione, fin dalle primissime fasi della vita è riconosciuta universalmente, ma la sua applicazione varia molto tra le diverse culture e da un paese all’altro. Mentre nelle società di tradizione orale la partecipazione del bambino alle attività musicali è parte integrante della sua formazione in quanto membro della comunità, nelle culture occidentali il compito della formazione musicale è delegato a professionisti e a istituzioni specializzate e ciò comporta spesso una netta carenza nell’introduzione naturale del bambino ai segreti e ai piaceri della musica21. L’apporto di discipline quali la psicologia, l’antropologia, la semiologia e le scienze cognitive, è stato basilare per allargare gli orizzonti e approfondire la comprensione delle dinamiche universali che accomunano l’esperienza musicale in tutte le culture.

1.3

La musica nella storia

L’arte dei suoni esiste da tempi molto antichi. Non esiste civiltà che non abbia sviluppato o adottato un proprio sistema musicale. Nei paragrafi successivi s’intende riportare la funzione della musica nei diversi periodi storici, quando la musica veniva utilizzata prevalentemente nell'ambito di cerimonie religiose, come nell’Antico Egitto o a fine educativo, come nell’Antica Grecia: sino al ruolo che la musica ricopre nei giorni nostri. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 20

Il musicista e psichiatra argentino Rolando Omar Benenzon, definisce la musicoterapia una disciplina scientifica che si occupa dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano con l’obiettivo di cercare elementi di diagnosi e metodi terapeutici. Ma dal punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare effetti regressivi e aprire canali di comunicazione, con l’obiettivo di attivare, per il loro tramite, il processo di socializzazione e di inserimento sociale" (R. Benenzon, Manuale di Musicoterapia, Borla, Roma 1992).! 21 ! F. Giannattasio, Il concetto di musica. Contributi e prospettive della ricerca etnomusicologica, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992, p. 275.

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12


1.3.1 La musica primitiva Ancora prima dell’esistenza dell’uomo sulla terra, molteplici erano le voci della natura che deliziavano l'aria con i suoni: il sibilo del vento, il ticchettio della pioggia, il fragore delle cascate, il rombo del tuono, il cinguettio degli uccelli, l’ululato dei lupi, ecc.. Ogni cosa nell’universo era governata da un’imperante armonia22. L’evoluzione e la conseguente apparizione dell’uomo, vedeva come sua unica forza l'intelligenza, che lo rendeva capace di comprendere l'ordine del mondo in cui viveva e lo spingeva a fabbricare i mezzi utili alla sopravvivenza, prendendo il sopravvento sulle forze ostili che lo circondavano. L’uomo primitivo scoprì la musica in modo spontaneo, ascoltando e riproducendo i suoni della natura, imitando i versi degli animali, inizialmente al fine di attirarli nelle proprie trappole23. Successivamente, la musica servì per accompagnare le cerimonie propiziatorie, così che potessero essere un invito ad una caccia proficua. Osservando la natura e imitandone i suoni, l’uomo ne apprese le sue leggi e ne carpì i segreti. Questo gli permise di controllarla attraverso la creazione di strumenti utili a rendere la propria esistenza più sicura e agevole: fortificando, per esempio, le abitazioni per far fronte alle grandi tempeste. Nessuno può dire con certezza quali furono le prime manifestazioni musicali dell'uomo, ma quello che è certo: è che l'uomo, da sempre, è stato accompagnato dalla musica nel suo percorso di vita24. Lo studio del mondo primitivo afferma come, presso queste popolazioni, la prima espressione musicale fu il ritmo, espresso con le mani, con i piedi, con gli utensili di lavoro di uso quotidiano, che all’occorrenza venivano usati anche come semplici produttori di suono (bacchette, aste di legno e pietre battute sfregate). !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 22

M. Schneider, La musica primitiva, Adelphi, Milano, 1992, p. 85. M. Schneider, Il significato della musica, SE, Milano, 2007, p.139. 24 W. Maioli, Le origini: il suono e la musica, Jaca Book, Milano, 1991, p. 31. 23

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13


Oltre gli utensili da lavoro, tra i primi rudimentali strumenti musicali creati e utilizzati dagli uomini primitivi, si ricordano i membranofoni25,realizzati con pelli di animali tese in vari modi, al fine di acquistare l'elasticità necessaria a produrre il suono. Gli strumenti a fiato, erano realizzati con ossa di animali, svuotate e dotate di piccoli fori laterali. Seppure meno diffusi, perché più difficili da realizzare, si ricordano gli strumenti a corde. Tra questi, i primi esemplari furono l'arco, costituito da una corda tesa tra le due estremità di un bastone ricurvo e il salterio di canna, costruita con una sottile striscia di scorza presa da una canna di bambù26. Per quanto concerne il canto, che spesso accompagnava il suono o il ritmo dello strumento, era fatto solo di brevi sillabe gutturali e di grida inarticolate: atto a comunicare sentimenti di gioia, dolore, paura e incitamento27.

1.3.2 La musica nell’Antico Egitto Presso i popoli più antichi, come quelli egiziani, la musica veniva utilizzata prevalentemente nell'ambito di cerimonie religiose. In Antico Egitto, la musica era considerata un dono del cielo ed era fonte di letizia e serenità. Il suo nome, infatti, era “Hy” che significa gioia e beatitudine28. Secondo Platone29, gli antichi egizi apprendevano fin da giovanissimi l’arte del suono e della danza, in quanto si riteneva che siffatte arti avessero effetti benefici sia sul corpo che sull’anima30.

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I membranofoni sono una categoria di strumenti musicali in cui il suono è prodotto dalla vibrazione di una membrana tesa. Essi si suddividono in due grandi categorie. Alla prima, detta dei tamburi, appartengono quegli strumenti in cui la membrana viene posta in vibrazione mediante percussione (con le mani, bacchette od altro) e perciò questi strumenti rientrano nella tradizionale categoria degli strumenti a percussione, insieme agli idiofoni. 26 !C.!Sachs, Storia degli strumenti musicali, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1995, p. 51. 27 Ibidem.! 28 Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti (DEUMM) a cura di Alberto Basso, UTET, 1985. 29 ! Platone è stato un Torino, filosofo greco antico. Assieme al suo maestro Socrate e al suo allievo Aristotele, ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale. 30 M. Betrò, V. Simini, Sono venuta correndo a cercarti. Canzoni e musica nell'antico Egitto, Edizioni ETS, Pisa, 2010, p. 115.

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14


La musica sacra, inizialmente, era regolata esclusivamente dai sacerdoti di sesso maschile. Solo dal sedicesimo secolo a.C. in poi, fu permessa la pratica anche alle donne, purché di famiglia sacerdotale. Tuttavia, l’arte dei suoni era praticata a tutti i livelli sociali: il canto accompagnava i vari momenti del lavoro dei campi, le battute di caccia, i riti magici, il riposo, il divertimento e i canti popolari31. Anche i riti funebri erano accompagnati da lamenti funerei, danzatori e musicanti32. Nelle grandi cerimonie venivano impiegati gli strumenti a percussione, favorendo una musica fortemente ritmata e chiassosa. Al contrario, in privato si tendeva a una musica più dolce, attraverso l’uso di strumenti da caratteristiche raffinate: prodotta dall’arpa o dal flauto33. Probabilmente la voce accompagnava gli strumenti e, curiosamente, sembrerebbe che gli egiziani prediligessero cantatrici siriane34. L’arte del suono occupava un ruolo molto importante anche nei riti magici. Interessante, a tale proposito, è l’Inno al Nilo, il corrispondente di un incantesimo, finalizzato ad ottenere la pioggia. Questo rito spettava al faraone, il quale, attraverso l´intonazione dell’inno, assicurava al paese l´acqua tanto desiderata35. Un´intensa attività musicale era svolta anche alla corte del faraone, dove i musicisti godevano di una grande importanza. Essi erano considerati sudditi privilegiati e occupavano una delle posizioni più elevate della scala sociale36. Della musica egiziana, purtroppo, si conosce ben poco in quanto, come in altre civiltà antiche, la musica era di tradizione orale. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 31!

N. Grimal, Storia dell’antico Egitto, trad. G. Scandone Matthiae, Biblioteca Storica Laterza, Bari, 2013, p. 254. 32 Ibidem. 33 Riferimento al sito Antika: <http://www.antika.it/007275_strumenti-musicali-nellantico-egitto.html>. 34 Ibidem. 35 ! E. Bresciani, Letteratura e poesia dell’Antico Egitto. Cultura e società attraverso i testi, Einaudi, Torino, 2007, p. 453. 36 L. Scoppola, Note di classe. Ricerca sull’insegnamento della musica nelle scuole, Franco Angeli, Milano, 2014, p. 26.

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15


1.3.3 La musica nell’Antico Testamento Anche gli ebrei attribuivano al canto e alla musica un'enorme importanza nel campo spirituale. In molti passi della Bibbia, infatti, si parla di canti intonati da strumenti e da danze, attraverso cui il "popolo di Dio" esprimeva coralmente i propri sentimenti di gioia o di tristezza. Ancora oggi, per un Ebreo, la musica è inscindibile dalla preghiera, e nel passato non era lecito seguire cerimonie pubbliche o religiose senza che ci fosse un adeguato accompagnamento musicale37. La musica ebraica toccò il maggior fulgore nel periodo dei Re (XI - X sec. a.C. ). La tradizione riconosce Davide38, re d’Israele, come provetto arpista e autore di molti salmi. Sotto il suo regno le cerimonie erano imponenti e ad esse prendevano parte migliaia di coristi che accompagnavano il loro canto con gli strumenti musicali che Davide stesso aveva fatto costruire. L'esperienza musicale ebraica, attraverso la produzione di salmi, è particolarmente importante in quanto crea le basi di quello che diventerà il canto gregoriano39. All'inizio del XX secolo, il musicologo Abramo Z. Idelsohn40 registrò e trascrisse canti di alcune tribù ebraiche stanziatesi nello Yemen e nella Palestina, che avevano conservato il patrimonio dei canti dell’antichità attraverso i secoli41. Questo fu il primo contributo scientifico allo studio della musica degli ebrei, successivamente ampliato e approfondito dagli studi della musicologia moderna. Il successivo raffronto dei canti raccolti da Idelsohn con melodie Gregoriane, mostrò evidenti affinità fra essi. Da qui si argomentò che la musica ebraica avesse !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 37

E. Anati, Origini della musica, 2 ed., Atelier, Pistoia, 2014, p. 14. Davide (Betlemme, 1040 a.C. ca – Gerusalemme, 970 a.C. ca) è stato il secondo re d'Israele durante la prima metà del X secolo a.C.. Fu un valoroso guerriero, musicista e poeta. La tradizione lo riconosce come autore di molti salmi. 39 L. Scoppola, Note di classe. Ricerca sull’insegnamento della musica nelle scuole, Franco Angeli, Milano, 2014, p. 39. 40 Abramo Z. Idelsohn (1882 - 1938) è stato un etnologo, musicologo e compositore. 41 G. Tumbarello, La musica e gli strumenti musicali nella Bibbia e nella Chiesa, riferimento al sito Libero: < http://digilander.libero.it/cappellania/musicaebibbia.htm>. 38

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16


profondamente influenzato la nascita del canto cristiano42. Grande spazio occupava nel culto ebraico l'esecuzione dei salmi, guidata da un cantore-solista a capo dell'assemblea dei fedeli, coinvolti in maniere diverse di partecipazione43.

1.3.4 L’Antica Grecia: Aristotele e la musica Nella cultura greca e romana il termine mousikè non si riferisce solo all’arte dei suoni, ma comprende anche la poesia e la danza che accompagnano il canto, per cui un unico artista è artefice della melodia, delle parole e dei movimenti di danza44. Per i greci la musica era considerata uno dei mezzi più efficaci per l'educazione

morale

e

intellettuale

dei

cittadini

e

faceva

parte

perciò

dell'insegnamento scolastico. Nelle scuole greche, infatti, oltre all’insegnamento della letteratura e della scrittura, si educavano i giovani ai rudimenti della musica45. Gli insegnanti, quando i bambini sanno già leggere, fanno loro declamare in classe, seduti su sgabelli, i versi dei grandi poeti e li costringono a impararli a memoria. I citaristi, a loro volta, quando l’allievo sa suonare lo strumento, gli fan conoscere altre belle opere, le opere dei poeti lirici. Più tardi ancora, si manda il ragazzo dal pedotribo46.

Temistocle47, per esempio, ammetteva di avere avuto un’educazione incompleta perché non aveva imparato a suonare la cetra48. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 42

Riferimento al sito Artutu: <http://www.arturu.it/v/musica/storia/?id=1_2>. Riferimento al sito Adipa: <http://www.adipa-noce.it/approfondimenti-biblici/36-attualita/80-brevestoria-della-musica-cristiana>. 44 M.P. Guidobaldi, La musica e la danza nell’antica Roma, Archeo, n. 11, De Agostini, Novara, Novembre 1995, p.59. 45 Ibidem.! 46 R. Flacelière, La vita quotidiana in Grecia al tempo di Pericle, Fabbri Editori, Milano,1998, p. 126. 47 Temistocle è stato un politico e militare ateniese. Tra i primi politici di spicco della giovane democrazia di Atene, condusse una politica a favore del popolo, ricevendo perciò il supporto delle classi meno abbienti della città, e generalmente in contrasto con le famiglie nobili. 48 S. Cagnazzi, Nicobule e Panfila: frammenti di storiche greche, Edipuglia, Bari, 1997, p. 100. 43

!

17


Un tratto comune a molte civiltà musicali dell'antichità fu la convinzione che la musica potesse influire - in senso positivo o negativo - sul comportamento morale degli uomini e sui loro costumi. È a Pitagora49che si attribuisce l'affermazione della relazione tra la musica e l'animo umano, concetto che assunse i caratteri della dottrina dell'ethos. Essa indicò le relazioni esistenti tra alcuni aspetti del linguaggio musicale e determinati stati d'animo. Le differenti potenzialità emotive della musica riguardavano principalmente le armonie, ma potevano anche riferirsi ai ritmi e agli strumenti. La dottrina dell'ethos ebbe la prima elaborazione nell'ambito della scuola pitagorica, ma venne sviluppata sistematicamente solo a partire dal V secolo a.C. ad opera di Damone50 di Atene, e successivamente da Platone e da Aristotele51. Il nucleo centrale della dottrina consisteva nel riconoscere che a ogni armonia era attribuito un proprio ethos, cioè un sentimento52. Il pensatore greco che per primo si occupò dell'importanza della musica nell'educazione fu l'ateniese Damone. Poiché la musica può influire sulla formazione del carattere dei giovani, Damone riteneva necessario distinguere le armonie e i ritmi buoni da quelli cattivi, e controllare che nella scuola si insegnassero solo le armonie e i ritmi idonei a formare gli animi alla virtù e al coraggio. Le sue idee influenzarono la dottrina musicale dei secoli successivi: le sue considerazioni sull’ethos delle armonie in rapporto all’educazione furono accolte da Platone e da Aristotele e condizionarono di conseguenza il pensiero ellenistico e romano53.

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Pitagora è stato un filosofo greco antico. Fu matematico, taumaturgo, astronomo, scienziato, politico e viene ricordato come fondatore storico della scuola a lui intitolata, nel cui ambito si svilupparono le conoscenze matematiche e le sue applicazioni come il noto teorema di Pitagora. Il suo pensiero ha avuto comunque importanza per lo sviluppo della scienza occidentale, perché ha intuito per primo l'efficacia della matematica per descrivere il mondo. 50 Damone (V sec. a.C.) è stato un teorico della musica greco antico, vissuto nel V secolo a.C.. Maestro, amico e consigliere di Pericle, diede un contributo importantissimo alla storia della teoria musicale della Grecia classica e influenzò profondamente gli studi di Platone. Credeva nel potere della musica di influenzare gli stati d'animo, e sosteneva che questo potesse venire provato solo sperimentalmente. 51 Aristotele (384-322 a.C.) Discepolo di Platone, è considerato una delle menti filosofiche più innovative, prolifiche e influenti del mondo antico occidentale per la vastità dei suoi campi di conoscenza; è stimato da secoli come l'emblema dell'uomo sapiente e come precursore di scoperte. 52 R. Flacelière, La vita quotidiana in Grecia al tempo di Pericle, Fabbri Editori, Milano, 1998, p.132. 53 G. Comotti, La musica nella cultura greca e romana, Vol.1, EDT, Torino, 1991, p. 34.

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Nella stessa direzione di Damone, si muoveva il pensiero di Platone. Egli affermava che la musica non doveva perturbare gli animi dei cittadini e che non tutte le armonie potevano considerarsi educative. Sosteneva, inoltre, che ogni armonia musicale avesse un proprio ethos: un proprio sentimento. Il suono e l’ascolto della musica doveva avvenire con particolari cautele (per Socrate, suo Maestro, addirittura non solo i modi devono essere accuratamente scelti, ma anche i ritmi, ognuno appropriato alla giusta occasione)54. Aristotele, a differenza di Platone, ammetteva tutti i tipi di musica, anche quella che perturbava gli animi e non li rasserenava, per l’effetto catartico che producevano sugli ascoltatori. Nell’ultimo libro della Politica, il filosofo si dedica ai problemi dell’educazione e in particolare a quelli dell’educazione musicale55. Per Aristotele la musica ha un’importante valore, anche al dì fuori dell’ambito educativo: procura divertimento (paidia); si adatta allo stile di vita (diagoge) dei cittadini liberi; contribuisce a sviluppare un buon carattere (ethos); può produrre quel tipo di “purificazione” che libera l’anima dalle emozioni pericolose ed eccessive, e che Aristotele chiama katharsis56. Di seguito la breve analisi di tali funzioni. - Aristotele afferma che la paidia, il “divertimento” o il “gioco”, non rappresenta lo scopo primario della vita. È facile comprendere come per i cittadini, siano le attività utili a procurarsi da vivere le vere priorità della vita. Tuttavia, il lavoro comporta fatica e syntonia, “tensione”, e il piacere del divertimento ha la capacità di porre rimedio a questa tensione recando un piacevole rilassamento fisico e psichico che conduce alla condizione di riposo (anapausis). La musica può svolgere questa funzione sia per i “cittadini liberi ed educati”, sia per quelli che Aristotele considera rozzi e volgari: ogni

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Platone La Repubblica, Vol. III, M. Vegetti (a cura di), BUR, Milano 2006. A. Barker, Psicomusicologia nella Grecia antica, A. Meriani (a cura di), Guida, Napoli, 2005, pp. 99-100. 56 Ivi, pp. 100-103. 55

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cittadino, infatti, ricaverà dalla musica il piacere che è più conforme alla sua natura57. - Per Aristotele, inoltre, l’arte dei suoni ha lo scopo di “indirizzare alla ricreazione intellettuale che si realizza nell’ozio”58. La musica è vissuta come una forma di saggezza: la sua funzione è di portare il cittadino a un regime di vita eccellente dal punto di vista etico. Il filosofo ritiene sia fondamentale insegnare ai fanciulli a suonare gli strumenti musicali e a cantare, perché la formazione permette loro di acquisire abilità di cui, da adulti, necessiteranno per condurre una vita che possa essere la migliore possibile. Questo apprendimento non vuole formare i fanciulli in esecutori professionisti: per Aristotele nessun cittadino libero dovrà canterà o suonare uno strumento musicale, in quanto l'esecuzione musicale richiede un'abilità manuale, come quella del fabbro o del muratore, che spetta solo ai banausoi59. L’attività che più si addice agli “uomini liberi”, è invece la contemplazione estetica e intellettuale, godere, quindi, dell’ascolto di tale arte. Ai giovani, tuttavia, è bene insegnare a suonare e a cantare perché sarebbe difficile, in futuro, diventare un buon giudice di cose di cui non si ha un’esperienza pratica e diretta. Lo svolgimento di tale attività compiute da piccoli, permette loro, da adulti, di accrescere facoltà critiche che essi eserciteranno in seguito, da membri di un pubblico raffinato intelligente60. - Aristotele osserva che la musica collabora allo sviluppo di un buon carattere. La virtù, dice Aristotele, è una disposizione ad amare e odiare le cose giuste. E’ dunque fondamentale imparare a valutare correttamente il carattere e il comportamento, e abituarsi ad apprezzare caratteri buoni e le azioni nobili. Ebbene, nella musica i ritmi e le melodie contengono somiglianze con caratteri buoni e cattivi. Se dunque acquisiamo la capacità di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 57

Ivi, pp. 105-106. Ivi, pp. 107-108. 59 Il termine banausoi, è un epiteto della classe di operai o artigiani nell'antica Grecia. 60 A. Barker, Psicomusicologia nella Grecia antica, A. Meriani (a cura di), Guida, Napoli 2005, p. 109. 58

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provare attrazione per alcune di queste somiglianze e repulsioni per altre, saremo molto vicini a provare attrazione e repulsione per gli elementi reali con i quali la musica mostra somiglianze, ossia i caratteri stessi, buoni o cattivi. Rispetto alle altre arti, soltanto la musica produce imitazioni di qualità morali che sono in grado di agire sul carattere; ecco perché l’importanza fondamentale che la musica deve avere nel contesto educativo. Aristotele afferma che le melodie contengono queste “imitazioni”. Il filosofo sostiene che gli individui reagiscono in modi diversi alle diverse harmoniai. Ad esempio, chi ascolta harmoniai come la mixolidia avverte pena e oppressione, mentre chi ascolta harmoniai rilassate, la reazione mentale sarà più morbida. Visto che le varie harmoniai, come anche i diversi ritmi, producono sul carattere effetti così diversi, e non tutti questi effetti sono desiderabili, è chiaro che delle diverse musiche si dovrà fare un uso selettivo. Ma contrariamente a Platone, Aristotele ritiene che tutti le harmoniai, per un motivo o per l'altro, abbiano funzioni utili, e che nessuno vada rifiutata del tutto. Aristotele risolve il problema permettendo che nel contesto educativo vengano impiegate soltanto le harmoniai che formano un buon carattere, ritagliando per le altre delle nicchie in contesti differenti61. - La musica, secondo Aristotele, produce una purificazione emotiva, katharsis. Egli sostiene che le melodie estatiche, non debbano essere eseguite direttamente dai cittadini liberi; quest’ultimi, invece, per goderne i benefici devono limitarsi ad ascoltarne le produzioni eseguite da altri. Esse possono essere efficaci come terapia per le emozioni troppo intense: l’esecuzione di melodie che suscitano l’estasi dell’anima, libera le emozioni degli individui “posseduti” da questi turbamenti, sicché essi vengono purificati e alleggeriti del loro peso. L’idea è che questa musica induce nell’anima un’attività che libera queste emozioni trattenute e le fa esaurire in modo inoffensivo. Le passioni suscitate da questa musica, si esauriscono direttamente su quelli che l’ascoltano in teatro, si esauriscono senza tradursi in azioni potenzialmente !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 61

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Ivi, p.110.

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dannose, e gli ascoltatori lasciano la platea emozionalmente purificati e pacificati. Nessuna musica di questo tipo deve essere usata nell’educazione: se i fanciulli la eseguissero, o se vi fossero esposti per lunghi periodi di tempo, il loro carattere potrebbe esserne danneggiato62.

1.3.5 La musica e le tribù africane Di questo vasto territorio, è utile prendere in considerazione soprattutto l'Africa centrale o subsahariana, la sola che presenti una tradizione musicale autenticamente autoctona63. La musica in Africa non svolge una funzione puramente di intrattenimento o di rilassamento, ma mira a svariate funzioni che comprendono l’aspetto educativo, culturale, religioso e informativo. Per tradizione, l’arte dei suoni oltre a presiedere nell’educazione dei giovani e delle future madri, è praticata in tutti i momenti più importanti della vita di un uomo (nascita, circoncisione, iniziazione, matrimonio, malattia, morte e sepoltura), ma soprattutto a tutti i livelli sociali (riti, feste, celebrazioni, caccia, pesca). Essa, infatti, ha una profonda valenza culturale, ha il compito di tramandare, esprimere e rafforzare le tradizioni comuni, le scale di valori del gruppo a cui si appartiene e di consolidare l'intesa fra persone già legate da vincoli parentali e comunitari. Quindi, nella società tradizionale l’arte del suono è soprattutto evento sociale e socializzante64. Anche la scelta della musica è adattata alle circostanze che deve accompagnare, non può essere improvvisata, ma deve rispettare la tradizione. Sono i capi delle comunità che controllano e scelgono le musiche da eseguire e gli strumenti da utilizzare nelle occasioni ufficiali65. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 62

Ivi, p.111.

! L.! D'Amico, A. Kaye, Musica dell'Africa nera. Civiltà musicali subsahariane fra tradizione e

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modernità, L'Epos, Palermo, 2004. 64 Ibidem. 65 J.H. Kwabena Nketia, La musica dell’Africa, trad. di B. Rabezzana, Società Editrice Internazionale, Torino, 1974.

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Il concetto di arte, di musica in Africa, si differenzia dal concetto tipicamente occidentale. Nella cultura africana tradizionale, il musicista o il cantante, non praticano l’arte dei suoni per puro diletto personale, né per rilassarsi. La musica non è un gioco. Pensiamo ai lavoratori impegnati nei campi. Ebbene, il loro canto non rappresenta un semplice passatempo per combattere la noia, ma persegue un obiettivo concreto, che può essere semplicemente di dimenticare la fatica e rendere maggiormente sul lavoro. Ma non tutti i tempi sono buoni per fare musica. In diversi popoli, vige il divieto di fare musica in alcuni contesti, come ad esempio durante le ore di lavoro, questo per non distogliere l’attenzione dalle attività e dal rendimento. Sono invece privilegiate le ricorrenze della vita del villaggio e soprattutto le sere di luna piena, quando la comunità si riunisce nella piazza del villaggio (luogo privilegiato della musica) attorno al falò per scambiarsi informazioni, ascoltare storie, indovinelli, cantare e danzare66. La musica africana tradizionale richiede, inoltre, la partecipazione dell'intera comunità. Nessun singolo svolge un ruolo a sé stante, anzi, l'esecuzione corale deve essere talmente sinergica, al punto che dovrà risultare difficile individuare gli interpreti principali, per cui anche il professionista scompare nella folla67.

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D. Stapleton, C. May, Musica africana. Un atlante sonoro, Arcana Editrice, Milano, 1991. E. Tosi, La kora e il sax. Forme e protagonisti della musica africana moderna, EMI, Bologna, 1990. 67

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Capitolo II Pedagogia e musica

2.1

L’educazione musicale e i risvolti pedagogici

Per secoli l’educazione musicale è stata identificata con lo studio della tecnica strumentale, così che la rigidità dei metodi si risolvesse in scarsa attenzione alle reali esigenze dell’allievo, alla sua naturale curiosità e alla necessità di un suo costante coinvolgimento atto a favorire l’apprendimento e la motivazione68. L’accostamento alla pratica avveniva in un secondo tempo, dopo mesi di teoria e solfeggio, mostrando lo strumento come miraggio e oggetto inafferrabile del desiderio. Molti didatti, nel passato, hanno teso a incentivare il virtuosismo, piuttosto, che sviluppare la musicalità, spesso a causa dei riscontri immediati di successo, degli apprezzamenti di genitori e pubblico. I risultati di un tale insegnamento non erano solo fittizi, ma deleteri per l’allievo, la cui apparente riuscita tendeva ad incrementarne vanità ed orgoglio, atrofizzando sempre più la sua innata sensibilità musicale69. Se nella didattica specializzata la situazione era quella appena delineata, in ambito scolastico il ruolo della musica appariva generalmente sottovalutato: fino al 1900, la lezione di musica rappresentava un additivo culturale che introduceva qualche nozione di teoria e storia della musica. L’educazione musicale tendeva ad uniformarsi a un sistema educativo, prevalentemente, basato sulla trasmissione di informazioni da parte degli insegnanti e, in ogni caso, era difficile capire come fosse possibile fare musica in un’aula scolastica70.

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E. Mammarella, F. Mazzoli, Per una pedagogia del linguaggio sonoro, La Nuova Italia, Firenze, 1980, p.23. 69 É. Jaques-Dalcroze, Il ritmo, la musica e l’educazione, EDT, Torino, 2008, p.102. 70 J. Paynter, Suono e struttura, Torino, 1996, p. 46.

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L’arte, in generale, non fu mai riconosciuta come parte essenziale dell’educazione, in particolare di quella superiore. La formazione che non fosse esclusiva speculazione teorica e storica, ma effettiva scuola di produzione artistica, fu relegata agli istituti specifici, quali le accademie ed i conservatori71. Nel XX secolo emersero nuove voci di studiosi ed esperti che si resero conto di quanto, educazione e didattica musicale necessitassero di rinnovamento e un nuovo modo di considerarne presupposti e fini, tramite una maggiore integrazione con altri ambiti pedagogici, una nuova adesione alla vita reale, alla naturalezza ed al bagaglio pregresso, che il bambino si porta dietro fin dalla nascita. Di fronte all’artificiosità dell’insegnamento tradizionale, gli studiosi indagarono l’origine della musica come entità intrinseca all’essere umano e tentarono di trovare il canto originario, una sorta di ur-melodia che accomunasse tutti i bambini di qualsiasi luogo e cultura72. Si innescò così una querelle sull’innatismo delle strutture musicali, simile a quella ben più famosa relativa al linguaggio, motivata dalla consapevolezza che la musica risultasse talmente forte e “necessaria” nella sua oscura utilità, da sfidare la selezione naturale. L’educazione musicale, così intesa, costituì dunque un campo di ricerca relativamente recente; le proposte più precise ed elaborate risalgono alla prima metà del Novecento e le loro premesse vanno ricercate nelle idee di Pestalozzi73, Herbart74, Fröbel75, Dewey76 ed altri: il rifiuto dell’insegnamento tradizionale astratto e nozionistico, il richiamo alla concretezza degli apprendimenti, l’attenzione ai processi di sviluppo fisico e mentale degli alunni e quindi ai loro bisogni ed interessi.

