magazine arezzo NUMERO 01 estate 2017 andrea scanzi Vado al massimo sennò mi annoio matteo marconcini combatto, vinco e torno teatro petrarca magia da (ri)scoprire
giuseppe angiolini mister sugar
magazine arezzo
sommario
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giuseppe Angiolini Mister sugar
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teatro petrarca Magia da (ri)scoprire
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#UPMAGAREZZO
@Igersarezzo \ Francesco del siena
| U P I N T E R V I S TA |
andrea scanzi
vado al massimo, sennò mi annoio
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Gabriele conticini
allevo lumache, vivo in campagna e sono felice
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| UP NUOVI ORIZZONTI |
emiliano cecchini
fabbricare il sole. Utopia? forse no
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matteo marconcini combatto, vinco e torno
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il falconiere eden dei sensi
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poggio del sole che storia!
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magazine arezzo Redazione e Amministrazione Atlantide Audiovisivi srl Via Einstein 16/a – Arezzo Tel. 0575 403066 www.atlantideadv.it
UP EDITORIALE
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In alto le passioni D A A T L A N T I D E A D V L A N U O V A R E A LT À E D I TO R I A L E C H E C E L E B R A A R E Z ZO E I S U O I P R OTA G O N I S T I
Anno I – N ° 1 Estate 2017 Direttore Responsabile Cristiano Stocchi Vice Direttore Maurizio Gambini Redazione Andrea Avato Chiara Calcagno Mattia Cialini Matilde Bandera Art Director Luca Ghiori Fotografie Lorenzo Pagliai Hanno collaborato Francesco Del Siena Marco Botti Stampa Grafiche Badiali - Arezzo Pubblicità Atlantide Audiovisivi Srl Up Magazine Arezzo è una rivista a distribuzione gratuita
L’idea di alzarsi in piedi, di sollevarsi, di riuscire a scavalcare un ostacolo. Per questo l’abbiamo chiamato Up. Up Magazine Arezzo è il nuovo progetto editoriale di Atlantide Adv, agenzia di marketing e pubblicità, da oltre vent’anni espressione d’eccellenza nella comunicazione. Da sempre alla ricerca della qualità e dell’innovazione, Atlantide Adv ha coniugato l’uso dei nuovi media con un approccio che reinterpreta quelli tradizionali. Partendo dal web, passando per la televisione, ecco l’approdo naturale alla carta stampata con un’esclusiva rivista trimestrale dedicata ad Arezzo e alle eccellenze imprenditoriali del capoluogo e della provincia. Nel magazine, a distribuzione gratuita, troveranno spazio storie di successo, interviste ai personaggi che hanno investito su se stessi e sul territorio o che, partendo da Arezzo, hanno raggiunto la notorietà valorizzando il legame con la loro terra d’origine. Forti passioni, idee vincenti, un pizzico di follia. La convinzione che nell’ottimismo non ci siano illusione e superficialità, ma sogni e determinazione. E che nella cultura del lamento si nascondano visioni miopi senza entusiasmo. Un progetto che si rivolge ai giovani, un invito a scommettere sulla propria terra così ricca di stimoli e opportunità, da sempre culla di grandi talenti. Ma parleremo anche di sport, enogastronomia, cultura, arte e turismo. Up Magazine Arezzo racconterà la bellezza, così essenziale e spesso invisibile agli occhi, e il coraggio. Perché per arrivare in alto bisogna avere la forza di saltare.
Reg. al tribunale di Arezzo il 12/06/2017 N° 3/17
chiari ettivi?
ORRE PER CENTRARLI.
Digital Marketing
Video Production
magazine arezzo NUMERO 01 estate 2017 andrea scanzi Vado al massimo sennò mi annoio matteo marconcini combatto, vinco e torno teatro petrarca magia da (ri)scoprire
giuseppe angiolini mister sugar
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In copertina Giuseppe Angiolini Up Magazine Arezzo è stampato su carta usomano che conferisce naturalezza e stile al giornale. Per logo e finiture di copertina abbiamo scelto il raffinato Pantone metallic 875 C
Cristiano Stocchi Direttore Responsabile
Maurizio Gambini Vice Direttore
Tipografo
Fotografo Redazione
MATTIA CIALINI Redazione
CHIARA CALCAGNO Redazione
Art Director
Redazione
Matilde bandera
Luca Ghiori
Lorenzo Pagliai
Andrea Avato
FRANCESCO fumagalli
RE DA ZIO NE
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UP COPERTINA
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GIUSEPPE ANGIOLINI Mister sugar 6 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2017
I M P R E N D I TO R E , G I R A M O N D O , A R T I S TA , TA L E N T S C O U T. M A S O P R AT T U T TO C A C C I ATO R E D I T E N D E N Z E . R I T R AT TO D I U N U O M O C H E H A I N V E ST I TO S U S E ST E S S O E S U L L E S U E I N T U I Z I O N I , F I N O A D A R R I VA R E A L S U C C E S S O S E N Z A MAI TRADIRE LE ORIGINI DI ANDREA AVATO
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iuseppe Angiolini fa parte del club esclusivo dei visionari. Un cerchio magico dove in pochissimi riescono a entrare: o hai qualcosa in più oppure resti fuori. La selezione è naturale e senza sconti, ma una volta superata la barriera, ti ritrovi sulla strada giusta. Dritta e in discesa. Beppe di Sugar, come lo chiamano gli amici, è tante cose: imprenditore, giramondo, artista, talent scout. Soprattutto è un cacciatore di tendenze. Lo è sempre stato. Oggi è facile vederlo a suo agio nei panni dell’uomo affermato e molto glamour, che dall’alto di Corso Italia, dove si trovano le sue elegantissime botteghe della moda, domina la
città. E però non è sempre stato così. Anche lui ha dovuto superare gli ostacoli della consuetudine e della normalità, fino a deviare dal percorso standard della vita, già tracciato e ben più tranquillizzante. Perché immaginarsi un domani diverso e centrare l’obiettivo, è complicato ovunque. Ad Arezzo, tra i lacci e i lacciuoli della provincia, ancora di più. Giuseppe Angiolini ce l’ha fatta e non è nemmeno scappato altrove, magari in qualche paese d’avanguardia dove gli avrebbero steso un tappeto rosso sotto i piedi. E’ rimasto qua, fedele alle radici, senza inseguire il successo in giro per i continenti, ma portando il successo a curiosare tra piazza Grande e il Canto de’ Bacci.
