Up Magazine 02 - Autunno 2017

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magazine arezzo NUMERO 02 autunno 2017 UP LUOGHI fortezza medicea respirando il saracino podere pomaio artigianale e sostenibile

piero iacomoni il fabbricante di sogni



magazine arezzo

sommario

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piero iacomoni il fabbricante di sogni

| UP LUOGHI |

fortezza medicea 3 | U P I N S TA G R A M |

#UPMAGAREZZO | UP ECCELLENZE |

cnc racing

“la crisi ci HA rimessO in moto”

| UP PEOPLE |

barbara lancini nel cuore delLA CITTÀ

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| UP PEOPLE |

francesca prosperi quella svolta nella mia vita

| UP TRADIZIONI |

RESPIRANDO IL SARACINO | UP CHARME |

podere di pomaio ARTIGIANALE E SOTENIBILE, LONTANO DALLE ENOMODE

| U P C U R I O S I TÀ |

IL CANTO DEI BACCI

\ UP MAGAZINE AREZZO \ AUTUNNO 2017

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| UP COPERTINA |


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magazine arezzo Redazione e Amministrazione Atlantide Audiovisivi srl Via Einstein 16/a – Arezzo Tel. 0575 403066 www.atlantideadv.it

UP EDITORIALE

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ENTUSIASMO RESILIENZA E BELLE STORIE

Anno I – N° 2 Autunno 2017 Direttore Responsabile Cristiano Stocchi Vice Direttore Maurizio Gambini Redazione Andrea Avato Chiara Calcagno Mattia Cialini Matilde Bandera Art Director Luca Ghiori Fotografie Lorenzo Pagliai Hanno collaborato Marco Botti Giulio Cirinei David Mariottini (dronearezzo.com) Si ringrazia Ufficio stampa Monnalisa Ufficio stampa Giostra del Saracino Stampa Grafiche Badiali - Arezzo Pubblicità Atlantide Audiovisivi Srl

Questo secondo numero di Up va in stampa sulle ali di un entusiasmo che ci ha sorpresi e divertiti. Ci ha anche ripagato del lavoro messo in piedi e che abbiamo cercato di portare avanti nel modo più professionale possibile. Speravamo di incontrare il favore del pubblico, ma non ci aspettavamo consensi così trasversali e convinti. C’è stata anche qualche critica, qualche appunto inevitabile di cui faremo tesoro per il futuro, però la prima uscita del magazine è andata al di là delle previsioni. Ne siamo contenti. Nel giornale che avete tra le mani raccontiamo altre storie a lieto fine e mettiamo sotto la lente d’ingrandimento personaggi che hanno dato e danno lustro ad Arezzo. Ognuno nei rispettivi settori professionali, in una dimensione internazionale o locale, sempre con le radici bene ancorate a questa città.

Il brand Monnalisa e il nome di Piero Iacomoni godono di una celebrità consolidata e da copertina, ma ci sono tanti altri retroscena, nascosti tra le vie del centro storico o poco fuori dalla cinta urbana, che meritavano di essere portati alla ribalta. Percorsi umani e imprenditoriali, anche al femminile, nati da decisioni sofferte che con il tempo si sono rivelate intuizioni lungimiranti. Una resilienza che è giusto mettere in luce. Up ha scelto di valorizzare la linea del coraggio e dell’autostima, qualità che diventano appigli determinanti soprattutto nei momenti difficili. E se sfogliare pagine di bella carta, prendendo coscienza che intorno a noi esistono (ancora) valori positivi, può rappresentare un appagante passatempo, allora questo è il giornale giusto. Buona lettura.

In copertina Piero Iacomoni Up Magazine Arezzo è stampato su carta usomano che conferisce naturalezza e stile al giornale. Per logo e finiture di copertina abbiamo scelto il Pantone Rhodamine Red C

Vice-direttore

maurizio gambini

cristiano stocchi

Reg. al tribunale di Arezzo il 12/06/2017 N° 3/17

Direttore responsabile

Up Magazine Arezzo è una rivista a distribuzione gratuita


Redazione

chiara calcagno

Redazione

mattia cialini

Redazione

Andrea Avato

matilde bandera

Redazione \ UP MAGAZINE AREZZO \ AUTUNNO 2017

francesco fumagalli

Tipografo

lorenzo pagliai

Fotografo

REDA ZIONE Luca Ghiori

Art-Director

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UP COPERTINA

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piero iacomoni Il fabbricante di sogni S

DI CHIARA CALCAGNO

i presenta con papillon argentato, occhiali blu, pochette a pois. E un sorriso di quelli che aprono il cuore. E’ il patron di Monnalisa, proprietario di un brand da oltre 40 milioni di euro all’anno, l’uomo che da Arezzo ha portato il suo marchio in 64 paesi nel mondo. Piero Iacomoni veste i bambini di colori, stile ed eleganza. E dei bambini mantiene la curiosità, la fantasia e l’entusiasmo: caratteristiche che lo hanno accompagnato lungo tutto il suo percorso. “Il successo oggi si calcola in soldi, in guadagno. A me i soldi sono serviti. Ma li ho usati come mezzo. E’ l’idea che vince sempre”. Monnalisa, realtà di childrenswear di fascia alta, è stata fondata nel 1968 da Piero e da sua moglie Barbara Bertocci, oggi rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e direttore creativo. La filosofia di Monnalisa è basata sulla combinazione di attività imprenditoriale, innovazione, styling originale e sviluppo delle risorse umane. Sapienti pennellate per dipingere un quadro che possa creare

valore nel tempo. Iacomoni ci ha messo tenacia, determinazione, rispetto delle diversità, dei differenti tempi di vita e di lavoro. E poi il dialogo con i dipendenti, per creare un ambiente sereno e stimolante. “Mi piacciono tutti i miei collaboratori. Ad un colloquio di lavoro, a parità di competenze, io prediligo chi sorride”. Piero ha visione - anche quella di insieme – eclettismo e capacità, persino quella di sapersi fermare per garantire un futuro all’azienda. “Dal 2011 ho passato il testimone a Christian Simoni, adesso amministratore delegato. E’ stata una scelta difficile affidare Monnalisa ad una persona esterna, seppur competente e qualificata come Christian. Avevo bisogno di vedere l’azienda da fuori, come - aggiunge senza giri di parole - se fossi già morto. Perché voglio che Monnalisa continui a crescere e splendere anche senza di me. E’ complicato farsi da parte. Forse la lezione più complessa che ho dovuto ma anche voluto imparare: delegare, fidarmi, intervenire solo se richiesto. Ma adesso, sono certo, che ciò che ho

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D A L P R I M O F I D O B A N C A R I O D I 4 M I L I O N I D I L I R E A L L’ I M P E R O D I M O N N A L I S A , D A Q U E L V I A G G I O I M P R O V V I S AT O I N G E R M A N I A A L L’ E S P O R TA Z I O N E D E L B R A N D I N 6 4 PA E S I . U N A S T O R I A T U T TA A R E T I N A FAT TA D I C O L O R I , S T I L E , E C L E T T I S M O , C R E AT I V I TÀ . E D E L L A C O S TA N T E R I C E R C A D I U N B E N E C H E M O LT I T R A S C U R A N O CO L P E VO L M E N T E : I L S O R R I S O


