City Project, n.20

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ph. Alex MacLean _ OVER (22Plushing)

www.cityproject.it

deLetteraeditore N° 20/2009 Poste Italiane SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1 DCB MILANO

I L P RI MO TAB LOI D DI ARCH ITETTU RA P E R LA CITTÀ CONTE M P ORAN EA

ciTYprojecT



LOOK

Verdetemporaneo Ricoprire tutto di verde, coniugando estetica ed ecosostenibilità: mentre si moltiplicano gli esperimenti sulle facciate, nascono anche nuove idee, come quella realizzata a Pechino, per una struttura temporanea. Green Technology Showroom sorge nel cuore di un’area residenziale e vi resterà solo per 3 anni. Il progetto, commissionato dalla CR Land, è del cinese Gong Dong, dello studio Vector Architects. L’idea è stata quella di sviluppare il concetto di “temporaneità” in un’ottica nuova e significativa. Siccome lo showroom doveva nascere all’interno di un giardino, Gong Dong ha pensato ad una struttura che potesse essere facilmente costruita, demolita e riciclata, con il minore impatto possibile sul contesto. Soluzione: un parallelepipedo in acciaio, sollevato dal suolo e ricoperto di pannelli su cui è stata applicata dell’erba. Così è stato possibile triplicare la superficie verde, sebbene il prato dell’area sia stato rimosso. Il CR Land Guanganmen Green Technology Showroom sarà operativo fino al 2011. Dopo lo smontaggio, i pannelli di erba saranno riutilizzati per la ricostruzione verde dell’area. www.chinese-architects.com/vector

ciTYprojecT Direttore Responsabile: Fiorino Ivan de Lettera Responsabile di redazione: Laura Della Badia (redazione@delettera.it) Pubblicità: Mario Longo 02.365.841.34 (dir.) Pubblicazione trimestrale registrata presso il Tribunale di Milano il 18/3/2005, n. 188. Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/2/2004 n. 46, art. 1, comma 1 DCB Milano. Iscritta al RNS il 7/3/1988 con il n. 02327 vol. 24, foglio 209. Stampa: Sate, Zingonia (Bg) Prezzo di una copia: 2,00 euro. Abb. annuale: 8,00 euro DE LETTERA EDITORE via Tadino, 25 - 20124 Milano tel. 02 29528788 www.delettera.it info@cityproject.it


International Design Award. I vincitori dell’edizione 2008 Premiare i talenti più visionari del mondo della progettazione: è l’obiettivo dell’International Design Award, che ogni anno seleziona i migliori lavori nel mondo del design e dell’architettura. A febbraio sono stati svelati i vincitori dell’edizione 2008 Più di 1000 i progetti in gara in quest’ultima edizione, suddivisi in 50 categorie e provenienti da 52 Paesi Ecco i vincitori della sezione “Architettura”. n Architetto dell’anno: PTW Architects, ARUP, CCDI, “National Acquatics Centre”, Pechino (Cina), n Nuovi Edifici Residenziali: Correia/Ragazzi Arquitectos con “Casa no Gerês”, Vieira do Minho, (Portogallo), n Nuovi Edifici Commerciali: Mecanoo, Business Innovation Centre “FiftyTwoDegrees”, Nijmegen (Paesi Bassi), n Paesaggio: WXY Architecture, Urban Design, “The Battery Bosque & Carousel”, New York (U.S.A.), n Sedi Istituzionali: at103 + BGP Arquitectura, “Caserma dei vigili del Fuoco di Ave Fenix”, Città del Messico (Messico), n Architettura Concettuale: PTW Architects, ARUP, CCDI con il “National Acquatics Centre”, Pechino (Cina), n Urban Design: Rogers Marvel Architects, “Paesaggio Urbano del Battery Park City”, New York (U.S.A.), n Rigenerazione: Jonathan Kirschenfeld Associates, “Floating Pool”, New York (U.S.A.) http://idesignawards.com Nella foto: Mecanoo Architecten, Business Innovation Centre “FiftyTwoDegrees

Cracovia. Facciate ventilate e riflessi cangianti Un organismo architettonico che funziona come un enorme albero: due corpi indipendenti interagiscono grazie ad un articolato sistema di collegamenti. E’ il progetto vincitore del concorso per il Centro Amministrativo di Cracovia, che verrà realizzato dall’architetto fiorentino Claudio Nardi. (Già suo, sempre a Cracovia, l’intervento per il Museo di Arte Contemporanea, nell’area dell’ex fabbrica di Schindler). Il complesso di circa 120.000 mc, che comprende uffici comunali, dipartimenti, assessorati e sala convegni, sorgerà su un’area verde di Nowa Huta, la città “nuova” voluta da Stalin negli anni ’50. L’edificio a nord, alto solo 11 m, sarà completamente rivestito da una facciata ventilata in vetro retrolaccato o serigrafato bianco semitrasparente. L’altro volume, alto 20 m, avrà una forma sinuosa, suggerita dalla distribuzione delle alberature preesistenti, che si insinueranno quasi fino all’interno dell’asse comune di collegamento tra i due blocchi. L’edificio sarà interamente rivestito da una facciata ventilata in acciaio elettrocolorato, con riflessi ramati e cangianti. www.claudionardi.it

Capsula high-tech Non-Uniform Rational B-Spline: è una tecnologia software utilizzata per progettare oggetti tridimensionali e curvilinei. L’architetto Enric Ruiz-Geli, dello studio Cloud 9 di Barcellona, ha utilizzato l’acronimo NURBS per la villa realizzata ad Empuriabrava, sulle Costa Brava. L’edificio sembra una navicella spaziale approdata in uno dei più ordinari contesti suburbani. La forma è quella di una capsula spaziale; l’interno è superaccessoriato di alta tecnologia. Salotto, cucina, studio, zona benessere e camere sono raccolte attorno alla piscina. In ogni ambiente, illuminazione, temperatura, suoni e finestre sono regolati da telecomandi. La copertura trasparente è in ETFE (Etilene TetrafluoroEtilene): un tetto di pannelli di plastica, gonfiabili e di forma allungata. Riempiti d'aria si espandono, lasciando penetrare la luce del giorno; quando vengono sgonfiati, invece, si contraggono, bloccando il chiarore e la vista del cielo. Un’architettura straordinaria, che fa pensare un organismo vivente! www.ruiz-geli.com

Ci vediamo a cena, sull’albero Chi di noi non ha mai sognato, soprattutto da bambino, di avere una casa sull’albero, un rifugio dove ripararsi e stare a contatto con la natura? Ad Aukland, in Nuova Zelanda, lo studio Pacific Environments Architects ha realizzato questo sogno su sequoie secolari ed altissime. A 12 metri di altezza sono stati “aggrappati” dei bozzoli in legno, che ospitano particolari bar-ristoranti, raggiungibili con una passerella sospesa, lunga 60 metri. Grazie all’isolamento dell’involucro, è possibile pranzare o cenare in qualsiasi stagione, anche in caso di pioggia. Yellow Treehouse Cafe dispone di 18 posti, ma c’è anche un elegante bar per l’aperitivo. I bozzoli possono essere rimossi e installati su altri alberi. www.pacificenvironments.co.nz

Flyer. Anche Singapore ha la sua ruota Recentemente inaugurata, Singapore Flyer è la ruota panoramica, alta 165 m, che dovrebbe diventare il nuovo landmark della metropoli, nuova City of Excellence del XXI secolo. Il progetto è del giapponese Kisho Kurokawa, con lo studio DP Architects di Singapore. www.singaporeflyer.com


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Sul parquet. All’aria aperta

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INTERVIEW

MONICA TRICARIO GERMAN FUENMAYOR FRANCESCO FRESA GINO GARBELLINI


SONO TRA I QUARANTENNI ITALIANI PIÙ PROMETTENTI NEL MONDO DELL'ARCHITETTURA, DEFINITI DALLA RIVISTA THE ARCHITECTURAL REVIEW "TRA I MIGLIORI STUDI EMERGENTI DEL MOMENTO": FRANCESCO FRESA, MONICA TRICARIO, GERMÀN FUENMAYOR E GINO GARBELLINI HANNO FONDATO 13 ANNI FA LO STUDIO PIUARCH. HANNO LAVORATO PER COMITTENTI D'ECCELLENZA, COME DOLCE & GABBANA, CONTINUANO A VINCERE CONCORSI IN ITALIA E ALL'ESTERO E HANNO UNO STUDIO CON PIÙ DI 30 COLLABORATORI. A LEGARLI È UNA FORMAZIONE CULTURALE ETEREOGENEA: FRESA, NATO A ROMA, SI È LAUREATO ALL’UNIVERSITÀ DI BERLINO, FUENMAYOR È DI ORIGINE VENEZUELANA E SI È LAUREATO A CARACAS, TRICARIO SI È FORMATA A MILANO, MENTRE GARBELLINI È INGEGNERE.

PIUARCH Li incontro nel loro studio, a Milano, per parlare dei loro progetti, delle trasformazioni per l’Expo 2015 e delle architetture sostenibili (che, dicono, a volte sono come le mele bio del supermercato)

Cominciamo dal nome: Più Arch. Più rispetto a cosa? FRANCESCO: Innanzitutto volevamo un nome che contenesse la parola ARCH: una sigla avrebbe indicato più facilmente un gruppo e non delle individualità. Volevamo sottolineare il fatto che lavoriamo sempre in team, non solo noi 4, soci fondatori, ma tutti quelli che fanno parte del nostro studio. Il PIU l’abbiamo aggiunto per creare semplicemente un gioco di parole; tra l’altro all’inizio era indicato come segno matematico, anche per dare la possibilità di leggerlo in maniera diversa secondo la lingua. Plus arch per esempio. Però accadeva che ognuno ci chiamava in maniera diversa; si creava confusione.

Il concetto che rappresenta meglio il vostro modo di fare architettura? FRANCESCO: A noi interessa fare un'architettura legata sempre al contesto, che non è necessariamente quello del luogo fisico, ma può essere un riferimento culturale, un tema etc. Il rapporto con il contesto può essere un dialogo anche in contrasto con il luogo o con il contenuto. Il progetto per la sede e gli showroom della D&G coniuga un'architettura lineare ed essenziale, dove la luce e il bianco sono elementi fondamentali, allo stile delle collezioni D&G che vengono esposte. C’è quindi un apparente contrasto perché la moda è fatta comunque di dettagli, di attenzione ai materiali, di precisione nelle forme. GERMÀN: A proposito di D&G, ci è stato detto che quell'edificio dà l'impressione di essere sempre stato lì. Eppure dal punto di vista del linguaggio non c'entra niente con i palazzi che stanno attorno. Questo edificio lavora molto sul concetto della luce, ma anche su principi universali a volte estrapolati dal mondo dell’arte. Mi viene in mente una frase di Carlos Raùl Villanueva: “Bisogna essere locali per essere universali”. Ed è questa la cosa che cerchiamo di fare, cioè essere fortemente legati al luogo, ma anche instaurare un dialogo globale.

Oltre alla sede D&G, c'è un altro dei vostri progetti che ritenete particolarmente importante? GINO: Mecenate 79, a Milano. E’ un progetto che si relaziona molto al contesto: un’ex area industriale di inizio ‘900. Si tratta dell’area ex Caproni, che verrà trasformata in un quartiere polifunzionale, con attività commerciali, alberghi e spazi per il tempo libero. Per ora è solo progetto; verrà realizzato con i tempi italiani.

Quali sono stati i vostri maestri e i modelli di riferimento? FRANCESCO: Per me Lou Reed, Bob Marley... no scherzo! Voglio solo dire che ognuno di noi ha i propri bagagli culturali. MONICA: Siamo la somma di individualità che nell'ambito del lavoro apportano il proprio contributo, che poi nell'insieme diventa un'altra cosa. E' proprio in questo il “più”. Questo diventare squadra non coinvolge solo noi 4 ma tutto lo studio. Ci sono tante persone che vengono da luoghi, culture, esperienze diverse, molti vengono dall'estero.

Vedo sul vostro sito che lavorate in Italia e all'estero. Quali sono i pregi (se ci sono) e i difetti del sistema italiano? Laura Della Badia

GERMÀN: secondo me il pregio che si trova in Italia, e che difficilmente si riscontra altrove, è legato alla qualità dei lavori, alla creatività, alla tradizione artigiana. Quanto al difetto, è scontato dire quale sia, cioè quello legato agli aspetti burocratici, soprattutto nel caso di progetti pubblici. E' una corsa ad ostacoli in cui le probabilità di arrivare al traguardo si riducono man mano che si va avanti.

Qual è il vostro parere sui grattacieli che sorgeranno nell'area dell’Ex Fiera? Siete d'accordo con chi, come Stefano Zecchi (e tanti altri) ritiene che sarebbe stato meglio un parco e che questi edifici di milanese hanno poco? FRANCESCO: Aspetta... ritorniamo a quella domanda che mi piaceva tanto: quali sono stati i vostri modelli di riferimento...Possiamo dare una risposta più completa. Per me Mies dan der Rohe. I vostri, ragazzi? GERMÀN: per me Carlos Raùl Villanueva, che ho già citato. GINO: io direi architetti come Ponti, quelli del secondo dopoguerra. MONICA: bè, visto che sono l’unica donna, per me Kazuyo Sejima

Riprendo la domanda... Qual è il vostro parere sui grattacieli che sorgeranno nell'area dell’Ex Fiera? FRANCESCO: La questione dell’ex Fiera è l'autentica dimostrazione della mediocrità dell'Italia. I progetti sono il risultato di un processo che si è posto l'obiettivo di avere un certo tipo di architetti dello star system; un team che è stato messo insieme per apparire in un certo modo. Il progetto vincitore mette insieme le architetture di Libeskind, Hadid e Isozaki senza però che questi seguano un preciso progetto urbanistico. Il solito minestrone, il pasticcione italiano. Il risultato è un progetto confuso, slegato dalla realtà. Gli architetti sono stati chiamati come si chiamano le star per fare lo show. E adesso si sta criticando l'architettura ma si dovrebbe criticare il modo di operare degli amministratori, privati e pubblici. E l'unione molto spesso fa la forza, ma in questo caso in negativo. E' chiaro che forse si poteva fare qualcosa di diverso, di più legato alla città. E’ stata un'opportunità importante ma che è andata sprecata. Si diceva che avrebbe vinto il progetto migliore invece ha vinto l'offerta migliore.



SEDE D&G, Milano, 2006 L'intervento segue un principio architettonico di grande rigore, che vede l'utilizzo di materiali naturali quali la pietra bianca namibia, il vetro e la lamiera di acciaio grezzo. Nella pagina di sinistra: particolare dela facciata.

Credete che davvero la città cambierà in occasione dell'Expo del 2015?

Materiali e tecnologie: le due novità che si svilupperanno di più nel futuro?

FRANCESCO: Io sono sicuro che l'Expo sia una straordinaria opportunità per una trasformazione della città, però è passato un anno dall'aggiudicazione e ancora non ci sono i fondi. L'Expo è tra meno di 6 anni, e di questo passo si rischia che parte delle opere vengano realizzate nel 2016!

GINO: credo che sarebbe un peccato non trasferire nell’edilizia e nell’architettura quelle innovazioni che vengono fatte in altri settori. Perché l’edilizia è fatta di materiali poveri, per cui abbiamo soluzioni anche un po’ superate. Potremmo avere invece a disposizione materiali con prestazioni più elevate. MONICA: oggi si parla molto anche di edifici biodegradabili, che possano essere poi smantellati facilmente; pensiamo alle problematiche create dall’amianto, per esempio. Quindi credo che si svilupperanno molto i materiali che possono essere poi smaltiti facilmente, senza conseguenze sull'ambiente.

Cosa vi dispiace di più dell’architettura oggi prevalente e che cosa vi piace? MONICA: Non mi piace il fatto che spesso l'architettura sia un gesto, del tutto avulso dal contesto. Ci ritroviamo di fronte ad edifici che sembrano degli oggetti messi in posti in cui non si relazionano con niente.

C'è una città che secondo voi ha vinto la propria scommessa con l'architettura? MONICA: Ci sono città che hanno realizzato grandi progetti, come Berlino, Barcellona, ma in generale è stato possibile farlo dove c'è stata un'amministrazione attenta al territorio, cioè interessata non a calare in città degli oggetti, ma a realizzare delle vere trasformazioni urbane.

Philippe Daverio ha detto, in un'intervista a CityProject, che il design come visione del mondo è una risposta alla sterilità dell'urbanistica degli architetti. Cosa ne pensate? GINO: è un principio che condivido ma mi dispiace che sia così. L’urbanistica è vittima del compromesso politico e non terreno di confronto e riflessione sull’architettura delle città.

Veniamo alle vostre preferenze: l'architetto più sopravvalutato e quello più sottovalutato? GERMÀN: Tra i sopravvalutati c'è per esempio Zaha Hadid. Ci sono tanti architetti che, più che sottovalutati, non hanno la possibilità di emergere. In generale sono i giovani e gli architetti di luoghi che non riescono facilmente ad evere visibilità. Un esempio è il colombiano Giancarlo Mazzanti: la sua Biblioteca España è un’opera di una potenza, di una forza tale che meriterebbe la stessa attenzione data alle archistar, eppure non ha questa visibilità.

L’architettura è ormai diventata di moda. Se ne parla sempre di più anche nelle riviste non specializzate, in cui diventa sfondo pubblicitario, installazione, spettacolo. E’ il trend del momento o il naturale percorso evolutivo dell'architettura? GINO: secondo me è una sorta di reazione al fatto che di architettura se ne fa talmente poca, che si sente il bisogno di parlarne. L’architettura delle piccole cose, per esempio della panchina, della fontana, della piazza, etc. è inesistente in Italia, per cui nel quotidiano ognuno sente il bisogno di parlarne. E' un atteggiamento del tipo “teniamola viva parlandone”. E’ un sogno che si vorrebbe realizzare e allora se ne parla.