Un caso più unico che raro. “Il primo passo è stato lasciare gli studi al terzo anno di ragioneria - dice Angiolini. Ero bravo, avevo ottimi voti. Ero anche cattivello, i compiti ai miei compagni non li passavo mai. Facevo casa, scuola e chiesa. Abitavo allo Scopetone, le imprese della zona mi corteggiavano per il dopo diploma, ma io avevo fretta di vivere e me ne andai a lavorare nell’azienda di Giuseppe Grandi. Importavamo grano per trattarlo e farci le farine. Iniziai ad occuparmi del commerciale, mi piaceva. Tanti piccoli segreti li ho imparati in quel periodo”. E poi? Poi comincia il bello, perché la vita, per l’appunto, bisogna trascinarla sul lato migliore,
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plasmarla, modellarla. “Sono i primi anni ‘80. Conosco una ragazza che ha la passione per la moda, come me. Ci viene l’idea, ne parliamo, decidiamo di aprire una boutique ad Arezzo, in Corso Italia 43. In negozio ci sarebbe stata lei. I miei la prendono male, producevano olio e vino, certe scelte proprio non le capivano. Ma io sentivo dentro che stavo facendo la cosa giusta. E ci buttiamo nell’avventura grazie a un piccolo prestito della banca. Furono due
anni tremendi, complicati. Tant’è che arrivai a un bivio: lasciare il mio impiego o chiudere il negozio. Ci pensai su, poi salutai Grandi e lasciai l’impiego”. Difficoltà e incertezze: come ogni storia vera, anche qui c’è da soffrire. Gli inizi, a tutte le latitudini, sono sempre pieni di affanni. “Mi licenziai, in casa fu una guerra. Però non tornai indietro. Anzi, nel frattempo avevo preso il diploma da privatista e mi ero iscritto all’università, facoltà di lingue.
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Ero poco più che maggiorenne, feci un restyling al negozio e tutto cambiò. Ho imparato in tanti anni di attività che sono importanti le alchimie: la differenza la fa il modo di comunicare, l’originalità. Naturalezza e spontaneità sono vincenti sempre. I miei genitori alla fine mi dettero una mano, la situazione si ribaltò in fretta. Ricordo che il primo stipendio lo spesi tutto in abbigliamento: in quel periodo andavo spesso a Firenze e compravo vestiti di tendenza. Poi, qualche anno dopo, mi comprai anche una Mini Minor e una Lancia Fulvia blu. Avevo già uno stile mio che mi faceva sentire libero”. E’ in quei giorni che Sugar diventa Sugar, sinonimo di eleganza, innovazione, ricerca. “Sugar mi piace perché contiene le mie iniziali e quelle di Arezzo, è una parola che mi definisce al cento per cento. La gente apprezzava, cominciarono ad arrivare clienti da fuori città, poi anche dall’estero. Un processo di crescita lento, regolare, molto
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Quel che conta è la personalità: deve averla il mio negozio, deve averla chi compra
Soddisfa la tua voglia di design. Lasciati conquistare dallo showroom piĂš ampio di Arezzo e provincia. Centro comm.le Marino srl Loc. Vallone 3, Camucia | Tel.0575 678619 | www.arredamentidelserra.it
Giuseppe Angiolini coordina uno staff di 35 persone che si occupano della vendita diretta, del marketing, della comunicazione e dell’e-commerce (Sugar. it). Presidente onorario di Camera Italiana Buyer Moda, è direttore artistico di Oro Arezzo ed è stato presidente del comitato tecnico per la Fiera Antiquaria. Svolge inoltre attività di consulenza per molti brand internazionali di moda. Entro la fine del 2017 ha in programma di trasferire le boutiques uomo, donna e giovani a Palazzo Lambardi, in Corso Italia, uno spazio open in cui verranno mixati arte, moda e design: oltre ai negozi, fanno parte del progetto un bar e un ostello con quindici camere, molto curato ma dai prezzi accessibili (Sugar Last Floor)
sugar last floor
appagante. Le vendite andavano bene ma non era il dato più significativo: io sentivo di essere al posto giusto soprattutto grazie ai complimenti di chi entrava nel negozio e al passaparola”. E siamo a oggi. Il mondo si è trasformato, è cambiata la moda, è cambiato profondamente il rapporto delle persone con il vestire e quello dei grandi marchi con le persone. Ed è cambiato il ruolo di chi sta in mezzo, come Angiolini. “I giovani sono più belli, più curati. Hanno più conoscenze riguardo l’abbigliamento, il look se lo curano da soli e sono eleganti in modo più semplice. Quel che conta è la personalità: deve averla il mio negozio, deve averla chi compra. Per anni ho scelto personalmente, uno a uno, i capi che vendevo. Adesso al mio fianco ho uno staff di persone che vivono la strada con la mente aperta: parliamo, ci confrontiamo, selezioniamo. Il mio orgoglio più grande è aver portato la creatività, l’immagine ad Arezzo. Questa è una città sorniona che ha paura di farsi notare troppo. Anch’io ero così, poi sono cambiato. Per questo da qui non mi muovo’’.
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teatro petrarca magia da (ri)scoprire QUANTE EMOZIONI, QUANTI SEGRETI SI NASCONDONO DIETRO L E Q U I N T E D I U N PA LCO S C E N I CO ? A N E D D OT I E R E T RO S C E N A C H E A S P E T TA N O S O L O D I E S S E R E S C O P E R T I : U N A V I S I TA G U I D ATA C I H A FAT TO C O N O S C E R E D E T TA G L I E C U R I O S I TÀ C H E , D A S E M P L I C I S P E T TATO R I , S A R E B B E S TATO I M P O S S I B I L E C O G L I E R E DI MATILDE BANDERA
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Dall'Aida a Turandot, dalla Tosca a La Bohème, originali graffiti offrono traccia delle rappresentazioni andate in scena sin dai primi anni di attività del Teatro
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L’iniziativa, promossa dal Comune in via sperimentale per un anno, prevede la visita guidata del teatro ogni sabato di Fiera Antiquaria per due gruppi, il primo alle 10 e il secondo alle 11.30. Per partecipare è sufficiente prenotare tramite SMS al numero 3343340608 o inviando una mail, segnalando il numero dei partecipanti, all’indirizzo info@centroguidearezzo.it
Il Teatro Petrarca, inizialmente Teatro Regio, è stato inaugurato nell’aprile 1833 con la rappresentazione Anna Bolena. L’opera di restauro degli ultimi anni ha riportato alla luce colori e decori, recuperati dai disegni originali, nel rispetto della risposta acustica già esistente. Sul suo palcoscenico si sono esibiti attori e ballerini di fama internazionale
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partecipando a balli e feste, oltre che assistendo agli spettacoli. Un luogo in cui dietro le quinte si lavora come una volta, tramite un articolato sistema di corde per il cambio delle scenografie. Un luogo di cui sono riuscita a cogliere appieno la magia grazie alle storie raccontate da Amos Vestri, maschera storica del teatro, e Maurizio Giornelli, macchinista dalle mani di velluto.
