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in materia di Moca (parte II

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Pasta e dintorni

Pasta e dintorni

(parte II)

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di Valeria Pullini - Avvocato esperto in diritto alimentare

La disciplina normativa nazionale e il regime sanzionatorio per la violazione dei regolamenti europei

Nella prima parte di questo articolo è stato introdotto il tema dei Moca, cioè materiali e oggetti a contatto e/o destinati a venire a contatto con gli alimenti. In tale sede è stata posta l’attenzione sulla disciplina normativa europea generale, con particolare attenzione al Reg. (Ce) n. 1935/2004, che costituisce la norma quadro generale, e al Reg. (Ce) n. 2023/2006 sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. In questa seconda parte sarà trattata la disciplina normativa nazionale e, nello specifico, il regime sanzionatorio per la violazione dei regolamenti europei in tema di Moca, tra i quali figurano i due regolamenti sopra richiamati. Verrà brevemente considerata anche la cosiddetta “dichiarazione di conformità” dei Moca e, infine, ci si soffermerà sull’obbligo dell’etichettatura ambientale, recentemente introdotto in sede nazionale attraverso il D. Lgs. 116/2020 che, come si vedrà, è stato oggetto di alcune rilevanti sospensioni applicative.

La disciplina sanzionatoria nazionale

Il D. Lgs. n. 29/2017, in vigore dal 2 aprile 2017, reca la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui ai Regg. (Ce) n. 1935/2004, n. 1895/2005, n. 2023/2006, n. 282/2008, n. 450/2009 e n. 10/2011, in materia di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari e alimenti. Con la pubblicazione di tale decreto sono state definite le sanzioni previste, in Italia, per la viola-

zione dei regolamenti sui Moca. Le principali violazioni da tenere in considerazione sono: • violazione dei requisiti generali indicati all’articolo 3 del Reg. (Ce) n. 1935/2004; • violazione degli obblighi di comunicazione, rintracciabilità o etichettatura; • violazione delle norme sulle buone pratiche di fabbricazione; • violazione dei requisiti speciali indicati all’articolo 4 del Reg. (Ce) n. 1935/2004; • violazione delle misure specifiche riguardanti materiali e oggetti di plastica o di plastica riciclata destinati a venire a contatto con gli alimenti. Il decreto sanzionatorio ha altresì apportato delle modifiche al sopra citato D.p.r. n. 777/1982, abrogandone alcune norme precettive e sanzionatorie generali, riguardanti previsioni che sono state trasfuse nella nuova disciplina. Tuttavia, è stato fatto salvo il comma 5 dell’articolo 4 di tale D.p.r., per cui i Moca devono essere accompagnati, nelle fasi diverse dalla vendita al consumatore finale, da una dichiarazione che attesti la conformità alle norme loro applicabili rilasciata dal produttore, di cui si dirà in seguito. È stato fatto salvo anche l’articolo 3 del ridetto D.p.r., munito della relativa previsione sanzionatoria: trattasi della fattispecie della produzione di materiali o oggetti destinati, da soli o in combinazione tra loro, a venire a contatto con le sostanze alimentari, in difformità rispetto a quanto stabilito in appositi decreti del Ministero della salute. E ancora è fatto salvo anche l’articolo 2-bis, che dispone il divieto di: “produrre, detenere per vendere, porre in commercio o usare materiali e oggetti che allo stato di prodotti finiti siano destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con l’acqua destinata al consumo umano,

I Moca vanno accompagnati da una dichiarazione di conformità

che siano: a) di piombo o di leghe contenenti più del 10% di piombo; b) stagnati internamente con stagno contenente piombo al di sopra dell’1%; c) rivestiti internamente con strati vetrificati, verniciati o smaltati che, messi a contatto per 24 ore con una soluzione all’1% di acido acetico, cedano piombo alla temperatura ordinaria; d) costituiti da materiale nella cui composizione si trovi più di tre centigrammi di arsenico per 100 grammi di materiale”. Le sanzioni introdotte dal D. Lgs. n. 29/2017 hanno natura amministrativa pecuniaria, ma molte disposizioni sanzionatorie prevedono, nell’incipit, la clausola di salvaguardia “salvo che il fatto costituisca reato”. Tale clausola riserva l’applicazione preferenziale della sanzione penale su quella amministrativa, qualora la specifica condotta ivi considerata integri gli estremi di un reato. È prevista, inoltre, la disciplina specifica della diffida per le violazioni di lieve entità. Sul punto, quando l’organo che procede all’accertamento rilevi una o più violazioni di lieve entità, in relazione alle modalità della condotta e all’esiguità del danno o del pericolo, procede alla contestazione a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, diffidando il trasgressore a regolarizzare le violazioni, ad adoperarsi per elidere o attenuare le eventuali conseguenze dannose o pericolose dell’illecito e fornisce altresì al trasgressore le prescrizioni necessarie per ottemperare alla diffida. Trascorso il termine fissato nella diffida, l’organo verifica l’effettiva ottemperanza alla diffida stessa, la quale determina l’estinzione degli illeciti limitatamente alle violazioni oggetto della stessa. In caso di mancata ottemperanza alla diffida si procede alla contestazione e notificazione della violazione e alla irrogazione della sanzione a norma delle disposizioni della legge n. 689 del 24 novembre 1981.

