NUMERO 05 estate 2018 uP luoghi anfiteatro romano UP intervista simone piccini
magazine arezzo
UP eccellenze seeley international
negrita arte, radici e rock'n' roll
06
| UP COPERTINA |
negrita
14
21
| UP LUOGHI |
| UP ECCELLENZE |
anfiteatro romano
seeley international
18 26 28
sommario | U P I N S TA G R A M |
#UPMAGAREZZO Atmosfere d'estate
| UP PEOPLE |
Luca Martini
l'uomo che fa parlare il vino
| UP PEOPLE |
silvia vanni
un guardaroba aperto con la città
30 34 38 42
| UP MEDIA |
radio fly passione in fm
| U P I N T E R V I S TA |
simone piccini
il mio viaggio in capo al mondo
| U P G U STO |
vestri
la dolce via
| U P C U R I O S I TÀ |
la hermana y la herida
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
3
| magazine arezzo Redazione e Amministrazione Atlantide Audiovisivi srl Via Einstein 16/a – Arezzo Tel. 0575 403066 www.atlantideadv.it
Anno II – N° 5 Estate 2018 Direttore Responsabile Cristiano Stocchi Vice Direttore Maurizio Gambini Redazione Andrea Avato Chiara Calcagno Mattia Cialini Matilde Bandera Marco Botti Art Director Luca Ghiori Fotografie Lorenzo Pagliai, @Negrita, Ilaria Magliocchetti, Gianluca Angioli Si ringraziano Giusi Nibbi, Luca Garrò, Cristina Piattelli, Maria Gatto, Stefano Casciu Stampa Grafiche Badiali - Arezzo
UP EDITORIALE
|
A braccetto con i cinque sensi Quarantaquattro pagine per un morbido e appagante tripudio dei sensi. La musica dei Negrita, una delle band più amate e con un dna orgogliosamente aretino, fa da colonna sonora al quinto numero di Up. Cesare, Drigo e Pau ci accompagnano con il loro inconfondibile sound alla scoperta del nuovo album, Desert Yacht Club, e ci offrono un inedito e interessante punto di vista sulla città. La nostra storia di copertina è più intrigante che mai e sembra di sentirle veramente le note di "Siamo ancora qua", il singolo che solletica le orecchie di migliaia di fans, gettonatissimo in tutte le radio. A proposito, leggetevi la storia di Giuseppe Misuri, uno che ha preso il coraggio a due mani e, seguendo la passione, oggi è l'editore di Radio Fly, l'unica emittente che trasmette in Fm nel comune di Arezzo. I cinque sensi, dicevamo. Quanto è importante il tatto per una donna che porta sottobraccio la sua borsa preferita?
Ce lo spiega Silvia Vanni, l'inventrice di "Share My Bag", una community che è un toccasana per il look. E quanto conta l'olfatto per un sommelier? Lo spiega bene Luca Martini, arrivato al top nel mondo del vino. Vi farà gola scoprire i segreti del cioccolato di Vestri in un trionfo del gusto e del sapore. Vi sembrerà di guardare gli angoli più suggestivi della Terra con gli occhi di Simone Piccini, che un bel giorno è salito su un treno ed è partito per un viaggio dell'anima durato due anni. E poi l'aretinità di Seeley portata fino a La Mecca per climatizzare centomila tende e la meraviglia dell'anfiteatro romano, uno dei luoghi più affascinanti del centro storico di Arezzo. Sarà una bella estate con Up Magazine!
Pubblicità Atlantide Audiovisivi Srl Up Magazine Arezzo è una rivista a distribuzione gratuita
In copertina I Negrita (Foto Maurizio Gambini - Atlantide Adv) Up Magazine Arezzo è stampato su carta usomano che conferisce naturalezza e stile al giornale. In questo numero per la copertina abbiamo scelto il PANTONE Red 032
Vice-direttore
maurizio gambini
Direttore responsabile
cristiano stocchi
Reg. al tribunale di Arezzo il 12/06/2017 N° 3/17
Redazione
chiara calcagno
Redazione
mattia cialini
Redazione
Andrea Avato
REDA ZIONE matilde bandera
Redazione \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
francesco fumagalli
Tipografo
lorenzo pagliai
Fotografo
marco botti
Redazione
Luca Ghiori
Art-Director
5
arezzo, ho scelto te |
6
UP COPERTINA
|
PAU, D RIG O, C E SA R E E I L S OUND DI UNA V ITA IN GIRO PE R IL MO N D O. D I EC I A L B U M DI SUCCESSO E UN P UNTO DI RIFE R I M E N TO STA B I L E : L A LORO TER R A . STOR IA , AN E D D OT I E S O G N I D E I N EG RI TA, UNA DEL L E BA ND ITALIAN E C H E P I Ù H A I N F LU ENZ ATO L A SCENA RO CK A C AVAL LO D E I D U E M I L L E N NI
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
DI MATILDE BANDERA
T
re amici, una grande passione per la musica e la capacità di conquistare il pubblico con un sound riconoscibile ma al tempo stesso in continua evoluzione, che graffia e accarezza l'anima dei fan sin dai primi anni '90. Cambio, Mama maé, Gioia Infinita, Magnolia, Radio Conga, In ogni atomo, Che rumore fa la felicità... sono solo alcuni dei loro successi. Pau, Cesare e Drigo stregano gli spettatori con live che colpiscono allo stomaco da 33 anni: già dagli esordi, sconosciuta band di provincia che si esibiva in una manciata di locali e con zero album all'attivo, i Negrita facevano
sold out ad ogni serata. Durante l'ultimo, lungo viaggio negli Stati Uniti, tra i sedili di un furgone e le cucine degli appartamenti in cui hanno soggiornato, è stato concepito Desert Yacht Club, il decimo album. I Negrita ne hanno fatta di strada in questi anni, imbarcandosi in avventure importanti per mantenere sempre vivi entusiasmo e ispirazione, ma aver gettato l'ancora nella città in cui sono cresciuti non ha impedito loro di diventare una delle rock'n'roll band più acclamate e longeve del panorama italiano. Abbiamo incontrato Pau, Cesare e Drigo nel loro quartier generale in Casentino, in un assolato pomeriggio di giugno. Tra vinili,
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
rt se t de ach ub y cl
gi o d iag a da o v utile fon orltim ti, ro gi l'u Uni na p sog cht di nte ti u a a ra Sta are d h rt Y ura to rDu gli izz an ese utt ser lifo za ti ne sorc , la b el D str l de Ca erien pun e, e s i n a e in p , s h cri ato b, un va n ree, t'es dee oni c eso o n lu ti T ues te i ozi acc ent i C a a ir q r e cr oshu Da catu d em ute strum cost del o t J . s ie p o nia ono ical com lche ann enta itola che s us un ua , h am int go o q a , o r ra i m n d u co 24 e rtun fon lbum e il l lla lo nco no d h fo le a a a a n di uito imo com via iamo il br do u me t ec rio o il "S cia an pri i d p t . n i s i s - ili o pr a da scita nnu lanc he e i ch supe iffic h a a , c d i d rin ua", rtura ggio rinta ce d i piĂš q e a g a l ap ess a la cap taco m t e s tut copr gli o s are r
7
Dall'alto: Cesare "Mac" Petricich (49), chitarra; Enrico "Drigo" Salvi (49), chitarra; Paolo "Pau" Bruni (51), voce. Notati da Fabrizio Barbacci nel 1992, i Negrita fanno parte della Universal sin dal primo album (Negrita, 1994)
Nel Desert Yacht Club ha preso forma il concetto di Kitchen Groove, un metodo di lavoro che fa a meno dello studio di registrazione per permettere a idee e ispirazioni di fluire in tempo reale, senza vincoli
“Teniamo vivo il nostro entusiasmo imbarcandoci in viaggi importanti che ci permettono di stare uniti e lavorare senza ostacoli”
8 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
cavi elettrici e scalette dei vecchi live, abbiamo allestito il set per gli scatti di copertina e poi, accomodati tra ampli e chitarre, è iniziata la nostra chiacchierata su Arezzo. "Se sei un buon manager di te stesso, con un mondo così cablato, oggi puoi fare a meno di vivere in una metropoli: abbiamo scelto di rimanere qui perché volevamo avere dei bambini e offrire loro il luogo più sano possibile in cui crescere - dice Pau. Da giovani la provincia ci stava stretta, ma quando le cose hanno iniziato a diventare grandi, abbiamo sentito l'esigenza di ricongiungerci periodicamente con la dimensione che ci ha generato. Qui ci sono le nostre radici e si propagano fin sotto terra, verso le persone che amiamo, verso le nostre tradizioni. Viaggiamo tantissimo per lavoro e quando restiamo a lungo
negli Stati Uniti o in Oriente, io avverto la mancanza di basi storiche e della mia cultura personale che identifico soprattutto con Arezzo". Drigo, fin qui attento ascoltatore, interviene e dice la sua: "Arezzo è meravigliosa, piena di risorse, di luoghi da visitare e da scoprire per i turisti. Mi dispiace vederla perdente contro città come Firenze, Siena, Perugia. Chi viene in Italia per una vacanza, di solito sceglie altri itinerari. Per avere una marcia in più, anche Arezzo dovrebbe offrire alternative al turismo ordinario, che siano un polo attrattivo per la città. Penso a grandi eventi come Lucca Summer Festival o Umbria Jazz". A questo punto chiunque abbia vissuto le emozioni di Arezzo Wave, chiunque abbia portato il proprio contributo al festival, finendo con il sentirselo "un po'
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
9
DISCOGRAFIA 1994 _ NEGRITA
1995 _ PARADISI PER ILLUSI
1997 _ XXX
1999 _ RESET
2001 _ RADIO ZOMBIE
10 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
TTI TU R E P O UN