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H. Read, Educare con l’arte, Edizioni di Comunità, Milano, 1976, p. 112. H. Gardner, Il bambino come artista, Anabasi, Milano, 1993, p. 77. 73 Johann Heinrich Pestalozzi (1746 –1827) è stato un pedagogista e riformista svizzero. Pestalozzi è noto come educatore e riformatore del sistema scolastico ma era anche filosofo e si dedicò alla politica 74 Johann Friedrich Herbart (1776-1841) è stato un filosofo e pedagogista tedesco. 75 Friedrich Wilhelm August Fröbel (1782-1852) è stato un pedagogista tedesco. Definito il Pedagogista del Romanticismo è universalmente noto per aver creato e messo in pratica il concetto di Kindergarten (giardino d'infanzia corrispondente all'odierna scuola dell'infanzia). 76 John Dewey (1859-1952) è stato un filosofo e pedagogista statunitense. È stato anche scrittore e professore universitario. 72

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A queste concezioni si riallacciano studiosi come Jaques-Dalcroze77, Willems78, Orff79 e Kodály80 unanimemente considerati padri dell’educazione musicale. Scopo dell’insegnamento musicale non è unicamente l’abilità tecnica, la quale è sì importante, ma lo è di più lo sviluppo di aspetti come l’espressività, l’autonomia e la socialità. Alcune delle loro istanze richiamano concetti importanti dell’attivismo pedagogico, laddove si parla di intelligenza e conoscenza subordinate al meccanismo della sensazione e dell’esperienza senso-motoria81. Nell’ambito della disciplina musicale, lo spirito del metodo attivo si manifesta in ogni situazione in cui l’allievo è spinto a fare musica ben prima di impararne la teoria, per mezzo di azioni o oggetti che ne suscitano l’interesse ludico e la partecipazione. Si darà dunque una nuova rilevanza al canto, ai giochi ritmici corporei e all’uso di semplici strumenti musicali82. La fiducia nella musicalità, presente in ogni essere umano, vuole allontanare lo spettro di una formazione riservata ai soli allievi di talento: la centralità della materia lascia il posto all’importanza primaria del bambino83. A ben vedere si possono rintracciare le linee pedagogiche della moderna educazione musicale fin nell’Emilio di Rousseau: La conoscenza delle note non è più necessaria per saper cantare di quanto lo sia la conoscenza delle lettere per saper parlare84.

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Émile Jaques-Dalcroze (1865-1950) è stato un pedagogo svizzero. Ideò lo sviluppo dell'euritmica, un metodo per insegnare e percepire la musica attraverso il movimento. 78 Edgar Willems (1890-1978) fu l’ideatore di un metodo per l’educazione musicale utilizzato in Europa, nel quale, al pari di Orff, propone l’uso di strumenti musicali semplici ed economici. 79 Carl Orff (1895-1982) è stato un compositore tedesco, ma si occupò anche di pedagogia e didattica. 80 Zoltán Kodály (1882-1967) è stato un compositore, linguista, filosofo, etnomusicologo ed educatore ungherese. Si interessò al problema dell'educazione musicale e scrisse molta musica a scopi educativi per le scuole. 81 G. Piazza, Orff-Schulwerk: musica per bambini, Suvini-Zerboni, Milano, 1979, p. 93. 82 T. Dwyer, Educare alla musica, Armando, Roma, 1969, p.43. 83 M. Fiori, Il corpo è musica, la musica è corpo. Un’analisi psico-fisiologica, ARS, Milano, 2007, p. 32. 84 J. J. Rousseau, Emilio o dell’educazione, Armando, Roma, 1991, p. 97.

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2.1.1 Teorie sull’educazione musicale Nel fondamento pedagogico musicale è possibile distinguere tre diverse teorie, che riportano differenti pesi sulle capacità o conoscenze da conseguire e sui mezzi più adatti al loro raggiungimento. Ad oggi è possibile distinguere tre teorie85: - quelle che partono dall’educazione auditiva; - quelle che privilegiano un fare di musica attivo ed organico, utilizzando sia la voce che gli strumenti per sollecitare l’espressività e la creatività; - quelle che mirano in primo luogo all’acquisizione delle capacità di lettura e della pratica corale. A queste scuole, sempre attuali e autorevoli, va riconosciuto il merito di aver fatto da “apripista” per una vera rivoluzione pedagogico-musicale. Oggi i repentini mutamenti sociali e la perdita di certezze, unitamente al contributo scientifico in ambito pedagogico, hanno dato adito a nuove frontiere della ricerca musicale. Si pensi alla ricerca d’avanguardia di Paynter86 o di Skemton87. Pur trattandosi ancora di proposte, non del tutto organizzate in modelli di insieme, ci danno testimonianza della vivacità delle sperimentazioni in corso e dei possibili sviluppi futuri88.

2.1.2 Arte e musica per un’educazione integrale Secondo Dewey, l’arte non è nata separatamente dalla vita quotidiana e pratica, dalle arti manuali, dall’artigianato. Semmai ne è stata il perfezionamento e

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É. Jaques-Dalcroze, Il ritmo, la musica e l’educazione, EDT, Torino, 2008, p.102. John Paynter è un compositore e insegnante. L’artista ha svolto un ruolo cardine nello sviluppo della didattica musicale moderna in Inghilterra.! 87 Howard Skempton è un compositore, fisarmonicista ed editore musicale inglese.! 88 R. Dalmonte, M.P. Jacoboni, Proposte di musica creativa nella scuola, Zanichelli, Bologna, 1978, p. 65. 86

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l’idealizzazione. Pertanto la scuola dovrebbe rendersi conto che la semplice attività “calata

dall’alto”

tende

a

degenerare

nell’artificio

o

nella

vacuità

del

sentimentalismo. Uno spirito di unità, invece, darà vitalità all’arte e profondità e ricchezza a ogni altro lavoro89. Ogni arte, presuppone organi fisici: l’occhio e la mano, l’orecchio, la voce; e tuttavia, è più della perizia tecnica richiesta dagli organi dell’espressione. Essa implica un’idea, un pensiero, una traduzione spirituale delle cose; eppure è più di un certo numero di idee in sé per sé. È un’unione vivente, del pensiero e dello studio d’espressione. Quest’unione si può simboleggiare col dire che nella scuola ideale, l’opera d’arte si può considerare quella dei laboratori passata di nuovo nell’azione, attraverso l’alambicco della biblioteca e del museo90. Se questo è vero, è bene ribaltare quella lodevole istanza espressa da molti, relativa alla necessità di dare dignità scolastica alla musica; è forse il caso di dare dignità musicale alla scuola, descolarizzare in parte la musica e musicalizzare di più la scuola, evitando di portare ancora una volta le cose più sul piano della didattica che su quello dell’arte e della sua produzione? La scuola dovrebbe incentivare lo sviluppo della musicalità, considerandola elemento basilare della formazione, innanzitutto, perché promuove l’integrazione delle diverse componenti della personalità: percettivo-motoria, affettivo-sociale e cognitiva. Edgar Willems evidenzia la necessità di intendere l’esperienza musicale che viene maturandosi nel tempo, come indissolubile correlazione fra sviluppo e recettività sensoriale, sensibilità affettivo-uditiva e intelligenza: egli mette in luce una certa identità fra leggi che interessano vita musicale e vita umana in generale, ponendo in relazione aspetti basilari della vita umana con gli elementi fondamentali della musica (il ritmo e la melodia)91.

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J. Dewey, Scuola e società, La Nuova Italia, Firenze, 1949, p. 37. Ivi, pp. 56-57. 91 E. Willems, L’orecchio musicale, Zanibon, Padova, 1977, p. 115. 90

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Willems fonda la sua pedagogia musicale sulla dialettica continua fra due poli opposti, presenti sia nell’uomo che nella musica, vale a dire tra la componente materiale e quella spirituale92. Anche in ambito didattico, quindi, si procederà dal materiale e corporale all’intellettuale e spirituale, finalizzando l’azione allo sviluppo graduale della sensorialità, dell’affettività e dell’intelligenza uditiva, in diretta correlazione con il fine generale di un’educazione integrale della persona. L’educazione integrale è relativamente indifferente al destino delle singole materie, perché il suo assunto fondamentale è che lo scopo dell’educazione, sia sviluppare attitudini generali di visione e sensibilità, che sono fondamentali anche per la matematica e per la geometria93.

2.1.3 L’educazione musicale e la socializzazione Le discipline “immaginative”, “creative”, e “estetiche”, dovrebbero, dunque, essere trattate alla stregua delle altre, nel rispetto di uno sviluppo mentale onnicomprensivo. Si deve ricercare un metodo educativo che sia fondamentalmente e formalmente estetico, e nel quale: […] la conoscenza e l’abilità manuale, la disciplina e il rispetto, non siano se non altrettanti facili e inevitabili prodotti di una naturale industriosità infantile94.

È risaputo che il gruppo rappresenta per i più giovani il luogo privilegiato della comunicazione, degli affetti, della condivisione dei propri vissuti emotivi. Nell’ambito del gruppo la costruzione di un linguaggio musicale comune assume un ruolo importantissimo, basti pensare ai complessini nei garage, al riconoscersi per appartenenze musicali, da cui la necessità di partecipare ai concerti e aderire ai fans club. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 92

Ibidem. H. Read, Educare con l’arte, Edizioni di Comunità, Milano, 1976, p. 262. 94 Ibidem. 93

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Questa capacità di mettere in relazione le persone è forse quella più unanimemente riconosciuta alla musica: La musica, componente fondamentale e universale dell’esperienza e dell’intelligenza umana, offre uno spazio simbolico e relazionale propizio all’attivazione di processi di cooperazione e di socializzazione95.

Tali potenzialità della musica non devono, dunque, rimanere avulse dal mondo della scuola, ma possono essere sapientemente utilizzate dagli insegnanti proprio come mezzo di educazione all’interazione, alla condivisione, alla solidarietà e a tutti quei valori democratici che oggi urgono più che mai. Il metodo teorizzato nel Schulwerk96 di Karl Orff è costruito proprio su questo aspetto, ovvero, quello del fare musica insieme: l’insieme musicale diviene organismo educativo collettivo capace di accogliere e armonizzare tutte le abilità e le competenze, in un modo del tutto naturale, perché realizzato tramite relazioni interpersonali e di gruppo, fondate su pratiche compartecipate e sull’ascolto condiviso. Ognuno porterà il proprio contributo: chi inserirà nell’insieme un semplice ritmo di legnetti, chi sarà già in grado di realizzare un piccolo assolo di chitarra. Si scopre così che una delle prerogative della musica sta nel coordinare insieme il meno abile col più abile, inserendovi anche il contributo importante del diversamente abile, debitamente assistito. Ed è proprio questa peculiarità integrativa che richiede di elaborare insieme le proprie musiche. Per realizzare tutto questo Orff si propone di mettere in grado i bambini, fin dai primi giorni di esperienza musicale, di praticare una musica di gruppo che li educhi direttamente, ancor prima di ogni conoscenza teorica. Quest’idea di base, condivisa anche da altri studiosi come Suzuki, vuole che i bambini abbiano nei confronti del linguaggio musicale lo stesso tipo di approccio che hanno con il linguaggio materno. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 95

Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Tecnodid, Napoli, 2007, p. 64. 96 G. Piazza, Orff-Schulwerk: musica per bambini, Suvini-Zerboni, Milano, 1979, p. 123.

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2.2

Espressione, creatività e autonomia

La musica dispone di potenzialità creative pressoché infinite, proprio perché le sue forme non sono coinvolte nella realtà tangibile; o meglio, ciò che l’artista presenta è una realtà “altra”, più intensa ed inafferrabile. Qualunque siano le ragioni per cui un artista abbia realizzato un’opera – sentimenti, idee, visioni – la ragione più intima sta nel “desiderio di creare una particolare coerenza, un modello che ci riveli qualcosa di nuovo circa la dimensione tempo/spazio o che almeno ci aiuti in qualche misura a trovarne il senso”97. Nella realtà di oggi, spesso eccessivamente conformata a valori standardizzati, veicolati il più delle volte dai media che condizionano più o meno fortemente le scelte, la nostra autonomia (e ancor più quella dei nostri bambini), diviene obiettivo irrinunciabile così come la capacità di sognare, di immaginare e tendere a futuri differenti da quelli prospettati, di intuire e presentire possibilità inusitate, squarci di luce laddove un infruttuoso pessimismo vorrebbe vedere solo grigiore ed appiattimento. È l’immaginazione che ha il potere: “di dare vita e luce a ciò che è ordinario, consueto e banale, per costruire ed apprezzare situazioni prima non avvertite ed estranee98. Non a caso, le indicazioni ministeriali invitano l’educatore musicale a trovare strade opportune per sviluppare nell’allievo: un pensiero flessibile, intuitivo e creativo99.

2.2.1 L’ascolto In musica questo può essere realizzato, innanzitutto, attraverso l’ascolto e l’interpretazione. L’ascolto aiuta gli allievi a lavorare sulla gerarchia degli elementi e sulla loro continuità, su quegli aspetti che fanno di ogni brano musicale un “intero”, definito

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J. Paynter, Suono e struttura, , EDT, Torino, 1996, p. 17. Ivi, p. 29. 99 Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Tecnodid, Napoli, 2007, p. 64. 98

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come “ascolto creativo” e che, meglio delle parole, aiuta a comprendere come la musica possa occupare un “paesaggio temporale”, ma anche come la capacità di ascoltare si sviluppa tramite l’esperienza diretta per eseguirla e comprenderla100. Un’educazione all’ascolto che sia consapevole, comincia allorché si iniziano ad esplorare i mezzi espressivi e si impara ad apprezzare e ad utilizzare come stimolo la creazione altrui, quando si cerca di scoprire in prima persona ciò che di unico ed irripetibile c’è in un brano musicale, capendone progressivamente le peculiarità, lo stile e arrivando a comprendere che cosa esso ci vuole dire. L’educatore giungerà così alla decodifica della struttura e della forma di ciò che si ascolta, cercando di comunicare al bambino come smontare e rimontare un brano di musica, al pari di un giocattolo, per capire che cosa lo fa funzionare e facendo in modo di collegare linguaggio e fantasia101.

2.2.2 La produzione Accanto all’ascolto vi è un altro lato della creatività che è la produzione, sia sotto forma di improvvisazione che di vera e propria composizione. Essa è sperimentata dal bambino, ben prima dell’attività scolastica, fin dai primi anni di vita: così come inventa con i colori, compone e manipola creativamente anche con i suoni, può improvvisare impasti e combinazioni di fronte all’uso di uno strumento musicale. Questi “scarabocchi” sonori, in passato, sono stati considerati imperfetti e fuorvianti dalla didattica tradizionale, che si è sistematicamente preoccupata di bloccarli e reindirizzarli verso uno studio metodico, con un effetto di impedimento e demotivante102. Un esempio è dato dall’insegnante che cade vittima dell’imbroglio di credere che, per inventare occorra conoscere in maniera astratta, razionale, la grammatica del !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 100

J. Paynter, Suono e struttura, EDT, Torino, 1996, p. 39. T. Dwyer, Educare alla musica, Armando, Roma, 1969, p. 33. 102 D. Branca, L’importanza dell’educazione musicale: risvolti pedagogici del fare bene musica insieme, Studi sulla Formazione, Firenze University Press, Firenze, p.92 101

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linguaggio. In questo imbroglio non cade la maestra quando fa parlare liberamente i bambini, cioè fa usare creativamente la parola: lo fa senza pretendere che il bambino sappia classificare le parti del discorso o razionalizzare le regole della sintassi. L’insegnante di musica, invece, pensa spesso che si possa inventare musica soltanto quando si conoscono le regole astratte della melodia, del ritmo, dell’armonia103. L’idea che il bambino sia un’imperfezione da condurre alla perfezione è dunque erronea: il bambino esprime assolutamente il proprio mondo, con parole, gesti, disegni e musiche. È un mondo fatto di assimilazioni ed accomodamenti, un processo in cui entrano e vengono adattati e fusi in un crogiuolo espressivo personale i più disparati materiali sonori104. Dunque, è necessario partire da ciò che c’è di innato e pregresso nel bambino, che già a sei-otto mesi inventa le sue canzoni, i suoi musical babbling105, che con l’età divengono più articolati, strutturati e complessi. Decidendo di costruire su queste manifestazioni spontanee, l’insegnante inviterà il bambino ad esplorare e riorganizzare i suoni, aiutandolo a sviluppare il proprio potere critico e le sue percezioni, accompagnandolo in ogni tappa del processo creativo che è una situazione sperimentale, fatta di continue scelte, valutazioni e conferme106.

2.2.3 L’espressività Un elemento fortemente legato alla creatività è l’espressività, spesso trascurata dagli insegnanti, perché rimandato all’acquisizione perfetta della tecnica. Ma se i materiali e le tecniche sono “oggetti”, deve essere il soggetto a renderli materia viva, attraverso la propria personalità. Solo così il bambino potrà !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 103

C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, Torino, 2008, p. 78-79. D. Branca, L’importanza dell’educazione musicale: risvolti pedagogici del fare bene musica insieme, Studi sulla Formazione, Firenze University Press, Firenze, p. 93. 105 Le musical babbling sono le prime risposte motorie alla musica che i bambini sviluppano dai sei mesi ad un anno di vita e consistono in produzioni vocali. Se il bambino riceve dall’ambiente stimoli adeguati (adulti e bambini che cantano), verso la fine del primo anno di età le musical babbling diventeranno veri e propri abbozzi di canzoni che aumenteranno gradualmente in lunghezza e varietà. 106 T. Dwyer, Educare alla musica, Armando, Roma, 1969, p. 39. 104

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evitare di vivere le sue prime esperienze musicali in modo arido, noioso e privo di significato, trovando senso in ciò che suona, muovendo ad esso la sua sensibilità e la sua affettività, vivendo così un’esperienza gratificante. Sarebbe erroneo pensare che l’espressività debba essere necessariamente assimilabile all’estemporaneità: essa si poggia, invece, su abilità analitiche che l’insegnante comunica via via all’allievo, facendogli scoprire i vari ingranaggi della composizione con cui è alle prese, spingendolo a compiere scelte espressive che siano basate sulla comprensione dei dinamismi interni al brano107. Dewey insegna che estetica e espressività non sono esclusive proprietà dell’opera d’arte, ma pervadono ogni atto della vita, non esaurendosi con il puro godimento, ma servono ad allargare i significati dell’esistenza. Un’educazione alla creatività e all’espressività incentiva la capacità critica dell’alunno, esercitandone la sensibilità artistica «mediante l’ascolto critico e l’interpretazione sia di messaggi sonori sia di opere d’arte, elevando la sua autonomia di giudizio e il livello di fruizione estetica del patrimonio culturale108».

2.2.4 L’autonomia Creatività ed espressività sono due facce di una stessa medaglia, ovvero l’autonomia. Si è autonomi se si apprende a decidere in proprio, a trovare soluzioni personali ed originali ai problemi. In opposizione ad una scuola che educa alla dipendenza, si deve mirare ad educare ad essere, e a sviluppare al meglio le proprie risorse e le proprie peculiarità fisiche, intellettive, affettive, etiche, così da costruire la propria autonomia. La scuola deve divenire “autonomizzante”, in quanto se non si coltiva lo spirito dell’alunno, lo stesso, da adulto sarà facile preda di insicurezze, sensi di vergogna e dubbio.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 107

J. Dewey, Educazione e arte, La Nuova Italia, Firenze, 1977, p. 18. Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Tecnodid, Napoli, 2007, p. 64. 108

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Autonomia significa capacità critica, scevra di pregiudizi e conformazioni, soprattutto quelli imposti dai mass media, nel campo musicale più che mai109. L’individuo deve potere accedere ad una formazione culturale critica e filosofica, così da sottrarlo a quel mondo amministrato, che tende a schiacciarlo e a quell’industria culturale che è ormai il volano di quel mondo110. Ai ragazzi bisogna offrire l’opportunità d’essere musicalmente creativi, bisogna dare loro l’opportunità di scegliere e toccare con mano i materiali stessi della composizione, manipolando e costruendo e l’insegnante deve spogliarsi della figura di dispensatore di soluzioni, facendosi tutor, lasciando agli allievi il compito di valutare da sé il processo compositivo: che è poi il modo più corretto per abituare alla critica e per impossessarsi degli strumenti necessari ad una crescita culturale autentica111.

2.3

L’educazione musicale

Esplorazione, ascolto, creatività, scelta e valutazione sono le parole-chiave di un’attività che risulta altamente educativa. Se l’adulto di domani avrà più fiducia in se stesso e nelle proprie capacità creative e professionali, saprà scegliere con cura cosa ascoltare, le parole da usare, i luoghi dove abitare e le persone da frequentare, sapendo incontrare e rispettare le diverse razze, culture, religioni, suoni e saperi. Esso sarà forte di aver frequentato una scuola in cui gli artisti e le loro opere, rappresentano l’antidoto alla standardizzazione culturale.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 109

F. Cambi, Le pedagogie del Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2005, p.186. Ibidem. 111 R. Dalmonte, M. P. Jacoboni, Proposte di musica creativa nella scuola, Zanichelli, Bologna, 1978, p. 10. 110

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2.3.1 Identità e complessità Un’educazione musicale rinnovata ed efficace non può essere incentrata sull’alfabetizzazione ad un sistema, con conoscenze ed abilità stabilite a priori, ma l’orizzonte e il quadro operativo, più che la musica: è la musicalità112. Un progetto di formazione non può non avere tra i suoi fini la formazione dell’identità, deve, cioè, far sì che ciascuno diventi se stesso. Ognuno di noi ha una sua identità musicale che si articola in quattro differenti tratti113: -

l’imprinting originario, costituito dalle esperienze sonore primarie prenatali e neonatali;

- il vissuto, l’insieme dei sensi e dei significati elaborati intorno alle esperienze avute nel corso della vita, a livello individuale e nell’ambito del gruppo di appartenenza; - i valori attribuiti alla musica; - le abilità e le conoscenze in campo musicale, acquisite non solo in percorsi didattici, ma anche nella quotidianità. L’identità è un processo instabile, che varia e si evolve nel corso del tempo, proprio perché integra le diverse esperienze della vita. Si può dire quindi che essa abbia un suo imprinting originario, formatosi all’inizio della vita nell’ambito familiare e sociale, e che poi continui ad evolversi nel suo processo di costruzione e ricostruzione permanenti. Il soggetto stesso, oggi, non si è dato un’identità complessa e non crede più nella semplicità/linearità della propria identità. Oggi il soggetto si è fatto identità plurale114. E’ necessario, però, considerare che le diverse identità del soggetto si integrino e si completino in base alle esigenze e ai contesti: in ogni situazione o momento della vita, entra in gioco un’identità diversa, di tipo affettivo, professionale, culturale, politico e musicale. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 112

M. Piatti, G. Stefani, Orizzonti dell’educazione musicale, PCC, Assisi, 1987, p. 81. D. Branca, Famiglia ed identità musicale: la creazione di un clima affettivamente ricco attraverso le esperienze sonore, Rivista Italiana di Educazione Familiare, n. 1, Firenze University Press, Firenze, 2013, p. 55. 114 F. Cambi, Manuale di storia della pedagogia, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 133. 113

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L’identità musicale, dunque, si costruisce grazie all’apporto della memoria che fa riaffiorare esperienze e vissuti; essa ha un carattere narrativo, perché può essere definita solo attraverso un percorso storico e autobiografico, ripercorrendo i passi che l’hanno costituita, non solo a livello individuale, ma anche collettivo, nel caso si parli di identità di un gruppo o di una nazione115. Anche a livello formativo si sta iniziando a battere il sentiero dell’autobiografia musicale, pratica che permette di far emergere la consapevolezza della condotta musicale di un individuo, cioè il suo rapporto con la musica. Gusti, passioni, interessi musicali sono strettamente connessi alle relazioni quotidiane, agli incontri, ai contesti; canzoni e suoni che definiscono momenti vissuti, amori, momenti di gioia o di sofferenza. Se i suoni della vita (dalle lallazioni al rock) accompagnano e condizionano le relazioni con l’altro e l’ambiente circostante, ricostruire un’autobiografia musicale diventa un’occasione per ripensare e prendere coscienza del proprio percorso di crescita musicale116. Fare autobiografia musicale è un processo autoriflessivo da percorrere con la scrittura, la narrazione orale e con l’utilizzo della musica e delle sonorità come metafore per descrivere la propria esistenza musicale117. L’identità necessita del rapporto con l’alterità, in quanto trova la sua definizione e i suoi confini proprio nella constatazione che vi sono identità differenti, volte tutte all’arricchimento: non c’è approccio più coerente con i presupposti della pedagogia interculturale di quello autobiografico, che mette al centro la reciproca non conoscenza, che ha rispetto per le voci e le lingue altrui, che invita il ricercatore, il formatore, l’operatore sociale e l’insegnante a sospendere il giudizio e ad aprirsi alla narrazione118. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 115

D. Branca, Famiglia ed identità musicale: la creazione di un clima affettivamente ricco attraverso le esperienze sonore, Rivista Italiana di Educazione Familiare, n. 1, Firenze University Press, Firenze - 2013, pp. 51-55. 116 D. Branca, L’importanza dell’educazione musicale: risvolti pedagogici del fare bene musica insieme, Studi sulla Formazione, Firenze University Press, Firenze, p. 96. 117 A. Di Pietro, Ludobiografie musicali – pratiche per raccontarsi in musica, in F. Cambi e F. Tamburini (a cura di), Educazione e musica in Toscana, Armando, Roma, 2006, p. 220. 118 M. Giusti (a cura di), Ricerca interculturale e metodo autobiografico, La Nuova Italia, Firenze, 1999, p. 7.

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Nella predisposizione di un percorso interculturale, la musica appare, dunque, come una delle discipline privilegiate. Infatti, sono individuate almeno tre ragioni di questa sua particolarità119. - la fruibilità: la musica è diretta, non ha bisogno di mediazioni o traduzioni; - la capacità di coinvolgimento: gruppi che collaborano per fare musica si intendono facilmente; - la trasferibilità degli stilemi120 da una “lingua musicale” ad un’altra, anche se molto lontana; creare commistioni, ibridazioni, rende più ricco e interessante il vocabolario e la sintassi musicale di ogni cultura.

2.3.2 L’educatore musicale L’educatore musicale deve partire da un presupposto basilare: un’educazione che promuove l’apertura alle altre culture non è utile solo alla tolleranza, ma anche alla crescita della propria cultura. Una ricerca americana svolta su diverse scolaresche per un anno scolastico ha dimostrato come i programmi sperimentali, migliorino le abilità dei bambini: ad alcune sono state insegnate canzoni tonali scritte in metri regolari, ad altre sono stati proposti brani con altre ambientazioni tonali e impostazioni ritmiche variabili. Alla fine dell’anno le scolaresche del secondo gruppo riuscivano decisamente meglio ad eseguire anche le canzoni tonali121. Nel 1998 il Gruppo Musica del MCE122dichiarava: Concepiamo l’educazione musicale primariamente come incontro-confrontotrasformazione di risorse, desideri e identità, più che come apprendimento (con metodi più o meno aggiornati) di contenuti disciplinari e di abilità123.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 119

C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, Torino, 2008, p. 63. Nella musica, gli stilemi si riferiscono ai segni distintivi di opere musicali o di musicisti. 121 M. Giusti (a cura di), Ricerca interculturale e metodo autobiografico, La Nuova Italia, Firenze, 1999, p. 19. 122 Riferimento al sito Arpnet: <http://www.arpnet.it/animus/didattica/MCE.htm>. 123 M. Disoteo, Antropologia della musica per educatori, Guerrini, Milano, 2001, p. 193. 120

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Insomma, non basta imparare qualche canzone originaria del paese del bambino immigrato per pensare che il “gioco sia fatto” e non è detto che questa pratica gli faccia piacere: egli desidera, forse, apprendere i linguaggi propri del paese che lo ospita, perché considera la cultura di provenienza, piuttosto, debole rispetto a quella nuova, o perché l’urgenza di integrarsi lo spinge a uniformarsi il più possibile ai compagni, frequentare interessi, attività e musiche che lo rendano simile a loro124. L’insegnante partirà, perciò, da un’attenta osservazione, sfrutterà tutte le sue capacità empatiche, relazionali, comunicative, tutte le sue conoscenze, armandosi di pazienza, di discrezione, di attenzione alle sensibilità ed ai vissuti. Il suo compito andrà ben oltre la semplice accoglienza: egli dovrà insegnare ad accettare, riconoscere, apprezzare tutti i modi di vita diversi dai propri, tutte le varie identità culturali che prima non si credeva possibile mettere su un piano di parità con la propria. Le dichiarazioni sono lungi dal cancellare le differenze, dal livellare le particolarità. Al contrario, è necessario preservare queste identità ed insegnare loro a non ignorarsi, respingersi o combattersi: bisogna permettere e fornire loro i mezzi per dialogare e arricchirsi a vicenda. Perché proprio la musica deve prendersi carico di queste istanze? E perché essa è armonia? Se i musicisti non tentano, non v’è nessuna ragione di sperare che una armonia entri, finalmente, nei fatti della nostra vita sociale. Bisogna, allora, disperare della musica e non trovare più motivi per praticarla o al contrario, se si pensa dunque che è urgenza estrema, quella di cambiare i nostri modi di pensare, cioè anche i modi di agire gli uni verso gli altri, allora, il patrimonio di insegnamenti, l’accumulo di modelli che mette a disposizione del nostro interrogarci, l’immenso serbatoio di musiche dell’umanità può servire da terreno privilegiato per una sperimentazione di comportamenti “armonici” per aprirci all’orizzonte di un futuro più respirabile125?

