Azione 05 del 27 gennaio 2020

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Una visita allo Spazio Wetube che da un anno la RSI mette a disposizione dei giovani creativi digitali

Ambiente e Benessere La lana di legno, un prodotto ecologico e rinnovabile molto utile per combattere l’erosione del terreno»

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 27 gennaio 2020

Azione 05 Politica e Economia Donald Trump a Davos per il WEF commenta i risultati vincenti dell’economia Usa

Cultura e Spettacoli La Giornata della Memoria è l’occasione per riflettere anche sul delicato tema del perdono

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A. Romenzi91

Libia, nell’inferno dei migranti

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Davos, forum e palcoscenico di Peter Schiesser Il Forum economico di Davos è un magnete mondiale. Cinquant’anni anni dopo la sua fondazione, lo vediamo: c’è Trump, c’è Greta, per noi tutti i consiglieri federali, c’è l’élite politica internazionale e capitani d’industria e della finanza. Ci sono gli altermondisti, gli ecologisti e tutta la galassia di oppositori al capitalismo, da cui il Forum viene visto come un’icona. Eppure, 50 anni fa il Forum di Davos era nato in altro modo: un giovane ingegnere ed economista tedesco, Klaus Schwab, voleva creare una piattaforma affinché i dirigenti d’azienda incontrassero i loro stakeholder. Il pensiero di questo giovane, come lo racconta lui stesso in un’intervista alla «Neue Zürcher Zeitung» da cui traggo le citazioni, era in antitesi al concetto di shareholder (secondo Milton Friedman), limitato all’interesse dell’azionista. Schwab riteneva fondamentale per un futuro sostenibile di ogni azienda che si considerassero invece gli interessi degli stakeholder, in senso allargato anche della collettività. In questi decenni, Davos è rimasto comunque un forum, in cui idee originali e persone carismatiche si sono

presentate al mondo. Un idealismo di fondo, unito a pragmatismo, c’è ancora oggi: quest’anno si presenta nell’iniziativa di piantare un miliardo di alberi sulla terra per contrastare i cambiamenti climatici, tema che fa da sfondo a questa cinquantesima edizione. Ma certo, Davos è anche il palcoscenico della politica mondiale. Schwab ricorda che nel 1987 il ministro degli esteri tedesco Genscher pronunciò il discorso che segnò l’inizio della fine della Guerra fredda, in cui chiese al mondo di dare una chance a Michail Gorbaciov, nuovo uomo forte dell’Unione Sovietica, qui greci e turchi avevano disinnescato una guerra imminente nel 1986... Oggi forse l’importanza politica che si attribuisce al Forum è esagerata, se intesa come possibilità di stringere accordi. È diventato un palcoscenico globale, da cui annunciare i propri messaggi: il cinese Xi Jinping per ergersi a paladino della globalizzazione, Donald Trump per dire al mondo quanto lui è great e America great again, e la storiella del clima una gran fandonia, Greta per dire che il mondo brucia tuttora. Comunque, è un palcoscenico da cui non si può prescindere: meglio qualche incontro cordiale senza molti risultati che non esserci. Motivo per cui anche i nostri consiglieri federali si sono trasferiti a Da-

vos in corpore, tre dei quali (Sommaruga, Keller-Sutter e Cassis) per incontrare la neo presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la sua delegazione da Bruxelles. Le aspettative che alcuni media avevano sollevato erano ovviamente esagerate, si è certo parlato dell’importanza di un accordo istituzionale fra Unione Europea e Svizzera ma stando attenti ad evitare ogni termine provocatorio (non si è usato il verbo «rinegoziare»). Si è trattato di una presa di contatto, di conoscersi personalmente, di spiegare che sull’accordo quadro il dibattito interno alla Svizzera è ancora in corso, di far capire che serve ancora un po’ di pazienza: adesso bisogna concentrarsi sull’iniziativa dell’UDC per l’abolizione della libera circolazione (che farebbe decadere tutti gli accordi bilaterali), al voto il 17 maggio; dopodiché si potrà riprendere il discorso. Intanto, ma questo sta avvenendo con grande discrezione, in Svizzera esponenti sindacali, cantonali e impresari stanno cercando una via d’uscita all’impasse sulle misure di accompagnamento come previste dall’accordo istituzionale con l’UE. Perché è la Svizzera che deve presentare delle proposte di modifica a Bruxelles, non il contrario, e queste non ci sono ancora. A Davos era solo il momento dei saluti e dei sorrisi.


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