Parliamo dell'argomento più attuale oggi in architettura: la sostenibilità. Ma un’architettura che si rapporta eticamente con il suo tempo, non è di per sé un’architettura ecosostenibile? GERMÀN: secondo me con l’architettura biosostenibile succede la stessa cosa che accade al supermercato. Troviamo la mela un po’ macchiata e, siccome ha l'etichetta “bio”, costa il doppio delle altre. Quando si rimane ad un livello superficiale accade questo. Può accadere che se vai ad indagare sui contenuti di un edificio, scopri che è la cosa meno sostenibile al mondo, mentre grazie ad un linguaggio un po’ tecnologico si “vende” come biosostenibile. Siccome la sostenibilità è diventata appunto una moda, bisognerebbe andare a cercare la sostanza, non solo l’etichetta bio. Quindi io condivido la tua osservazione: l’architettura che storicamente si è rapportata al territorio, alle esigenze reali del luogo, è sempre stata sostenibile se bene ancorata al territorio, al contesto, all’energia necessaria. Adesso l’aspetto energetico è diventato fondamentale, quindi bisogna prestargli maggiore attenzione, ma secondo me non deve essere quello che caratterizza l’edificio, perché dal punto di vista della visibilità è equivalente all’etichetta bio. La sostenibilità è la capacità di inserirsi in un contesto dove uno dei fattori con cui bisogna confrontarsi è appunto il risparmio energetico, l’impiego di materiali che non inquinano, ma questi sono solo alcuni degli aspetti della sostenibilità. GINO: secondo me tutto dipende dalla mancanza di un approfondimento culturale dell’architettura oggi, dall’assenza di riferimenti; quindi la sostenibilità è un riferimento che si dà l’architettura in mancanza d’altro.

Periferie. Quali sono le urgenze e quale la vostra proposta concreta per superarle? FRANCESCO: L’architettura non può essere certamente il fattore risolutivo del degrado delle periferie ma c’è bisogno di interventi sociali e infrastrutturali. Gli edifici delle periferie sono molto spesso privi di qualità, brutti. Noi da questo punto di vista abbiamo fatto un lavoro di edilizia sociale a Sesto S. Giovanni in cui ci siamo posti fortemente il problema della qualità architettonica, non senza difficoltà perché bisogna confrontarsi sempre con la diponibilità economica. GERMÀN: secondo me è uno di quegli ambiti in cui diventa fondamentale la simbiosi tra l’amministrazione e gli architetti. Ci vuole la volontà politica di fare le cose, cioè dotare di servizi la periferia, al pari del centro, per esempio la Biblioteca España di Giancarlo Mazzanti, già citata, è stata costruita nella periferia di una città che è a sua volta periferia del mondo, in un contesto assolutamente degradato, una delle città più pericolose al mondo (Medellin, Colombia). C’è stata la volontà politica di fare questo intervento che non è l’unico, perchè rientra in una serie di operazioni tra le favelas. E’ stata fatta questa biblioteca che comprende anche un centro di servizi; il risultato è che si è ridotta la delinquenza di una percentuale altissima. C’è stato quindi un risultato concreto, grazie alla simbiosi tra architettura e politica.

Cosa ne sarà, tra un secolo, degli edifici costruiti in questi anni? MONICA: ci saranno ancora e saremo ancora qui a parlare di quelli costruiti bene e di quelli costruiti male! Non crediamo molto nell’architettura come allestimento temporaneo perché partiamo da un approccio diverso. GERMÀN: credo che dipenda molto anche dalle specifità dei luoghi, per esempio New York ha una dinamica economica che impone una trasformazione costante degli edifici, per cui si sa che alcuni, dopo 30 anni, verranno demoliti e sostituiti. Si tratta di logiche legate alla capacità di reinventarsi, soprattutto in situazioni avverse. Ricordiamoci che proprio durante le grande depressione fu realizzato l’Empire State Building: un segno importante, che evidenzia una grande voglia di fare anche nei momenti di difficoltà. Oggi secondo me anche il fatto che l’America abbia scelto Obama è un segno: poteva scegliere di fossilizzarsi, di andare sul sicuro, invece ha deciso di cambiare.

Avete iniziato a lavorare insieme 13 anni fa. Le vostre idee sono cambiate? GERMÀN: Certamente siamo cambiati come studio, innanzitutto perché eravamo in 4 e oggi siamo in 40. Ci sono stati grandi cambiamenti da questo punto di vista, ma mi viene in mente una scena di un film di Almodovar in cui compare la sorella del protagonista, che era transessuale e si sente dire: “ma come sei cambiato!” e lui risponde “mah, in fondo sono sempre la stessa!”

Avete un committente con budget illimitato. Quale potrebbe essere il vostro sogno progettuale? MONICA: Il sogno non sta tanto nel committente con budget illimitato quanto nel committente - come si diceva una volta “illuminato”, cioè che comprenda, segua e supporti le idee progettuali. Un committente con cui confrontarsi sulle scelte, con sintonia. Se poi accompagna questa sua apertura mentale con un budget importante, ben venga. Credo di poter dire che fino a qui, nella nostra carriera, siamo stati molto fortunati.


EDIFICIO ESPOSITIVO PORTA NUOVA, Milano, 2006 Progetto vincitore del Concorso. L’edificio, che ospiterà uffici e showroom, sarà realizzato nell’area di Porta Nuova, oggetto di un ampio intervento di riqualificazione. La costruzione, sinuosa e ondulata, cerca un rapporto con il contesto senza rinunciare ad una propria riconoscibilità.

MECENATE 79, riqualificazione aree ex Caproni, Milano, 2003 Il progetto di trasformazione prevede la realizzazione di spazi con attività commerciali, produttive e per il tempo libero. L'Hangar, il capannone più grande, avrà una superficie di 7800 mq; l'albero, l'edificio più alto, si svilupperà su 10 piani; altre 2 torri, di 8 piani, ospiteranno i residence. Il fronte su Via Macenate sarà costituito da una galleria vetrata con attività commerciali.


POCHTAMTSKIE DVORY, San Pietroburgo, 2006 Progetto vincitore. Il complesso di 20mila mq, sviluppato su sette piani, situato nel centro storico, ospita uffici, luonge bar, spazi commerciali e servizi di ristorazione. Il progetto lascia inalterata la facciata storica, che offre un'ampia vista panoramica sulla cittĂ .


MASTER PLAN DEDALO, Riqualificazione aree ex Pigna, Alzano Lombardo (BG), 2007 L'intervento di riqualificazione riguarda un'area di 110mila mq. Il recupero del valore storico di parte degli edifici esistenti è l'elemento centrale del progetto.


CENTRO CONGRESSI E TEATRO, Riva del Garda, 2007 L'edificio è caratterizzato da una testa interamente vetrata e da una coda che si sviluppa in altezza, pensata per racchiudere la torre scenica del teatro. Il progetto trova negli elementi naturali, tipici del paesaggio locale, i suoi elementi fondativi.

AMPLIAMENTO DEL COLLEGIO DI MILANO, 2007 Progetto vincitore del Concorso. L'edificio, di tre piani, prevede 50 unitĂ abitative per studenti. Ogni alloggio ha una grande vetrata, rientrante rispetto al profilo della facciata, che si sviluppa come un nastro continuo, alleggerito e reso trasparente da aperture di forma quadrata e dimensione variabile.


R EG E N E R ATI O N

Mario Botta Giancarlo Marzorati

Dove c’era la Campari Il progetto di Mario Botta e Giancarlo Marzorati E’ la prima grande opera di riqualificazione della vasta area ex industriale di Sesto S. Giovanni, in provincia di Milano: la firmano Mario Botta, Giancarlo Marzorati e Moretti Contract. Si tratta dell’ex area industriale Campari, dove stanno sorgendo il nuovo centro direzionale Campari e un esclusivo complesso residenziale. Il tutto immerso nello storico parco verde, di circa 6000 mq, che circonda Villa Casa Alta, di proprietà dell’azienda. Un intervento interessante che, facendo i conti con le diverse preesistenze ambientali e industriali, rigenera un’ex area produttiva restituendola alla vita della città.


Il forte impatto dimensionale di questi edifici ha suggerito, per le facciate, una soluzione in grado di conferire un tocco di dinamicità: il rivestimento in cotto è composto da tavelle posizionate con angolazioni diverse, in base all’esposizione al sole. Questi elementi associano quindi alla funzione estetica quella di frangisole, contribuendo a migliorare il comfort climatico interno. In basso: le travi in legno lamellare della struttura di copertura della lobby.

Proprietà Campari Società di development Moretti Contract Progetto: Mario Botta e Giancarlo Marzorati, 2006 Gestione immobiliare: Moretti Real Estate Dimensioni: uffici 12.000 mq; parco 6.000 mq; residenze 14.000 mq Fine lavori: uffici/primavera 2009, residenze/2010, sistemazione verde/maggio 2009

le torri residenziali Immerse in un parco, saranno in classe energetica “A”: gli appartamenti delle due torri residenziali, di 13 e 9 piani, proposti dalla Moretti Real Estate, offriranno complessivamente 14.000 mq di superficie (divisi tra bi, tri e quadrilocali). Come per gli uffici, le pareti saranno autoventilate, in modo da consentire il filtraggio dell’aria e della luce a seconda del momento della giornata. Grazie alle tecnologie di domotica integrate sarà possibile programmare e personalizzare tutto ciò che riguarda clima, sicurezza, luminosità, funzionalità di elettrodomestici e videosorveglianza.

l’impianto geotermico L’attenzione alle tematiche ambientali e al risparmio energetico ha portato il costruttore ad implementare nel nuovo complesso un impianto di geotermia. Verrà infatti utilizzata la falda acquifera sotterranea per produrre l’energia necessaria a climatizzare gli appartamenti delle due torri residenziali, sfruttando il delta di temperatura tra il sottosuolo e la superficie.

DA EX-AREA INDUSTRIALE A CITTÀ

Dismesse le grandi fabbriche che hanno fatto di Sesto San Giovanni un centro importante dell’industria del nord Italia, ora la grande sfida si muove su concetti di marketing territoriale: riqualificare queste aree e inserirle in un nuovo contesto urbano. Alla base dell’architettura studiata da Botta e Marzorati c’è la volontà di stabilire un dialogo tra presente e passato, attraverso la reinterpretazione in chiave contemporanea di alcuni materiali. E’ il caso del mattone rosso, che veniva prodotto dai grandi gruppi industriali come le Acciaierie Falck per realizzare i propri siti produttivi, e che in questo progetto costituisce il rivestimento dei nuovi edifici. Un altro momento di dialogo tra presente e passato è la scelta di mantenere e ripristinare, attraverso un vero e proprio progetto del verde, il parco di villa Casa Alta, una vera cornice naturale dove si inserisce l’intera iniziativa e la salvaguardia della storica ex fabbrica del 1903.


PHOTOSHOW

Sunny Isles, California, Trump Towers Miami. Nonostante l’abitato sia stato recentemente colpito da un uragano e il livello del mare continui a crescere, non si smette di costruire sulle spiagge


LA MINACCIA ECOLOGICA VISTA DALL’ALTO “Volo da circa 35 anni e sono stato testimone di uno sviluppo immobiliare che ha distrutto foreste, terreni agricoli e destinati al tempo libero. All'inizio, distoglievo lo sguardo augurandomi che tale scempio non guastasse la mia capacità di cogliere la bellezza naturale. Col tempo ho cominciato a soffermare la mia attenzione proprio sulle aree più degradate, mosso da un bisogno quasi vendicativo, augurandomi che anche altri si accorgessero dell'inesorabile processo di deterioramento”: sono le riflessioni di Alex Maclean, fotografo-architetto-pilota, i cui straordinari scatti sono raccolti nel volume OVER (22Publishing, 2008, 49 euro). Le immagini documentano l’impatto che il modello di sviluppo americano e quello occidentale (ma non solo, vedi il caso della Cina) hanno

sull’ambiente, sulla società, sull’economia, sull’urbanistica, sulla vita di tutti i giorni. L’insolita prospettiva dall’alto consente di prendere atto, come se ci si trovasse di fronte a un improbabile plastico, delle profonde conseguenze dell’inarrestabile intervento umano. Una testimonianza diretta, silenziosa, che non si perde nella denuncia strillata o nella retorica, in cui è facile scivolare quando si trattano questi temi. Le fotografie di MacLean sottolineano un’urgenza, una necessità di cambiamento. Il volume é diviso in 9 capitoli: atmosfera, stile di vita, dipendenza dall’automobile, produzione di energia elettrica, deserti, consumo d’acqua, innalzamento del livello del mare, rifiuti e riciclaggio, effetti dell’urbanizzazione.

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Destin, Florida. Parcheggio di camper sulla spiaggia

Biloxi, Mississipi. Imperial Palace

Salt Lake City, Utah. Il nodo tra le interstate 15 e 80 si estende sua una superficie di 1 kmq

Le fotografie aeree possono insegnarci molte cose sulle abitudini che il nostro modo di vivere ha prodotto: lo sviluppo incessante, l'ostentazione esagerata dei beni materiali, l'inutile spreco di energia e di risorse. Questi comportamenti generano effetti diversi e in apparenza poco importanti; sommandosi, tuttavia, possono portare a conseguenze drammatiche.

Glendole, Arizona. I laghi sono alimentati da un sistema di riciclaggio delle acque reflue e di stoccaggio in pozzi o serbatoi


Gulfort, Mississipi. La Centrale Watson

Sugar Land, Texas. La W.A. Parish è una centrale a carbone che produce 19 milioni di megawatt all’ora

La produzione di energia elettrica è responsabile del 40% delle emissioni di CO2 negli Stai Uniti. Le dispersioni di enormi quantità di calore, che aggrediscono l'ambiente, ci permettono di comprendere che l'energia termoelettrica centralizzata è di scarsa efficacia. L'estrazione e il trasporto dei carburanti fossili fino alle centrali rappresenta un altro fattore di dispersioni importanti; il trasporto dell'elettricità, infine, causa emissioni supplementari stimate tra l'8 e il 9%.

Tehachagi Pass, California. Un parco di 500 turbine

Doggetto, California, deserto del Mojave. I nove impianti qui presenti costituiscono il più grande complesso ad energia solare al mondo



New York. Vista dall’alto del Central Park

Secondo il dizionario, i rifiuti sono “oggetti o materiali il cui uso e riutilizzo non sono stati previsti”. Si tratta unicamente del frutto delle attività umane, poichè la natura ignora la nozione di rifiuto. Bisognerebbe eliminarli nel momento stesso in cui vengono prodotti, oppure, quando ciò è impossibile, riciclarli e reintegrarli nel processo di produzione. Nella foto grande a sinistra: una discarica con auto che fornisce pezzi di ricambio [Ayer, Massachusetts]

Sun City, Arizona. La città si sviluppa in modo concentrico attorno al centro commerciale

Nei prossimi 35 anni la popolazione americana passerà da 300 a 400 milioni di persone. Si stima che in questo periodo si costruiranno più di 70 milioni di nuove abitazioni (in pratica più della metà di quelle esistenti). Saranno indispensabili strategie all’avanguardia per rendere le abitazioni più funzionali ed ecocompatibili. Dovremo inoltre diminuire la nostra dipendenza dall’automobile e vivere in luoghi multifunzionali a più elevata densità abitativa. Immagini tratte da: Alex Maclean, OVER, 22Publishing, 2008, 49 euro.


architettura sostenibile

Una scelta responsabile per uno sviluppo equilibrato

L’INVOLUCRO EDILIZIO INNOVAZIONE TECNOLOGICA E IMPLICAZIONI ARCHITETTONICHE SUPERFICIE DI CONTROLLO E PROTEZIONE, INSIEME DEGLI ELEMENTI CHE DELIMITANO L’AMBIENTE INTERNO DA QUELLO ESTERNO, L’INVOLUCRO COSTITUISCE OGGI UN SISTEMA STRATEGICO DAL PUNTO DI VISTA DEL RISPARMIO ENERGETICO. GIANLUCA MINGUZZI PRESENTA LE PIÙ RECENTI INNOVAZIONI NEL SETTORE E ALCUNI ESEMPI DI REALIZZAZIONI PIÙ SIGNIFICATIVI DAL PUNTO DI VISTA ARCHITETTONICO


Il bilancio energetico di un edificio rappresenta la valutazione dei flussi di energia che interagiscono con esso; le dispersioni e gli accumuli sono strettamente legati alle qualità costruttive dell’involucro. Il fabbisogno di energia può essere valutato prendendo in considerazione le perdite per trasmissione (Q t), le perdite per ventilazione (Qv), gli apporti solari (Q s) e gli apporti interni (Qi). Frank O. Gehry, Guggenheim Museum, Bilbao (Spagna). Il museo necessita di una squadra di scalatori alpini per l’effettuazione di ordinarie attività manutentive; solo l’eccezionalità di questa opera rende forse (?) giustificabili simili modalità di intervento, mentre, nel costruire diffuso, corrette previsioni progettuali sul processo manutentivo sono assolutamente indispensabili.

Requisiti prestazionali e principi di funzionamento L’utilizzo del termine “involucro edilizio” è piuttosto recente e nasce come evoluzione del concetto di chiusura che identificava, come unità distinte tra loro, i componenti esterni quali le pareti, le coperture e gli infissi. L’introduzione di tale vocabolo risulta oggi funzionale per indicare, con un unico termine, l’intero sistema di mediazione tra ambiente interno ed esterno, sottolineandone la complessità generata dalla sua integrazione con i sistemi strutturali e impiantistici e dalla sempre più difficile possibilità di distinzione dei suoi componenti costitutivi (in termini costruttivi, funzionali ed estetici). L’involucro, considerato come superficie di controllo e protezione che delimita l’organismo, deve configurarsi come insieme strutturato e integrato di componenti che interagiscono con i fattori climatici e le dinamiche ambientali esterne (radiazione solare, temperatura e umidità dell’aria, precipitazioni, venti, rumori). Le dispersioni o gli accumuli di energia dipendono inevitabilmente dalle caratteristiche di questo componente di confine, e pertanto la corretta progettazione dell’involucro è fondamentale per garantire un adeguato controllo dei flussi e il raggiungimento di un bilancio energetico favorevole.