“La lezione più difficile? Imparare a delegare, a farmi da parte”

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Monnalisa è stata fondata nel 1968 da Piero Iacomoni e dalla moglie Barbara Bertocci, oggi presidente e direttore creativo del Cda

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creato avrà lunga vita”. Iacomoni indugia un attimo, poi riavvolge il nastro dei ricordi. E fissa il momento in cui tutto è nato. “Avevo circa 19 anni quando, girovagando per l’Europa in lambretta, capitai al Louvre, scrigno di gioielli e rare bellezze. Fra queste, c’era lei. Davanti al quadro della Gioconda si accalcavano decine di persone con sguardo innamorato. Stetti lì per un po’ contando i vari gruppi. Calcolai che, soltanto in quella giornata, 17mila persone si erano recate in pellegrinaggio per ammirare l’immagine dell’enigmatica signora. Anch’io volevo creare la mia opera d’arte. Era il 12 febbraio del 1965 e quel giorno decisi, con l’approvazione di Da Vinci, che qualsiasi attività avessi avviato nella mia vita l’avrei chiamata Monnalisa”. Imprenditori si nasce; sì ma nello spirito. Perché anche un sempilce manovale può costruirsi il suo impero. Mattone dopo mattone.

“Da giovane lavoravo come operaio alla Vega. Il capo vide che ero uno acuto, con ambizioni. Mi mandò a studiare in una scuola di business per imparare a gestire i tempi di produzione. In poco tempo, con le stesse ore di lavoro, passammo da poco più di mille a seimila capi prodotti. Il mio superiore si sorprendeva perché non alzavo mai la voce ma cercavo di coinvolgere il personale e stimolarlo. In diciotto mesi fui promosso direttore generale. Ma ero sempre dipendente e mi stava stretto”. Il primo fido venne accordato dal padrone di casa. “Mi presentai con mio padre, onesto e umile artigiano. Ottenni 4 milioni di lire per iniziare la mia attività e una pacca sulla spalla”. Poi la rivoluzione del business con l’ingresso della bella Barbara alla direzione creativa. “I suoi vestiti hanno un’identità, un’anima, hanno carattere. I bambini non sono adulti in miniatura. Hanno il loro stile, il loro


Per arrivare in alto bisogna tenere sempre a mente scopi e metodo

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Non scorderò mai quel gesto, non ce la feci a chiedere niente. Li abbracciai e risalii sul furgone. Non sapevo però come fare a tornare a casa senza soldi. Mi venne in mente che in Germania si stava svolgendo Kindermesse, una grande fiera internazionale dedicata ai bambini. Guardai la mia fedele Lilla in cerca di approvazione e guidai fino a Colonia. Non avevo abiti da esposizione ma avevo il campionario. Così usai dei fili di nylon per appendere i vestiti. Il mio spazio era orribile ma le persone si fermavano perché i miei modelli attiravano l’attenzione e piacevano. Inventavo a tutti che mi avevano derubato prima di varcare il confine. La notte dormii nel furgone. Il giorno seguente i miei vicini di stand

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na lia a Ita lis na rsa on rso Bo M co te os sce Eli in nn Na so o ll’a rce de pp res u o me Ing gr at l r om e tu e-c at ti d le Il f en na nd a a lc ipe a nz da Id tti ale en cri liv zi i is po ll’a Gl te di de sti ice rno ve nd te tà L’i ’in d’e lisa all sce na fa on Le a M d

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bisogno di esprimersi in maniera differente”. Il primo mercato estero conquistato da Monnalisa è stato la Germania, ma non fu una scelta pianificata. “Nel 1978 ci fu un terremoto devastante in Sicilia. Io avevo là un mio cliente che mi doveva tanti soldi. Lui mi diceva che la scossa gli aveva portato via tutto; a me dispiaceva ma avevo bisogno di quel denaro e partii con il mio furgone deciso a ritornare con ciò che mi spettava”. Piero si ferma un attimo. Fissa le sue mani appoggiate sulla scrivania per qualche secondo prima di alzarne una e asciugarsi una lacrima. “Fu un lungo viaggio in compagnia di Lilla, il mio pastore tedesco. Quando arrivai mi accorsi che il suo negozio era distrutto. Abiti rovinati, sporchi di fango erano appesi a fili e grucce improvvisate. Mi accolse come un amico e la moglie mi offrì un caffè. Tirò fuori un cucchiaino impolverato e, prima di darmelo, aprì un’urna dove teneva la poca e preziosa acqua potabile. La versò sulla posata per pulirla e poi me la allungò.

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V I A M O N T E FA LC O | A R E Z Z O


mi prestarono chi una sedia, chi un tavolo, chi qualche gruccia. C’era sempre la fila davanti alla mia arrangiata esposizione. Decisi di chiedere un acconto sugli ordini. Finita la fiera tornai a casa con i soldi”. Rovista in tasca ed estrae il suo passaporto. “Quanta strada da allora. – sospira sfogliando il documento – Adesso lo porto sempre dietro, ne ho già riempiti diciassette”. I minuti scorrono rapidi fra il racconto di quando riuscì ad entrare in Cina senza visto, spacciandosi per un pilota italiano - partito dal “prestigioso” aeroporto Molin Bianco di Arezzo - oppure quando si imbarcò clandestinamente su un traghetto dalla Sardegna, insieme a Barbara, raccontando al controllore, come fosse vero, che la moglie lo aveva tradito con un bagnino in vacanza. Eccellenza nella moda, nella creatività ma anche nel sociale. Piero Iacomoni è stato premiato con il David di Michelangelo per il suo

impegno nelle iniziative solidali e per la sua politica corporate social responsibility. Con la Onlus, che porta il nome dell’azienda, sostiene numerosi progetti fra cui Strasicura, una cittadella a disposizione dei giovani per promuovere una cultura della sicurezza stradale. Monnalisa è nata ad Arezzo, è cresciuta, fino a diventare un brand internazionalmente riconosciuto. In grado di affascinare, tenere alte le insegne del Made in Italy e di raggiungere nuovi mercati. Un percorso tutt’altro che scontato, costantemente alimentato da idee e passione. “Oggi forse ci scordiamo di sognare. I giovani sono più disillusi ma non mancano idee o voglia di emergere. Anzi, gli strumenti sono di più rispetto a quelli che potevo avere io a disposizione. Bisogna tenere sempre a mente scopi e metodo. Per volare non è necessario nascere con le ali. Possiamo anche costruircele e allora sì che arrivare in alto sarà un successo”.