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a piccola sognavo di essere una principessa. Insieme alla mia amichetta del cuore, Adriana, passavamo interi pomeriggi ad interpretare svenevoli ragazzine in abiti pomposi, pronte a farsi risvegliare da un bacio del principe azzurro delle favole. Ricordo il mio salotto come un grande palcoscenico su cui andavano in scena, ogni pomeriggio, storie inventate, accomunate dallo stesso fil rouge. Storie di ragazzine, frutto di una fervida immaginazione. Quando ho varcato la soglia del Teatro Petrarca per la prima volta, il giorno dell’inaugurazione dopo i lavori di restauro che lo hanno riportato agli antichi fasti, non ho potuto fare a meno di ripensare a quando ero bambina. E di immaginare le vere principesse che, dal 1800, si sono affacciate da quei palchetti, lasciandosi ammirare dagli spasimanti. Poco tempo fa ho partecipato a una delle visite organizzate dal centro guide di Arezzo. Ho scoperto tante curiosità riguardanti questo prestigioso teatro e me ne sono letteralmente innamorata. Da spettatrice attenta, mi sono trasformata in una specie di Indiana Jones a spasso nella storia, a caccia di segreti. È stato entusiasmante scoprire quanta vita ci sia stata in un luogo che, purtroppo, pochi conoscono veramente: un luogo in cui coltivare relazioni sociali,
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ltre ad essere un’app e un social network, Instagram è anche un’associazione, in questo caso IgersItalia. “Essere un community manager o avere un profilo con buon seguito di follower offre un incredibile ritorno in reputazione online: reputazione che può trasformarsi in un lavoro, grazie ad un biglietto da visita completo di creatività ed engagament. L’agenzia per cui lavoro gestisce progetti web e social e non potrei fare a meno di Instagram: la reputazione in rete è importante perché si basa su una comunicazione genuina e condivisibile. Abbiamo visto nascere molti progetti dalla rete che poi sono diventati veri e propri brand o magazine di riferimento, tutto con l’aiuto di blog e social. La qualità di immagini e testi è la base per una buona comunicazione e un social come Instagram rappresenta una grande risorsa per il nostro territorio.
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omplice l’evoluzione tecnologica dei nostri smartphone, che permette di realizzare scatti fotografici pressoché perfetti in un clic, Instagram riscuote sempre più consensi: con 700 milioni di utenti attivi ogni mese in tutto il mondo, quest’app ha rivoluzionato il modo di comunicare, prestando un’attenzione particolare alla promozione/valorizzazione del territorio. Non potevamo non dedicare uno spazio a questo social network: le immagini pubblicate sul primo numero di Up Magazine Arezzo inaugurano la collaborazione con @igersarezzo. La community degli Instagramers aretini conta più di 9.000 followers ed è attiva in tutte le quattro vallate: per scoprire gli appuntamenti, i “The best of the week” e i contest, segui @igersarezzo!
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Vado al massimo sennò mi annoio L A T E L E V I S I O N E , I L T E AT R O , I L I B R I , L A FA M I G L I A , U N ’ H A R L E Y N U O VA D I Z E C C A . I L G I O R N A L I S TA P I Ù C O O L D ’ I TA L I A S I R A C C O N TA : “ L AV O R O E A M O R E , V O G L I O S E M P R E D I P I Ù . H O AV U TO F L I R T C E L E B R I , M A C E R C O A N C O R A U N A D O N N A C H E M I FAC C I A S O F F R I R E . A R E Z Z O ? C I S I A M O L A S C I AT I . P O I D I N U O V O I N N A M O R AT I ” . U N A C H I A C C H I E R ATA S E N Z A T A B Ù S U T R A V A G L I O E R E N Z I , S E LV A G G I A L U C A R E L L I E M A R I A E L E N A B O S C H I , I N E G R I TA E J O VA N OT T I . C O N U N A S O R P R E S A F I N A L E : “ A N D R E I A C E N A C O N S A LV I N I E B E R L U S C O N I ”
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atto Quotidiano, Gaber se fosse Gaber, Le cattive strade (con Giulio Casale), Il sogno di un’Italia (con Giulio Casale). Reputescion. Pubblico per Rizzoli. Eccetera”. Così recita la bio di facebook. Andrea Scanzi ha 43 anni, gli occhi chiari e lingua sciolta. Molti concittadini lo avevano lasciato coi capelli lunghi, tra Teletruria e il Mucchio selvaggio. Oggi se lo ritrovano a La7, a teatro, o magari sotto casa, in sella alla moto. Tra palco e realtà, certamente più celebre. E’ andato e tornato. Certi amori, come quello con Arezzo, fanno giri immensi e poi ritornano, il premio Civitas Aretii lo conferma. Scanzi è giornalista, scrive romanzi, fa spettacoli, duella in tv. A Otto e mezzo baruffa e non si spettina, lancia dardi avvelenati (bersaglio preferito: i politici), mirando all’altrui punto debole. Ma scrive e parla anche di calcio, di moto, di tennis, di whisky e di rock. Sennò, dice, si annoia. Troppa carne al fuoco? “Che palle parlare sempre di politica”, sbotta. E per ogni argomento è sempre sul pezzo. Un po’ secchione, come quando andava a scuola. Ma da allora ne ha fatta di strada.
