UP Magazine Arezzo 07 - Inverno 2019

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magazine arezzo NUMERO 07 inverno 2019 UP LUOGHI casa vasari up intervista luca lani up gusto antica fonte

cristina squarcialupi l'essenziale è invisibile agli occhi



sommario

cristina squarcialupi

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| UP LUOGHI |

casa vasari

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| U P G U STO |

L'antica fonte

fondazione arezzo intour

| UP ECCELLENZE |

capto

la nuova frontiera del golf

| UP PEOPLE |

stefano cesari

cecco è morto, viva stefano

3 | UP PEOPLE |

paolo valenti

La bellezza salverà il mondo

| UP TECH |

dimitri pasquini psicologo antifurto

| U P I N T E R V I S TA |

luca lani

il mio lavoro è fare notizia

| U P C U R I O S I TÀ |

la madonna del conforto

storia di una devozione

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| UP COPERTINA |

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| UP TURISMO |


| magazine arezzo Redazione e Amministrazione Atlantide Audiovisivi srl Via Einstein 16/a – Arezzo Tel. 0575 403066 www.atlantideadv.it

Anno III – N° 7 Inverno 2019 Direttore Responsabile Cristiano Stocchi Vice Direttore Maurizio Gambini Redazione Andrea Avato, Chiara Calcagno Mattia Cialini, Matilde Bandera, Marco Botti Art Director Luca Ghiori Fotografie Lorenzo Pagliai, Marco Sallese Si ringrazia Enrica Cherici (ufficio stampa Unoaerre) Rossella Sileno (Dir. Museo di Casa Vasari) Stampa Grafiche Badiali - Arezzo Pubblicità Atlantide Audiovisivi Srl Partners

UP EDITORIALE

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una passeggiata piena di sorprese Pronti per un altro viaggio? Non ci allontaniamo da Arezzo, tranquilli. Ma, in ogni numero, cambia l’itinerario. Una passeggiata, in un sabato di libertà: uno sguardo a monumenti e piazze che rendono la città celebre nel mondo, una deviazione per vicoli stretti, che schiudono inaspettate meraviglie. Ad ogni tappa, una sorpresa: un picccolo, grande orgoglio. In questo numero di Up, la marcia inizia da Cristina Squarcialupi che, insieme al fratello, sta raccogliendo l’eredità – enorme e gratificante - del padre Sergio. Storia intrigante la sua: dalle passioni universitarie per l’arte e il restauro, alla guida della Lasi e alla vice presidenza dell’UnoAerre, azienda che ha segnato la storia orafa d’Italia. E poi una sosta a casa Vasari, per riempirci gli occhi di bellezza, quindi una visita all’ingegner Luca Menci, titolare di Capto, azienda che, da Tregozzano, sta rivoluzionando – ebbene sì - il mondo del golf. Se vi va di far due passi in compagnia, beh prendete sotto braccio Stefano Cesari, vi racconterà le sue mille vite di artista: da quando, giovanissimo, ammutolì

il pubblico del Maurizio Costanzo show. E poi musica, romanzi, teatro e… erbe officinali. Arriverete al laboratorio di Paolo Valenti, burattinaio e artista di strada che incanta i bambini come pochi altri. C’è poi Dimitri Pasquini, dall’ufficio di Pm allarmi, che potrà mostrarvi come si combattono i ladri cercando di anticiparne le mosse, mentre Luca Lani vi spiegherà come è cambiato il modo di fare informazione negli ultimi anni. Partendo da Arezzo è oggi Ceo del gruppo Citynews che raccoglie oltre 50 testate giornalistiche in tutta Italia. Ma dopo tutto questo camminare, ci scommettiamo, adesso vi è venuta fame. Quindi concediamoci una gustosa cena in uno dei ristoranti preferiti dagli aretini, lasciandoci coccolare dalle attenzioni di Luca Fabianelli. Dove? Ma all’Antica Fonte, ovviamente.

In copertina Cristina Squarcialupi Up Magazine Arezzo è stampato su carta usomano che conferisce naturalezza e stile al giornale. In questo numero per la copertina abbiamo scelto il PANTONE 266

Vice-direttore

maurizio gambini

cristiano stocchi

Reg. al tribunale di Arezzo il 12/06/2017 N° 3/17

Direttore responsabile

Up Magazine Arezzo è una rivista a distribuzione gratuita


Redazione

chiara calcagno

Redazione

mattia cialini

Redazione

Andrea Avato

REDA ZIONE matilde bandera

Redazione \ UP MAGAZINE AREZZO \ INVERNO 2019

francesco fumagalli

Tipografo

lorenzo pagliai

Fotografo

marco botti

Redazione

Luca Ghiori

Art-Director

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UP COPERTINA

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L'essenziale è invisibile agli occhi DI MATTIA CIALINI

“H

o deciso di abitare a Firenze. Lì ho frequentato l'Università, ho incontrato mio marito e mi sono fermata. Certo che sono innamorata di Arezzo, è la mia città. Ma qui (ad Arezzo, nda) Squarcialupi è un cognome ingombrante. A Firenze invece sono invisibile”. Elegante senza fronzoli, educata senza salamelecchi. Cristina Squarcialupi ha 53 anni, la figura asciutta da sportiva e spalle forti per sostenere, col fratello Andrea, l'eredità del babbo Sergio: un gruppo con fatturato annuo a nove zeri. A lei spettano

soprattutto le responsabilità in Lasi, di cui è presidente da anni, e Unoaerre, di cui è vice. L'accoglienza avviene proprio a San Zeno: nel tempio dell'oro di Arezzo, quindi d'Italia. Nella straordinaria impresa creata da Leopoldo Gori e Carlo Zucchi che nel 1934 ottenne il marchio di fabbrica “1AR”. Mano tesa, quattro chiacchiere, un passaggio tra gli orafi al lavoro. L'ufficio vicepresidenziale è in un soppalco della produzione. Cristina Squarcialupi è pratica e affabile. Il ghiaccio si rompe facilmente.

L'infanzia ad Arezzo, la maturità classica, poi Firenze all'università. Sceglie la facoltà di chimica. Perché? “Così voleva babbo”. Ma alla fine arriva un 110 e lode. Secchiona? “Macché, tutt'altro che secchiona, non lo sono mai stata. Però mi ha sempre mosso un gran senso del dovere. E soprattutto non mi piace fare le cose tanto per fare. Se mi butto in qualcosa, mi impegno. Cerco il meglio. Ma senza velleità da prima della classe: mi adopero per non perdere mai di vista l'obiettivo”. Chimica indigesta ma non troppo. “Me la sono fatta piacere, diciamo. E poi ha pesato il fatto che,

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UN COGNOME INGOMBRANTE E UNA VITA FINORA LONTANO DAI RIFLETTORI. CRISTINA SQUARCIALUPI, FIGLIA DI SERGIO, HA IN MANO LE REDINI DELLA LASI ED È VICE PRESIDENTE DI UNOAERRE. FILOSOFIA CALVINISTA DEL LAVORO, HA SCELTO FIRENZE PER VIVERE. “LÌ SONO UNA DELLE TANTE”. E PER UNA VOLTA SI APRE: LA RESPONSABILITÀ DELLE AZIENDE, IL MARITO, LA FAMIGLIA, LA PASSIONE PER L'ARTE, IL NUOTO E LO YOGA. IL PRIMO LAVORO? “LA RESTAURATRICE”


er il dono, Venezia 1995, argento e diaspro rosso pendants, Venice 1995, silver and red jasper

Spilla e pendente Per il dono, Arezzo 1996, argento e diaspro rosso Per il dono brooch-pendant and pendant, Arezzo 1996, silver and red jasper

museo Il museo aziendale dell'Unoaerre presenta elementi di archeologia industriale ed evoluzione della produzione orafa. All'interno sono conservati pezzi unici frutto della collaborazione con Gio' Pomodoro, ma anche – tra gli altri - due sciabole ordinate dal dittatore iracheno Saddam Hussein. Tra i numerosi oggetti nelle teche ci sono poi le fedi in ferro protagoniste della campagna "Oro alla Patria". L'Italia di Mussolini, sanzionata dalla Società delle Nazioni per l'invasione dell'Etiopia, aveva bisogno di risorse e il 18 dicembre 1935 fu proclamata la "Giornata della fede": ci fu una grande mobilitazione nazionale,

per donare le fedi di nozze e sostenere così i costi della guerra. Tutti coloro che donarono il proprio anello ne ricevettero in cambio uno in ferro. Fu proprio la Gori&Zucchi, la Unoaerre, tra i principali fornitori delle fedi in ferro e platinite date in cambio.

GIO’ POMODORO E UNO A ERRE - GIOIELLI PER IL DONO

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pur avendo frequentato il liceo classico, le materie scientifiche non hanno mai rappresentato un grosso ostacolo per me. Anche alle superiori andavo bene a matematica”. E Sergio sarà stato contento. “Riconosco a mio padre una serie sconfinata di qualità, di certo con me e Andrea è stato molto duro. Esigente. Mai un segnale di tregua, di relax. Abbiamo dovuto sempre lottare per avere la sua approvazione. Ho avuto un rapporto molto conflittuale in gioventù con il babbo, poi il tempo ci ha fatto riavvicinare”. C'è un ricordo distillato dal pentolone della memoria che si impone nitido: mischia Arezzo e famiglia, svago e impegno, attitudine e passione. “Ero picco-

“Arezzo la amo: qui ho i miei affetti. Ma a Firenze posso confondermi tra la folla, essere invisibile.”

la, babbo portava tutti alla messa alla basilica di San Francesco. Ho ancora addosso la sensazione piacevole di varcare, tutti insieme, la soglia d'ingresso. La maestosità della struttura, la bellezza degli affreschi dietro l'altare che i miei mi indicavano”. L'incontro con Piero della Francesca. Uno dei primi incroci con la grande arte. Ne seguiranno altri. Perché, e forse pochi lo sanno, c'è stata una vita in cui Cristina Squarcialupi si dedicava alla conservazione dei beni culturali. “Era il ramo della chimica in cui avevo deciso di specializzarmi – continua -, dopo la laurea ho avuto borse di studio e dottorati di ricerca. E ho lavorato a lungo all'Opificio delle Pietre Dure”. Ovvero, uno dei più importanti istituti per il restauro delle opere d'arte a livello internazionale e che ha sede a Firenze. Le cui origini affondando addirittura alla fine del '500, quando – sotto Ferdinando I de' Medici – nacque l'omonima attività manifatturiera specializzata nella lavorazione di intarsi e pietre semi-preziose. “Ho preso parte al recupero di famose opere. Su tutte, ho avuto la possibilità di lavorare al restauro della Porta nord e della Porta sud del battistero di Firenze”. Il primo è stato realizzato da Lorenzo Ghiberti, capolavoro che ha


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preceduto la realizzazione della celeberrima “Porta del Paradiso”, il secondo, antecedente, fu disegnato da Andrea Pisano. Entrambe le porte furono danneggiate dall'alluvione del 1966 e sono state successivamente sottoposte a un lungo, complesso e delicato recupero. A cui anche Cristina, grazie alle sue abilità di chimica, ha contribuito. “Amavo quello che facevo – racconta

-, l'arte, il restauro. Ma ero una privilegiata. Facevo straordinarie esperienze, sapendo di avere una sicurezza economica dietro. E sapevo di poter interrompere da un momento all'altro quella vita precaria, fatta di grande impegno, di enorme passione e pochi soldi. La ricerca, e la ricerca applicata alla conservazione del patrimonio culturale in particolare, in Italia purtroppo non pagano.