e ". re ita sa egr a Ce N sm en u, ei pla am lla Pa er d ne inu ri de di tra ead vie ont b me ro no il "l tto o c mem ga lo , ssu è oge zat e i o le e la ra no l Ne igo pr en tr nd ga ad , so de le Dr gni influ utti e rofo li le squ tivi rio e ritua ni O e t p e re ra b l g o to e da d. Il ia ch di fa labo quili po. I di o lor to l t n z a lla a e p i ' ba mic acità re co dell l gru prim de pieg uno un a p e e e co s o è o ca ess as d no ati ha m ti, sim di lla b esso mpio lem ce l' ccia tut ttes arri- nti a c o b u ra n e ro ra c su he c è em . Pa bb ti co onn ando o p nost c e e ia t ic u m liv nion : "C o tu se c . Q , sia tta la u ì n e ro co u s co er u com ll'alt pal ere t p ' a ul d po uno o s splo l' iam r e a" v a i a f nerg e
suo", come afferma Cesare, proverà un po' di nostalgia. E forse spererà che il Mengo Music Fest, che quest'anno si è svolto per la prima volta nella magnifica cornice del Prato, riesca a mantenere una propria continuità in modo da colmare questa grande perdita. "È venuta a mancare la centralità che Arezzo ha avuto per tanti anni. Il suo vero momento d'oro è stato il periodo di Arezzo Wave: negozi, ristoranti, alberghi, ogni attività ne ha tratto giovamento. Se c'erano problemi di ordine pubblico nella struttura del campeggio, bisognava intervenire chiudendo o rendendo più
sicuro il campeggio, non facendo morire un festival con tutta quella storia". I Negrita nel futuro di Arezzo ci credono. Infatti hanno messo a punto un progetto per contribuire a vivacizzare le abitudini della città, a dare nuovi orizzonti agli aretini. "Per anni non abbiamo visto sbocchi progressisti, né abbiamo avuto l'impressione di poter immaginare un domani diverso, poi ultimamente abbiamo incrociato persone, un po' più giovani di noi, che si danno da fare come facevamo noi in passato, lavorando ad Arezzo ma con un'attitudine nazionale. Si è
2005 _ L'UOMO SOGNA DI VOLARE
2008 _ HELLDORADO
2011 _ DANNATO VIVERE
2015 _ 9
2018 _ DESERT YAcht CLUB
Da sinistra: Cesare, Giacomo Rossetti (basso), Drigo, Guglielmo Ridolfo Gagliano (tastiere), Pau e Cristiano Dalla Pellegrina (batteria)
riaccesa la fiammella della speranza", racconta Pau. Dalla sinergia con queste persone è nato il progetto per la riqualificazione dell'ex mercato ortofrutticolo di Pescaiola, ribattezzato Orto Creativo. "Abbiamo ricevuto l'invito a partecipare al bando direttamente dal Comune e lo abbiamo accolto con entusiasmo, coinvolgendo professionisti al di fuori di Arezzo come lo chef Alessandro Borghese. Con l'obiettivo di dare una scossa culturale e sociale alla città, avevamo pensato alla realizzazione di una struttura organica dedicata alla musica,
ma non solo. La nostra intenzione era quella di dare spazio all'arte in tutte le sue forme, ospitando fotografi, pittori, stilisti". Conciliare cuore e ragione, arte e politica, però, non è facile e il progetto, nonostante abbia vinto il bando di interesse e ricevuto complimenti da parte dei perdenti, non è stato sposato fino in fondo dalla giunta. "Noi lavoriamo di sogni, le amministrazioni di marciapiedi. Sono due linguaggi completamente diversi, e avere come riferimento soltanto i soldi produce una desertificazione culturale e strutturale, quella che stiamo vivendo
in tutta Italia oggi, non solo ad Arezzo". Offrire alla città un polo culturale così affascinante, avrebbe reso orgogliosi Pau, Cesare e Drigo. Anche perché loro vivono il mondo dell'arte in tutte le sue forme, ciascuno con le proprie peculiarità. Cesare viene definito un "professore delle arti minori" da Pau e Drigo: è lui ad essere consultato per risolvere problemi di qualsiasi natura. Ha realizzato la copertina e il booklet di Helldorado, raduna la band in cucina intorno ai suoi piatti, sa mettere le mani dappertutto. "Ho un approccio razionale alle cose"
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
11
“Avere come riferimento soltanto i soldi produce la desertificazione culturale e strutturale che stiamo vivendo in tutta Italia”
12 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
dice "e abituare te stesso ad ascoltare la musica con un certo orecchio influisce su tutti gli altri sensi. Le sensazioni che assorbo quando guardo un film, leggo un libro o visito una mostra, possono influenzare il lavoro che sto facendo nel mio campo". Il percorso di studi all'istituto arte e architettura ha indirizzato Pau sin da giovanissimo verso l'arte figurativa e la grafica. "Poi ho preferito fare musica, la ritengo da sempre il mezzo più consono per esprimermi. Mia figlia invece è una fanatica della danza classica e mi porta nei grandi teatri italiani a vedere i migliori ballerini del mondo". "Pau è anche un grande entertainer, crea situazioni. Durante i suoi dj set possono accadere le cose più inaspettate, salgono sul palco altri musicisti, sono vere e proprie performance artistiche", ci racconta Drigo, che invece disegna. Usa bombolette spray, matite, pennarelli. "Da bambino sognavo
di diventare un pittore, ma non ho una preparazione accademica. Ho usato il disegno come mezzo per manifestare il mio entusiasmo nei confronti di tutto ciò che vedevo. Ero introverso, osservavo e, non avendo con me una macchina fotografica, disegnavo". Ci racconta di quando, rannicchiato in un angolo di Lapa, a Rio de Janeiro, "ha rischiato una pallottola" mentre ritraeva soggetti poco raccomandabili. Prima di salutarci, chiediamo ai Negrita i luoghi a cui sono maggiormente legati. Non hanno alcun dubbio: le magiche atmosfere del Prato e della Fortezza
li aiutano a rimettere in ordine lo spirito, l'anima e le idee. Dopo aver "rotolato verso Sud" alla scoperta del mondo e di nuovi orizzonti musicali, dopo aver guardato in milioni di occhi, il bisogno di tornare dove sono fissati gli ormeggi diventa forte. Ecco che il contatto con il verde del Casentino si fa intimo e profondo, ecco che le passeggiate in Corso Italia, nella zona di via Sassoverde e della Chiesa di San Domenico acquistano un valore inestimabile. Perché la storia che Pau, Cesare e Drigo hanno tatuata in fondo all'anima è iniziata proprio qui.
DESIGN / ATLANTIDE ADV
HOSTESS STEWARD MODELS EVENTS SHOOTING
MODE DI VANIA ZACCHEI P. Z Z A S A N M I C H E L E , 2 AREZZO W W W. A G E N Z I A M O D E . I T
|
UP LUOGHI
|
L'anfiteatro romano
N E L C U O R E D I A R E Z ZO SI NA SCONDE L'OP ER A P IÙ R A P P R ESENTATIVA D E L P E R I O D O RO M A NO: L'A NF ITEATRO. CON UN'A R ENA DI P OCO I N F E R I O R E A Q U EL L A DEL COLO SSEO, UN TEM P O OSP ITAVA C I RC A T R E D I C I M I L A P ER SONE A SEDER E CHE ACCO R R EVA NO PER A S S I ST E R E A I LU D I GL A DIATOR I. A DIACENTE A L L A STR UT TURA, OG G I S I T ROVA I L M U SEO A RCHEOLO GICO GA IO CIL NIO M EC ENATE DI MARCO BOTTI
14 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
A sud del centro storico, con l’entrata principale da via Crispi e secondaria da via Margaritone, ancora oggi si ammirano i resti del grande Anfiteatro di Arezzo. Nonostante sia ormai ridotto a suggestivo rudere, esso rappresenta l’elemento più espressivo del periodo romano e, assieme all’adiacente Museo Archeologico Nazionale “Gaio Cilnio Mecenate”, una tappa immancabile per chi visita la città, alla scoperta dei tanti tesori che custodisce.
Tra la fine del I secolo e i primi decenni del II secolo d.C. Arezzo era ancora un fiorente municipio, anche se lo sviluppo economico e sociale che l’aveva contraddistinta nel periodo augusteo, grazie al ruolo centrale nella produzione della terracotta sigillata, stava segnando il passo a vantaggio delle fabbriche nelle province galliche e africane. Eravamo in piena età adrianea e, grazie a ricchezza e sicurezza provenienti dalle conquiste dell’impero e dal consolida-
mento dei confini, nelle principali città sorgevano grandi infrastrutture ma pure edifici pubblici per il divertimento e il tempo libero. Gli antichi romani la sapevano lunga e quando ci fu da scegliere la zona dove realizzare l’anfiteatro aretino, essi optarono per un sito a valle del centro, facilmente raggiungibile anche dalle zone suburbane e prossimo a un complesso termale e un ninfeo.
15 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
geolocalizzazione
Un anfiteatro per Arretium
Una vista mozzafiato di Arezzo catturata con il drone da Gianluca Angioli, videomaker di Atlantide ADV
Nell’arena si svolgevano i ludi gladiatori
16 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
L’anfiteatro di Arezzo si sviluppava su tre piani. Le sue dimensioni complessive erano notevoli, 122 x 92 metri circa, con un’arena di poco inferiore a quella del Colosseo. Era realizzato con materiali eterogenei come laterizi, pietra arenaria, travertino e calcestruzzo, con quattro ingressi dall’esterno, tre ambulacri concentrici, ovvero i corridoi coperti, e sedici vomitoria, che servivano ad accedere alle gradinate oppure a defluire senza creare problemi di ordine pubblico. Si stima che l’edificio potesse contenere circa tredicimila persone a sedere, capienza che lo poneva tra gli anfiteatri principali dell’Etruria. Al suo interno si svolgevano spettacoli come i ludi gladiatori, spesso preceduti da rappresentazioni di caccia, numeri circensi con animali ammaestrati e lotte tra uomini e fiere. Tutto finì con l’affermazione del Cristianesimo, quando queste manifestazioni vennero messe sotto accusa. Fu così che nel 404 d.C. l’imperatore Onorio le abolì definitivamente.