L’architettura storica offre molte esemplificazioni di involucri ispirati al principio della sostenibilità. Analizzando le costruzioni di un tempo si riscontra un atteggiamento razionale che scaturiva spontaneamente in virtù delle difficoltà tecniche ed economiche di reperire materiali e prodotti, inducendo necessariamente a minimizzare il consumo di energia e materiali in un edificio. Era in sostanza chiaro il significato e il valore dell’involucro in relazione ai consumi energetici e al livello di comfort interno; di conseguenza la struttura di delimitazione dell’edificio era costruita innanzitutto come risposta adeguata alle condizioni climatiche della regione in cui si ubicava, utilizzando al meglio i materiali poveri e le tecnologie modeste che erano disponibili in ciascun periodo storico. Nella lettura dell’architettura spontanea storicizzata si riesce a percepire una sorta di processo di evoluzione naturale, come accaduto nella catena evolutiva animale e vegetale, per la “sopravvivenza” in un clima caratterizzato da fattori particolari. La peculiarità di una situazione portava a definire regole costruttive codificate diverse da quelle sviluppate in altri contesti climatici, generando soluzioni chiaramente leggibili e con connotazioni formali divenute simbolo della propria appartenenza a un territorio.

Forma e funzione dell’involucro edilizio hanno subito nel tempo modifiche sostanziali. Da sempre le partizioni esterne hanno avuto il ruolo fondamentale di dividere lo spazio abitato da quello esterno, proteggendolo dalle avversità del clima e al contempo rispondendo generalmente alle necessità strutturali. La rivoluzione industriale e l’introduzione di sistemi portanti a telaio in acciaio e soprattutto in cemento armato, ha portato l’involucro edilizio a un definitivo affrancamento dalla sua funzione strutturale. Dalla metà del Novecento la parete viene ad assumere in maniera diffusa la sola funzione di tampon-

amento consentendo l’impiego di spessori sempre più ridotti, anche grazie all’introduzione di nuovi sistemi impiantistici che hanno permesso all’involucro di non dover necessariamente garantire prestazioni energetiche. A partire dagli anni Settanta, l’arrivo di una crisi energetica ha spinto ad affidare alle partizioni di tamponamento dei telai strutturali una rinnovata funzione termica e protettiva. Le pareti opache hanno così iniziato un nuovo percorso evolutivo diversificato; si è registrato da un lato lo sviluppo di nuovi blocchi di laterizio per la realizzazione di pareti monostrato (elementi porizzati e successivamente anche rettificati che hanno consentito l’eliminazione dei ponti termici costituiti dalle fughe di malta generalmente presenti nel paramento murario). Altra tendenza è stata invece quella che ha portato all’affermazione di pareti multistrato, a stratigrafie variabili, in cui a spessori più ridotti di laterizio vengono affiancati strati funzionali diversificati allo scopo di dare risposta completa ai requisiti prestazionali dell’involucro. Lo sviluppo maggiore tuttavia, sia in termini di tecnologia costruttiva sia di prestazioni dei materiali, è avvenuto sicuramente nel campo dei sistemi di chiusure trasparenti (infissi, vetri, componenti di protezione e controllo solare). Tale evoluzione ha condotto a una progressiva riduzione della massività dell’involucro e ha modificato radicalmente il concetto di rapporto visivo fra interno ed esterno, concretizzando in parte le visioni utopiche di un’“architettura di vetro” manifestatasi a partire dall’inizio del Novecento. Lo scrittore Paul Scheerbart, amico ed estimatore di Bruno Taut, affermava in quegli anni: “Noi viviamo perlopiù in spazi chiusi. Essi costituiscono l’ambiente da cui si sviluppa la nostra civiltà. La nostra civiltà è in certa misura un prodotto della nostra architettura. Se vogliamo elevare il livello della nostra civiltà saremo quindi costretti [...] a sovvertire la nostra architettura [...] con l’introduzione dell’architettura di vetro. [...] Il nuovo ambiente così creato dovrà portarci una nuova civiltà”. Si è giunti così negli ultimi decenni alla definizione di un quadro articolato di tipologie di involucro, estremamente differenziate fra loro per modalità costruttive, materiali impiegati e principi di funzionamento. Una sommaria classificazione delle diverse possibili configurazioni di involucro può essere redatta in relazione alla: n funzione statica, per cui si definisce un involucro portante o non portante; n configurazione stratigrafica, per cui si definisce un involucro monostrato o pluristrato; n modalità di funzionamento, per cui si definisce un involucro passivo, attivo o ibrido (attivo e passivo); n trasmissione dell’irraggiamento solare, per cui si definisce un involucro opaco, traslucido o trasparente. L’involucro edilizio si è perfezionato trasformandosi da semplice barriera protettiva nei confronti delle condizioni climatiche esterne a superficie di confine dinamica, complesso sistema di filtro in grado di ottimizzare le interazioni fra le condizioni ambientali esterne (inevitabilmente variabili) e quelle interne (da mantenere necessariamente il più possibile stabili). Il rivestimento degli edifici sta quindi evolvendo verso configurazioni sempre più simili, come filosofia concettuale, all’epidermide umana, che rimane forse la forma più complessa di “involucro” conosciuta. Nelle costruzioni moderne l’involucro, persa quindi progressivamente la mansione portante, ha visto per contro implementare il numero di funzioni a essa attribuite, fra le quali:


OPACO/VETRATO L’affrancamento dell’involucro edilizio dalla funzione portante ha condotto a un’evoluzione radicale della conformazione e della definizione stratigrafica della pelle dell’edificio, sia in termini prestazionali sia estetici. Larga diffusione hanno avuto le pareti con involucro opaco e pelle esterna vetrata, a realizzare intercapedini di aria chiuse o aperte con eventuale controllo e regolazione dei flussi d’aria. DA SINISTRA IN SENSO ORARIO: Neutelings Riedijk, Veenman Drukkers, Ede (Paesi Bassi), Massimiliano Fuksas, Europark Shopping Center, Salisburgo (Austria), Jean Nouvel, Agbar Tower, Barcellona (Spagna); Peter Zumthor, KUB, Bregenz (Austria).

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isolamento termico; isolamento acustico; captazione e/o protezione solare; controllo e regolazione della illuminazione naturale; controllo e regolazione della ventilazione naturale; controllo e regolazione del rapporto visivo fra interno ed esterno; controllo della propagazione del fuoco; sicurezza meccanica e resistenza alle intrusioni.

A cui si aggiungono compiti potenzialmente integrabili come: n attivazione di processi per lo sfruttamento passivo dell’energia solare; n generazione di energia attraverso l’utilizzo indiretto della radiazione solare per l’alimentazione di dispositivi energetici integrati. Oltre a soddisfare questi aspetti fondamentali, il progetto dell’involucro deve necessariamente rispondere anche ad altre questioni spesso ritenute marginali ma in realtà sostanziali quali: n flessibilità della propria composizione in relazione alle mutevoli necessità dei fruitori, come avviene già da tempo per alcuni prodotti di altri settori produttivi (p.es. automobilistico); n configurazione che favorisca, con l’ausilio di eventuali accorgimenti progettuali, un’agevole opera di manutenzione ordinaria e straordinaria a costi contenuti e in condizioni di sicurezza; n capacità dei materiali impiegati di conservare le proprie prestazioni lungo il ciclo di vita dell’edificio, limitando la necessità di interventi manutentivi. La risposta a tale complesso di requisiti può essere garantita attraverso strategie progettuali che prevedono l’utilizzo combinato di: n sistemi di isolamento termoacustico adeguati (diffusi, in intercapedine o a cappotto); n porzioni sufficienti di involucro trasparente; n intercapedini ventilate (pareti o coperture ventilate opache, pareti vetrate a doppia pelle); n zone di filtro (buffer zone quali atri, serre ecc.); n idonei sistemi di schermatura artificiali e/o naturali per il controllo della diffusione della luce naturale all’interno degli ambienti e per la riduzione del surriscaldamento estivo; n sistemi di sfruttamento attivo dell’irraggiamento solare (collettori termici e pannelli fv).

L’intervento più diffuso per l’incremento delle prestazioni di involucro è rappresentato dall’aumento delle capacità isolanti, ottenuto con l’inserimento di strati termoisolanti di dimensioni anche rilevanti sui paramenti opachi e attraverso l’utilizzo di infissi con proprietà termoacustiche sempre più elevate. Grazie alle elevate caratteristiche prestazionali dei serramenti, si riescono oggi a realizzare convenientemente superfici vetrate più ampie che consentono, con un opportuno dimensionamento e una corretta dislocazione, di aumentare il livello di luminosità naturale interna agli ambienti e di attivare, in periodo invernale, il fenomeno di effetto serra con il conseguente accumulo termico. Negli interventi più evoluti si sono introdotte intercapedini ventilate capaci di ridurre le perdite di calore per convezione dovute alle correnti d’aria invernali sull’involucro primario e proteggere lo stesso dall’irraggiamento diretto e dal conseguente surriscaldamento nel periodo estivo. Tali intercapedini sono realizzate generalmente su pareti opache (pareti ventilate) attraverso l’utilizzo di un paramento esterno fissato a secco su apposito telaio ligneo o metallico; numerosi sono i materiali utilizzabili per la realizzazione della facciata ventilata, fra cui il laterizio, la pietra naturale, il cemento, il legno, la ceramica, l’alluminio, il rame così come materiali compositi di vario genere. Un’evoluzione tipologica delle facciate ventilate è rappresentata dai sistemi a doppio involucro dalla sottrazione di calore generata per convezione dalle correnti fredde; inoltre l’intercapedine fra i due sistemi vetrati diviene uno spazio di filtro che per effetto serra può contribuire al riscaldamento naturale degli spazi interni. Nel periodo estivo la libera circolazione dell’aria nell’intercapedine produce un flusso di corrente che, opportunamente coadiuvato da sistemi si schermatura ubicati nell’intercapedine protetta, contribuisce alla riduzione del surriscaldamento degli ambienti interni. La soluzione di parete a doppia pelle rappresenta un’evoluzione del sistema di facciata che ha trovato larga applicazione negli ultimi anni soprattutto negli edifici terziari, tipologia funzionale in cui gli elevati costi di gestione energetica degli immobili rendono conveniente un investimento iniziale supplementare nella realizzazione di un doppio involucro. Contestualmente si è verificata anche l’introduzione di nuovi criteri progettuali in cui la parete si dilata nel suo spessore aggregando al suo interno veri e propri “spazi-filtro” (buffer zone) con funzione di controllo e calibrazione del microclima interno rispetto alle variazioni giornaliere o stagionali delle condizioni atmosferiche esterne. Tali spazi si ampliano abbandonando in alcuni casi la dimensione parietale, divenendo veri e propri ambienti di vita fruibili intermedi fra l’esterno e gli spazi di attività interni dell’edificio.


BUFFER ZONE

Esemplificazioni di “buffer zone” (zone di filtro). Da sinistra: Bob Gysin + Partner BGP Architekten, EAWAG FORUM CHRIESBACH, Dubendorf (Svizzera). Ingenhoven Architekten, LUFTHANSA AVIATION CENTER, Francoforte.

DOPPIO INVOLUCRO VETRATO L’evoluzione tipologica delle pareti ventilate ha portato alla realizzazione di sistemi di facciata a doppio involucro vetrato, con conformazione dell’intercapedine ventilata diversificata in relazione alle modalità di funzionamento. Da sinistra: Toyo Ito, MEDIA CENTRE, Sendai (Giappone). Baumschlager & Eberle, MÜNCHENER RÜCK OFFICE BUILDING, Monaco (Germania).


L’INTEGRAZIONE DEI SISTEMI DI SCHERMATURA ARTIFICIALI E NATURALI

La piantumazione di alberature a foglia caduca a ridosso dell’edificio permette di realizzare un’efficace strategia di protezione solare nel periodo estivo, consentendo comunque l’ingresso della radiazione solare nella stagione invernale. Nelle foto: Christian Hauvette, CENTRO DI RICERCA E SCUOLA DI INGEGNERIA, Clermont-Ferrand.

La crescita della vegetazione rampicante è supportata da una struttura metallica distaccata dalla superficie dell’involucro. Mario Cucinella Arch., CENTRO DIREZIONALE FORUM, Rimini.

Elementi modulari “verdi” realizzano lo strato funzionale più esterno del pacchetto murario, sostituendo di fatto le superfici tradizionali di finitura dell’involucro. Jean Nouvel, MUSÉE DU QUAI BRANLY, Parigi.

Altri sistemi di protezione solare possono essere composti da griglie fisse o mobili realizzate in vari materiali (legno, metallo, laterizio ecc.), e possono trovare, se correttamente impiegati, una buona applicazione nelle diverse esposizioni cardinali. Sistemi di schermatura opportunamente progettati devono essere in grado anche di effettuare un’adeguata regolazione dell’intensità luminosa ed evitare fenomeni di abbagliamento. Tale controllo può essere ottenuto attraverso dispositivi di varia natura: tendaggi, elementi a lamelle orizzontali, verticali o alla veneziana, vetrate traslucide oppure a stato variabile (cromogeniche). Una strategia alternativa di protezione solare è rappresentata dall’utilizzo dei sistemi vegetali, grazie alla loro elevata capacità di intercettamento della radiazione solare. Si possono impiegare efficacemente alberature disposte in modo opportuno a ridosso dell’edificio o sistemi a verde parietali costituiti da piante in vaso, sistemi rampicanti (sviluppo dal basso verso l’alto) o sistemi decombenti (crescita a cascata per gravità dall’alto verso il basso). Il progetto della facciata verde deve definire la distribuzione delle essenze vegetali rispetto alle superfici del fab-

bricato; la disposizione del verde può interessare solo le parti opache o riguardare anche quelle trasparenti, salvaguardando la necessità di mantenere un buon ingresso di luminosità naturale dalle superfici vetrate stesse, nonché garantire una corretta circolazione dell’aria soprattutto nel periodo estivo. L’utilizzo di specie vegetali come sistema di rivestimento della superficie esterna dell’involucro richiede comunque notevoli attenzioni progettuali. Risulta importante definire consapevolmente l’essenza delle piante da utilizzare (con riferimento particolare alla loro peculiarità di specie sempreverde o a foglia caduca) e la loro modalità applicativa, anche in relazione all’esposizione cardinale della parete su cui vengono ospitate; dovranno essere considerate le caratteristiche delle specie vegetali quali la loro dimensione di crescita, la tipologia del fogliame e il livello di densità del manto vegetale. È necessario anche uno studio accurato della loro gestione e manutenzione programmata affinché si possano ottenere risultati soddisfacenti e i benefici (funzionali ed estetici) attesi. Le scelte andranno sempre effettuate in relazione alle esigenze di progetto e alla tipologia del contesto climatico.

L’utilizzo di sistemi rampicanti a radici avventizie corte o a “ventose” va attentamente valutato; la forte adesione della pianta al supporto murario rappresenta un aspetto particolarmente delicato in quanto può generare patologie gravi all’involucro edilizio; se il supporto (p.es. l’intonaco) presuppone inoltre la necessità di interventi di manutenzione previsti e prevedibili per sua natura, la presenza del rampicante può ostacolare la gestione corretta dell’involucro nel tempo. È pertanto spesso preferibile il ricorso a tipologie di rampicanti su supporto indipendente rispetto al paramento murario; il sostegno può essere realizzato in vario modo con elementi in acciaio o legno opportunamente progettati per sostenere e direzionare lo sviluppo del manto vegetale, nonché per fornire la necessaria resistenza ai carichi statici e dinamici quali l’azione del vento. Negli ultimi anni si sono sviluppati sistemi di pareti verdi a componenti modulari utilizzati non tanto per funzioni schermanti, quanto come veri e propri elementi di finitura superficiale esterna del pacchetto murario. L’aspetto ottenuto è in sostanza quello di un giardino verticale che conferisce alla pelle dell’edificio un aspetto mutevole e una

L’utilizzo di abbondanti superfici vetrate nella realizzazione dell’involucro ha reso indispensabile lo sviluppo e l’introduzione di sistemi di protezione solare, fissi o mobili, adeguati per operare il controllo della radiazione solare incidente sull’involucro e limitare fenomeni di abbagliamento. La tipologia dei sistemi di schermatura non può prescindere, affinché questi siano efficaci, dall’essere congruente con l’orientamento, nonché la latitudine, in cui questi vengono utilizzati. Per le superfici vetrate disposte a sud il modo più semplice ed efficace per ottenere una buona schermatura è quello di utilizzare un aggetto fisso orizzontale di lunghezza proporzionale all’altezza della finestra che si deve proteggere; per le esposizioni a est e ovest è conveniente utilizzare schermature a elementi mobili verticali, tende o veneziane. I dispositivi di protezione offrono una migliore efficacia schermante e una reale riduzione del passaggio di calore se disposti in esterno rispetto alla superficie vetrata. La disposizione in interno consente una regolazione della luminosità ma non impedisce l’accumulo di calore dovuto all’irraggiamento, provocando fenomeni di surriscaldamento nel periodo estivo.

L’efficacia di un sistema di schermatura non può prescindere dall’essere congruente con le peculiarità intrinseche dell’orientamento, nonchè della latitudine, in cui viene utilizzata. Da sinistra: Alessandro Contavalli, SCUOLA PONTICELLI, Imola; Werner Tscholl, UFFICI SELIMEX, Laces (Bolzano).