“Dopo la laurea ho lavorato all'opificio delle pietre dure. Ma in Italia la ricerca non paga. Lasciai tutto per dedicarmi alla Lasi, azienda di famiglia specializzata in analisi chimiche.” 10 \ UP MAGAZINE AREZZO \ INVERNO 2019

unoaerre “Oggi abbiamo commesse dai più importanti brand del lusso: Bulgari, Gucci, Cartier. Abbiamo un museo aziendale con pezzi unici e di straordinario valore. La Unoerre è tornata ad essere una realtà prestigiosa”, racconta Cristina Squarcialupi. E dire che quando suo padre la acquistò, nel 2012, l'azienda perdeva 12 milioni di euro. “La comprò per un atto d'amore: lì era iniziata la sua attività e lì è tornato, spinto dal cuore. Non c'erano altri motivi per investire in Unoaerre”. Fondata da Gori e Zucchi nel 1926, l'azienda è stata la prima ad ottenere il marchio orafo ad Arezzo (1AR), da cui deriva l'attuale nome. La crescita, lo splendore, il declino. L'acquisto di Squarcialupi e, nel 2015, il pareggio di bilancio. Oggi Unoaerre è tornata un'eccellenza aretina ed è anche lo sponsor della squadra di calcio dell'Arezzo.

Per quanto il lavoro sia scrupoloso, attento, frutto di grandi studi. Ho lasciato tutto per dedicarmi alla Lasi, l'azienda di famiglia specializzata in analisi chimiche. Mio marito continua a lavorare all'Università di Firenze, è un docente. Conosco da vicino i grandi pregi e gli altrettanto grandi difetti del sistema accademico italiano”. Nonostante il ritorno ad Arezzo per lavoro, il centro di gravità permanente di Cristina resta Firenze. “Lì ho casa e famiglia. Faccio avanti e indietro cercando di incastrare ogni tassello al posto giusto. Non è facile. Fuori dal lavoro, cerco di essere una mamma attenta”. In mezzo la responsabilità della Lasi, il nuovo impegno alla Unoaerre, le trasferte. “E se posso – sorride – cerco ancora di mettermi al lavoro sul campo, oltre che svolgere attività di coordinamento”. Ma c'è un po' di spazio per se stessa? “Sì un po'. Sono iperattiva e cerco di sfruttare le pause pranzo per fare sport.


Sono appassionata di nuoto, faccio qualche vasca quando posso. Oppure mi concedo una lezione di yoga. Anche se star ferma a meditare non è il mio pezzo forte”. In Chimet fa parte del consiglio di amministrazione. Come ha vissuto gli anni del processo? “Male, ovviamente. Ma dopo l'assoluzione il pregiudizio nei confronti di questa azienda resta. A

“Il processo alla Chimet? L'ho vissuto male. a mio padre non si perdona il successo.” 11 mio padre non si perdona il successo. Io mi arrabbio, perché gli attacchi che arrivano sono sempre pretestuosi: sul tema del recupero dei rifiuti c'è un'ignoranza pazzesca. Ci si riempie la bocca di espressioni come “economia circolare”, poi però la Chimet, che permette la rigenerazione di materiali su larga scala, diventa un bersaglio. E pensare che tra le tante industrie del territorio, per storia, per dimensioni, per clientela internazionale, la Chimet è molto più controllata della media: rispetta standard elevatissimi, in ambito etico e ambientale. E non perché li impongono gli organi di controllo, ma perché prima di loro ce li chiedono i clienti”. E' anche per questo che il rapporto con Arezzo è sfaccettato? “Porto un cognome che non è indifferente alla maggioranza degli aretini. Mio padre però ha salvato la Unoaerre, l'ha presa a un passo dalla chiusura e l'ha fatta rifiorire in pochi anni. E all'Unoaerre tutti gli aretini vogliono bene. Arezzo la vivo da pendolare ma la amo: ho le amicizie di una vita, i miei affetti. I luoghi del cuore, come San Francesco. Ma mi piace anche confondermi tra la folla, essere invisibile. Come mi accade a Firenze”.

Accanto, Cristina Squarcialupi da bambina in una foto ricordo insieme al fratello e ai genitori. In alto, uno scatto d'epoca all'interno della Unoaerre


UP REDAZIONALE

Engel & Völkers, immobiliare di pregio Un nuovo shop in franchising nell’area di Arezzo e Cortona

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ngel & Völkers, fondata nel 1977 come agenzia immobiliare ad Amburgo, è oggi un Gruppo internazionale presente con 800 sedi in 34 Paesi di 4 continenti. L’azienda di servizi è in grado di offrire supporto specializzato per aiutare i suoi clienti a trovare una nuova proprietà o la casa vacanze dei sogni. Il core business della società in Italia rappresenta circa il 10% dell’intero comparto immobiliare e uno dei tratti distintivi è un modello di business altamente innovativo e una piattaforma consolidata. In Toscana, Engel & Völkers è già presente con gli shop in franchising a Firenze, Siena, in Versilia tra Viareggio e Forte dei Marmi, e aprirà a Castiglione della Pescaia entro l’estate, nell’Argentario entro la fine dell’anno. L’obiettivo è di continuare l’espansione in altre località di villeggiatura e città d’arte, come Arezzo e Cortona. “Arezzo e le campagne aretine, soprattutto Cortona, sono un’area particolarmente strategica per il mercato delle prime case ma, allo stesso tempo, per investimenti su secondi immobili, specialmente da parte di stranieri - dichiara Ileana Centorame, Expansion Manager di Engel & Völkers per il Centro Italia. La zona è caratterizzata da molte proprietà di pregio dal tipico stile toscano che richiamano i nostri clienti di nicchia, che apprezzano la bellezza del territorio, le tradizioni enogastronomiche e il clima mite”.

invece, è uno dei borghi toscani più apprezzati per la seconda casa, in cui i prezzi delle proprietà di prestigio variano tra i 1.300 e i 3.000 € al metro quadrato. A Cortona gli acquirenti immobiliari sono per lo più stranieri: americani, russi, indiani e arabi facoltosi che amano la campagna toscana e investono in splendidi casali di pregio.

A farla da padrone sono borghi storici, casali, rustici e ville circondate da grandi parchi privati dove è possibile coltivare prodotti tipici della tradizione toscana e godere appieno della natura che contraddistingue la zona, la cui qualità della vita è nota in tutto il mondo. In particolare, secondo Engel & Völkers, Arezzo è un mercato interessante per la prima casa, dove i prezzi del target medioalto oscillano tra i 1.200 e i 1.800 € al metro quadro. Cortona,

Arezzo e la sua provincia sono sempre più conosciute a livello globale, tanto è vero che le presenze turistiche estere nell’ultimo anno sono raddoppiate rispetto a quelle italiane (+22% contro +11% secondo i dati della Regione Toscana). Questo è dovuto agli eventi e alle attività di fama nazionale e internazionale come, ad esempio, l’antico gioco cavalleresco della Giostra del Saracino, “OroArezzo” Mostra Internazionale dell’Oreficeria, la Fiera Antiquaria e il Mercato Tirolese di Natale.


CONTATTI

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Ileana Centorame Expansion Manager Centro Italia

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Mobile +39 366 509 62 82 Ileana.Centorame@engelvoelkers.com www.engelvoelkers.com/it-it/italia/centro/

A livello meramente turistico la zona sta richiamando anche persone provenienti da paesi extra UE quali Cina, Brasile e Argentina. Tuttavia rimangono turisti storici, amanti dello stare “Sotto il cielo della Toscana”, americani, inglesi, tedeschi, olandesi, francesi, spagnoli e belgi. A contribuire alla crescita del mercato sia a livello turistico che immobiliare è stato anche l’incremento delle strutture ricettive nella zona che ha caratterizzato il primo semestre del 2018, e la 36esima rievocazione delle Mille Miglia ospitata a Cortona lo scorso maggio.

di pregio e interessato a fornire un servizio di intermediazione immobiliare di alta gamma sia alla clientela nazionale che a quella internazionale. Engel & Völkers mette a disposizione 3 asset fondamentali per l’attività di business, quali il brand riconosciuto a livello mondiale, la rete globale in costante crescita per aumentare le possibilità di guadagno e soluzioni di marketing, vendita e post-vendita personalizzati. Il nostro progetto di sviluppo volge l’attenzione anche verso altre zone della regione quali Lucca e Garfagnana, la Costa degli Etruschi, l’Isola d’Elba e il Chianti Fiorentino”.

“Siamo motivati a proseguire l’espansione del nostro gruppo in Toscana nell’area tra Arezzo e Cortona – continua l’Expansion Manager Centorame – con l’obiettivo di selezionare un affiliato in franchising amante degli immobili

Engel & Völkers cerca, dunque, persone con spirito imprenditoriale, con grande passione per il settore immobiliare e altrettanta ambizione per il successo professionale.


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UP LUOGHI

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casa vasari Uno scrigno d’arte nel cuore della città DA L CO N T R AT TO D'ACQ UISTO DEL 1 541 A I GIO R NI N O ST R I : STO R I A , D E T TAGL I E R ETRO SCENA DI UN LUO GO C H E L'A RC H I T E T TO, P IT TOR E E STO R IOGR A FO A R ETINO AM AVA M O LT I S S I M O. CA M ER E, COR R IDO I E PA R ETI CON S E N TO N O D I FA R E UN V IAGGIO A R ITRO SO NEL '500, CON I L P R E Z I O S I S S I M O A RCHIV IO V INCOL ATO A L L A D IM O R A CO N U N D ECR ETO M INISTER IA L E. UN P OSTO C H E T R A S U DA STO R I A E CHE L A SCIA A BO CCA A P ERTA DI MARCO BOTTI | IN COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE AREZZO INTOUR


Nell’Archivio di Stato di Firenze è conservato un contratto di vendita in cui si ricorda che il grande architetto, pittore e storiografo Giorgio Vasari, il 7 settembre 1541, acquistò una casa in costruzione e un appezzamento di terreno nella parte nord del centro storico di Arezzo, dove oggi corre via XX Settembre. La zona era detta “borgo di San Vito”, dal nome della duecentesca chiesetta dei santi Vito e Modesto. Lì, a detta sua, si respirava “la migliore aria della città”. L’anno successivo l’autore de Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori iniziò la decorazione delle stanze con un complesso programma iconografico che lo impegnò, tra sospensioni per i continui incarichi lavorativi e riprese, per alcuni anni. Il risultato finale fu uno degli esempi meglio riusciti di dimora d’artista, meta irrinunciabile dei turisti che visitano Arezzo.