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 124

Ibidem. H. Pousseur, Comporre (con) identità musicali, Progetto Uomo-Musica, II, Edizioni PCC, Assisi, 1992, p. 6. 125

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V’è da considerare che la complessità non è solo un paradigma identitario e sociale, ma anche disciplinare: I saperi, infatti, nell’età del postmoderno hanno decantato sia le logiche di complessità e sia le relazioni complicate e mobili che ogni sapere stabilisce con gli altri saperi, in un sistema di interferenze ed interazioni reciproche126. La realtà non è qualcosa di parcellizzato e separato al suo interno, ma è un continuum di esperienze, relazioni e contesti, è luogo di ibridazione ed intersezione di diversi piani, punti di vista, conoscenze ed emozioni. Se questo è vero non si capisce come mai la scuola abbia sempre svolto la sua attività, isolando le materie e chiudendole in compartimenti stagni127. L’insegnamento disciplinare in sé per sé, spesso è ridotto in nozioni separate dalla realtà, tende a non permanere, neanche come conoscenza mnemonica; assumendo il concetto di mondo scolastico come astratto, slegato dalla vita e per nulla interessante e demotivante128. I confini tra un approccio multidisciplinare e quello interdisciplinare non sono facili da tracciare; in generale possiamo dire che mentre il primo è costruito intorno ad un oggetto, il secondo lo è intorno ad un processo, se il primo si chiede che cosa, il secondo si chiede come e perché. Interdisciplinarità si ha quando ogni disciplina è capace di offrire un proprio alimento ai paradigmi delle altre ed il suo terreno è l’attività creativa che intrecci diversi linguaggi senza che nessuno possa dirsi preminente sull’altro, tantomeno separabile, perché ciò che ne deriva nasce e si compone come unità129. Basti pensare proprio alla musica, al suo intrecciarsi con il testo nell’ambito di una semplice canzone: non si può dire dove finisca il valore della melodia e dove inizi quello letterario, vi è una totale interpenetrazione, un’opera di reciproco scaffolding130.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 126

M. Callari Galli, F. Cambi, M. Ceruti, Formare alla complessità. Prospettive dell'educazione nelle società globali, Carocci, Roma, 2003, p. 127. 127 C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, Torino, 2008, p. 355. 128 Ivi, p. 356. 129 Ibidem. 130 Il termine scaffolding viene utilizzato in psicologia e pedagogia per indicare l'aiuto dato da una persona ad un'altra per svolgere un compito.

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Oggi può sembrare del tutto logico e concettualmente semplice, eppure è di difficile realizzazione. Tenendo sempre presente il paragone tra interdisciplinarità e multidisciplinarità, si può dire che l’integrazione non si ottiene discutendo su tematiche specifiche, ma su obiettivi sovradisciplinari e trasversali: rispettando le opinioni altrui, incoraggiando l’autostima e imparare a dedurre. Non c’è insegnante che non possa declinare il proprio lavoro in modo da promuovere queste competenze131.

Nell’analisi del buon docente, insomma, lo stesso deve raggiungere la consapevolezza del saper trasmettere quando insegna, a ragionare correttamente e quando fa distinguere l’interpretazione soggettiva di un brano musicale dall’osservazione oggettiva di come quel brano è costruito. Egli deve saper insegnare a rispettare, innanzitutto. l’altro e non solo nelle esperienze di semiosi, ma in tutte le occasioni in cui ogni ragazzo esponga la propria interpretazione del brano ascoltato, e tutte le volte che nel far musica insieme è sollecitato ad ascoltare132.

2.3.3 L’integrazione educativa L’integrazione fra discipline, fa sì che il linguaggio musicale sappia attingere normalmente ad altri linguaggi come quello delle scienze, della matematica o della linguistica. Allo stesso modo, le altre discipline dovrebbero poter utilizzare liberamente e con competenza il linguaggio musicale. E qui si apre una porta su un’ulteriore questione che è la cultura generale dell’insegnante di una disciplina: espressioni del tipo “io non ci capisco niente di matematica” o “la musica non fa per me: sono stonato come una campana”, convinzioni e attribuzioni di causalità assai comuni fra gli studenti, non sono per nulla estranei anche al mondo dei docenti; eppure, possedere !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 131 132

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C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, Torino, 2008, p. 357. Ivi, p. 360.

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possedere sufficienti competenze negli ambiti del sapere, diversi da quelli del proprio impegno professionale, è condizione necessaria per un’autentica educazione interdisciplinare. Diversi insegnanti delle secondarie, ad esempio, pur avendo una cultura ampia, che spazia su campi diversi dello scibile umano, presentano un’ignoranza pressoché su scienze indispensabili alla relazione educativa come la pedagogia. Ma la formazione specialistica degli ultimi anni ha tentato di ovviare a queste carenze espugnando anche l’ultimo baluardo, la secolare ed immobile formazione musicale133.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 133

H. Gardner, Il bambino come artista, Anabasi, Milano,1993, p.45.

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Capitolo III Il metodo Suzuki

3.1

Shinichi Suzuki: vita e studi

Shinichi Suzuki, fondatore dell'omonimo metodo concepito negli anni Trenta, fu uno dei primi violinisti concertisti del Giappone e insegnante presso il Conservatorio di Tokio. La sua vita fu caratterizzata dall’interesse per lo sviluppo della formazione musicale dei giovani studenti di violino. Suzuki nacque a Nagoya, nel 1898, da una famiglia di discendenza samurai. I genitori lo avrebbero voluto alla direzione dell’impresa di famiglia, tuttavia, il destino volle altro: innamorarsi del violino approfondendone lo studio134. Nonostante la mentalità giapponese dell’epoca, che considerava lo studio e l’esecuzione della musica una occupazione per gente povera e incolta, quindi non adatta alla classe sociale a cui apparteneva Shinichi, egli iniziò a frequentare una scuola di musica a Tokio135. Trasferitosi a Berlino all’età di 22 anni, Suzuki ebbe la possibilità di studiare con il grande Maestro Karl Klingler136. Fu in questo periodo che venne a contatto con i più illustri musicisti del tempo, intellettuali e scienziati, tra cui Albert Einstein: anch’esso bravo violinista137. In seguito agli studi musicali compiuti in Germania, che durarono otto anni, Suzuki conobbe la cultura musicale europea e le teorie sullo sviluppo infantile di

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 134

D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 3. 135 Ivi, p. 4. 136 Karl Klingler (1879 -1971) è stato un violinista, compositore, insegnante di musica e docente universitario tedesco. 137 D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 11.

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J. Piaget138 e Maria Montessori139 e tale bagaglio di conoscenze, insieme alla sua preparazione violinistica e ad uno eccezionale istinto didattico ed osservativo, gli permisero di elaborare un nuovo approccio all’educazione musicale precoce. Riflettendo sulla capacità dei bambini tedeschi di apprendere tramite l’ascolto e l’imitazione della loro lingua madre, costituita da migliaia di vocaboli complessi, dimostrò che la musica poteva essere appresa da bambini molto piccoli, mediante lo stesso processo140. Come un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo continuamente le parole pronunciate dai genitori, nello stesso modo può imparare a cantare e a suonare ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo o una melodia141. In questo processo di apprendimento, mamma e papà assumono un ruolo fondamentale: affiancare attivamente il proprio bambino durante gli studi con il maestro, al fine, così di aiutarlo quotidianamente a casa. Il successo di tale metodo è sostenuto dal fatto che la musica è vissuta come un gioco, in compagnia dei genitori, che partecipano in modo attivo all’apprendimento, creando un clima rassicurante e incoraggiante142.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 138

Jean Piaget (1896-1980), è stato uno psicologo svizzero, creatore della psicologia e dell'epistemologia «genetiche». Uno dei più importanti studiosi della psicologia infantile, P. elaborò una teoria sistematica dello sviluppo dell'intelligenza in cui l'evolversi del pensiero del bambino è spiegato alla luce dell'esigenza dell'organismo di adattarsi all'ambiente circostante. 139 Maria Montessòri (1870 – 1952) fu una pedagogista italiana che s'interessò al problema dell'educazione dei fanciulli. Il suo metodo, applicato anche in USA, Canada, India e Giappone, è considerato uno dei principali esperimenti di scuola nuova. Esso mira a fare della scuola la casa dei bambini, ovvero, un ambiente in cui i bambini si esercitano liberamente e spontaneamente col materiale didattico. 140 ! D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p.15. 141 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, p 23.! 142 Ivi, p. 25.

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In modo del tutto naturale, quindi, la musica entrerà a far parte della vita del bambino e della sua famiglia, permettendo al piccolo di affinare la sua sensibilità. Attraverso l’apprendimento della lingua madre, il più universale e naturale tra tutti i linguaggi, nasce il metodo dell’Educazione al Talento, che Suzuki importò con successo nell’insegnamento della musica143.

3.2

L’Educazione al Talento e riflessioni pedagogiche

Suzuki non intendeva istruire i bambini alla musica, affinché essi diventassero dei musicisti professionisti, ma voleva farne dei cittadini migliori, capaci, attraverso l’arte del suono, di sviluppare delle abilità e una sensibilità superiore, indipendentemente dalla professione che da adulti avrebbero svolto144. La finalità del Maestro, era coltivare la memoria del piccolo educando, il senso della disciplina, la capacità di stare insieme agli altri, l’aiuto reciproco, l’esercizio, la creatività e affinare la sensibilità al buon gusto145. Suzuki è stato il primo didatta a sviluppare un metodo completo e innovativo per l'insegnamento di uno strumento in età precoce, affermando che si possono avviare i bambini allo studio della musica, al dì là che questi siano individui dotati. Egli ritenne che i punti deboli dei bambini potessero essere attribuibili al “carattere” o alla loro “natura” e che questi fossero il motivo per cui i fanciulli faticavano a imparare. L’esercizio continuo, lo studio e la ripetizione permisero al piccolo di sviluppare l’abilità, grazie a un costante processo d’istruzione da parte del proprio insegnante e del supporto del genitore 146.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 143

D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 11.! 144 Ivi, p. 13. 145 Ivi, p. 22. 146 Ivi, p. 10.

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45


H. Suzuki introdusse il concetto di Educazione al Talento, affermando che il talento non è innato: ogni bambino è dotato delle stesse capacità e il talento può essere raggiunto, anche in maniera eccellente, solo attraverso l’esercitazione continua, fino a quando l’abilità non diventa parte dell’educando. Questo è il motivo per cui il Maestro ha elaborato un percorso di studio per il violino indirizzato a bambini di tre o quattro anni147. L’Educazione al Talento si basa sul processo di imitazione, ovvero, sul ripetuto ascolto dei brani in registrazione e, soprattutto, sulla collaborazione costante di un genitore che segue il bambino a lezione e nello studio a casa. Gli stessi genitori sono invitati a imparare i primi rudimenti dello strumento in modo che i figli possano imitarli e imparare a suonarli148. V’è da considerare, inoltre, un altro elemento importante che agisce sull’apprendimento del bambino: l’ambiente149. Lev Semënovič Vygotskij150! (1896-1934), psicologo sovietico, afferma che, essendo gli esseri umani inseriti in una matrice socioculturale, la formazione del bambino avviene attraverso la relazione, considerando, quindi, non solo la componente cognitiva ma, anche l'intreccio fra sviluppo emotivo e sviluppo cognitivo. In quest’ottica l’ambiente può limitare o favorire il suo sviluppo151. Sono le interazioni con le altre persone all’interno dei vari contesti sociali e gli “strumenti psicologici” usati in quelle occasioni, come ad esempio il linguaggio, che plasmano il bambino152. Gli psicologi socioculturali, in concordanza con lo studioso, considerano il bambino in un contesto che lo definisce e lo plasma e dal quale ne è plasmato153. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 147

Ibidem.

!Riferimento al sito Ester Wegher: <https://esterwegher.wordpress.com/shinichi-suzuki/>.!

148 149

D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 20. 150 Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934), fu padre della scuola storico-culturale, è stato definito il «Mozart della psicologia». 151 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, pp. 25-26. 152! Ibidem. 153 Ivi, p. 58.

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Lo stesso pensiero è sostenuto dal Maestro Suzuki. Egli afferma che la predisposizione

per

la

musica

non

viene

dall’interno,

ma

si

sviluppa

progressivamente in un ambiente adeguato. È un fatto di sensibilità, di percezione e di velocità nell’adattarsi, quindi: avere capacità eccezionali, vuole soltanto dire essere nati con il potere di adattarsi il più in fretta possibile al proprio ambiente, qualunque esso sia154. Possiamo, quindi, affermare che l’imitazione, l’ascolto, l’incoraggiamento, la ripetizione e un’ambiente favorevole sono gli elementi fondamentali per ogni tipo di apprendimento, compreso quello musicale155. Nella tabella che segue è possibile confrontare le caratteristiche fondamentali che distinguono il metodo tradizionale dal metodo Suzuki156. Tab. 1 - Differenze tra metodo classico e metodo Suzuki Il metodo Tradizionale

Il metodo Suzuki Sviluppa il talento presente in ciascun

Seleziona i bambini con talento

bambino

Inizia all'età di 9-10 anni

Inizia all'età di 3-4 anni

Non è previsto il coinvolgimento della famiglia

Al centro del metodo c'è la famiglia Le dimensioni dello strumento sono

Si utilizzano strumenti con dimensioni standard

proporzionate al corpo del bambino!

Prima si suona e poi si ascolta

Prima si ascolta e poi si suona

Prima si legge e poi si suona

Prima si suona e poi si legge Gli insegnanti ricercano e condividono i

L’insegnante mantiene segreto il metodo

risultati

Fin dagli inizi viene dato rilievo alla tecnica

Tecnica e studi vengono posticipati

L'obiettivo è l'istruzione musicale

L'obiettivo è l'educazione globale L'accento è posto sul “come” si ottengono i

L'accento è posto sui risultati

risultati

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 154

D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 20. 155 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, pp. 63-65. 156 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=20&Itemid=21>.

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47


Un atteggiamento pedagogico simile a quello di Shinichi Suzuki, lo si riscontra nel pedagogista Giovanni Pestalozzi oltre un secolo fa. ! Egli riteneva che l’educazione doveva essere finalizzata allo sviluppo armonico dello spirito e delle sue tre facoltà peculiari: la mente, il cuore e la mano157. Il metodo didattico pestalozziano prevedeva un passaggio dal semplice al complesso e dall’elementare al globale158. Nella propria esperienza educativa con fanciulli e adolescenti, il canto costituì l’attività primaria, grazie alla quale i discenti, facendo una prima esperienza melodica con singoli fonemi, successivamente con singole parole e, infine, con frasi dapprima semplici e via via più complesse, riuscivano con facilità e gioia a pronunciare le prime parole. Solo una volta che erano state udite e cantate, le parole diventavano oggetto di lettura e di scrittura: dal fonema si passava in seguito al grafema159. Lo sviluppo della competenza musicale partiva, quindi, da un’attività vissuta dai discenti in modo ludico e spontaneo, come un prolungamento del rapporto caloroso e protettivo vissuto, ognuno, con la propria madre o figura materna. Il canto andava cioè ad incidere su una competenza affettiva, permettendo la condivisione e la fraternità tra i discenti e tra discenti e educatori160. Il ruolo spontaneistico, ludico ed affettivo del canto fu, successivamente, esaltato anche da pedagogisti ed educatori italiani, impegnati nelle scuole dell’infanzia o nelle scuole elementari161: si pensi all’esperienza delle sorelle Agazzi162 nei loro asili o a quelle del pedagogista Giuseppe Lombardo Radice163.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 157

L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 280. L. Molinari, Psicologia dello Sviluppo Sociale, Il Mulino, Bologna, 2007, p. 198. 159 Ibidem. 160 Ivi, p.199. 161 !L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 287. 162 Rosa Agazzi (1866-1951) e Carolina Agazzi (1870-1945) sono state due pedagogiste ed educatrici sperimentali. Il punto principale de loro pensiero pedagogico è esaltare la vitalità e la spontaneità dell'infanzia. 163 ! Giuseppe Lombardo Radice, pedagogista che collaborò alla Riforma scolastica del 1923 con l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile. 158

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48


Diverso, invece, il pensiero educativo adottato da Maria Montessori164, contemporanea di Suzuki. Secondo la pedagogista, l’educazione artistica e linguistica, come la musica e il canto, dovevano essere subordinate, in età prescolare, a quella sensorio-motrice, poiché è quest’ultima a porre le basi per l’apprendimento della prima165.. A proposito della metodologia proposta da Montessori, lo studioso Mauro Laeng166riporta: Ella ritiene sufficiente e già impegnativo provvedere all’educazione dei mezzi funzionali che saranno impiegati, ad un livello superiore in queste attività (attività linguistica ed artistica). Il possesso del meccanismo della scrittura e della lettura, il disegno a ricalco o su sagoma a traforo, il riconoscimento acustico delle note musicali nel loro puro strumentalismo le sembrano mete già cospicue da raggiungere167.

3.3

Le neuroscienze e l’importanza dell’apprendimento in età

prescolare L’apprendimento musicale è possibile per tutti, può inoltre ottenere grandi vantaggi da un insegnamento che rispetti la sua dimensione propriamente linguistica privilegiandone i momenti di acquisizione prima che di apprendimento, ed è un potente facilitatore e motore di acquisizione e competenze trasversali e meta cognitive; in sintesi: imparando la musica si diventa più intelligenti168.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 164

Maria Montessori (1870-1952. Medico, pedagogista, filosofa, educatrice. Presso la clinica psichiatrica dell’università “La Sapienza” (Roma) le fu affidato il recupero dei bambini considerati “deficienti”. Proprio per loro elaborò i materiali che sono tuttora alla base del suo metodo di insegnamento. 165 M. Montessori, Educare alla libertà, Mondadori, Milano, 2008, p. 57. 166 Mauro Laeng (1926 - 2004); fu professore di pedagogia nell'Università di Roma dal 1975 al 1996, fondò e diresse, a partire dal 1966, la rivista Didattica delle scienze. 167 M. Laeng, Proposta di un manifesto per una pedagogia strutturalistica neo-montessoriana, Opera Nazionale Montessori, Roma, 1997, p. 22. 168 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, p. 150.

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49


Dal pensiero del Maestro Suzuki, si evincono due aspetti importanti nel suo metodo169: - l’apprendimento delle competenze musicali in modo spontaneo e naturale attraverso l’imitazione, la ripetizione e alla pratica continua, corretta e quotidiana; - L’esigenza di intraprendere il percorso in età precoce (3-4 anni), periodo in cui il cervello del bambino è ancora flessibile e aperto a apprendere abilità difficilmente acquisibili dopo i 6-8 anni a causa della diminuita plasticità cerebrale, cioè la capacità del cervello di riorganizzarsi e creare nuove sinapsi, nuove connessioni neuronali. Il glottologo Giovanni Freddi170sosteneva che già a 3 anni il bambino possiede un sistema motorio e visivo maturo che gli consente di mettere in atto complesse abilità motorie e visive171. Avvicinare i bambini in età prescolare allo studio della musica, permette di intervenire tra la prima e la seconda fase di maturazione cerebrale potendo contare sulla massima plasticità cerebrale, che può determinare la formazione di percorsi nervosi stabili associati al linguaggio musicale172. La ragione per cui una seconda lingua, quale può essere il linguaggio musicale, può essere appresa allo stesso livello della lingua madre, solo se acquisita in tenera età, risiede nel fatto che in questo periodo della vita, la prima e la seconda lingua sono rappresentate nelle stesse aree cerebrali173che vengono attivate dai sistemi di memoria procedurale, gli stessi che permettono di acquisire il modo in cui si fanno le cose e di come si usano gli oggetti 174.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 169 Ivi, pp. 23-25.! 170!

Giovanni Freddi, è stati uno dei padri della ricerca italiana nel campo dell'educazione linguistica e docente di didattica delle lingue moderne a Ca' Foscari dal 1969 al 1994. Fu promotore di progetti di ricerca e sperimentazione, convinto assertore dell'autonomia epistemologica della "Glottodidattica" nell'ambito delle scienze del linguaggio. 171 G. Freddi, Glottodidattica. Fondamenti, metodi e tecniche, UTET, Milano, 1994, p. 87. 172 Ibidem. 173 F. Fabbro, Manuale di neuropsichiatria infantile. Una prospettiva psicoeducativa, Carocci, Roma, 2012, p. 189. 174 E. Tulving, Episodic memory: From mind to brain, Annual Review of Psychology, Annual Reviews, Palo Alto, California, n. 53, 2002, pp. 1-23 .

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L’apprendimento, perciò, risulterà naturale, di alto livello e stabile. In età scolare, la seconda lingua inizierà ad occupare nel cervello aree differenti e più estese, che richiederanno un maggiore sforzo per essere attivate, e porteranno ad una competenza linguistica meno attenta e più artificiale175. Come sostiene il Maestro Suzuki, è preferibile imparare a suonare uno strumento prima di saper leggere, perché questo permette al bambino di interiorizzare la pratica musicale in modo naturale176. Howard Gardner177, psicologo americano, sostiene che l’educazione debba tener conto di alcuni aspetti che egli definisce intelligenze multiple178: a. Le esperienze che accadono nei primissimi anni di vita agiscono un ruolo chiave nell’apprendimento. b. Tutti posseggono delle potenzialità. Esse, però, devono essere sviluppate ed utilizzate attivamente. Se ciò non avviene, si rischia la perdita o l’atrofizzazione delle connessioni preposte a tali scopi. c. Un cervello allenato a risolvere attivamente i problemi è più facilitato all’apprendimento. Al contrario, se le esperienze vengono vissute in modo passivo, la comprensione risulterà più labile e transitoria. d. Esiste una connessione documentata tra abilità musicali e competenze spaziali. Perciò la possibilità di suonare uno strumento fin da piccoli avrebbe ricadute positive su altre competenze. e. La plasticità neuronale diminuisce con il passare del tempo. Gardner sostiene che bambini di due mesi siano già in grado di imitare la tonalità ed il profilo melodico delle canzoni della madre, e a quattro mesi possono !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 175

Fabbro, Manuale di neuropsichiatria infantile. Una prospettiva psicoeducativa, Carocci, Roma, 2012, p. 189. 176 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, p. 89. 177 Howard Gardner è uno psicologo e docente statunitense di origine ebraica. Professore presso la Harvard University nel Massachusetts, ha acquisito celebrità nella comunità scientifica grazie alla sua teoria sulle intelligenze multiple. 178 H. Gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralità della intelligenza, Feltrinelli, Milano, 2013, p. 279.

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51


anche accompagnarne la struttura ritmica179. Da una ricerca condotta da Gardner in merito all'insegnamento musicale tradizionale in Africa, emerge che nella società degli Anang180della Nigeria, i bambini di appena una settimana vengono avvicinati alla musica e alla danza dalle madri, e quando raggiungono i due anni di età, si uniscono a gruppi in cui imparano a cantare, ballare e suonare. A soli cinque anni, i piccoli Anang sanno cantare centinaia di canzoni, suonare diversi strumenti a percussione ed eseguire complicati passi di danza181. Lo psicologo sostiene che l’intelligenza musicale, oltre a favorire la memoria a lungo termine, influisce sullo sviluppo emotivo, spirituale e culturale, più di altre intelligenze. La musica, inoltre, aumenta la creatività, migliora l’autostima dell’individuo e permette lo sviluppo delle abilità relazionali, percettive, motorie e psicomotorie182.

3.4

L’intelligenza musicale

“Siamo fatti di musica183”, afferma lo psicologo e neuroscienziato statunitense Daniel J. Levitin, nel suo saggio dal titolo omonimo e l’essere umano è fatto per rispondere alla musica. I rapporti tra musica e cervello sono stati oggetto di studio da parte di numerosi scienziati nell’ambito delle neuroscienze. Tali ricerche, indicano come l’ascoltare e il praticare l’arte del suono incidano, significativamente, sulle modalità adottate dal cervello mentre apprende e lavora184.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 179

Ibidem. Anang è un gruppo etnico che abita la provincia nigeriana di Calabar situata a sud del fiume Croce, nella regione della foresta tropicale. 181 H. Gardner, Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Erickson, Trento, 2005, p. 77. 182 D. Campbell, L’Effetto Mozart: curarsi con la musica, Baldini & Castoldi, Milano, 1999. 183 D. J. Levitin, Fatti di musica. La scienza di un’ossessione umana, Codice Edizioni, Torino 2008, p.134. 184 Ibidem. 180

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52


Robert J. Zatorre, professore di neuroscienze cognitive della Montreal Neurological Institute, sottolinea che: La musica è pane per le neuroscienze […] Essa tocca quasi ogni abilità cognitiva a cui i neuroscienziati sono interessati: non solo gli ovvi sistemi uditivi e motori coinvolti nella percezione e nella produzione musicale, ma anche le interazioni multisensoriali, la memoria, l’apprendimento, l’attenzione, la progettualità, la creatività e le emozioni185.

Levitin e Zatorre, che lavorano presso il BRAMS, International Laboratory for Brain Music and Sound Research della McGill University di Montreal (il più importante istituto di ricerca sul rapporto musica e cervello), attraverso i loro studi, hanno dimostrato che la musica stimola un numero di parti del cervello superiore a qualunque altra attività umana. La musica permette di accedere ad una più profonda comprensione dei processi connessi con la cognizione umana186. Howard Gardner sostiene che l’intelligenza musicale ha una “competenza intellettuale autonoma”, con una specifica localizzazione neurologica distinta da quella del linguaggio e con un rapporto di indipendenza dagli oggetti fisici del mondo187. Daniel J. Levitin, afferma che: … l’ascolto della musica coinvolge parte delle strutture sottocorticali, come per esempio il cervelletto, i cui circuiti sono preposti alla sincronia e al ritmo e l’amigdala, sede dell’elaborazione corticale delle emozioni188.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 185

I. Peretz, Zatorre R. J., The Cognitive Neuroscience of Music. Oxford University Press, UK, 2003. D. J. Levitin, Fatti di musica. La scienza di un’ossessione umana, Codice Edizioni, Torino 2008, p. 135. 187 H. Gardner, Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Erickson, Trento, 2005, p. 107. 188 D. J. Levitin, Le radici della musica: E’ solo un’illusione, Psicologia Contemporanea, Giunti Editore, Firenze, novembre-dicembre 2008, pp. 20-24. 186

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53


Il riconoscimento di una musica nota o familiare viene svolto invece dall’ippocampo, il centro della memoria, e dalla corteccia frontale inferiore. L’esecuzione della musica richiede, invece, l’intervento di una parte dei lobi frontali per quel che riguarda la fase dell’intenzionalità e della corteccia sensoriale per quel che riguarda il feedback tattile189. Per quel che concerne l’ascolto ed il ricordo di testi musicali, un ruolo importante viene rivestito dalle aree di Broca190 e Wernicke191 e da altri centri del linguaggio, situati nei lobi temporali e frontali. La lettura della musica chiama in causa, invece, la corteccia visiva del lobo occipitale, situato nella parte posteriore del cervello192.

3.4.1. La formazione musicale e le funzioni cerebrali La studiosa Nicoletta Beschin, riporta uno studio condotto da un gruppo di ricercatori internazionali, basato sulla somministrazione di un questionario on line a 600 musicisti ed altrettanti non musicisti. In esso, emergono due modalità di pensiero differenti 193. I professionisti tendono a utilizzare modalità di pensiero musicale strutturate e sistematiche, sono per cui portati a focalizzare la loro attenzione sui singoli strumenti e sulle componenti vocali ivi presenti. I non professionisti, invece, pongono maggiore attenzione alla parte emotiva della musica e, pertanto, sono condizionati a usare una modalità di pensiero e di ascolto empatica, intuitiva e meno analitica194. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 189

Ibidem. L’area di Broca è una parte dell'emisfero dominante del cervello, la cui funzione è coinvolta nell'elaborazione del linguaggio. 191 !L'area di Wernicke è una parte del lobo temporale del cervello le cui funzioni sono coinvolte nella comprensione del linguaggio. 192! D. J. Levitin, Le radici della musica: E’ solo un’illusione, Giunti Editore, Firenze, novembredicembre 2008, pp. 20-24. 193 N. Beschin, Musicisti: altro che sensibili! Psicologia Contemporanea, Giunti Editore, Firenze, luglio-agosto 2010, p. 52. 194 Ibidem. 190

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54


Sul piano neurologico, queste due differenti modalità di elaborazione della musica, indicano un differente uso dei due emisferi cerebrali: nel primo caso prevale l’attivazione dell’emisfero sinistro, nel secondo, l’attivazione del destro. La formazione musicale andrebbe dunque a incrementare il ruolo dell’emisfero sinistro su quello destro nell’interpretazione, esecuzione o semplice ascolto della musica195. Interessanti sono le considerazioni seguenti di Gardner: …quanto migliore è la formazione musicale dell’individuo, tanto maggiore è la probabilità che egli attinga almeno in parte ai meccanismi dell’emisfero sinistro nella risoluzione di un compito che il principiante affronta primariamente attraverso l’uso di meccanismi dell’emisfero destro”, questo perché, continua: “musicisti esperti possono essere in grado di usare classificazioni linguistiche formali come semplice ausilio, mentre soggetti dalla preparazione insufficiente sono costretti a ricadere in capacità di elaborazione puramente intuitive196.

3.4.2. La funzione dell’emisfero destro del cervello: emozioni e patologie Quando il nostro orecchio riceve delle stimolazioni da parte della musica, l’emisfero destro del cervello coinvolge la dimensione emotiva ed esistenziale dell’essere umano197. Dagli studi di Zatorre, si evince che la musica possiede la medesima capacità di stimolazione del cibo, delle droghe e del sesso, sui sistemi neuronali; è inoltre in grado di lenire l’ansia, grazie all’inibizione da essa operata sulle strutture del sistema nervoso centrale e di determinare la capacità di attenzione per mezzo dell’attivazione di altre strutture del medesimo sistema198.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 195

Ibidem. H. Gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralità della intelligenza, Feltrinelli, Milano, 2013, p.185. 197 D. Patel Aniruddh, La musica, il linguaggio e il cervello, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2014, p. 81.! 198 I. Peretz, R. J. Zatorre, The Cognitive Neuroscience of Music. Oxford University Press, UK, 2003. ! 196

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55


La capacità di agire sulle emozioni delle persone è stata utilizzata in ambito terapeutico per curare alcune malattie di tipo psicologico, come la depressione o l’ansia, e malattie neurogenerative come il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson o malattie terminali199. L’ascolto di una musica ricca di armonici e ripetitiva consente per esempio alle persone di rilassarsi, allontanando tensioni mentali e psicologiche200. Il canto è risultato essere benefico sui pazienti affetti da demenza senile, come spiegato dalla dottoressa Lucia Jandolo: Se l’infermiere, nell’aiutare il paziente con demenza a lavarsi e a vestirsi comincia a cantare, stimolando il paziente stesso a fare altrettanto, le tensioni si allentano, le emozioni positive aumentano e il paziente acquisisce un maggiore controllo dei propri movimenti e della propria postura, oltre ad ottenere un miglioramento della propria competenza ed espressività verbale201.

