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Cooperativa Migros Ticino
Società e Territorio Nell’era dei social le agenzie di incontri esistono ancora e si definiscono in crescita
Ambiente e Benessere Siamo e saremo toccati dal cambiamento climatico sempre di più: in molti settori e in diverse forme. Lo spiega il rapporto allestito dalle Accademie svizzere delle scienze
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXX 2 gennaio 2017
Azione 01 Politica e Economia Nonostante la nuova risoluzione dell’ONU Israele continua con la sua politica degli insediamenti
Cultura e Spettacoli Lo scrittore ceco naturalizzato austriaco Leo Perutz si distinse per i suoi thriller metafisici
pagina 9
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di Gian Franco Ragno pagina 25
Massimo Pacciorini-Job
Ritratti inediti di una città
pagina 23
Il mestiere più difficile di Alessandro Zanoli L’espressione del piccolo Luigi è estremamente eloquente. Quando un bambino di quattro anni aggrotta le ciglia può intimidire davvero. Urla: «La smettete di parlare che non riesco a sentire i cartoni alla tv?». Al tavolo dei festeggiamenti gli adulti si guardano perplessi. Tutti, naturalmente, sono ammutoliti. L’unico che, dopo qualche momento, osa esprimere il proprio pensiero sottovoce è Giovanni (naturalmente il solo tra i commensali a non avere figli): «Se avessi detto una cosa del genere a casa mia mi sarei preso una bella sculacciata... Una volta erano i bambini che dovevano stare zitti». Nel silenzio colpevole che segue ognuno di noi fa il suo esame di coscienza. Nessuno, in realtà, se la sente di rimproverare i genitori del piccolo Luigi. Hanno lavorato sodo fino a poche ore fa. Sono tornati a casa di corsa dall’ufficio e si sono fatti in quattro per allestire una bella tavola delle feste, per preparare un buon menu. Hanno messo sotto l’albero un bel pacchetto per ognuno degli amici, scegliendo con cura e simpatia il regalo più indicato per ognuno.
Come accusare loro di aver forse un po’ trascurato il fattore più instabile, meno prevedibile... i figli? E i due ragazzini, Luigi e Andrea, quattro e sei anni, in parte sinceramente entusiasti per la riunione di famiglia, in parte un po’ scocciati per l’invasione della privacy, hanno cominciato quasi subito a sabotare la festa. Anzi a infierire sui genitori. Il repertorio delle piccole intemperanze infantili in questi contesti è noto. La strategia del disturbo agisce in modo progressivo e impietoso, fino al climax degli strilli e delle minacce, e poi oltre, fino a suscitare un battibecco stizzito tra partner (un «Te l’avevo detto io che dovevano andare a letto presto» a cui controbatte un «Taci, non interferire, adesso parlo io»). La conclusione del conflitto, in questi tempi di elettronica da intrattenimento, è noto. Andrea finisce in camera sua, a giocare al Lego (ma sull’iPad), mentre Luigino si impossessa del divano e viene sommerso da uno tsunami di cartoni animati pieni di strani personaggi e di boati. E in questa finta normalità che riprende lentamente possesso della sala da pranzo i commensali si rilassano, si concentrano sulle vivande e sulle conversazioni lasciate interrotte. Veniamo a scoprire
così che Anna, la madre dei due ragazzini ha appena concluso con successo un corso di coaching. La sua posizione in azienda si è molto rafforzata: ora è in grado di dare consigli mirati e lungimiranti ai suoi colleghi per aiutarli a prendere in mano la loro carriera professionale. Giulio, il padre, ha avuto un’annata molto positiva, nonostante la crisi. Progetta già delle belle vacanze sulla sua barca a vela: vive già in prospettiva dell’estate, insomma. Proprio parlando di queste cose finiamo tutti per entusiasmarci e alzare una po’ la voce. Finché Luigino ci rimette al nostro posto. Uscendo da casa degli amici, a fine serata, siamo costretti a pensare a quanto poco spazio, in realtà, hanno i bambini nei nostri pensieri, e con quanta ragione rivendichino attenzione dalle nostre comunità «adulte». C’è stato un tempo in cui i genitori discutevano di sistemi educativi, leggevano magari i libri di Marcello Bernardi e si sentivano comunque imperfetti, come prescriveva Bruno Bettelheim. Idealisti superficiali, pensavano che una migliore educazione potesse magari rendere il mondo un luogo migliore. Oggi l’impressione è che ci si stia arrendendo: le energie migliori le dedichiamo al lavoro o alle vacanze. All’affetto ci pensa la tecnologia.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Società e Territorio pagina 5
Le segherie in Ticino Il Centro di dialettologia e di etnografia ha pubblicato lo studio di Tarcisio Casari sulla storia delle segherie idrauliche del nostro Cantone
La serie tv Person of Interest ha «predetto» fatti concernenti le operazioni top secret di sorveglianza compiute dal National Security Agency, poi denunciate da Edward Snowden.