Da nido d’amore a museo Nel 1550 Vasari sposò Niccolosa Bacci, stabilendosi con lei nella nuova abitazione. Purtroppo l’intensa attività in giro per l’Italia e soprattutto alla corte di Cosimo I dei Medici, fece sì che egli vivesse ben poco nella sua amata casa aretina. Dopo il definitivo trasferimento nella zona di Santa Croce a Firenze, la residenza d’Arez-

zo si trasformò quindi in un rifugio dove soggiornare per brevi periodi. Sopraggiunta la morte, nel 1574, la dimora andò agli eredi ma nel 1687 ci fu la dipartita dell’ultimo discendente in linea maschile Francesco Maria. La struttura passò così alla Fraternita dei Laici, già designata nel testamento del 25 maggio 1568 come erede universale, in caso di estinzione della casata. Nel 1871 la famiglia Paglicci rilevò l’edificio, mantenendolo per quattro decenni, finché nel 1911 lo Stato italiano avviò l’acquisto per farne uno spazio museale. Grazie alla direzione di Alessandro Del Vita, nel corso del Ventennio l’abitazione fu arredata in stile. Negli anni Cinquanta Casa Vasari si trovò al centro di una rivisitazione dell’allestimento sotto l’egida di Luciano Berti. Alle opere già presenti se ne aggiunsero una sessantina provenienti dai depositi delle Gallerie fiorentine, tutte realizzate da artisti formatisi alla scuola vasariana o di quel periodo, con l’intento di creare un museo statale improntato sul Manierismo italiano. Nel 2011, in occasione delle celebrazioni del cinquecentenario dalla nascita dell'artista, l’edificio fu oggetto di un importante finanziamento da parte del Mibact, che ne consentì la complessiva riqualificazione, con la realizzazione al piano terra della nuova biglietteria-bookshop e di un ascensore per l’abbattimento delle barriere architettoniche. La quadreria fu riallestita in modo più organico e coerente, a cura dell’allora direttore Michele Loffredo.

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GEOLOCALIZZAZIONE


Un viaggio unico nell’arte del '500

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Rispetto al passato, oggi Casa Vasari si visita in senso antiorario. La Camera della Fama e delle Arti, la prima a essere iniziata nel 1542 dopo il proficuo soggiorno veneziano di quasi nove mesi, è scandita dall’allegoria della fama al centro del soffitto, da quelle delle arti nei pennacchi laterali – poesia, pittura, scultura e architettura – e da sette ovali successivi di qualche anno che ritraggono lo stesso artista, il bisavolo Lazzaro, Spinello Aretino, Andrea del Sarto, Bartolomeo della Gatta, Luca Signorelli e Michelangelo Buonarroti. La quadreria presente è invece per la maggior parte di carattere sacro. Da questa sala si accede sulla destra al cosiddetto Stanzino Vasariano, dove sono visibili alcune opere autografe dell’artista e la Testa dell’imperatore Galba, maiolica policroma di Andrea Sansovino del primo Cinquecento, già facente parte della collezione originale di Vasari. Proseguendo a sinistra si accede invece alla Camera di Apollo e delle Muse. Essa prende il nome dal tondo centrale con il dio delle arti. Intorno a lui le nove muse. La quadreria di questo ambiente propone opere con soggetto mitologico. Pezzo forte è l’Allegoria della Prudenza, un raro esempio di specchio a scomparsa attribuito ad Alessandro Allori o al suo maestro Agnolo Bronzino. La stanza successiva è la cosiddetta Cucina, probabilmente priva di decorazioni all’origine, dipinta nella volta “a schifo” da Raimondo Zaballi nel 1827. Lo spazio è dedicato alla ritrattistica: da segnalare quelli dello stesso Vasari, del poeta Guittone e i due di Cosimo I dei Medici. Il Corridoio di Cerere è connotato dal soffitto con la protettrice dei raccolti che

guida un cocchio trainato da due draghi. In alto Apollo, col carro che porta il Sole, se ne va per lasciare spazio alla notte. Le opere di piccolo formato delle pareti sono di autori vari. Il corridoio conduce nel giardino pensile oppure immette nella Camera di Abramo. Questa era la stanza nuziale, realizzata nella primavera 1548, dove spicca un soffitto ligneo decorato a tempera recante al centro Dio che benedice il seme di Abramo coronato dalle allegorie della concordia, della pace, della virtù e della modestia. Bellissime le grottesche e notevoli le opere sulle pareti, tra le quali si segnala il giovanile Cristo portato al sepolcro dello stesso Vasari. La Sala del Trionfo della Virtù, splendidamente affrescata, è la principale della casa museo. Venne realizzata nell’estate del 1548 con l’intento di celebrare l’arte e il ruolo dell’artista. Il soffitto a cassettoni, formato da di-

ciassette tavole dipinte a olio e tempera, presenta al centro il Trionfo della Virtù sulla Fortuna e sull’Invidia. Ai quattro angoli si vedono le Quattro età dell’uomo abbinate alle stagioni, con i frutti caratteristici di ciascun periodo dell’anno. Le restanti dodici tavole raffigurano putti e divinità accostate ai segni zodiacali. Le storie in monocromo sulle pareti sono tratte dalla Naturalis Historia di Plinio. Il resto della sala è un tripudio di trompe l’oeil, festoni, vasi, mascheroni, vedute e allegorie che contribuiscono alla costruzione di una fantastica architettura dipinta d’impronta manierista. La Venere sopra il caminetto, infine, è un calco in gesso di Bartolomeo Ammannati. Da questa stanza si accede anche alla Cappellina.

L’Archivio Vasariano, un tesoro nel tesoro Casa Vasari è universalmente nota per custodire l’Archivio Vasariano, qui depositato in perpetuo con atto del 30 luglio 1921 dal suo proprietario, il conte Luciano Rasponi Spinelli. Tra le tante preziosità della raccolta di


documenti, dal 2017 completamente digitalizzata, figurano i Ricordi di famiglia dal 1461 al 1530, i Contratti stipulati dal 1450 al 1586, le Ricordanze dal 1527 al 1573, lo Zibaldone e un carteggio con alcuni tra i più influenti personaggi del Cinquecento, comprese diciassette lettere di Michelangelo Buonarroti. L’archivio oggi è di proprietà della famiglia Festari, erede dei Rasponi Spinelli. Per la sua importanza e il legame intrinseco con la dimora, nel 1994 è stato ulteriormente vincolato al museo con decreto ministeriale.

Poche risorse, ma tante idee di valorizzazione L’attuale direttore, Rossella Sileno, in carica dal novembre 2015, sta portando

avanti un capillare programma di miglioramento dell’offerta museale, che si scontra sovente con la cronica mancanza di risorse economiche. Dopo il successo della recente mostra dal titolo "Giorgio Vasari tra Venezia e Arezzo. La Speranza e altre storie dal soffitto di Palazzo Corner-Spinelli", che da giugno a novembre 2018 ha portato a un incremento medio delle visite del 35%, il 2019 vedrà proseguire la collaborazione con le Gallerie dell’Accademia di Venezia, dalle quali è giunta – in deposito a lungo termine – un’opera di Andrea Schiavone, protagonista del manierismo veneto, raffigurante Cristo davanti a Pilato. Attualmente è in restauro, prima di venire esposta al pubblico. L’operazione di scambio tra le due istituzioni museali vedrà la tavola raffigurante il Suicidio di Giuda entrare a far parte, quale tassello fondamentale

dell’Allegoria della Speranza, della ricostruzione del soffitto realizzato da Giorgio Vasari per Palazzo Corner-Spinelli, all’interno delle Gallerie veneziane. Tra i buoni propositi per il futuro ci sono progetti didattici, percorsi multimediali, una rivisitazione dell’illuminazione della quadreria, la messa in sicurezza della pavimentazione maiolicata nella cappella e la migliore fruibilità di quest’ultima. Nel corso del 2018 sono già stati compiuti importanti interventi sul giardino pensile, dal consolidamento del muro di cinta alla realizzazione di un miglior sistema di regimazione delle acque piovane, dal rifacimento del porticato in acciaio corten al restauro e valorizzazione della vasca circolare e della nicchia terminale del giardino. Tutti interventi che hanno contribuito a farne una location privilegiata per eventi musicali e culturali durante la bella stagione.

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UP TURISMO

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fondazione arezzo intour I L CO M U N E D I A R EZ ZO È IL SOCIO FONDATO R E E P R INCIPALE F I N A N Z I ATO R E D E L L A FONDA Z IO NE NATA P ER INCR EM ENTARE E M O D E R N I Z Z A R E L'A F FLUSSO TUR ISTICO NEL L A NOSTR A P ROVINCIA. L' E N T E S I S O ST I E N E CON V ER SA M ENTI P UBBL ICI E P R IVATI E CON I L R I C AVATO DEL L A TA SSA DI SOGGIOR NO

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è una fondazione in partecipazione senza scopo di lucro (Digital Destination Management) che nasce con l’obiettivo di gestire a 360° la destinazione turistica Arezzo. Socio fondatore e principale finanziatore è il Comune di Arezzo ma la fondazione è aperta anche a soci privati e altri enti pubblici che possono partecipare alla governance e alle molteplici attività svolte. L’ente si sostiene con il contributo del Comune di Arezzo, quello dei privati e con il riversamento della tassa di soggiorno che verrà impiegata in modo integrale in attività legate al turismo e alla cultura.

I SOCI Tra i soci sostenitori della

fondazione c'è anche Atlantide Adv, agenzia di comunicazione che è editore di Up Magazine. Soci in partecipazione sono Confcommercio e Confartigianato Imprese di Arezzo. Tra i soci istituzionali figurano i comuni di Bibbiena, Caprese Michelangelo, Capolona, Castel San Niccolò, Castiglion Fiorentino, Montevarchi, Subbiano.

LA MISSION Far conoscere

Arezzo (Comunicare) con azioni di promozione del territorio, rendendolo più conosciuto al fine di arrivare alla fidelizzazione dei turisti. Sviluppare informazione e accoglienza (Organizzare) tramite il miglioramento dei servizi e l'attivazione di nuove forme di collaborazione. Aumentare l'affluenza turistica (Innovare) attraverso marketing digitale e servizi innovativi.

GLI OBIETTIVI Organizzazione.