Esistono sliding doors della tua vita lavorativa? “Tre. Nel 2004 incontro Edmondo Berselli, lo intervisto e lo colpisco. Diventiamo amici, mi segnala al direttore de La Stampa Giulio Anselmi. Nel 2005 inizio a scrivere su La Stampa. La seconda. Nel 2009 Marco Travaglio mi contatta per il Fatto Quotidiano. Sono lusingato ma lasciare La Stampa mi spaventa. Nel 2011 mi decido ed è la svolta della mia carriera giornalistica. La terza è legata alla tivù e al web. È il 30 gennaio 2013. Sono incazzato per motivi personali, accetto di partecipare all’Aria che tira. In studio incontro Alessandra Mussolini e le dico una cosa che pensavo (e che penso tuttora): di non avere rispetto né per lei, né per suo nonno. Il video diventa virale. Un grande trampolino”. E a livello privato? “La separazione da Linda, mia moglie. Bellissima, ricca. Donna di grande sensibilità. Eravamo molto innamorati. Avevo tutto. Ma poi l’amore è finito. Nel 2010 ci lasciamo. E per me, ma sono sicuro anche per lei, è una liberazione. Da allora non ci siamo più visti né sentiti. Spero che sia felice, merita ogni fortuna ”. Così lasci Arezzo per Cortona. Frequenti sempre
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DI MATTIA CIALINI FOTO LORENZO PRODEZZA
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Da giovane avevo un rapporto conflittuale con Arezzo: la reputavo chiusa mentalmente. Dopo la separazione da mia moglie mi sono allontanato. Ma poi ho sentito il desiderio fortissimo di ritornare
meno le tue zone: come cambia il rapporto con la tua città? “Da giovane avevo un rapporto conflittuale con Arezzo: la reputavo chiusa mentalmente. Dopo la separazione mi sono allontanato. Ma poi ho sentito il desiderio fortissimo di ritornare. Un ruolo chiave lo ha giocato l’Arezzo Passioni Festival, di cui sono direttore artistico. La manifestazione ha creduto in me sin dall’inizio nel 2013, facendomi riavvicinare alla città”. C’è un episodio, in particolare, che ha segnato l’incrinarsi dei rapporti con Arezzo? “Stagione 2001-2002, faccio il telecronista dell’Arezzo per Teletruria. Un’annata disgraziata per gli amaranto, chiusa con una salvezza allo spareggio. La partita verità è contro la Carrarese. Primo tempo orrendo
dell’Arezzo, non manco di sottolinearlo. Nel secondo tempo la musica cambia, la mia telecronaca diventa più sentita. Al fischio finale l’Arezzo è salvo e, nella foga, urlo: “Stasera tutti a fare il bagno in piazza Guido Monaco”. Dove però una fontana non c’è. E vengo massacrato per questo errore figlio dell’euforia del momento”. L’armistizio era firmato da tempo. Il premio Civitas Aretii ha sancito la luna di miele? “Voglio molto bene ad Arezzo, ci ho messo un po’ a capirla. E credo che Arezzo abbia impiegato un po’ di tempo a capire me. Oggi per me è il nido, il rifugio. Adoro tornare, passeggiare, perdermi nel centro storico. Arezzo è una città bellissima che si dimentica
di esserlo. A volte tende a buttarsi via, ma io ne sono innamorato. E cerco di promuoverla: attraverso gli ospiti che riesco a portare al Passioni, con i miei romanzi. Non è solo la città di Licio Gelli o dello scandalo Etruria. E il premio Civitas Aretii è motivo di orgoglio enorme. Ne ho ritirati di premi, ma questo ha un significato speciale. Alla consegna mi sono commosso”. Spenti i riflettori di uno studio tv, come sei nel privato? “Uno che ama ridere e godersela, ma sto diventando molto selettivo nelle frequentazioni private. Soffro ad andare a cena con persone che mi chiedono di Renzi o della Raggi. Parlo di politica per mestiere, mi appesantisce farlo nel tempo libero. Se posso, scrivo di altro. Delle mie passioni: musica, tennis, calcio. E donne, se è lecito dirlo senza essere chiamati sessisti”. Allora togliamoci il dente. Elezioni politiche domani, chi voti? “Oscillo tra l’astensione, il M5S e una forza di sinistra bersaniana con Rossi e Civati. Certamente non voterei mai il Pd di Renzi. A livello locale non faccio scelte ideologiche, valuto la persona a prescindere da sinistra o destra: l’importante è che ne abbia stima. Alle scorse regionali ho votato Rossi e Pd, mentre non abitavo ancora ad Arezzo nel 2015. Di sicuro non avrei mai
votato Bracciali”. Gossip. E’ acclarata la tua storia con Selvaggia Lucarelli, altre liaison vip? “Cantanti, attrici, parlamentari, giornaliste. Alcune proprio insospettabili. Ma i nomi non li farò mai”. Quante volte hai detto ti amo? “Quattro. A Cristina, la ragazza del liceo. A Linda, mia moglie. A Selvaggia. E a Verdiana, con cui ho avuto la storia più lunga dopo la fine del matrimonio”. La donna del tuo futuro? “Capita spesso che le donne che frequento si innamorino di me, ma non viceversa. Un giorno spero di amare ancora, intendo dire totalmente. E quando capiterà, per contrappasso, sicuramente la donna non mi filerà. Me lo meriterei. Ai figli invece non penso. Mi immagino circondato sempre da cani e bellezza, come adesso, ma al momento il mio istinto paterno è rasoterra. Non me ne vanto, ma è così. Magari un giorno cambierà”. In attesa di diventare padre, vivi appieno il ruolo di figlio. Citi spesso tuo padre Luciano. “E’ un grande, come lo è mia madre. Ho una famiglia meravigliosa. Quando sono nato, lui era giovanissimo. Per me è un fratello maggiore. Mi ha trasmesso la passione per la musica, per lo sport, per
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il cinema. Uomo da grandi talenti: fotografo, videomaker, attore di teatro, chitarrista, ottima penna. Praticamente sa fare tutto. Ha avuto un figlio in gioventù, me, e non è riuscito a concretizzare appieno il suo talento. Ha sempre lavorato alle Poste”. La tua voglia di emergere deriva anche dai sacrifici di tuo babbo? “Il talento parzialmente inespresso di Luciano è una grande spinta alla mia voglia di emergere. Non mi accontento, voglio sempre di più, in ogni ambito della vita. Sono affamato e perfezionista. Ho appena preso la patente per la moto, facendo bene il percorso di test. Durante le lezioni andavo bene, ma lo ripetevo finché non lo eseguivo alla perfezione. Mi hanno costruito così”. Hai un’Harley nuova di zecca. “E’ stupenda, la sognavo da 25
anni. L’ho chiamata Abigail. Presa al Gate32 di Milano, uno dei soci è l’ex portiere Christian Abbiati.” Affamato, meticoloso. E narcisista. E’ un aspetto su cui ti piace giocare. “Un po’ è uno scudo, un po’ no. Il 90% dei giornalisti è narcisista, la differenza tra me e altri è che io lo ammetto. In ogni caso sì, mi piace apparire, mi piace piacere”. Hai un sogno? “Continuare così: teatri, giornali, libri, tv. Ho il terrore che tutto finisca. E’ la vita che sognavo di avere: speriamo che duri”. Pace fatta con i Negrita? “Diciassette anni fa fui aggredito dal cantante, Pau, fuori da un locale ad Arezzo. Ci fu il processo e lui venne condannato. Recentemente ho rivisto Drigo, che apprezzo. Assistette alla scena. Ci siamo abbracciati. Spero di rivedere Pau e di stringergli la
mano, ormai è passata una vita”. E con Jovanotti? “Non ho rapporti con Jovanotti, ci siamo pizzicati spesso in passato ma senza mai incontrarci. Neanche quando abitavo a Cortona. Mi dicono che sua moglie mi detesti. Ne prendo atto, ma mi piacerebbe prima o poi incontrare Lorenzo. Sarebbe tempo di fare pace. E poi ci lega il grande amore per gli animali. Abbiamo pure lo stesso veterinario”. E con la Boschi? “No, con lei no. Non ne ho alcuna stima”. L’ultima domanda è un vecchio gioco: a cena con il nemico? “Politicamente sono agli antipodi da entrambi, ma credo che sarebbe divertente andare a cena una volta con Salvini e Berlusconi. Invece con Renzi mai. Per carità. Sai che palle”.