pagina 6
Siamo al servizio dei signori del silicio Tecnologie della comunicazione Evgeny Morozov
e l’ideologia dell’«App per ogni problema»
Marka
Lorenzo De Carli
Trovare l’amore
Relazioni Una volta si chiamavano agenzie matrimoniali, sembrava dovessero essere sostituite dai social network
eppure le agenzie di incontri esistono ancora e anzi si definiscono in crescita Paola Bernasconi «Le agenzie per single?», esclama la Life Coach e consulente in sessuologia Kathya Bonatti: una soluzione per trovare l’amore che decisamente non le piace. In un’era in cui il termine «zitella» vien sempre più sostituito da quello di «single», in molti comunque aspirano, prima o poi, a costruirsi una famiglia. Il problema è che sovente diventa difficile trovare la persona giusta con cui farlo: i matrimoni calano, i divorzi salgono. E ormai è acqua passata il corteggiamento, tanto dolce e romantico, a suon di dichiarazioni, nei bar o nei luoghi pubblici. Ci si incontra soprattutto al lavoro, oppure sui social network. E le agenzie di incontro? «Erano basilari come intermediarie qualche anno fa, quando si voleva conoscere qualcuno al di fuori del proprio ambiente. Adesso, ci si iscrive in un social, e con rapidità si selezionano i profili che più piacciono: in una serata, si possono avere anche un centinaio di contatti!», prosegue Bonatti. Eppure le agenzie esistono ancora, e si definiscono in crescita. Ne abbia-
mo interpellate alcune, trovando un po’ di reticenza, a dire il vero, a parlare, soprattutto di prezzi. «Per forza, chi spende se può farlo gratuitamente oppure con pochissimi soldi su Internet?», non si stupisce la consulente. L’unica a essere trasparente sui prezzi è l’agenzia ProDue, con una sede in Ticino ma operante soprattutto nella Svizzera tedesca. Il pacchetto minimo, che comprende l’iscrizione di un anno, costa 1660 franchi, sino al più caro, ben 8660 franchi per due anni. «I prezzi sono contenuti», ci dice invece Daniela, della Nuova Incontri, con sede a Como e parecchi ticinesi iscritti, che offre anche supporto psicologico in caso di difficoltà. «Le nostre quote sono accessibili a tutti. E abbiamo anche delle promozioni», aggiunge Michela della Completiamoci, altra agenzia italiana che agisce anche da noi. Ma chi sono gli iscritti? Più o meno, le risposte che ci vengono fornite dai nostri interlocutori sono le stesse. «Ci sono persone dai 25 ai 70 anni, la fascia in cui iscriviamo più persone è quella fra i 35 e i 50 anni», afferma Michela. Per Andrea
di ProDue, «abbiamo persone giovani e più anziane, con molte professioni e di tutte le estrazioni sociali». Il motivo è comune: trovare l’amore. «Chi si rivolge a noi desidera una relazione stabile, ha voglia di rimettersi in gioco e di vivere un sentimento. Oggi si trovano molte relazioni occasionali ma poche con basi solide», spiega Michela. Le fa eco Daniela: «Non è facile incontrare chi rispetta i tuoi valori, e che sappia vivere e godere delle piccole cose». Gli iscritti ai social network, alcuni mirati proprio per le relazioni, sono in aumento, così come il numero di storie che nascono dietro una tastiera. Addirittura, questo tipo di relazioni, secondo una ricerca di qualche anno fa dell’Università di Chicago, durano di più, portano a un minor numero di divorzi e vedono i partner più coinvolti. «Ovvio, perché quando si compila il proprio profilo, vanno inseriti interessi e passioni, così che il social ti mostri le persone con cui potenzialmente potresti andare d’accordo. È più semplice chiedere dettagli via Internet, e più rapido: questo è fondamentale, in un