Informazione. Promozione. Valorizzazione. Formazione. Innovazione.

contatti

Via Albergotti, 13 52100 Arezzo – Italy E-mail: info@arezzointour.it Tel: 0575-377418/471/484

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LA FONDAZIONE Arezzo Intour


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UP ECCELLENZE

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Capto. La nuova frontiera del golf UN O ST R U M E N TO I P E RTECNOLO GICO CHE M IGL IO R A L E PR E STA Z I O N I D E I G I O CATO R I. UN’A Z IENDA A L L E P ORTE DI A REZZO C H E P U N TA S U R I C E RCA E SV ILUP P O. E UN INGEGNER E CO M E LU C A M E N C I C H E , CON L’A IUTO DEL L A M O GL IE F R A NCESCA , È RIU S C I TO A M E S CO L AR E SCIENZ A , TOSCA NITÀ E PA SSIO NE P ER IL G R E E N , CO N Q U I STA N D O IL M ERCATO GLO BA L E SENZ A SP O STARE LA B A S E DA V I L L A G U I L L ICHINI, A TR EGOZ Z A NO DI ANDREA AVATO


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uca Menci è un ingegnere meccanico, un uomo orgoglioso di essere nato ad Arezzo (anzi, in Toscana) e un appassionato di golf. Sommando e mescolando queste cose insieme, arriviamo a un prodotto ipertecnologico come Capto, ideato e concepito a due passi dalla città, nella splendida Villa Guillichini che si trova poco sopra Tregozzano, e che sta conquistando una fetta sempre più ampia del mercatointernazionale. Partiamo dalla fine. Capto si è rivelato da subito un toccasana per i golfisti più forti del mondo e per i loro coach: è

uno strumento costituito da un sensore capace di trasmettere in tempo reale i dati relativi al movimento del bastone e da un software che calcola i più importanti parametri meccanici e biomeccanici del colpo del putt. In pratica, è un alleato di ferro per migliorare le prestazioni. La prima unità fu venduta a luglio del 2017 e a nemmeno due anni di distanza si sta diffondendo in tutti i paesi del mondo. Il segreto del successo si chiama Luca Menci, per l’appunto. Dopo la laurea a Firenze in ingegneria meccanica ha lavorato da libero professionista e collaborato con aziende


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l'ingegnere Luca Menci con la moglie Francesca, entrambi appassionati di golf

“Dentro Capto ci sono le mie conoscenze scientifiche ma anche la cultura innata che deriva da questi luoghi, legati alla fisica meccanica. Arezzo fa parte di questo territorio fertile.” di livello top: Nikon, Zeiss, Leica. Ha partecipato al restauro della Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, ha realizzato sistemi di calcolo e strumentazione per il rilevamento del territorio in 3D per Telespazio, tra i principali operatori nel campo dei servizi satellitari, e per l’Istituto geografico militare di Firenze. Da sempre si è occupato di fotogrammetria e analisi dello spazio. “Questo lavoro ce l’ho nell’anima – ci ha raccontato – ma quando sono arrivato a 50 anni, ho pensato che dovevo fare qualcosa per il semplice gusto di farlo. Il tempo passa e bisogna adeguarsi, cambiano opinioni e giudizi. Avevo conoscenze nel settore, consapevolezza delle mie potenzialità e mi sono messo a studiare. Di nuovo”. La MenciSoftware ha così allargato i propri orizzonti, un po’ per strategia e un po’ per la scintilla scoccata dentro una mente, quella di Luca, programmata di default secondo logica e razionalità. “Il nostro competitor in quel momento era un prodotto tedesco sul mercato da 15 anni. Abbiamo realizzato i primi prototipi, messo a frutto i contatti che avevamo costruito nel tempo

con i più prestigiosi coach di golf e il resto è venuto in automatico. A gennaio del 2018 Capto ha partecipato alla fiera di Orlando, negli Stati Uniti. E’ stato un passepartout quello, oltre che un grande onore”. Anche chi ha dedicato la sua vita alla scienza, quindi, ha una breccia, un varco, da dove lasciare entrare un’energia speciale. E può cedere alla lusinga di unire svago e professione, tempo libero e lavoro, cuore e ragione. “Il golf è stato da subito una sfida. Imparare tecnica e movimenti efficaci non è così semplice come sembra e per me la possibilità di migliorare sempre di più ha rappresentato uno stimolo incredibile. Non serve grande fisicità, è vero, ma devi essere capace di spedire una pallina a oltre duecento metri di distanza e di metterla in buca da pochi passi. E quindi, senza elasticità muscolare, senza concentrazione, non puoi farcela”. Al tavolo, durante la nostra intervista, è seduta anche Francesca. Marchigiana di origine, romana di nascita, aretina di adozione: dopo l’inizio della storia con Luca, che poi è diventato suo marito e con il quale sta crescendo due figli, ha lasciato la capitale e si è trasferita a Tregozzano, diventando

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Capto si è rivelato da subito un toccasana per i golfisti più importanti del mondo e per i loro coach. Prodotto ipertecnologico, è un alleato di ferro per migliorare le prestazioni.

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una risorsa preziosa nel lavoro e un punto d’appoggio indispensabile nella vita quotidiana. E’ lei a mettere in luce la scelta, decisamente in controtendenza, di mantenere la base dell’attività ad Arezzo: “Il business legato al golf è all’estero, soprattutto negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone. Però, per ora, non ci muoviamo da Arezzo, anche se sul piano operativo dobbiamo convivere con qualche difficoltà in più. Trovare professionalità di alto livello, con competenze specifiche in questo settore, non è semplice. Ma sulla bilancia c’è anche la qualità della vita, che è impagabile nel crescere una famiglia qua”. Luca allora allarga il concetto: “In Italia gioca l’uno per mille dei golfisti del mondo, l’uno per cento di quelli europei: è uno sport in espansione, che sta perdendo i connotati elitari che aveva all’inizio. Anche da noi c’è un cambiamento in atto, tant’è che nel 2022 la RyderCup, la manifestazione più prestigiosa in assoluto, si svolgerà a Roma. Ecco, a me piace l’idea di preservare le radici, di fare ricerca e sviluppo in Toscana, di progettare innovazione tecnologica

nella terra che è stata di Leonardo, Galileo e Michelangelo. Dentro Capto ci sono le mie conoscenze personali ma anche la cultura innata che deriva da questi luoghi, legati da sempre alla fisica meccanica. Arezzo fa parte di questo scenario meraviglioso, fertile, anche se tante aziende di respiro internazionale non ci sono più. Non è un caso, è un’involuzione che deve farci riflettere”. Francesca s’illumina: “Quando lo sento parlare della bellezza dei suoi luoghi di vita, lo capisco. E capisco anche perché a lui, a me, a tanta gente, il golf è entrato nel cuore. Pochi sport ti offrono la possibilità di divertirti, stare in compagnia e vedere posti incantevoli, scenari da favola. Un campo da golf è

quasi un’opera d’arte”. Luca ama Arezzo, detesta il campanilismo, è affascinato dalla campagna toscana: “Ha un aspetto e un colore che non puoi cambiare con nulla al mondo”. In pochi mesi ha rinnovato un campo per la pratica del golf a San Leo (“sarei felice se anche i circoli della provincia, lo vedessero come una risorsa”) ed è una fucina inesauribile di idee: “Ci dicono tutti che chi vive in queste zone è fortunato e io aggiungo che questo è l’ambiente migliore per riflettere”. Qui, nei dintorni di Arezzo, dove spuntano eccellenze a getto continuo. Dove l’ingegno e lo spirito d’impresa conquistano i mercati con piccoli, grandi capolavori come Capto. E tanta gente magari non lo sa.


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Cecco è morto, viva Stefano

LE INNUMEREVOLI VITE DI STEFANO CESARI: IL SUCCESSO CON LA ROCK BAND DE CORTO, BOLOGNA NEGLI ANNI ‘80, IL TEATRO, LE POESIE. E POI L’AMORE PER MOGLIE E FIGLIE, I ROMANZI, LA PASSIONE PER LE ERBE OFFICINALI. ARTISTA SENZA CONFINI, FACTOTUM PER NECESSITÀ, LAUREATO A 51 ANNI: L’INCREDIBILE STORIA DI CHI, GIOVANISSIMO, LASCIÒ DI SASSO LO STUDIO DEL COSTANZO SHOW

uante vite si attraversano in una sola esistenza? A poco più di 50 anni, Stefano Cesari ha perso il conto delle sue. Ci sono quelle sul palco, tra teatro e musica, e quelle fuori: da magazziniere e da poeta, da padre e da marito, da romanziere e da curatore di piante. I più lo conoscono come “Cecco” dei De Corto, rock band indipendente di Arezzo che raccolse consensi a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, esibendosi in tutta Italia e pure all’estero. “Ma Cecco è morto”, annuncia sorridendo Stefano. I concerti, la protesta, il discreto successo. Era una vita fa, appunto. Questa è una delle rare volte in cui anche l’intervistato pone domande all’intervistatore. Ne esce fuori una chiacchierata: tanto piacevole, quanto complicata da riassumere. Stefano parla, ma le pause sono altrettanto importanti. In quei momenti posa uno sguardo sulle cose e sui pensieri, interessato e al contempo distaccato, di serena comprensione. Ecco, la netta sensazione, con Stefano, è che poco contino formalità e superficie, ogni sua corda è tesa verso un’immersione che rifugge da banalità e luoghi comuni. “Amo la parola scritta, più di ogni altra forma d’espressione. Ogni termine è importante, è un viaggio”. Una consapevolezza maturata con l’esperienza teatrale e quella del teatro itinerante. “Chi mi ha ispirato? John Osborne, Samuel Becket, Eugène Ionesco”. Ma in fondo, con Stefano, i confini dell’arte si fanno labili, perché teatrale era sul palco con i De Corto, dove agiva quasi da narratore. E un geniale coupe-de-theatre lo sfoderò quando, giovanissimo, Maurizio Costanzo lo chiamò al Costanzo show, in una serata con Dario Fo e Gene Gnocchi. Lesse una delle sue poesie, chiudendola con un urlo che ghiacciò i presenti del salotto buono della tv. Un episodio che ancora lo fa sorridere: “Non penso di essere stato compreso, ma io ottenni quel che volevo”. Con l’arte però, Stefano, ha mangiato poco. E forse, rimanendone distaccato, senza doverne fare una professione, senza vederci per forza uno scopo, il suo sguardo è rimasto lucido. Più obiettivo. Più vero. Senza compromessi. Fare arte per l’arte.