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backstage

“Ho 73 anni e con voi vorrei parlare di futuro e di progetti. Che dite? Ok vi posso raccontare anche la mia storia, sicuri che vi va di sentirla?”. Neanche aveva finito di scendere le scale, con l’entusiasmo di un adolescente al primo appuntamento e un’allegria contagiosa. Ha stretto calorosamente la mano a Cristiano e ha abbracciato me. Come ci conoscesse da una vita. “Ti piaccio in blu? – ha chiesto a Lorenzo, il fotografo, mentre si presentava – Non so perché ma mi sembrava un colore adatto per l’intervista di oggi. Sarà che mi sento profondo”. Una frase, un sorriso, una battuta e in pochi secondi aveva mandato in frantumi ogni barriera. Ci aveva pensato lui a mettere tutti a proprio agio. Da buon padrone di casa, da italiano, da aretino. Eccome se avevamo voglia di sentire la sua storia, in quel momento più che mai. Quella che aveva portato il figlio di un artigiano ai vertici della moda mondiale riuscendo a mantenerlo umile, disponibile e sorridente. Con la voglia di parlare, di condividere e di ascoltare


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UP LUOGHI

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fortezza medicea

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C ’ È S E M P R E STATO Q UA LCOSA DI M AGICO L A SSÙ I N C I M A A L L A C I T TÀ , IL FA SCINO DEL L A STO R IA M ESCOL ATO AL LO SVAG O D E L L A QUOTIDIA NITÀ , L’ ECO DEL L E VOCI DEL LE GENTI A N T I C H E S OV R A P P OSTO A Q UEL L E DEGL I A BITA NTI DI OGGI. LA ST R AO R D I N A R I A META M OR FO SI DI UN LUO GO NATO P ER SFIDARE L’O RG O G L I O D EG L I A R ETINI E DI CUI GL I A R ETINI, F INA L M ENTE, S I S O N O R IA P P ROP R IATI P ER INTERO

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DI ANDREA AVATO


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La Fortezza Medicea di Arezzo sorge sulla collina di San Donato, che con i suoi 305 metri è la più alta della città. Lì accanto si trova quella di San Pietro (290 metri). L’area, che comprende anche il Duomo, è oggi considerata un tutt’uno, mentre in passato non era così. Le due zone sono state separate per secoli, poi agli inizi dell’800, sotto la dominazione francese, venne realizzato il passeggio del Prato, un giardino pubblico utilizzato anche per le corse di cavalli, per manifestazioni ludico/sportive e perfino per alcune Giostre di cavalieri, simili alla futura rievocazione del Saracino.

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GLI ALBORI DI AREZZO I primi insediamenti sul colle corrispondono con lo stanziamento definitivo degli etruschi ad Arezzo, tra VII secolo e VI secolo a.C. La zona ebbe un’importanza vitale in epoca romana. Arezzo, strategico municipio, qui aveva il Foro, ovvero il centro commerciale, politico e religioso, e un grande complesso formato dal teatro e dalle terme. Sempre al periodo romano (I secolo d.C.), risale la grande cisterna per la raccolta dell’acqua scoperta nel 1872, un edificio a pianta quadrata, 23 metri per lato, coperta con volte a crociera e divisa in sei navate.

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1337, LA PRIMA EDIFICAZIONE All’inizio del Trecento i Tarlati instaurarono una vera e propria signoria ad Arezzo. Nell’area dell’odierno Prato avevano probabilmente il loro palazzo principale, oggi scomparso. A causa delle lotte intestine, nel 1337 Arezzo fu ceduta per dieci anni ai fiorentini da Pier Saccone Tarlati. Il 20 maggio di quell’anno partirono i lavori per un grande sistema fortificato a controllo della città. Le tre strutture principali erano costituite da un circuito murario detto Cassero Grande o Cittadella, un fortilizio minore al suo interno detto Cassero Piccolo o di San Donato e il Cassero di San Clemente.

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GEOLOCALIZZAZIONE


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LA FORTEZZA DEL ‘500 Rivolte popolari e guerre con le città vicine, hanno causato demolizioni e ricostruzioni nel corso dei secoli. I resti della Fortezza oggi visibili risalgono alla metà del ‘500. Nel giugno 1534 la Repubblica di Firenze, per ordine di Cosimo I de’ Medici, inviò Antonio da Sangallo il Giovane ad Arezzo per disegnare la nuova struttura. L’architetto, autore anche di Fortezza da Basso a Firenze, sentenziò che la cittadella medievale, con tutte le sue possenti torri, i grandi palazzi, le mura, doveva essere totalmente atterrata per ridurla, testuali parole, “a piazza”. L’esigenza era quella di tenere campo libero per l’artiglieria.

i cinque bastioni

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l’epoca moderna Attività agricole, coltivazione di gelsi per bachi da seta, lanificio. Dal ‘600 in avanti la Fortezza è stata destinata a vari utilizzi e a seguito dei moti antigiacobini del Viva Maria, nell’ottobre 1800, i francesi che hanno in mano la città mettono in opera una rappresaglia che li porta a rovinare la chiesa di San Donato, a minare il Bastione di Belvedere e a danneggiare i Bastioni della Chiesa e del Soccorso. Agli inizi del ‘900 si restaurano gli edifici interni e nel 1904 viene riaperta al pubblico la Fortezza.

La Fortezza ha un perimetro pentagonale con 5 bastioni: della Diacciaia, della Spina, del Belvedere, della Chiesa e del Soccorso. La porta si trova tra il Bastione della Diacciaia a sinistra e della Spina a destra. Era provvista di ponte levatoio che bypassava un fossato profondo circa 7 metri. Un secondo ponte levatoio si trovava dall’altra parte, per accedere alla Porta del Soccorso. Il Bastione della Spina è il più imponente, perché allungato e appuntito verso la città, gesto simbolico di ammonimento dei fiorentini verso gli aretini. Il Bastione della Diacciaia è considerato il più bello. Sui fianchi si osservano due bocche di fuoco. Importantissimo anche dal punto di vista archeologico, visto che gli scavi condotti al suo interno nel 1991 hanno portato alla scoperta di Porta Sant’Angelo (1317), l’unica intatta della cinta tarlatesca, e della statua di San Michele Arcangelo.


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finanziamenti e restauro Diecimila metri quadrati di estensione, mura con uno sviluppo lineare di 700 metri e un’altezza che varia tra i 10 e i 12 metri. I lavori di restauro degli ultimi anni sono stati molto complessi dal punto di vista tecnico con indagini preliminari, messa in sicurezza, puliture, riempimenti, stuccature. Per questi interventi sono stati utilizzati 5 milioni di euro di finanziamenti regionali grazie al Piuss, i contributi dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze (2 milioni), di Prada (200mila euro) oltre a una serie di risorse investite dall’amministrazione comunale (2 milioni e 400mila euro).

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visite e turismo La Fortezza restaurata è aperta al pubblico dal martedì alla domenica e festivi, dalle ore 10 alle ore 14 (ultimo ingresso alle ore 13.30) e dalle ore 16 alle 21 (ultimo ingresso alle ore 20.30). Nei sabati della Fiera Antiquaria la chiusura serale è alle ore 22 (ultimo ingresso ore 21.30). Resta chiusa il lunedì. L’ingresso è sempre libero.

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STORIA E SVAGO C’è sempre stato qualcosa di magico in Fortezza, il fascino della storia mescolato allo svago della quotidianità, l’eco delle voci delle genti antiche sovrapposto a quelle degli abitanti di oggi, giovani e meno giovani, che nel punto più alto della città hanno vissuto momenti di studio e di relax: i concerti di sera, le mattine rubate alle ore di scuola, la movida notturna, i pomeriggi a parlare d’amore. Sotto i nostri occhi c’è la straordinaria metamorfosi di un luogo nato per sfidare l’orgoglio degli aretini e di cui gli aretini, finalmente, si sono riappropriati per intero.