GraďŹ ca: Atlantide Adv
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Allevo lumache Vivo in campagna E sono felice
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UP RITORNO AL FUTURO
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G A B R I E L E C O N T I C I N I H A L A S C I ATO G L I S T U D I E U N P O S TO F I S S O . A P A R T I N A , I N C A S E N T I N O , G E S T I S C E L’A G R I C O L A P O G G I O P E R E T A , 8 0 E T TA R I D I T E R R E N I U T I L I Z Z AT I I N VA R I O M O D O . “ H O I N I Z I ATO C O N L O Z A F F E R A N O , P O I È S T A T A L A V O LT A D E L L E A P I , Q U I N D I I M A I A L I E L’ E L I C I C O LT U R A . R I P E N S A M E N T I N O N N E H O M A I A V U T I : L’A Z I E N D A È I N C R E S C I TA , B I S O G N A L AV O R A R E D U R O E FAT I C A R E . M A I O A R R I V O A SERA SENZA STRESS” DI MATTIA CIALINI
Ho cominciato cercando di capire cosa fosse meglio per i terreni con una particolare pendenza come quelli della mia proprietà. Ho studiato molto, continuo a farlo. Imparo sempre nuove cose”. Con quale coltivazione hai iniziato? “Con lo zafferano. In Casentino c’era già questa tradizione sin dal Medioevo. E io volevo valorizzare il terreno con un prodotto tipico”. E poi sono arrivati gli animali. “Api prima di tutto. E maiali. Quindi le lumache: oggi l’elicicoltura rappresenta la fetta più importante dell’economia di Poggio Pereta. Ma senza le coltivazioni e gli altri allevamenti, l’azienda non sarebbe in piedi”. Perché proprio le lumache? “C’è una riscoperta di questo prodotto. Come alimento e per i suoi derivati, come la bava usata in cosmesi. Io vendo soltanto il prodotto fresco, soprattutto a un grossista, ma anche al dettaglio”. E i suini? Che razza sono? “Ne ho una trentina, sono un ibrido tra il maiale rosa e quello di cinta senese. Come il grigio del Casentino. Presto potrei entrare nel consorzio di tutela”. Olio e vino ne produci? “Poco di entrambi, solo per consumo familiare”. Ma ti stai espandendo. “L’azienda sta crescendo, ora sono impegnato nella riscoperta dei grani antichi del Casentino che hanno poco glutine”. Hai intenzione di assumere? “Al momento la gestione è familiare. Un giorno chissà”. E’ cambiata la tua vita? “Sì, fatico molto. Ma non è fatica mentale. L’unico aspetto pesante del lavoro è la burocrazia. Ma arrivo a sera senza stress”.
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G
abriele Conticini ha poco più di trent’anni. Un giorno decide di lasciare la città (Firenze), oltre che un impiego stabile e di ottima prospettiva, per ritirarsi in campagna. Ad allevare lumache. Una favola moderna. Tanto più che Gabriele non sopravvive semplicemente del suo lavoro, ma, in poco tempo, riesce a far affari. Non diventa milionario, ma non se la passa affatto male. E la sua azienda nel Casentino, cresce di anno in anno. Abbandonare studi e carriera promettente. Perché? “Io sono di Bibbiena: mi ero trasferito a Firenze per l’università. Ho iniziato a lavorare in un’azienda del settore fotovoltaico e ho lasciato gli studi da parte, a un soffio dalla laurea. Il lavoro mi prendeva. Ma dopo 5 anni a Firenze ho deciso di tornare in Casentino. Sentivo di aver bisogno di un ritmo diverso. E’ fondamentale star bene con se stessi”. Qual è stata la tua prima mossa, una volta tornato? Avevi una tradizione di famiglia che ti ha orientato verso la campagna? “No, sono figlio di un dirigente di banca e di un’insegnante. La scelta dell’agricoltura è stata dettata da un’occasione in cui mi sono imbattuto: 10 ettari di terreno con alcune strutture in offerta. Ci ho pensato un po’ e poi mi sono buttato. Nel novembre 2011 è partita l’avventura dell’Agricola Poggio Pereta, a Partina, vicino Bibbiena”. Nel tempo sei cresciuto. “Oggi dispongo di circa 80 ettari, tra terreni acquistati e quelli in affitto”. I tuoi studi ti sono servito nel nuovo lavoro? “Mi sono serviti, perché l’università prima e l’impiego in azienda poi mi hanno donato un approccio rigoroso e pratico. Poi però, per lavorare la terra, occorre studiare.