Conoscente di Freak Antoni, fondatore degli Skiantos, e amico dello scrittore Marcello Fois, ha frequentato la Bologna degli Ottanta, un laboratorio di arte, pensiero laterale e sovversione. Con i De Corto, “band di quartiere” nata a San Lorentino, è arrivato fino in Russia a suonare. All’epoca, ad Arezzo, i De Corto mossero i primi passi assieme agli Inudibili, che poi sfondarono come Negrita. Ma mentre la band di Cesari si fermava nei Novanta, i Negrita salirono in rampa di lancio. Gruppi amici e non rivali, Cesari comparve nel primo video di Pau e soci. E così, ineluttabile, giunse la “morte” di Cecco. “Arriva sempre un punto in cui dobbiamo crescere, evolverci”. E se un ruolo determinante nella metamorfosi l’hanno avuta gli autori-faro (“Italo Calvino su tutti”), innegabile è stato quello della moglie Simona. “E’ stata lei che mi ha aiutato a guardarmi dentro e a far chiarezza”. Da quell’unione sono nate le due figlie. E per Stefano, se il “negotium” è stato quello di imbianchino, commesso, addetto agli imballaggi, l’arte è sempre stata relegata al ruolo di “otium”, nell’accezione latina del termine, ovvero quel riposo dall’attività fisica che permette l’espressione di qualità morali e d’intelletto. Ci sono state le poesie, raccolte e date alle stampe grazie al mecenatismo di Mario Defilippis, compianto proprietario del ristorante La buca di San Francesco. C’è stata la laurea a 51 anni in scienze della formazione e dell’educazione (“E’ stato divertente e stimolante. Quando andavo a scuola, invece, trovavo l’impostazione dei professori estremamente banale”). E adesso ci sono i romanzi. “Ne ho già scritti cinque, ma l’ultimo è l’unico davvero compiuto. Lo presenterò al premio Italo Calvino”. Sullo sfondo resta sempre Arezzo, quella terra “in cui c’è un vuoto e che in tanti tentano di riempire. Per questo qui nascono così tante menti brillanti”. E, infine, c’è un futuro legato alla terra: assieme alla moglie, Stefano ha piantato oltre mille piante officinali, da cui ricavare olii ed essenze per la cura personale. Mantenendo sempre l’occhio attento e comprensivo sul mondo perché “le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare e ascoltare”, dice citando Gianni Rodari.

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DI MATTIA CIALINI


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La bellezza salverà il mondo

BURATTINAIO, MARIONETTISTA E ARTISTA DI STRADA: PAOLO VALENTI HA STUDIATO ARCHITETTURA, AVEVA UN DEBOLE PER L'URBANISTICA MA POI HA SCELTO IL TEATRO, CHE LUI CONSIDERA UN RITO, UNA CATARSI COLLETTIVA. PERCHÉ L'ESTETICA È UN VERO SENTIMENTO NELLA CREAZIONE DELL'OPERA. E ALLA FINE RIPAGA SEMPRE DEI SACRIFICI FATTI DI MATILDE BANDERA

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uando avremo abbastanza pane per sfamarci e burattini per raccontare le nostre storie, non avremo bisogno di altro”. Varcare la soglia del laboratorio di Paolo Valenti, burattinaio, marionettista e artista di strada, è come venire catapultati in una terza dimensione, in cui non sono più spazio e tempo a farla da padrone, ma esiste solo la magia. Appesi al soffitto e ai mobili, centinaia di burattini e marionette realizzati artigianalmente con materiali "salvati dalla stufa, come Pinocchio" scrutano gli ospiti con le espressioni più disparate mentre Paolo, con uno sguardo sognante ed un sorriso gioviale, li accoglie invitandoli a prendere posto tra oggetti di recupero, vecchie fotografie e attrezzi del mestiere. Dagli anni 70 ad oggi, migliaia di adulti e bambini si sono lasciati incantare dalle storie dei suoi personaggi di fantasia: Paolo li ha visti crescere, ha visto cambiare le loro capacità di apprendimento, ha sperimentato e sviluppato un concetto di animazione interattiva che trascende il tempo. "Studiavo architettura all'università. Ero un appassionato di urbanistica, poi ho deciso di mollare tutto per dedicarmi ad un'altra grande passione, quella per la rappresentazione teatrale. Ho seguito l'onda del teatro d'avanguardia lanciata dalla compagnia Living Theatre e iniziato a lavorare come burattinaio e marionettista, facendo tutto da solo come richiede questo tipo di lavoro: dall’ideazione dello spettacolo alla costruzione di burattini e marionette, alla regia. Ho sempre preferito un tipo di recita che non fosse interpretata da attori in carne e ossa, dedicandomi più che altro al teatro sociale e mettendo al centro di tutto la condivisione: di una storia, di un argomento, di un fatto politico. Fino a 10 anni fa tenevo 70/80 spettacoli all'anno. Lavoravo molto anche con le scuole, mi sono sempre piaciuti i bambini e a loro ho dedicato tutta la mia vita. Molte delle rappresentazioni che ho realizzato in passato risultano ancora incredibilmente attuali, per tematiche trattate e per il tipo di interazione che stimolano da parte del pubblico". Non esiste un archivio digitale della produzione di Paolo

Valenti, e a dire il vero lui cerca di utilizzare meno possibile gli strumenti di comunicazione più attuali, preferendo il classico telefono cellulare ad uno smartphone, e soprattutto scegliendo di non divulgare sui social e sul web il proprio lavoro. "Bisogna far seguire alle cose il loro percorso naturaIe. I miei spettacoli richiedono partecipazione diretta, vanno vissuti al momento. Non ho paura che non vengano ricordati se non li condivido online, l'esperienza che ognuno dei miei spettatori può assaporare dal vivo vale molto più di milioni di sterili visualizzazioni su Youtube. Il teatro dei burattini è da considerarsi come un rito, una catarsi collettiva. Ho visto il tempo di attenzione dei bambini ridursi drammaticamente negli anni: ho studiato pedagogia da autodidatta per riuscire a comunicare correttamente con loro e quello che ho percepito è che i bambini di oggi sanno molte più cose rispetto a quelli delle generazioni passate, ma non si tratta di esperienze vissute quanto piuttosto di risposte "confezionate" al loro inesauribile desiderio di conoscere e di scoprire. Da un certo punto di vista si tratta di una vera e propria evoluzione dell'apprendimento, dall'altro bisogna interrogarsi sui mezzi che utilizziamo per colmare i loro bisogni: non possiamo dedicare loro sempre meno tempo e di scarsa qualità, ma piuttosto stimolare la loro curiosità, proponendo esperienze importanti da un punto di vista cognitivo." Gli chiedo se ha un consiglio da dare ai giovani che oggi si apprestano a trovare la propria strada nel mondo del lavoro: "In quanto esseri umani abbiamo le risorse per trovare una soluzione a tutto, fa parte del nostro dna. I racconti di mio nonno Donatino e il tempo trascorso con mio zio Aristodemo hanno plasmato la mia creatività e tracciato la mia strada: lo zio mi ha accompagnato alla scoperta delle opere d'arte di Arezzo e il Ciclo dei Mesi della Pieve ha costituito una delle mie prime ispirazioni. La bellezza ci ripaga dei sacrifici: non si tratta di un fatto puramente estetico, ma di un vero e proprio sentimento nel processo di creazione di un'opera. La bellezza salverà il mondo."


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UP TECH

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Psicologo anti-furto

DIM IT R I PA S Q U IN I P ORTA AVA NTI L' IM P R ESA FO NDATA DA L PAD RE M A RCO : L A P M A L L A R M I. E STUDIA , A NCHE GR A Z IE A UNA LAUREA O R I G I N A L E , L E M O S SE DEI M A LV IV ENTI P ER P OTER L I A NTICIPARE: "O G G I I L A D R I S O N O P IÙ IM P UL SIV I E P ER Q UESTO CR EA N O PIÙ A P P R ENSIONE CHE IN PA SSATO" DI CHIARA CALCAGNO

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È

l’incubo di ladri e malviventi. L’alleato di imprese e privati che possiedono un piccolo, grande scrigno da custodire. Un modo per combattere il crimine alquanto rumoroso. Ma efficace. E’ Pm allarmi, azienda leader nel territorio per la sicurezza e la video sorveglianza da oltre 30 anni. La sua storia inizia nel 1975 quando Marco Pasquini, dopo aver conseguito il diploma all’istituto tecnico professionale Margaritone, inizia a lavorare come dipendente per l’azienda Piccini Piero, concessionaria di orologi e tabelloni industriali per la Solari & C di Udine. Poi la sede centrale vince un importante appalto e inizia la fabbricazione e installazione di impianti di allarme. Marco segue i corsi di formazione, si specializza e diventa un punto di riferimento nell’Aretino. Nel 1984, la decisione, rischiosa ma visionaria, di fare il salto di qualità e aprire un’azienda per conto proprio in via Piave. Un garage che funge sia da magazzino che da negozio. Da allora sono passati oltre trent'anni e la Pm allarmi è cresciuta in fama per la qualità dei prodotti. Attualmente il parco clienti è di 4.000 unità, tra cui

aziende locali, ma anche grandi gruppi nazionali e internazionali. Una spinta fondamentale alla crescita è stata l’ingresso, nel 2012, del figlio Dimitri, che si è preso la responsabilità di seguire tutti gli investimenti all’estero. Insomma, l’entusiasmo della seconda generazione si spinge oltre confine. Oggi quasi la metà del nostro fatturato viene sviluppato in paesi esteri, nelle principali città europee. Lavoriamo per il più importante brand del Valdarno, uno dei leader mondiali della moda, che serviamo con particolare attenzione. Dimitri, come facoltà universitaria hai scelto psicologia, come mai? Curiosità intellettuale. Non ho mai pensato di fare lo psicologo ma riuscire a capire, interpretare gesti e stati d’animo delle persone mi ha sempre affascinato. E’ empatia. E non credere che non mi serva vendendo allarmi, la psicologia è importante nella vita di tutti i giorni, soprattutto sul lavoro. Insegna a riflettere, a non essere impulsivo. E qual era il tuo sogno? Il mio obiettivo è sempre stato quello di entrare nell’azienda di famiglia e dare un contributo personale. Non l’ho mai sentita come un’imposizione ma come

una grande opportunità. In che cosa si distingue Pm Allarmi? Siamo specializzati in sistemi di allarme civili, industriali, perimetrali esterni, impianti antincendio, videosorveglianza, controllo accessi e sistemi nebbiogeni. Questi ultimi, saturando gli ambienti con una densa nebbia impenetrabile – ma innocua per persone o animali – impediscono al ladro di vedere e quindi di rubare o danneggiare qualsiasi cosa. Abbiamo inoltre un sistema innovativo che permette all’apparecchiatura di attivarsi con i malviventi ancora all’esterno dei locali. Cerchiamo di arrivare sempre prima. Di bloccare il ladro al passo precedente.Ma il nostro orgoglio è il fattore umano: possiamo vantare un team di 20 dipendenti, attenti e preparati. Frequentano periodicamente corsi di formazione e, ai più giovani, affianchiamo esperti tecnici che possano insegnar loro il lavoro e seguirli nella crescita professionale. Il nostro servizio di assistenza è attivo 24 ore su 24, 365 giorni all’anno grazie a 5 segretarie. Il segno per i nostri clienti che, su di noi, possono sempre contare. Molti sono giovanissimi Sì, dieci di loro hanno fra i 21 e 26 anni.