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polarius78 Arezzo, Italy

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_fede_fc_ La Verna

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roxyfoto2016 Piazza San Domenico

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Il profilo @upmagazinearezzo ha raggiunto in pochissimo tempo oltre 600 follower e puntiamo a diventare sempre di più! Per ringraziarvi, oltre a pubblicare sul magazine gli scatti più suggestivi degli utenti che ci seguono, condividiamo settimanalmente le foto “SCELTE PER VOI” tra quelle pubblicate con l’hashtag #upmagarezzo. Le sorprese che noi di Up e la community @igersarezzo abbiamo in serbo per voi sono tantissime. Seguiteci, ne vedrete delle belle! DI MATILDE BANDERA

basketcityit Piazza Sant’Agostino

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antoniocittadini Piazza Guido Monaco 7 Arezzo

giubonco Piazza Grande Arezzo

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massimotabella Piazza Grande Arezzo

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claudioperuzzi63 Il Prato Di Arezzo

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na città, tante emozioni da condividere: questo è il nostro modo di vedere Arezzo ed è così che vogliamo rappresentarla su Up Magazine tramite i vostri scatti. Instagram permette di viaggiare in tutto il mondo, portando tra le mani instantanee di luoghi sparsi in ogni parte del pianeta, e rappresenta un potentissimo mezzo di promozione del territorio. Basta selezionare le foto per geolocalizzazione, per accorgersi di quanta bellezza abbiamo a portata di mano ad Arezzo. Ognuno di noi interpreta questa risorsa in modo del tutto personale, focalizzando la propria attenzione su dettagli sempre diversi. Spinti dalla voglia di condividere il fascino dei nostri luoghi con chi è alla ricerca di bei posti da visitare e di paesaggi mozzafiato da immortalare, vi invitiamo ad usare Instagram per postare le foto più rappresentative di Arezzo, offrendo a tutti l’opportunità di rivivere le vostre emozioni in un clic. Vi ricordiamo di taggare le foto con #upmagarezzo e #igersarezzo. Le più significative verranno pubblicate sul prossimo numero di Up Magazine!

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sabrina_pezzoli Piazza Grande Arezzo



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UP ECCELLENZE

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cnc racing

“la crisi ci ha rimesso in moto” A RR I VA R E I N FO ND O A L R E T TILIN EO E R E N DER SI CO N TO CHE DAVANTI N ON C ’ È P I Ù NI E NT E . E ’ I N QUE L MO MEN TO CHE BISO GN A TO R N ARE INDIETRO, PRE N D E R E U N’A LT R A ST R ADA E ACCELER AR E . MICA FACILE , SE IN BALLO C I S ON O I L T U O F U T U R O E I TUO I SO LDI. MA È PR O PR IO Q UESTA LA STORIA DI CN C R AC I NG , U N M A R CHIO AI V E RTICI MO N DIALI N E L ME R C ATO DELLA COMP ON E NT I ST I C A P E R L E D UE R UOTE . UN ’AZIEN DA MO DELLO CH E HA SAPUTO R E I NV E NTA R S I CON IN GEGN O Q UA N DO IL SE T TO R E O RAFO È A NDATO I N F L E S S I O N E. B A SE O PER ATIVA : P O N TE ALLA CHIASSA DI ANDREA AVATO

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2015 - Yonny Hernandez e Danilo Petrucci, piloti Pramac Racing Ducati

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uccede che arrivi a un certo punto e senti dentro che devi cambiare. Un po’ per scelta, un po’ per necessità. Devi prendere un’altra strada perché quella vecchia ti ha portato in fondo al rettilineo e davanti non c’è più niente. Allora bisogna tornare indietro, affrontare curve diverse e dare gas senza paura. Facile a dirsi, meno a farsi, specie se in ballo ci sono il tuo futuro e i tuoi soldi. Ma succede che quello sia l’unico modo per proseguire e darsi un senso. Quindi va fatto, va trovato il sistema giusto, studiata la soluzione migliore, ma va fatto. A Ponte alla Chiassa, nel 2008, la Sefo operava nel settore della tornitura e fresatura metalmeccanica di precisione. Lavoro per conto terzi. Si era allargata al packaging e all’imballaggio, ma soprattutto produceva macchine per le catene orafe. Era un’azienda a conduzione familiare, una decina di persone in tutto, fondata nel 1995 da Dario Secondini e Franco Fornaini, amici fin da quando avevano i calzoni corti e scorrazzavano tra Pratantico e Castelluccio. Poi si sono sposati due sorelle gemelle e hanno intrecciato definitivamente le loro vite. La Sefo andava ma non come prima. La crisi si faceva sentire, il comparto non tirava più come nel periodo del boom. Come tante altre realtà imprenditoriali simili, era arrivata al bivio: raschiare il fondo del barile o reinventarsi.

In certi casi, la passione diventa una risorsa speciale. Dario e Franco erano innamorati delle moto. In sella a due ruote avevano trascorso i loro momenti più belli, da giovani e da adulti, e se proprio dovevano andare a battere la testa da qualche parte, perché non lì? Almeno sapevano di cosa si trattava e il know how ce l’avevano nel dna. Oltretutto da tre anni in azienda era entrato anche Luca, figlio di Franco e nipote di Dario, fresco di diploma da perito meccanico. E lui, con l’entusiasmo della gioventù, caldeggiò la decisione di svoltare. Quel giorno nacque Cnc Racing. Oggi è un brand registrato in tutto il mondo, all’epoca un’idea affascinante ma dai contorni indefiniti, da sviluppare senza sapere se avrebbe avuto successo. L’intuizione si è rivelata felice. Anzi, di più. I dipendenti sono raddoppiati, dieci di loro lavorano solo per Cnc: operai, responsabili del magazzino, progettisti, ingegneri. Pensano e mettono mano all’alluminio e al titanio. Da Ponte alla Chiassa escono accessori e componentistica meccanica per il telaio delle moto. E che moto... Con quelle marchiate Ducati e


più alti in assoluto, perché lavoriamo tutto internamente. Ma il mercato lo abbiamo conquistato così’’. Cnc ha base a Ponte alla Chiassa e distributori sparsi ovunque, dalla Spagna alle Mauritius, dalla Nuova Zelanda al Sudafrica. L’azienda segue una filosofia semplice ma redditizia: “Se abbiamo dieci, spendiamo nove. Non di più. Niente banche: poco tempo fa abbiamo rinunciato a un lavoro da molte centinaia di migliaia di euro all’anno per non prendere finanziamenti. Andiamo avanti soltanto con il prepagato, quasi esclusivamente dall’estero, e non facciamo vendita diretta online. Molti ci considerano una mosca bianca. Quando ci buttammo in questo settore, l’opinione comune era che avremmo fatto flop. Troppa concorrenza. Invece abbiamo sfruttato la meccanica di precisione delle aziende come la Sefo: le macchine

Cnc ha base a Ponte alla Chiassa e distributori sparsi ovunque, dalla Spagna alle Mauritius, dalla Nuova Zelanda al Sudafrica