L’utilizzo dei sistemi di copertura a verde consente di ottenere prestazioni termiche elevate e una regolazione del deflusso delle acque meteoriche verso le reti di raccolta; il tetto può inoltre divenire un’area verde praticabile in grado di offrire aperture dello spazio abitato verso l’esterno anche a quote di piano superiori. Nella foto: Delugan Meissl Associated Architects, edificio per uffici e abitazioni, Vienna (Austria).

forte caratterizzazione in termini estetici, tattili e olfattivi. L’apporto energetico principale offerto dal verde in facciata nel periodo estivo consiste nella riduzione del carico termico sull’involucro ottenuto grazie all’intercettazione dell’irraggiamento solare; l’innalzamento delle temperature a ridosso dell’edificio viene così contenuto dalla capacità del manto vegetale di assorbire la radiazione solare incidente grazie a processi di evapotraspirazione legati alla fotosintesi. Nel periodo invernale la superficie vegetale delle specie sempreverdi contribuisce alla limitazione delle dispersioni dovute a fenomeni convettivi indotti dalle correnti d’aria che lambiscono l’involucro. Altro aspetto interessante offerto dall’utilizzo di piante a ridosso dell’edificio è il miglioramento della qualità dell’aria attraverso la capacità del fogliame di trattenere le polveri disperse nell’aria. L’adozione di una pelle vegetale presenta, come visto, varie difficoltà progettuali e pone in essere la risoluzione di diversi aspetti gestionali, tuttavia rappresenta una forma interessante di interazione dell’involucro con l’ambiente circostante. Una corretta progettazione del sistema di facciata a verde consente di avere

L’elemento modulare di facciata integra le funzioni di regolazione e protezione del flusso luminoso. Jean Nouvel, Institut du Monde Arabe, Parigi. > L’utilizzo dei dispositivi di protezione e controllo solare influisce sensibilmente sull’aspetto dell’involucro divenendo strumento importante per la composizione del linguaggio architettonico e la definizione dell’estetica di un edificio. Sauerbruch Hutton, Laboratorio di ricerche farmacologiche, Biberach (Germania); Edoardo Milesi, Stabilimento enologico, Cinigiano, Grosseto. >>

una risposta dinamica dell’involucro al variare delle condizioni ambientali in virtù delle corrispondenti modificazioni naturali delle piantumazioni. Il verde parietale, nelle sue varie forme di utilizzo, contribuisce a “naturalizzare” la percezione dei volumi architettonici; ciò è da intendersi non tanto nel senso di mimesi all’interno di un contesto, quanto in termini di smaterializzazione percettiva dei volumi costruiti e leggerezza d’aspetto generata dalla densità variabile del manto vegetale che sfuma i contorni dell’architettura. Il verde può inoltre essere utilizzato efficacemente sulle superfici orizzontali dell’involucro edilizio, fornendo prestazioni energetiche elevate e mettendo a disposizione aree verdi aggiuntive a quote superiori a quelle del piano di campagna, aspetto assolutamente interessante in ambito urbano dove l’elevata densità abitativa spesso non consente di avere adeguati spazi verdi a disposizione. L’impiego di tetti-giardino migliora l’inerzia termica della copertura, garantisce, con le sue proprietà drenanti, un deflusso controllato delle acque meteoriche verso i sistemi di raccolta, riducendo, in tal modo, le probabilità di congestionare la rete fognaria e il pericolo di allagamento con-

seguente a intense precipitazioni atmosferiche. Tale soluzione trova riscontri consolidati nei secoli nelle architetture del nord Europa dove le proprietà termoisolanti del terreno costituiscono lo strumento ideale per la protezione dello spazio abitato dalle rigide temperature. Oltre a definire adeguate strategie di protezione solare, al contempo è necessario anche strutturare i sistemi di schermatura in modo tale che in determinate condizioni, sostanzialmente nei periodi invernali, essi favoriscano (o quanto meno non ostacolino) la diffusione della luminosità naturale; adeguati livelli di illuminazione naturale consentono di ottenere le migliori condizioni di comfort visivo, riducendo al contempo l’utilizzo di apparecchiature di illuminazione artificiale e i conseguenti consumi energetici. L’energia elettrica necessaria per l’illuminazione degli ambienti rappresenta una quota non marginale rispetto al totale dell’energia complessivamente consumata per il fabbisogno di un edificio. Razionalizzare il funzionamento dell’impianto di illuminazione artificiale (attraverso l’utilizzo di lampade ad alta efficienza e di dispositivi di regolazione automatica degli apparecchi illuminanti), e sfruttare al

massimo il contributo della luce naturale diurna significa ottenere realmente un considerevole risparmio energetico. Per ottimizzare l’illuminazione naturale degli ambienti si possono utilizzare sistemi di riflessione a mensola che deviano la luce naturale fino alle parti più interne degli ambienti, e sistemi di luce zenitale, come lucernari o pozzi di luce. Esistono inoltre soluzioni tecnologiche basate sull’utilizzo di speciali sistemi vetrati che hanno la peculiarità di riflettere in modo direzionale l’irraggiamento luminoso secondo le esigenze (vetri prismatici, vetri con film olografici e vetri con microlamelle interne). In alcuni casi sono state sperimentate soluzioni pionieristiche che integrano nel disegno architettonico di un unico elemento di facciata entrambe le funzioni di controllo (protezione o incremento) dell’intensità luminosa interna a seconda delle necessità e delle condizioni atmosferiche esterne. L’utilizzo dei dispositivi di protezione e controllo solare influisce sensibilmente sull’aspetto dell’involucro ed è oggi divenuto uno strumento importante per la composizione del linguaggio architettonico e la definizione dell’estetica di un edificio.


L’INTEGRAZIONE DEI SISTEMI DI PRODUZIONE ENERGETICA

Integrazione architettonica di moduli fotovoltaici in facciata. Da sinistra: Hegger Schleiff, EDIFICIO RESIDENZIALE, Stoccarda; Pedro Cabrito + Isabel Dinizi Arquitectos, EDIFICIO SOLAR XXI, Lisbona. A destra, grande: Carmen Gill Torres, CENTRO ANZIANI E SERVIZI SOCIALI, Madrid.

Una notevole innovazione nella concezione dell’involucro è rappresentata dalla possibilità di utilizzare la sua superficie per sfruttare convenientemente l’energia solare e alimentare il fabbisogno energetico di un edificio. Le strade percorribili sono quelle dell’uso diretto della radiazione solare e dell’uso indiretto in cui l’irraggiamento viene sfruttato attraverso dispositivi appropriati per produrre varie forme di energia. Nel primo caso lo sfruttamento dell’energia solare, si può realizzare attraverso un corretto processo di progettazione della costruzione in termini di orientamento, di configurazione dei volumi e di distribuzione degli spazi e delle funzioni interne; applicato al funzionamento dell’involucro, la radiazione solare può essere utilizzata ad esempio per generare calore o innescare processi di ventilazione naturale (funzionamento passivo dell’involucro). Nel caso dell’utilizzo indiretto della radiazione solare la produzione di energia può essere risolta nella definizione dell’involucro edilizio (funzionamento attivo dell’involucro) attraverso l’utilizzo di collettori termici (ad aria o acqua) e moduli fotovoltaici; per entrambi i sistemi la produzione commerciale offre oggi sul mercato una varietà di modelli

Integrazione architettonica di collettori solari piani in facciata. George W. Reinberg, SCUOLA MATERNA, Vienna

che rende possibile il loro impiego in situazioni diversificate. I sistemi a collettori solari possono essere impiegati per riscaldare acqua o aria per il condizionamento degli ambienti interni o per integrare il riscaldamento dell’acqua a uso sanitario. Combinando i collettori solari con sistemi a pompa di calore si può anche ottenere energia per il raffrescamento. Una classificazione elementare può distinguere i collettori solari termici in tre tipologie: assorbitori solari, collettori piani, collettori a tubi sottovuoto. I sistemi fotovoltaici sono utilizzati invece per ottenere energia elettrica, sfruttando un processo fotoelettrico, caratteristico del silicio, che consente di trasformare la radiazione solare direttamente in energia elettrica. L’integrazione effettiva di questi dispositivi energetici nell’involucro aumentano il valore funzionale della pelle dell’edificio. Tuttavia fino a oggi non si è verificata una diffusione davvero significativa dell’utilizzo di questi sistemi integrati di produzione energetica. È di fondamentale importanza l’attuazione sempre più efficace di programmi di incentivazione economica; nonostante i continui rincari del costo dell’energia e dei combustibili fossili, non è ancora infatti divenuto

economicamente conveniente, nella maggior parte dei casi, l’utilizzo di questi dispositivi. La riduzione del fabbisogno energetico dell’edificio attraverso involucri più efficienti renderà l’utilizzo dei sistemi solari integrati sempre più interessante; tali dispositivi potranno di fatto divenire capaci di fornire un fabbisogno energetico che si avvicinerà sempre più a quello complessivo dell’edificio, rendendolo quindi quasi energeticamente autonomo rispetto alle reti di distribuzione energetica. Tale prerogativa contribuirà a favorire l’effettiva diffusione dei sistemi solari attivi sul mercato. D’altra parte già da tempo esiste comunque la possibilità di utilizzare convenientemente l’energia prodotta da impianti solari per alimentare il fabbisogno utile al funzionamento di alcuni componenti del sistema edificio, rendendo sostanzialmente nulli i costi di gestione a essi relativi. Le maggiori potenzialità di sviluppo di questi componenti risiedono tuttavia nella possibilità di divenire parte funzionale integrante dell’involucro edilizio, in sostituzione di altri materiali tradizionali di chiusura e finitura superficiale. In tal senso occorrerà investire nella ricerca e nello sviluppo per ottenere

prodotti con prestazioni aggiuntive rispondenti a requisiti generalmente assolti dai componenti tradizionali dell’involucro, in termini di resistenza meccanica, resistenza agli agenti atmosferici, isolamento, oltreché di integrazione estetica con l’organismo edilizio. Nel momento in cui i componenti “energetici” saranno in grado di sostituirsi (a parità di prestazioni e con un valore aggiunto dato dalla loro funzione attiva), ai componenti edilizi tradizionali dell’involucro, otterrà anche una riduzione dei costi legata al mancato utilizzo di questi ultimi. La peculiare angolazione d’installazione necessaria per ottenere rendimenti elevati e la considerevole dimensione superficiale indispensabile (in particolare per i sistemi fv), per raggiungere un livello di produzione energetica accettabile, diviene uno dei principali problemi progettuali da affrontare. Per poter prefigurare un utilizzo efficiente di questi dispositivi energetici, che ne giustifichi il loro impiego, è assolutamente indispensabile che già a livello metaprogettuale si ragioni sull’edificio in considerazione anche del loro utilizzo: un corretto orientamento e la disponibilità di superfici adeguate


(per disposizione e per dimensione) alla produzione di una quantità di energia corrispondente a quella prefissata sono fattori indispensabili per il loro successo applicativo sia in termini funzionali sia estetici. Il lavoro di integrazione diviene ancor più impegnativo se si interviene su edifici esistenti; si rende in questi casi ancor più necessario ricorrere a soluzioni peculiari, spesso non generalizzabili, che nascono da un’attenta analisi di tutti i fattori rilevanti dell’edificio e del suo contesto. Le tecnologie solari condurranno indubbiamente all’individuazione di nuovi soluzioni formali per l’involucro, che creeranno un significativo ampliamento semantico del repertorio architettonico. L’applicazione sinergica di configurazioni di involucro capaci di sfruttare i fenomeni microclimatici circostanti sia in modo passivo sia attivo definiscono un funzionamento “ibrido” della pelle dell’edificio: le tecnologie edilizie e quelle impiantistiche diventano fra loro complementari e l’involucro diviene parte di un sistema integrato edificio-impianti in grado di modificare le sue prestazioni fisico-tecniche nel tempo, in relazione alle circostanze climatiche e alle esigenze dell’utenza.

I pannelli fotovoltaici integrati nel sistema di protezione solare di copertura forniscono il fabbisogno elettrico per l’azionamento delle pompe deputate alla circolazione di acqua sulla superficie esterna dell’involucro vetrato di facciata, rendendo in sostanza nullo il costo di gestione di questa strategia di raffrescamento estivo. Nicholas Grimshaw & Partners, UNITED KINGDOM PAVILION, 1992, Expo di Siviglia.


L’INTRODUZIONE DI MATERIALI INNOVATIVI

La ricerca sui nuovi materiali e l’innovazione tecnologica dei processi di produzione hanno da sempre influenzato il disegno dell’involucro edilizio, sia negli aspetti prestazionali sia formali. L’introduzione recente di materiali innovativi provenienti dallo sviluppo e dalla ricerca effettuata in altri ambiti produttivi avrà una ricaduta significativa nel settore edile. Analizzando l’ampio repertorio di tali materiali di ultima generazione, si possono individuare prodotti che hanno trovato già applicazione in diverse opere d’avanguardia quali materiali sintetici come le membrane in EFTE (etilene tetrafluoroetilene), e altri che invece sono stati impiegati quasi esclusivamente in opere sperimentali, per i quali saranno necessari ulteriori tempi di sviluppo e monitoraggio al fine di consentirne una maggiore diffusione applicativa. Si tratta di materiali con caratteristiche tecniche e prestazionali molto innovative rispetto a quelle dei materiali abitualmente utilizzati in edilizia, che prefigurano scenari di sviluppo futuri assolutamente rivoluzionari. Fra questi si possono citare:

_i materiali a cambiamento di fase (Phase Change Materials, PCM), composti organici come la paraffina o inorganici come i sali idrati che sono in grado di accumulare notevoli quantità di calore attraverso un fenomeno fisico di transazione di fase; _i materiali isolanti traslucidi (Transparent Insulation Materials, TIM), capaci di condurre e diffondere la luce, garantendo al tempo stesso elevati livelli di isolamento termico, rispondendo quindi a esigenze sia di conservazione sia di guadagno energetico; la denominazione racchiude in realtà una serie diversificata di prodotti quali quelli commercializzati sotto forma di piccole sfere di materiale sintetico racchiuse tra lastre di vetro (Aerogel), strutture a nido d’ape in policarbonato o polimetilmetacrilato (Helioran) o sistemi composti da condotti capillari di vetro racchiusi fra due lastre vetrate (Kapilux); _gli isolanti sottovuoto (Vacuum Insulation Panels - VIP), pannelli di acido silico impacchettati sottovuoto all’interno di

pellicole sintetiche impermeabili all’aria e al vapore acqueo protette da un involucro sottile metallico; forniscono prestazioni analoghe a quelle dei materiali isolanti tradizionalmente utilizzati, ma con spessori anche fino a dieci volte inferiori; _i vetri cromogenici, capaci di modificare le proprie caratteristiche ottiche (trasparenza, traslucidità, opacità) in relazione a determinate sollecitazioni che possono essere di tipo elettrico (vetri elettrocromici e sistemi a cristalli liquidi), termico (vetri termocromici) o luminoso (vetri fotocromici). L’involucro razionale non sarà per questo in futuro necessariamente sempre e in qualsiasi situazione ambientale un involucro “imbottito” di soluzioni tecnologiche innovative o materiali di ultima generazione. L’analisi dei caratteri variegati delle architetture tradizionali storicizzate nelle varie regioni del pianeta ci dimostra come l’involucro possa essere “intelligente” e funzionale pur con l’uso di materiali comuni

L’utilizzo dell’EFTE (etilene tetrafluoroetilene) rappresenta un esempio di come i materiali innovativi possano entrare a far parte del settore delle costruzioni edili attraverso la sperimentazione e il perfezionamento delle prestazioni fornite. Da sinistra: Herzog & de Meuron, ALLIANZ ARENA, Monaco; PTW Architects, OLYMPIC SWIMMING CENTRE, Pechino.

e tecnologie limitate. Costruire involucri efficienti e innovativi quindi non significa necessariamente impiegare la tecnologia anche dove non assume più reali valori funzionali, bensì calibrarne l’uso per ottenere un risultato ideale in relazione alle reali esigenze di progetto: la tecnica non dovrà essere il fine del progetto ma uno strumento a nostra disposizione per la realizzazione di un processo ottimizzato in quanto conscio e responsabile. In diverse esperienze contemporanee la consapevolezza delle virtù e delle potenzialità insite nelle nuove tecnologie e nei nuovi materiali comincia a tradursi in un elemento di forte stimolo per l’indagine progettuale, conducendo a un reale superamento di linguaggi e canoni estetici codificati. La superficie parietale diviene in alcuni casi strumento di comunicazione visiva multimediale a valenza urbana, attualizzando il valore sociale dell’involucro alla condizione storica in cui nasce. L’involucro costituisce da sempre l’elemento più rappresen-


tativo dell’architettura; le nuove tecnologie, i nuovi materiali e la loro applicazione ecologicamente orientata aumentano le tradizionali potenzialità comunicative della pelle degli edifici. Con queste nuove prerogative, la facciata ritorna così a farsi interprete del rapporto tra l’azione umana e l’evoluzione della società e quindi manifesto contemporaneo esplicito di una nuova civiltà. Numerose sono le opere di qualità realizzate in questi ultimi anni che possono costituire un prezioso riferimento per uno sviluppo diffuso di una nuova cultura del “costruire sostenibile”, nei suoi diversi aspetti funzionali, economici, ecologici e sociali. Le architetture di seguito riportate rappresentano un valido, per quanto necessariamente ristretto, campione esemplificativo in tal senso; la diversità delle realizzazioni presentate e dei temi affrontati dimostra come sia complessa e articolata la questione della sostenibilità e quale pluralità di approcci e risultati possa essa generare.

Le potenzialità insite nelle nuove tecnologie e nei nuovi materiali, possono rappresentare un forte stimolo per l’indagine progettuale conducendo a un reale superamento di linguaggi e canoni estetici codificati. Dall’alto: Jean Marc Ibos e Myrto Vitart, Museè des Beaux Arts, Lille (Francia); Peter Zumthor, KUB, Bregenz (Austria).

L’involucro comincia a divenire strumento di comunicazione visiva multimediale a valenza urbana, attualizzando il valore sociale dell’edificio alla condizione storica e culturale in cui nasce. Da sinistra: Realities:united, SPOTS, Berlino; Renzo Piano, KPN Telecom Building, Rotterdam (Paesi Bassi).

L’ARTICOLO È TRATTO DAL VOLUME “ARCHITETTURA SOSTENIBILE. UNA SCELTA RESPONSABILE PER UNO SVILUPPO EQUILIBRATO, SKIRA EDITORE, 2008”, CHE PRESENTA I RISULTATI DELLE DUE ULTIME EDIZIONI DEL PREMIO ARCHITETTURA SOSTENIBILE, PROMOSSO DALLA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DI FERRARA CON IL SUPPORTO DI FASSA BORTOLO. GIANLUCA MINGUZZI, ARCHITETTO, DOCENTE ALLA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DI FERRARA, È SEGRETARIO DEL PREMIO INTERNAZIONALE ARCHITETTURA SOSTENIBILE.