“ il nostro orgoglio è il fattore umano: possiamo vantare un team giovanissimo di 25 dipendenti, attenti e preparati.”

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Fanno sentire vecchio persino me. Perché i vostri clienti vi scelgono? Senza dubbio siamo fra le aziende più importanti del settore sicurezza della Toscana, inoltre la riservatezza, la serietà, l’assistenza, la passione che unisce tutto il nostro gruppo di lavoro sono determinanti. Dati alla mano, i furti diminuiscono ogni anno ma la percezione di insicurezza è sempre più alta, come mai?

I furti sono cambiati. Prima esistevano, principalmente, i professionisti che conoscevano ogni abitudine del malcapitato e studiano il colpo nei minimi dettagli per i valori più elevati. E, in questo settore, possiamo davvero fare la differenza con tecnologie sempre più innovative. Oggi sta crescendo la categoria del piccolo malvivente che entra ovunque, senza criterio, che porta via ciò che trova, senza preoccuparsi

del valore. Un ladro quindi più impulsivo, forse anche nelle reazioni, e questo crea apprensione nelle persone. Gli impianti di allarme sono un ottimo alleato, ma ci sono altre accortezze che dovremmo tener presenti? Gli impianti di allarme sono fondamentali ma devono essere aiutati da alcuni gesti a cui spesso non pensiamo. Chiudere bene porte e finestre e assicurarsi che gli infissi siano sicuri.


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“La nostra meta è l’assoluta precisione e qualità. a Ogni passo avanti che fa la tecnologia, noi proviamo a starle dietro per offrire un servizio sempre migliore.”

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nale in questo momento, chi vorresti ringraziare? Un profondo ringraziamento lo devo a tutti i nostri collaboratori che, da anni, ci fanno raggiungere risultati sempre più importanti. E questo ci permette di avere un futuro carico di impegni lavorativi. Poi, la famiglia: mio padre, sicuramente. L’azienda l’ha creata lui e lui continua con passione e impegno a farla crescere. Mia sorella, con cui ho un rapporto eccezionale e a cui sono molto legato e, con il rischio di sembrare scontato, mia madre. Lei è il pilastro che sostiene ogni nostro sogno. Infine Giulia. Hai il sorriso innamorato, scontato chiederti chi sia Giulia. Ho conosciuto Giulia alle superiori e non ci siamo più lasciati. Ci siamo sposati un anno fa. Adesso lei è parte fondamentale dell’azienda come lo è della mia vita. Condividiamo il lavoro ma non rischiamo di venirci a noia, in ufficio ci incrociamo giusto rare volte. Lei si occupa della parte economica e amministrativa insieme a mio padre, io di quella

tecnica. Hobby? Ci piace mangiar bene e bere bene. Magari rinunciamo ad altre spese ma un buon piatto con il perfetto calice di vino in abbinamento è una coccola che ci concediamo con gioia. Quindi poi serve un po’ di allenamento. Sai che corro? No, tu corri? Sì, corro. Ho iniziato per svago, per scaricarmi. Poi ci ho preso gusto. Ho fatto la mia prima Maratona a Firenze lo scorso anno. Parliamo degli obiettivi futuri. Sono felice. Ho tante ambizioni ma sto davvero bene in questo momento. Vorrei proseguire su questa strada. E per Pm Allarmi? Potrei rispondere esattamente la stessa cosa. Vorrei continuare questo percorso. La nostra meta è l’assoluta precisione e qualità. A ogni passo avanti che fa la tecnologia, noi proviamo a starle dietro per offrire un servizio sempre migliore.

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Se basta un calcio a far aprire gli scuri (o peggio ancora se vengono lasciati socchiusi) il ladro ha quei dieci minuti a disposizione in cui può fare i propri comodi prima che arrivino sul posto le forze dell’ordine. Se invece è costretto a perdere tempo per scassinare un infisso dopo che l’allarme sta già suonando, spesso rinuncia all’impresa. Quali sono le soddisfazioni più grandi in questo lavoro? Siamo riusciti a sventare tanti furti. E niente ci gratifica e ci riempie d’orgoglio come la telefonata o la visita di un cliente che ci informa che “hanno provato ad entrare ma non ci sono riusciti”. Ricordi un episodio in particolare? Ricordo un periodo particolarmente critico. Il 2010, mi sembra. Ad Arezzo una banda ben organizzata riuscì a mettere a segno diversi colpi in prestigiose aziende orafe. Avevamo tanti clienti in quel settore che ci chiamavano preoccupati. Così ci siamo messi d’impegno per sviluppare nuove tecnologie, per studiare nuovi metodi di prevenzione. Abbiamo lavorato a stretto contatto con le forze dell’ordine per capire come i ladri agivano e poterli contrastare. Posso dire che ce l’abbiamo fatta quasi sempre. E dove non è riuscito completamente, i danni sono stati limitati al minimo. E’ stata una grande soddisfazione. Se pensi alla tua situazione professio-

Dimitri Pasquini con il padre Marco, fondatore dell'azienda, e la moglie Giulia


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U P I N T E RV I S TA

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Il mio lavoro è fare notizia

LU C A L A N I, 4 5 A N NI, A R ETINO, DOP O IL DIP LO M A SI TR A SFERÌ A S I E N A P E R ST U D I A R E GIUR ISP R UDENZ A . SOGNAVA DI FARE IL M AG I ST R ATO E I N V ECE È TO R NATO NEL L E V ESTI DI IM P R END ITORE D I S U CC E S S O. A M M INISTR ATOR E DEL EGATO DI CITYNEWS, È ALLA G U I DA D I U N O D E I GR UP P I EDITO R IA L I P IÙ IM P ORTA NTI D’ ITALIA N E L L’ I N FO R M A Z I O N E O NL INE, CHE A F INE OT TOBR E HA ACQUISITO U N A T E STATA STOR ICA CO M E A R EZ ZO NOTIZ IE. IN QUESTA IN T E RV I STA H A R ACCO NTATO DIF F ICO LTÀ , INTUIZ IONI E O BIET TIVI D I U N A CA R R IER A IN COSTA NTE A SCESA 34 \ UP MAGAZINE AREZZO \ INVERNO 2019

DI ANDREA AVATO

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opo il diploma lasciò Arezzo per andare a studiare a Siena, facoltà di giurisprudenza. Voleva fare carriera in magistratura, l'attentato a Giovanni Falcone aveva scosso la coscienza di tanti italiani e lui era tra quelli. Poi la vita lo ha portato su strade diverse e lo ha ricondotto da pochi mesi, in pianta stabile, nella sua città d'origine. Luca Lani, 45 anni, non indossa la toga ma l'abito dell'imprenditore: è amministratore delegato del gruppo editoriale Citynews, uno dei più importanti d'Italia nel settore dell'informazione online, che a ottobre ha acquisito una testata storica del web locale, Arezzo Notizie. Un'operazione arrivata al momento giusto, nel posto giusto. Che sensazione dà respirare di nuovo l'aria di casa? Venivo spesso anche prima, solo che Arezzo l'avevo sempre evitata dal punto di vista professionale, non volevo rotture di scatole con il lavoro. E' stato il mio socio, Fernando Diana, a sondare il terreno. Poi mi sono convinto anch'io. Quello di Arezzo Notizie è un progetto

che si può sviluppare bene e io avevo voglia di tornare. Nostalgia, desiderio di tranquillità o semplice coincidenza? Un mix di cose. E comunque ho trovato una città migliorata. A 20 anni soffrivo il fatto di vivere in provincia, volevo andare fuori, vedere come gira il mondo. Con il tempo ho cambiato idea, apprezzo il piccolo e gli spostamenti veloci. Poi c'è internet, il mondo ce l'ho a portata di mano lo stesso. Punti di vista. Per qualcuno Arezzo è peggiorata. Macché, è cresciuta anche culturalmente. Quando sento parlare di degrado ad Arezzo, mi viene da sorridere. Ho vissuto per anni a Roma, conosco le periferie delle grandi città, lì sì che la situazione è problematica. Quanto si sente aretino lei? Abbastanza. Mi considero un aretino a modo mio, ma ne vado orgoglioso. Sono stato contaminato da altre esperienze e altri luoghi, anche se quel nostro tratto ironico e autoironico non andrà mai via. Citynews, che lei ha fondato, gestisce 47 edizioni locali d'informazione con

oltre 250 giornalisti, ed è leader in Italia nella produzione di notizie online. Da dove è cominciata la storia? Da lontano. Ero un appassionato di computer, malato proprio. Quando arrivò internet, nel 1995, la notte restavo sveglio per studiare i programmi. Montavo server, Studenti.it nacque così e aveva base ad Arezzo, alla Sisted. Arrivai a spendere sei milioni di lire all'anno per navigare. Allora decisi di aprire una società. Quindi è diventato imprenditore per necessità più che per scelta. Più o meno. La società era piccola, poi ci misero in mano 450 milioni con il venture capital. Con i soci di allora c'era un'amicizia nata nelle associazioni studentesche all'università. Finché, nel 2009, non ci accorpammo con Banzai, società di e-commerce che era quotata in Borsa e che poi è stata rilevata da Mondadori. Un bel colpo quello. Sì, ma volevamo renderci autonomi. Buttammo tutti i nostri risparmi in Citynews. Nacque Roma Today, con la redazione in una libreria abbandonata, quasi un garage. Solo che era il momento


peggiore. Nessuno investiva in start up, la new economy versava in crisi profonda. Dopo un anno eravamo a un passo dalla chiusura. E invece? Invece qualche buon risultato, con Studenti.it e Banzai, lo avevamo raggiunto. Due fondi d'investimento si convinsero che eravamo un team affidabile, ci dettero fiducia finanziando la società che nel frattempo aveva bruciato tutti i nostri fondi. In poco tempo creammo 30 testate e ne acquisimmo 7. E fu tutta un’altra storia Perché impiegare tempo, denaro e idee nell'informazione? E' sempre stato considerato un settore difficile, poco remunerativo. Perché per noi era una figata. Il cartaceo aveva paura del web, lo evitava. Facebook e i social non c'erano ancora, quindi avevamo davanti un territorio inesplorato, con la possibilità di stimolare un dibattito forte sui fatti legati alla cronaca del territorio. La geolocalizzazione delle news ci fece fare il salto di qualità. C'è un punto di svolta nella sua vita, un momento in cui gli eventi hanno preso