Simile attività, costituendo per la persona malata uno strumento per comunicare liberamente le proprie emozioni, va ad attivare in lei un processo psicologico di rielaborazione dei propri traumi e delle proprie esperienze negative202. Risulta avere dunque un effetto terapeutico in malattie depressive, ma anche gravi come un cancro avanzato203.

3.5

L’importanza dell’interazione nell’apprendimento

Come dichiarato da Vygotskij: ”diventiamo noi stessi attraverso gli altri204”. Conosciamo gli altri attraverso la socializzazione primaria, in cui il bambino impara !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 199 !Riferimento al sito Psicolab: <http://www.psicolab.net/2011/intelligenze-multiple-gardner/>.! 200 ! G. Manarola, Manuale di musicoterapia. Teoria, metodo e applicazioni della musicoterapia, Cosmopolis, 2006, p.385.! 201

L. Jandolo, Musica per il cervello, Psicologia Contemporanea, Giunti Editore, Firenze, gennaiofebbraio 2010, pp. 24-29. 202 Ibidem. 203 Ibidem.! 204 L.S. Vygotskij, Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori e altri scritti, Giunti Editore, Fi renze, 1990, p. 200.

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a conoscere l'altro e come l'altro lo interpreta, e in tal modo apprende a conoscersi. Perciò il linguaggio, importante mezzo di interazione con gli altri, è anche uno strumento di comunicazione fra l'uomo e se stesso. Da qui l'importanza di quella che Vygotskij chiama relazione tutoriale, che incoraggia lo sviluppo205. La differenza fra i problemi che il soggetto è in grado di risolvere in modo autonomo, è chiamata area dello sviluppo prossimale o potenziale206. L’apprendimento è possibile per l’esistenza dell’intersoggettività. Si cresce attraverso relazioni significative, una sorta di grande contenitore, in cui gli stimoli culturali costituiscono una specie di impalcatura, quella che gli psicologi definiscono scaffolding207. Si tratta di un’impalcatura temporanea che sostiene operai e materiali coinvolti nella costruzione di un qualunque edificio; allo stesso modo, genitori, insegnanti, educatori, sostengono, provvisoriamente, le abilità emergenti di un bambino, il quale costruisce così, attivamente, la nuova conoscenza e le nuove abilità208. Secondo il pensiero del ricercatore, infatti, l’apprendimento dei bambini, è un naturale sottoprodotto della loro partecipazione al pensiero collettivo, non un’idea esterna che si infiltra nella mente. Le esperienze all’interno di una relazione ben condotta forniscono opportunità per imparare ad assumere la prospettiva dell’altro e a risolvere i conflitti. Il bambino è un essere attivo, intrinsecamente sociale, il suo agire si verifica nel contesto delle azioni altrui, ogni attività comunitaria interiorizzata e trasformata cognitivamente, viene portata dal piano interpersonale a quello intrapersonale. Il genitore segue e precede lo sviluppo del figlio come l’educatore si relaziona al discente, in modo corrispondente ai livelli di sviluppo e maturità che, nel tempo, manifesta, dal punto di vista di una crescita potenziale209.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 205

Ibidem. C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, pp. 29-30. 207 Il termine scaffolding (impalcatura o ponteggio) viene utilizzato in psicologia e pedagogia per indicare l'aiuto dato da una persona ad un'altra per svolgere un compito. 208 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, pp. 28-29. 209 Ibidem. 206

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57


Vygotskij

dà,

quindi,

importanza

all'interazione

nel

processo

di

apprendimento, che diventa un elemento strutturante di azione mediata finalizzata alla crescita nella relazione e legata allo sviluppo emotivo210. È infatti nell’interazione che il pensiero può divenire autonomo.

3.6

Il ruolo della famiglia e l’accompagnamento

La famiglia è per ogni bambino il punto di riferimento all'interno del quale sperimentare il proprio sviluppo. Le dinamiche famigliari sono fondamentali per la formazione del fanciullo: ma l’iperprotezione genitoriale può limitare l'autonomia e la fantasia del ragazzo, rendendolo dipendente o, altrimenti, rafforzarne l'aggressività. Se si vuole fare emergere il proprio figlio, è necessario, dunque, evitare di sottovalutarlo continuamente. Il ragazzo sottovalutato e svilito, difficilmente riuscirà ad emergere211. Chiunque, non apprezzato abbastanza, non motivato e non stimolato, potrebbe correre il rischio di convincersi di non essere in grado di portare a termine differenti compiti e questo lo porterebbe a non riuscire più a compierli: dando inizio a un circolo vizioso. Queste dinamiche sono presenti in ogni nucleo famigliare, problematico e no. Spesso, imprudentemente, il genitore non incentiva il proprio figlio perché non lo ritiene fondamentale. Per questo è fondamentale che ogni bambino, a livello emotivo ed affettivo, percepisca la vicinanza di mamma e papà, e il loro coinvolgimento allo sviluppo della propria crescita. Deve percepire che i propri genitori hanno fiducia nella sua capacità di costruirsi il futuro212. Comunicare queste certezze, anche attraverso modalità non verbali, potrebbe evitare percorsi esistenziali disagiati e problematici213. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 210

Ivi, pp. 57-58. S. Porcelluzzi, Famiglia, scuola e società nella crescita della persona, Elledici, Torino, 2008, p. 77. 212 E. Scabini, G. Rossi, La ricchezza delle famiglie. Studi Interdisciplinari sulla Famiglia n. 24. Milano: Vita e Pensiero, 2010. 213 Ibidem.! 211

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58


Ricerche effettuate su bambini con ritardi mentali di grado lieve-medio hanno evidenziato che i migliori risultati in alcune attività, quasi alla pari con i normodotati, avvenivano quando la famiglia incoraggiava tali performance. Quando la famiglia sminuiva ogni successo, non credendolo possibile, lo sviluppo cognitivo si bloccava, tali ragazzi addirittura regredivano quando non erano supportati dalla fiducia dei famigliari nelle loro potenzialità214. Tali automatismi interessano tutti gli individui e non soltanto coloro che possiedono difficoltà cognitive. In riferimento al valore della genitorialità e della compartecipazione educativa, Suzuki comunica la sua filosofia di vita, che abbraccia lo sviluppo complessivo del bambino, dichiarando che:

Insegnare musica è il mio scopo principale. Desidero creare buoni cittadini ed esseri umani nobili. Se un bambino ascolta musica fin dalla nascita ed impara a suonare, egli svilupperà sensibilità, disciplina e tenacia. Ed avrà un grande cuore215.

3.6.1 Il valore genitoriale Per raggiungere tale scopo, il bambino dovrà essere accompagnato nel suo percorso di crescita musicale, sia dall’insegnante che dai suoi genitori. Il Maestro Suzuki afferma che la ripetizione e l’esercizio, sono principi indispensabili al raggiungimento dell’obiettivo, ma perché tali elementi siano costanti, è importante che essi vengano esercitati anche nell’ambiente quotidiano del piccolo, ovvero, a casa, con mamma e papà che diventeranno per lui insegnanti e modelli a cui ispirarsi, costituendo una didattica familiare che vada oltre la semplice ora di lezione, tipica della maggioranza dei metodi tradizionali utilizzati ancora oggi.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 214 215

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L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 137. S. Suzuki, Crescere con la musica, Volontè & Co., Milano, 2010.

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In questo modo, sia l’insegnante che i genitori trasmetteranno al bambino l’importanza della costanza, della pazienza e della disciplina, attraverso cui parteciperanno a farne una persona matura, consapevole, equilibrata ed interessata agli altri216. La musica, secondo Suzuki, può cambiare la vita delle persone e in particolare dei bambini, insegnando loro come progettare un futuro migliore e rendendoli essere umani più ricchi, curiosi e aperti alla vita217. Il genitore, quindi, costituisce il terzo elemento fondamentale di questo efficace triangolo formato insieme al bambino e all'insegnante. Il ruolo dei genitori è fondamentale, sia nel campo educativo che didattico. I genitori sono i primi insegnanti dei propri figli. È assodato che i bambini apprendono molto di più dall'esperienza diretta e vissuta all'interno della famiglia, che offre un'istruzione formale che viene dall'esterno e questo rafforza il legame affettivo all’interno del nucleo familiare, favorendo il consolidamento del rapporto con i figli, spesso lasciato in secondo piano rispetto alle diverse esigenze della vita: un buon genitore educa tutti i giorni e non delega mai ad altri questo importante compito218.

3.6.2 Si fa insieme e si cresce insieme Come sostengono Camaioni e di Blasio: […] i genitori sono i primi insegnanti […] e di solito anche gli unici di qualche importanza. Se si considera che, durante i primi 5 anni di vita il bambino acquisisce approssimativamente il 90% di tutto suo bagaglio culturale, l'importanza della qualità dell’insegnamento parentale diventa subito chiara219.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 216 !D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, pp. 64-65.! 217 Ibidem.! 218 219

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L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002.! T. Gordon, Insegnanti efficaci, Giunti Editore, Firenze, 2013, p. 75.

60


Infatti, nel processo educativo, il maestro rappresenta l'elemento tecnico, mentre è il genitore che trasforma, giorno dopo giorno, questa tecnica in didattica: il maestro è “insegnante a scuola” una volta alla settimana, il genitore è “insegnante a casa” tutti i giorni220. Affinché il bambino possa raggiungere l’autonomia, è importante che tra il maestro e il genitore si stabilisca una collaborazione continua e di fiducia. Sarà compito dell’insegnante educare il genitore fornendogli le indicazioni tecniche dei brani suonati a lezione e consigliare la condotta da tenere a casa durante lo studio del proprio bambino. E’ ovvio che, seguire il proprio bambino nello studio, richiede costanza, sacrificio e impegno. Per alcuni genitori, cantare o compiere gli esercizi con il proprio figlio può risultare difficile, a volte a causa di imbarazzo nell’esibirsi davanti a estranei o perché non credono completamente in ciò che stanno facendo. Se il bambino percepisce il disagio del genitore, mostrerà conseguentemente “vergogna” nell’eseguire il compito e questa situazione può comportare il fallimento del percorso. Ma il fallimento è attribuibile solo al genitore221. E’ necessario, dunque, che questo non avvenga e che il genitore creda, effettivamente, nella scelta fatta: in particolare, egli non dovrà sentirsi obbligato dalla tendenza del momento o dall'immagine nella società. Se così fosse, è meglio che non intraprenda questo percorso in quanto, per suo figlio, non potrà essere un buon insegnante.

3.6.3 L’impegno dei genitori Lo sviluppo dell’autonomia del bambino rappresenta, dunque, un obiettivo inscindibile dal processo educativo. Il genitore che intende accompagnare il proprio figlio nello sviluppo della sua intelligenza emotiva, deve essere consapevole che la

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 220

S. Suzuki, Crescere con la musica, Volontè & Co., Milano, 2010.

!Ibidem.!

221

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strada è lunga e tortuosa e richiede rinunce, come quelle degli spazi dedicati al relax, alle vacanze e a volte, anche al lavoro222. Affinché l’autonomia del bambino venga raggiunta, si richiede la fondamentale presenza del genitore: costante e coerente. Questo non significa sostituirsi a lui, anzi, la presenza del genitore deve essere vissuta come una base stabile, ma non vincolante: il bambino deve essere sicuro che mamma e papà ci sono sempre e sono pronti a intervenire in caso di necessità223. I figli osservano e interiorizzano l’esempio offerto dai genitori. Se il genitore affronta con energia i conflitti e le difficoltà, anche i figli assimileranno lo stesso modello, la loro fiducia interiore, le loro modalità di approccio alle difficoltà e la capacità di affrontare la gestione dei problemi, di riconoscere ed elaborare i vissuti spiacevoli e le delusioni224. È solo attraverso l'interazione con i genitori e gli adulti che il fanciullo riesce a dare un senso alla realtà esterna.

3.6.4 L’insegnante del metodo e il genitore educatore Il metodo Suzuki è, innanzitutto, un percorso pedagogico e il bambino è il protagonista assoluto, con la sua personalità, il suo carattere e i suoi gusti. Ma attorno al bambino ruotano altre due figure determinanti: il genitore e l'insegnante. Anch'essi con la propria identità culturale e musicale, partecipano a stabilire una triplice relazione: genitore/bambino, genitore/insegnante e insegnante/bambino. In questo rapporto a tre, ogni elemento partecipa secondo il proprio essere, mettendo in gioco le caratteristiche specifiche e la sensibilità del proprio io, ognuno secondo la propria identità: l'insegnante, attingendo alla propria identità musicale, si porrà al bambino in modo diverso da quello del genitore, il cui rapporto, oltre a includere la propria identità culturale, implicherà anche momenti emotivi ed esperienze di altro tipo. Si tratta di un cammino a tre, nel pieno rispetto reciproco !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 222

L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 176. Ibidem. 224 S. Vegetti Finzi, A.M. Battistin, I bambini sono cambiati, Mondadori, Milano, 1997, p. 56. 223

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delle risorse individuali, sfruttando gli elementi di riconoscimento comuni e gli elementi di separazione, quelli che distinguono e caratterizzano. Nel trasmettere le competenze, entra in gioco la personalità del soggetto educante nella sua completezza, perché, insieme alle conoscenze, egli trasmette una parte di sé, di emozioni, di carattere, di gusti e valori. Per questo è importante che il primo e principale educatore del bambino sia il genitore: il genitore che conosce il proprio figlio, perché è sempre in relazione con lui. Educando, trasmette al bambino tutto quello che lui è, ovvero: la propria identità. Se il genitore dispone il suo impegno in modo continuo, il processo educativo porterà al successo; altrimenti, se il genitore non assolve a questo compito, il risultato non potrà che essere mediocre. Per l'evoluzione dell'uomo e il progresso della cultura, ogni genitore dovrebbe impegnarsi affinché il proprio figlio li raggiunga. Quando il genitore-educatore o l'insegnante entrano in relazione con il bambino, tra i due soggetti si stabilisce un rapporto biunivoco cioè, mentre insegnano si coinvolgono imparando. Il processo biunivoco di insegnamento/apprendimento, come ogni relazione, porta a cambiamenti del comportamento in entrambe le parti, permettendo una maturazione e un arricchimento: il genitore insegna al bambino, ma anche viceversa, e il genitore deve essere pronto e aperto ad accettare gli insegnamenti del proprio figlio.

3.7

Genitori e figli nella storia della musica

Nel passato, così come nel presente, i bambini che hanno iniziato molto presto a suonare e a leggere grazie a genitori e a un ambiente stimolante, sono poi diventati degli adulti d'intelligenza superiore e di straordinarie abilità tecniche e artistiche. Lo confermano alcuni esempi tratti dalla storia della musica.

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Primo fra tutti, Leopold225, il padre di Wolfgang Amadeus Mozart226! che, attraverso la propria influenza, permise alla primogenita, Nannerl227, di divenire un'ottima pianista e a Wolfgang di sviluppare un grande talento grazie ad una educazione basata sulla musica e volta alla musica. Allo stesso modo, il padre di Franz Schubert228 influenzò il figlio. Egli era maestro di scuola e, come tutti gli insegnanti dell'impero asburgico, insegnava anche musica: è stato lui ad impartire le prime lezioni al piccolo Franz. Anche Robert Schumann229 si appassionò alla musica ascoltando la madre che dava lezioni di pianoforte e, anche se poi studiò giurisprudenza, non abbandonò mai questa disciplina e tradusse la sua creatività e la sua personalità artistica, più nella composizione che nell'esecuzione. Franz Liszt230iniziò precocissimo lo studio del pianoforte con il padre Adam: all'età di undici anni si trasferì con la famiglia a Vienna, dove continuò gli studi di composizione con Salieri e di pianoforte con Czerny. Un'altra famiglia di musicisti, da diverse generazioni, era quella di Lorenzo Perosi e fu proprio il padre Giuseppe, maestro di cappella del duomo di Tortona, a infondere la passione per la musica, a lui e agli altri cinque figli. Il talento pianistico, invece, di Claudio Arrau231, nacque quasi per caso, ma crebbe, poi, grazie alla grande volontà della madre. Fin da bambino visse in un ambiente familiare in cui la musica e il pianoforte erano presenti ovunque.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 225

Johann Georg Leopold Mozart (1719-1787), padre di Wolfgang Amadeus Mozart e di Maria Anna Mozart, è stato un compositore e violinista tedesco.! 226 !Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) è stato un compositore, pianista e violinista austriaco, a cui è riconosciuta la creazione di opere musicali di straordinario valore artistico. Mozart è annoverato tra i più grandi geni della storia della musica, dotato di raro e precoce talento. 227 ! Maria Anna Walburga Ignatia Mozart (1751 –1829), sorella maggiore di Wolfgang Amadeus Mozart è stata una pianista austriaca. In famiglia la chiamavano "Nannerl" ("Nannina" o "Nannarella") e con questo vezzeggiativo è passata alla storia. 228 Franz Schubert (1797-1828) è stato un compositore e pianista austriaco di musica classico romantica.! 229 Robert Alexander Schumann (1810-1856) è stato un compositore, pianista e critico musicale tedesco. Fu uno dei più famosi compositori della musica romantica e svolse un'importante attività anche come critico musicale.! 230 Franz Liszt (1811-1886) è stato un compositore, pianista, direttore d'orchestra e organista ungherese.! 231 ! Claudio Arrau (1903-1991) è stato un pianista cileno allievo del maestro Martin Krause. È considerato uno dei maggiori interpreti del XX secolo.!

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Sempre tra le mura di casa, in un ambiente caratterizzato da un vivo interesse per la musica, il piccolo Arturo Benedetti Michelangeli232 iniziò a studiare il pianoforte all’età di tre anni con il padre Giuseppe, avvocato e diplomato in composizione e pianoforte. Alla stessa età si avvicinò alla musica anche un altro grande pianista: Arthur Rubinstein233. Grazie al felice acquisto dei genitori di un pianoforte per il salotto di casa, gli fu permesso di giocare con la tastiera in modo divertente: imparò a suonare con grande abilità lo strumento senza conoscere alcun elemento di teoria o notazione musicale. Il padre di Uto Ughi234, avvocato e appassionato di musica, avviò il piccolo allo studio della musica e delle tecniche violinistiche all'età di cinque anni, permettendogli così di debuttare al Teatro Lirico di Milano a soli sette anni. Bisogna tenere conto che solo attraverso l'attenzione, la sensibilità e la determinazione che il genitore dedica al proprio figlio è possibile raggiungere i risultati succitati. Un tempo si avvicinavano alla musica solo i figli di musicisti che, precocemente, imparavano a suonare senza avere nozioni di teoria musicale mentre, gli altri bambini, seguivano un percorso più tradizionale, che iniziava in età scolare e faceva precedere alla pratica strumentale le conoscenze teoriche. Negli ultimi anni, alla luce dei recenti studi di pedagogia e di didattica e grazie alla sensibilità delle famiglie, si è capita l'importanza di avvicinare i bambini alla musica molto presto, seguendo le metodologie basate sul rispetto della personalità del bambino. 3.8

La lezione musicale e la relazione tra bambino e genitore

La lezione, a scuola, rappresenta per il bambino un appuntamento importante: la scuola è il luogo e il momento in cui egli interagisce con il gruppo e attraverso l'ascolto e l'osservazione dei coetanei, acquisisce e interiorizza nozioni e abilità. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 232 ! Arturo Benedetti Michelangeli (1920-1995) è stato un pianista italiano. È considerato uno dei più grandi interpreti di pianoforte del XX secolo. 233 !Arthur Rubinstein (1887-1982) è stato un pianista polacco. 234 Uto Ughi è un violinista italiano.!

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La presenza e la partecipazione attiva del genitore a lezione, permette di avviare fin da subito la relazione tra genitore e bambino, che dovrà poi essere ripresa e sviluppata a casa. Più è forte la sinergia, più il legame familiare aumenta e più il bambino eseguirà i “compiti” senza problemi, così che più in fretta si vedranno i risultati. Se il genitore non è convinto, questa sinergia viene meno e i bambini lo percepiranno subito, rifiutandosi di partecipare, collaborare e seguire una lezione a casa. Di seguito, vengono definiti i passaggi educativi che caratterizzano il metodo Suzuki secondo la musicista Elena Enrico, Presidente dell’Associazione Musical Garden235.

3.8.1 L’appello Il metodo Suzuki definisce l’appello come l’inizio della lezione, in cui si richiama l’attenzione degli alunni e dei loro genitori236. In questa prima fase del percorso, si ha il primo approccio al metodo: maestro, genitore e figlio si rendono disponibili a lavorare in gruppo. Il gruppo è fondamentale, perché il primo specchio per un bambino è proprio un altro bambino. Per il bambino, è normale che l’adulto (genitore o insegnante) sappia fare una cosa. Più importante è vedere come un altro bambino risolve un determinato esercizio (es. tenere dei legnetti). La ripetizione della melodia e la compartecipazione del genitore e del bambino, creano una ritualità che permette di acquisire l’idea del metodo di studio: il metodo della lingua madre. Come un bambino impara a parlare ascoltando, imitando e ripetendo le parole pronunciate da mamma e papà, nello stesso modo imparerà a cantare e a suonare imitando il proprio genitore237 e con lui a fianco, il bambino non avrà paura di ripetere all'infinito, perché consapevole che avrà tutto il sostegno di cui abbisognerà. Genitore e figlio insieme, acquisiscono il metodo di studio da utilizzare a casa. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 235

Riferimento al sito Musical Garden: <http://www.musicalgarden.it/musical-garden_ita/contatti. Html>. 236 E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, p.31. 237 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, p 23.!

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3.8.2 Il tuffo In ogni lezione viene proposta la canzoncina per l’apprendimento della cadenza attraverso le scale, gli arpeggi, gli intervalli e le funzioni tonali238. Attraverso lo studio e l'esecuzione delle scale e degli arpeggi, il bambino affronta l'idea della salita e della discesa, dell'andata e del ritorno, l'idea cioè che anche se ci si allontana dal punto di partenza, poi ci si ritorna: nella crescita del bambino, sicurezza e stabilità sono due elementi fondamentali. Anche se, all'inizio, il cambiamento del punto di partenza può essere disorientante, soprattutto quando il bambino ha ripetuto le scale insieme all'insegnante, grazie al genitore ristabilisce la sua tranquillità emotiva. Con l'esercizio delle scale e degli arpeggi, il bambino sviluppa e affina l'intonazione che contribuisce alla formazione dell'orecchio assoluto.

3.8.3 I ritmi I ritmi sono proposti in successione, uno per lezione, con formula imitativa239. Attraverso l’uso degli strumenti messi a disposizione ai bambini, si iniziano a studiare i ritmi. In questa fase, la collaborazione e la complicità del genitore è fondamentale: giocare e familiarizzare con i ritmi, unitamente al proprio genitore, consente al discente di acquisire ciò che si andrà a eseguire con lo strumento. Compiere correttamente l’esercizio, riuscendo a coordinare ritmo, canto e gestualità, permette al bambino di sentirsi orgoglioso e gratificato, perché potenzia la fiducia personale240.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 238 !E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, p.31.! 239 !Ibidem.! 240

E. E. Gordon, L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare, Curci, Milano, 2003.!

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3.8.4 Le canzoni di repertorio Secondo Marinangeli: Cantare, specie in coro, aiuta il senso di comunione e di accordo con gli altri. Questo procura il grandissimo piacere […] di vivere in un intrecciarsi amoroso di voci maschili e femminili che collaborano insieme a produrre bellezza241.

Le canzoni di repertorio sono accompagnate da elementi coreografici, perché è attraverso il movimento che il bambino sviluppa il proprio intelletto242. Edwin E. Gordon, docente nel campo dell'educazione musicale, afferma che non si può essere musicali se non c’è movimento e solo una corretta coordinazione del respiro al movimento e al flusso muscolare del corpo, permettono di concepire e comprendere internamente il tempo e il ritmo. Per essere musicali, sostiene il ricercatore, è necessario essere capaci di accogliere in sé un movimento rilassato a flusso continuo, nella convinzione che il cervello non possa percepire il ritmo, fintanto che il corpo non glielo trasmette: “Il corpo sa prima che il cervello conosce”243. Gordon ritiene che il bambino dovrebbe imparare la musica secondo gli stessi processi e gli stessi tempi di apprendimento del linguaggio. Egli, quindi, prima deve avere la possibilità di ascoltare, comprendere, assorbire e interiorizzare i diversi ritmi e solo dopo aver imparato ad imitare le proposte musicali, sarà pronto per imparare a coordinare le proprie risposte musicali e il proprio canto al respiro e al movimento, esattamente come sostenuto dal Maestro Suzuki, Ecco perché genitori e insegnanti devono eseguire, per e con il bambino, canzoni e canti ritmici accompagnati dal movimento244.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 241 ! L. Marinangeli, Parlare con Pinocchio. Come comunicare con i bambini perché crescano sereni, Bompiani, Milano, 2003. 242 E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, pp.31-32. 243 ! E. E. Gordon, L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare, Curci, Milano, 2003.! 244 Ivi, p. 53.

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3.8.5 !La manualità della canzone Gli esercizi di manualità hanno il compito di sviluppare la capacità motoria fine e specifica per lo studio strumentale. Generalmente, è questo il compito in cui i bambini incontrano maggior difficoltà, in quanto, non riescono a ottenere subito un risultato soddisfacente e quindi non si sentono gratificati e si stancano. Per questa ragione, a casa, l’allievo tende a rifiutarli preferendo le attività di canto, danza o i semplici ritmi245. Per addolcire la “pillola” al bambino, si propongono le “Canzoni per fare246”che, grazie alla melodia invitante, alla gestualità allegra e alle parole che coadiuvano i movimenti, permettono al bambino di allenarsi senza annoiarsi. L’esercitazione manuale, fondamentale per lo studio dello strumento, richiede un ulteriore impegno da parte del genitore, sia a lezione che a casa: egli dovrà essere un modello per il suo bambino, capace di trovare un equilibrio tra rigore e dolcezza, tra fermezza e condiscendenza, sperimentando via via i tempi di attenzione del suo bambino per saper operare in modo corretto lo studio strumentale247. Anche la fantasia può diventare un alleato prezioso per il genitore, in quanto gli permette di riproporre gli esercizi a casa in modo diverso. Per esempio, se il bambino deve svolgere un esercizio con una pallina, durante il momento del pranzo lo si può fare con un mandarino. In questo modo il bambino esegue l’esercizio in modo naturale e spontaneo, quasi senza accorgersi di farlo. Questo è molto importante perché va ad aumentare il bagaglio degli automatismi di cui il bambino abbisogna, non solo nella musica.

3.8.6 La filastrocca Le prime poesie che ho imparato erano le filastrocche all’asilo, e prima che io potessi leggerle per me stesso avevo imparato ad amare solo le loro parole, le sole parole. Quello che le parole volessero dire, simboleggiare o significare erano di secondaria

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E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, pp.31-32.! Ibidem.! 247 !Ibidem.! 245 246

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importanza- quello che importava era il loro suono speciale quando le ho sentite per la prima volta. E quelle parole erano, per me, come le note delle campane, il suono degli strumenti musicali, il rumore del vento, del mare, della pioggia....248” Dylan Thomas249!!

Le parole di Dylan Thomas rappresentano la conferma di ciò che Suzuki considera importante nella recita della filastrocca: fondamentale per lo sviluppo della memoria. La sua rappresentazione, richiede al piccolo un’attenzione particolare nell’articolare correttamente la parola e nell’acquisire una postura normale (contenendo i movimenti), sviluppando la capacità di ascolto durante l’esecuzione dei compagni250. Questa è una fase articolata e delicata per il bambino, il quale dovrà sostenere una esibizione e, quindi, concentrarsi sulla memoria, pensare al modo in cui eseguirà l’inchino e, cosa più difficile, affrontare un pubblico, fatto di mamma o papà, ma anche da compagni e loro famiglie251. La recita di una breve filastrocca facilita i rapporti interpersonali tra i compagni e ha un enorme effetto benefico sulla timidezza e sull’inibizione, accrescendo la consapevolezza di sé252. Per il bambino, infatti, è molto importante avere l’opportunità di affrontare da subito timidezza, inibizione e ansia da prestazione. Farlo in un gruppo in cui si è cresciuti insieme, dà un ambiente tutelato in cui il bambino si sente libero di esprimersi. Il genitore, quindi, dovrà sostenere psicologicamente il proprio figlio, con dolcezza e pazienza, senza sostituirsi a lui nel suggerirgli le parole della filastrocca stessa o impedendogli di far da sé e sperimentare la crescita. In tutto questo, i tempi dei bambini devono essere tenuti in considerazione e rispettati, così da evitare la rinuncia dovuta alla paura di sbagliare. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! E. E. Gordon, L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare, Curci, Milano, 2003. 249 ! Dylan Marlais Thomas (1914-1953) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo gallese. Nei suoi ricordi d’infanzia, v’è il padre che gli leggeva poesie già a due anni di età. 250 E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, p. 32.! 251! Ibidem.!! 252 Riferimento al sito Educazione & Scuola: <http://www.edscuola.it/archivio/ped/promuovendo_ unattivita_teatrale.htm>. 248

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3.8.7 Il saluto Il! saluto! è un atto comunicativo in cui si prende contatto con un altro individuo, segnalando la propria attenzione ed esprimendo al contempo il tipo di relazione tra sé e l'altro. Benché i saluti siano estremamente diversificati, in quanto strettamente legati alle singole culture, lingue e tradizioni, il fenomeno del saluto in sé è universale.!! Il saluto può comportare sia espressioni linguistiche sia manifestazioni corporee: spesso una combinazione delle due. Seguendo il metodo Suzuki, si assiste alla chiusura della lezione a scuola proprio attraverso un saluto importante che si accompagna a una breve melodia: il saluto vedrà l’allievo chinarsi come si fa alla fine di un concerto, così da onorare il “pubblico” ascoltatore e valorizzare l’impegno dell’esecutore stesso. Il lavoro continua a casa, dove il genitore, seguendo gli appunti scritti o registrati durante l'incontro a scuola, diventa “l'insegnante di tutti i giorni” 253.