La nascita del monastero olivetano Conclusa l’epoca di panem et circenses, come avrebbe detto Giovenale, alla pari delle altre arene anche quella aretina cadde in disuso. Già nel periodo barbarico iniziò da una parte lo smantellamento e dall’altra il progressivo interramento, causato dalle esondazioni del Castro. Nell’Alto Medioevo divenne sepolcreto e poi luogo di prostituzione. Lo stesso Carlo Magno cercò di porre fine a questa seconda vocazione, donando l’area alla Chiesa aretina. Seguirono altri passaggi di proprietà, finché nei primi anni Trenta del XIV secolo l’ex anfiteatro passò dagli Azzi al
senese Bernardo Tolomei, che nel 1319 aveva ricevuto il consenso del vescovo Guido Tarlati a fondare la congregazione benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto, nei pressi di Asciano, allora all’interno della diocesi di Arezzo. Gli olivetani usufruirono delle costruzioni sul lato meridionale per poggiare il loro monastero. Questo atto permise la conservazione di parte dell’ellisse sino al secondo ordine di gallerie, come si può notare ancora oggi all’interno del Museo Archeologico. Per l’innalzamento del complesso religioso, l’anfiteatro subì tuttavia nuove spoliazioni che proseguirono – pensate un po’ – fino alla prima metà dell’Ottocento.
L'epoca moderna e una nuova valorizzazione Negli anni Ottanta del XVIII secolo, dopo una permanenza di oltre quattro secoli, il granduca Pietro Leopoldo ordinò il trasferimento dei monaci e così l’immobile che li aveva ospitati cambiò destinazione, divenendo sede dell’Accademia Ecclesiastica. Con le soppressioni sabaude degli ordini religiosi del 1866, la zona entrò a far parte del demanio statale. Nel biennio 1914-15 la Brigata Aretina degli Amici dei Monumenti promosse alcune indagini del sito. Tra il 1925 e il 1926 partirono più consistenti lavori di scavo, che riportarono alla luce i resti dell’antico edificio per i giochi e liberarono gli ambulacri celati sotto l’ex monastero, dal 1937 nuova sede del museo archeologico cittadino. Nel 1943 un pesante bombardamento alleato fece danni, ma nel dopoguerra si tornò a recuperare l’area, fino a farla diventare fulcro di un delizioso parco pubblico che da allora ha vissuto alterne fortune: utilizzato per alcuni periodi come luogo privilegiato di varie iniziative, abbandonato a se stesso in altre fasi più lunghe. L’estate 2018 potrebbe essere la stagione del riscatto: l’ex arena è stata infatti già utilizzata nel mese di giugno per la Festa della Repubblica, per una manife-
stazione finalizzata a una raccolta fondi per lo spazio museale e in occasione di “Aperitivo d'Estate”, evento conclusivo di “Toscana Arcobaleno d’Estate”, organizzato da Confcommercio.
Tante novità anche nel museo Il Museo “Gaio Cilnio Mecenate”, oggi parte del Polo Museale della Toscana e diretto da Maria Gatto, sta compiendo piccoli grandi passi verso un complessivo restyling, che lo renda dinamico e al passo coi tempi, con uso di fondi ministeriali e il sostegno di privati “mecenati”. Tra gli interventi più significativi sono da ricordare la creazione di un itinerario tematico multimediale de-
dicato alla scrittura etrusca ad Arezzo, un percorso di visita semplificato per i piccoli visitatori italiani e stranieri, spazi per la mostra di opere a rotazione e collegamenti con le indagini in corso nel territorio, come la sezione dedicata agli scavi del Pionta. Il progetto "La Chimera ad Arezzo: una realtà … olografica", promosso da Rotary Club Arezzo e Fondazione Arte&Co. Scienza, propone invece due postazioni integrate e complementari: quella tecnologica e innovativa, con il video olografico della celebre scultura etrusca ritrovata in città nel 1553, e quella storica e antiquaria, con l’esposizione della statua in gesso modellata dallo scultore Primo Aglietti per realizzare le due chimere in bronzo novecentesche, poi collocate sulle fontane dei giardini della stazione.
Nel prossimo futuro sono previste nuove attività culturali e interculturali, un re-branding del museo, con creazione di un logo, di una linea grafica coerente e di segnaletica interna ed esterna, l’apertura dell'antico monetiere e la valorizzazione delle strutture anfiteatrali ancora chiuse al pubblico, con l’obiettivo di riallestire la sezione dedicata alla terra sigillata aretina, la cui produzione fece la fortuna di Arretium.
Il restauro del monumento a Mecenate Discorso a parte merita il busto dedicato a Gaio Cilnio Mecenate, collocato nell’area compresa tra il museo e l’anfiteatro, il cui restauro si è concluso
il 2 giugno 2018. Il recupero è stato eseguito da Sandro Ceccolini e promosso dal Polo Museale della Toscana con il finanziamento del Lions Club Mecenate di Arezzo. Un primo segno della volontà di riqualificare gli spazi destinati a giardino pubblico. L’opera è una copia ottocentesca in marmo di un busto conservato ai Musei Capitolini di Roma. Fu donata al Comune di Arezzo nel 1834 ed esposta nel Palazzo Comunale. Nel 1937 venne spostata dove la vediamo oggi, a impreziosire l’entrata del museo intitolato al grande aretino vissuto nel I secolo a.C., consigliere dell’imperatore Ottaviano Augusto e protettore dei maggiori poeti e letterati del suo tempo. Uno di quelli che ispirò Carducci a dire «basterebbe Arezzo a fare la gloria d’Italia».
17 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
“il museo gaio cilnio mecenate oggi fa parte del polo museale della toscana e sta portando avanti un processo di restyling”
| U P I N S TA G R A M |
atmosfere d'estate DI MATILDE BANDERA
tekappa 78 | Sansepolcro
18 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
lynenicholas
89
fede_fc_ 27 | Borgo A Giovi, Toscana, Italy
up next !
#upmagarezzo | #arezzodestate | #visionidautunno Che estate meravigliosa! Si è fatta un po' attendere, è vero, ma alla fine ha portato con sé, come di consueto, le suggestive e assolate atmosfere tipiche del nostro territorio, ispirandovi con i suoi colori. Come promesso, abbiamo raccolto gli scatti pubblicati con i nostri hashtag ufficiali #upmagarezzo e #arezzodestate: ci avete portati un po’ ovunque e noi siamo felici di essere stati nei vostri pensieri in questi momenti pieni di bellezza! Vi lasciamo alla nostra galleria dandovi appuntamento al prossimo numero di UP Magazine, in uscita ad ottobre, con l'hashtag #visionidautunno. Taggate le foto di cui siete più orgogliosi e che descrivono meglio questa stagione nella nostra provincia, per vederle pubblicate su UP Magazine #06 e sul profilo @upmagazinearezzo!
alessio_otelli | Casentino 956
19 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
pierantini
111 | Arezzo, italy
_enjoythefreedom_ 140 | Parco Giotto
Conosce il tuo stomaco Con Dalla ricerca Aboca, Poliprotect®, un complesso molecolare vegetale e minerale che spegne rapidamente il bruciore e calma il reflusso.
SONO DISPOSITIVI MEDICI 0373 Leggere attentamente le avvertenze e le istruzioni per l’uso. Aut. Min. del 30/03/2018 Aboca S.p.A. Società Agricola Sansepolcro (AR) - www.aboca.com
Innovazione per la salute
|
UP ECCELLENZE
|
Come ti climatizzo 100mila tende nel deserto arabo
LA B A S E I TA L I A N A D EL L A S E E LE Y I NTE RNATI O NAL È A P O LICIANO. Q U I È STATA I M B A STITA L’O P ER A Z IONE CHE HA CA M BIATO LA P RO S P E T T I VA D E L GR UP P O AUSTR A L IA NO : INSTA L L A R E 44MILA CO N D I Z I O N ATO R I A M INA , F UO R I DA L L A M ECCA . L A CIT TÀ È D E T TA T E N T C I T Y P ERCHÉ O SP ITA L A TENDO P OL I P IÙ GR AND E D E L P I A N E TA , D OV E O GNI A NNO A L LOGGIA NO I TR E M IL IONI D I P E L L EGR INI DEL L'HA JJ M USUL M A NO 21 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
DI MATTIA CIALINI
Fedeli attorno alla Ka'ba all'interno della Sacra Moschea in Arabia Saudita
“ci sono voluti mesi e mesi di trattative ma alla fine la nostra proposta ha convinto il ministero del pellegrinaggio arabo” 22 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
H Samuele Peli, aretino, general manager Europa, Medio Oriente e Africa di Seeley International
a il controllo sui mercati di Europa, parte dell’Asia e dell’Africa: è la base italiana della Seeley International, azienda australiana leader negli impianti di condizionamento. Dove si trova? A Policiano, meno di dieci minuti da Arezzo. Ed è proprio qui che è stata imbastita l’operazione che ha cambiato la prospettiva del gruppo, imprimendogli una svolta senza precedenti: una maxi commessa da 755 container che ha permesso alla Seeley di produrre e di installare oltre 44mila condizionatori a Mina, città dell’Arabia Saudita a cinque chilometri dalla Mecca. Mina è conosciuta come Tent city perché ospita la più grande tendopoli del pianeta: ci sono centomila tende che in occasione dell’annuale pellegrinaggio dell’Hajj musulmano danno ospitalità a tre milioni di persone. La cabina di regia dell’ordine-monstre ha il volto rassicurante di Samuele Peli, general manager d’area, aretino, che ha scelto la sua provincia, in particolare la periferia del capoluogo immersa nel verde, come sede aziendale dopo la chiusura dell’ufficio di Milano. Con lui, a spiegare la filosofia della Seeley, anche la responsabile del marketing Cristina Piattelli. “Continuiamo ad assumere – dice Peli – ma l’aspetto più bello è che nessuno, tra i dipendenti d'Italia, ha mai lasciato l’azienda. Cerchiamo di diffondere il pensiero del fondatore australiano, Frank See-
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
23 La tendopoli di Mina, a cinque chilometri dalla Mecca, che milioni di pellegrini occupano nei giorni dell'annuale Hajj
ley: al centro del suo progetto c'è la qualità dei prodotti, oltre al rispetto e alla comprensione dei dipendenti”. Negli anni ‘60 Frank, maestro elementare di Adelaide (nel sud della terra dei canguri), vende condizionatori porta a porta, a tempo perso. È un impegno secondario, ma il precettore ha successo in questa attività di ripiego. Tuttavia, non è soddisfatto della merce che piazza. Frank nota che dopo un pò di tempo le parti metalliche – a causa del caldo e della sabbia australiana – si corrodono, rovinandosi per sempre. È in quel momento che il maestro delle elementari pensa di abbandonare il porto sicuro dell'insegnamento e di lanciarsi nell'avventura che cambierà la sua vita: decide infatti di produrre in proprio dei condizionatori migliori rispetto a quelli venduti fino a quel momento, partendo da un materiale che
non si corrode: la plastica. Nasce la Seeley, è il 1972. Superate le iniziali diffidenze, il nuovo prodotto prende piede. Dopo aver messo a punto caratteristiche di resistenza e affidabilità concorrenziali, grazie allo spessore del materiale usato, i condizionatori Seeley cominciano ad essere diffusi nel continente. E ben presto i confini australiani diventano troppi piccoli per l'azienda di Frank. Nell’arco di pochi anni, siamo alla fine dei ‘70, arriva la prima commessa internazionale in Iraq. La Seeley comprende la propria vera vocazione e si specializza nella fabbricazione e installazione di grandi impianti, piuttosto che di quelli domestici, accreditandosi sempre più a livello mondiale. Il merito risiede sia nella bontà della produzione che nelle garanzie proposte che, più dei concorrenti, riescono a sfidare il tempo.