INTERVIEW

CONCEPT DI UNA CASA IN LEGNO, REALIZZATO DALL’ARCHITETTO ANGELO MICHELI E PRESENTATO DURANTE IL FUORISALONE A MILANO (2009)

ATELIERITALIANO

IL CONTRACT, TRA LUSSO E SOSTENIBILITÀ Sviluppare un progetto in tutte le sue fasi, dall'ideazione alla fornitura di materiali e arredamento, puntando all’eccellenza e alla qualità del Made in Italy: è la nuova frontiera del contract, quel “fare squadra” che per le aziende diventa sempre più spesso un punto di forza, permettendo di rispondere in maniera più completa e puntuale alle esigenze del mercato. Un settore in cui contano una grande capacità imprenditoriale, coordinamento e competenze specifiche, ma soprattutto un continuo lavoro di ricerca, come ci spiega Roberto Bianconi, amministratore delegato di AI. Perchè anche il lusso può essere sostenibile. www.atelieritaliano.org di L.D.B.

“Un gruppo di aziende impegnate a dare forma e vita allo spazio abitato, con un ideale di bellezza da condividere e le migliori idee per realizzarla”. Questa è la presentazione di Atelieritaliano che leggiamo sul sito. Ci spieghi meglio cosa fa AI e in che modo si rapporta con il mondo della progettazione? Atelieritaliano riprende e attualizza l’idea della bottega d’arte. Maestri e mestieri della nostra tradizione legno-marmi- pietre-vetro, ma anche materiali innovativi, si uniscono in Atelieritaliano con l’obiettivo di offrire prodotti e servizi di eccellenza. Quello che nella tradizione della bottega artigianale corporativa era un saper fare, tenuto gelosamente segreto, qui si apre invece alla sperimentazione e alla contaminazione, che derivano dal lavorare insieme ad uno stesso progetto. Il risultato è la qualità del servizio che offriamo e che si sta affermando come la nuova frontiera del lusso: il contract su misura. Un contract, dunque, per committenti esigenti, che esigono il valore dello stile italiano, non solo nei materiali ma anche nel progetto. E, andando oltre: che si riconoscono nella cultura italiana del vivere con gusto.

Chi è il vostro interlocutore e quali sono le richieste più frequenti? Il nostro cliente abituale è un privato o una società che necessita di un progetto su misura e di attenzione ai dettagli, in particolare per la realizzazione di residence, hotel, ville private, uffici. Il nostro supporto va oltre l’ambito progettuale legato all’architettura, poiché possiamo offrire anche servizi di ingegneria.

Il vostro obiettivo è quello di diffondere lo stile italiano nel mondo. C'è un ambito territoriale in cui operate maggiormente? L’ambito territoriale sensibile alla bellezza e al Made in Italy di qualità non ha confini. Il nostro sguardo è rivolto al mercato del lusso e ad un’utenza sensibile all’eccellenza e alla qualità. Per noi questo si traduce in un lavoro quotidiano di attenzione ai prodotti e ai servizi che selezioniamo per i nostri clienti.

Tra le vostre attività c’è anche l'organizzazione di eventi. Cosa avete organizzato quest'anno per il Salone del Mobile? Più che di eventi dobbiamo parlare di ricerca e innovazione come cuore del nostro laboratorio. Ci contraddistingue un lungo percorso di ideazione e organizzazione di eventi sperimentali, che sono anche divenuti mostre culturali di rilevanza nazionale e internazionale. La nostra attenzione alla ricerca di materiali e tecnologie innovative per l’architettura, e la sensibilità per i temi più attuali, ci ha portato, quest’anno, in occasione del Salone del Mobile, ad inaugurare un laboratorio sul tema Lusso&Sostenibilità. Abbiamo presentato, in anteprima a Superstudiopiù, il concept di una casa in legno, realizzato con l’arch. Angelo Micheli di AMDL. Nella nostra sede di Milano abbiamo poi inaugurato, e ospiteremo per alcuni mesi, un’installazione di poesia visiva di Danilo Premoli, con corpi illuminanti di Performance in Lighting. Philippe Daverio e Gualtiero Marchesi hanno poi animato una serata dedicata al tema della luce nel convivio italiano, un tema che fa seguito al laboratorio Estetica&Buongusto già da noi creato alcuni anni fa nella nostra sede a Verona, collateralmente al Vinitaly. (www.winedesign.it).


www.abet-laminati.it

design Paola Navone Unlimited selection


INTERVIEW

i mezzi di comunicazione? un ingrediente del progetto!


Puoi spiegarci meglio, come e perché, da architetto, ti sei avvicinato al mondo della comunicazione? Credo che la mia attenzione verso il tema della comunicazione e delle sue interferenze con l'architettura sia nata nel corso dei miei studi alla Facoltà di Architettura di Firenze. La presenza di un docente eclettico come Giovanni Klaus Koenig, che tra le altre cose aveva avviato con anticipo e straordinaria abilità lo studio di una semiologia dell'architettura, è stata probabilmente per me motivo di ispirazione. Da qui ho iniziato una riflessione sul rapporto tra i media e l'architettura, nonché sulle possibili ricadute che la rivoluzione informatica stava avendo sul mondo del progetto. È mia convinzione che i mezzi di comunicazione siano a tutti gli effetti strumenti di progetto, che vadano colti e assunti al pari delle altre materie che compongono la parte più solida, se questa esiste ancora, della disciplina.

L’architettura da anni è ormai di moda. Se ne parla sempre di più anche nelle riviste non specializzate, in cui diventa sfondo pubblicitario, installazione, spettacolo. E’ il trend del momento o il naturale percorso evolutivo dell'architettura? Probabilmente si tratta di tutte e due le cose. Il fatto che di architettura si parla molto, in questa epoca, anche attraverso i canali non specialistici, è conseguenza di un percorso che ha origini molto lontane e che ha visto la sua esplosione nell'Ottocento, insieme alla Rivoluzione Industriale, alla nascita delle riviste specializzate, allo sviluppo di tecniche pubblicitarie che si legano alle necessità del progetto e che sono in sintonia con la trasformazione della stessa società occidentale. Le azioni mosse da una figura come quella di Le Corbusier, che giunge nel momento in cui questo percorso è decisamente spianato, può valere per ricordare l'opportunità di osservare il carattere evolutivo del fenomeno. D'altronde è vero che in questi ultimi anni si sta assistendo al manifestarsi di un trend secondo il quale il tema dell'architettura, e del suo progetto, appaiono più vicini al pubblico. Si tratta di un'occasione interessante, che potrebbe corrispondere a una fase di acquisizione di maggiore consapevolezza, per i cittadini, del ruolo dell'architettura contemporanea.

La massiva divulgazione dell'architettura ha avvicinato enormemente a questi argomenti anche il pubblico non specializzato, oggi più sensibile e attento ai temi della progettazione. Come è cambiata, in conseguenza di ciò, la professione dell’architetto e il rapporto con il pubblico? Esiste un cambiamento che riguarda il pubblico e il modo in cui questo guarda all'architettura. Ed esiste un cambiamento nel modo in cui gli architetti progettano a partire dalle condizioni poste dai media. La presenza diffusa di ambiti di comunicazione che riguardano l'architettura costruita, e soprattutto il progetto, determina una modificazione del modo di pensare il progetto e definire il processo per la sua realizzazione.

MARCOBRIZZI Il sistema dei media tende a sviluppare, intorno all'architettura, una molteplicità di ambiti di intervento e di nuove professionalità. Come cambierà l’editoria e il web nei prossimi dieci anni? Non sono affatto certo di quello che accadrà nei prossimi anni. Posso dire che guardo con attenzione ai modi attraverso i quali il discorso sull'architettura contemporanea passa attraverso l'editoria, sia quella specializzata sia quella generalista. È facile prevedere che l'attenzione dei media per l'architettura sarà sempre più legata a fenomeni di costume, che rischiano di consumarsi più rapidamente di quanto l'architettura, che insiste su tempi tendenzialmente lunghi, effettivamente conceda.

Fiore de Lettera

Marco Brizzi, classe 1967, è architetto, insegna alla California State University, alla Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara e alla NABA di Milano. Si interessa di storia e critica dell’architettura, dei rapporti tra innovazione tecnologica e progetto, con particolare attenzione alle nuove tecnologie di comunicazione. Organizza eventi, mostre e concorsi che si contraddistinguono per un aspetto in particolare: l’innovazione. Video, multimedia, riviste digitali: il focus è sempre sulle nuove tecnologie che consentono di produrre e comunicare l'architettura.

Il successo del web e dell'interattività sembra indicare una via di sviluppo per la comunicazione e per la rappresentazione in architettura basata più sull'informazione. Credi che l'informzione possa nuocere all'approfondimento? L'estendersi della pratiche che generano informazione, che negli ultimi anni vedono nel web e nei dispositivi in esso sviluppatisi degli assoluti protagonisti, non è un fatto antitetico alla possibilità di approfondimento. Per quanto internet venga maggiormente sfruttata dal largo pubblico nelle sue forme superficiali, offre opportunità di approfondimento ed enormi potenzialità nell'aggregazione di informazioni.

Cosa ti piace delle riviste di architettura e cosa non ti piace? Mi piace, quando effettivamente esiste, la diversità dei punti di vista offerti.

Parlando di architettura e di rappresentazione, Boris Podrecca ricorda che esiste una sorta di compiacimento fine a se stesso nella modellazione di architetture digitali, che quasi non ha più senso realizzarle nella realtà... Credo che l'affermazione abbia un senso se si intende per architettura digitale qualcosa che si esaurisce, appunto, con la realizzazione di un suadente rendering. In realtà l'avvento del digitale in architettura ha a che fare con processi e con dinamiche che solo raramente si risolvono in una semplice immagine. Naturalmente esiste una forma di compiacimento verso le immagini. Qualcosa in grado di evocare, nell'architetto che le ha prodotte, un senso di realizzazione.

Tra le prossime iniziative che hai organizzato c'è il festival BEYOND MEDIA, che da 11 anni è una delle principali iniziative al mondo dedicate alle più attuali visioni sull’architettura contemporanea. Qual è il tema di quest'anno? La nona edizione del festiva BEYOND MEDIA è dedicata al tema "VISIONS". La cultura in generale, e l’architettura in particolare, sembrano aver perso, negli ultimi anni, la capacità di ricercare visioni ampie, di raccogliere in uno sguardo esteso la complessità


Annie Han + Daniel Mihalyo, Maryhill Double: Walking Analysis, USA 2006, 6'30''

dei fenomeni di trasformazione dell'ambiente abitato, di guidare il pensiero e la coscienza al di là di quello che è consueto, empirico, palese e manifesto. "VISIONS" intende proporre una riflessione sul ruolo dell'immaginario nel mondo contemporaneo. Le immagini, con la loro enorme diffusione e il loro naturale consumo, hanno avuto come diretta conseguenza una maggiore partecipazione del pubblico ai fenomeni di trasformazione del mondo. Nel frattempo, hanno generato un'omologazione rispetto ai canoni visivi e alle tecniche di rappresentazione che incidono sulla capacità di realizzare scenari, e quindi teorie alternative rispetto al presente. Con "VISIONS" il festival "BEYOND MEDIA" propone una nuova riflessione sui temi della figurazione, della rappresentazione e creazione del progetto, andando alla ricerca delle più efficaci, forti e produttive visioni, capaci di delineare i contorni del nostro possibile futuro.

Possiamo individuare una direzione verso cui si sta muovendo l'architettura a livello internazionale? Il trend della sostenibilità può considerarsi quello realmente più forte? Non mi sentirei di indicare una tendenza, perché preferisco accogliere i fenomeni nella loro più ampia e variegata strutturazione.

A Beyond Media privilegerai senza dubbio le videoinstallazioni. Ci saranno anche anche convegni e dibattiti? Il palinsesto della manifestazione è, in effetti, variegato: è consolidato intorno alla selezione internazionale di opere video di architettura, che tratteggiano a ogni edizione i temi, gli interessi, le forme espressive adottate dagli architetti e dagli autori scelti. A questa selezione, che offrirà un originale percorso nell'architettura contemporanea, si affianca un congresso che, per questa edizione, è affidato alla cura di Pietro Valle. Dedicato al tema "VISIONS", il congresso si articolerà in una serie di incontri con protagonisti della cultura contemporanea. Ci saranno poi due mostre: SPOT ON SCHOOLS, a cura di Paola Giaconia, che rinnoverà lo sguardo sulle più interessanti esperienze didattiche condotte dalle più qualificate scuole del mondo, mettendo a confronto architettura e media, e URBAN VISIONS, curata da Michele Bonino, che esplorerà le visioni proposte per una serie rappresentativa di città mondiali mettendole a confronto con le pratiche di comunicazione allestite per essere condivise.

Olivo Barbieri, BEIJING SKY, Italia 2007, 14'34''

Nel panorama internazionale, qual è il progetto di comunicazione (per l’architettura) a tuo parere più innovativo? Sono numerosi i casi che meriterebbero attenzione. E non avrebbe molto senso per me fare una classifica di merito, anche perché si tratterebbe di iniziative di diversa estrazione e quindi difficilmente comparabili. La prima cosa che mi viene in mente è il programma di Wonderland, il progetto nato per mettere in comunicazione architetti appartenenti a diversi Paesi europei, che è apprezzabile per la mutevolezza della forma che mostra di saper assumere nel tempo (nato come network si è tradotto agilmente in una mostra, quindi in un piccolo ma assai utile magazine e ora si sta ripresentando attraverso un'azione concorsuale che tornerà a sua volta ad essere mostra. E nel fare tutto questo, il sistema incentiva relazioni e riflessioni. Il formato "aperto" di questo programma e il suo assetto variabile mi sembrano apprezzabili.

E’ l’architettura che si è avvicinata alla comunicazione o è la comunicazione che ha fagocitato l'architettura, avendone compreso le potenzialità di spettacolarizzazione? Gli interessi in gioco sono vicendevoli. Si può essere indotti ad assumere posizioni positiviste o manifestare il timore di una incipiente barbarie in funzione del punto di vista che si adotta e, forse, di una qualche inconsapevolezza sulle pratiche che qui si confrontano. Credo che sia giusto apprezzare casi in cui è la matura conoscenza delle opportunità in gioco a guidare un confronto tra il mondo dell'architettura e quello della comunicazione e mi piace pensare ad un campo ricco di opportunità di sviluppo.

Joao O Bruno Soares, Impromptu pour un voyage, Hong Kong 2006, 13'55''

Da qualche anno sono nate le prime web-tv, anche di architettura. In realtà della tv hanno poco. Non sono semplicemente dei siti, spesso ben costruiti e con molti video? Si tratta di un fenomeno interessante ancorché, in effetti, embrionale. Ma è rappresentativo di una tendenza che corrisponde all'esplosiva proliferazione delle dinamiche di video sharing all’interno del Web. Il video è d’altronde uno strumento che merita particolare attenzione: per la sua capacità di descrizione di qualità spaziali, per la disposizione ad accogliere forme espressive più largamente condivisibili, per gli specifici linguaggi che ha la possibilità di stimolare e quindi di veicolare. È con questi presupposti che Image, la società che accompagna dal 1997 il festival BEYOND MEDIA, ha avviato da oltre dieci anni la costituzione di un archivio che documenta una parte significativa della produzione architettonica contemporanea attraverso quasi 3.000 opere video raccolte e selezionate tra le più valide sul panorama internazionale.

osa - office for subversive architecture, Subverting the City_Project intact, United Kingdom 2005, 3'44''

I tre siti che un architetto non può non conoscere? Per esempio: www.abitare.it, www.archinect.com, www.domusweb.it.

Cosa cerca, secondo te, l’architetto nel web? Aggiornamento professionale, news, opinioni, novità di prodotto? Non so dire se l’architetto le cerchi, ma è mio parere che egli abbia bisogno soprattutto di opinioni, possibilmente qualificate. Su questa linea insiste, per esempio, la stessa piattaforma ARCH'IT. Le news in Rete non mancano. Mancano semmai i criteri per filtrarle.

E cosa non trova? Forse il tempo per lavorare.

Immagini di alcune delle opere video in concorso a Visions



ARREDOURBANO

OUTDOOR DESIGN Arrivano gli specialisti Gli spazi esterni oggi tendono sempre più ad essere considerati “Open Door”, in collegamento continuo con gli ambienti interni, ideati e arredati per essere vissuti in modi diversi dal passato, senza divisioni nette, senza bruschi cambiamenti di stili o di funzioni. E’ una trasformazione importante, che riguarda un settore di grandi dimensioni, e che, con la guida del design, può costituire anche per le aziende produttrici uno stimolo importante. Per offrire ad architetti e designer la possibilità di acquisire le ampie competenze professionali richieste da questa fase di evoluzione del mercato, POLI.design, Consorzio del Politecnico di Milano, organizza “Outdoor Experience Design - Corso di Alta Formazione per progettare e arredare gli spazi esterni privati e pubblici” di cui dal 6 al 24 luglio 2009 si svolgerà la terza edizione. www.outdoorexperiencedesign.it Nella figura: Parcoscenico di Zeroconfine (Lucia Catto, Valentina Cursio, Graziella Gianquinto, Barbara Pietrantoni Penno, Luisa Pitrone, Matteo Rota), progetto della seconda edizione del corso

SOUTH FACE Il sostenibile di Iosa Ghini Presentata all’ultimo FuoriSalone, nei cortili dell'Università di Milano, Southface è una miniarchitettura al cui interno sono state inserite delle sedute informali, che invitano al relax e al contatto con la natura. Oltre che un’idea per arredare gli spazi pubblici, l’installazione è stata proposta come esemplificazione del rapporto tra sostenibilità ed estetica: una facciata disposta in funzione dell’esposizione solare e una parete coibente modulare composta da elementi in “ecocemento”, cavi addizionati di substrato, che accolgono una folta e scenografica vegetazione. La facciata è esposta a sud, costituendo un vero e proprio giardino verticale, che assorbe CO2 dall’atmosfera, e che coibenta e isola termicamente l’ambiente che racchiude. “Il concetto di sostenibilità è solitamente associato a forme sterili, nelle quali l’estetica è spesso messa da parte. La nostra installazione crea spettacolari effetti estetici rendendo il sostenibile bello e possibile”, commenta Iosa Ghini.