mondo dove tutto va sempre più veloce», commenta Kathya Bonatti. Ora però interpelliamo i diretti interessati. Mai pensato a un’agenzia? Lo chiediamo agli iscritti di un gruppo Facebook per single. La risposta unanime è no, non si usa. «Meglio i social», dice qualcuno. «Preferisco entrare in contatto con qualcuno in un bar o in un supermercato», afferma qualcun altro. Abbiamo trovato anche un ragazzo iscritto a un’agenzia. 35 anni, ha un lavoro che gli porta via molto tempo, ed è timido, ma «ho voglia di cambiare. Per iscrivermi, ho dovuto completare un formulario con domande e varie crocette sulle mie preferenze». Per ora ha avuto un solo contatto, «troppo poco per dire se sono soddisfatto o no e se consiglierei l’esperienza a qualcuno. I social? Avevo già pensato di iscrivermi pure lì». Come fa notare Andrea della ProDue, «la maggior parte dei nostri iscritti sono sui social, ma non funziona». «Perché non funzionano? Molti non si presentano per quello che sono, mentono, non vogliono veramente un
serio rapporto di condivisione di vita, di interessi e di futuro». Decisa anche Michela, «lasciano il tempo che trovano: spesso ci si iscrive per mesi e si brucia un incontro, oppure si contatta qualcuno solo sulla base di una foto, mentre una persona “gustata” dal vivo è del tutto diversa». «Noi facciamo una selezione che non si limiti all’aspetto fisico. Chi viene da noi vuole una persona seria, motivata, stabile. Le donne cercano un uomo affidabile e affettuoso, gli uomini una donna che non abbia un secondo fine», dice l’incaricata della Completiamoci. Le soddisfazioni maggiori, ovviamente, sono creare una coppia, vederla crescere, «o vedere chi si era iscritto poco convinto ringraziarci mille volte perché ha funzionato». ProDue, inoltre, è orgogliosa di operare anche nel campo dei disabili. Da Facebook, però, spiegano che «questi gruppi in rete (e i social) non funzionano». «Se conoscessi un modo efficace, non sarei qui», ironizza qualcuno. E allora, qual è la soluzione? Già, saperlo…
«Siamo sorvegliati. Il governo dispone di un sistema segreto, una macchina che vi spia ogni ora di ogni singolo giorno. Ho ideato una macchina per prevenire atti di terrorismo, ma vede ogni cosa.» Queste parole, pronunciate all’inizio di ogni episodio di Person of Interest, serie televisiva tra le più riuscite degli ultimi anni, sono di Harold Finch, hacker, programmatore geniale, diventato miliardario, che ha scelto di vivere in totale anonimato, nascondendo la sua identità dietro la maschera di mestieri banali. Con l’amico Nathan Ingram, nel frattempo deceduto, Finch ha costruito «La Macchina». Non si tratta di un computer, bensì di una intelligenza artificiale distribuita, creata per soddisfare le esigenze dell’amministrazione americana dopo gli attentati terroristici che colpirono gli Stati Uniti nel 2001.