24 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
“non ho avuto ostacoli nel portare seeley ad arezzo. quello che conta è mostrare i risultati positivi ottenuti”
E così iniziano a sorgere uffici in più Paesi, in diversi continenti: aprono sedi negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna. Nel 2005 è il turno dell’Italia. A Samuele Peli, forte di un’esperienza alla Daikin, spetta l’onere e l’onore di avviare l’attività commerciale a Milano. Il business della Seeley cresce, al pari delle responsabilità: sono sempre di più le aree di mercato che ricadono sotto il controllo italiano. Poi, su richiesta di Peli, la base viene spostata nell’aretino. Appena fuori dal capoluogo, all'ingresso della Valdichiana. Prima nella frazione di Rigutino, poi a Policiano. “Non ho avuto ostacoli nell’avvicinamento a casa – spiega il general manger - l’importante per gli australiani è mostrare i risultati positivi ottenuti”. E tra questi, di certo il più importante, è il colpaccio fatto a Tent City. “Ci sono stati mesi e mesi di trattative – dice Peli – abbiamo avuto rapporti con il potente Ministero del Pellegrinaggio arabo. E alla fine, la nostra proposta è risultata convincente. Un onore vero. Le installazioni delle macchine sono iniziate nel 2016 e si concludono nel 2018. Mettendo in fila
tutti i condizionatori prodotti per questa commessa si raggiungono i 44 chilometri”. Un lavoro enorme: i ritmi di produzione australiani per evadere l’ordine in Arabia Saudita sono stati rivoluzionati. Ma la straordinaria commessa ha lanciato l’intero gruppo in una nuova dimensione. Tanto che la Seeley sta cercando di intercettare nuovi ordinativi di questo spessore. Ma andando indietro nel tempo, in quanto a commesse prestigiose (pur se più contenute) la Seeley non ha mai steccato. Alcuni esempi? Quella per la climatizzazione del palco di Pavarotti&Friends a Modena nei primi anni 2000, quella per la fabbrica e per il museo Lamborghini, sempre nel modenese, quella per uno stabilimento della casa automobilistica Porsche in Malesia. E poi, in ordine sparso, la climatizzazione di molti punti vendita Decathlon, di stabilimenti Pepsi e Heineken, di cantine australiane, degli stadi dei Mondiali di Francia ‘98, di paddock della MotoGp. E non possono mancare installazioni ad Arezzo. “Tra i lavori più importanti che abbiamo portato a termine – conclude Peli – mi piace citare quello della AeC Illuminazione di Subbiano”. Un sogno per il futuro? “Indovinare un’altra commessa come quella di Mina”.
Un Sogno che diventa realtà Presto da Show Garden ancora più spazio per coltivare le tue passioni.
dal Lunedì al Sabato 08:30 — 12:30 | 15:30 — 19:30
Via Casentinese | Arezzo | T. 0575 320532 | www.showgarden.it
ATLANTIDE ADV
@ShowGarden
|
UP PEOPLE
|
l'uomo che fa parlare il vino DI MATTIA CIALINI
26
A
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
llarga il sorriso, socchiude gli occhi. Luca ha una dote, forse innata, certamente affinata tra le esperienze nel tempo: quel misto di affabilità e savoir faire che fanno la fortuna di un sommelier. Poi, per arrivare in vetta, ci vogliono anche passione sconfinata, dedizione, sacrificio e adeguati mezzi. Sono passati cinque anni: Luca Martini saliva sul tetto del mondo (dei degustatori di vino) al Park Lane Sheraton Hotel di Londra, era l’aprile 2013. “Avevo un traguardo, l’ho raggiunto – dice immergendosi con piacere nel passato. E’ stato il coronamento di un sogno, un percorso concluso. Mi sono goduto il momento ma poi ho subito pensato ai nuovi obiettivi”. Un’impresa titanica dopo selezioni massacranti: incoronato dalla Wsa (Worlwide Sommelier Association), Luca diventa per tutti “Best World Sommelier”. Alle spalle una consolidata carriera in sala, iniziata nel ristorante di famiglia ad Arezzo (l’Osteria da Giovanna), Luca Martini è oggi testimonial e volto televisivo: si occupa di vino, da esperto, per aziende e privati, facendo anche distribuzione di grandi bottiglie. Ha scritto un libro e tiene un blog. Conosce personalmente tutti i grandi dell'enomondo, ha familiarità con gli esperti del settore più titolati ed è una frenetica palla da flipper in movimento a ogni latitudine, tra eventi, presentazioni e consulenze. Ma prima di questa vita internazionale al seguito del suo prezioso naso, Luca ne ha vissute altre. Che col vino, tuttavia, si sono sempre intrecciate. “Ero un bimbo – racconta – ma ho ancora chiaro nella mente il ricordo del vinsanto fatto con il babbo nella cantina di casa in via Anconetana. Non avevamo vigneti di famiglia, acquistavamo uva dai coltivatori della zona, tra La Pace e Staggiano. La mettevamo ad appassire. Riuscivamo a fare due-tre caratelli”. Il primo incontro con Bacco non si scorda mai. Ne seguiranno tanti altri. Con maggior frequenza a partire dalla scuola alberghiera di Chianciano. Diventa cameriere: “Professione nobile – aggiunge – e un tempo anche remunerativa”. Si fa le ossa nel
ristorante di famiglia e inizia a farsi conoscere: poco più che ragazzino, viene chiamato nei ristoranti più importanti della provincia. Nel 1999, a 18 anni, parte per Londra. In Inghilterra, con tenacia, ottiene un impiego alla prestigiosa Caviar House & Prunier. Coniuga lavoro e alta formazione nel vino, "rubando" dai migliori. Si realizza professionalmente e trionfa nei concorsi di degustazione londinesi. Le porte del mondo si spalancano davanti al giovane Luca: Australia, Thailandia, Canada. Tra mesi sabbatici e impegni professionali, si mischiano esperienze – anche di degustazione – da mandare a memoria e richiamare alla bisogna, quando si azzarda un abbinamento o quando si raccontano le note olfattive di una rara etichetta. “A poco più di vent'anni avevo esaurito gli stimoli – dice – e decisi di rientrare ad Arezzo”. Il primo passo è quello di rinfrescare l'Osteria da Giovanna. E con le competenze acquisite, contribuisce a rilanciare il locale. Poi apre una società di consulting sul vino e avvia la carriera da sommelier in Italia. Nel 2006 si diploma con l'Ais, nel 2007 diventa campione toscano, nel 2009 è il miglior sommelier d'Italia. Studia assieme a Cristiano Cini e Simona Bizzarri, degustatori aretini pluridecorati: insieme daranno linfa preziosa alla scuola concorsi Ais. Subentra una fase di “studio matto e disperatissimo”, per dirla alla Leopardi, che porta Luca a stabilire una serrata routine per raggiungere il titolo mondiale. “E ringrazio mio padre che ha investito molto su di me, ho avuto la possibilità di degustare molte grandi bottiglie. Un aspetto fondamentale per raggiungere il massimo livello”. Poi: un'avventura personale nel campo della ristorazione, ora conclusa. E le richieste di consulenza in ogni parte del mondo. Ecco la nuova vita di Luca Martini. Ma quella futura? “Amo molto quello che faccio e vorrei continuare. Magari un giorno aprirò un chiringuito sulla spiaggia”, dice scherzando. “Di sicuro – conclude – rientrerò a casa. La mia base, adesso, è a Varese, ma presto, molto presto, tornerò ad Arezzo. E' la mia terra e ha un grande potenziale”.