La dichiarazione di conformità dei Moca

La dichiarazione di conformità dei Moca riguarda sia i materiali di imballaggio, sia i materiali destinati a costituire altri oggetti (utensili, contenitori, parti di macchine alimentari). L’obbligo della dichiarazione di conformità dei Moca era già previsto dal D.m. n. 6 del 21 marzo 1973 “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale”, successivamente oggetto di diverse modifiche anche a seguito dell’emanazione di specifiche normative europee, il quale riportava che “ogni partita deve

essere corredata da dichiarazione del produttore attestante che gli oggetti di cui al comma precedente sono conformi alle norme vigenti”. Come sopra detto, l’ancora vigente articolo 4, comma 5, del D.p.r. 777/1982, stabilisce che i Moca devono essere accompagnati, nelle fasi diverse dalla vendita al consumatore finale, da una dichiarazione che attesti la conformità alle norme loro applicabili rilasciata dal produttore. Ma anche il Reg. (Ce) n. 1935/2004 (regolamento quadro in materia di Moca) prevede che i materiali e gli oggetti destinati al contatto con alimenti debbano essere corredati da una dichiarazione scritta attestante la loro conformità alle norme vigenti. Sono soggetti al rilascio della Dichiarazione di conformità: • i produttori di sostanze destinate a essere utilizzate per la produzione di Moca; • i produttori di materiali intermedi e/o semilavorati (ad esempio, granuli, preforme, con riferimento alle materie plastiche) e destinati successivamente a essere trasformati in prodotti finiti; • i produttori di prodotti finiti (bottiglie, vaschette ecc.) definibili anche come “trasformatori” (che effettuano, ad esempio, attività di stampaggio, formatura, accoppiamento di film plastico) o

“assemblatori” (per la produzione di macchinari, attrezzature ed elettrodomestici); • gli importatori che immettono sul mercato Ue sostanze, intermedi o prodotti finiti provenienti da Paesi extra-Ue. La responsabilità di preparare la dichiarazione di conformità è in capo al cosiddetto “operatore economico”, definito dal Reg. (Ce) n. 1935/2004 come “la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni del regolamento stesso nell’impresa posta sotto il suo controllo”. La dichiarazione non è unica per i vari soggetti coinvolti nella filiera di produzione di Moca, in quanto esiste una vera e propria catena di dichiarazioni. A partire dal produttore iniziale delle materie prime fino al distributore finale, ciascuno rilascia la propria dichiarazione di conformità al soggetto economico a valle e detiene quella ricevuta dal soggetto economico a monte. Anche i semplici commercianti che si inseriscono nella filiera devono ricevere la dichiarazione e rilasciarla al proprio cliente. Le informazioni contenute nella dichiarazione di conformità non sono le stesse per tutti gli operatori economici, in quanto dipendono dalla posizione nella filiera dell’operatore stesso e dal tipo di prodotto che viene ceduto al soggetto

Le informazioni dipendono dalla posizione dell'operatore nella filiera

a valle della filiera (se, ad esempio, l’operatore fosse un commerciante che non aggiunge nulla al processo produttivo del Moca, questi dovrà semplicemente trasferire le informazioni ricevute dall’operatore a monte al proprio cliente, ossia l’operatore a valle). Ogni dichiarazione di conformità deve comunque essere oggetto di revisione/aggiornamento qualora dovessero palesarsi modifiche significative nella composizione e nelle caratteristiche delle materie prime impiegate, oppure variazioni rilevanti del ciclo produttivo o, più semplicemente, quando variano i riferimenti legislativi. Potrebbe comunque essere opportuno prevedere almeno una revisione annuale, il che attesterebbe una particolare attenzione da parte del soggetto economico1 .

L’etichettatura ambientale degli imballaggi

Il D. Lgs. n. 116/2020, recante attuazione della direttiva (Ue) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/Ce relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (Ue) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/Ce sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, è in vigore dal 26 settembre 2020 e coinvolge il sistema di etichettatura ambientale degli imballaggi. Tale decreto interviene, con l’articolo 3, comma 3, lettera c), sul Testo unico ambientale (D. Lgs. n. 152/2006), modificandone l’articolo 219, comma 5, relativo ai criteri informatori dell’attività di gestione dei rifiuti di imballaggio. La precedente lettera del comma 5 citato prevedeva: “Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. Il predetto decreto dovrà altresì prescrivere l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio da parte dell’industria interessata, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/Ce della Commissione”. Mentre la disposizione attuale, come recentemente modificata, recita: “Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche Uni applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio degli imballag-

gi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. I produttori hanno, altresì, l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio, la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della decisione 97/129/Ce della Commissione”. Quest’ultima versione non prevede più la necessità di un decreto attuativo che fornisca le modalità di etichettatura degli imballaggi, prevista dall’originario comma 5 ma di fatto mai concretizzata (nessun decreto, infatti, è mai stato emanato a tale proposito), ma richiama direttamente le norme tecniche Uni applicabili. Nella nuova versione della norma, inoltre, diventa espresso l’obbligo di indicare la natura dei materiali d’imballaggio utilizzati, facendo riferimento (come era già nella precedente stesura dell’articolo 5) al sistema di identificazione alfanumerico (numeri e abbreviazioni) contenuto nella Decisione 97/129/Ce della Commissione. Il provvedimento, per i tempi e i modi con cui ha stabilito l’entrata in applicazione dei nuovi obblighi di etichettatura, ha creato non poche incertezze e dubbi interpretativi negli operatori coinvolti, sia riguardo all’in-

