Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXIX 5 settembre 2016
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Azione 36
Società e Territorio La campagna MenCare mira a rafforzare il ruolo dei padri
Ambiente e Benessere Stando a una ricerca svizzera, il numero di tumori è in aumento, ma il tasso di mortalità per chi è colpito da queste patologie è in calo
Politica e Economia Il porto iraniano di Chabahar diventa di importanza strategica
Cultura e Spettacoli Le foto del giapponese Domon Ken sono un omaggio alla sua terra e alla gente
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Keystone
Le cappelle della Val Verzasca
di Elena Robert pagina 6
Se si confonde l’ombelico con il mondo di Peter Schiesser Sul tabellone delle ordinazioni dell’azienda di famiglia, mio padre aveva scritto di suo pugno due massime che lo ispirarono tutta la vita: «Non chiedere che cosa il tuo Paese può fare per te, chiedi che cosa puoi fare per il tuo Paese» (John Fitzgerald Kennedy) e «Non lasciare che la paura sia la tua consigliera» (frase che attribuiva al generale americano George S. Patton, ma non sono certo che l’avesse pronunciata così). Era figlio della generazione nata fra le due guerre mondiali, capitano dell’esercito per orgoglio patriottico e cittadino convinto che il benessere del singolo dipendesse da quanto faceva per la collettività e per lo Stato, cui riconosceva un’autorità morale indiscutibile. Allora, ancora bambino, non coglievo il senso di queste frasi, ma oggi, cittadino di una società votata all’individualismo, mi appaiono come testimonianza significativa di un tempo che non c’è più: noi, agire per il bene dello Stato? È lo Stato che deve soddisfare i bisogni del cittadino, assicurargli benessere, felicità, libertà e al contempo disturbare il meno possibile la sua vita. Questo è il tono di fondo della società odierna. Un bene? Un male?
Non cediamo alla tentazione di risposte in bianco e nero. Ma chiediamoci in che modo è cambiata la società e il rapporto del cittadino con la collettività e lo Stato dopo cinque decenni in cui la ricerca del benessere individuale ha prevalso sull’interesse collettivo. Osserviamoci, nella nostra vita quotidiana: il tempo è scandito dalla ricerca di un benessere personale, materiale ed emotivo, le informazioni che ci attirano riguardano perlopiù la nostra sfera individuale, quanto ci diciamo è spesso espressione del nostro ego, molto meno ci interessa sapere come va il mondo, come funziona, come si trasforma la società; e poco ci interessa il prossimo, cui diamo poco vero ascolto. Se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che ci stiamo trasformando in una società narcisista, in cui l’attenzione esasperata alle aspettative dell’individuo è la misura di tutte le cose. L’affermazione dell’individuo è una conquista quando si vive in società rette da strutture autoritarie, in cui persino la famiglia soffoca le potenzialità del singolo. L’individualismo ha quindi aspetti fortemente positivi: ogni persona vede riconosciuta la propria libertà e dignità. Ma quale collante tiene ancora insieme una società quando gli equilibri sono completamente rovesciati e i cittadini pensano
solo a se stessi? Il nostro sguardo sul mondo si focalizza su pochi elementi, quelli che ci toccano personalmente, va persa la curiosità di comprendere con uno sguardo il più oggettivo e ampio possibile che cosa succede qui ed altrove. Se ci si mobilita, non è per ideali astratti, come era in uso nel ’68, ma per un interesse più ristretto e che ci tocca più da vicino. Lo vediamo nella politica, anche in quella svizzera: gli interessi individuali o di gruppo prevalgono su quelli collettivi, rendendo sempre più difficile la ricerca di compromessi accettabili da tutti. Tutto bene, finché tutto va bene. Finché c’è pace e prosperità. Ma quando l’oscurità di mondi lontani irrompe nel nostro quotidiano sotto forma di attentati, di camion lanciati sulla folla, di fanatici che sparano all’impazzata mentre prendiamo l’aperitivo serale, la paura si impossessa di noi. E subito chiediamo allo Stato una protezione totale che non ci può dare. Il nostro benessere individuale si scontra con la paura di perderlo (e di perdere la vita), lasciandoci soli di fronte al panico, orfani di una sicurezza perduta. Improvvisamente, il nostro narcisismo rivela una vulnerabilità che nessuno può toglierci. E rischiamo che la paura diventi la nostra pessima consigliera.