SEDUTE WI-FI Dare un volto nuovo agli spazi pubblici, attreverso elementi di arredo urbano dal design ricercato e, contemporaneamente, sviluppare un progetto di comunicazione interattivo: è e-Postcard, iniziativa dello Studio Adriano Design, che ha come obiettivo la valorizzazione del patrimonio artistico delle città e la loro promozione a livello internazionale attraverso le sedute Brillo. Posizionate in luoghi strategici, consentono, a che si siede, di accedere a www.e-poscard.it e diventare soggetto protagonista di una cartolina di promozione della città. Su Brillo ci si può sedere tradizionalmente, ma si può anche usare come appoggio per un pc, un libro o per mangiare qualcosa. E-poscard è un Progetto di Adriano Design con la collaborazione di Luana Marmo e la partecipazione di Colomer e di Ribes Informatica, www.adrianodesign.it



BUILDING

Trasparente come il metallo RIVESTIMENTI METALLICI, IN GRADO DI OFFRIRE LE PIÙ SVARIATE GRADAZIONI DI TRASPARENZA, DA UNA TOTALE PENETRABILITÀ DELLA LUCE AD UNA SCHERMATURA PIÙ INTENSA. WWW.ALPEWA.IT

Acciaio inox

Alluminio e acciaio

Rame

Artos è una struttura metallica per applicazioni architettoniche; il particolare tessuto in acciaio offre molteplici possibilità creative: per pannelli verticali, strutture cubiche o forme scultoree. L’acciaio inox garantisce un alto grado di riflessione, una durata illimitata e un’ottima traslucenza.

Swiss Panel è una lamiera ondulata che, grazie alla forma sinusoidale, dona un aspetto fluido e armonico all’edificio su cui viene applicata. L’originale design, che consente il passaggio selettivo della luce attraverso i pannelli, crea delicati effetti di trasparenza sia di giorno sia di notte.

Gli elementi a lastra forata TECU Net donano agli edifici il fascino intenso del rivestimento in rame, associato alla leggerezza di un diaframma trasparente. Nella versione stirata e perforata, è un materiale che offre nuovissime possibilità di design, per rivestire di luce qualsiasi superficie.

Il nuovo faccia a vista per l’arredo urbano Novità per il faccia a vista: grazie ad un esclusivo processo produttivo, è possibile disarmare l’argilla dallo stampo senza utilizzare la sabbia, creando una superficie liscia e lineare, che esalta i naturali riflessi dell’argilla. I materiali sono quelli di sempre: argilla, acqua e fuoco. VIVO, questo il nome della nuova linea, è disponibile in quattro tonalità (giallo vivo, rosa vivo, rosso vivo, rosso massimo) e nei classici formati mattone, tavella, e listello oltre che in tutta la gamma dei pezzi speciali. I riflessi intensi e cristallini delle superfici levigate fanno di VIVO la scelta ideale per gli esterni e per l’arredo urbano. I profili netti e decisi offrono la possibilità di creare particolari effetti prospettici per le moderne architetture. L’assenza di sabbia in superficie rende VIVO perfetto anche per le finiture d’interni. www.sanmarco.it

Pareti ventilate in laminato Abet + Avantgarde Anche MEG e pRaL, i due prodotti di Abet Laminati per i rivestimenti esterni, sono entarti a far parte di Avantgarde project, il gruppo di aziende che, con specializzazioni complementari, collaborano per la creazione di pareti ventilate sempre più efficienti. Il cuore del sistema è l’elemento d’ancoraggio in polimero composito. La speciale chiave brevettata in nylon e fibra di vetro permette il fissaggio di tutti gli elementi di rivestimento: cotto, legno, pietra, polimeri, materiali biocompatibili, utilizzabili anche contemporaneamente. Grazie alla combinazione dei 2 piani di fissaggio e all’innovativo ancoraggio puntiforme, il sistema Avantgarde permette di realizzare volumi architettonici impensabili con le tradizionali pareti ventilate. Ecocompatibile, in perfetta linea con la politica ambientale portata avanti anche da ABET LAMINATI, il sistema Avantgarde è composto da materiali separabili tra loro e riciclabili al 100%. www.abet-laminati.it www.avantgardesystem.it


Viale della Fiera, 20 - 40127 Bologna (Italia) - Tel. +39 051 282111 - Fax +39 051 6374013 - www.saie.bolognafiere.it - saie@bolognafiere.it


MKTURBANO

Cosa c’entra l’astronomia con le resine Gobbetto? L’arte, la valorizzazione dello spazio urbano, le strategie di marketing: sempre più spesso questi tre elementi diventano protagonisti di progetti comuni, in cui la città si trasforma in scenario di eventi e palcoscenico di installazioni. Le aziende vedono la città come uno dei set privilegiati per comunicare e promuovere, in maniera spesso indiretta, la propria immagine. Tra le ultime iniziative, quella partita il 21 aprile a Torino: la mostra “Star-T. L’arte sotto le stelle”, che vede Gobbetto, azienda leader nella produzione di pavimenti e rivestimenti in resina, partecipare come sponsor tecnico dell’opera Campo Expandido Torino, realizzata da Raymundo Sesma. In concomitanza con l’anno dell’Astronomia, Star-T si presenta come il momento di partenza per un tragitto di incontri tra artisti, designer e architetti, riproponendo ai moderni costruttori di immagini il confronto con il tema dell’astronomia. L’artista messicano Raymundo Sesma, uno degli autori delle 12 opere esposte, ha realizzato la sua opera (esposta presso la Rotonda di Corso Mortara) utilizzando le resine della linea Dega Art di Gobetto, nei colori bianco, nero e verde. Le parole e i segni impliciti in ognuna di queste rappresentazioni sono state trasformate e rese illeggibili, diventando “altro” rispetto all’origine. www.gobbetto.com

Specialisti in brand territoriale

Berlino Megainstallazioni per i Puzzle Ravensburger

Formare nuove figure professionali, specializzate nella promozione dei sistemi territoriali: è l'obiettivo del Corso di Alta Formazione organizzato da POLI.design (Consorzio del Politecnico di Milano) e TURISMO RE, società di advisoring specializzata nel settore del real estate turistico-alberghiero. Il corso si prefigge la formazione di nuovi profili professionali, capaci di coniugare competenze di tipo manageriale ed organizzativo con altre di tipo progettuale nella definizione del “ritratto” di un luogo. Valorizzare le identità ed i genius loci dei diversi territori, fare leva sul capitale territoriale, narrare i caratteri distintivi e identitari attraverso azioni di brand policy unitaria e coordinata, sono solo alcune delle riflessioni da cui si partirà per orientare l’attività didattica. La durata del corso è di circa 2 mesi, per un totale di 200 ore, ripartite in moduli didattici e project work. I moduli didattici verranno organizzati secondo quattro aree tematiche: n Marketing territoriale e strategie per lo sviluppo locale n Design per lo sviluppo locale n Branding management e brand design di un territorio n Progettazione partecipata e strumenti di programmazione. L’avvio del corso è previsto per maggio 2009. Il Corso si rivolge a tre tipologie di utenti: n Consulenti e professionisti nel campo dei processi di sviluppo locale e nel marketing territoriale n Dipendenti di pubbliche amministrazioni o di enti per la promozione del territorio n Architetti, designer, esperti della comunicazione che intendono approfondire le pratiche nel campo dello sviluppo territoriale. formazione@polidesign.net

Cantieri di lavoro, aree in fase di demolizione, pietre e cemento: sono le ambientazioni dell'ultima campagnia pubblicitaria dell’azienda tedesca Ravensburger, produttrice di puzzle. Al centro dei cumuli di mattoni e macerie, è stata posizionata una confezione enorme di un puzzle raffigurante celebri costruzioni, come la Casa Bianca. L’idea è dell’agenzia Scholz & Friends che ha ricreato appositamente questi “cantieri”.


Leopoldo Freyre

Architetti e architettura, designer e aziende si assumano la loro responsabilitĂ . Siamo stati in ritardo sull'ambiente, ora le sfide da affrontare sono anche altre: costruire e produrre in modo sostenibile anche sul piano culturale ed economico da: FRASARIO PER GIOVANE DESIGNER ovvero per ragazzo di belle speranze, in cerca di lavoro, anche gratis / Roberto Marcatti / Robin Edizioni 2008


MOBILITY

Nell'immagine: una trasposizione ludica del progetto, una sorta di gioco dell'oca in cui ogni casella corrisponde ad una strada di Milano che, con le rispettive caratteristiche, può favorire oppure ostacolare il percorso. www.logica-architettura.it www.greendotawards.com


Una buca improssiva, l'incrocio pericoloso, la pista ciclabile interrotta, i binari del tram in agguato: sono alcuni degli ostacoli con cui ogni giorno hanno a che fare tutti coloro che si spostano in bicicletta nelle grandi città. E' possibile migliorare la mobilità da questo punto di vista, rendendo la vita più facile a chi sceglie il mezzo di trasporto più ecosostenibile che abbiamo a disposizione? Secondo l'architetto milanese Carolina Nisivoccia, sì. Il suo progetto, Milano ciclABILE, è nato da un’intuizione semplice quanto geniale, e ha meritato un riconoscimento di tutto rispetto all'ultima edizione del Green Dot Awards, il concorso internazionale, con sede a Los Angeles, che premia le proposte più interessanti in termini ecologici. La incontro nel suo studio, dove mi racconta come l'idea sia nata dall'esperienza concreta: “Vado in bici da sempre ma adesso ho smesso perché a Milano è diventato difficile e pericoloso. Le strade sono piene di ostacoli e rischiosi imprevisti. Così, in un pomeriggio ho avuto l’idea di coinvolgere i cittadini, trasformandoli in “rivelatori su strada”, capaci di segnalare in maniera particolareggiata lo stato

Milano ciclABILE si è aggiudicato il terzo posto nella categoria TRANSPORTATION oltre a tre menzioni d'onore nelle categorie Transportation, Entertainment + Culture, Concept. In gara, al Green Dot Energy, c’erano un migliaio di progetti, provenienti da 25 Paesi.

Muoversi su dueruote Il progetto vincitore del Green Dot Awards di Los Angeles di Laura Della Badia

delle strade milanesi. Abbiamo fatto un primo esperimento l'anno scorso, in occasione del FuoriSalone (con Interni e il patrocinio del Comune di Milano): bastava iscriversi, seguire i percorsi da noi indicati e poi compilare un questionario. Si è trattato appunto di un esperimento ma mi piace pensare che possa diventare uno spunto utile per un progetto reale: con la duplice finalità di sollecitare il senso civico che è in ognuno di noi (in questo momento forse per troppi un po’ latente) e creare uno strumento utile alle amministrazioni per risolvere piccoli problemi di viabilità e incentivare le due ruote. Si tratta insomma di ribaltare i punti di vista: quelle del cittadino non sono lamentele ma utili suggerimenti, tesi a creare un rapporto di collaborazione con la pubblica amministrazione, in maniera assolutamente ludica”. Carolina Nisivoccia si occupa di architettura di interni e realizza progetti per importanti marchi della moda e del design. Parallelamente però ha scelto di dare vita a progetti etici, come Milano Ciclabile, perché è convinta che oggi l'architetto non debba solo progettare case, edifici, oggetti ma soprattutto creare processi in grado di migliorare il comportamento (e la vita) delle persone.

[biciclette in Italia e nel mondo] Chi ne ha di più nel mondo? - CINA 450 milioni - USA 100 milioni - GIAPPONE 75 milioni - GERMANIA 62 milioni - INDIA 62 Milioni - ITALIA 29 milioni Qual è la città più ciclabile in Europa? Helsinki: 1550 km di piste ciclebili Vienna: 1000 km Monaco: 750 km Stoccolma 750 km e in Italia? Reggio Emilia 31 m/abitante Mantova 29 m/abitante Vercelli 26 m/abitante Bike Sharing Parigi: 21mila bici disponibili; abbonamento annuale: 29 euro Barcellona: 6mila bici disponibili; abbonamento annuale: 24 euro Milano: 800 bici all'inizio del 2009 (1400 entro l'estate); abbonamento annuale: 35 euro





INTERVIEW

Ad Arezzo l’idrogeno non è più solo un’idea e nemmeno un progetto. E’ entrato in funzione il primo idrogenodotto al mondo in area urbana ed è stato così realizzato il primo tassello di un mosaico che, se sviluppato, è in grado di garantire autosufficienza energetica, producendo in loco idrogeno dal fotovoltaico e mettendo al “riparo” famiglie ed imprese non solo dai black out tecnici ma soprattutto da quelli che causano le impennate del prezzo del petrolio e, conseguentemente, di tutte le tradizionali forme di energia. Incontriamo Paolo Fulini, presidente della Fabbrica del Sole, ideatore del progetto. di Greta Martini

Il primo idrogenodotto al mondo

in area urbana? E’ad Arezzo E' stato da poco inaugurato il primo idrogenodotto al mondo in area urbana. Ci spieghi meglio cosa fa e come funziona? Ad Arezzo è da molti anni che si utilizza idrogeno nelle attività industriali. Nel 1929 la prima azienda orafa ad utilizzare idrogeno per le lavorazioni fu la UnoAerre. Il Progetto Idrogeno per Arezzo, inaugurato il 30 aprile 2008, è costituito da una tubazione sotterranea che, partendo da una baia centrale di stoccaggio, è in grado di distribuire l’idrogeno alle aziende orafe di San Zeno. Presso queste aziende sono stati istallati dei co-generatori a fuel cell con potenza nominale di 5 KW, in grado di produrre energia elettrica e calore dall’idrogeno. Gli orafi aretini utilizzano da quasi un secolo e in grandi quantità (ca 500.000 mc/anno) idrogeno in bombole o autoprodotto in azienda. Vista la loro reciproca vicinanza, è possibile una distribuzione centralizzata e in tubazione dell’idrogeno, che abbassa notevolmente i costi della fornitura. L’utilizzo di Fuel-Cell rende l’orafo autoproduttore di energia, trasformando l’idrogeno in 5 KW di energia elettrica e in quasi altrettanti di energia termica per usi sanitari o riscaldamento. L’unico gas di scarico emesso è il vapore acqueo.

Quali sono stati i costi e i tempi di realizzazione? Chi ha finanziato la costruzione? Il costo complessivo della realizzazione è stato di circa 1,2 milioni di euro. La Regione Toscana ha contribuito con 400.000 Euro. Il progetto è stato pensato nel 2002 ed inaugurato nel 2008 con un lavoro congiunto delle aziende coinvolte, delle amministrazioni locali (Provincia e Comune di Arezzo) e le associazioni di categoria, in particolare Confindustria. Un grande contributo nel settore della ricerca è stato dato dal Dipartimento di Chimica dell’Università di Siena, tramite la cooperazione del Prof. Riccardo Basosi. La Fabbrica del Sole ha inoltre sviluppato collaborazioni con altre università quali il dipartimento di Energetica “Sergio Stecco” dell’Università di Firenze tramite il Prof. Giampaolo Manfrida.

Qual è il potenziale dell'impianto e che sviluppo avrà nel breve e lungo termine?

l’HydroLab

Le tecnologie in fase di studio n solare termico ad alta efficienza n solare fotovoltaico n microeolico n idroelettrico n geotermico a bassa entalpia n impianti di condizionamento basati su macchine frigorifere ad assorbimento alimentate da sorgenti termiche a bassa temperatura (tipicamente acqua a circa 80°C): solar cooling cogenerazione e risparmio energetico n

Il primo tracciato, con dorsale principale lunga circa 800 metri, andrà ad alimentare inizialmente quattro aziende orafe. Nell’area di San Zeno se ne contano più di 40 e molte hanno già fatto richiesta per poter essere allacciate alla tubazione. Nel prossimo periodo si prevede di estendere l’allaccio a tutta l’area e cablare in maniera sistematica tutte le aziende del distretto.

In occasione dell'inaugurazione sono arrivati ad Arezzo ambasciatori, studiosi, politici per vedere il vostro progetto. Come mai nessuno l’aveva realizzato prima? e come è nato questo progetto? Il progetto sfrutta la particolarità del territorio che lo ospita: al mondo sono pochi i distretti industriali in cui si concentra, in un’area limitata, un gran numero di aziende che utilizzano idrogeno, come quelle orafe. Noi della Fabbrica del Sole siamo stati i primi ad intuire la possibilità di poter utilizzare l’idrogeno non solo come gas tecnico ma anche come vettore energetico; inoltre abbiamo creduto nella possibilità di un’ottimizzazione della distribuzione tramite tubazione sotterranea. Per questo sono effettivamente venuti a trovarci l’ambasciatore americano, quello cinese ed abbiamo avuto contatti con l’ambasciatore egiziano. Dal Giappone è venuta a visitare la nostra realtà una delegazione di ingegneri.

Leggiamo, sul vostro sito, che La Fabbrica del Sole ha sviluppato in parallelo all’idrogenodotto anche l’HydroLab. Che cos’è? Lo scopo del laboratorio, oltre al monitoraggio del progetto e alla divulgazione dei risultati, è quello di sviluppare le tecnologie più prometenti per la produzione di energia rinnovabile: dal vettore idrogeno al solare termico, dalla progettazione di prototipi alla consulenza in materia di energie rinnovabili. Inoltre, il laboratorio è una struttura energeticamente autosufficiente: è alimentato da pannelli fotovoltaici, sarà dotato di un impianto di riscaldamento a pannelli solari termici e di un impianto di raffrescamento che utilizza il processo di solar cooling. Le acque piovane vengono raccolte in una cisterna, le acque nere e grigie vengono trattate da un impianto di fitodepurazione.

Al di là dell'idrogenodotto, qual è il progetto più innovativo a cui state lavorando? Stiamo lavorando alla costituzione di una delle prime comunità all’idrogeno in Europa. Stiamo anche sviluppando tecnologie legate alla locomozione, introducendo motori ibridi all’interno di navette pubbliche. Inoltre prevediamo di costruire a San Zeno un distributore di idrogeno per una flotta minima di bus, auto in car sharing e motorini a idrogeno.