la direzione che l'ha portata fino a qui? Un pomeriggio all'inizio del 2000. Abitavo a Carrara, dovevo decidere se dare la tesi di laurea e poi fare il magistrato oppure fondare la società e assecondare la mia passione per internet. Mi affacciai alla finestra, guardai il mare a lungo, immaginando un ufficio grande, colorato, con tante persone al lavoro. Pensai che avrebbe funzionato e scelsi la seconda opzione. Ho buttato via anni di studio ma è andata bene. Qualche anno dopo poi mi è successa una cosa. Cosa? Che la redazione di Studenti.it era incredibilmente simile a come me l'ero immaginata quel giorno: grande, colorata e con tante persone. Si dice che la fortuna aiuta gli audaci e talvolta è vero. Imprenditore, giornalista, manager: quale definizione la rappresenta di più? Imprenditore senza dubbio. Quando decisi di dimettermi e investire tutti i miei risparmi in Citynews, mia moglie ancora non lavorava, avevamo un mutuo e la terza figlia in arrivo. Oggi però non sarei più in grado di fare il dipendente:

sono abituato a infilare le mani negli ingranaggi e non saprei rinunciarvi, nonostante talvolta ci rimetta la salute. Perché? Perché l'Italia non è amica delle imprese. Qua o muori o impari. Inoltre fare impresa è un mestiere che ti occupa ventiquattr’ore al giorno ma i problemi non puoi portarli dentro casa. Devi essere in grado di lasciarli fuori, altrimenti è la fine. Cosa rappresenta per lei Citynews? Una passione, un atto irrazionale. Una startup di questo tipo avrebbe trovato terreno più fertile da altre parti, a Londra per esempio. Ma io volevo che nascesse e si sviluppasse in Italia. Ricordo che rimasi a Roma un'estate intera per studiare il progetto in ogni dettaglio. E tornando a quello che dicevamo prima, essere cresciuto in provincia mi dette una mano: parsimonia e “braccino corto” nelle fasi iniziali aiutano molto. Società simili alla nostra sono saltate per aria perché non hanno avuto la stessa oculatezza. Citynews ha testate in tutta la penisola e copre territori variegati sotto l'aspetto politico, economico, sociale. Come si amministra un gruppo così?

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Noi siamo tra i pochi editori puri in Italia. Non dobbiamo gestire squadre di calcio o fare i palazzinari, non viviamo di contributi pubblici ma soltanto di pubblicità. Quindi rispondiamo a noi stessi, ai nostri lettori e agli inserzionisti. E basta. In questo senso, portare avanti l'attività è molto semplice. Giornalisticamente parlando, come va raccontata Arezzo da un giornale online? Tenendo presenti alcune regole che riguardano l'informazione sul web. L'utente di internet è compulsivo, cerca quantità e aggiornamento costante. E deve trovarli. Anche a discapito della qualità? Alt, qua si crea sempre un grosso equivoco. Quantità e qualità non sono antitetiche, sono semplicemente due cose diverse. Aggiornamenti rapidi, veloci e approfondimento lento sono due esigenze differenti del mercato editoriale, entrambe dignitose e da soddisfare. Di recente anche Milena Gabbanelli, giornalista di grido, ha puntato il dito contro l'informazione online, sostenendo una tesi estrema: i siti che non hanno alle spalle un giornale di carta, non riusciranno mai a stare in piedi con la pubblicità. Quindi, per sopravvivere, sono obbligati a produrre articoli su commissione e a rincorrere gli algoritmi con titoli fuorvianti. Tutto ciò a discapito della qualità. Che ne pensa? Che è una polemica mal posta, una generalizzazione sbagliata. Ci sono molte

"Il giornalista deve farlo chi ha passione. E' un mestiere difficile, ma soprattutto in ambito locale resta un punto di riferimento." testate cartacee piene di fake news, che lì durano anche più a lungo. Sul web si propagano e spariscono in poche ore. E' come se mi chiedessero se è meglio una ottima carbonara di trattoria o un piatto di Cracco: sono robe diverse, non si possono paragonare. Ma lei consiglierebbe a un 18enne di fare il giornalista? Bella domanda. E' diventato un mestiere difficile, forse ha perso un po' della nobiltà e del fascino che aveva una volta. Però secondo me è ancora una figura importante, specialmente in ambito locale. Le piccole comunità hanno bisogno di persone di riferimento e quindi sì, lo consiglierei. Ma solo a chi ha passione per davvero. Che rapporto ha con la politica? Da ragazzo bruciavo di passione civile, sentivo il bisogno di fare qualcosa per combattere criminalità e corruzione.

Pensavo che la politica fosse uno strumento utile, poi mi sono disilluso. In realtà il potere impedisce un vero cambiamento e io a 40 anni sono diventato un uomo diverso. Da editore la pensa alla stessa maniera? Sì, a noi interessa ciò che interessa ai lettori. La politica non è ai primi posti, quindi ne stiamo alla larga. Ma la passione civile rimane: il nostro obiettivo è fare discutere le persone e fare circolare le idee. Enrico Mentana ha lanciato e fondato Open, quotidiano online gestito da una redazione di giovani giornalisti. Le è piaciuta l'iniziativa? Quando aprono nuove testate sul web, bisogna esserne felici. Anche se avrei preferito che, prima d'imbarcarsi in quest'avventura, Mentana lasciasse La7. Così sembra che giochi su due tavoli. Di qui a dieci anni, come e dove si immagina? Dopo due partenze da zero, vorrei evitarne una terza. Citynews è tra le 350 aziende italiane con il più alto tasso di crescita, dà lavoro a quasi trecento persone e ha 47 edizioni metropolitane, però siamo a metà del cammino. Mi piacerebbe arrivare a coprire tutto il territorio italiano. E se guardasse oggi fuori dalla finestra, cosa immaginerebbe? La quotazione in Borsa. Un'esperienza all'estero ma con la base qui ad Arezzo. E magari un bell’orto in collina!


Opere di Artigianato. La Storia e la Tradizione artiginale Toscana, incontrano l’Arte del pavimento in legno.

Corso San Gallo 3 / Monte San Savino (AR) E. info@danielevilucchi.it / T. 335 7256392


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UP GUSTO

Leda e Luca, titolari di uno dei ristoranti più apprezzati della città

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Le mode passano. L’Antica fonte no

C U C I N A D I C A SA M A RA F F INATA , UN OSTE “A M ICO ” E U N O STA F F D I P RO F ESSIO NISTI. ECCO P ERCHÉ IL LO C A L E D I V I A P O RTA BUIA È DIV ENTATO UNA C E RT E Z Z A D E L L A R I STOR A Z IONE A R ETINA . E P IACE, T R A SV E R SA L M E N T E , DA 1 3 A NNI DI CHIARA CALCAGNO

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apori gustosi però sobria raffinatezza nei piatti. Eleganza dell’ambiente, ma calore e familiarità non difettano. Ecco perché l’Antica Fonte piace. E piace a tutti. Siano avvocati, notai, insegnanti, medici, forze dell’ordine, operai, giovani coppie e gruppi di amici. Forse è questo il traguardo più ambito e difficile nella esigente Arezzo che, da sempre, riconosce e premia qualità e talento, lasciando indietro le mode fugaci che non sanno brillare abbastanza. Ad andare avanti, con passo sempre più sicuro, alla fine, sono i migliori. Situata in via Porta Buia, a due passi dal centro storico cittadino ma sufficientemente appartata, l’Antica Fonte è protetta e coccolata dagli elogi dei clienti abituali e stimolata dagli en-

comi di chi entra per la prima volta e ne esce innamorato. A guidarla, con puntiglio e passione, è Luca Fabianelli, proprietario del locale, insieme a quella che lui stesso presenta come la sua seconda famiglia: Leda, Antonella, Roni, Adela, Chiara e gli altri dello staff. Nella sua vita precedente, Luca lavorava in un’azienda orafa della città. Lo ha fatto per 17 anni, era uno dei responsabili, assunto a tempo indeterminato con un inquadramento adeguato al ruolo. “Non era la vita che volevo. Non che mi trovassi male ma sentivo, a fine giornata, di non essere soddisfatto. Così presi la decisione di lasciare tutto e tentare un salto nel vuoto”. Insieme a lui, a condividere la gustosa follia, una collega e cara amiSformatino di melanzane con crema di pomodoro, pesto e burrata

ca, Donatella, che attualmente guida la cucina di un altro prestigioso locale di Arezzo: La Pieve. “Decidemmo di aprire un ristorante. Donatella era bravissima ai fornelli e a me piaceva l’idea di gestire un esercizio e dedicarmi alla sala”. Il piano iniziale era quello di lavorare i soli fine settimana dell’estate 2006. Per ca-


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Spiedino di capesante con riso venere e salsa zafferano pire bisogni e necessità, calibrare il tiro e tracciare un preciso percorso. Ma, se l’idea è vincente, Arezzo trova il modo di esaltarla e gratificarla. L’Antica Fonte non ebbe neanche il tempo di prendere la rincorsa che cominciò a volare. “L’iniziativa ci esplose in mano. La cucina casereccia di Donatella conquistava le persone. Se ne andavano entusiaste e poi chiamavano per ritornare. In poco tempo avevamo, ogni sera, la sala piena. Molti clienti venivano anche per il pranzo”. Poi un improvviso cambiamento, nel 2015, costrinse ad un cambio di passo e di direzione. Ma la difficoltà nascondeva un’inaspettata sorpresa. “I ritmi cambiarono, diventando più serrati e Donatella, che non si ritrovava più nel progetto, decise di lasciare. Sapevo che non sarebbe

stato semplice trovare velocemente un adeguato sostituto e ho temuto di non farcela”. E così entrò in gioco Roni Mica. Originario del Bangladesh, vendeva rose nei locali la sera e, spesso, faceva visita all’Antica Fonte. Un giorno confessò a Luca che sarebbe dovuto rientrare in patria perché, senza un lavoro, non avrebbe potuto rinnovare il permesso di soggiorno. E Luca decise di aiutarlo offrendogli un impiego nel ristorante. Senza alcuna esperienza, Mica si limitava a prestare i suoi servizi dove c’era bisogno ma, nel silenzio, osservava e cercava di apprendere il più possibile. Quando Donatella si tolse il grembiule e la cucina andò in affanno, Roni, con coraggio e determinazione, andò dal proprietario dichiarando di essere in grado di preparare ogni piat-

to del menu. “Non aveva mai neanche preso un coltello in mano, mi sembrava assurdo. Sapevo che aveva una grande passione per la cucina, è sempre stato sveglio e molto capace ma ignoravo fino a che punto. Adesso posso dire che non sono stato io a salvare lui, ma lui a salvare me”. Con destrezza e la consapevolezza di avere una grande occasione, il giovane bengalese si mise ai fornelli per aiutare il cuoco di allora lasciando tutti a bocca aperta. “Pochi mesi dopo incontrai Antonella e fu una folgorazione: per la sua cucina, per la sua professionalità, per la sua dolcezza. Si presentò il 5 maggio, giorno del mio compleanno, e ancora penso che fu un regalo meraviglioso”. Antonella, che era stata compagna e allieva del grande chef Stephan Zampat,