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Mv Agusta ormai il legame è solido, nato anche grazie a quel refolo di fortuna che serve sempre. “Era il 2011 e ci eravamo rimessi in gioco, ripartendo da zero - racconta Luca, che rappresenta la seconda generazione dell’azienda. Sponsorizzammo Althea Racing, un team privato che correva per Ducati nel mondiale superbike e superstock. Un investimento pesante, ma azzeccato. Carlos Checa, che aveva quasi quarant’anni, vinse il titolo iridato sovvertendo i pronostici. Da lì è cambiato tutto. La prima volta che abbiamo partecipato ad Eicma, il salone internazionale della moto a Milano, avevamo uno stand preallestito di sedici metri quadrati. Adesso ne mettiamo in piedi uno di centocinquanta. Contatti e contratti sono nati grazie alla pubblicità e alla qualità dei prodotti, che hanno standard elevati di efficienza e stile. I nostri prezzi sono i


Franco e Luca Fornaini con Dario Secondini, titolari di Sefo e Cnc Racing

Questa città ha margini di crescita incredibili, e anche potenzialità inespresse orafe sono tra le più difficili da costruire e questo ci ha aiutato”. Mentre Luca racconta e spiega, Dario e Franco fanno capolino a intervalli regolari e ascoltano compiaciuti. E’ come se ogni volta riavvolgessero il nastro del tempo, del loro tempo. Poi uno squillo di telefono e una voce dal capannone li riporta alla quotidianità. Cnc ha rapporti strettissimi di collaborazione, anche in cobranding, con Pramac Racing, team di MotoGp. “Ci siamo guadagnati la leadership nel nostro mercato, che

ha regole tutte sue. Con i tempi che corrono, la moto è uno sfizio, un qualcosa in più rispetto a ciò che serve per vivere. Gli accessori per le moto, sono uno sfizio dello sfizio. Se non facessimo prodotti di qualità, tecnologici, affidabili, non arriveremmo a domani. Porto un esempio: migliaia di clienti acquistano da noi componentistica per delle Ducati che non mettono su strada. Le tengono in esposizione, qualcuno anche in salotto o alla parete di casa. E’ un settore di lusso questo e richiede un’innovazione continua”. Coinvolgente e, soprattutto, molto aretino. Perché Sefo e Cnc sono radicate nel territorio, a dispetto del trend generale e del luogo comune secondo cui bisogna uscire dall’Italia per fare buoni affari. “All’inizio, anziché made in Italy, sui nostri prodotti scrivevamo made

in Tuscany. Quando dico dove lavoriamo, negli altri scorgo spesso uno sguardo di ammirazione e invidia. Noi siamo nati ad Arezzo e ad Arezzo restiamo, anche se ovviamente guardiamo ovunque nel mondo. Siamo ancora una famiglia, tant’è che i ruoli nevralgici dell’azienda fanno capo a mio padre, a mio zio e a mia cugina. Questa città ha margini di crescita incredibili, è innegabile, e anche potenzialità inespresse. Noi cerchiamo di premiare i ragazzi che escono dalle scuole, assumiamo quasi solo gente del posto, organizziamo stage con l’istituto Margaritone e l’istituto tecnico industriale. Tutti dicono che è necessario valorizzare il territorio ma poi in tanti, alla prima opportunità, scappano. A noi invece piace innovare e piace farlo a casa nostra”.


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UP PEOPLE

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nel cuore della città P UN TA R E S U L L’AT T R AT T I V ITÀ D I AR E Z ZO QUAND O LO FAC E VANO I N P O CHI E T RAS FO R M A R E L A P RO P R IA C ASA IN U N B&B AM ATISSIM O IN PIE N O CEN TRO STORICO, A D U N PA S S O DAL D U OM O E DA PIAZ Z A GR AND E . B ARB ARA LANCINI H A P R ECO R S O I T E M P I ED È STATA TR A I PIONIE R I D I U N NU OVO S I STEMA D ’ACCOGLIE NZ A PE R I TU R ISTI

ome spesso accade, da una scelta sofferta e difficile è nata una storia imprenditoriale di successo, che ha aperto la strada ad un nuovo modo di fare accoglienza. Barbara Lancini, proprietaria e gerente insieme alla propria famiglia di Antiche Mura, uno dei primi Bed&Breakfast aperti in città, sta per celebrare un importante anniversario con uno stato d’animo che mixa orgoglio ed emozione, quello dei dieci anni di attività. Oggi che Airbnb, il portale dedicato alla ricerca di alloggi a breve termine, è lo strumento con cui molti di noi pianificano le proprie vacanze, è facile pensare di aprire un B&B. Ma nei primi anni 2000 solo l’idea di realizzare una struttura ricettiva alternativa al classico hotel sembrava un’avventura. Come ha preso vita l’idea di Antiche Mura? Prima di tutto per il grande amore verso Arezzo e la sua parte storica. La mia famiglia vive da sempre in centro ed io sono nata e cresciuta nella casa che oggi ospita il B&B. Riconoscere il fascino e la bellezza di questi luoghi mi ha spinto ad avere fiducia nel fatto che anche il turista o il visitatore occasionale potesse rimanerne colpito. Il costante incremento di chi apprezza la nostra città e torna a visitarla, non fa che consolidare questa mia convinzione. C’è stato un momento particolare che ha dato inizio a questa avventura imprenditoriale? Dopo la scomparsa delle amatissime zie Italia e Paolina, che abitavano il primo piano della palazzina dove oggi c’è il B&B, la mia famiglia si è trovata davanti ad una scelta importante: vendere un immobile molto richiesto e per il quale si erano già concretizzate delle offerte interessanti oppure seguire il cuore, rimanendo ad abitare in questa casa e nel centro storico di Arezzo. Oggi posso dire con orgoglio che aver seguito la

passione si è dimostrata la scelta vincente. La soddisfazione più grande, in questi anni di attività, qual è stata? Quella che ripaga dei sacrifici, è veder riconosciuto l’impegno e la cura che quotidianamente dedichiamo a chi soggiorna da noi, perché possa sentirsi coccolato come a casa propria. E poi accogliere ospiti da tutto il mondo permette di conoscere così tante storie e abitudini e modi di vivere diversi, che sembra di viaggiare anche senza muoversi da qui. Come è cambiata l’utenza turistica in questi anni? Di sicuro è aumentato il numero dei turisti che conoscono ed apprezzano la nostra città. Molti dei nostri ospiti ci dicono di preferirla a città vicine e più visitate come Firenze o Siena: la trovano più genuina, più fedele ad una certa idea di Toscana e più a misura d’uomo. La tua sensibilità di donna quanto e come ha influenzato l’attività? La femminilità è molto presente nelle scelte di stile dell’arredamento e della personalizzazione delle camere. Ognuna delle stanze è dedicata ad una donna speciale: Artemisia, in onore della pittrice Gentileschi; Marilyn, da sempre icona della femminilità, non solo al cinema; Clarissa, la signora Dalloway del libro di Virgina Woolf; Holly, come la dolcissima attrice Audrey Hepburn nel film Colazione da Tiffany; Emma, l’eroina del romanzo Madame Bovary di Flaubert; infine la nostra nobile Matilde, in onore di Matilde di Canossa, duchessa di Toscana. Niente di tutto questo, però, sarebbe stato possibile senza il contributo di mamma Grazia, papà Giovanni e mio fratello Patrizio. Ognuno di noi, con le proprie attitudini e capacità, dà il massimo ogni giorno perché questa avventura prosegua nel futuro. Lavorare insieme è uno dei privilegi di questo lavoro ed è bello condividere difficoltà e gioie con le persone che ami di più.