L'I R R ES I STI B I LE A SC ESA D EL SO M M ELI ER AR E TI N O LUC A MARTI N I, PARTITO DALL'OSTER IA "DA GI OVAN NA" E SALITO SU L TE T TO D EL M O N DO D EI D EGUSTATO R I. I N M EZZO L'AM O R E PER LO N D R A , LE ES PER I ENZE AI QUAT TRO AN GO LI D EL GLO BO, L A CO NSAC R A ZI O N E PRO FESSI O NALE. E P O I U NA SOC I E TÀ D I CO NSU LENZE, U N B LOG E U N LI B RO. I L FUTU RO? “N O N LO SO. FO R SE APR I RÒ U N C H I R I N GU ITO SU LL A S PIAGGIA , D I S I CU RO U N GI O R N O TO R N ERÒ AD AR EZZO”
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
27
SILVIA VANNI, 30 AN N I, ERA A NEW YORK Q UANDO HA AVUTO L’IDEA DI SHAREMYB AG, UN A COMMUNITY PER CONDIVIDERE ABITI E ACC ESSORI CON LE AMIC HE DELLA ZONA. MA PE R CONC RETIZZARE L’ INNOVATIVA IN TUIZIONE È TORNATA NEL SUO PAESE. “DESIDERAVO C HE IL P ROGET TO FOSSE ITALIANO”
28 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
|
UP PEOPLE
|
Un guardaroba aperto con la città DI CHIARA CALCAGNO
ma, per fortuna, ho trovato lungo il mio percorso tante persone disponibili e competenti che mi hanno aiutata. Da poco ho ottenuto il fondamentale sostegno di Nana Bianca, l’acceleratore di Startup con sede a Firenze. E’ uno dei migliori d’Italia”. ShareMyBag, da gennaio 2018, è un portale e una vera e propria community dove iscriversi, fare annunci e approfittare di una ghiotta occasione. E’ un modo per essere trendy senza dover spendere una fortuna e, magari, guadagnare su ciò che si possiede e che non viene sfruttato abbastanza. “E poi si possono conoscere nuove amiche nella propria città. I prodotti vengono selezionati in base all’area geografica e gli scambi avvengono fisicamente, incontrandosi in un bar o in centro”. Per far conoscere l’idea e spiegare facilmente il suo funzionamento, Silvia organizza anche alcuni eventi dove le persone possono partecipare, portando dietro un capo che metteranno in “condivisione” sul portale. Un fotografo per le prime immagini di presentazione e un piccolo aiuto per la registrazione e la pubblicazione del primo annuncio. Un gioco da ragazzi. Anzi da ragazze. “Quante volte ci siamo trovate a fissare il nostro guardaroba con la sensazione di non avere niente da indossare? E quante volte ci siamo sentite in colpa per aver acquistato una borsa costosa che non utilizziamo quasi mai? Ecco, con ShareMyBag ho pensato di fornire queste risposte” Il progetto sarà promosso sia in Europa che in America, dove diventerà il principale mercato di riferimento. “Live local think global. Gli Stati Uniti sono lo sbocco naturale per un’invenzione come la mia. E’ una società energica e curiosa con la capacità, tutta americana, di capire e esaltare una buona idea, di spingere in alto i sogni senza preoccuparsi di chi sei e da dove vieni. Noi dovremo tornare a credere nella creatività italiana e investire nei progetti di giovani appassionati. Non occorre volare lontano per esprimersi. Le opportunità dobbiamo crearle noi stessi. Io voglio continuare a viaggiare, a scoprire il mondo, a capire e studiare paesi differenti. Ma poi tornerò in Italia, nella mia Arezzo dove ho tutto ciò che mi rende felice”.
29 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
P
urtroppo no, non possiamo comprare tutto ciò che ci piace. E sono d’accordo che quella Céline sarebbe perfetta per l’inaugurazione in centro. Ma, a occhio e croce, sono tre stipendi netti, circa dieci mesi di affitto. Quasi inaccessibile. O forse no. Silvia Vanni, 30 anni, sguardo dolce e deciso e una laurea in marketing strategico a Firenze, ha avuto un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria per i fashion addicted: si chiama “ShareMyBag”. “Ho viaggiato tanto per lavoro e per piacere. Sono stata a Dubai per quasi un anno e poi, nel 2015, sono andata a vivere a New York. Brand manager a Manhattan per un’importante agenzia di marketing. E’ lì che ho avuto l’intuizione”. Ogni sera un evento a cui partecipare con capo, colleghi o rappresentanti di prestigiose griffe. L’armadio non è infinito e, mentre a casa le amiche possono prontamente venire in soccorso con vestiti nuovi o particolari accattivanti, in una metropoli straniera è più complicato. “Ho pensato che sarebbe stato utile un Airbnb per la moda, poter condividere con altri appassionati alcuni accessori”. Perché proprio le borse? “Non ci sono solo borse ma anche altri prodotti come capispalla, occhiali, scarpe. Ma la borsa è un simbolo per una donna. Dentro noi riusciamo a mettere il nostro mondo, sono moderni kit di sopravvivenza urbani. E poi una tracolla può ridisegnare interamente lo stile di un abito”. Dall’idea alla pratica il salto è stato breve anche se non privo di ostacoli. “Per prima cosa ho deciso di rientrare in Italia. Ho effettuato alcune ricerche e ho constatato che non esisteva niente del genere. C’erano affitti o noleggi di oggetti firmati, negozi fisici e online che offrivano questo servizio ma niente che mettesse in contatto le persone. Che, semplicemente, le aiutasse a scambiarsi un accessorio. E io non volevo che la mia futura azienda avesse sede negli Stati Uniti, desideravo che l’idea fosse italiana. Di un’aretina per la precisione”. Così Silvia è rientrata in Toscana, ha registrato il marchio e ha avviato i primi passi per la costruzione del progetto. “Ho dovuto destreggiarmi fra bilanci, piani triennali e strategie di marketing e comunicazione. Non è stato e non è semplice
|
UP MEDIA
|
radio fly passione in fm GIUSEPPE MISURI DA BAMBINO SMONTAVA LE RADIO, METTEVA LE MANI DENTRO I CIRCUITI E SOGNAVA DI COLLEGARSI CON GLI ALIENI. OGGI LA RADIO LA FA. CON ASTRANET È L’EDITORE DELL’UNICA EMITTENTE DI AREZZO: OGNI GIORNO OSPITA GIORNALISTI, POLITICI, IMPRENDITORI, SPORTIVI, ARTISTI, SEMPLICI CITTADINI CHE HANNO QUALCOSA DA RACCONTARE. TUTTO RIGOROSAMENTE LIVE. ECCO COM’È RIUSCITO, CON L’AIUTO DELLA MOGLIE ROSSELLA, A TRASFORMARSI DA INGEGNOSO MANUTENTORE A CREATORE DI CONTENUTI
30
DI ANDREA AVATO
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
D
a ragazzino smontava le radio per vedere cosa c’era dentro. Oggi la radio la fa ed è l’unico ad Arezzo a trasmettere in FM. Giuseppe Misuri potremmo definirlo un predestinato, se non fosse che fino a pochi anni addietro si occupava di manutenzione, di cavi da smontare e rimontare, di riparazione guasti. Il filo conduttore della sua vita è stata la passione che lo ha guidato fin dall’adolescenza, quando metteva le mani dentro i circuiti e sognava di collegarsi con gli alieni. Poi è arrivato il baracchino e l’ingresso nella grande famiglia dei radioamatori. E infine, dal primo gennaio 2017, l’avventura da editore. Se la città ha ancora un’emittente che diffonde contenuti nell’etere, è merito suo: con Radio Fly ha dato una svolta alla sua vita e a quella di tanti collaboratori che si mettono davanti al microfono e producono informazione, intrattenimento, musica, emozioni. E il pubblico, lo dicono i contatti, gradisce.
“Avevo dieci anni, in casa c’era una di quelle radio di una volta: io la aprivo, la osservavo, mi piaceva scrutare tutte quelle valvole. Peccato però che fosse di mia sorella, che non gradiva. Allora arrivava mia madre e giù botte”. Giuseppe racconta ed è come se parlasse di episodi successi il giorno prima. “Abitavo a Rigutino, ancora ricordo un certo signor Cardeti che veniva ad aggiustare il televisore, quando andava in panne. Per me era una star: si presentava con una valigia piena di attrezzi, di pezzi di ricambio. Restavo incantato a guardarli e decisi di farmi un mio piccolo laboratorio. Sono stato un autodidatta,
folgorato da un walkie talkie che mi regalarono. Mi misi giù d’impegno e creai una rete artigianale che consentiva a me e ai miei amici di parlare fino alla periferia del paese. Credo che tutto sia cominciato da lì”. Di strada ne è stata percorsa molta prima di arrivare al 98.5 (Arezzo e Valdichiana) e al 106.1 (Casentino) che sono le frequenze FM di Radio Fly oggi, cifre di un progetto editoriale articolato e ambizioso. Il palinsesto offerto agli ascoltatori nasce dalla lucida follia di un imprenditore che ha deciso di investire nella comunicazione quando molti, quasi tutti, ne fuggono per timore dei
“Sono stato un autodidatta, folgorato da un walkie talkie che mi regalarono. Credo che tutto sia cominciato da lì”
costi elevati e dei guadagni ridotti al minimo. “Un giorno Mauro Valenti, patron di Arezzo Wave e proprietario di Radio Wave, decise di chiudere e mise in vendita concessione e frequenze. Era la fine del 2016. Ma prima di arrivare a questo snodo, c’è un prologo da raccontare. Frequento l’istituto elettrotecnico di Bibbiena, mi diplomo, faccio il militare nelle trasmissioni. Nel 1991 apro l’azienda: si chiama Astra elettronica, settore riparazioni e manutenzione. Il mio hobby diventa un lavoro e la cosa buffa sai qual è? La radio non l’ascoltavo praticamente mai. Però andavo a tenere corsi agli studenti dell’istituto professionale in Valdarno: un giorno montai le antenne per una lezione e gli abitanti, allarmati per quelle strane apparecchiature, chiamarono i vigili. A momenti ci arrestano…”. Con gli anni duemila e le nuove tecnologie, scocca la scintilla. “Ho sentito il bisogno di mettere su una struttura mia,
che non operasse solo su commissione: ormai ero un esperto di sistemi integrati di telecomunicazione, ponti radio, video sorveglianza, interconnessione larga banda. Astranet è nata così, con una gestione che mi piace definire artigianale. Per me è come un quarto figlio”. Il discorso scivola sulla famiglia. Rossella non è semplicemente una moglie amorevole ma una chiave di volta. Da responsabile dell’ufficio amministrazione a ispiratrice di un profondo cambio di rotta, il passo è stato lungo appena due parole: “perché no?”. E qui torniamo a Mauro Valenti che vuole chiudere baracca. La trattativa di cessione salta e Giuseppe Misuri si fa avanti: “perché la radio non la dai a me?”. Prima aveva avuto l'ok di Rossella, che a ripensarci oggi ci scherza sopra ma non troppo: “C’è stata una punta d’incoscienza, non sapevamo come sarebbe andata. Per molti versi fu un salto nel buio, bisognava allestire gli studi, trovare le strumentazioni, cu-
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
31 Giuseppe Misuri negli studi di Radio Fly con la moglie Rossella
Accedi sicuro con lo Spid Aruba ID per cittadini, professionisti e aziende. Scopri le potenzialità del servizio su aruba.it
www.aruba.it
Con la app "Aruba De Visu" puoi fare il riconoscimento de visu dal tuo smartphone Fino al 20 dicembre 2018 aavi per un anno il servizio Aruba ID Business gratuitamente invece che a €35 + IVA e una credenziale di livello 3 gratuitamente invece che a € 14,90+IVA. ll servizio Aruba ID per il ciiadino è graas per due anni. Entrambi i servizi si aavano previo riconoscimento del richiedente che è completamente gratuito se effeeuato con CNS (carta nazionale dei servizi) ovvero con Tessera sanitaria dotata di CNS oppure con Firma digitale; fino al 31 luglio 2018 il riconoscimento effeeuato con modalità de visu ha un costo di 9,90€ + IVA invece di 14.90€+IVA. Apple e il logo Apple sono marchi di Apple Inc., registraa negli Staa Unii e in altri paesi. App Store è un marchio di servizio di Apple Inc., registrato negli Staa Unii e in altri paesi.Google Play e il logo di Google Play A sono marchi di Google LLC.