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UP NUOVI ORIZZONTI
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Fabbricare il sole Utopia? Forse no
A U T O S U F F I C I E N Z A E N E R G E T I C A E R I S P E T T O D E L L’A M B I E N T E . S E N Z A B O L L E T T E E S E N Z A P I Ù R I S C A L D A M E N T O G L O B A L E . P E R M O LT I È U N S O G N O , P E R E M I L I A N O C E C C H I N I U N P R O G E T TO C O N C R E TO : N ATO A D A R E Z Z O , L A U R E ATO I N F I S I C A , I N Q U E S TO M O M E N TO S I T R O VA A B O S TO N D O V E S TA S E G U E N D O U N ’ I D E A AV V E N I R I S T I C A . I N P R AT I C A , S TA L AV O R A N D O P E R N O I
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È
DI MATTIA CIALINI
il sogno di molti: staccarsi dalla rete elettrica, del gas e diventare energicamente autosufficienti. Magari da fonti pulite e locali, per contribuire al rispetto dell’ambiente. Addio bollette e lotta al riscaldamento globale. L’applicazione pratica di un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria arriva da Arezzo: si chiama Off grid box e sta riscuotendo successo internazionale. Il progetto è stato inizialmente lanciato dalla Fabbrica del Sole. Presidente del comitato scientifico e socio fondatore è Emiliano Cecchini. Laureato in fisica, ha conseguito un dottorato in chimica con tesi sull’ottimizzazione della climatizzazione da energia solare e idrogeno. È tra gli inventori dell’Off grid box e di un altro grande progetto della Fabbrica del Sole, l’idrogenodotto sotterraneo di San Zeno. 1999, nasce la Fabbrica del Sole. L’avventura inizia con un impianto di compostaggio. “Avevamo vinto un bando del ministero dell’ambiente. La cooperativa realizzò l’impianto per poi donarlo al Comune di Arezzo. Purtroppo non è mai stato utilizzato. In Italia il settore non è dei più trasparenti. Peccato, perché riciclare materia organica è vitale”. La grande notorietà è arrivata con l’idrogenodotto. “E’ stato inaugurato nel 2008 e ha permesso di servire alcune aziende dell’area industriale con idrogeno puro. L’impianto si snoda un metro sottoterra. Ricava parte dell’idrogeno dall’elettrolisi dell’acqua mentre il resto arriva dallo stoccaggio dell’Unoaerre. Inizialmente furono anche installati generatori a fuel-cell per produrre energia dall’idrogeno rilasciando in atmosfera vapore acqueo. E’ una tecnologia che sta tornando alla ribalta, basti pensare alla nuova Toyota Mirai basata sullo stesso concetto”.
L’Hydrolab è il vostro laboratorio. E’ nato per monitorare l’idrogenodotto, ma oggi è una fucina di progetti. “E’ un luogo di ricerca, di test e messa a punto delle soluzioni Off Grid e basate sull’idrogeno. L’Hydrolab è stato dotato di tutti i servizi con tecnologie off grid: fotovoltaico, solare termico, solar cooling, distribuzione a bassa temperatura, accumulo elettrico tramite vettore idrogeno, fitodepurazione, circuito chiuso delle acque, connessione radio wi-fi e Linux. L’applicazione è stata poi estesa ad altri edifici. La sintesi è l’Off Grid Box, container che permette l’autosufficienza”. La vocazione sociale della Fabbrica del Sole non è stata tradita, l’Off Grid Academy lo testimonia. “Si tratta di un grande progetto: 300 ettari di terreno e alcuni immobili nel cortonese alle pendici del monte Ginezzo. In questo spazio che ci è stato concesso per 15 anni, teniamo dei corsi per appassionati di indipendenza, tecnologia, ecologia. Aperti anche a ragazzi con disabilità. Si insegna a cucinare, si trasmette la cultura del riciclo e della sostenibilità. Nel frattempo abbiamo preso parte ad iniziative in otto paesi tra cui Sud Africa, Rwanda e Filippine. Qui, in collaborazione con Oxfam, abbiamo portato dei dissalatori con Off Grid Box dopo il disastro del tifone Haiyan del 2013”. Nel vostro destino ci sono adesso gli Stati Uniti. “In questo momento sono a Boston, dove resterò fino a giugno. In ballo c’è un progetto avveniristico di sviluppo legato all’Off Grid Box. Ma siamo ancora in una fase sperimentale e non posso svelare molto di più. Inutile dire che per la Fabbrica del Sole è un onore e la conferma che il nostro gruppo è sulla strada giusta”.
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SI DEFINISCE UN ARETINO F I E R O . E ’ N AT O E C R E S C I U T O A SAN LORENTINO, È UN Q U A R T I E R I S TA A P PA S S I O N AT O E IL FOULARD GIALLOCREMISI L’ H A E S I B I T O I N M O N D O V I S I O N E PRIMA DELLE OLIMPIADI DI RIO, D O V E H A S F I O R AT O I L P O D I O . J U D O K A D I TA L E N T O , L A S U A C I T TÀ L A A M A V I S C E R A L M E N T E ANCHE ADESSO CHE VIVE E S I A L L E N A A R O M A .” I L M I O O B I E T T I VO S O N O I G I O C H I D I TO KYO. P O I R I E N T R O A D A R E Z ZO E A P R O U N A PA L E S T R A T U T TA M I A”
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UP SPORT
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Matteo Marconcini
combatto, vinco e torno n ippon ai luoghi comuni. Matteo Marconcini è un judoka di talento e, parole sue, ‘’un aretino fiero’’. L’estate scorsa ha tenuto milioni di italiani incollati al video, in attesa del colpo decisivo e vincente sul tatami. Tra questi c’erano anche molti concittadini, affascinati dall’atmosfera magica delle Olimpiadi e da quel ragazzo che, partito dalla palestra dietro l’angolo a San Lorentino, era arrivato fino a Rio de Janeiro. Ventotto anni da compiere ad agosto, fisico scultoreo e idee chiare sul futuro, Marconcini il podio a cinque cerchi l’ha soltanto sfiorato. Ma è un dettaglio che conta relativamente: ‘’Ho comunque realizzato un sogno - ha detto seduto a un tavolino del Caffè dei Costanti. L’altro è aprire una palestra di fitness ad Arezzo, tipo quelle che ho visto in Giappone, modernissime e accoglienti. E’ il mio progetto per domani’’. Tre interventi chirurgici alla spalla non hanno frenato la carriera di questo ragazzo dai modi pacati né prosciugato il suo spirito di sacrificio. Perché al di là della retorica sullo sport duro per uomini duri, nel judo bisogna avere costanza, senso del dovere e disciplina. ‘’Le rinunce più pesanti le ho fatte durante l’adolescenza. Alle cene con gli amici non c’ero o dovevo andare via prestissimo. Mi è mancata qualche risata in compagnia, ma ho sempre saputo che quella dello sport era la mia strada’’. Una strada che, come da proverbio, ha portato Matteo fino a Roma. Centro Sportivo dei Carabinieri, allenamenti tosti e l’ambizione di lasciare il segno. Quattro titoli italiani, tre ori internazionali e svariate medaglie hanno arricchito il palmarès senza allentare il legame con le origini: ‘’Arezzo è bella. Da fuori poi lo è ancora di più. Io sono sempre con la valigia in mano e
quando torno me la giro con piacere, apprezzo anche le piccole cose. Altro che monotonia. Sai cosa mi fa effetto? Passare davanti alla mia scuola di via Monte Bianco oppure camminare in via Petrarca dove ci vestivamo in maschera per il Carnevale’’. Arezzo è un concentrato di sentimenti e qualcosa di più. ‘’E’ una città di provincia ma non è provinciale. E’ tranquilla, offre comodità che chi vive fuori come me apprezza moltissimo. Ho milioni di ricordi che riaffiorano ciclicamente, specie se penso alla Giostra. Sono nato a cento metri da San Lorentino, la mia palestra dell’Ok Judo era davanti alla sede del quartiere. Ci sono finito dentro quasi senza accorgermene e il Saracino mi ha preso subito. Ho servito ai tavoli durante le cene propiziatorie, la prima volta che ho sfilato in costume abbiamo vinto la lancia d’oro. Era il 2005. A Porta del Foro ci vado ogni volta che posso, siamo una famiglia e l’atmosfera mi piace un sacco’’. Negli occhi di tutti resterà quel foulard giallocremisi esibito con orgoglio in mondovisione, mentre gli atleti di ogni disciplina sfilavano a Rio, prima dell’inizio dei Giochi. ‘’Una promessa che avevo fatto a me stesso’’ racconta Matteo. Un bellissimo gesto d’amore per la propria terra, hanno pensato quelli che guardavano di qua dalla televisione. Intanto i giorni passano e la vita va avanti. A fine agosto ci sono i Mondiali a Budapest, poi arriveranno di nuovo le Olimpiadi. ‘’Tokyo 2020 è un mio obiettivo, voglio preparare bene quell’appuntamento. In Brasile mi sono emozionato, ho sentito la vicinanza di tante persone, ho ripensato alla mia prima società di Arezzo e sono stato contento di aver avvicinato il grande pubblico al judo. In Giappone spero di fare ancora meglio’’. E poi? ‘’E poi torno. E apro la mia palestra’’.