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DI CRISTIANO STOCCHI


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Quella svolta nella mia vita

FRA NCE SC A P R O S P E R I H A STU D IATO GIU R ISPR U D E NZ A, P OI HA C A MBI ATO ROT TA P ER U N R I C H I A M O D E L C U OR E . DAL 2 007 SI OCC U PA D I NU M E R I NE LL’AZI EN DA DI FA MIG L IA , CH E DA Q UA R A N T ’ANNI HA SE D E A M ONTAGNANO E OPE RA N EL S ET TO RE DEL L’A L L E ST I M E N TO P E R V EICOLI D I TR ASP ORTO PU BBLICO E PR IVATO. “ VO RREI MET T ERE A F R U T TO I L P E RCO R SO ACC AD E M ICO. M A DA M IO PAD R E E DALL’AT TI VI TÀ C H E P O RT I A M O AVANTI, NON P OTR E I STACC AR M I M AI”

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DI MATILDE BANDERA

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rescere in una famiglia di imprenditori affermati non poteva non lasciare il segno: sedersi a tavola ogni giorno e sentir parlare di lavoro, progetti e strategie ha marchiato a fuoco la carriera di Francesca, deviandola dal percorso stabilito. Sì, perché dopo aver completato gli studi in giurisprudenza ed essere diventata avvocato, ha convissuto con la sensazione di trovarsi in prestito altrove. E ha imboccato la strada che non avrebbe pensato, decidendo di seguire il cuore e dedicarsi all’azienda che da oltre quarant’anni si occupa di allestimento per veicoli di trasporto pubblico e privato. Una solida realtà industriale a pochi chilometri da Arezzo, estesa su una superficie di ventimila metri quadrati. Per Francesca, un’esperienza molto più stimolante e all’altezza delle sue aspettative professionali. ‘’Ho cambiato rotta nel 2007. Il mio ingresso è stato molto naturale: sono arrivata dopo altre esperienze lavorative, per sostituire una persona in amministrazione. Ho dovuto studiare, imparare a tenere la contabilità e occuparmi dei bilanci, attività completamente estranee al mio percorso accademico”. Da Prosperi Bus a Prosperi Special Mobility. Di cose in questi anni ne sono cambiate molte. “Mio padre di tanto in tanto ci ricorda come il lavoro, una volta, fosse più genuino, impostato sui rapporti umani. Si stringevano accordi fondati sul rispetto reciproco e la fiducia, le strette di mano avevano un valore tangibile. Oggi le relazioni tra collaboratori sono più sterili e impersonali, ci si affida a gare d’appalto in cui a vincere è quasi sempre chi gioca al ribasso. Per dare all’azienda più occasioni di business, all’inizio di quest’anno abbiamo deciso di intraprendere una nuova sfida imprenditoriale,

ampliando la nostra offerta: con il know how acquisito e con il capitale umano a disposizione, abbiamo deciso di sviluppare ulteriormente il nostro grado di specializzazione. Gli autobus si fanno a mano oggi come si facevano una volta e l’artigianalità di questo lavoro consente di raggiungere livelli di personalizzazione infiniti. Prosperi Special Mobility allestisce ambulanze, veicoli sanitari, auto mediche, veicoli per disabili, furgoni per trasporto alimentari e medicinali, furgoni frigoriferi, mezzi con pedane per disabili, scuolabus con la precisione e la competenza che ci hanno sempre contraddistinti”. Nuova specializzazione significa anche nuovi potenziali clienti e prospettive interessanti di sviluppo. “A molti sembra strano che a Montagnano ci sia un’azienda di questo tipo. E invece il nostro legame con il territorio, da un punto di vista affettivo, è fortissimo. Il nuovo core business di PSM ci permette poi di rivolgerci a committenti completamente diversi: abbiamo iniziato a lavorare per associazioni come la Croce Bianca, la Misericordia, oltre che clienti privati. Però, sul piano personale, ho la sensazione di aver lasciato qualcosa di incompiuto: un giorno potrei tornare al mestiere di avvocato e magari continuare a lavorare come consulente per l’azienda. Mi piacerebbe mettere a frutto gli studi per realizzare qualcosa di mio, ma senza distaccarmi completamente dall’attività di famiglia: devo tanto a mio padre e vorrei averlo sempre vicino, come una sorta di guida spirituale. Non è facile gestire il rapporto con i figli sul luogo di lavoro, però ancora oggi, nonostante abbia un mio punto di vista personale sulle cose e abbia acquisito una certa esperienza, non potrei fare a meno dei suoi consigli. Come genitore e come titolare”.


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RESPIRANDO il SARACINO DI CHIARA CALCAGNO

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CO LO R I, SUONI, EMOZIONI DI UNA GIORNATA SPECIALE. DAL COLP O DI MO RTAIO C HE SVEGLIA LA CIT TÀ AL PROFUMO A N TICO DELLA SFIDA. O GNI SGUARDO, UN PE N SIERO. OGNI GESTO, UN A PA R OLA. IL FASC INO DI UN’ATMOSFERA C HE APPARTIENE AD AREZZO E ALLA SUA GENTE


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E piazza Grande, madre e regina, è pronta ad accogliere e avvolgere il suo popolo. Cavalli, cavalieri, musici, dame, paggetti, balestrieri. I vessilli si stagliano nel cielo dipingendolo di storia.

I

l colpo di mortaio sveglia la città. Nell’aria il profumo antico della sfida, di piazza Grande sporcata di terra, di bandiere vissute strette nel pugno. Nella bocca ancora il sapore di baldoria della notte precedente. E’ il giorno del Saracino. Oggi si corre Giostra. Sensazioni ed emozioni si inseguono per le vie del centro storico, si ripetono come in un copione rassicurante, dal finale però sempre sconosciuto. Il gusto dell’attesa, della tensione. Chiudere gli occhi e assaggiare ogni istante. Una bambina fa volare il suo fazzoletto. I raggi del sole trafiggono lo stendardo mentre chiarine e tamburi dettano il ritmo della giornata. Il ritrovo è sempre lo stesso, gli amici quelli di una vita. Il quartiere è un modo di crescere, di vivere, di essere, di ragionare. E’ un modo di piangere, di ridere, di abbracciarsi, di stringere una mano. Impossibile spiegarlo a chi non c’è nato. Ogni sguardo, un pensiero. Ogni gesto, una parola. La folla colorata, rumorosa risale corso Italia accompagnando il solenne corteo.

E piazza Grande, madre e regina, è pronta ad accogliere e avvolgere il suo popolo. Cavalli, cavalieri, musici, dame, paggetti, balestrieri. I vessilli si stagliano nel cielo dipingendolo di storia. I cori duellano, gli inni si sovrappongono. Gli aretini si fanno da parte godendosi, orgogliosi, gli sguardi ammaliati, entusiasti di turisti ormai rapiti. All’ombra della tribuna una mano accarezza il cavallo, la fronte appoggiata sulla folta criniera. Dialoghi muti carichi di passione. Poi la voce dell’araldo scandisce le parole della disfida. “Non più d'usati onori aure cortesi / spingon, o Castro, il piede a' tuoi contorni”. La piazza tace, i battiti del cuore sostituiscono i tamburi. Gli occhi fissi sulla lizza, desideri e speranze a sostenere il braccio robusto del cavaliere che afferra la lancia. Da adesso la Giostra torna prepotentemente ad essere di Arezzo e della sua gente. “Non più parole, omai, vo' vendicarmi: al campo! Alla battaglia! All'armi! All'armi!”