3.9

La disciplina come gioco

Secondo Canciani e Sartori: […] il gioco è terreno privilegiato per trasmettere al bambino l’arte del pensare, in quanto, attraverso la trasformazione dei contenuti che il bambino esprime giocando, lo si introduce alla capacità di pensare, permettendogli così di mettere a punto il proprio apparato per farlo254.

Allo stesso modo, Friedrich Fröbel, pedagogista tedesco dell’800, asseriva che: l'infanzia corrisponde alla prima fase educativa del bambino (prima educazione), quando inizia a rappresentare spontaneamente l'interno nell'esterno255. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 253 !E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, p.32.! 254

D. Canciani, P. Sartori, Dire Fare Giocare. Il gioco come spazio di crescita. Come vi partecipano i genitori? Armando Editore, Roma, 1997, p. 45.! 255 !B. Colombo, TUTTO-Psicologia e pedagogia, De Agostini,!Novara, 2014, p. 209.!

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È attraverso il gioco che il bambino sperimenta se stesso, si ritrova e si conosce: giocando, il piccolo riesce a liberare la propria mente da contaminazioni esterne, quale può essere il giudizio altrui e ha la possibilità di scaricare la propria istintualità ed emotività. Costruire, scoprire e ripetere sempre le stesse cose, consente al piccolo di acquisire quella sicurezza che gli permetterà di crescere in serenità e di avere fiducia in se stesso: solo quando si sentirà sicuro in una cosa, la abbandonerà per passare a un'altra. Compito del genitore, o maestro, è di intervenire e guidare il bambino verso la precisione e la chiarezza. Tuttavia, la presenza del genitore durante l’apprendimento, attraverso il metodo Suzuki, deve essere “discreta”. È importante, infatti, che il bambino non comprenda, almeno inizialmente, che il genitore lo stia “educando”. Deve avere la sensazione che il genitore stia giocando con lui e che ha del tempo dedicato tutto per sé: è compito dell'adulto far sì che l’entusiasmo sfoci nella giusta direzione.

3.9.1 Gioco e ripetizione Non sapevo ancora che bisogna riprendere un brano centinaia di volte per poterlo suonare in una maniera più corretta, più elegante e più bella. Ma Klingler mi insegnò che cos’è la vera essenza dell’arte256.

S. Suzuki Il bambino abbisogna sempre di fare qualcosa, e magari ripeterla numerose volte senza mai staccarsi. Si pensi a quanto possa piacere al bambino sentirsi ripetere, tutte le sere, la stessa favola prima di addormentarsi e si osservi quanto, sia per lui, necessario riascoltarla sempre allo stesso modo: parola per parola. In questo modo, il bambino acquisisce e interiorizza una serie di conoscenze che lo formano e lo preparano a assimilarne sempre delle nuove. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 256

D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 38.!

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Ma se gioco e ripetizione sono i due elementi essenziali nel processo educativo del bimbo, allora, perché non trasferirli all’interno delle attività proposte? Il metodo di apprendimento pensato e adottato dal Maestro Suzuki si basa proprio su questo: ripetere le attività al fine di stimolare l'interesse del bambino. Affinché il bambino non si annoi, però, è necessario che gli esercizi siano proposti nel modo migliore. A tale proposito, Suzuki consiglia257che: 1. le attività proposte al bambino devono tenere conto sia del suo carattere che del momento della giornata; 2. non bisogna sforzare il bambino inutilmente, rischiando di opprimerlo, ma occorre comprendere quali siano i suoi interessi; 3. bisogna stimolare il bambino affinché non si annoi e cercare di alimentare in lui il desiderio di apprendere; 4. è necessario che non vi siano tensioni nel rapporto tra genitore e figlio quando ci si presta a fare l’attività, piuttosto, qualora comparissero, è meglio sospenderla e aspettare un momento migliore; 5. è bene gratificare il piccolo ogni volta che raggiunge un progresso e non inferire negativamente quando “sbaglia”: il bambino non deve dubitare delle proprie capacità e deve sempre avere fiducia in sé. E’ doveroso ricordare che i risultati migliori si ottengono in un ambiente sereno, tranquillo, gioioso, disponibile e pieno di entusiasmo.

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S. Suzuki, Crescere con la musica, Volontè & Co., Milano, 2010.!

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Capitolo IV Applicazione e esperienze

4.1

L’indagine metodologica

Il progetto di ricerca, finalizzato al lavoro di tesi, aveva come obiettivo quello di indagare come l’apprendimento in età prescolare, in campo musicale, potesse essere favorito attraverso “ripetizione” e “imitazione”, così come avviene per l’apprendimento della lingua madre. Dopo una prima revisione bibliografica, effettuata attraverso l’analisi di testi e tesi dedicate all’argomento, si è deciso di iniziare un percorso d’indagine qualitativa, esplorando, grazie all’intervista, la realtà dei vissuti di coloro, esperti del settore e genitori, insegnano e frequentano la scuola del metodo Suzuki. Il progetto, dunque, aveva l’intenzione di conoscere vantaggi e svantaggi dell’applicazione del metodo Suzuki. Al fine di raggiungere l’obiettivo, è stata effettuata una revisione sistematica della letteratura, stilato un disegno dello studio, scelto gli strumenti d’indagine e, infine, contattato e incontrato persone che vivono la realtà del metodo. Lo studio si è proposto di documentare informazioni relative alle esperienze, considerazioni, preoccupazioni e aspettative del vissuto genitoriale e professionale, attraverso il processo di accompagnamento al metodo e alla crescita del bambino, operando interviste semi-strutturate volte a un esperto del settore musicale, a un dirigente scolastico e a n. 5 genitori che hanno scelto di sperimentare il percorso metodologico con i propri figli. Lo studio è stato orientato ad una ricerca di carattere qualitativo e gli strumenti sono stati scelti studiando i modelli teorici a disposizione per questo tipo di indagine, nonché quelli più appropriati per il raggiungimento dello scopo. In particolare, è risultata idonea l’intervista, che è stata strutturata secondo domande costruite attraverso incontri con i relatori, essi stessi genitori di bambini che frequentano le lezioni presso una scuola di musica in una regione del nord Italia.

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L’intervista è stata registrata con l’ausilio di un registratore multidirezionale. Lo sbobinamento è stato effettuato in parte da software dedicato e in parte dal riascolto e dattilografia, con uso di programma per scrittura. Il campione degli intervistati è stato definito in base ad una miscela di convenienza e intenzionalità. La tecnica della intervista utilizzata, si è avvalsa del supporto teorico della Grounded Theory, ovvero una sistematica raccolta dei dati, che contiene sia una metodologia induttiva che deduttiva. Uno degli obiettivi di questa tecnica è formulare ipotesi sulla base di idee concettuali. Un altro obiettivo della Grounded Theory è scoprire la principale preoccupazione dei partecipanti e come cercare di risolverla258. Il metodo caratterizzante la teoria, non mira solo a scoprire la realtà del vissuto, ma a concettualizzare cosa sta succedendo tramite ricerca empirica. I risultati della GT non sono una segnalazione di probabilità statisticamente significativa, ma un insieme di istruzioni di probabilità circa la relazione tra i concetti e l’insieme integrato di ipotesi concettuali sviluppati a partire da dati empirici259. L’intervista semi-strutturata, utilizzata per effettuare l’indagine, ha previsto una griglia che riferisce gli argomenti che obbligatoriamente devono essere affrontati durante l’inchiesta. Essa è stata organizzata in un elenco di aspetti, attraverso una sequenza di domande prima di carattere generale e poi più specifici. Sebbene sia presente una traccia fissa e comune per tutti, la conduzione dell’intervista ha mutato la struttura sulla base delle risposte date dall’intervistato e sulla base della singola situazione. L’intervistatore, difatti, non può affrontare temi non previsti dalla traccia ma, a differenza di quanto accade nell’intervista strutturata, ha potuto sviluppare alcuni argomenti che sorgono spontaneamente, qualora ritenga che tali argomenti siano giovevoli alla comprensione del partecipante. E’ successo, ad esempio, che l’intervistato abbia anticipato alcune risposte e quindi l’intervistatore è stato costretto a cambiare l’ordine delle domande. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 258 259

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P. Corbetta, La ricerca sociale: metodologia e tecniche qualitative, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 27. M. Tarozzi, Cos'è la Grounded Theory, Carocci, Roma, 2008, p. 43.

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In sintesi, la griglia costituisce una sorta di confine entro cui l’intervistato e l’intervistatore hanno libertà di movimento consentendo a quest’ultimo di trattare ogni argomento necessario ai fini conoscitivi. Le procedure necessarie allo sviluppo della tesi hanno richiesto una definizione dei campi da sondare e le modalità per farlo. E’ stato necessario reperire il contatto per l’intervista e avvalersi della sua disponibilità, anche attraverso contatti a distanza, disponibili attraverso gli attuali software dedicati: Skype, telefonia mobile, e-mail, ma soprattutto attraverso l’incontro diretto. Attraverso le parole raccolte e il comportamento del soggetto intervistato nel sondaggio stesso, lo sbobinamento ha aiutato a interpretare fazioni ombreggiate e frasi importanti nella semplice rendicontazione dell’intervistatore, nel lungo processo di riascolto di quanto reperito. Tutto il resoconto del percorso, che ha comportato grande impegno di tempo, attenzione e concentrazione, rivela non solo una grande soddisfazione, quanto l’interesse accresciuto di un possibile prossimo approfondimento del tema.

4.2

Analisi di un contesto applicativo: l’associazione ImmaginArte

Al fine di analizzare un contesto operativo in cui il metodo Suzuki venisse applicato era necessario contattare una scuola che rispondesse a tali caratteristiche metodologiche e che, soprattutto, rispondesse positivamente alla richiesta di indagine. La scelta, sin da subito, è caduta sull’associazione ImmaginArte260in provincia di Varese, che ha sin da subito dimostrato disponibilità allo studio e che ha risposto cordialmente all’invito. L’associazione ImmaginArte ha sede legale a Tradate (VA), ma operativamente organizza le lezioni presso la città di Varese da circa 10 anni.

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Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/>.

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L’associazione conta circa n. 80 iscritti di età tra i 2 anni e ½ e i 18 anni ed è composta da n. 9 docenti di musica e personale di segreteria. In contatto con l’Istituto Suzuki Italiano261 e con il Sistema delle orchestre e dei cori giovanili e infantili in Italia262, l’associazione offre la possibilità di seguire in età prescolare lezioni di ritmica. Al termine del primo corso, il bambino, secondo i suoi desideri, le attitudini dimostrate e il parere dell’insegnante di ritmica, potrà accedere al corso di violino, violoncello o pianoforte263. La formazione musicale generale (uditiva, percettiva e teorica), in parallelo ai corsi strumentali, continua con i corsi di ritmica 2, prelettura e, in età più avanzata, con teoria e solfeggio. La frequenza è di circa 1/2 ora o 45 minuti alla settimana, a seconda dell’età. Le lezioni sono individuali e si avvalgono della fondamentale presenza del genitore. Tutta la dimensione della ritmica viene definita dal Children's Music Laboratory, attraverso lezioni di gruppo, che richiedono la presenza attiva di un genitore che apprenda e faccia ripetere a casa al bambino gli esercizi proposti, utilizzando l'apposita valigetta contenente gli strumenti-gioco. La necessaria presenza attiva e consapevole di un genitore del bambino permette di vivere un’esperienza che va oltre la realtà scolastica ed entra in modo processuale, educativo e musicale nella realtà famigliare264. Il Children's Music Laboratory conta di due fasi (1 e 2), di un successivo corso di Prelettura e del corso di Armonia Applicata (1, 2 e 3), che segue parallelamente allo studio strumentale fino alla licenza elementare265.

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Riferimento al sito Istituto Suzuki Italiano: <http://www.istitutosuzukiitalia.org/index.htm>. Riferimento! al sito Sistema Lombardia: <http://www.sistemalombardia.eu/chi-siamo/sistema-inlombardia>.! 263 Riferimento al sito Cemi: <http://www.cemi-rimini.it/Documenti/regolamento% 20Associati% 20Rimini%202012-13.pdf>.! 264 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/ index .php? option=com_content&view=article&id=37&Itemid=38>. 265 Ibidem. 262!

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77


4.2.1 Il Children’s Music Laboratory e la prelettura Il Children's Music Laboratory 1, si pone i seguenti obiettivi didattici266: -

la formazione dell’orecchio ritmico e melodico;

-

l’uso dello spazio e del coordinamento motorio generale;

-

l’uso della motricità fine con esercizi propedeutici alla pratica strumentale;

-

lo sviluppo della capacità di autocontrollo e della disciplina in relazione al gruppo;

-

l’apprendimento dei brani in repertorio strumentale;

-

il potenziamento delle capacità di memorizzazione;

-

la conoscenza e l’uso delle note applicate all’esecuzione vocale di cadenza, scale maggiori ascendenti e discendenti, arpeggi maggiori e minori.

Al Children's Music Laboratory 2, accedono i bambini che hanno maturato le percezioni e le abilità richieste nel corso precedente e che hanno iniziato lo studio dello strumento. Ha come obiettivi didattici267: -

l’approfondimento e lo sviluppo delle attività motorie con particolare riferimento alla pratica strumentale specifica;

-

lo sviluppo delle capacità vocali attraverso esercizi di respirazione e vocalizzi;

-

la pratica polifonica con l’utilizzo delle seconde voci dei brani di repertorio, canoni e sovrapposizioni armoniche;

-

il primo approccio delle triadi e rivolti con l’ausilio di cubetti di legno;

-

l’interiorizzazione dei tempi attraverso gli elementi coreografici (scavalcamento della battuta, direzione d’orchestra e metronomo);

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 266 267

!

Riferimento al sito Musical Garden: < http://www.musicalgarden.it/home.htm>. Ibidem.!

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-

la visualizzazione e la lettura di schemi ritmici;

-

il potenziamento della memoria e della dizione attraverso gli scioglilingua;

-

lo sviluppo della consapevolezza del proprio corpo e dello spazio, della durata dei suoni e del loro rapporto con la tecnica specifica.

Al corso di prelettura accedono, invece, i bambini che proseguono lo studio dello strumento. Tale corso si pone i seguenti obiettivi didattici268: -

la conoscenza della disposizione delle note sul pentagramma nelle chiavi di violino e basso sino alla prima soprariga e sottolinea;

-

la lettura delle note a velocità crescente, lettura ritmica e solfeggio cantato di brevi melodie, canoni con l’ausilio di un ostinato ritmico e gestualità;

-

i dettati melodici e ritmici (con percezione visiva e/o acustica);

-

il trasporto di semplici melodie;

-

la conoscenza dei gradi della scala, delle alterazioni e degli intervalli di tono e semitono;

-

la costruzione delle scale maggiori;

-

la conoscenza di cadenze, scale arpeggi e accordi;

-

l’esecuzione vocale e coreografica di brani popolari e di danze;

-

l’uso del quaderno operativo: sviluppo dell’orecchio armonico mediante le casette tonali;

-

la conoscenza della tastiera.

4.2.2 Il corso di Armonia Applicata Il corso di Armonia applicata 1, 2 e 3 prosegue parallelamente allo studio strumentale fino al compimento dei 10 anni di età dello studente.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 268

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Ibidem.

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Il programma sviluppa e approfondisce le esigenze orchestrali (percussioni, parti cantate o coreografate). Gli obiettivi didattici sono269: -

i solfeggi parlati, cantati e ritmati;

-

l’invenzione di testi su melodie date;

-

le scale, gli arpeggi e gli accordi maggiori e minori, con applicazione pratica sulla tastiera;

-

la conoscenza e l’uso della tastiera (piccoli brani anche a più voci, ecc.);

-

l’utilizzo della tastiera quale ausilio di studi per l’applicazione pratica delle altezze, dei valori, dell’intonazione, degli intervalli e della memorizzazione di passaggi;

-

i dettati ritmici e melodici scritti o estemporanei alla tastiera;

-

la costruzioni di semplici armonie su un basso;

-

l’esecuzione estemporanea di elementari bassi numerati;

-

l’armonizzazione di melodie;

-

l’uso di schemi di accompagnamento per i solfeggi cantati;

-

lo sviluppo della capacità corporea espressiva.

4.2.3 Music Lullaby Associazione ImmaginArte offre anche un percorso rivolto ai piccolissimi, definito Music Lullaby I per i bambini di età compresa tra i 18 e i 24 mesi e Music Lullaby II, rivolto ai bambini dai 24 ai 30 mesi270. Il percorso prevede l’inserimento della musica, quale veicolo di educazione, formazione e sviluppo psicomotorio e cognitivo all’interno della famiglia, ma soprattutto, come ulteriore forma di linguaggio e codice comunicativo tra il bambino e le sue figure educative di riferimento, avendo come obiettivi lo sviluppo della

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 269

Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=37&Itemid=38>. 270 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=35&Itemid=75>.!

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vocalità, del ritmo e della manualità proposti a vari livelli di difficoltà e in una graduale scoperta degli elementi musicali nella loro forma primordiale271. Le indicazioni operative fornite settimanalmente dall’insegnante, sono riproposte all’interno dei vari momenti di vita quotidiana del bambino (cambio, addormentamento, pappa, bagnetto, ecc.) attraverso la relazione unica e privilegiata che vede nella madre e nel padre le figure fondamentali. L’evoluzione di questo percorso didattico - musicale sfocia nel metodo Suzuki, che offre ai bambini a partire dai 30 – 36 mesi il naturale passaggio dal Music Lullaby al Children’s Music Laboratory, fino ad arrivare allo studio di uno strumento musicale, indispensabile alla crescita culturale ed umana di ogni individuo272.

4.2.4 L’Orchestra Fin dalle primissime lezioni di strumento, i bambini hanno la possibilità di suonare tutti insieme in una vera orchestra per 2 volte al mese273. Questa possibilità, ha generato il progetto sperimentale dell’orchestra de I Piccoli Musici Estensi, che nasce come naturale sviluppo delle attività didattiche della scuola Suzuki di Varese e dell’associazione ImmaginArte: infatti tutti i bambini che ne fanno parte studiano tutti con la metodologia Suzuki. In pochi anni il livello musicale è cresciuto, grazie all’entusiasmo e alla grinta di tutti (bambini, genitori e insegnanti) supportati anche dall’obiettivo didattico e umano che un progetto-percorso di questo tipo può prefissarsi274. E’ proprio grazie ai contributi dei bambini, dei genitori e degli insegnanti che è nata l’UKOM®, un’orchestra internazionale, gestita dall’associazione ImmaginArte e composta da bambini italiani, per la maggior parte della Scuola Suzuki !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 271

Ibidem. Ibidem. 273 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option =com_content&view=article&id=44&Itemid=45>. 274 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=43&Itemid=44>. 272

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di Varese, in collaborazione con bambini di altre realtà italiane, francesi, inglesi ed americane, uniti dalla voglia di suonare insieme in un gemellaggio musicale tra bambini di tutto il mondo275. Tutti i bambini sono uniti dal forte potere educativo e spirituale della musica che è ben espresso dal nome stesso dell’orchestra (United Kids Of Music) che è lo scopo principale dell’orchestra stessa: i bambini suonano insieme al di sopra e al di là di ogni barriera politica, convenzionale o umana, rispettandosi vicendevolmente, instaurando profonde relazioni umane e facendo conoscenza di altri bambini, culture, costumi e tradizioni, in un gemellaggio musicale ed umano a livello internazionale. Ci sono una ventina di bambini nella formazione cameristica, fino a una settantina e più nell’orchestra, con bambini che vanno dai 5 ai 15 anni276.

4.2.5 Esperienze e riconoscimenti L’impegno e le proposte didattiche innovative dell’associazione ImmaginArte hanno portato la stessa a ottenere diversi riconoscimenti in campo regionale e nazionale. In particolare è il progetto Music Lullaby, nato in collaborazione con la Coop. Sociale ONLUS Educational Team, che ha goduto dell’accoglimento della sperimentazione presso diversi asili nido della provincia di Varese negli ultimi anni, fino ad ottenere il sostegno della Regione Lombardia (L. 23/1999) e alla sua presentazione presso il "14th Suzuki World Convention 2006" organizzato a Torino277. Molti allievi risultano vincitori di concorsi nazionali e internazionali. Sono ormai numerosi i concerti che l’orchestra ha eseguito, sia in ambiti scolastici e didattici,

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Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=82&Itemid=78> . 276 Ibidem. 277 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php?option =com_content&view=article&id=35&Itemid=75>.

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sia in ambiti concertistici veri e propri, ottenendo sempre riscontri altamente positivi278. Nel 2011, l’orchestra di ImmaginArte si è esibita in Italia presso il Teatro Dal Verme di Milano, il Teatro Fraschini di Pavia, la Chiesa della Pietà di Venezia, presso la Basilica di Sant’Antonio in Laterano e il Teatro Valle a Roma279. A livello internazionale, l’UKOM®, nell’autunno 2013, ha proposto una prestigiosa tournée Music Without Borders presso l’UNESCO a Parigi e a New York (tra cui: Memoriale, Merkin Concert Hall del Kaufman Music Center, La Scuola d’Italia Guglielmo Marconi, Consolato Generale d’Italia e Christ & St. Stephen’s Episcopal Church)280. Quest’ultimo evento ha aperto le “frontiere” umane, musicali e territoriali a giovani musicisti che hanno voluto esprimere il loro talento musicale, andando “oltre le barriere”281.

4.3

L’intervista al docente di musica

Il giorno 3 dicembre 2014, alle 15.30, è stata effettuata l’intervista a Carlo Taffuri, docente presso la Scuola Suzuki dell’associazione immaginArte di Varese. Carlo Taffuri è musicista e didatta. Si diploma in violino presso il Conservatorio G. Cantelli di Novara, proseguendo poi la sua formazione all'Accademia di Santa Cecilia di Portogruaro (VE). Frequenta master class con violinisti di livello internazionale,

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Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=17&Itemid=18>. 279 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=43&Itemid=44>. 280 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=82&Itemid=78>. 281 Ibidem.

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tra cui Mariana Sirbu282, Stefan Gheorghiu283, Sergei Girshenko284 e Alessandro Moccia285 e suona in vari gruppi d’archi in Italia e all’estero: Inghilterra, Francia, Spagna, Svizzera, Germania, Croazia, Austria, Israele, Palestina, Stati Uniti, Sud e Centro America, con interessanti collaborazioni lungo il percorso. Il maestro Taffuri considera la musica qualcosa di più che: semplicemente “suonare”. Egli considera la musica come un linguaggio universale, una forma di profonda identificazione ed un media meraviglioso, capace di abbattere qualsiasi diversità, capace di unire e di coinvolgere. L’abilitazione all’insegnamento con la metodologia Suzuki e il pensiero sempre rivolto a nuove iniziative, accompagnano i suoi primi anni nel nuovo millennio. A partire dal 2003, è tra i fondatori e presidente dell’associazione ImmaginArte, contenitore culturale che gestisce un’ampia offerta musicale, dalla didattica per bambini, fino al concertismo professionale286. Nel 2004 diventa direttore artistico dell’orchestra italiana I Musici Estensi, con cui realizza più di 150 concerti, con tournée in America e in Africa. Accompagna I Piccoli Musici Estensi, un’orchestra d’archi giovanile, in diversi concerti internazionali e realizza collaborazioni importanti con le Scuole

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Mariana Sirbu, nata a Iasi, in Romania, ha iniziato giovanissima la carriera concertistica in tutta Europa, vincendo numerosi premi internazionali. Nel 1968 è stata tra i fondatori del "Quartetto Academica" che ha ottenuto importanti primi premi nei Concorsi Internazionali di Liegi (1972), Monaco (1973), Ginevra (1974), Belgrado (1975) e con il quale ha sostenuto un'intensa attività concertistica in tutto il mondo.Nel 1985 è entrata a far parte del Trio di Milano con il pianista Bruno Canino e il violoncellista Rocco Filippini, con i quali ha partecipato a numerose tournée in Europa. 283 Ştefan Gheorghiu (1926 - 2010), nato a Galati in Romania, è stato un violinista e professore presso l' Università Nazionale di Musica di Bucarest. 284 Sergey Girshenko è un violinista russo. Dal 2001 è concertmaster della State Academic Symphonic Orchestra. Durante la sua attività artistica è stato leader di molte delle più conosciute orchestre della Russia, le Big Theatre e St.-Petersburg Philharmonic society. Sergey Girshenko ha studiato presso il Moscow conservatory (sotto la guida di David Ojstraha e Dmitry Tsyganov). Oltre all’attività concertistica, dal 1986 Sergey Girshenko insegna presso il Moscow Conservatory. Inoltre detiene masterclass in Germania, Italia, Spagna e Brasile. 285 Alessandro Moccia, nato a Cagliari, ha studiato il violino al Conservatorio G. Verdi di Milano. Dopo il diploma, si è perfezionato a Cremona con Salvatore Accardo ed a Portogruaro con Pavel Vernikov. Dal 1987 ha alternato l'insegnamento ad un'attività concertistica come solista in Europa, in Sud America ed in Giappone, e cameristica nei vari festival europei. Nel 1991 crea il Quartetto Turner e, sempre nello stesso anno, diventa primo violino dell' Orchestre des Champs-Élysées. Moccia è impegnato in un'intensa attività pedagogica nei vari paesi europei, e dal 2004 è stato invitato a tenere delle master classes all'Accademia di Musica di Kyoto in Giappone. 286 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=54%3Acarlotaffuri&catid=2%3Aimmaginarte&Itemid=3>.

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Suzuki di Oslo, Parigi e Galway (Irlanda), con il Conservatorio di Gerusalemme e il Miami Music Project negli Stati Uniti287. Dal 2009 è fra gli ideatori e promotori di Una Primavera per..., rassegna musicale umanitaria che coinvolge una rete di Conservatori italiani, al fine di raccogliere fondi per progetti musicali in Africa. Nel 2011 è nominato direttore artistico dell’Orchestre Symphonique du Mont-Blanc288. L’intervista è svolta presso la sede della Fondazione Molina, in occasione dei preparativi del saggio di Natale. Le domande poste sono 30 e l’intervista è durata circa 1 ora e ½. Seduti sul palco del teatro dedicato al saggio, si pone a Carlo Taffuri la prima domanda. Secondo Alessandro Baricco: la musica è l'armonia dell'anima289, e per lei, che cos’è la musica? È una domanda a cui non si può rispondere - il Maestro sorride. Da concertista, il mio pensiero si avvicina a quello che diceva Baricco: “La musica è l’armonia dell’anima”, ma da didatta, ritengo che la musica è quell’espressione che permette di sviluppare il proprio io, la propria personalità, e l’essenza più profonda: è l’espressione che aiuta a conoscerci.

Quale differenza c’è tra suonare la musica e insegnarla? C’è una differenza importantissima tra suonare e insegnare musica. Spesso, però, si confondono i ruoli. Si dice che un bravo musicista, magari scelto in una grande accademia, è perfetto per l’insegnamento, ma in realtà non è così. La differenza più importante e che per suonare “bene” la musica, per essere un grande solista, devi essere un artista, con la capacità di avere tutta la tecnica strumentale. Insomma, bisogna essere artisti “dentro” e a 360 gradi; per suonare in orchestra, invece, è

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Ibidem. Ibidem.! 289 A. Baricco, Castelli di Rabbia, Rizzoli, Milano, 1991, p. 43. 288

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necessario essere artista, ma con un carattere: pena, fuoriuscire dai canoni della vita orchestrale. Insegnare la musica è qualcosa che parte da una grande passione, e spesso il grande artista non ha questa passione, o meglio vuole trasmetterla suonando: è perfetta per chi ascolta ma, in questo caso, l’artista non ci trasmette i suoi segreti. Insegnare significa trasmettere tutta la propria sapienza; solo se si è “generosi”si riesce a trasmettere qualcosa. In caso contrario, ci si limita a dare delle mere nozioni e il bambino percepisce solo una piccola parte di ciò che gli serve realmente per fare un passo in avanti.

Qual è il rapporto tra ciò che vive creando musicalmente e ciò che invece la spinge a invitare gli altri al meraviglioso mondo della musica? Il concetto su cui voglio ritornare è la “generosità”. Personalmente quando suono non mi risparmio e credo che questo avvenga per qualsiasi musicista. Quando suono sono generoso nel modo in cui devo esserlo: in orchestra, in violino e pianoforte, o nella musica da camera, sono generoso per quei canoni; quando insegno sono generoso perché desidero trasmettere tutto. In realtà, c’è un legame molto evidente nel creare musica e nello spingere le persone ad avvicinarsi anche come spettatore, perché nei concerti a volte amo far intervenire il pubblico. Mi piace portare come esempio i concerti che facciamo per i “nonni” delle case di riposo: loro mi guardano, li invito a battere le mani, mando un bambino a suonare vicino a loro, insomma, li coinvolgo: questo vuol dire essere generosi nei confronti di coloro che stanno ascoltando.