È obbligo dividuazione dei soggetti tenuti a ottemperare alle nuove disposizioni, sia in relazione alle informadei produttori zioni da riportare effettivamente sugli imballaggi, indicare la natura sia infine per la mancata previsione di un periodo dei materiali transitorio che consentisse agli operatori di smalutilizzati tire gli imballaggi già presenti nella filiera distributiva non conformi alle nuove disposizioni, così come le scorte di etichette. Motivi che hanno portato, a seguito di un confronto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e con il Mise, all’inserimento, nel contesto del “Decreto milleproroghe”, della sospensione, fino al 31 dicembre 2021, dell’applicazione dell’art. 219, comma 5, primo periodo, del D. Lgs. 3 aprile 2006, ossia alla sospensione dell’obbligo di etichettare gli imballaggi secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche Uni applicabili. Pur sospesa temporaneamente tale disposizione, è rimasto tuttavia immediatamente applicabile quanto stabilito dal secondo periodo del comma 5 dello stesso articolo, secondo cui: “I produttori hanno, altresì, l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio, la natura dei materiali di imballag-

gi utilizzati, sulla base della decisione 97/129/Ce della Commissione”. Obbligo che interessa tutti gli imballaggi (primari, secondari e terziari) destinati sia al commercio professionale (b2b), sia alla vendita al consumatore (b2c). L’obbligo di ottemperare all’identificazione degli imballaggi è certamente in capo ai produttori, ai fabbricanti, ai trasformatori e agli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio, come previsto da D. Lgs. 152/2006. Ma attenzione: l’articolo 261, comma 3, dello stesso decreto prevede che a chiunque immetta sul mercato imballaggi privi dei requisiti di identificazione del materiale conformemente alla decisione 97/129/Ce, sia applicata una sanzione amministrativa pecuniaria. Considerando i prodotti preconfezionati destinati al consumatore finale, ciò significa che anche gli utilizzatori degli imballaggi, responsabili dell’immissione dei prodotti finiti sul mercato, possono essere considerati responsabili della mancata presenza, in etichetta o sull’imballaggio stesso, delle informazioni relative alla identificazione dei materiali di cui l’imballaggio stesso è costituito. Inoltre, risultano potenzialmente sanzionabili per la stessa omissione anche i commercianti dei prodotti finiti, così come i distributori, i confezionatori e gli importatori di prodotti confezionati non conformi a tale requisito. L’apposizione di tali informazioni in etichetta deve perciò essere il risultato di un’attività congiunta tra fornitore di packaging/imballaggio e utilizzatori a valle. Per agevolare gli operatori coinvolti nella realizzazione dell’etichettatura ambientale, il Conai è venuto in aiuto con suggerimenti pratici contenuti in apposite Linee guida dallo stesso elaborate e rilevabili al seguente link: https://www.conai.org/notizie/etichettatura-ambientale-degli-imballaggi-gli strumenti-di-conaia-supporto-delle-imprese/. Tuttavia, lo scorso 21 maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. n. 41/2021 recante: “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da Covid-19”. Tale decreto ha introdotto una nuova e ulteriore posizione del legislatore, disponendo la sospensione, fino al 31 dicembre 2021, dell’applicazione di tutto il comma 5 dell’articolo 219 del D. Lgs. n. 152/2006 in materia di etichettatura ambientale degli imballaggi. Quindi, fino al 31 dicembre 2021 potranno continuare a essere utilizzati gli imballaggi privi del tutto dell’etichettatura ambientale (la quale, comunque, potrà essere impiegata su base volontaria sino a tale data). La suddetta previsione normativa ha disposto, inoltre, che “i prodotti privi dei requisiti prescritti dall’art. 219, comma 5, e già immessi in commercio o etichettati all’1 gennaio 2022, potranno essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte”. Ciò significa che a partire da tale data potranno rimanere in commercio fino a esaurimento delle scorte solo gli imballaggi privi di etichettatura ambientale che a tale data siano già stati immessi in commercio o etichettati. Per “etichettati” s’intende che il prodotto deve essere stato realizzato, imballato ed etichettato ai fini della relativa commercializzazione prima dell’1 gennaio 2022, mentre i materiali d’imballaggio (ad esempio, scorte di magazzino) privi dei requisiti di conformità ambientale non potranno più essere utilizzati dopo il 1 gennaio 2022.

Valeria Pullini

pullini@avvocatopullini.it

NOTE:

1 Queste e altre informazioni in tema di “dichiarazione di conformità” dei Moca sono contenute nel sito www.confartigianatoparma.it

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