rare la programmazione. Siamo andati onair a capodanno del 2017 e l’ansia era fortissima. Ma adesso non abbiamo rimpianti”. “Quando sentii mia moglie convinta più di me, mi si accese la lampadina” confessa Giuseppe “anche se il cambio ruolo mi spaventava. Eravamo stati sempre dietro le quinte, avevamo gestito la parte tecnica e in poche settimane dovevamo organizzarci per produrre contenuti, acquisendo una coscienza giornalistica che ci permettesse di lavorare secondo etica e deontologia. Abbiamo studiato e anche in questo frangente mi ha aiutato la passione: la radio non è un computer che manda in onda una playlist preimpostata. E’ aggiornamento in diretta, è spontaneità
live, è condivisione sui social. Alla nostra consolle si alternano deejay, giornalisti, ospiti: è bellissimo ascoltare qualcuno, in radio le parole contano ancora e la gente presta attenzione. Sono sempre più convinto che il fascino di un mixer, una cuffia e un microfono non passerà mai di moda. Per questo dico che dopo Alessio, Francesco e Ilaria, con mia moglie abbiamo un quarto figlio. Astranet e Radio Fly sono pezzi di cuore”. Giuseppe da undici anni è presidente nazionale del centro italiano sperimentazione e attività radiantistiche (Cisar) e al petto porta con orgoglio la medaglia del collegamento wifi più lungo del mondo, stabilito nel 2007: oltre trecento chilometri di connessione wireless tra Monte Amiata e Sardegna. Fu la prima volta che accadde. A uno così ingegnoso, non poteva fare paura trasmettere canzoni, notiziari, dibattiti, approfondimenti, anche se Arezzo sembrava un terreno poco fertile. “Era assurdo che in un comune come questo non ci fosse un’emittente. Le difficoltà non mancano ma ce la stiamo cavando bene: tra Astranet e Radio Fly diamo lavoro a sedici persone, più una serie di collaboratori che ci onorano del loro entusiasmo. Nei nostri studi portia-
33 33
mo i rappresentanti della città: politici, imprenditori, sportivi, artisti, semplici cittadini che hanno qualcosa da raccontare. Abbiamo un palinsesto variegato che aggiorniamo costantemente e da un anno e mezzo abbiamo toccato con mano la ricchezza che offrono le radio locali. Arezzo ha tante risorse ma tende a tenerle nascoste. Dobbiamo invertire questo trend”. Ma c’è una canzone che può essere utilizzata come colonna sonora per questa chiacchierata? Un attimo di pausa, poi la scelta cade su “La radio” di Eugenio Finardi. E’ stata scritta nel 1976, pochi anni dopo quelle mani infilate dentro i circuiti, quando il sogno era mettersi in contatto con gli alieni. Il ritornello è la chiosa più azzeccata per la nostra intervista: “Se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace anche di più perché libera la mente”.
\\ UP UP MAGAZINE MAGAZINE AREZZO AREZZO \\ ESTATE PRIMAVERA 2018 2018
“la radio non è un computer che manda in onda una playlist preimpostata E’ aggiornamento in diretta, è spontaneità live”
|
U P I N T E RV I S TA
|
il mio viaggio in capo al mondo 34 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
I
nvidia. Pensi a quello che ha combinato Simone Piccini e non c'è altro sentimento se non l'invidia. Ha preso la sua vita, l'ha sradicata da terra e se l'è messa sotto braccio. Poi è partito per un viaggio lungo due anni. Sono tanti due anni, sono un'eternità. E se in giro per il mondo vai da solo, senza una meta, a caccia di brividi sulla pelle, sembrano ancora di più. Chi non ha pensato mai, di prendere e andarsene? Con due valigie e il cuore in mano. Ci abbiamo pensato tutti, lui l'ha fatto veramente. E' salito su un treno il 3 maggio 2016 ed è tornato, sempre in treno, il 3 maggio 2018. Ha riportato a casa migliaia di foto, ricordi, qualche tatuaggio, uno spirito nuovo, una fidanzata di Bogotà. E la certezza che d'impossibile non c'è niente. Il primo compleanno l'ho festeggiato in
Giappone dentro un karaoke. Il secondo in Colombia facendo parapendio. Cos'è stata la tua: una fuga? Io non sono scappato, mi sono regalato un sogno. Stavo facendo cose che non mi davano soddisfazione, non vivevo i miei giorni, andavo solo avanti. E perdevo tempo. Avevi un lavoro stabile, una famiglia, una macchina. Cos'è che ti mancava? Sentirmi in pace con me stesso. Non ho mai comprato casa, sono stato quindici anni in affitto. Dentro di me sapevo che un giorno sarei partito ed è successo. Sono andato dalla mia capoufficio e le ho detto: ''basta, mi licenzio''. Avevo tutto chiaro in testa. Chi hai lasciato a casa? Il gruppo storico di amici, i miei genitori, due sorelle, due nipotine. Erano bambine, le ho ritrovate donne.
Nessuno ha provato a frenarti? No, sapevano che avevo ponderato bene. E non è stato facile: amo Arezzo, ci sono nato e cresciuto, ho un legame viscerale con la città. Sono un figlio dell'Orciolaia e ne vado fiero. Però dovevo salire su quel treno. Cosa mette in borsa uno che deve stare fuori due anni? Lo zaino più grande pesava ventuno chili. Dopo qualche giorno ho venduto un po' di roba. Ne avevo troppa e troppo pesante. Ho vissuto con una decina di magliette, qualche felpa, pantaloni lunghi e bermuda. Le scarpe le ho comprate in giro. Medicine? Oki, Aulin, Enterogermina. Per fortuna ho avuto solo qualche mal di testa. Nello zaino più piccolo cosa c'era? La reflex per le foto. Un'action cam della Sony. Un pc portatile. I carica
U N 'AV V E N T U R A D I D U E A N N I , S E N Z A U N A M E TA , A C AC C I A D I B R I V I D I S U L L A P E L L E , C O N U N PA I O D I VA L I G I E E I L C U O R E I N M A N O. S I M O N E P I C C I N I È PA RT I TO DA A R E Z ZO I L 3 M AG G I O 2 0 1 6 E A D A R E Z ZO È TO R N ATO I L 3 M AG G I O 2 0 1 8 , D O P O AV E R AT T R AV E R S ATO C I N Q U E C O N T I N E N T I . H A R I P O RTATO A C A S A M I G L I A I A D I F OTO, R I C O R D I , Q UA LC H E TAT UAG G I O, U N O S P I R I TO N U OVO, U N A F I DA N Z ATA D I B O G OTÀ . E L A C E RT E Z Z A C H E D' I M P O S S I B I L E N O N C ' È N I E N T E . " L A M I A N O N È STATA U N A F U GA , M I S O N O R E GA L ATO U N S O G N O" DI ANDREA AVATO
batteria. Nel carrellino avevo il mio hang. Cos'è. Uno strumento a percussione. Mi ha fatto compagnia. Wanderhang, il titolo del mio libro, nasce da qui. Unica regola del viaggio: tenere sempre i piedi per terra. Niente aerei. Perché? Perché temevo di non vivere gli spostamenti. Attraversare i confini mi ha dato sensazioni pazzesche, con l'aereo non sarebbe stata la stessa cosa. Sul braccio destro ho i tatuaggi dei quattro punti cardine del viaggio: Battambang, Sydney, Pechino, Medellin. Luoghi splendidi. Tutto bello. Ma quanto hai speso? Ventiquattromila euro più o
meno. Mille euro al mese, trenta euro al giorno. Ti assicuro che ci si può fare. Avevo qualche soldo da parte, ho venduto la mia Golf e sono partito con una carta di credito e una postepay, niente contanti. Hai mai lavorato per guadagnarti qualcosa durante il viaggio? Una volta in Giappone. Ero a Osaka, dormire costava un botto. Allora pulivo le camere dell'ostello per tre ore al giorno e mi davano il letto gratis. Riavvolgiamo il nastro. Da dove cominciamo il racconto? Perù 2015. Viaggio di piacere. Lì ho deciso che un giorno, non sapevo quale, avrei dato la svolta alla mia vita. Sali in treno ad Arezzo. E poi? Un po' d'Europa fino alla Transiberiana. Uno dei motivi per cui sono partito. Verso l'Est. Hai trovato l'oriente che ti aspettavi?