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podere pomaio Artigianale e sostenibile, lontano dalle eno-mode

U N A C A N T I N A S P L E N D I DA , C H E S EG U E I C R I T E R I D E L L A B I O A R C H I T E T T U R A . V I N I E M OZ I O N A N T I C H E P R O C E D O N O P E R S OT T R A Z I O N E , I N T E R P R E TA N D O C O N E L E G A N Z A U N T E R R I T O R I O V O C AT O . E C C O P O D E R E P O M A I O : U N M I C R O C O S M O A L L E P O RT E D I A R E Z ZO, A P E RTO A L L E V I S I T E E I N C U B AT O R E D E L # T H I N KG R E E N . A S V E L A R N E I S E G R E T I S O N O I F R AT E L L I I A C O P O E M A R C O R O S S I , C H E P U N TA N O T U T T O S U L L A Q U A L I TÀ D E I P R O D O T T I , R E C I TA N D O I L M A N T R A D E L L E Q U AT T R O R : “ R I D U C I , R I U S A , R I C I C L A , R I P E N S A” 33 \ UP MAGAZINE AREZZO \ AUTUNNO 2017

DI MATTIA CIALINI


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uando è moda è moda”, cantava polemicamente Giorgio Gaber. E quella dei vini bio (biologici, biodinamici, naturali) è oggi dilagante; piccoli e medi produttori, ma anche giganti del panorama enoico, si accostano alla tendenza del momento, che carezza le confuse idee di una platea di consumatori vasta e assetata. Ed ecco che i vignaioli più disparati, dal contadino all’industriale, si ritrovano incredibilmente tutti insieme sotto le insegne del buono, sano e artigianale. Qualità vera? Presunta? Comunque strombazzata: è il marketing, bellezza. Ma quando ancora il tema della sostenibilità percorreva sotterraneamente l’enomondo, poco fuori Arezzo, in località Pomaio, già era sgorgato. Affiorava in un podere preso da Pierferruccio Rossi nel 1991, imprenditore delle costruzioni con il pallino dell’economia green. Le produzioni: olio inizialmente; poi, negli anni, il vino, grazie all’opera dei figli Iacopo, dottore in agraria e

motore della proprietà, e Marco, specialista delle relazioni e della comunicazione. L’idea? Far vini buoni e senza artifici, in punta di piedi, con minimo impatto per natura e paesaggio. Negli anni 2000 è stata sviluppata l’idea della cantina, progettata dalla compagna di Pierferruccio, l’architetto Marisa Lo Cigno, e realizzata secondo i criteri della bioarchitettura: è stata scavata nel terreno ed edificata riutilizzando i massi ciclopici emersi. Un gioiello incastonato tra la città e l’Alpe di Poti, inserito nel circuito Toscana Wine Architecture, che seleziona le quattordici più belle cantine di architettura moderna della regione Toscana, tra cui templi del vino progettati da Tobia Scarpa, Renzo Piano e Mario Botta. “La nostra, tra le quattordici, è certamente la più piccola – sorride Marco Rossi –, costruita sulle fondamenta dell’efficienza energetica e della sostenibilità: sfruttiamo la geotermia, le emissioni sono limitate. Gironzolando nella proprietà, si potrà osservare che non esistono cavi sospesi.

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i nostri vini provengono da agricoltura biologica certificata e, senza entrare nel ginepraio della naturalità, ci piace definirci produttori sostenibili. Il “Ri-pensa”, imperativo aziendale relativo alle pratiche da seguire, è la quarta “R” che si aggiunge a “Ri-duci, Ri-usa, Ri-cicla”, mantra della filosofia ThinkGreen che impregna i 23 ettari di proprietà (di cui tre destinati ai vigneti). “La qualità della produzione dell’uva, in questa zona, è testimoniata da tempo – spiega Iacopo Rossi. Il toponimo Pomaio deriva da Pomarium, ovvero frutteto in latino. Al momento dell’acquisto, c’erano uliveti, da cui tutt’ora ricaviamo il nostro olio. Nel 2001 è nato l’agriturismo e nel 2004 sono stati impiantati i primi filari, sangiovese per lo più.

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Strutture e arredi, per forme e colori, devono inserirsi in un contesto naturale, rispettandolo. Non solo, i nostri vini provengono da agricoltura biologica certificata e, senza entrare nel ginepraio della naturalità, ci piace definirci produttori sostenibili. Pochi gli ingredienti oltre l’uva e pochi solfiti aggiunti. Da un paio di anni facciamo parte dei Vignaioli indipendenti, associazione tra produttori che curano tutta la filiera dalla vigna all’imbottigliamento, passando per la vinificazione. Ogni anno facciamo uscire 15-18mila bottiglie, non di più, curandone ogni dettaglio”.


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A cavallo tra il 2009 e il 2010 è stata terminata la costruzione della cantina e la vendemmia del battesimo è il 2010. Nel 2016 abbiamo ultimato il recupero di altre due strutture ricettive, oggi possiamo contare su venticinque posti letto in due case coloniche, ciascuna con la propria piscina a disposizione degli ospiti. I visitatori? Molti connazionali tra l’autunno e l’inverno, in primavera ed estate sono di più gli stranieri. La cantina è aperta alle degustazioni e alle visite su prenotazione e spero che sempre più aretini vengano a visitarci per fare un’esperienza di wine tasting & tour. Da quest’anno le etichette di Podere Pomaio sono sei, la novità è un vino ottenuto da una fermentazione spontanea del millesimo 2014, fa parte di una linea che si chiama Origini: solo lieviti indigeni, fermentazione in acciaio, 100% sangiovese. Ci sono poi le certezze consolidate; il rosato Rosantico, ottenuto da uve sangiovese, fermentazione a temperatura controllata con mosto a contatto con le bucce solo per poche ore. Il rosso Igt Toscana Pomaio è un vino semplice e immediato. Il Chianti Docg ha una piccola quota di merlot (10%) che si aggiunge al sangiovese. E poi il grande Porsenna, che fa un passaggio in botti di rovere e castagno, nel rispetto della tradizione toscana. L’annata 2011 è stata selezionata da Andrea Galanti, miglior sommelier d’Italia Ais 2016, tra le dieci più interessanti

della regione, in compagnia di un mostro sacro come il Masseto della tenuta dell’Ornellaia, oppure Castello di Ama e Paleo Le Macchiole. Chiude la gamma il Clante, Merlot in purezza, frutto di una coltivazione ad alberello. Una pianta produce una bottiglia, a volte di meno. Al pari del Porsenna, esce soltanto nelle annate migliori. Per la vendemmia 2014 sono state etichettate 634 bottiglie di Clante, una rarità di montagna. A due passi da Arezzo.

podere pomaio è inserito nel circuito Toscana Wine Architecture, che seleziona le quattordici più belle cantine di architettura moderna della regione