Il costo del silicio è sceso del 31,5%, passando dai 165 $/Kg del 2008 ai 113 $/Kg del 2009. Per quanto riguarda invece l’aumento della produzione dei moduli in film sottile, si stima che sarà di circa 1900 MWp, corrispondente quindi al 400% rispetto al 2008. I costi di produzione, quindi, potranno scendere a 1$/Wp. I dati fanno quindi pensare ad una crescita, che avrà ricadute favorevoli per tutto il comparto, anche in Italia. Nel 2008 il giro d’affari dell’industria fotovoltaica italiana è stato di circa 1.100 milioni di euro, con una potenza installata pari a 257 MW (dato in aggiornamento dal GSE). Per il 2009 le stime parlano di un’ulteriore crescita, sia in termini di potenza installata sia di fatturato. Questi dati positivi, pur nel difficile momento congiunturale, spingono il GIFI a sottolineare i benefici che la buona politica di incentivi erogati dal GSE con il Conto Energia ha prodotto non solo per le aziende del comparto ma anche (e soprattutto) per il Paese in termini di ‘tax revenue’ generato dagli investimenti nel fotovoltaico. Le ripercussioni positive si fanno sentire anche nel campo occupazionale e in quello del controllo di emissioni. www.gifi-fv.it

SOLAR ENERGY REPORT Il fotovoltaico nel 2008

Presentato a Milano (il 12 marzo) il primo studio italiano autorevole sul settore dell'energia solare, a cura dell'Energy Strategy Group del Politecnico di Milano n n n n n n n n n

Volume d’affari dell'industra fotovoltaica nel 2008: 1,1 mld di € Potenza installata cumulata: superiore a 300 MW. Tecnologia impiegata: silicio mono (43,2%) e policristallino (46,1%), moduli a fil sottile (10%) Ambito di applicazione: mercato residenziale (39% della potenza installata distribuita su circa 14.500 impianti.) Centrali fotovoltaiche: aumento del 31% rispetto al 2006 Distribuzione geografica: ad esclusione della Puglia, le prime cinque regioni per potenza installata sono localizzate al Nord Italia. Occupazione: 5.700 nuovi posti di lavoro nel 2008 440: i milioni di euro versati dalle aziende del fotovoltaico nelle casse dello stato 979: le società, di vario tipo e dimensione, che operano nel fotovoltaico. 519, escludendo banche, assicurazioni, produttori e trader (di queste però non tutte hanno sede in Italia). Il Politecnico di Milano le stima in 415, il cui fatturato complessivo generato nel 2008 è stimato in circa 1.100 milioni di euro.

+ 113mila posti di lavoro (ma le banche restano strategiche) Secondo uno studio condotto dal GIFI, in Italia entro il 2020 potrebbero essere installati 16 GW di impianti, che contribuirebbero alla creazione di circa 113mila nuovi posti di lavoro, con una produzione di 20 TWh annui di energia elettrica e il risparmio delle emissioni in atmosfera di circa 10 milioni di tonnellate di CO2. Affinché queste ricadute favorevoli possano essere effettivamente generate, è necessario, secondo il GIFI, un ruolo sempre più strategico delle banche attraverso innovativi e meno onerosi strumenti finanziari, in grado di facilitare l’accesso al credito da parte delle aziende del comparto. Di questo tipo, ad esempio, l’accordo siglato nel 2008 e rinnovato anche perquest'anno, tra il GIFI ed Intesa Sanpaolo per promuovere la realizzazione di impianti fotovoltaici sia civili sia industriali grazie a finanziamenti agevolati. A livello europeo, invece, l’obiettivo dell'industria fotovoltaica entro il 2020 è fornire energia elettrica da fonte fotovoltaica per una quota del 12%. A favorire questo andamento sarebbero una serie di fattori, quali l’abbondanza del silicio, la riduzione dei costi di produzione e il raggiungimento della grid parity (costo del kWh fotovoltaico uguale al kWh convenzionale) a partire dal 2010 per l’Italia e, per quasi tutti i Paesi membri, entro il 2020. Sarà il SET (Solar Energy Technology) la piattaforma di competenze attraverso la quale l’EPIA (l’associazione dell’industria fv europea) lavorerà per il raggiungimento di questo obiettivo.

NUMERO DEGLI IMPIANTI E POTENZA INSTALLATA (DATI AGGIORNATI AL 31 MARZO 2009. FONTE: GSE)

1701 31.456 kW 37 272 kW

2849 34.430 kW

5389 50.834 kW 454 3.783 kW

1755 12.794 kW

3188 29.919 kW NUMERO IMPIANTI Totale: 33.772 POTENZA INSTALLATA Totale: 435.284 kW

3551 40.651 kW 2401 29.419 kW

1418 829 24.390 kW 18.644 kW 629 9.092 kW 2015 98 23.158 kW 2699 1.199 kW 56.524 kW 656 11.857 kW

293 5.623 kW

1476 15.725 kW

668 17.372 kW

1666 18.141 kW


Riduzione dei costi di produzione e scalata del film sottile: sono i dati pi첫 interessanti che emergono dall'analisi della NEW ENERGY FINANCE, relativamente all'andamento del fotovoltaico per il 2009

FOTOVOLTAICO 16 GW entro il 2020




UN CONTENITORE DI IDEE, EVENTI, SPETTACOLI, PER PARLARE DI ENERGIA AL GRANDE PUBBLICO ATTRAVERSO LA VOCE DI ARTISTI, SCIENZIATI, PERSONAGGI DEL MONDO DELL'ECONOMIA E DELLA POLITICA: È IL FESTIVAL DELL'ENERGIA CHE QUEST'ANNO, PER LA SECONDA VOLTA, TRASFORMERÀ LA CITTÀ DI LECCE IN UN PALCOSCENICO DI INCONTRI, MOSTRE E CONCERTI DEDICATI AL TEMA PIÙ ATTUALE DEL PANORAMA INTERNAZIONALE di Laura Della Badia

Come e quando nasce l'idea di un Festival dedicato all'energia? e perchè a Lecce? L’idea di organizzare una kermesse sui temi dell’energia nacque nell’estate del 2007. Eravamo alla ricerca di una formula che portasse il dibattito energetico nelle piazze, tra la gente. Dalle aule dei convegni e dei workshop per addetti ai lavori alla strada, ma senza perdere credibilità e qualità scientifica. Proponemmo l’idea ad Assoelettrica, che la sposò e ne fu promotrice insieme a noi di ARIS.

Ci spiega meglio come sarà organizzato? Il Festival invaderà la città: sarà coinvolto tutto il centro storico, splendido nel suo barocco. La manifestazione sarà composta da tanti eventi disseminati in numerose location, che coinvolgeranno i salentina ma anche i numerosi visitatori che arriveranno da tutta Italia. Aris è il promotore dell’iniziativa. Di cosa si occupa l’Agenzia? L’iniziativa è promossa da ARIS in partnership con Assoelettrica (la Confindustria delle imprese produttrici di energia elettrica) e in collaborazione con Federutility (l’organizzazione che rappresenta le aziende dei servizi pubblici locali del settore idrico e di quello energetico). ARIS è un’associazione no profit nata per sviluppare progetti di ricerca nell’ambito della comunicazione, nei settori dell’ambiente e dell’energia. Dal 2004 ARIS gestisce Nimby Forum, un progetto finalizzato a sviluppare e diffondere la cultura della comunicazione, del dialogo e della partecipazione in ambito territoriale, come fattori indispensabili nella realizzazione di impianti e infrastrutture strategiche per lo sviluppo del Paese. E dal 2008 promuove e organizza il Festival dell’Energia. Nel 2008 avete registrato 10mila presenze. Più gente comune o professionisti? Tantissima gente comune. Del resto il Festival mira a coinvolgere tutti: le mostre, i laboratori didattici, gli eventi musicali, i talkshow sono concepiti per parlare di energia a tutti, in modo semplice, aperto, leggero. Certo gli addetti ai lavori frequentano in massa la manifestazione, per tutti loro è anche una grande festa.

Il tema di quest’anno è “Decidere oggi l’energia di domani”. C’è un argomento a

cui dedicherete maggiore attenzione? Non uno in particolare; l’interrogativo sull’energia del futuro permea tutto il programma del Festival. E tanto spazio stiamo dando e daremo alla ricerca e all’innovazione nel settore energetico. Abbiamo infatti indetto un bando (un Call for Paper) rivolto ad enti di ricerca pubblici e privati, proprio con lo scopo di dare impulso allo sviluppo delle nuove tecnologie. Sono stati selezionati dal Comitato Scientifico del Festival 15 progetti che verranno presentati a Lecce in uno speciale “Spazio innovazione”. E’ il nostro piccolo ma significativo contributo alle sfide che dovremo affrontare nei prossimi anni.

Lecce.Festival dell’Energia Il Festival prevede anche il convolgimento di artisti, con spettacoli e concerti... La musica, l’arte, lo spettacolo sono forme purissime e sublimi di energia. Niente, meglio dell’espressione artistica, può rappresentare il concetto stesso di energia. Grazie alla Regione Puglia e ad alcune aziende sostenitrici stiamo realizzando un programma di eventi musicali di grandissimo livello, dall’esibizione di Piero Pelù alla Grande Salento Orchestra, a concerti di musica classica o dj set in piazza.

Le aziende invece come verranno coinvolte? saranno presentate novità del settore

in materia di eolico, fotovoltaico, geotermia? I massimi rappresentanti del panorama industriale italiano, e non solo, parteciperanno massicciamente a tavole rotonde e dibattiti, nel corso della quattrogiorni leccese. Le novità di carattere scientifico saranno presentate direttamente dai ricercatori, dalle università e dalle stesse imprese che hanno inviato i propri progetti, tutti davvero interessanti, i quali saranno esposti nella magnifica cornice del Rettorato, allo Spazio Innovazione. Alcuni “explainer” illustreranno i progetti ai cittadini, agli studenti e agli imprenditori, che magari saranno interessati a sostenerne qualcuno. In questo modo ricerca e impresa avranno un’occasione interessante di confronto. E nel futuro, perché no, di proficua collaborazione. Talkshow, mostre, presentazioni, con i protagonisti del mondo della ricerca, dell’economia, del giornalismo e dello spettacolo. Tra i personaggi già confermati: Piergiorgio Odifreddi, Lella Costa, Chicco Testa, Stefano Boeri, Antonello Piroso di LA7, Giovanni Floris e Maurizio Mannoni di Rai 3, Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos, Corrado Clini (Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente), Giuseppe Onufrio (Direttore di Greenpeace Italia), Dario Di Vico (Vicedirettore Corriere della Sera), Vittorio Cogliati Dezza (presidente di Legambiente); personalità del mondo energetico e scientifico come Gunter Pauli, fondatore di ZERI (Zero Emission Research and Initiatives), Wolfang Palz (presidente del World Council for Renewable Energy); Ennio Macchi (dipartimento di Energia del Politecnico di Milano), Joakim Lundquist, esperto di comunicazione ambientale su internet e nuovi media.

Come si coniugano le due anime del Festival: quella istituzionale, sulle scelte in materia di pianificazione energetica, e quella più popolare, che risponde alla vo-

lontà di “spiegare l’energia” a un pubblico di non esperti? Semplicemente, senza creare soluzioni di continuità tra le due anime. Il Festival è aperto a tutti, e quindi chiunque potrà partecipare a ogni tipo di evento: i cittadini, gli studenti, le famiglie potranno partecipare sia ai momenti più “popolari”, come le presentazioni di libri, gli eventi di spettacolo e gli “incontri con l’esperto”, sia ai dibattiti istituzionali con i politici e le grandi imprese. In alcuni casi, sarà un po’ come assistere in diretta ad un talk show televisivo. Ecco perché abbiamo chiamato, a moderare questi dibattiti, alcuni tra i migliori e più famosi giornalisti in circolazione, come Giovanni Floris o Antonello Piroso. L’anno scorso è stato un piacere vedere il tal imprenditore, il tal giornalista e il tal scienziato conversare amabilmente tra le splendide strade di Lecce, anche di sera, fuori dal programma del Festival e godersi assieme i momenti ludici, come i concerti e gli spettacoli teatrali sul tema dell’energia!

Promosso da: ARIS (Agenzia di Ricerche Informazione e Società). Partner: Assoelettrica. In collaborazione con: FederUtility. Patrocini istituzionali: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Ministero dello Sviluppo Economico; Regione Puglia; Provincia di Lecce; Comune di Lecce; Università del Salento; Confindustria Lecce. Patrocini scientifici: Amici della Terra; APER (Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili); CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche); CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane); DITNE (Distretto Tecnologico Nazionale sull'Energia); FAST (Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche); Fondazione Politecnico di Milano; ISES (International Solar Energy Society); Kyoto Club; Legambiente; Safe (Sostenibilità Ambientale Fonti Energetiche). Gigawatt Sponsor: a2a; Edipower; Edison; Enel; Italgest; Sorgenia. Megawatt Sponsor: Rezia Energia Italia; Vestas. Kilowatt Sponsor: EGL.


Alessandro Beulcke

www.festivaldellenergia.it

presidente di ARIS (Agenzia di Ricerche Informazione e Società), l’associazione no profit che ha ideato l'evento, ci racconta come è nato il progetto (che l'anno scorso ha registrato 10mila presenze) e quali sono le novità dell’edizione 2009


ll sole raccomanda i sistemi fotovoltaici Mitsubishi Electric.

Il sole è una fonte di energia inesauribile, sicura, ecocompatibile. E molto redditizia. Infatti, grazie all’incentivazione del Conto Energia e al risparmio sulla bolletta elettrica, il fotovoltaico è oggi una vantaggiosa opportunità di investimento. Ecco perché è meglio scegliere un partner affidabile come Mitsubishi Electric, che vanta oltre 25 anni di esperienza nell’industria solare e offre la garanzia di soluzioni tecnologicamente avanzate, inalterabili nel tempo e dal rendimento eccezionale. Non a caso Mitsubishi Electric è l’unica a proporre sia pannelli fotovoltaici sia inverter appositamente studiati per il mercato europeo, garantendoli per 5 anni sui difetti di fabbricazione e per 25 anni sulla producibilità. Mitsubishi Electric Europe B.V. ··Centro CentroDir. Dir.Colleoni, Colleoni,Pal. Pal.Sirio Sirio11··Agrate AgrateBrianza Brianza(MI) (MI)··tel. tel.039 03960531 · fax 039 6053312 · www.mitsubishielectric.it · info.fotovoltaico@it.mee.com


RISCALDAMENTO RADIANTE

VENTILAZIONE MECCANICA

L’impianto di ventilazione meccanica consente di cambiare costantemente l’aria dell’edificio, senza dover aprire le finestre, quindi senza creare “buchi” nell’involucro coibentato Espulsione di aria viziata dal bagno e dalla cucina Immissione di aria pulita, filtrata, pre-riscaldata in inverno e pre-raffrescata in estate RISCALDAMENTO TRADIZIONALE

RISCALDAMENTO RADIANTE

I VANTAGGI Funziona a basse temperature [l’acqua immessa è a 30°C contro i 70° dei normali radiatori] Migliora il benessere termico [l’ambiente si scalda in modo uniforme; il benessere si raggiunge a una temperatura di 2°C inferiore a quella media tradizionale] Non muove l’aria e quindi non trascina micropolveri e batteri Non secca l’aria, garnatendo una perfetta respirazione Costi di gestione quasi nulli ed eliminazione dei caloriferi

l’impiantistica

dell’EcoSun Building

L’IMPIANTO TERMICO Ogni unità abitativa è dotata di centralina di termoregolazione, di contabilizzatore con interfaccia bus, di deumidificatore, di sonde e contatori. Quindi una gestione completamente indipendente (in termini di regolazioni e consumi) ma con i vantaggi energetici di un impianto condominiale. Il punto di forza dell’impianto è l’energia solare, solo parzialmente supportata da una piccola caldaia a condensazione L’accumulo stratificato consente di prelevare l’acqua esattamente alla temperatura di cui si ha bisogno

SERRAMENTI pannelli fotovoltaici

VETROCAMERA

ascensore Ecosystem ad elevato risparmio energetico

RIEMPIMENTO CON GAS ARGON

pompe e parti meccaniche in Classe A luci a risparmio energetico con sensore volumetrico e crepusolare

PELLICOLA ISOLANTE RIFLETTENTE

ENERGIA ELETTRICA

TELAIO MULTICAMERA


La macchina edilizia è partita: dal 10 febbraio, operai, carpentieri, capo cantieri e una gru di 40 metri sono al lavoro e, se tutto andrà come stabilito, tra poco meno di un anno sarà inaugurato a Milano il primo condominio ecologico della città. Il progetto è di Gianmaria Baraldi (studio arch&arch), milanese, classe 1973, che ha fatto del risparmio energetico, e della ricerca Laura Della Badia di tecnologie all’avanguardia, la specializzazione di ArchLab, laboratorio di progettazione particolarmente sensibile ai temi della sostenibilità. Qui ci racconta come sarà Ecosun Building (dove gli appartamenti sono stati già tutti (o quasi) venduti www.archandarch.it

Innanzitutto, dove sarà realizzato Ecosun Building, e cosa lo rende unico nel panorama italiano? L’edificio sorgerà in via Ugolini, in una delle aree di Milano che, negli ultimi anni, ha visto radicalmente trasformata la propria fisionomia. Precisamente siamo in zona Bicocca, in quella parte della città identificata dall’Expo 2015 come area dell’innovazione e inserita nel Raggio Verde R2. Siamo a due passi dalla nuova Linea 5 della metropolitana e a pochissimi metri dai popolati edifici dall’Università Bicocca. Questo condominio rappresenta un unicum in Italia sia per quanto riguarda il risparmio energetico sia per le emissioni di CO2 che saranno meno di un decimo di quelle di un edificio tradizionale; infatti, produrrà circa 40 tonnellate di CO2/anno in meno di un analogo edificio costruito con tecniche tradizionali.

E’ possibile quantificare il risparmio in termini economici? I dodici appartamenti di diverse metrature sono stati studiati per sfruttare l’energia pulita, rinnovabile e a costo zero del sole. Possiamo dire che, rispetto a una costruzione “tradizionale”, nell’arco di 30 anni ci sarà un risparmio di circa 150mila euro per unità abitativa, sui costi del riscaldamento, della produzione dell’acqua calda e del condizionamento estivo.