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
35
Simone Piccini è nato il 20 settembre 1977 ad Arezzo. Impiegato a tempo indeterminato in una agenzia di assicurazioni, barman nel fine settimana, ha lasciato il lavoro, ha venduto la sua Golf ed è partito per un viaggio intorno al mondo di due anni, armato di entusiasmo e un buon inglese
Accanto, Pailon del Diablo, Baños, Ecuador. Nelle pagine prcedenti, la Grande Muraglia, Cina
36 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
Ho trovato terre dal fascino speciale. In testa ho il lento scorrere del tempo nel Laos. Lì non esiste fretta, si vive attimo dopo attimo, ora dopo ora, giorno dopo giorno. Il tatuaggio dedicato a Pechino. Perché? Perché la Cina ti fa sognare e imprecare. Ti fa credere di essere il posto più bello del mondo e alla fine non ha tutti i torti. Il tuo era un viaggio pianificato tappa per tappa o sei andato improvvisando? Decidevo quasi giorno per giorno. In Vietnam ho preso la moto e non è stata una grande idea: strade pericolosissime, un incidente mortale ogni venti chilometri. Andavo a trenta all'ora e avevo i brividi. Paura? Tensione più che altro. Paura l'ho avuta in Brasile. A Rio c'erano case con il filo spinato intorno e gente che ti guardava in cagnesco. Dormivo in una stanza con un ragazzo australiano, abbiamo fatto pari o dispari per decidere chi doveva uscire a comprare la cena. E' toccato a
lui, ha girato l'angolo e gli hanno puntato la pistola in faccia. Ha consegnato i soldi che aveva ed è tornato indietro. Siamo restati a digiuno, ma la fame era passata. Dov'è che sei rimasto a bocca aperta? Sulla muraglia cinese. Ero insieme a tre ragazzi francesi, mi sono beccato una pioggia torrenziale. Poi però ha smesso e all'alba ho scattato una delle foto che mi piacciono di più. Una meraviglia. In Australia hai comprato bicicletta e tenda. Sì. Dovevo risolvere il problema di viaggiare e dormire a buon prezzo. Mi ero imposto di fare sessanta chilometri al giorno ma non ho tenuto la media. Mi ha salvato un pickup: ero distrutto e disperato sul ciglio della strada. Il ragazzo al volante si chiamava Marty, mi ha fatto salire, ha guidato due giorni di fila. E mi ha accompagnato all'imbarco con la nave cargo che avevo prenotato. Altrimenti non ce l'avrei fatta mai. E la bici e la tenda? Le ho rivendute a Sydney. Un po' mi è
dispiaciuto, avevo tanti ricordi legati a quel periodo. L'unica volta che ho dovuto suonare un campanello per chiedere ospitalità è successo lì in Australia. Ero sotto il diluvio, fradicio zuppo, non sapevo dove andare. Mi hanno fatto picchettare nel giardino di una casa. Il freddo di quella notte non lo dimenticherò mai. Hai sempre trovato un tetto sopra la testa, ogni giorno? Per fortuna sì. Andavo negli ostelli e poi avevo già qualche contatto. Faccio coachsurfing da anni, mi ospitavano all'estero e ospitavo turisti ad Arezzo. Poi li portavo a vedere la città, anche la Giostra. Bella cosa questa. Sei un quartierista? Quartierista no, però vado in piazza. Il foulard di Porta del Foro lo avevo messo in valigia. Dimmi della traversata dall'Australia al sud America. Cosa hai fatto per trentadue giorni dentro una cabina di una nave cargo? Ho scritto il libro. Ho fatto ordine tra le foto e i video. E mi sono gustato l'attesa
Vinicunca, la montagna arcobaleno, Perù; Simone con la fidanzata colombiana Katherine; l'altalena dei sogni in Bolivia
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
37
dello sbarco in uno dei paesi che poi mi hanno segnato l'anima, la Colombia. Cosa hai trovato lì che non c'era altrove? Mi sono sentito a casa. Ero a Medellin, la sera mi affacciavo alla finestra quando tutti dormivano. Io, una sigaretta e un silenzio bellissimo. Mi sembrava di essere nato lì. Quanto ci sei rimasto? Tanto, più del previsto. Ho rinunciato al nord America perché non avrei più avuto tempo e soldi. Ma ne è valsa la pena, adesso parlo uno spagnolo buono, ho
visitato posti incantevoli. A Bogotà ho incontrato Katherine e mi sono fidanzato. Per lei ho avuto la tentazione di interrompere il viaggio, ma non me lo sarei perdonato. Così ho proseguito e adesso abbiamo dei progetti insieme. Dopo due anni del genere, che cosa vuoi fare della tua vita? Tornare in Colombia, aprire un ostello a Medellin, alla Comuna 13. Quella parte di città ha bisogno di aiuto, ho visto con i miei occhi i bambini rincorrere un pallone in mezzo al fango. Mi piacerebbe costruire un centro sportivo, dare loro la
possibilità di giocare a calcio e coltivare il sogno di una vita migliore. Hai parlato di tanti stati d'animo. Quando sei sceso alla stazione di Arezzo, dopo il viaggio di ritorno, cosa sentivi dentro? Avevo voglia di riassaporare i miei amici, la mia città. Ho visto l'insegna dell'hotel Minerva, quella che guardavo dalla finestra di casa mia quando ero bambino, ed è stato un grandissimo sollievo. Te lo saresti immaginato? Sì, sapevo che sarei tornato. E sapevo che sarei tornato diverso.
Ent quatur mo tet od maios sedi dolecercimil illest reium qui rene volorpo rerferestint debit aciisimusa con evenis et molorem porehenda dereptat adi officatio.
La dolce via |
UP GUSTO
|
DA L L E U OVA D I PA S Q UA A L L A P RODUZ IO NE DI CIO CCO L ATO D I ALTA Q UA L I TÀ , CO N O S C I U TO IN TUT TO IL M O NDO. L A GUSTO SA AT TIVITÀ D I V E ST R I N A S C E DA L L’ INCONTRO DI DUE R AGA Z Z I, DA NIELO E ST E FA N I A , E DA L L E LORO STR AVAGA NTI E LUNGIM IR A NTI ID EE. O G G I L’A Z I E N DA È U N A DEL L E P OCHE A GESTIR E UNA P IA NTAGIONE D I C AC AO N E L L A R E P UBBL ICA DO M INICA NA , CHE P ER M ET TE ALLA FA M I G L I A D I S EGUIR E L’ INTERO P RO CESSO P RO DUT TIVO DI CHIARA CALCAGNO
38 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
C
on grazia e sensualità la crema di cioccolata avvolge il cucchiaio stringendolo in un tenero e passionale abbraccio. È un rituale da compiere lentamente. Ad ogni movimento un peccaminoso pensiero. Immaginare, attendere, prima di gustare. “La cioccolata pretende tempo – spiega Danielo Vestri mostrando la dolce danza – pretende intima attenzione. Come ogni piacere”. Un prezioso frutto, maturato sotto un sole lontano. E la natura e il lavoro dell’uomo che ne fanno un gioiello di gusto. Il nome Vestri si lega alla cioccolata e alla terra d’Arezzo dai primi anni '60 quando Alberto e Marianna, genitori di Danielo, lavoravano il cacao in un artigianale laboratorio di casa per posarlo sui biscotti che vendevano al mercato. Ma l’azienda, per come la conosciamo oggi, nasce nel 1982 quasi per gioco, producendo uova di Pasqua in un negozio a San Lorentino. Un’intuizione singolare nata dall’incontro di due ragazzi e delle loro stravaganti e lungimiranti idee. Danielo, perito chimico, e Stefania, stilista ed esperta d’arte, iniziano
così la loro dolce avventura. Oltre all’amore, nel laboratorio ai piedi delle mura cittadine, curano un ambizioso sogno: conquistare i cuori (e i palati) di uomini, donne e bambini. “La passione per la tavola ci ha uniti”, racconta Danielo. “Mia moglie ha un gusto straordinario, ha la capacità di riconoscere ogni odore, siano essi in un piatto, per strada o addosso a una persona. È lei il giudice più severo di una nostra creazione. Io, il mio palato l’ho sviluppato e affinato negli anni. La chimica mi ha aiutato molto, mi ha insegnato a mettermi sempre in discussione e cercare la perfezione”. Soltanto pochi mesi di attività e le richieste si moltiplicano, il nome Vestri inizia a circolare per le affascinanti vie della Toscana attirando clienti da ogni dove. Il lavoro, dapprima stagionale, impegna la famiglia per tutto l’anno. Ma non è solo lavoro. Quello che doveva essere un mezzo di sostentamento e di guadagno, ammalia Danielo e Stefania costringendoli ad approfondire studi e tecniche della raffinata arte. In poco tempo arrivano nuovi macchinari, il laboratorio si espande e il marchio non viene più associato alle sole uova di Pasqua ma al
cioccolato tout court. Quello artigianale, quello buono. Passione, pazienza, formazione, fantasia, ricerca e coraggio come ingredienti di una ricetta che, da sempre, punta alla qualità. “Credere nel cioccolato è il nostro motto. La filosofia che perseguiamo, la filiera che abbiamo creato non ci permettono di avere il prezzo di tanti prodotti industriali. Ma non ci poniamo il problema. Noi crediamo nel cioccolato, nel nostro cioccolato, nella sua capacità di incantare e sedurre. Pretendiamo la
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
39
“LA CIOCCOLATA È UN MONDO FORTEMENTE COLLEGATO ALLA SESSUALITÀ. NOI CI GIOCHIAMO, STIMOLANDO PENSIERI E FANTASIE GIÀ DALLA CONFEZIONE”
40
Alcuni prodotti di cioccolateria e, nella foto più a sinistra, Danielo Vestri al lavoro nella Hacienda Vista Alegre nella Repubblica Dominicana
“
\ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
Vendo quello che piace a me. è l'azienda a scegliere il consumatore e non viceversa
”
genuinità di ingredienti naturali, selezionati e di massima qualità. Nessuna economia su questi aspetti, a costo di fallire nell’impresa”. Garantire un prodotto di livello, nel rispetto delle tradizioni della cioccolata, ha spinto la famiglia Vestri a gestire direttamente, dal 2002, una piantagione di cacao in Repubblica Dominicana. Un modo per seguire l’intero processo di produzione, “dalla fava di cacao alla tavoletta” curando personalmente ogni passaggio. Nella piantagione Hacienda Vista Alegre i semi di cacao sono raccolti a mano, restano a fermentare in foglie di banano e poi vengono seccati al sole. “Vendo quello che piace a me. E’ l’azienda che sceglie il consumatore e non
viceversa. Quando penso ad un nuovo prodotto, riesco a immaginarmi il gusto esatto nella testa e finché non ritrovo quella visione anche in bocca non sono soddisfatto”. Oggi l’azienda conta ventinove dipendenti, un laboratorio di duemila metri quadri in via Romana ad Arezzo, dove si fondono macchinari moderni con strumenti antichi e tradizionali, un negozio a Firenze e clienti affezionati da tutto il mondo. Soprattutto in Giappone, dove il marchio viene associato ai top brand dell'italian way of life. Lavorano all’impresa anche il figlio Leonardo, detentore di sofisticate tecniche per la lavorazione della cioccolata, apprese frequentando corsi in giro per l’Europa, e Benedetta, cresciuta ad assaggiare cremini e praline. Numerosi i premi e i riconoscimenti a livello italiano e internazionale che i differenti prodotti possono vantare. Fra le particolarità create da Vestri, c’è il cremino più grande al mondo: 393,8 chili di dolcezza entrati nel guinness dei primati; il Boglio, la cioccolata al gelsomino ingentilito all’arancia del granduca Cosimo de’ Medici che solo l’azienda
aretina può produrre; la Toscolata, la tavoletta che fa bene al cuore. Quest’ultima è frutto di un progetto finanziato dalla Regione Toscana e condotto da Cnr, Università e Scuola Sant'Anna di Pisa e Università di Siena. Al cioccolato fondente lavorato da Vestri, vengono aggiunti prodotti vegetali noti per le proprietà antiossidanti come le mele essiccate di varietà autoctone del Casentino e l'olio extravergine di oliva. Grazie alle molecole bioattive e alle pregevoli qualità organolettiche, la Toscolata ha dimostrato che può ridurre gli effetti di alcuni fattori di rischio responsabili delle malattie cardiovascolari. Packaging pop e nomi arditi che richiamano la passione a completare il quadro: il pandolce "godo", le praline "morbide sensazioni", "tentazioni" e il gusto del gelato “leccami”. “La cioccolata è un mondo fortemente collegato alla sessualità. Scatena reazioni, emozioni e stimoli che superano quelle di un bacio appassionato. E noi ci giochiamo, stimolando pensieri e fantasie già dalla confezione”. E’ il momento di portare il cucchiaino alle labbra e lasciarsi travolgere.