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Il Canto dei Bacci 38

L’A N G O L O T R A C O R S O I TA L I A E V I A C AV O U R È C O N S I D E R AT O “ L’ O M B E L I C O D I A R E Z Z O ” . G L I S P L E N D I D I P A L A Z Z I C I R C O S TA N T I R A P P R E S E N TA N O D A S E C O L I U N C R O C E V I A O B B L I G AT O D I G E N T I E C O M M E R C I . E D È P R O P R I O I N Q U E S T O C A N T O N E C H E P I E R O D E L L A F R A N C E S C A S I P R E S E L’ I M P E G N O D I R E A L I Z Z A R E U N O D E I C I C L I P I T T O R I C I P I Ù B E L L I D I S E M P R E : “ L E STO R I E D E L L A V E R A C R O C E ”

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ella parte alta di Corso Italia, dove le odierne via Cavour e via Mazzini confluiscono nell’antico Borgo Maestro, una piccola lapide degli anni Trenta ricorda che ci troviamo all’altezza del Canto dei Bacci, uno dei fulcri del centro storico. Il sociologo Luigi Armandi, in una pubblicazione di qualche anno fa, lo definì a pieno titolo “ombelico di Arezzo”. L’attuale toponomastica della zona è ispirata ai grandi personaggi del Risorgimento italiano ma prima del XIX secolo erano altre le denominazioni che la connotavano. Nel Tre/Quattrocento, ad esempio, arrivati all’incrocio detto di “Ser Cambio” si poteva andare a destra in direzione di Porta Crucifera passando per la contrada “da Ser Cambio al Canto dei Perini” – in seguito contrada o via “della Madonna di Loreto” – oppure sviare a sinistra per giungere alla piazzetta di San Francesco attraversando la contrada “da Ser Cambio ai Calderai”.

DI MARCO BOTTI

Quest’ultima, nei secoli a seguire, cambiò il nome in “borgo dei Bacci” o “via dei Bacci”, dal nome di una delle più facoltose famiglie aretine del Medioevo. Erano gli stessi che commissionarono gli affreschi per la cappella maggiore della chiesa di San Francesco, iniziati nel 1447 dall’artista fiorentino Bicci di Lorenzo. La parola “canto” – abbreviazione di “cantone” – sta a indicare l’angolo tra Corso Italia e via Cavour dove si osserva ancora oggi il palazzo di origine trecentesca dei Bacci. Nel 1452, dopo la morte di Bicci di Lorenzo, proprio in questa sede Piero della Francesca stipulò il contratto per la prosecuzione dei dipinti in San Francesco, regalando ad Arezzo e all’umanità “Le storie della Vera Croce”, uno dei cicli pittorici rinascimentali più belli e importanti di sempre. Da secoli crocevia obbligato di gente e commerci, il canto è scandito, oltre che da Palazzo Bacci, anche da altri tre edifici di importanti famiglie: il dirimpettaio Palazzo de’ Giudici, risistemato nel 1862

dopo i lavori che l’anno precedente avevano portato all’allargamento di via Cavour, Palazzo Berardi sul lato opposto del Corso, appartenuto a ricchi mercanti medievali, e infine l’imponente Palazzo Bostoli, che fu l’abitazione di una delle più potenti famiglie guelfe cittadine. Su un lato di Palazzo Bostoli, il primo marzo 1857, venne inaugurato un grande esercizio commerciale che comprendeva drogheria, pasticceria, fabbrica di liquori e generi coloniali. Si chiamava “Konz, Stoppani e C.” – dal 1969 “Giacomo Konz e C.” – ma per gli aretini era semplicemente “Gli Svizzeri”, a rimarcare la provenienza dei proprietari: Giacomo Konz, Enrico Lansel, Gasparo Stoppani e Giacomo Barth. Un’ultima curiosità legata al Canto dei Bacci: nel 1794 qui e al Canto alla Croce – alla fine dell’odierna via Cavo ur – vennero posizionati due lampioni a olio. Erano i primi vagiti di un’Arezzo che, seppur ancorata al suo passato, timidamente provava ad affacciarsi alla modernità.


Nel lontano 1935, Donato Badiali fonda in Arezzo la “Tipografia Badiali”. La sede

GRAFICHE BADIALI SRL Vi a M . C u r i e , 2 - 5 2 1 0 0 A R E Z Z O ( A R ) I TA LY tecnologiche di quei tempi. Dalla stampa tipografica con caratteri mobili, alla Linotype, madre delle più moderne Tefotocomposizioni. l . + 3 9 0 5Nei 7 5primi 9 8anni 4 1’70,2Vittorio 0 Badiali, sempre attento ai cambiamenti tecnologici, fonda anche la “Litostampa Sant’Agnese”. grafichebadiali@grafichebadiali.it In questa azienda hanno visto la luce, le prime macchine da stampa offset e le prime fotocomposizioni. Neiwprimi w wanni. g’80,r agrazie f i call’incremento h e b a d idell’attività, a l i . i t è stata costruita dell’azienda era ubicata in locali posti sotto le famose Logge del Vasari, nella prestigiosa Piazza Grande. L’ attività in questi locali, ha visto il succedersi di tutte le innovazioni

la nuova sede, dove tutt’ora l’azienda opera. Da allora, l’acquisizione delle tecnologie più moderne, hanno reso la “Grafiche Badiali” azienda leader del settore, in tutta l provincia di Arezzo. I continui investimenti, ci hanno permesso, in questi ultimi anni, di portare all’interno dell’azienda, la maggior parte delle lavorazioni, a vantaggio di un maggior controllo della qualità e dei servizi offerti alla nostra clientela. Infatti, l’esperienza acquisita e tramandata in quattro generazioni, in questi 80 anni di storia, ci consente di non essere semplicemente dei fornitori, ma un vero e proprio partner. Attenti ad ogni aspetto del nostro lavoro, dal 2011 abbiamo deciso di dotarci delle certificazioni ISO 9001:2008 per la qualità dei processi aziendali ed FSC per il prodotto, prestando grande attenzione e sensibilità, alla provenienza delle materie prime. Realizziamo cataloghi, brochures e depliant con i più vari sistemi di rilegatura sia nelle

piccole che nelle grandi tirature, pieghevoli, manifesti, materiale commerciale, moduli in continuo, shoppers ed ogni tipo di packaging e gadget personalizzato, espositori e cartelli vetrina di ogni forma e formato. La nostra clientela è in genere altamente fidelizzata e distribuita in ogni settore merce-

ologico: moda e tessile, eno-gastronomico, oreficeria, imprese di servizi, arredamenti, illuminazione e molti altri. Tra i nostri clienti annoveriamo: Prada, Graziella Group, Unoaerre, Textura, AEC Illuminazione, Monnalisa, Calzaturificio Soldini, CEIA, Gruppo Bancaetruria, Scart Group, Marchesi Antinori, Nannini Bags. Nel corso del 2015, abbiamo acquistato una nuova macchina da stampa f.to 70x100, la Roland 700 Evolution, la prima di questo modello venduta in Italia, la quinta in tutta Europa. Questa macchina a 5 colori con gruppo di verniciatura, ci permetterà ancora di più di offrire quei servizi, che oggi una clientela sempre più esigente chiede. Se ci viene chiesto il perché di questo investimento così importante, in un momento di forte contrazione economica, a noi piace rispondere con un’aforisma di Albert Einstein: E’ dalla crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato.


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