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DI ANDREA AVATO
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hackcortona.com
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www.popcortona.it
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UP CHARME
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il falconiere eden dei sensi
P I Ù D I U N R I S TO R A N T E R A F F I N ATO . P I Ù D I U N A R E S I D E N Z A A F FA S C I N A N T E C H E D O M I N A C O R TO N A . P I Ù D I U N R E L A I S C H E A C C O G L I E T U R I S T I A M M A L I AT I D A S U O N I , C O L O R I E F R A G R A N Z E D E L L’A N T I C A T E R R A T O S C A N A . È S O P R A T T U T T O L A S T O R I A D I D U E G I O VA N I I N N A M O R AT I C H E AV E VA N O U N A PA S S I O N E I N C O M U N E E C H E H A N N O S A P U T O T R A S F O R M A R E U N S O G N O I N R E A LT À DI CHIARA CALCAGNO
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“S
apeva di caccia e sapeva di antico. Per questo lo abbiamo chiamato il Falconiere”. Nella scelta di un nome, la filosofia e la visione di un sogno divenuto realtà. La storia della residenza di charme posizionata sulle dolci colline di Cortona, è interamente legata alla passione e all’impegno della famiglia Baracchi. L’amore per la propria terra, per la cucina e per l’accoglienza hanno guidato l’impresa di Silvia e Riccardo: trasformare l’antica villa di famiglia in un gioiello di ospitalità. “L’entusiasmo è sempre stato il motore di questa magnifica avventura”, spiega Riccardo. Oggi la struttura ricettiva fa parte del prestigioso circuito Relais & Chateaux e ogni anno accoglie centinaia di ospiti che ricercano suoni, colori e fragranze dell’antica terra toscana, coccolati e viziati dalle attenzioni di una dimora di lusso. Tutto si fonde al Falconiere: eleganza e tradizione, stile e calore familiare, servizio impeccabile e sorrisi sinceri. Così come avviene nella cucina professionale che ha
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incoronato il ristorante con l’unica stella Michelin della provincia di Arezzo. Alla guida della brigata c’è Silvia, sempre affiancata dalla mano esperta dell’executive chef Richard Titi, un maestro nell’esaltazione dei sapori. Il ristorante è ricavato nell’antica limonaia e oltre ad una raffinata sala interna, vanta una terrazza affacciata sulla Valdichiana. Gli elementi tipici dell’architettura locale come la pietra, i mattoni, gli archi e le volte fanno da cornice alla veranda in vetro e ferro battuto. “E’ questo luogo ad ispirare la mia cucina: interpretazione del territorio e delle sue tradizioni con sperimentazione di nuovi stili e tendenze. Tutto in perfetto equilibrio”. Molta attenzione viene riservata alla qualità degli ingredienti, al rispetto della stagionalità e all’uso di prodotti a chilometro zero. “Non è semplice far capire alle persone che c’è un tempo ed un luogo giusto per ogni ingrediente. Siamo abituati ad avere sempre tutto e ovunque ma il sapore non è lo stesso. Da quest’anno abbiamo attivato una collaborazione con l’Orto fortunato di Cortona e, ogni mattina, mi vengono
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generazioni, dal lontano 1860. Il proprietario Riccardo, insieme al figlio Benedetto e all’enologo e agronomo Stefano Chioccioli, ha creato un’azienda moderna e dinamica che ha l’obiettivo di produrre vini che siano specchio ed espressione di questi luoghi incantevoli, ponendo sempre la massima attenzione alla genuinità dei prodotti. Tanti i primati e le particolarità che la cantina può vantare: un raro pinot nero di montagna, un syrah di Cortona che diventa riserva, il trebbiano in purezza che si esprime in quattro vini totalmente diversi fra loro. Baracchi inoltre è stato fra i primi in Italia ad utilizzare vitigni autoctoni per dare vita a spumanti metodo classico. Lo scorso anno il brut rosè millesimato, ottenuto con uve sangiovese, è stato inserito fra i cinquanta spumanti più buoni al mondo. Fra impegni e ambiziosi progetti futuri, Silvia e Riccardo conservano ancora la semplicità e l’eccitazione di due giovani innamorati con un sogno e una passione comune.