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aveva lavorato nei ristoranti stellati di mezza Europa. Organizzazione della cucina e del personale, tecnica, disciplina e creatività. Cercava un posto tranquillo in cui potersi esprimere senza troppe pressioni e l’Antica Fonte sembrava aspettarla da sempre. “Con lei, il ristorante ha inaugurato un nuovo capitolo, scrivendo una storia nella quale mi riconosco. La mia squadra è perfetta”. E del team, oltre

Spaghetti alla chitarra con tarese, carciofi e pecorino toscano

a Luca, Roni - che è diventato l’insostituibile aiuto cuoco – e Antonella, fanno parte anche Leda e sua figlia, Adela. Il sorriso, la disponibilità e la gentilezza di madre e figlia – riccioli rossi per la prima e riccioli mori per la seconda – sono il benvenuto che accoglie ogni cliente all’Antica Fonte. Leda, che al ristorante lavora da sempre, è la prima ad arrivare la mattina per preparare la pasta fresca e l’ultima ad andarsene, insieme a Luca, quando il locale chiude. “Potrebbe sembrare una vita difficile – spiega Leda – si entra la mattina alle 8 e si esce la notte, intorno alle 2. Ma il ristorante è la mia vita. Adoro stare con le persone, parlare con i nostri clienti che, spesso, sono nostri amici e sono orgogliosa del gruppo che si è creato. Loro sono la mia famiglia e, nonostante condividiamo fatica e sacrificio, siamo felici di stare insieme e ci vogliamo bene”. E, spesso, Leda e Antonella accompagnano Luca nelle sue peregrinazioni, attraverso le aziende del territorio, in cerca di prodotti e materie prime di assoluta qualità e, possibilmente, a chilometro zero. “La cura per i nostri ospiti parte senza dubbio dalla ricerca. Non abbiamo prodotti surgelati, tutto è fresco, tutto preparato al momento. Ogni piatto è scelto, provato, perfezionato prima di essere messo in carta”. E l’impiattamento gioca un ruolo fonda-

mentale. “Perché il cibo è un piacere. Deve esserlo per il sapore, per il profumo ma anche per gli occhi. Deve saper strappare un sorriso anche quando viene presentato”. Centocinquanta persone ogni sera e una sessantina tutti i pranzi. Oltre ai pasti che Luca, molte volte, dona ai meno fortunati. Il telefono suona di continuo. “E’ splendido il mio rapporto con Arezzo, si basa sulla profonda stima e un grande sentimento di affetto. Sento che la città mi vuole bene e io cerco di esaltarla e valorizzarla anche attraverso i piatti della tradizione. Qualche anno fa il ristorante era invaso da clienti francesi. Ne arrivavano ogni giorno, non mi spiegavo il perché. Poi notai un libro ricorrente che si portavano dietro. L’Antica Fonte era stato segnalato in una delle più prestigiose guide della Francia. E noi neanche lo sapevamo”. Sposato da 22 anni con Liana che lo ha sempre sostenuto, Luca ha due figlie: Elisa di 16 anni e Chiara di 20 che da poco tempo è entrata a far parte dello staff. “Non ho un sogno perché il mio sogno si è già realizzato. Tutto quel che volevo dalla vita, oltre alla famiglia, è nel mio ristorante, nel calore che lo circonda e gli dà forza e vita. Forse, potessi esprimere un piccolo desiderio, sarebbe quello di ritagliarmi 5 minuti di relax in più al giorno. Ma arriverò anche a questo”.



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U P C U R I O S I TÀ

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1 7 9 6 , CO N L A C I T TÀ T E RRE M OTATA N AS CE I L C U LTO P E R LA MAD O N N A D E L CO NFO RTO

Storia di una devozione DI MARCO BOTTI

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ll’inizio del febbraio 1796 Arezzo fu soggetta a scosse di terremoto di piccola e media entità che andarono avanti per giorni, inquietando la popolazione nel periodo più allegro dell’anno, quello carnevalesco. Il 15 di quel mese, in uno scantinato della “grancia” camaldolese nei pressi di Porta San Clemente, utilizzato soprattutto per la mescita del vino, alcune persone rifugiate – tre calzolai e la cantiniera – stavano pregando davanti a una piccola maiolica raffigurante la Madonna di Provenzano, annerita dalla polvere, dalla fuliggine e dai fumi grassi delle candele. Improvvisamente, secondo la tradizione, la figura si fece bianchissima, perse tutta la sua patina nero-giallastra e il terremoto cessò. Il 19 febbraio, dopo alcuni giorni di titubanza e discussioni con i camaldolesi, il vescovo Niccolò Marcacci acconsentì al trasferimento del quadretto in duomo, dando inizio alla devozione per la cosiddetta Madonna del Conforto, culto che ha segnato la storia aretina degli ultimi secoli. Sotto la pressione di migliaia di persone giunte in città da tutta la diocesi, il 10 aprile si decise di costruire una cappella all’interno della cattedrale dove venerare l’immagine sacra. Del progetto fu incaricato l’architetto fiorenti-

no Giuseppe Del Rosso. Nel frattempo affluirono dal territorio offerte in denaro e materiali per contribuire all’edificazione. Rimane famoso l’episodio del grosso macigno dell’Arno che gli abitanti di Giovi trasportarono a mano, ancora visibile all’esterno. Per la realizzazione della Cappella della Madonna del Conforto fu aperta una breccia nella parete sinistra originaria della cattedrale, sulla quale si trovava il San Girolamo penitente di Bartolomeo della Gatta. Oggi l’affresco tardoquattrocentesco è uno dei pezzi da novanta del vicino Museo Diocesano. Il 5 agosto 1796 fu posta la prima pietra e negli anni Venti del secolo successivo i lavori poterono dirsi conclusi. Il risultato finale era un tripudio di marmi, arti orafe, sculture, tele dipinte e affreschi di stampo neoclassico, a cui si aggiunsero alcune splendide terrecotte invetriate di fine Quattrocento, prelevate da altri siti di culto, che oggi fanno del luogo un piccolo museo robbiano in città. Nella parete di destra è da ammirare la grandiosa tela con Giuditta che mostra al popolo la testa di Oloferne, dipinta da un campione del neoclassicismo, l’aretino Pietro Benvenuti. La prima versione del quadro, eseguita nel 1798, fu ceduta a Lord Hervey, conte di Bristol. La nuova fu realizzata nel 1803 e collocata l’an-

no successivo. Nel 1805 giunse per ammirarla anche il celebre Antonio Canova. Opposta alla tela di Benvenuti è sistemata quella del 1806 di Luigi Sabatelli, altro personaggio di prim’ordine del neoclassicismo toscano, raffigurante Abigail che placa la collera Davide. L’altare maggiore, realizzato con pregiati marmi policromi, fu disegnato dall’architetto romano Giuseppe Valadier, mentre gli angeli laterali e quelli che sostengono in alto la corona sono del carrarese Odoardo Baratta. La preziosa urna di argento dorato del 1804, che conserva la maiolica miracolosa, è dell’orefice capitolino Giuseppe Spagna. La cupola e la calotta dell’abside presentano affreschi di scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento, eseguiti tra il 1799 e il 1802 dal pratese Luigi Catani, mentre le volte furono dipinte negli stessi anni dal milanese Luigi Ademollo, autore anche della Via Crucis. Ultima curiosità: a sinistra della Madonna si trova il monumento funebre di marmo del vescovo Niccolò Marcacci, colui che autorizzò la costruzione della cappella. L’opera fu ultimata nel 1804 dal fiorentino Stefano Ricci, lo stesso che in seguito realizzò la statua del granduca Ferdinando III di Lorena per Piazza Grande, oggi visibile in cima a Piaggia di Murello.


Nel lontano 1935, Donato Badiali fonda in Arezzo la “Tipografia Badiali”. La sede

GRAFICHE BADIALI SRL Vi a M . C u r i e , 2 - 5 2 1 0 0 A R E Z Z O ( A R ) I TA LY tecnologiche di quei tempi. Dalla stampa tipografica con caratteri mobili, alla Linotype, madre delle più moderne Tefotocomposizioni. l . + 3 9 0 5Nei 7 5primi 9 8anni 4 1’70,2Vittorio 0 Badiali, sempre attento ai cambiamenti tecnologici, fonda anche la “Litostampa Sant’Agnese”. grafichebadiali@grafichebadiali.it In questa azienda hanno visto la luce, le prime macchine da stampa offset e le prime fotocomposizioni. Neiwprimi w wanni. g’80,r agrazie f i call’incremento h e b a d idell’attività, a l i . i t è stata costruita dell’azienda era ubicata in locali posti sotto le famose Logge del Vasari, nella prestigiosa Piazza Grande. L’ attività in questi locali, ha visto il succedersi di tutte le innovazioni

la nuova sede, dove tutt’ora l’azienda opera. Da allora, l’acquisizione delle tecnologie più moderne, hanno reso la “Grafiche Badiali” azienda leader del settore, in tutta l provincia di Arezzo. I continui investimenti, ci hanno permesso, in questi ultimi anni, di portare all’interno dell’azienda, la maggior parte delle lavorazioni, a vantaggio di un maggior controllo della qualità e dei servizi offerti alla nostra clientela. Infatti, l’esperienza acquisita e tramandata in quattro generazioni, in questi 80 anni di storia, ci consente di non essere semplicemente dei fornitori, ma un vero e proprio partner. Attenti ad ogni aspetto del nostro lavoro, dal 2011 abbiamo deciso di dotarci delle certificazioni ISO 9001:2008 per la qualità dei processi aziendali ed FSC per il prodotto, prestando grande attenzione e sensibilità, alla provenienza delle materie prime. Realizziamo cataloghi, brochures e depliant con i più vari sistemi di rilegatura sia nelle

piccole che nelle grandi tirature, pieghevoli, manifesti, materiale commerciale, moduli in continuo, shoppers ed ogni tipo di packaging e gadget personalizzato, espositori e cartelli vetrina di ogni forma e formato. La nostra clientela è in genere altamente fidelizzata e distribuita in ogni settore merce-

ologico: moda e tessile, eno-gastronomico, oreficeria, imprese di servizi, arredamenti, illuminazione e molti altri. Tra i nostri clienti annoveriamo: Prada, Graziella Group, Unoaerre, Textura, AEC Illuminazione, Monnalisa, Calzaturificio Soldini, CEIA, Gruppo Bancaetruria, Scart Group, Marchesi Antinori, Nannini Bags. Nel corso del 2015, abbiamo acquistato una nuova macchina da stampa f.to 70x100, la Roland 700 Evolution, la prima di questo modello venduta in Italia, la quinta in tutta Europa. Questa macchina a 5 colori con gruppo di verniciatura, ci permetterà ancora di più di offrire quei servizi, che oggi una clientela sempre più esigente chiede. Se ci viene chiesto il perché di questo investimento così importante, in un momento di forte contrazione economica, a noi piace rispondere con un’aforisma di Albert Einstein: E’ dalla crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato.


FORTI PASSIONI, IDEE VINCENTI, UN PIZZICO DI FOLLIA.

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