Le soluzioni architettoniche, i materiali e le tecnologie. L’asse principale dell’edificio sarà orientato secondo la direttrice est-ovest per aumentare la superficie esposta a sud e massimizzare l’irraggiamento solare durante l’inverno; le linee curve dei terrazzi sono pensate per proteggere le vetrate dai raggi del sole nel periodo estivo e sfruttare al massimo il calore del sole in inverno; gli infissi con telaio in pvc, con sistema multicamera, guarnizioni multiple e vetri riflettenti bassoemissivi, garantiscono un miglior isolamento rispetto a più diffusi serramenti. Lo stesso fanno i raccordi termoisolanti, inseriti tra la soletta interna e quella a sbalzo dei terrazzi, che impediscono al calore di disperdersi. È proprio attraverso i ponti termini dei balconi, infatti, che si perde il 30% del calore di un edificio. Questi vantaggi sono ottimizzati dalla struttura stratificata a secco, costituita da una serie di pannelli di materiali e spessori diversi, che massimizzano l’isolamento termico e acustico. Per la finitura esterna abbiamo sfruttato il cosiddetto effetto “lotus”, ossia la capacità, osservata appunto nei fiori di loto, di mantenersi puliti autonomamente; infatti il materiale di rivestimento utilizza l’acqua piovana per autopulirsi, annullando i costosi interventi di recupero. Vero punto di forza dell’EcoSun Building è, però, l’impianto di riscaldamento radiante, che si snoda sotto il pavimento lungo tutta la metratura degli appartamenti e che sfrutta l’energia solare attraverso pannelli solari. In una lunga serpentina circola acqua calda a una temperatura di 30°C. Questo sistema, rispetto all’uso dei radiatori tradizionali che usano l’acqua a 70°C, assicura un riscaldamento più uniforme ed economico, migliora la qualità dell’aria non seccandola e riduce i moti convettori e il conseguente trasporto di polveri e batteri. Nelle stesse tubature in estate circola acqua a una temperatura di 16°C, assicurando un raffrescamento dell’ambiente con gli stessi vantaggi del riscaldamento radiante. Ci sarà inoltre un impianto di ventilazione meccanica che cambierà costantemente l’aria all’interno degli appartamenti, senza dover aprire le finestre, quindi senza creare “buchi” nell’involucro coibentato e sbalzi di temperatura. L’aria viziata viene catturata dall’impianto e ricacciata nell’atmosfera dopo essere stata filtrata, mentre l’aria pulita, catturata nel punto più alto dell’EcoSun (filtrata, pre-riscaldata in inverno e preraffreddata in estate per non creare shock termici) viene messa in circolo nell’edificio. Val la pena di sottolineare, infine, che impianto di riscaldamento, ascensore e ventilazione meccanica sono tutti alimentati con l’energia elettrica autoprodotta dall’EcoSun grazie ai pannelli fotovoltaici posti sul tetto.

L’Italia sta muovendo ora i primi passi nel mondo del risparmio energetico in edilizia. Quali sono state le principali difficoltà incontrate in fase progettuale? L’Italia non ha grande esperienza nell’uso di materiali a bassa trasmittanza, quindi non ci sono casistiche con le quali confrontarsi. Ci sono voluti quasi due anni di ricerche sistematiche sulle tecnologie e sui materiali a risparmio energetico presenti nei vari Paesi - con analisi parallele sulle prestazioni e sui risultati, analizzando e creando simulazioni di ogni dettaglio - prima di arrivare alla stesura definitiva del progetto. Visto che quasi tutte queste tecnologie provengono dai paesi del nord Europa, dove sono largamente diffuse già da tempo, si è dovuto studiare come adattarle alle specifiche condizioni climatiche dell’Italia: a nord delle Alpi, per esempio, l’involucro termico deve proteggere principalmente dal freddo, mentre a Milano bisogna aggiungere la protezione dal caldo e dall’umido estivo. Un edificio a risparmio energetico, dunque, sarà molto diverso se progettato per essere edificato in Norvegia, a Milano o a Salerno.

E per quanto riguarda il reperimento di materiali e tecnologie? La difficoltà maggiore è stata trovare i materiali più adatti e le maestranze che sapessero lavorarli. Non dimentichiamo che il settore civile è il principale produttore d’inquinamento, supera tranquillamente industria e trasporti e, solo in Italia, è quello che si è meno evoluto tecnicamente e che è meno soggetto a normative e vincoli riguardo alle prestazioni e alle emissioni. Molte tecnologie e materiali sono importati direttamente da paesi stranieri, principalmente dalla Germania. Uno dei problemi con i quali ci siamo scontrati sin da subito, per esempio, è correlato ai giunti termici dei balconi, a quegli elementi strutturali isolanti che “staccano” i terrazzi dalla struttura dell’edificio, evitando che parte del calore interno venga disperso nell’ambiente: il nostro ingegnere strutturale ha avuto non pochi problemi a “tradurre” i calcoli tedeschi, per inserirli nella relazione statica coerente con le normative Italiane. L’Italia è un paese molto tradizionalista, anche nel modo di edificare e, per questo, non ha mai dato ampio spazio all’inserimento di nuove tecnologie, che invece si sono evolute in altri paesi. Negli anni ‘70, in Italia, avevano fatto capolino tecnologie allora innovative come il riscaldamento a pavimento e le pareti in cartongesso ma i tempi non erano ancora maturi e i risultati scadenti conseguiti avevano portato al loro prematuro abbandono. Oggi queste tecnologie ritornano in EcoSun Building, evolute e

migliorate. Le pareti sono diventate dei sandwich di pannelli, con densità e caratteristiche calcolati ad hoc, e hanno caratteristiche di robustezza, isolamento termico e acustico nettamente superiori ai tradizionali muri in mattoni. Lo stesso vale per il riscaldamento radiante a pavimento, che utilizza acqua a 30°C invece di quella a 70°C dei normali caloriferi, grazie al quale non si muove l’aria, non si alzano polveri sottili e si riscalda l’ambiente in modo uniforme. Inoltre, è sufficiente far circolare acqua a 16°C nell’impianto per eliminare la dispendiosa (e poco salutare) aria condizionata.

In che modo i criteri di sostenibilità hanno influenzato l’architettura nell’organizzazione degli spazi abitativi? Alla ricerca è seguita la fase di disegno vera e propria, nell’ambito della quale sono stati coinvolti ingegneri strutturisti, periti termotecnici e impiantisti, accomunati da un unico obiettivo: la sostenibilità. La sostenibilità ha guidato il progettista non solo nell’arduo compito di sfruttare ogni caloria di energia e nella ricerca di materiali ecologici e riciclabili ma anche nell’ideazione di spazi abitativi perfettamente funzionali, flessibili ed ecologici. La funzionalità è stata assicurata da un’analisi che ha posto in primo piano l’organizzazione degli spazi, evitando i tipici errori dell’edilizia tradizionale (lunghi e stretti corridoi, ampi disbrighi, etc), che gravano in misura importante sulle tasche degli acquirenti. In fase di progettazione è stato invertito l’assioma tipico dell’edilizia italiana: non sono gli appartamenti che vengono disegnati sulla base di una struttura portante già pensata ma è quest’ultima che si plasma e prende forma intorno alle unità abitative, per sfruttare appieno le superfici. La flessibilità è data invece da appartamenti in grado di evolversi in conseguenza delle mutevoli esigenze degli inquilini: il bilocale di una giovane coppia può facilmente trasformarsi in un trilocale, senza vincoli dovuti all’impiantistica verticale e alle strutture. Ecosun Building risponde ad una concezione dell’architettura, secondo la quale il bello non è l’eccentrico ma il funzionale e, in senso più ampio, il razionale sostenibile. L’edificio vuole prima di tutto essere una macchina perfetta per risparmiare energia ed abitare bene, una casa nuova nelle prestazioni tecniche, una casa ben costruita con l’occhio al futuro e, solo dopo tutto questo, una bella casa.

L’ECOSUN BUILDING Come ha risposto il mercato? E qual è la tipologia di acquirente di EcoSun? Il mercato sta rispondendo molto bene, ad oggi sono rimasti solo cinque appartamenti non venduti. Gli acquirenti di Ecosun sono principalmente di due tipi: soggetti con una spiccata sensibilità ecologica e soggetti che desiderano effettuare un investimento di sicuro ritorno, che hanno capito che acquistando oggi un nuovo edificio di edilizia tradizionale, in un mondo che sta guardando sempre con più interesse alle prestazioni, tra 5 o 10 anni si troverebbero con un immobile fuori mercato.

Archlab è il laboratorio che ha sviluppato il progetto. Quando è nato e come sfrutterà l’esperienza acquisita con Ecosun? ArchLab nasce all’interno dello studio arch&arch, erede di G 14 Progettazione, studio attivo a Milano da oltre 30 anni nella progettazione di edifici pubblici e privati (Stazioni Nord, Aeroporti di Linate e Malpensa, il quartiere delle Torri Lombarde a San Donato Milanese). Circa tre anni fa Arch&Arch, formato da sette soci con una spiccata prevalenza di giovani architetti, ha deciso di improntare la sua attività progettuale a questo nuovo fattore ormai strategico: il risparmio energetico e, in senso più ampio, la sostenibilità. Con l’intenzione di non limitarsi a cavalcare il fenomeno come una delle tante mode ma di diventarne un punto di riferimento, ha creato un Laboratorio dedicato ad esplorare e sperimentare materiali, tecnologie e forme d’avanguardia: ArchLab, appunto. Oltre ad EcoSun 1 (la prima case history di ArchLab) e 2 (condominio destinato ad un mercato medio, rispondente a tutti i più avanzati criteri di autosufficienza energetica e di sostenibilità) sono già in cantiere anche EcoSun 3 e 4. Il primo di questi si propone di realizzare una Smart House, una piccola casa intelligente di alto livello, dotata non solo di autosufficienza energetica ma di una sofisticata intelligenza per il controllo e la gestione dei consumi. Ecosun 4 intende applicare questo nuovo know-how all’alloggio sociale, studiando non solo edifici di nuova costruzione ma favorendo la riconversione energetica dell’esistente. Ad orientare la nostra attività di ricerca è soprattutto la convinzione che non solo tutti i nuovi edifici dovranno essere costruiti come EcoSun Building ma bisognerà anche risanare il patrimonio edilizio esistente.


INTERVIEW

GIANMARIABARALDI L’ECO-ARCHITETTO DEL PRIMO EDIFICIO MILANESE IN CLASSE A


Involucro “multiuso”

Energia dal calcestruzzo

LOOK

Softhouse

Una casa prefabbricata in grado di produrre 16.000 W/h di energia elettrica (circa la metà del fabbisogno energetico giornaliero di una famiglia media), attraverso speciali tende fotovoltaiche: è Soft House, progetto della designer americana Sheila Kennedy che ha sfruttato le possibilità offerte dalla nanotecnologia OPV (Organic Photovoltaics) sotto forma di tessuto. L'intenzione è mostrare come le superfici che definiscono lo spazio possono anche produrre energia in modo che computer portatili, videocamere digitali e piccoli elettrodomestici possano essere alimentati attraverso la tenda fotovoltaica, la cui tecnologia si basa su una serie di semi-conduttori ad alta efficienza energetica. Proprio come delle vere tende, questi tessuti possono essere montati su binari e spostati durante la giornata, per ottimizzare l’esposizione al sole. www.kvarch.net

Immagazzinare l’energia termica nel calcestruzzo: l'idea è dei ricercatori dell’Università dell'Arkansas. L’energia immagazzinata dal calcestruzzo può raggiungere i 325° C, ma i ricercatori vogliono ottenere dalla stessa quantità di calcestruzzo un deposito di energia termica che tocca i 600° C. Si tratta di un progetto promettente, tanto che Panneer Selvam, professore di ingegneria civile presso l’Università dell’Arkansas e direttore del Laboratorio di Meccanica Computazionale, si è aggiudicato il finanziamento di 770 mila dollari da parte del Dipartimento dell’Energia statunitense. L’impiego del cemento come accumulatore termico non è una novità, ma l’obiettivo del progetto è abbassare il costo di queste operazioni e incrementarne l’efficienza. Il cemento messo a punto nasce dal mix di diverse tipologie di materiali termoresistenti con cui si spera di immagazzinare calore a una temperatura di 600/700° C. Per valutare la miscela migliore, Selvam ed i suoi utilizzeranno dei pannelli solari per raccogliere il calore, riversato poi nel cemento in maniera diretta o attraverso uno o più tubi in acciaio. In questo modo saranno testati vari mix di materiali a temperature progressivamente più alte, monitorando attraverso modelli informatici gli effetti prodotti soprattutto in relazione alla quantità di calore immagazzinata nel calcestruzzo.

Migliorare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni di CO2: tra le ultime novità c'è un involucro in grado di adattarsi alle condizioni climatiche esterne ed interne. L'idea è della Schuco, che ha ideato il Concept 2°C il cui obiettivo si riflette nel nome stesso: contribuire a limitare il surriscaldamento climatico mondiale a due gradi Celsius. Il nuovo involucro si adatta al giorno e alla notte, e segue il cambio delle stagioni; è formato da elementi opachi e trasparenti. A seconda delle esigenze, gli elementi funzionali dall’area opaca vengono fatti scorrere davanti alla parte trasparente. Così si raggiunge un equilibrio energetico ottimale all’interno dell’edificio, anche come comfort per chi vive questi ambienti. Quindi, di notte si può usare il pannello mobile isolante, che permette una trasmissione termica dinamica. I vari elementi dell’involucro possono fungere da isolamento termico, protezione solare e produzione energetica fotovoltaica. Il Concept Schüco 2°C dovrebbe essere pronto per una produzione su larga scala entro il 2011. www.schueco.it

Nanotecnologie per i tessuti fotovoltaici

Il progetto universitario dell’Arkansas

La nuova generazione 2°C


Princess Elizabeth

Eolico ad alta quota Visto che le torri eoliche non possono spingersi tanto in alto da arrivare al vento in quota, (con difficoltà i rotori superano 100 metri dal suolo e la struttura che li sorregge diventa, col crescere dell’altezza, esponenzialmente più pesante, instabile e soprattutto costosa) per sfruttare l’energia cinetica del vento, un gruppo di ricercatori ha messo a punto il progetto Kite Gen. Il punto di partenza è un cambio radicale di prospettiva: non più strutture pesanti e statiche come le attuali torri eoliche, ma macchine leggere, dinamiche e intelligenti. In aria, a una altezza di 800-1000 metri: ali semirigide pilotate automaticamente. Al suolo: tutti i macchinari pesanti per la generazione di energia. Ad unire i due sistemi, cavi in materiale composito che trasmettono la trazione e contemporaneamente controllano la direzione del vento. Praticamente i profili alari sono ancorati ad una struttura a livello del suolo, che si muove attorno ad un asse verticale, nella quale avviene la generazione di energia. www.kitgen.com

E’ la prima stazione polare completamente autosufficiente dal punto di vista energetico e a impatto zero: la “Princess Elisabeth” è stata recentemente inaugurata ad Utsteinein, in Antartide. Il suo compito sarà quello di indagare gli effetti del surriscaldamento globale, proprio dove questi sembrano avere la maggiore incidenza: nelle aree polari. Costruita in Belgio, la stazione è alimentata interamente da energia solare ed eolica. La sua forma è stata studiata per disperdere meno calore possibile. Non è stata un’impresa facile, perchè l’Antartide non ha un clima ideale per le energie alternative: a causa del freddo si impiega molta energia per riscaldare l’ambiente e i pannelli solari risentono di un inverno buio di sei mesi. La stazione è stata progettata dall’International Polar Foundation (IPF), diretta dall’ingegnere ed esploratore Alain Hubert, insieme ad aziende partner e sponsor, tra le quali Arcelor Mittal, che ha contribuito alla realizzazione fornendo le 25 tonnellate di acciaio inox che costituiscono lo strato esterno della copertura. L’edificio sorge ad un’altezza media di 2 metri al di sopra della cresta, in modo tale da evitare l’accumulo di neve. La parte inferiore della struttura è costituita da 4 cavalletti di acciaio, che si possono ampliare o contrarre, indipendentemente l’uno dall’altro, e su cui poggia una grande struttura sovrastante, in legno. I cavalletti sono fissati direttamente nella roccia granitica mediante aste di fissaggio a 6 m di profondità, tali da resistere all’azione di sollevamento prodotta dal vento. Il complesso Princess Elisabeth è composto da più elementi: la stazione di ricerca, alcuni garage e sette turbine eoliche installate nelle vicinanze. www.antarcticstation.org, www.arcelormittal.com

Il progetto Kite Gen

La prima stazione polare a impatto zero

Sunseeker

Quando i pannelli seguono il sole Un’innovativa soluzione per ottimizzare i rendimenti e semplificare l’installazione degli impianti fotovoltaici: secondo PVGIS (Photovoltaic Geographical Information System, un progetto che monitora le tecnologie del fotovoltaico) gli inseguitori SunSeeker garantiscono, a parità di potenza e numero di moduli installati, un rendimento superiore del 33% rispetto a un tradizionale impianto fisso. Il movimento viene gestito da una centralina intelligente che assicura che ogni pannello si orienti nella posizione ottimale in qualsiasi momento del giorno, dall’alba al tramonto, mantenendo inoltre un perfetto parallelismo durante ogni azionamento, in modo da ottenere il massimo rendimento e la corretta posizione dei moduli anche in totale assenza di regolare irraggiamento. Gli inseguitori SunSeeker, sistemi di tracking monoassiali (progettati, brevettati e prodotti da ESPE) possono essere applicati sia alle grandi superfici (come i terreni agricoli) sia a quelle più contenute (come le coperture di costruzioni artigianali, commerciali, industriali, delle aree di servizio etc.), ma anche su terreni sconnessi, senza tuttavia impattare con l’ambiente circostante, dal momento che non necessitano di scavi o forature durante l’installazione. www.espe.it


IL PRIMO TABLOID SUL RISPARMIO ENERGETICO E LE ENERGIE RINNOVABILI

city

ENERGIA

deLetteraeditore www.cityproject.it


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