Il mondo adulto è diverso per sensibilità da quello infantile: quali sono le potenzialità che valorizzano o penalizzano l’uno e l’altro? Tutti possono imparare la musica e a qualsiasi età. Chi intraprende lo studio della musica da adulto, e per adulto intendo già 13 anni, apprende in modo diverso rispetto a chi si avvicina in questo mondo sin da piccolo (3-4 anni). Da piccolissimo il bambino è un foglio bianco su cui si può scrivere di tutto: questo vuol dire che bisogna stare molto attenti a ciò che si scrive, occorre una grande conoscenza del percorso musicale che il bambino deve avere. Più il bambino è

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grande, più quel foglio bianco è già scritto da tanti stimoli, positivi e negativi, dalla musica ascoltata negli anni, quindi, anche da pregiudizi. Questo è il motivo per cui ho adottato il metodo Suzuki. Un bambino che riceve degli stimoli sin da piccolo, ha più oggettività nel giudicare qualsiasi cosa. Se già a due anni inizia a lavorare con tutti i percorsi specifici, a cinque anni percepirà la musica di Bach in modo consapevole, a differenza di un adulto che difficilmente potrà comprenderne il senso più profondo dell’opera. Se si è messi nella condizione di vivere queste sensazioni al meglio sin da piccolo, credo sia un vero vantaggio. Il paragone che rende meglio l’idea è quello fatto con la lingua madre: la musica, prima la si impara, più la si assimila facilmente. Per esempio, per quanto io possa applicarmi da adulto nell’imparare la lingua inglese, il risultato ottenuto sarà sempre più limitato rispetto ad un bambino che inizia a parlarla in tenera età. Quindi, in età prescolare, si ha percezioni e sensazioni diverse rispetto che in età adulta e chiaramente differenti potenzialità.

La sua vita per la musica è stata caratterizzata da conquiste e, forse, delusioni. Quanto l’avvicinamento alla musica e il vivere con essa ha favorito/condizionato la sua personalità di musicista/uomo? Tantissimo. Il mio avvicinamento alla musica lo devo a mia madre che, con stratagemmi vari, mi ha sempre accompagnato alle lezioni di musica, anche quando ne avevo meno voglia. Più passava il tempo, più mi appassionavo. Grazie alla musica ho vissuto esperienze bellissime, ho girato il mondo e conosciuto molta gente e questo mi ha aiutato a relazionarmi con le altre persone e in maniera diversa.

Nella sua vita, da quanto dichiarato, ha avuto modo di suonare in molti Paesi. Secondo la sua esperienza, v’è un Paese in particolare che è più “sensibile” al mondo della musica? Se parliamo di musica classica, v’è l’Austria, la Germania, la Francia e l’Inghilterra. Essi sono i paesi più aperti, questo perché la loro cultura prevede una educazione musicale sin da quando si è bambini: in questi Paesi è fondamentale che tutti siano educati da piccoli alla musica, per formare una personalità diversa.

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In Italia, purtroppo, la musica nelle scuole è un “optional”. Un politico disse che: “con la musica non si mangia!”. Chiaramente, mi distacco completamente da questa affermazione; è vero che la musica non produce un bene, ma io preferisco dire che produce un bene visibile alla lunga e fa la differenza. Da questo punto di vista, i paesi del centro Europa hanno una marcia diversa.

Quanto la comunicazione musicale, intesa come espressione non verbale, migliora la capacità comunicativa? Migliora la capacità comunicativa perché ti dà un altro canale, nel senso che se sei abituato a dire ciao a una persona, tu lo puoi dire con la faccia stanca o triste, è sempre ciao; se lo dici col sorriso, dai un altro tipo di messaggio. Se dici “Ciao” col violino, che non sarà “ciao”, ma una piccola frase di saluto come spesso si fa coi bambini, lo dai con un altro canale che ti può aiutare a migliorare altri canali di comunicazione più vicini a te. Se inizi a dire ciao con la musica, poi lo farai col sorriso in maniera differente. Se si entra in quest’ottica, la comunicazione con ogni persona deve seguire una determinata linea, che in dati momenti può essere più attenta, precisa o più distesa, esattamente come un brano di musica strutturato in modo diverso.

Il mondo dell’apprendimento musicale consta di diverse metodologie. Perché ha scelto di impostare le linee del suo insegnamento sul metodo Suzuki? Suzuki è stato il primo a parlare della musica come linguaggio madre, secondo cui un bambino apprende la propria lingua attraverso stimoli mirati, come il ripetitivo ascolto delle parole pronunciate dai propri genitori. La stessa cosa avviene per la musica: il bambino impara la musica attraverso l’ascolto e la ripetizione di un frammento musicale.

Esistono percorsi di studio per diventare maestri di tale metodo? Ho seguito un percorso lungo e impegnativo, ma molto interessante a Torino, oltre a vari Master Class in Europa e Italia. Non ci si inventa “Maestri del metodo”.

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È richiesta tanta generosità e tanta voglia di dare, perché ogni bambino è a sé. È il maestro che si deve adeguare al bambino, come una sorta di canovaccio, cercando di capire come intervenire e comprendere se vive difficoltà di apprendimento, sociale o altro. Nell’insegnamento standard della musica, invece, spesso avviene il contrario: se un bambino non acquisisce la nozione trasmessagli dal maestro, il “fallimento” è solo dell’allievo.

Attraverso la sua esperienza ha potuto appurare risultati interessanti sul piano dell’apprendimento. Confrontando gli esiti dell’insegnamento classico e quello dettato dal metodo Suzuki, perché ritiene che l’applicazione di questo ultimo è da favorirsi rispetto ad altri? Fino agli 8-9 anni v’è una differenza abissale rispetto ai metodi tradizionali, in quanto si utilizza un metodo di lavoro particolare che consente al bambino di lavorare al meglio. Attraverso un lavoro attento e preciso, il bambino impara ad affrontare le problematiche, come la timidezza o la difficoltà della coordinazione e dell’attenzione. Intervenire su questi aspetti sin da piccolissimi, permette risultati importanti. La presenza dei genitori alle lezioni è fondamentale, in quanto, lavorando quotidianamente anche a casa con i propri figli, diventano loro stessi maestri (ovviamente con una guida specifica rispetto a ciò che devono fare), porta a risultati evidenti, perché, per esempio, bambini con dislessia o discalculia migliorano la propria situazione: la musica aiuta a trovare un altro canale di lettura, di comunicazione, quindi, i risultati sono che i bambini danno tutti il meglio di loro, ma solo nelle condizioni ottimali. Con lo strumento in mano, a maggior ragione, c’è molta più scioltezza, più sicurezza in quello che si fa, più attenzione ai particolari rispetto ai metodi tradizionali.

Il valore del metodo investe non solo il discente ma tutta la realtà familiare, che gravita intorno allo stesso. Qual è il riscontro della sua esperienza di insegnamento?

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Coinvolgimento completo. Conoscere la famiglia e le sue dinamiche, mi permette di capire al meglio le situazioni che vado ad affrontare, sia per l’insegnamento che nella mia vita personale. Il mio riscontro è assolutamente positivo: anzi, quando ho visto famiglie che cedevano al metodo Suzuki, ovviamente cedevano i genitori, questo è stato per me una sorta di sconfitta perché non sono riuscito fino in fondo a far capire questo messaggio, ovvero, che è un metodo prima educativo che musicale.

Il metodo Suzuki è una espressione globale e diverse sono le realtà che vantano l’applicazione. Quale è l’esito dei confronti con i colleghi che seguono la stessa applicazione in altre realtà? Le realtà Suzuki non sono tutte uguali, né tutte positive. I principi su cui bisogna insistere non sempre vengono trasmessi dall’insegnante alla famiglia e al bambino. Il Maestro e la sua generosità fanno la differenza. Anche se il bambino è sereno e sciolto, non è detto che il maestro mieta nel modo più giusto. Vedo concerti in gemellaggio, quindi in realtà diverse: non sempre, trovo le realtà all’altezza del metodo e ritengo che le difficoltà siano principalmente dell’insegnante. L’insegnante Suzuki si deve far coinvolgere dalla situazione, pena il rimanere al livello di superficie.

Il metodo Suzuki è anche definito come l’educazione al talento. Qual è la definizione personale che lei conferisce all’espressione: talento? Condivido il pensiero di Suzuki: bisogna educare al talento. È chiaro che esiste qualche caso di bambino che ha dei geni particolari, ma nel 99% dei casi, il talento è dato dal lavoro e dalla costanza. Sicuramente vi può essere un bambino più predisposto di un altro, ma sono convinto che se il bambino predisposto non lavora in una certa maniera; il talento, che è una predisposizione, rimane tale: sento dire “sì, è bravo, è talentuoso può fare di più”. Ma, per sviluppare il talento c’è bisogno di un lavoro continuo. In questi anni ho visto bambini partiti con molta fatica, ma che con una passione incredibile hanno ottenuto dei risultati fantastici, superando bambini che una volta erano decisamente più svegli. Essi hanno maturato una razionalità così alta che consente di essere sereni nella parte emotiva.

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Qualcuno è subito sveglio nella parte emotiva, qualcuno nella parte tecnica: crescendo, la parte tecnica ha bisogno di emotività, sensibilità, così come la parte emotiva ha bisogno di tecnica. Se ti applichi, costruisci e migliori questi percorsi, se non ti applichi la tua predisposizione rimane lì, non c’è niente di più vero del fatto che il talento lo costruisci con l’impegno, come succede nello sport e in altre attività.

Quanto può il metodo favorire, oltre che la maturazione artistica e tecnica, anche la moralità ed il carattere? È tutto un pochino “mischiato”. Vi possono esserci aspetti di genialità negli artisti che hanno dell’irrazionale, di cui non sono molto fiero come musicista, ma è anche vero che ciò che fa la differenza in questo tipo di comunicazione è una preparazione anche tecnica, che fa capire molto bene che per ottenere i risultati devi lavorare in una certa maniera. La quotidianità di un certo tipo di percorso, la tecnica e le “scale” ci fanno essere una persona più oggettiva. Questo non vuol dire “castrare” la parte emotiva o morale, assolutamente: ma si offre una visione in più di tutti gli altri aspetti. Poi, come dicevo precedentemente, suonare da piccolini, vedi Vivaldi, Bach e i grandi del 700, aiuta a enfatizzare e crea emozioni che si ripercuotono sull’aspetto caratteriale e morale. Ho dei bambini, per esempio, che quando devono leggere una lettura in chiesa, mentre fanno i chierichetti, mi hanno ringraziato perché gli anni in cui abbiamo lavorato assieme li ha aiutati a fare la lettura “piatta”, però hanno avuto il coraggio di farlo e alcuni di loro sono riusciti a tirare fuori l’emozione. Con questo, non voglio dire che li ho trasformati in attori, però sono più sereni e cercano di dare un messaggio in un tono diverso.

Qual è il target d’età in cui si rivolge l’insegnamento? La scuola Suzuki parte dai 18 mesi con vari percorsi che si dividono in ritmica 1, ritmica 2, lullaby e così via. C’è uno schema, ci sono dei percorsi che vanno in crescendo come impegno e difficoltà. Dai 15/18 mesi, accompagnati dai genitori, si parte col lullaby; verso i 3 anni si inizia con la ritmica e verso i 3 anni e mezzo/

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4 anni/ 4 anni e mezzo si inizia con lo strumento. Comunque si parte da 18 mesi. Le lezioni private con i genitori iniziano dai quattro anni circa, prima ci sono lezioni collettive con altri insegnanti che danno altri stimoli. Queste, sono tutte lezioni preparatorie allo strumento.

Quali sono le differenze riscontate fra i diversi allievi, considerando i risultati in base all’età di primo approccio? Da un punto di vista strumentale, quando svolgo lezioni individuali, sono in grado di aggiustare il tiro in rapporto alla situazione familiare per arrivare al meglio, offrendo giusti stimoli. Durante le lezioni di gruppo, l’applicazione a casa fa la differenza. Ho visto bambini che non riuscivano a stare fermi un attimo, ma col tempo, hanno dimostrato di migliorare l’aspetto di essere consapevoli durante la lezione, poi l’impegno del concerto li ha portati a tenere un certo atteggiamento. Vi sono stati bambini, che sembravano molto svegli, veloci e che, successivamente, si sono impigriti. Nella mia esperienza ho poi conosciuto bambini incredibili: c’è una bambina di tre anni e mezzo che propone addirittura dei ritmi all’insegnante, è speciale, quindi i ritmi di base che proponiamo dopo una lezione sono chiari, scontati. Vi sono altri bambini che, dopo un anno di opposizione, fanno fatica e non riescono a battere le mani a tempo, gli occorre lavorare di più: non sono meno bravi,ma semplicemente, richiedono un lavoro maggiore.

V’è uno strumento musicale che si presta maggiormente al metodo? No. Anche se il metodo nasce per il violino, oggi si contano diverse specializzazioni, fra le quali la fisarmonica, il flauto, il mandolino e la chitarra. Anche se ogni strumento ha un percorso diverso, quello che accomuna tutti è il repertorio: fatto di applicazione e costanza. Uno strumento vale l’altro.

Quali sono le resistenze manifestate dal bambino o dalla famiglia, rispetto la scelta di uno strumento piuttosto che di un altro?

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Quando i bambini non vogliono utilizzare uno strumento, hanno uno atteggiamento passivo incredibile.

Propone lei lo strumento? Se un bambino non ama stare in piedi, per esempio, lo indirizziamo al violoncello o al pianoforte. Se vediamo che un bambino desidera mettersi in mostra,invece, lo si indirizza tendenzialmente al violino.

V’è una preferenza dettata, non solo dall’allievo, ma dalla famiglia? Nella percezione sociale: v’è uno strumento di serie A ed uno di serie B? Non credo che vi sia una percezione di strumento di serie. Credo che sia legato, se si tratta di genitori, ad una frustrazione personale, semmai. Nonostante il concetto comune di violino nel pensiero odierno, paradossalmente, negli ultimi anni, abbiamo impostato più violoncello che violino, e negli ultimi 2/3anni è partita una scuola di viola: per noi un grande risultato perché completava l’orchestra.

Quali sono i riscontri che ha potuto appurare negli allievi che hanno iniziato a seguire il metodo e il rispettivo profitto scolastico? Gli allievi danno tanto delle loro potenzialità, indipendentemente dal fatto che uno abbia più o meno possibilità. I bambini imparano a scrivere più velocemente, sono stimolati ed è dovuto alla scuola di ritmica, che lavora molto sull’aspetto fisico. Tendenzialmente, hanno anche voglia di imparare a leggere prima. Quando sono più grandi, difficoltà di coordinazione, discalculia e dislessia, difficoltà di questo tipo, sono sotto controllo, non dico superate perché una dislessia non si supera, questo ritengo. Si possono trovare altri canali per arrivare alle stesse cose, Einstein era discalculico, ma aveva trovato un altro canale per leggere i numeri.

Certo è che Einstein era un caro amico di Suzuki. Ma dalla sua esperienza, è stato facile raccogliere dalle famiglie alcune soddisfazioni sul miglioramento comportamentale del bambino?

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Assolutamente sì. Anzi, a volte la fidelizzazione delle famiglie alla nostra scuola è dovuto a questi miglioramenti, a questa capacità di vedere il bambino che reagisce, che sta meglio in mezzo alle persone, ed è più concentrato.

Se il ruolo della famiglia è fondamentale per gli obiettivi del metodo Suzuki, quali sono le indicazioni che la famiglia dovrebbe seguire per facilitare e sostenere il percorso anche a casa? Innanzitutto, devono essere molto attenti, musicalmente parlando, a quello che imparano loro nella lezione, anche se sono a digiuno di musica è permesso loro di registrare le lezioni. Studiare a casa allo stesso orario, per esempio, crea una ciclicità rassicurante. Questo è come il mangiare: un bambino mangia regolarmente, alla stessa ora.

Spesso i bambini, specie nella prima età scolastica devono rispondere a nuovi doveri: i compiti scolastici, le attività sportive, nonché rinunciare a quelle attività ludiche dalle quali sono attratti. La famiglia, impegnata in responsabilità di carattere lavorativo e domestico, è spesso alle prese con le rincorse che permettano al bambino di adempiere ai doveri. A fronte di una gestione così complessa, può succedere che le esercitazioni al metodo diventino causa di appesantimento e in alcuni casi di rinuncia? Sì, è capitato. Diciamo che tutti hanno queste problematiche in partenza, è proprio un discorso di educazione alla famiglia dall’inizio. E’ necessario educare la famiglia ad assumere una certa mentalità. Qui non si accettano bambini al di sopra dei sei anni, se lo vogliono fare diamo addirittura altri indirizzi, ma perché se lo volessero fare da noi sarebbero dei pesci fuor d’acqua rispetto agli altri, creando delle questioni psicologiche difficili da gestire in futuro. C’è chi vuole fare tutto e fa un po’ di tutto malino. C’è chi prende come grande obiettivo la musica a scapito delle attività ludiche che il bambino richiede. Questo non è giusto. Il bambino deve avere spazio per entrambe. Certo è, che un bambino di tre anni trova spazio di relazione attraverso lo strumento, più di un bambino dei sette, per esempio.

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Ma nel gruppo orchestra o nella scuola, i piccoli trovano amicizie forti, per cui, durante le pause delle nostre prove giocano come dei matti.

Qual è il tasso di abbandono e di ripresa? La ripresa è rara. Il tasso di perdita è del 5%. Su circa 80 frequentanti iniziali se ne ritrovano circa 75 alla fine. Quelli che però lasciano, sono solitamente coloro che hanno raggiunto la fine del percorso e entrano in conservatorio. Comunque, il tasso di abbandono è basso. Il percorso Suzuki finisce alla terza media, prima superiore. Alcuni decidono di non fare conservatorio perché troppo impegnativo, ma suonano in vari gruppi,insomma: non smettono di suonare! Altri entrano in conservatorio dopo la terza media e la prima superiore: li accompagniamo proprio quando il percorso è finito, perché ci sono varie tappe ed esami che devi dare in questo percorso. Il percorso è fatto di otto libri, ogni anno ne viene dato uno. Tutti coloro che hanno seguito il metodo Suzuki, entrano in conservatorio con una marcia in più.

Al fine di evitare una possibile rinuncia alla frequenza, come può la famiglia intervenire sul discente? Bisogna essere elastici. Io, per esempio, in alcuni momenti sono rigido e chiedo di esserlo anche alla famiglia, ma dipende dal background della famiglia, e dipende da tutto quello che è successo prima di arrivare a quella situazione; in altri momenti sono io che addirittura ammorbidiscono la situazione, perché è il momento di non spingere, perché magari il bambino è stanco per gli impegni scolastici. Bisogna anche considerare il periodo della pubertà e il passaggio dalle elementari alle medie. Ma non bisogna dimenticare che la musica non è un ostacolo, ma un supporto importante in tutte queste situazioni. Affinché il ragazzo vada avanti, a coltivare la passione per la musica, bisogna scendere a compromessi.

Se il bambino rinuncia per un breve periodo e, poi, vuole tornare, come agite?

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Questo non è mai accaduto. Piuttosto, cerco di tenerli collegati il più possibile, affinché la bufera passi. È difficile che mollino, io con qualsiasi stratagemma cerco di tenerli attaccati.

Durante il suo percorso d’insegnamento v’è stata l’opportunità di seguire allievi diversamente abili? No. Ho avuto, però, delle esperienze personali, in un’orchestra: mi ha dato tanti spunti e tante idee. Era un’orchestra di diversamente abili, vedevo ragazzi down che suonavano delle cose incredibili. Ma nella scuola non è mai capitata l’opportunità.

L’operatore musicale è costretto ad adottare una metodica diversa a seconda del tipo di disabilità che si trova ad affrontare. Quali strategie metterebbe in campo con le persone disabili? Credo che potrei dare ai diversamente abili degli stimoli, ma non so quanto possa essere compatibile. Sono pronto a offrire tutta la mia disponibilità umana e professionale. Mi è capitato di avere a che fare con un ragazzo autistico e anche se ho provato immense difficoltà, ritengo che la musica, in modo appropriato, possa esprimere una nuova possibilità per lo stesso. Non credo sia sufficiente, però, per un inserimento in orchestra. E’ cosa più difficile.

Ringraziandola per la sua disponibilità, la invito a esprimere un leitmotiv per sostenere e favorire l’applicazione del metodo Suzuki. Io utilizzerei il leitmotiv di Suzuki: “suonare è come parlare”. Suonare, sicuramente, è come parlare, resto fedele a questa affermazione di Suzuki, che non è un leitmotiv, ma un caposaldo della filosofia suzukiana.

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4.4

L’intervista ai genitori

I genitori rappresentano per il bambino l’espressione più importante, cosicché, dedicarsi al proprio figlio, favorisce l’accrescimento dell’affettività, fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza. Attraverso l’educazione alla musica secondo il metodo Suzuki, il genitore crea le condizioni adatte per conseguire il raggiungimento di diversi obiettivi, permettendo il rispetto dei tempi per studiare, favorendo la qualità dell’impegno per seguire le lezioni e favorendo la sua capacità d’espressione. Per adempiere a questo impegno il genitore dovrà essere sempre presente alle lezioni del figlio per poter lavorare/giocare quotidianamente con lui a casa, seguendo le indicazioni dell’insegnante, con il quale è indispensabile un rapporto di fiducia, sia riguardo l’utilità di certi esercizi (specie quelli preparatori), sia riguardo i risultati che otterrà il bambino290. Per questo, il progetto di studio ha voluto sondare, attraverso l’intervista, il vissuto dei genitori che hanno deciso di permettere la frequenza del proprio piccolo ad una scuola Suzuki. Di seguito sono state raccolte n. 5 interviste atte a raccogliere le considerazioni, i pareri, le aspettative e le preoccupazioni che stanno alla base della scelta metodologica di apprendimento musicale e educativo. Le interviste sono state effettuate nel periodo intercorso tra novembre 2014 e gennaio 2015. Gli incontri si sono tenuti, in parte personalmente (n. 1 di questi), in parte attraverso telefonia mobile (altri n. 3) ed uno attraverso tecnologia Skype. Gli intervistati sono n. 4 madri, di età media di 39 anni e n. 1 padre di 36 anni. N. 2 genitori sono madri di n. 2 figli, entrambi in età scolare, n.1 genitore è madre di n. 1 figlio in età scolare e n. 1 figlio in età prescolare, n. 1 genitore è padre di n. 1 figlio in età scolare e n. 1 genitore è madre di n. 1 figlio in età scolare. In totale sono stati intervistati genitori di n. 8 figli di cui solo uno è in età prescolare, e tutti, sono attualmente allievi della scuola Suzuki di Varese, ad eccezione di uno che lo è stato fino a circa due anni fa. La generalità dei bambini risponde a n. 7 maschi e n. 1 femmina. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 290

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S. Suzuki, Crescere con la musica, Volontè & Co., Milano, 2010.

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I genitori intervistati hanno conseguito una formazione di carattere universitaria e solo uno di loro è attualmente separato, ma con affido condiviso. Già dalla prima domanda si comprendono le diverse motivazioni che hanno portato i genitori a scegliere il metodo Suzuki. Di seguito si intuisce il rispetto che i genitori manifestano nei confronti dell’indole dei propri figli. La prima domanda posta, volgeva a comprendere il perché di una scelta di istruzione musicale/educativa per suo/a figlio/a fosse caduta sulla frequenza all’insegnamento del metodo Suzuki. Alcuni hanno espresso fiducia nell’esperienza pregressa di conoscenti e parenti, altri si sono concentrati, invece, sul valore del processo educativo musicale sin dai primi anni del proprio piccolo. “L'iscrizione della nostra prima figlia alla Scuola Suzuki di Varese risale a dieci anni fa, quando aveva circa quattro anni. Volevamo accostare la bambina al mondo della musica, visto che noi genitori già ne facevamo parte (all'epoca cantavamo entrambi in un coro semi-professionista), ma non ci piaceva l'idea di inserirla nel liceo musicale dove le lezioni seguono il metodo classico che non ci sembrava adatto a S., bambina molto vivace e poco propensa a seguire schemi rigidi. Il metodo Suzuki ci era sembrato subito la soluzione ideale”. “È stata la duplice possibilità di far apprendere al bambino un metodo di lavoro e di possedere una sensibilità culturale che, partendo sotto forma di gioco, gradualmente divenisse una abitudine alla costanza e all’impegno”. “La scelta della scuola Suzuki è legata all’esperienza di mia cognata (che attualmente ha diciassette anni e si è diplomata l’anno scorso in arpa al conservatorio), che a cinque anni si è iscritta a questi corsi e ne è sempre stata entusiasta. E’ stato proprio questo entusiasmo a “contagiarci”, oltre all’ottimo livello di preparazione – non siamo musicisti, ma ascoltarla era proprio un piacere”. “Perché non c'era nessuna scuola che prendesse a lezione un bambino di 4 anni e poi perché mi piaceva l'idea di un corso di musica in cui la mamma partecipasse col bambino”.

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“E’ stato un evento inizialmente casuale e poi sempre più consapevole nei mesi successivi al primo contatto”.

La seconda domanda, posta ai genitori, era volta a comprendere come gli stessi fossero venuti a conoscenza del metodo. Nelle risposte si è compreso che le amicizie e le conoscenze sono state fondamentali per il contatto. “Parlandone con un mio amico musicista e direttore d'orchestra, Alessandro C. All'epoca collaborava con la neonata Scuola Suzuki di Varese e quindi mi ha detto subito di provare a iscrivere S. lì”. “Un’amica, persona che stimo molto, mi aveva parlato dell’entusiasmante percorso musicale dei figli presso la scuola Suzuki di Varese; incuriosita ho cominciato a leggere qualcosa sull’argomento. Quando l’asilo che frequentavano i miei figli è diventato sede della scuola, mi è parso un segno del destino il fatto di dover provare”. “Attraverso un collega di lavoro che ha due figlie frequentanti la scuola Suzuki”. “Attraverso il più classico dei passaparola!”. “Stavo cercando una scuola di musica, perché a M. piaceva molto la chitarra. Quando era piccolo (2 - 3 anni) gli piaceva ascoltare la musica di Bruce Springsteen e guardava i video alla televisione strimpellando con la chitarrina. Poi un amico mi ha illuminato”.

L’intervista ha cercato di comprendere quale fosse l’esperienza del genitore con la musica, in particolare è stato chiesto se lo stesso suonasse uno strumento. Le risposte sono state differenti, ma in esse è parsa evidente la sensibilità verso il mondo musicale. “Sì, ho suonato per anni il pianoforte e ho studiato canto e direzione di coro. Tutt'ora dirigo una corale parrocchiale e canto a mia volta”.

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“Ho suonato per molti anni il pianoforte per diletto, mi piace suonare con i miei amici e ora ho grande piacere nel suonare per accompagnare i miei bambini”. “No, non ho mai suonato uno strumento, pur amando la musica. A dire il vero, mi sono però ripromesso di studiare un po’ di musica”. “Io ho suonato per alcuni anni il pianoforte e mio marito il violino”. “Ho studiato pianoforte dai 9 ai 15 anni”.

Attraverso l’intervista è stato possibile sondare quale fosse il rapporto con la musica e quale musica abitualmente il genitore ascoltasse. Dalle risposte raccolte, di seguito, è possibile comprendere che la sensibilità musicale era già presente nei genitori intervistati. “La musica ha sempre avuto una grande importanza nella mia vita: fin da piccolissima i miei genitori mi facevano ascoltare musica di tutti i tipi, soprattutto classica, sinfonica e operistica, sviluppando in me una forte passione che continua tutt'ora, sebbene con interessi un po' diversi. Infatti, la musica che ascolto abitualmente spazia soprattutto dalla barocca/rinascimentale, strumentale e corale, alla contemporanea, con frequenti digressioni nella musica pop/rock di qualità”. “La musica mi ha sempre emozionato fin troppo, mi piace soprattutto quella classica e celtica”.

“Amo diversi tipi di musica, in particolare la musica classica del periodo romantico, ascolto molto heavy metal in tutte le sue forme. Le due cose non sono poi così in contraddizione come apparentemente può sembrare”.

“Spaziamo veramente su molti generi di musica, da quella leggera – italiana e straniera - a quella classica. A casa nostra si possono sentire Bruce Springsteen, Čajkovskij, Guccini, Vivaldi, musica blues, swing, Bach, rock in genere, Beethoven, De Andrè, Mozart…ed altro ancora. Facciamo ascoltare ai bambini di tutto, ma

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soprattutto la musica ci trasmette forza ed entusiasmo. Non credo sia tanto “quello” che ascoltiamo, quanto il fatto che ci piace profondamente “ascoltare” e ci diverte molto”. “La musica mi piace. Ascolto musica classica in prevalenza o musica jazz, quando mio marito mette qualche cd”.

Attraverso un’altra domanda, è stato possibile indagare la percezione di eventuali cambiamenti del comportamento dei piccoli, dopo l’inizio della frequenza alle lezioni. In buona parte i genitori hanno sostenuto di aver assistito ad un aumento della sensibilità musicale, dell’autoconsapevolezza e della capacità mnemonica. “Se ci si riferisce a mia figlia, sicuramente la sua sensibilità musicale, in vero già presente, si è molto affinata; da subito ha dimostrato un forte interesse, sebbene, l'impegno costante a eseguire esercizi e ad apprendere a memoria scioglilingua, filastrocche e canzoncine (il primo anno del metodo si basa sulla ritmica strumentale, lo studio dello strumento viene dopo) non sempre è stato da lei accettato di buon grado”. “A mio avviso questa tipologia di apprendimento stimola moltissimo l’autostima dei bambini, la fiducia in se stessi e il desiderio di comunicare con i coetanei. Dal punto di vista fisico aiuta la coordinazione, l’equilibrio e anche la capacità di rimanere fermi e concentrati”. “Senza dubbio il bambino fa progressi nella tecnica e nella capacità mnemonica”.

Altri genitori si sono espressi diversamente, in particolare, hanno così riportato la propria percezione. “I bambini erano così piccoli che non saprei dire quali cambiamenti siano legati alla loro crescita e quanti alla musica. Di certo abbiamo chiesto loro una concentrazione e una serietà che non è abituale chiedere a dei bambini di tre/quattro anni e questo ha sviluppato nel loro carattere la capacità di “ascoltare” nel senso più ampio del termine”.