2017
hackcortona.com
|
www.popcortona.it
|
U P C U R I O S I TÀ
|
la hermana y la herida NEI GIARDINI DEL PRATICINO C'È UNA SCULTURA CHE RACCONTA L’INCONTRO DELL'ARTISTA ABEL VALLMITJANA CON PABLO NERUDA E ALTRI MOSTRI SACRI DELLA LETTERATURA MONDIALE DI MARCO BOTTI
42 \ UP MAGAZINE AREZZO \ ESTATE 2018
D
ite la verità. Quante volte, passando davanti alla Biblioteca “Città di Arezzo”, avete notato nei giardini del Praticino quella scultura con due volti stilizzati e vi siete chiesti il suo significato? Sappiate che l’opera racchiude una lunga storia in cui la campagna aretina fa da sfondo a grandi amicizie e incontri tra alcuni giganti della cultura mondiale del Novecento. Mica male come incipit. Tutto ha inizio nel 1957, quando Abel Vallmitjana, pittore, scultore e incisore nato in Catalogna nel 1910, giunse ad Arezzo dopo una vita fatta di esperienze in patria, Francia e Venezuela che lo avevano segnato. Lo spagnolo era un convinto oppositore del regime franchista e così, alla pari di molti altri connazionali, aveva lasciato la sua terra per vivere da esule. Durante la sua permanenza in America latina conobbe la futura moglie, Clarisa Silva, con la quale negli anni Cinquanta sbarcò in Italia, persuaso da un parente di lei, addetto culturale all’ambasciata venezuelana di Roma. I due si trasferirono a Villa Guillichini di Tregozzano, acquistata assieme a Miguel Otero Silva, noto giornalista e poeta, cugino
di Clarisa. In una delle più belle dimore settecentesche del circondario, Vallmitjana visse e lavorò per anni. Lì trovò, dopo tanto pellegrinaggio, il suo ambiente ideale. L’artista aveva stretto nel tempo solide amicizie con alcuni mostri sacri della letteratura, così era facile vedere in zona Rafael Alberti oppure i tre premi nobel Pablo Neruda, Gabriel Garcia Marquez e Miguel Ángel Asturias Rosales, che soggiornavano a casa Vallmitjana per trovare l’ispirazione, confrontare le idee o solo per assaporare l’atmosfera agreste toscana. Ben presto la villa divenne uno dei circoli culturali e d’avanguardia più importanti della città, dove quattro dei migliori talenti artistici locali – Dario Tenti, Orlando Cavallucci e i fratelli Francesco e Mario Caporali – entrarono in contatto con una figura che li spronò a fondare la Galleria d’arte moderna “L’incontro”, ad allacciare rapporti espositivi con il Venezuela, nonché a dare vita al celebre Premio Arezzo nel 1959. Neruda amava sostare a Tregozzano. A ogni suo arrivo la prima richiesta era un bel piatto di fagioli con le cotiche di cui andava matto, come ricordava il pittore Mario Caporali
scomparso nel 2017. In una di quelle visite, nei primi anni Sessanta, il grande poeta cileno vide il calco in gesso di una scultura che rappresentava due figure femminili abbracciate, dall’espressione angosciata e sofferente. Guardandole, le definì “La Hermana y la Herida”, ovvero “La Sorella e la Ferita”. Il 21 febbraio 1974, quando Vallmitjana morì per un ictus, l’opera non era stata ancora fusa. La consorte, decisa a offrire qualcosa alla terra che li aveva accolti con grande affetto, si rivolse ai tanti amici artisti, i quali inviarono i loro lavori per una collettiva al Circolo Artistico con cui raccogliere i fondi utili a realizzare il bronzo. I pezzi vennero valutati e il loro importo globale fu suddiviso per le persone che aderirono all’iniziativa. I partecipanti devolsero così tutti la stessa quota e le opere vennero cedute a sorteggio. La scultura ancora oggi impreziosisce i giardini di fronte alla biblioteca e ricorda a ognuno di noi Abel Vallmitjana, un artista che nella sua permanenza ad Arezzo illuminò una città che si stava riprendendo dai disastri della guerra, come fa un raggio di sole quando squarcia all’improvviso il cielo nero.
Nel lontano 1935, Donato Badiali fonda in Arezzo la “Tipografia Badiali”. La sede dell’azienda era ubicata in locali posti sotto le famose Logge del Vasari, nella prestigiosa Piazza Grande. L’ attività in questi locali, ha visto il succedersi di tutte le innovazioni tecnologiche di quei tempi. Dalla stampa tipografica con caratteri mobili, alla Linotype, madre delle più moderne fotocomposizioni. Nei primi anni ’70, Vittorio Badiali, sempre attento ai cambiamenti tecnologici, fonda anche la “Litostampa Sant’Agnese”. In questa azienda hanno visto la luce, le prime macchine da stampa offset e le prime fotocomposizioni. Nei primi anni ’80, grazie all’incremento dell’attività, è stata costruita
GRAFICHE BADIALI SRL Vi a M . C u r i e , 2 - 5 2 1 0 0 A R E Z Z O ( A R ) I TA LY Te l . + 3 9 0 5 7 5 9 8 4 1 2 0 grafichebadiali@grafichebadiali.it w w w. g r a f i c h e b a d i a l i . i t la nuova sede, dove tutt’ora l’azienda opera. Da allora, l’acquisizione delle tecnologie più moderne, hanno reso la “Grafiche Badiali” azienda leader del settore, in tutta l
provincia di Arezzo. I continui investimenti, ci hanno permesso, in questi ultimi anni, di portare all’interno
dell’azienda, la maggior parte delle lavorazioni, a vantaggio di un maggior controllo della qualità e dei servizi offerti alla nostra clientela. Infatti, l’esperienza acquisita e tramandata in quattro generazioni, in questi 80 anni di storia, ci consente di non essere semplicemente dei fornitori, ma un vero e proprio partner. Attenti ad ogni aspetto del nostro lavoro, dal 2011 abbiamo deciso di dotarci delle certificazioni ISO 9001:2008 per la qualità dei processi aziendali ed FSC per il prodotto, prestando grande attenzione e sensibilità, alla provenienza delle materie prime. Realizziamo cataloghi, brochures e depliant con i più vari sistemi di rilegatura sia nelle piccole che nelle grandi tirature, pieghevoli, manifesti, materiale commerciale, moduli in continuo, shoppers ed ogni tipo di packaging e gadget personalizzato, espositori e cartelli vetrina di ogni forma e formato. La nostra clientela è in genere altamente fidelizzata e distribuita in ogni settore merceologico: moda e tessile, eno-gastronomico, oreficeria, imprese di servizi, arredamenti, illuminazione e molti altri. Tra i nostri clienti annoveriamo: Prada, Graziella Group, Unoaerre, Textura, AEC Illuminazione, Monnalisa, Calzaturificio Soldini, CEIA, Gruppo Bancaetruria, Scart Group, Marchesi Antinori, Nannini Bags. Nel corso del 2015, abbiamo acquistato una nuova macchina da stampa f.to 70x100, la Roland 700 Evolution, la prima di questo modello venduta in Italia, la quinta in tutta Europa. Questa macchina a 5 colori con gruppo di verniciatura, ci permetterà ancora di più di
offrire quei servizi, che oggi una clientela sempre più esigente chiede. Se ci viene chiesto il perché di questo investimento così importante, in un momento di forte contrazione economica, a noi piace rispondere con un’aforisma di Albert Einstein: E’ dalla crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato.
FORTI PASSIONI, IDEE VINCENTI, UN PIZZICO DI FOLLIA.
seguici
marketing & comunicazione V I A
E I N S T E I N
1 6 / A
|
A R E Z Z O
|
W W W . A T L A N T I D E A D V . I T