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portate verdure fresche, appena colte. Al Falconiere coltiviamo già le erbe aromatiche come basilico, salvia, finocchietto e rosmarino, indispensabili sia per il ristorante che per i corsi di cucina”. Da anni infatti Silvia tiene lezioni di gastronomia dedicate principalmente agli stranieri che vogliono apprendere la raffinata arte culinaria italiana. “Mi chiedono soprattutto di insegnar loro a preparare la pasta fresca. Passo le giornate a stendere la sfoglia ma non mi stanco mai dei volti entusiasti e felici dei miei allievi”. E, perché tutto sia perfetto, una cura maniacale nell’impiattamento. “Prima di tutto si mangia con gli occhi ed è giusto soddisfare ogni senso”. Pochi mesi e il Falconiere sarà “replicato” anche in California dove un ricco imprenditore ha voluto ricreare la poesia di un luogo che lo aveva stregato. Silvia avrà il compito di organizzare e gestire menu e cucina. Ma il Falconiere non è solo un hotel 5 stelle e un ristorante pluripremiato: nell’azienda agricola Baracchi, all’interno del relais, si produce vino da cinque
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Poggio del Sole, che storia! 34 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2017
D A L L A N E C R O P O L I E T R U S C A D I O LT R E D U E M I L A A N N I F A A L P A L A Z Z O D E L G O V E R N O D I O G G I . L A C O L L I N A C H E S I T R O VA A O V E S T D E L C E N T R O S TO R I C O C U S TO D I S C E I S E G R E T I D E L L A V I TA D E L L A C I T TÀ . U N F L A S H B A C K N E L PA S S ATO P E R C A P I R E M E G L I O I L N O S T R O P R E S E N T E
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DI MARCO BOTTI
oggio del Sole, a ovest del centro storico di Arezzo, deve il suo antico nome alla posizione assolata e conserva nel sottosuolo i resti di una vasta necropoli etrusca del VI secolo a.C., frequentata fino a tutto il periodo romano. La collina venne studiata da Gian Francesco Gamurrini per molti anni, a partire dalla scoperta di sepolture nei primi anni Sessanta dell’Ottocento. L’archeologo suddivise in quattro aree la necropoli, in base al periodo e al tipo di suppellettile funebre. Preziosi oggetti in oro e frammenti di ceramica attica del V e VI secolo a.C. sono oggi visibili nel Museo Archeologico di Arezzo. Nel 1232 a Poggio del Sole (detto anche di San Pasquale) si trasferirono i frati francescani, inizialmente insediatisi nella zona del Maccagnolo. I francescani rimasero pochi decenni a Poggio del Sole. Alla fine del 1290 ricevettero in donazione il terreno dentro le mura cittadine dove edificare un luogo di culto più grande, su progetto di Fra’ Giovanni da Pistoia, che si concluse negli anni Settanta del secolo successivo. Nel 1298, tuttavia, già si officiavano le messe nella chiesa inferiore. Da allora il complesso di Poggio del Sole divenne “San Francesco de Fora” per
distinguerlo dal nuovo. Il 2 maggio 1318 papa Giovanni XXII acconsentì alla demolizione del vecchio convento, ormai inutile e occupato da una setta di fraticelli. Giovanni Rondinelli, nel 1583, scrive che in quel periodo i frati zoccolanti erano insediati nella zona, che tuttavia rimase inedificata fino ai primi anni Trenta del secolo scorso. Le immagini d’epoca ci dicono che, tolto un ex ospizio dei francescani riformati, la collina era connotata da vigneti terrazzati. Nell’agosto 1936 il prefetto Stefano Podestà incaricò l’architetto pistoiese Giovanni Michelucci di progettare un nuovo Palazzo del Governo per Arezzo. I lavori partirono il 10 luglio 1937 e andarono avanti un paio di anni. Di fronte alla facciata, allora denominata Piazza Corsica, fu collocato il monumento al Legionario del pisano Italo Griselli, rimosso nel dopoguerra. Zona strategica a ridosso della stazione ferroviaria, fu bombardata dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo la ricostruzione, lo slargo antistante il Palazzo del Governo fu rinominato Piazza Poggio del Sole. Lì venne sistemato, nel 1975, il Monumento al Partigiano di Bruno Giorgi.
Nel lontano 1935, Donato Badiali fonda in Arezzo la “Tipografia Badiali”. La sede dell’azienda era ubicata in locali posti sotto le famose Logge del Vasari, nella prestigiosa Piazza Grande. L’ attività in questi locali, ha visto il succedersi di tutte le innovazioni tecnologiche di quei tempi. Dalla stampa tipografica con caratteri mobili, alla Linotype, madre delle più moderne fotocomposizioni. Nei primi anni ’70, Vittorio Badiali, sempre attento ai cambiamenti tecnologici, fonda anche la “Litostampa Sant’Agnese”. In questa azienda hanno visto la luce, le prime macchine da stampa offset e le prime fotocomposizioni. Nei primi anni ’80, grazie all’incremento dell’attività, è stata costruita
GRAFICHE BADIALI SRL Vi a M . C u r i e , 2 - 5 2 1 0 0 A R E Z Z O ( A R ) I TA LY Te l . + 3 9 0 5 7 5 9 8 4 1 2 0 grafichebadiali@grafichebadiali.it w w w. g r a f i c h e b a d i a l i . i t la nuova sede, dove tutt’ora l’azienda opera. Da allora, l’acquisizione delle tecnologie più moderne, hanno reso la “Grafiche Badiali” azienda leader del settore, in tutta l
provincia di Arezzo. I continui investimenti, ci hanno permesso, in questi ultimi anni, di portare all’interno
dell’azienda, la maggior parte delle lavorazioni, a vantaggio di un maggior controllo della qualità e dei servizi offerti alla nostra clientela. Infatti, l’esperienza acquisita e tramandata in quattro generazioni, in questi 80 anni di storia, ci consente di non essere semplicemente dei fornitori, ma un vero e proprio partner. Attenti ad ogni aspetto del nostro lavoro, dal 2011 abbiamo deciso di dotarci delle certificazioni ISO 9001:2008 per la qualità dei processi aziendali ed FSC per il prodotto, prestando grande attenzione e sensibilità, alla provenienza delle materie prime. Realizziamo cataloghi, brochures e depliant con i più vari sistemi di rilegatura sia nelle piccole che nelle grandi tirature, pieghevoli, manifesti, materiale commerciale, moduli in continuo, shoppers ed ogni tipo di packaging e gadget personalizzato, espositori e cartelli vetrina di ogni forma e formato. La nostra clientela è in genere altamente fidelizzata e distribuita in ogni settore merceologico: moda e tessile, eno-gastronomico, oreficeria, imprese di servizi, arredamenti, illuminazione e molti altri. Tra i nostri clienti annoveriamo: Prada, Graziella Group, Unoaerre, Textura, AEC Illuminazione, Monnalisa, Calzaturificio Soldini, CEIA, Gruppo Bancaetruria, Scart Group, Marchesi Antinori, Nannini Bags. Nel corso del 2015, abbiamo acquistato una nuova macchina da stampa f.to 70x100, la Roland 700 Evolution, la prima di questo modello venduta in Italia, la quinta in tutta Europa. Questa macchina a 5 colori con gruppo di verniciatura, ci permetterà ancora di più di
offrire quei servizi, che oggi una clientela sempre più esigente chiede. Se ci viene chiesto il perché di questo investimento così importante, in un momento di forte contrazione economica, a noi piace rispondere con un’aforisma di Albert Einstein: E’ dalla crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato.
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