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“Non ho notato cambiamenti in particolare. La scuola di musica ci ha dato l'opportunità di avere un momento tutto per noi durante il giorno, un momento nel quale avevamo un comune linguaggio per comunicare. Ai tempi non ero così giocherellona come lo sono ora con la mia seconda figlia. Non avevo alcuna dimestichezza con le cose che piacciono ai bambini, con la musica, invece, riuscivamo a metterci in un contatto non solo giocoso, ma anche affettivo e più fluido”.

La domanda successiva posta ai genitori, ha voluto indagare quale ruolo avesse assunto la musica nella vita quotidiana dopo l’inizio delle lezioni e se già l’avesse prima, in quale modo aumentasse la propria importanza. Mentre tre dei cinque genitori intervistati, hanno sottolineato l’importanza e l’aumento del ruolo, così come segue: “Come ho detto prima, la musica è sempre stata presente nella nostra vita, prima e dopo l'arrivo dei figli, ma, con l'inizio delle lezioni Suzuki, sicuramente ha assunto un ruolo fondamentale soprattutto nell'educazione dei bambini. L'impegno richiesto ai genitori, anzi a quello dei due che segue il/i figlio/i a lezione e poi a casa, è sicuramente forte con il metodo Suzuki, quindi necessariamente l'incontro con la musica è pressoché quotidiano”.

“E’ diventata uno dei perni su cui gira la nostra esistenza insieme, un frequente e piacevole argomento di conversazione e un grande piacere quotidiano”.

“Certo… la musica Suzuki è divenuta esperienza quotidiana, in quanto ogni giorno il bambino deve fare almeno un quarto d’ora di esercizi. Il risultato è che tutti i membri della famiglia conoscono ormai tutti i motivetti e le ballate presenti nel piano di studio del bambino”.

Un altro ha preferito semplicemente sottolineare il legame fra l’impegno e la soddisfazione.

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“Quello dello studio è un impegno fisso, quotidiano. Conosce la fatica e conosce la soddisfazione”.

Una madre ha, invece, riferito il fallimento del percorso a casa, precisando che la frequenza a scuola era motivata dal solo affetto che l’allievo provava per il suo maestro: “I primi anni era uno spazio sicuro in cui ritrovarci insieme, poi negli ultimi anni, quando M. ha avuto sette otto anni è diventato un peso. Lui non aveva tanta voglia di studiare a casa anche se andava molto volentieri a lezione perché era affezionato al maestro”.

Le successive domande sono state utili a comprendere in modo più attento, quali fossero stati i miglioramenti del bambino dopo aver iniziato le lezioni, e quali fossero le percezioni degli stessi a riguardo. Le risposte seguenti sono state focalizzate sull’emotività, la sicurezza e il rispetto delle regole, tutti gli elementi che hanno rafforzato e migliorato la percezione di sé del bambino e la sua capacità di affrontare al meglio la vita. “Sicuramente una maggiore capacità di concentrazione, memorizzazione e capacità di stare alle regole, perché con il metodo Suzuki, sin dai primi mesi di studio dello strumento, gli allievi sono poi inseriti in orchestra, dove suonano brani adeguati alla loro competenza del momento. Per quanto riguarda mia figlia S., la sua crescita personale ne ha sicuramente giovato anche se, con lei, non sempre tutto è filato liscio dopo l'inizio dello studio dello strumento”. “I miei due bambini avevano necessità diverse: l’uno ha imparato a tenere più a freno i suoi sentimenti e la sua emotività; l’altro invece a esternarli”. “Il bambino fatica sempre un po’ a fare gli esercizi, ma col tempo è riuscito ad accettare questo impegno, a comprendere che nella vita ci sono compiti a cui dedicare del tempo. Questa consapevolezza si ripercuote necessariamente nell’ambito scolastico, dove vi sono altrettanti impegni ed obblighi da assolvere”.

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“Credo che la musica per il rapporto tra me e M. sia stata importante per il nostro legame. Un miglioramento è stato la sicurezza. Gli è servito tanto il periodo delle filastrocche da recitare davanti ai bambini e ai genitori in cerchio e i saggi. Tutt'ora non è intimidito quando deve esporsi, lo fa senza difficoltà anche a scuola e nelle nuove situazioni. Gestisce bene la sensazione di sentirsi solo in una situazione. L'anno scorso è andata senza difficoltà al campus in montagna di basket da solo, senza amici. E' rimasto in montagna per una settimana e gli amici se li è fatti là. Per me è molto importante soprattutto per le situazioni di viaggio future che avremmo intenzione di fargli sperimentare”.

Cercando di comprendere eventuali difficoltà nell’affrontare il metodo, è stata posta una domanda alla quale i genitori si sono espressi in modo differente. Alcuni bambini hanno manifestato inizialmente ostruzionismo, protestando per l’impegno richiestogli. In altri casi è emerso il problema tempo da dedicare a casa. Nonostante queste problematiche iniziali, tutti i genitori si sono espressi valorizzando le difficoltà, in quanto il superamento è stato esso stesso motivo di soddisfazione e miglioramento, soprattutto in tema di sicurezza e espressività. “Sicuramente la costanza nell'impegno, man mano che si è proseguito nello studio dello strumento: quando l'impegno doveva necessariamente essere più prolungato e costante nell'arco della giornata, S. ha incominciato a protestare e fare forte ostruzionismo. Con il secondo figlio, invece, che suona il violoncello ed è praticamente nato e cresciuto in ambiente Suzuki, tutto è stato più facile. Diciamo che è anche una questione di carattere del bambino, visto che entrambi i figli hanno avuto me come riferimento; comunque, le crisi di rigetto dello studio sono arrivate per entrambi anche se mai sono arrivati a chiedere espressamente di smettere di studiare in assoluto”. “I bambini devono essere seguiti perché da piccoli non sono indipendenti nello studio (anche a lezione è richiesta la presenza di un genitore); il problema è trovare il tempo a disposizione per compiere quotidianamente gli esercizi”. “Come detto sopra, la difficoltà principale consiste nel vincere la ribellione iniziale del bambino nell’interrompere le attività ludiche per fare esercizi. La cosa però non

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è mai una tragedia e una volta iniziati gli esercizi, il bambino li svolge con dedizione”. “Come ho già detto, è faticoso. Come tutto ciò che, poi, porta soddisfazione, io credo. F., il maggiore, ormai studia autonomamente e non c’è nemmeno bisogno di ricordarglielo, fa in modo di organizzarsi e ormai sa quanto è prezioso quello che ha imparato in questi anni. P., il minore, fa più fatica a mettersi a studiare, ma non ha fretta di finire: si gode proprio il fatto di riuscire a realizzare un brano. Poi ci sono i problemi tecnici: la posizione corretta è il primo (se la mano arco è giusta, è sbagliata la mano strumento, oppure l’inclinazione dello strumento!), ma sono bambini e c’è sempre qualcosa da sistemare!”.

Al fine di comprendere l’interazione tra maestro e genitore, soprattutto in riferimento a quali fossero le indicazioni consigliate dal maestro di strumento per il percorso a casa, è stata posta una domanda atta a comprenderne il risultato del feedback. Diverse sono state le risposte, ma seppur comunemente hanno sottolineato la difficoltà e l’impegno ad assumere il ruolo di “maestro a casa”, tutti i genitori sono stati all’altezza di rispettare il compito del maestro e, così, di conseguenza, il bambino. “Gli insegnanti consigliano la costanza nell'esercizio ma anche la capacità di individuare, nell'arco della giornata, il momento più adatto a farlo, cioè, si deve individuare uno spazio fisico e temporale idoneo alla pratica dello strumento in modo tale che per il bambino diventi un'abitudine. Sicuramente non è facile ma la quotidianità dell'esercizio è fondamentale”. “Il maestro accompagna sempre il genitore nel lavoro domestico, tramite registrazioni video e spiegazioni molto esaurienti; i maestri della scuola Suzuki, sia di strumento che di ritmica, non abbandonano mai il genitore, che può chiedere sempre loro aiuto, anche per dubbi sulla strategia migliore da utilizzare con il singolo bambino”.

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“Sono più che altro indicazioni di postura e posizionamento delle mani e dell’archetto. In sostanza indicazioni molto tecniche e atte al miglioramento complessivo del suono”. “Il metodo Suzuki è ricco di suggerimenti che, soprattutto agli inizi, forniscono spunti per lo studio domestico. La realtà per noi è che, più di tutto, è significativo sapere che quello che stai studiando ti servirà per orchestra o – più semplicemente – per sentirti dire “Bravo!” dal tuo insegnante. Quando F. era ancora alla scuola materna, il suo insegnante di violino si era inventato per lui una “sfida” con un bambino giapponese, per riuscire a stimolarlo a ripetere più volte un esercizio piuttosto meccanico e noioso. Non so quanto F. ci credesse, ma il clima giocoso e la voglia di rispondere positivamente ad una richiesta del proprio insegnante, lo ha spinto a cercare di superare il fantomatico “record” di questo inesistente bambino giapponese”. “Studiare un po' tutti i giorni”.

L’intervista ha, inoltre, voluto comprendere quale fosse il rapporto che lega il bambino al maestro e come i genitori considerano e percepiscono tale relazione. Affetto, considerazione e rispetto sono gli elementi che tutti i genitori hanno enunciato nelle risposte, sostenendo la riconosciuta autorevolezza del maestro di strumento. “S. ora ha un'altra insegnante rispetto al suo primo maestro di violino. Per come è fatta lei e per come è evoluta (ormai è un'adolescente di 14 con tutte le sfaccettature del caso...) il cambiamento avvenuto tre anni fa è stato molto positivo e tra le due si è istaurato un ottimo rapporto che va anche al di là del mero studio dello strumento. Per D. invece, il maestro è sempre stato quello che ha anche ora, con il quale si è sempre trovato molto bene”. “Si crea una profondissima affettività tra maestro e allievo; il maestro diviene un punto di riferimento nella vita del bambino e la sua presenza settimanale è essenziale. Durante le vacanze spessissimo i miei figli chiedono dov’è il maestro/a e quando lo/a potranno rivedere. Il fatto che non si tratti di un’alternativa a mamma e

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papà (come all’asilo/scuola), ma che il genitore partecipi all’apprendimento attivamente è un aspetto importantissimo per un bimbo piccolo”. “M., l’insegnante di violoncello, è molto dolce ed il rapporto è ovviamente facilitato da un atteggiamento quasi materno. Riesce a trasmettere i concetti con tranquillità e pazienza, il rapporto è sostanzialmente ottimo e la lezione svolta in un clima sereno”. “Autorevolezza ed affetto, un affetto che – soprattutto per F., che suona ormai con lo stesso insegnante da molti anni - va oltre il semplice discorso musicale, ma fa diventare l’insegnante un punto di riferimento e d’esempio”. “Il rapporto era molto bello. Lui era molto, molto affezionato. E' stata una figura maschile importante in quegli anni. Anche durante la malattia. Ricordo che M. non aveva potuto preparare i brani per il saggio a causa dell'ospedale, ma il saggio l'ha fatto ugualmente suonando due brani che aveva imparato durante l'anno. Così ha sentito come se le cose, malgrado i soggiorni e i controlli in ospedale, scorressero in fondo normali”.

Allo stesso modo è stato utile comprendere la qualità del rapporto tra genitore e maestro e se questo rispecchiasse le caratteristiche riscontate nel rapporto con il bambino. Le risposte sono state altrettanto positive e nella quali la parola “fiducia” è stata quella più pronunciata. “Buonissimo, si è lavorato e si lavora ancora quasi in simbiosi. Siamo ormai diventati una grande famiglia. Da qualche anno, poi, la figlia grande è autonoma e non necessita più della mia presenza a lezione o durante lo studio a casa. Per il piccolo sono ancora presente ma stiamo raggiungendo anche per lui l'autonomia, che è poi uno degli obiettivi prefissi”.

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“C’è un rapporto di grande fiducia. Non posso che ammirare il modo con cui questi insegnanti trattano i bambini, come se ognuno di loro fosse unico e desidererei che in ogni contesto i miei figli trovassero insegnanti di questo tipo”. “Il rapporto è sereno e tranquillo. L’insegnante interagisce molto con i genitori, spiegando loro la tecnica e il pezzo da suonare. I genitori vengono utilizzati come tramite, durante gli esercizi a casa, per tenere a mente i concetti ed aiutare il bambino”. “Fiducia, profonda fiducia e stima per il lavoro che viene svolto con i miei figli”. “Un bel rapporto di fiducia”.

Il

metodo

Suzuki

richiede

la

partecipazione

del

genitore

nell’accompagnamento a casa, ma ancor di più prepararlo a preparare il bambino a diventare fondamentale componente di una orchestra. La domanda seguente ha inteso sondare il significato che i genitori danno a questa partecipazione e a comprendere come i propri piccoli hanno accettato, rifiutato e superato lo scoglio di provare una performance di gruppo. L’entusiasmo è stata l’emozione comune per tutti i genitori intervistati, ad eccezione di uno che non ha potuto provare l’esperienza dell’orchestra. “Un significato e un'importanza fondamentale: grazie all'orchestra i bambini crescono, migliorano tantissimo, imparano ad ascoltare gli altri, a seguire le regole e, perché no, anche a divertirsi. Mia figlia S., per esempio, ha superato momenti di crisi con lo studio dello strumento proprio grazie alle sessioni d'orchestra dove si è sempre molto divertita, oltre che impegnata. La possibilità di suonare in orchestra è, quindi, essenziale”. “I bambini adorano suonare insieme con i loro amici e far vedere i risultati del loro studio

al

pubblico:

è

inoltre

uno

stimolo

eccezionale

a

procedere

nell’apprendimento per raggiungere i risultati dei bambini coetanei ed imitare i più grandi”.

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“Suonare in orchestra è un esperienza estremamente gratificante ed entusiasmante per il bambino. Nello stesso tempo si responsabilizza, perché sa che il suo operato è fondamentale per la riuscita del concerto. La musica corale è un’esperienza sempre molto intensa, si scopre il ruolo e compito di ogni strumento e allo stesso tempo, tutti sono incoraggiati a fare del proprio meglio. Ci guadagna anche la sensibilità artistica e musicale, perché si deve seguire il direttore e l’impostazione, così come la postura, assumono un ruolo primario”. “I nostri bambini sono spesso amici; i grandi si prendono cura dei piccoli e noi cerchiamo di aiutarci a vicenda: è diventata la nostra tribù. Suonare insieme, per dei bambini, è sapere creare una magia, essere dei piccoli maghi. E crearla con i loro amici”. “Non suonava in orchestra”.

Durante l’intervista si è cercato di comprendere quali fossero le aspettative dei genitori, sia a breve che a lungo termine. Sono apparsi desideri, per il proprio bambino, legati all’importanza del saper usare uno strumento musicale nella vita, ma non è mai stato sottolineato il desiderio di vedere il proprio figlio come un professionista della musica, ma anzi la considerazione per l’esperienza del metodo è sempre stata considerata come un’opportunità per crescere nel modo migliore. “Mi piacerebbe che entrambi i figli continuassero a suonare il loro strumento, se non a livello professionistico almeno amatoriale, perché è un'esperienza unica, arricchente al massimo e che sicuramente dà i suoi frutti anche a lungo termine. Come diciamo spesso alla Scuola Suzuki, i bambini che hanno avuto esperienza in campo musicale, cresciuti come i nostri nella musica, saranno ragazzi e adulti, lo speriamo, con una marcia in più. E' questo che mi auguro per loro”. “La mia unica aspettativa è che tutto rimanga com’è, ovviamente seguendo un percorso di crescita. Desidererei anche che i miei figli continuassero a coltivare le loro amicizie in un ambiente così sano e positivo”.

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“Nessuna aspettativa in particolare, che non sia la crescita della sensibilità del bambino. Non mi aspetto che vada al conservatorio, anche se ovviamente avrei piacere se decidesse di continuare con passione il percorso di perfezionamento. Sono convinto che una cultura musicale aiuti anche nella vita di tutti i giorni”. “A breve termine mi aspetto che proseguano con impegno lo studio dello strumento. A lungo termine…decideranno loro che cosa fare di questo sapere. Io voglio di dar loro un’opportunità in più, tutto qui”. “Non mi aspettavo che diventasse un musicista. E' stata un'opportunità. Quando è stato nell'età che, se avesse realmente avuto passione, avrebbe potuto studiare da solo senza continue sollecitazioni, non si è dimostrato abbastanza interessato. Infatti da quando ha smesso avrà toccato il pianoforte due o tre volte, mentre del basket parla sempre. Tutte le mattine appena alzato ancor prima di fare colazione guarda i risultati delle partite di NBA. Questa è passione!”.

A riguardo dello strumento, è stato possibile indagare se i bimbi avessero mostrato interesse più per uno strumento che per un altro. Ma le risposte non hanno evidenziato resistenze particolari e lo strumento proposto è diventato, sin da subito, l’oggetto d’interesse. “S. ha scelto lo strumento in autonomia, sebbene non avesse ancora cinque anni, e ha battezzato il suo piccolo violino con il nome del suo primo insegnante. Per D. invece la scelta è caduta sul violoncello per diversificare e lui ha accettato senza grossi problemi. Quando poi per S. è arrivato il momento dello studio anche del pianoforte, allora sono cominciate le resistenze, che continuano tutt'ora! Per D. vedremo…”. “Più che altro si sono innamorati dello strumento che hanno scelto”. “No, nessuna resistenza in particolare”. “F. ha da sempre detto che avrebbe suonato il violino, forse avendo visto quello del papà. P. voleva suonare il contrabbasso, ma non è fra gli strumenti

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insegnati nella nostra scuola. Però è molto felice di suonare il violoncello come O. (uno dei “grandi” della nostra orchestra a cui è molto legato)”. “Non ci sono state resistenze allo strumento proposto”.

In riferimento all’accettazione dello strumento, si è voluto comprendere, invece, quale fosse stata la preferenza del genitore stesso. Il desiderio dei genitori in buona parte si è rivelato differente, ma senza alcuna resistenza alla scelta del maestro. “No, niente in particolare. Il fatto di aver scelto strumenti ad arco però mi è piaciuta perché ho scoperto un mondo nuovo rispetto al pianoforte a cui ero abituata”. “Non mi sono mai espressa, ma in cuor mio desideravo che non scegliessero il pianoforte, perché volevo che avessero una forte esperienza di gruppo in orchestra”. “No, anche in questo caso niente di particolare”. “No. Avrei escluso l’arpa poiché presuppone, fin dall’inizio, un impegno economico ingente da parte della famiglia”. “Non avevo preferenze, anche se col pianoforte rimani un poco più isolato i primi anni”.

Spesso i bambini, specie nella prima età scolastica, devono rispondere a nuovi doveri: i compiti scolastici, le attività sportive, nonché rinunciare a quelle attività ludiche dalle quali sono attratti. La famiglia, impegnata in responsabilità di carattere lavorativo e domestico è spesso alle prese con le rincorse che permettano al bambino di adempiere ai nuovi doveri. A fronte di una gestione così complessa, può succedere che le esercitazioni al metodo diventino causa di appesantimento e in alcuni casi, desiderio di rinuncia da parte del bambino o del genitore stesso.

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L’intervista, a fronte di queste possibilità, ha voluto comprendere il peso dell’impegno dei genitori in modo più oggettivo. Le risposte hanno evidenziato le difficoltà del percorso, soprattutto quelle legate alla conciliazione con gli impegni della scuola. Sono emerse preoccupazioni per il rendimento scolastico, che i genitori considerano prioritario. Ma è stata evidente la consapevolezza del genitore nel percorso di accompagnamento al bambino e al proprio ruolo di sostegno. “Come ho detto prima, l'impegno costante con uno strumento non è per nulla facile, ecco perché ritengo che sia preferibile che il bambino cominci a suonarlo quando è ancora alla scuola materna e quindi non alle prese con compiti e studio. Certamente i momenti di sconforto arrivano eccome e a volte proprio non si riesce a star dietro a tutto. Sta comunque molto nel genitore riuscire a “tenere duro” e trovare risorse e motivazioni nuove per proseguire il percorso. Per quanto mi riguarda, nessuno dei miei figli ha mai detto di voler smettere di suonare, ma ci sono stati, e con la grande ci sono ancora, momenti di forte crisi. Il fatto che noi genitori non abbiamo gettato la spugna ha sicuramente aiutato”. “A volte ci si chiede: sarò in grado di compiere adeguatamente il mio “lavoro” di genitore? Tuttavia ci divertiamo troppo a suonare insieme, per ora a nessuno è mai venuto nell’anticamere del cervello il pensiero di smettere. I risultati sono immediati e questo conforta figli e genitori. L’equivalenza “studio = imparo” è così palese che tutti sanno esattamente cosa devono fare. Non è speciale saper far uscire dei suoni sensati da una scatolina di legno?”. “Di certo, con l’incremento degli impegni, la gestione si complica, non tanto il trovare quindici minuti al giorno per gli esercizi, quanto per trovare il tempo necessario per presenziare la lezione del lunedì e del mercoledì. Ovvio che l’attività musicale (che ricordo essere un’attività culturale) richiede costanza ed impegno. Per adesso il bambino va alle scuole elementari e il carico di impegno è compatibile con quello richiesto dalla scuola Suzuki; con l’evolversi del percorso scolastico, ci adegueremo e affronteremo di volta in volta le problematiche. Certo la priorità è il rendimento scolastico, il resto è una conseguenza”. “I miei bambini, oltre alla scuola, fanno due allenamenti di calcio alla settimana

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(per la sovrapposizione partite/concerti nei week-end in cui capita ve ne siano, mediamo di volta in volta), frequentano il catechismo e giocano parecchio in oratorio con gli amici. Per ora la scuola va decisamente bene – sono entrambi alla primaria. Io mi limito a sollecitarli affinché non perdano tempo. Fortunatamente, lavoro un solo pomeriggio alla settimana e gli altri giorni rientro al massimo alle 14,30/15. Questo di sicuro aiuta, perché l’impegno di studio dello strumento, soprattutto finché non diventano autonomi, necessita la presenza di un genitore ed è indubbiamente pesante per quelle famiglie che, magari, fanno ritorno a casa solo all’ora di cena. Anche noi abbiamo conosciuto momenti di stanchezza, ma è stato sufficiente non lasciarsi spaventare e ricalibrare il tiro per un po’. Come con tutto, d’altronde. Non si può negare ai bambini – e ogni tanto anche a noi adulti - di essere stanchi, ma ci si può aiutare a reagire, a diminuire un po’ tutto, senza mai lasciare niente del tutto”. “Sì, questo può succedere. E' molto impegnativo, più si va avanti e più l'impegno aumenta. Io e mio marito siamo dell'idea che i nostri figli non debbano essere caricati di troppi impegni. Ci vuole il tempo libero per giocare! Giocare è un'attività importantissima e vitale per il bambino. Anche gli adulti dovrebbero giocare. Attraverso il gioco i bambini costruiscono la loro realtà , elaborano esperienze e paure. Rispettiamo molto questo. Se suonare per un bambino è bello ed interessante quanto giocare, allora ok, ma per M. non era così. C'erano giorni in cui finiva i compiti di scuola e si metteva a suonare poi c'era tempo solo per la cena. Fare basket, catechismo e musica sarebbe stato troppo. L'importante è avere piacere o meglio ancora passione per qualcosa, che sia sport o musica è uguale. Il nostro pezzetto insieme l'abbiamo fatto. Ha un'età per cui nel tempo libero è giusto che vada avanti con le sue gambe, intendo dire gestendo appieno il suo impegno, così come gestisce la scuola”.

Ancora in modo più approfondito, si è cercato di comprendere quali fossero le modalità che un genitore opera al fine di motivare il proprio bambino negli esercizi a casa. Varie sono state le risposte, quelle che trovavano il cioccolato come un espressione di ricompensa a quelle che la ricompensa stessa era rappresentata dall’esclusività del momento con il genitore.

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“Sicuramente l'aiuto di validi insegnanti a lezione è fondamentale, e in questo quelli dei miei figli sono stati e sono davvero bravissimi. Comunque, quando i ragazzi erano più piccoli e avendone la possibilità, cercavo di farli esercitare con lo strumento in un altro momento della giornata rispetto a quello che avevo proposto e che loro avevano rifiutato. Oppure pretendevo da loro meno tempo rispetto a quello previsto per quel giorno. Spesso è capitato che per uno o due giorni li lasciassi stare per non far aumentare il rifiuto e a volte sono stati proprio loro a chiedermi di suonare poi. Ora che sono più grandi, la motivazione maggiore allo studio è l'obiettivo di un esame da superare o la preparazione di un concerto o di un saggio. Per ora vedo che funziona!”. “Basta dir loro che passeranno qualche minuto di “intimità” soli con la mamma a suonare e a chiacchierare. E’ proprio in questo contesto che c’è modo di rivelare segreti e paure della scuola, della piscina, delle amicizie…e intanto si suona!”. “Con l’incoraggiamento e la continua sollecitazione. Bisogna evidenziare sempre come i progressi ottenuti, di cui lui stesso si accorge, siano dovuti all’impegno e all’esercizio quotidiano. L’equivalenza, impegno, esercizi e risultati deve essere sempre presente”. “Con P. funziona il cioccolato. Quello che gli darei di merenda! Quando erano più piccoli ed il pezzo da studiare era proprio impegnativo, ritagliavo una faccina sorridete ogni volta che suonavano quel brano e, quando il foglio era pieno, c’era un piccolo premio (una macchinina e un animale di plastica)”. “Quando aveva 4, 5 anni suonavamo insieme. La musica era un gioco. Dopo l'ho lasciato un po' più libero. Se avesse dimostrato maggiore iniziativa avremmo continuato. E' bello se c'è partecipazione, ma se diventa un dovere non credo. Basta la scuola”.

Alla fine dell’intervista, si è voluto indagare il peso effettivo che ad oggi, il genitore da alla scelta intrapresa, favorendo la frequenza del proprio bambino presso una scuola Suzuki, includendo il valore qualitativo della sua crescita e del saper stare

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con gli altri. Le risposte a prescindere se il bambino ha vissuto l’esperienza o la vive ancora, sono state tutte positive e atte a valorizzare l’arricchimento del bagaglio culturale del bambino. Insomma, dice un genitore: ne vale la pena! “Come ho già detto sopra, secondo me il metodo Suzuki è davvero fondamentale per la crescita completa di un bambino e lo consiglio sempre a chi mi chiede un parere su quale scuola di musica scegliere per i propri figli. Certo per il genitore è molto impegnativo, sotto ogni punto di vista, ma credo davvero che ne valga la pena”. “All’inizio non avevo nessuna aspettativa, era solo un gioco da fare insieme, un’altra occasione per stare tutti uniti. Oggi direi che ritengo questa la più bella occasione educativa che hanno avuto i miei figli (e a volte li invidio un po’ rispetto alle noiosissime lezioni di pianoforte che mi sorbivo alla loro età)”. “Di sicuro la sensibilità musicale, la capacità di memorizzare e il senso del ritmo non sono cose negative e certamente sono qualità che aiutano nella vita di tutti i giorni. La cultura è sempre una ricchezza ed un bagaglio che lui porterà sempre con sé”. “Probabilmente ciascuno sceglie un certo ambito per far crescere il proprio figlio: per alcuni è lo sport praticato con serietà, per altri una certa scuola…Per noi è stato la musica ed, in questo momento, è molto importante. Anche se ci teniamo a mantenerla in equilibrio con le altre attività svolte dai bambini, perché a questa età devono anche imparare a muoversi in ambienti diversi e cogliere l’occasione di imparare cose diverse”. “Anche se ha smesso è stata un'esperienza importante. Qualche volta guardiamo con lui e A. i video dei saggi. Mio marito pensa che è una scuola troppo impegnativa sia come studio settimanale che come orario. Quando andavamo era certamente impegnativo. Studiavamo quasi tutti i giorni, ma del resto lo strumento musicale è così, richiede un esercizio regolare e costante, tutti quelli che fanno musica lo sanno. Però posso dire che ricorda con piacere l'esperienza con Abbado alla scala, sa chi è Beethoven, Mozart, Vivaldi, Muzio Clementi e altri ancora, anche se preferisce Bruce, i Queen e gli ZZ top”.

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Per concludere l’indagine, si è voluto comprendere quale strumento suonasse il proprio figlio. Violino e violoncello sono stati quelli maggiormente dichiarati e solo colui che seguiva gli studi di pianoforte ha poi lasciato il metodo. Quest’ultimo bambino è stato lo stesso che non è stato componente dell’orchestra. “Per S. è iniziato il decimo anno di studio del violino e per D. il sesto del violoncello”. “Uno suona il violino, l’altro la viola”. “A. suona il violoncello, direi con risultati soddisfacenti considerando i suoi sette anni di età”. “F. il violino e P. il violoncello”. “Suonava il pianoforte”.

4.5

Il contenuto delle interviste: proposte e aspettative.

I risultati che si ottengono analizzando i pensieri esplicitati dal maestro Taffuri e quelli dei genitori intervistati, sono interessanti e partecipano insieme a dichiarare quanto la musica sia un elemento imprescindibile nella crescita di ognuno di noi e della nostra civiltà. L’essere semplice ricevitore di piacevoli melodie rende certamente l’uomo più sensibile a tanti aspetti del proprio saper percepire il mondo, ma essere capaci di produrre musica, attraverso le proprie mani e il proprio essere, rende l’uomo del domani capace di gestire un canale comunicativo che mette in contatto tutti e annulla le differenze culturali e generazionali.

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Come sostenuto dal maestro Taffuri: la musica non può essere la semplice capacità di suonare. Egli considera la musica come un linguaggio universale e l’identificazione di un essere, quello umano, che diventa capace di interagire con gli altri esseri, abbattendo qualsiasi diversità, unendo e coinvolgendo. La maggior parte dei genitori che si sono espressi, sottolineano questi aspetti e li valorizzano, perché si sentono consigliati e accompagnati, in un mondo musicale che vivono già, per esperienza e per piacere, ma che nella dimensione educativa, diventano essi stessi allievi e tutori di un esperienza da far provare ai propri figli. La piacevole e interessante esperienza del metodo Suzuki, racchiude proprio in questi passi la sua notevole diversità didattica: il maestro non si pone al solo discente, ma al “maestro-genitore” del discente. Quest’ultimo, con i suoi bisogni, le difficoltà da superare e il desiderio di crescere, diventerà a sua volta motivo di riflessione per il maestro di ritmica e strumento. Egli, a fronte della nuova realtà, dovrà essere capace di reinventare l’approccio con il bambino ed esso stesso rinascere ogni volta. Riuscendovi. Taffuri punta a I Piccoli Musici Estensi e accompagna un’orchestra d’archi giovanile in concerti internazionali. Il maestro si adopera per le rassegne umanitarie e raccoglie fondi per progetti musicali in Africa. Per Carlo Taffuri: la musica è tutto e tutto è la musica. Egli ha ben presente l’espressione di Baricco, quella che sostiene che: la musica è l'armonia dell'anima. Ma nelle sue parole, così come nel suo operato, è la generosità che conta: quella che permette di trasmettere i significati della vita e non solo della musica, da maestro a bambino. Ciò che più ha sorpreso intervistare un maestro del metodo Suzuki, è stato ascoltare le parole ricche di possibilità per chiunque, riguardo alla musica: […] tutti possono imparare la musica e a qualsiasi età! E’ pur vero che il metodo sostiene che un avvicinamento in età precoce, migliora i livelli di apprendimento, in quanto il piccolo, in quella età, è definito: come un foglio bianco.

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Per Taffuri, l’apprendimento musicale, attraverso il metodo Suzuki, è una chance fondamentale che si può offrire a donne e uomini del domani: essere capaci di creare un messaggio e riceverlo, attraverso un canale comunicativo che non si limiti al verbale e che, come di incanto, sia comprensibile a tutti. Il pensiero di Taffuri parla di universalismo della comunicazione e si avvale perciò di pochi e semplici elementi: generosità, fiducia e desiderio di esprimere l’individualità umana. L’analisi delle interviste ai genitori non porta ad assumere d’impatto tutti gli elementi sostenuti dal maestro, ma molto semplicemente sono accompagnati in una introduzione alla musica, come opportunità e alternativa alla crescita cognitiva e spirituale del proprio piccolo. Quello che l’analisi ha potuto appurare, vagliando le intenzionalità del maestro e le aspettative dei genitori, è stata la straordinaria capacità dei bambini che, nella quasi totalità dei casi, continua a perseguire il senso della musicalità ascoltata e prodotta e che, a prescindere dallo strumento “accompagnatore” acquista, giorno dopo giorno, il senso e l’importanza della musica. A prescindere dalle modiche aspettative che i genitori intervistati hanno dichiarato nei confronti del metodo Suzuki, è evidente che il senso dell’impegno che il metodo richiede, soddisfi un criterio ben più importante, che quello limitato al semplice approccio musicale, ma che volge al senso di partecipazione del bambino e del genitore. Far parte di un gruppo e, addirittura, di una orchestra, richiede l’intenzionalità d’essere coprotagonista di un grande insieme: che richiede regole e impegno. Queste sono le stesse caratteristiche richieste per far parte di un’orchestra. I Piccoli Musici Estensi, l’Orchestra d’esibizione internazionale o, semplicemente, far parte di una famiglia musicale, renderanno i piccoli consapevoli di un mondo che si crea: tutti insieme e a prescindere da quello che sarà lo strumento suonato.

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4.6

L’iniziativa

Partendo dalle parole raccolte dall’intervista a Carlo Taffuri, ovvero: tutti possono imparare la musica e a qualsiasi età!, l’associazione ImmaginArte ha riconosciuto l’importanza dell’alfabetizzazione musicale anche in contesti che non rispondono, per caratteristiche e criteri al metodo Suzuki, ma che possono offrire a tutti i bambini e a tutti i ragazzi il valore legato alla crescita attraverso la musica. E’ per questo che nasce un progetto che lega l’associazione ImmaginArte con l’Istituto Comprensivo Statale “Iqbal Masih” di Malnate (VA). La collaborazione nasce nel 2014 e vede gli alunni delle scuole di Malnate, iniziare un percorso di educazione musicale che si propone di far vivere ai bambini l’avvicinamento alla dimensione strumentale della musica e tentare, inoltre, un’esperienza di riscatto sociale. Proprio nello stesso anno, nasce il nucleo sperimentale, fortemente sostenuto dal maestro Carlo Taffuri e il dirigente scolastico Prof. Lucio Valli dal titolo: Orchestra Iqbal Masih. Entrambi propongono la nascita di un Nucleo Sperimentale con dei corsi di alfabetizzazione musicale da realizzare nelle classi 2° e 3° delle scuole Primarie di Malnate con il metodo del “El Sistema”, un modello didattico musicale ideato dal Ministro venezuelano Josè Antonio Abreu291 e consistente in un sistema integrato di formazione, basato sul valore di inclusione socioculturale della musica. Nato circa quaranta anni fa in Venezuela, il metodo ha permesso di avvicinare alla musica milioni di bambini. L’obiettivo che si pone il modello educativo musicale è quello di contribuire ad affermare i valori della pace, della solidarietà e della giustizia. Il progetto si ispira al Sistema in Italia292, nato nel 2010 e promosso dal maestro Claudio Abbado293 che ha fondato nel 2010, il Sistema Orchestre e Cori !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 291

Josè Antonio Abreu è un musicista, attivista, politico, educatore e accademico venezuelano, fondatore di El Sistema, una fondazione per la promozione sociale dell'infanzia e della gioventù attraverso un percorso innovativo di didattica musicale.! 292 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemainitalia.com>. 293 Claudio Abbado (1933–2014) è stato un direttore d'orchestra e senatore a vita italiano. Compie i suoi studi presso il conservatorio meneghino, specializzandosi in composizione, pianoforte e direzione d'orchestra. Dopo il diploma, si perfeziona con Friedrich Gulda per il pianoforte e Antonino Votto per la direzione d'orchestra. In seguito, si trasferisce a Vienna, avendo vinto una borsa di studio biennale per i prestigiosi corsi di perfezionamento in direzione orchestrale di Hans Swarowsky.

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Giovanili e Infantili - Onlus, una realtà che oggi conta oltre 45 nuclei operativi su tutto il territorio nazionale e ben 14 regioni coinvolte.

4.6.1 El Sistema El Sistema è una metodologia pedagogico - musicale rivolta a giovani e giovanissimi. Fu applicata per la prima volta in Venezuela, nel 1975, ad opera di Josè Antonio Abreu, politico e musicista venezuelano e fu rivolto alle classi sociali svantaggiate. El Sistema rappresentò una vera rivoluzione per il riscatto sociale in quel Paese, in quanto, raggiunse risultati sorprendenti in poco tempo: oltre 125 orchestre e cori giovanili, 30 orchestre sinfoniche e, ad oggi, sono 350.000 gli studenti organizzati in 180 nuclei operativi su tutto il territorio venezuelano294. Due milioni di bambini educati nel tempo, attraverso questo sistema, hanno permesso di riscontare un significativo incremento della partecipazione scolastica e un sensibile calo della delinquenza giovanile. Quella messa in atto in Venezuela, fu una vera e propria rivoluzione pacifica destinata a mutare, radicalmente, interi strati del tessuto sociale nazionale. Ancora oggi, il progetto, mirando ad organizzare sistematicamente l’educazione musicale e a promuovere la pratica collettiva della musica attraverso orchestre sinfoniche e cori come mezzo di organizzazione e sviluppo della comunità295 è gestito dal Ministero della Famiglia, Sport e Salute e ha come scopo primario la salvaguardia e la protezione dei giovani attraverso l’impegno e lo studio, la prevenzione e la correzione di comportamenti asociali e criminali. La musica infatti assume la forma di un mezzo per la promozione ed il riscatto sociale e intellettuale.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 294

Riferimento al sito Il Fatto Quotidiano: <http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/24/el-sistemarivoluzione-tessuto-sociale-venezuelano-jose-antonio-abreu/1281656/>. 295 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/el-sistema.html>.

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120


Il metodo si è diffuso in tutto il mondo, interessando Paesi come la Spagna, l’India, gli Stati Uniti e l’Italia296. Nel centro del “Sistema” si trova il concetto di Paideia297greca, volta all’educazione morale del cittadino e attraverso questa, creare una comunità ideale, volta alla bellezza e all’eccellenza, ottenibile attraverso le esperienze che la musica genera nei giovani. Si punta, dunque, alla formazione di una comunità, dove tutti hanno lo stesso accesso all’educazione musicale di alta qualità e dove le barriere economiche e di disabilità non limitano la partecipazione comunitaria298. Nel metodo, si valorizza la musica sinfonica e si stimola la capacità del giovane ad essere partecipe di una orchestra, stimolando lo sviluppo di nuove conoscenze e competenze299. Per sviluppare questi programmi musicali è necessario un intensivo lavoro qualitativo e quantitativo. Quantitativo, in quanto è richiesto ai giovani di investire una importante quantità di tempo di lavoro individuale e collettivo, per impadronirsi delle destrezze necessarie per suonare il brano sinfonico. Qualitativo perché, anche se i ragazzi non sono chiamati ad essere professionisti della musica, i programmi devono essere d’eccellenza, che obbligano un’intensa dedizione individuale e collettiva. Inoltre, la convergenza di grandi numeri di ragazzi, che suonando insieme, obbliga lo sviluppo di competenze di intonazione e articolazione collettiva, che sono indispensabili per acquistare l’unità del complesso sinfonico. L’aspetto sociale di questo principio e l’opportunità dei giovani che provengono da differenti territori nel creare una nuova comunità, punta a promuovere l’amicizia e la responsabilità artistica attraverso le esperienze locali300. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 296

Riferimento al sito Progetto Alternativo: <http://www.progettoalternativo.com/2014>. Paideia è un termine greco, il cui significato originario equivaleva a ‘educazione’ e che assunse poi il valore di ‘formazione umana’ per arrivare infine a indicare il contenuto di detta formazione, la cultura nel senso più elevato e personale. P. è perciò non tanto la pedagogia come mezzo per un traguardo formativo, quanto piuttosto il fine stesso dell’educazione, l’ideale di perfezione morale, culturale e di civiltà cui l’uomo deve tendere. 298 Riferimeto al sito Sistema: < http://www.sistemaitalia.eu/sistema/metodo-e-principi.html>. 299 Ibidem. 300 Ibidem. 297

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In questa convergenza, condividendo valori culturali, morali ed estetici, i giovani si uniscono in una comunità con un solo linguaggio: la musica. Nel Sistema, l’orchestra è concepita non solo come convergenza di differenti sezioni di strumenti (archi, legni, ottoni e percussioni), ma anche come la convergenza di gruppi da camera (quartetti, quintetti di fiati e ottoni, etc.) e di orchestre di famiglie di strumenti (orchestre di flauti, violini, etc.). Per questo, l’orchestra può essere divisa in diversi gruppi che fanno un lavoro propedeutico per preparare il pezzo scelto come obiettivo finale del progetto di repertorio sinfonico. I principi del “Sistema” sono, dunque301: - divertimento e apprendimento come diritto sociale; - competenza, rinnovamento e inclusione sociale; - integrazione e attenzione all’individuo, alla famiglia e alla comunità; - ricchezza spirituale per vincere la povertà materiale; - inserimento della musica nella vita quotidiana; - valorizzazione del linguaggio universale della musica; - inserimento del valore della meritocrazia per il progresso umano. I benefici individuali e sociali del "Sistema", sono dunque302: - la felicità: attraverso l’opportunità di contare sull’appoggio della famiglia e dei compagni d’orchestra, diventare musicista nella propria comunità, possedere uno strumento, studiare e viaggiare; - l’autostima e la sicurezza affettiva. Fare musica aiuta a costruire un mondo interiore, essere presi in considerazione, sentirsi apprezzati, affrontare le sfide e ottenere applausi: tutti elementi che rafforzano la valorizzazione di sé stessi; - lo sviluppo del senso estetico. I meravigliosi suoni delle opere sinfoniche, la delicatezza degli strumenti, l’eleganza architettonica dei teatri sono tutte espressioni che insegnano ad apprezzare la bellezza; - la convivenza, la solidarietà e la tolleranza. Durante le lezioni, i bambini e !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 301 302

!

Ibidem. Ibidem.

122


i ragazzi condividono momenti di tensione e di allegria, si confrontano su situazioni personali e assumono atteggiamenti di condivisione. Nell’orchestra si apprende a correggere i propri e altrui errori con tolleranza.

4.6.2 El Sistema in Italia Guardando all’esempio venezuelano, in Italia, il 10 Dicembre 2010 nasce il Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili Onlus303, promosso da Federculture e dalla Scuola di Musica di Fiesole. Il Sistema è presieduto da Roberto Grossi304, e ne sono Presidenti Onorari, Claudio Abbado e José Antonio Abreu. Ispirandosi ai valori etici definiti nell’accordo siglato tra il Comitato venezuelano e quello italiano, il Sistema in Italia vuole offrire l’opportunità di accesso prevalentemente gratuito all’educazione musicale per bambini e ragazzi, in particolare tra coloro che vivono in situazioni di disagio economico, fisico e sociale305. Il Sistema in Italia non aiuta e sostiene solo famiglie e ragazzi con difficoltà economiche, psichiche e sociali, ma si propone anche come risposta al bisogno di significato e compagnia. Questo progetto sta sempre più prendendo la forma di una educazione musicale che mira allo sviluppo di intelligenze umane ed emotive, delle relazioni interpersonali ed empatiche. Si offre ai ragazzi la possibilità di usare il tempo in modo costruttivo, attraverso iniziative musicali, in cui ogni ragazzo può dare il proprio contributo creativo, creando una comunità, dentro la quale si possa vivere un processo di apprendimento, che diventa occasione di crescita verso un obiettivo comune: la realizzazione di un evento artistico306.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 303

Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/organi.html>. Riferimento al sito Federculture: <http://www.federculture.it/attivita/sistema-delle-orchestre-ecori-giovanili/>. 305 Ibidem. 306 Riferimento al Sito El Sistema Macerata: <http://www.elsistema-macerata.it/progetto-el-sistema/>. 304

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Il Sistema in Italia307si pone, quindi, come risposta ad una emergenza educativa, che si è manifestata sempre più chiaramente negli ultimi anni. Tre gli assi portanti dell’esperienza del Sistema italiano si ritrova308: - la musica come base irrinunciabile per la formazione di ogni persona; - la musica come “leva” per l’inclusione dei disabili; - la musica come strumento di integrazione per affrontare il disagio sociale, come

quello

rappresentato

dalle

crescenti

problematiche

legate

all’immigrazione, alla dispersione scolastica, alla solitudine, alla mancanza di punti di riferimento, all’abuso di droghe e alcol tra i giovanissimi. Sono già 7.500 i bambini e i ragazzi italiani, dai 4 ai 16 anni, che partecipano alla crescita di questo importante progetto sociale, riuniti in 38 Nuclei e distribuiti in 14 Regioni italiane: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Veneto e Toscana309. L’obiettivo del Sistema in Italia è diffondere l’educazione musicale come risposta alle difficoltà che gravano sul mondo giovanile, come prevenzione e cura delle distorsioni psico-sociali, attraverso una nuova capacità di progettare il futuro, una rinnovata scala di valori umani, contribuendo al contempo allo sviluppo economico e sociale delle aree di riferimento310. Il Sistema italiano richiama all’attenzione il valore educativo e sociale della musica che, malgrado l’eccelsa tradizione musicale del nostro Paese, si è andato perdendosi. Si configura, pertanto, come una preziosa opportunità per riscoprire il valore della musica d’insieme311.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 307

Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/referenti-regionali.html>. Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/sistema-in-italia.html>. 309 Riferimento al Sito El Sistema Macerata: <http://www.elsistema-macerata.it/progetto-el-sistema/>.! 310 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/sistema-in-italia.html>. 311 Ibidem. 308

!

124


Recentemente è stato stipulato un Protocollo d'Intesa con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per attuare un sistema integrato di formazione musicale nelle scuole312.

4.6.3 L’intervista al Dirigente Scolastico In riferimento all’iniziativa intrapresa dall’associazione ImmaginArte e l’Istituto Comprensivo Statale “Iqbal Masih” di Malnate (VA)313, volta all’alfabetizzazione musicale degli studenti della scuola stessa, il progetto di tesi ha inteso arricchire i propri contenuti intervistando il Prof. Lucio Valli, dirigente scolastico dell’istituto. L’incontro, tenutosi il 3 febbraio 2015, ha permesso di conoscere, innanzitutto, che il numero di scolari del Comune di Malnate, tra istruzione primaria e secondaria di primo grado, è di 1.467 iscritti e che, 210 è il totale di docenti titolari e supplenti che insegnano. Ringraziando, sin da subito, il dirigente scolastico, per la disponibilità dimostrata, gli è stata posta una domanda volta a indagare le sue impressioni generali riguardo l’educazione nel mondo odierno e in continuo cambiamento. La sua considerazioni sono state le seguenti: Beh, affermare che la sfida educativa di oggi si presenta come particolarmente complessa, forse può apparire banale, in quanto, in ogni epoca, la missione educativa ha dovuto misurarsi con le difficoltà, i limiti e le necessità del contesto storico e sociale di riferimento. Tuttavia potrebbe essere individuato un aspetto inedito rispetto al passato e che sta modificando i paradigmi di fondo su cui fino ad oggi poggiava la trasmissione dei saperi e dei modelli valoriali, come la proliferazione di luoghi d'incontro virtuali e pervasivi: “tre miliardi di persone su sette sono connesse alla più grande piattaforma di condivisione della conoscenza che l'umanità abbia mai avuto" è il commento de la Repubblica di qualche giorno

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 312

Ibidem. In collaborazione con Coop. Soc. ONLUS Educational Team, Sistema Orchestre e Cori Giovanili e Infantili in Italia/Lombardia e Music Lion Club Lombardia. 313

!

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fa314. Le generazioni dei nativi digitali assorbono contenuti e modelli di pensiero/comportamento da ambienti che bypassano la tradizionale relazione con gli adulti (famiglia e scuola) i quali a loro volta si ritrovano in ritardo non solo rispetto ad una adeguata alfabetizzazione sugli ultimi veicoli tecnologici della comunicazione ma, soprattutto, rispetto alla comprensione dei nuovi fattori che concorrono alla formazione della persona e dei modi in cui interagire da coprotagonisti in base ai compiti e alle responsabilità fissati dalla Costituzione stessa. Se a questo aggiungiamo il parere espresso di recente dal Consiglio dei Ministri Europei: "Nonostante gli sforzi compiuti in tutti i paesi europei per adottare i sistemi educativi e di formazione connessi alla società e all’economia della conoscenza, le riforme avviate non risultano all’altezza della posta in palio ed il loro ritmo attuale non consentirà quindi all’Unione di raggiungere gli obiettivi che essa ha stabilito"315, si ricava un quadro un po' preoccupante ma anche di grande interesse.

Mantenendosi sullo stesso tema, si chiede, dunque, se secondo il Prof. Valli, il motivo della diminuzione delle risorse dedicate alla scuola, oggettivamente riscontrate negli ultimi tempi, potrebbero compromettere il ruolo a cui la Scuola è chiamata e se, nonostante tutto, le buone idee e le iniziative conseguenti potrebbero riuscire a difendere la Scuola stessa. La riflessione sugli investimenti nel sistema scolastico si articola su più livelli: internazionale, nazionale e locale. Il Consiglio d'Europa negli ultimi 15 anni ha ribadito con costanza, nel contesto delle strategie di Lisbona, che investire nell'istruzione risulta vantaggioso nel lungo periodo, con benefici diretti e indiretti, influendo positivamente su nuove problematiche politiche cruciali, come la coesione sociale, la concorrenza internazionale e la crescita sostenibile. Tuttavia, le risorse pubbliche per l’istruzione sono diminuite nella maggior parte degli Stati membri e fra essi si è distinta l'Italia. Negli ultimi anni il sistema scolastico nazionale è stato

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R. Luna, Se la rete diventa il metro della vita, Riferimento al sito La Repubblica: <http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/01/25/se-la-rete-diventa-il-metrodella-vita19.html>.! 315 Riferimento al sito Europa: <http://europa.eu/legislation_summaries/education_training_youth/ general_framework11071_it.htm>.

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depauperato di decine di migliaia di posti, svuotando le riforme degli anni precedenti della loro carica innovativa che poggiava sull'organico funzionale. Un colpo durissimo è stato inferto all'autonomia scolastica riducendo dei due terzi il fondo annuale per il miglioramento dell'offerta formativa, necessario non solo per sostenere progetti educativi e didattici di particolare qualità ma anche per riconoscere il middle management che in molti Istituti si è consolidato in anni di forte e qualificato impegno di docenti con incarico di funzione strumentale negli ambiti strategici dell'organizzazione scolastica, quali quelli dell'integrazione , della prevenzione dell'insuccesso scolastico, dell'autovalutazione e così via. Al momento l'unica via che potrebbe parzialmente compensare l'impoverimento del nostro sistema scolastico è quella del territorio: per la scuola del primo ciclo un investimento strategico e di risorse da parte di enti locali e privati (il patto educativo di comunità 316, se redatto e agito, può diventare un ottimo tavolo per coinvolgere le forze vitali di una comunità) e il mondo imprenditoriale per la scuola secondaria.

Provocando il pensiero del Prof. Valli, si cita una vecchia espressione satirica che dice:“in Italia la scuola cade sempre più a pezzi. Ma solo per non stonare col resto” e a questa si aggiunge un aforisma di John Condry317 ovvero: “Se la scuola fosse più efficace, la televisione non sarebbe tanto potente”318. A fronte di tali affermazioni l’intervistato risponde di seguito. Temo purtroppo che le due citazioni conservino una certa attualità. La scuola non può essere migliore della società che la esprime, anche se rimane l'istituzione più importante per i progressi della società stessa. Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad un tracollo del prestigio del mondo della scuola e del ruolo del docente, dovuto in parte ad una tradizione ultraconservatrice - con grossa responsabilità dei sindacati e dello Stato - che non ha consentito di ridisegnare il profilo dell'insegnante in termini di competenze di partenza, di valutazione del suo lavoro in itinere e di sviluppo di carriera e dall'altra di uno scarso riconoscimento economico

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Riferimento al sito Comune di Malnate: <http://www.comune.malnate.va.it/attachments/article/ 1823/Allegato%20Delibera.pdf>. 317 J. C. Condry (1939 - 1993), scrittore, psicologo ed educatore statunitense.! 318 !J. C. Condry, The Psychology of Television, Routledge, London, 1989, p. 60.!

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della professione in relazione alle basse pretese sulle prestazioni. Ovvio a questo punto che i modelli di riferimento sul piano valoriale e conoscitivo non siano più quelli trasmessi dalla scuola ma, da altre fonti più suggestive e meno impegnative che hanno declassato la stessa televisione, quali i social network.

Nonostante ciò, il Prof. Lucio Valli ha scelto di sostenere l’introduzione del metodo del Sistema all’interno di un contesto educativo e d’istruzione così importante come un istituto scolastico comprensivo. Gli viene chiesto, perciò, quali siano gli elementi che lo hanno spinto a sostenere tale scelta e quali siano le aspettative. La motivazione principale dell’adesione a questo progetto sta nel fatto che il modello didattico musicale proposto consiste in un sistema integrato di formazione che si basa sul valore di inclusione socioculturale della musica e che punta alla prevenzione del disagio e della delinquenza, al fine di offrire un’educazione musicale che consenta ai bambini di vivere un’esperienza di “riscatto sociale”, oltre che a ottenere risultati musicali eccellenti. Ci aspettiamo che il numeroso gruppo che ha aderito all’iniziativa (più di 50 alunni di classe II e III) ottenga gli splendidi risultati ottenuti in altre realtà e che tale esperienza possa diventare un percorso stabile e verticale all’Istituto, coinvolgendo in futuro la fascia d’età dai 7 ai 15 anni.

Comprendendo la forte aspettativa per i risultati dell’iniziativa, viene chiesto come il dirigente intende gestire la valutazione dei risultati nell’applicazione del programma e quale risposta si aspetta dagli alunni e dalle famiglie degli stessi. L’esperienza è iniziata da sole due settimane e i tempi sono prematuri per prefigurare sviluppi la cui definizione dipenderà proprio dal tipo di risultati che si avranno. Ma, già in avvio, v’è stata una risposta di grande entusiasmo da parte di alunni e genitori: ora dipenderà molto dalla qualità del programma del “Sistema” mantenere le aspettative suscitate.

Al dirigente scolastico, che dichiara di non aver prima d’ora stimolato la nascita di una iniziativa così sostenibile, viene chiesto quanto ritiene che l’applicazione

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sperimentale del Sistema possa migliorare i risultati educativi generali dei partecipanti. Il territorio in cui la scuola opera, presenta diffuse situazioni di disagio. Sarebbe un ottimo risultato se questo progetto riuscisse ad agganciare alcuni alunni a rischio di abbandono scolastico e offrisse loro un’occasione per imparare ad esprimersi attraverso la musica, allargando così il repertorio delle opportunità pensate da questo Istituto ai fini dell’inclusione.

Prima di congedarsi dall’incontro, appare importante porre al Prof. Lucio Valli una ultima domanda, quella che vuole comprendere come egli stesso immagina la scuola del domani. La risposta lascia intendere una diversità di variabili all’insegna della tecnologia applicata, che non potrà però sostituire il valore del capitale umano e della professionalità che lo caratterizza nella scuola di ogni tempo. C'è chi prospetta scenari magnifici e progressivi di una formazione altamente personalizzata e individualizzata, grazie a software e hardware high tech. Già ora è in arrivo il programma in grado di leggere le emozioni del viso e la sua applicazione al sociale viene raccomandata per l'uso in classe: percepire i primi segnali e distrazione degli studenti aiuterebbe i docenti a migliorare i propri metodi didattici per ottenere più concentrazione e migliori risultati nell'apprendimento. A parte l'ingenuità di certe aspettative, sicuramente l'uso spinto, competente e creativo della didattica digitale rappresenterà un ottimo supporto all'efficacia dell'insegnamento, ma la qualità della relazione nel rapporto insegnamento/apprendimento rimarrà centrale per rendere significativi i processi formativi. Bisognerà pertanto investire con coraggio e convinzione sul capitale umano e professionale.

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Conclusioni Il progetto di studio ha inteso indagare il valore del metodo musicale e l’identificazione del periodo più importante, nella vita dell’essere umano, che favorisse l’apprendimento musicale. Secondo il maestro Suzuki è individuabile, nella fase prescolare, il momento determinante per sviluppare le potenzialità musicali innate in ogni individuo. Sin dai primi passi effettuati attraverso la revisione della letteratura, è stato possibile raccogliere esiti di studio volti a confermare la tesi giapponese e con essa, l’importanza che al bambino venga offerta l’opportunità di entrare in contatto con la musica, fin dai primi giorni di vita, per apprezzarla e acquisirne il senso della sintassi. Le interviste semi-strutturate effettuate al maestro e ai genitori che seguono e hanno frequentato il metodo Suzuki, in particolare quello seguito presso l’associazione musicale ImmaginArte di Varese, hanno permesso di confermare la forte convinzione di Shinichi Suzuki, basata sull’assunto che la musica può essere appresa secondo gli stessi meccanismi di apprendimento della lingua madre e che incide, profondamente, nei primi anni di vita, sulle capacità di capire e apprendere la musica. Considerando che la musica, innanzitutto, è un linguaggio universale, usato fin dall'antichità per esprimere sentimenti ed emozioni, dalla rudimentale produzione di rumori e suoni a quello che ne è il meraviglioso sviluppo della contemporaneità, fatta di successione armoniosa di canzoni, minuetti, rapsodie e sinfonie, la tesi ha voluto comprendere come l’uso e la comprensione di tale linguaggio, possa essere non solo un’opportunità di miglioramento cognitivo, ma soprattutto, di un riscatto comunicativo, relazionale e sociale. Il valore applicativo del metodo Suzuki, così come la partecipazione universale al Sistema, rappresentano, insieme, una preziosa opportunità di contatto fra il bambino do oggi, l’uomo del domani e l’emozione della sperimentazione.

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Il fine ultimo dello studio ha voluto motivarsi di una straordinaria visione: un futuro, auspicato, in cui l’uomo sensibile sappia esprimere e raccogliere la sensibilità umana attraverso il linguaggio della musica e vivere proficuamente con il prossimo, attraverso il piÚ grande e universale linguaggio comunicativo, la musica.

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Ringraziamenti Dedico questo lavoro ai bambini di tutto il mondo e al mio caro amico Giovanni Battista Cattellani. Ringrazio i miei relatori Giulio Facchetti e Paola Biavaschi per aver accettato di seguire la tesi e per aver offerto una guida sapiente. Ringrazio Carlo Taffuri, Chiara Brusa Pasquè, gli insegnanti e i genitori di ImmaginArte – Varese – e il Prof. Lucio Valli dell’I.C.S. Iqbal Masih di Malnate per aver rilasciato le interviste utili per il completamento della tesi e supportato nel lavoro. Ringrazio i colleghi Simone e Chiara che mi hanno sostenuto e “sopportato” in questo periodo. Ringrazio mia madre e mio padre, per avermi insegnato che cos’è l’amore, l’onestà, la correttezza e il senso dell’impegno. Vorrei, infine, ringraziare la persona a me più cara (a cui dedico il mio cuore, oltre che questa tesi), al mio Antonio, il mio compagno di vita, la parte di me che mi completa e che mi ha sempre tenuta per mano durante questo percorso impegnativo, incoraggiandomi e sostenendomi, e senza il quale non mi sarei messa di nuovo in discussione. Grazie a voi tutti!

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