Nel suo ultimo saggio il sociologo e giornalista bielorusso mette in guardia contro il cyber ottimismo «La Macchina» è capace non solo di accedere a tutti i database, è interfacciata con tutte le telecamere connesse a Internet, anche quelle di tutti gli smartphone, caratteristica che permette a questa IA di prevedere le nostre azioni. Il mondo distopico di Person of Interest è sullo sfondo della riflessione sociologica di Evgeny Morozov, il quale – dopo il saggio intitolato L’ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet dedicato all’uso di Internet negli stati totalitari – ha raccolto i suoi ultimi scritti nel volume Silicon Valley: i signori del silicio. Così come gli stati totalitari usano le tecnologie della comunicazione per sorvegliare, censurare e svolgere azione di propaganda; dietro l’apparente libertà delle nostre libere società le medesime tecnologie sono usate per tenerci tutti avvinghiati a un rutilante ininterrotto spettacolo d’informazione e intrattenimento, fornito da agenzie che raccolgono dati sui nostri gusti, le nostre
abitudini, i nostri desideri allo scopo di tracciare e tener costantemente aggiornati i nostri profili di consumatori, l’unico aspetto della nostra identità per il quale siamo suscettibili d’interesse. Bersaglio di Evgeny Morozov è il cyber ottimismo, la tendenza capillarmente diffusa di ritenere le tecnologie della comunicazione neutre rispetto al modello di società che ciascuno di noi vorrebbe impegnarsi a realizzare. Nelle mani di aziende che hanno solo lo scopo di soddisfare i loro azionisti, queste tecnologie moltiplicano invece nuove necessità e stimolano nuovi desideri. Evgeny Morozov usa «Silicon Valley» come antonomasia di tutta l’industria delle tecnologie della comunicazione. Nelle sue riflessioni critiche il luogo nel quale si sono concentrate le attività delle maggiori imprese impegnate nell’innovazione di hardware e di software è contrapposto a «Wall Street», sede della più grande borsa valori del mondo, simbolo del capitalismo finanziario: «Wall Street predica scarsità e invoca austerità, la Silicon Valley celebra abbondanza e innovazione». Secondo Morozov, i due luoghi simbolici sembrano narrare il presente in maniera contrapposta mentre in realtà condividono il comune progetto di ridurre fino a sopprimerlo lo spazio a disposizione per pensare a modelli d’interazione sociale alternativi a quelli vigenti tutti orientati al profitto. Di primo acchito, la posizione di Morozov sembrerebbe essere quella di un luddista, un epigono di coloro che, nell’Ottocento, sabotavano le macchine industriali al doppio scopo di affrancare i lavoratori dalle catene della produzione e di ridare dignità all’artigianato. In verità, ciò che persegue Morozov è un uso consapevole delle tecnologie della comunicazione, lo sviluppo di una consapevolezza all’altezza dell’attuale fase della produzione capitalistica: «se da un lato sappiamo bene che gli interessi del settore farmaceutico, alimentare e petrolifero sono lontanissimi dai nostri, dall’altro non guardiamo mai alla Silicon Valley con necessario spirito critico». Sembra che la seduzione delle tecnologie della comunicazione, che tendono a rendere liquidi i confini tra produzione e intrattenimento, sia a tal segno efficace,
che agisce come una sorta di narcotico collettivo, che induce a sospendere la riflessione critica: «quando gli attivisti del cibo si scagliano contro Big Food e sostengono che le aziende alimentari aggiungono troppo sale per renderli più gustosi e farceli desiderare, nessuno osa tacciarli di anti scientificità. Invece, criticare Facebook o Twitter con argomenti simili – per esempio dimostrando come siano progettati per far leva sulle nostre ansie e manie – porta a immediate accuse di tecnofobia se non addirittura di luddismo». Altro motivo d’inquietudine di Morozov è la mole di dati che Google, Facebook o Twitter raccolgono sui nostri gusti e sulle nostre abitudini. Se leggiamo le dichiarazioni d’uso che, per esempio Google, ci chiede di sottoscrivere la prima volta che ne usiamo il motore di ricerca, apprendiamo che i dati di navigazione personali raccolti saranno usati per servirci meglio e per migliorare la sua offerta, ma Google è nelle condizioni di poter setacciare la nostra posta, di raccoglie informazioni sulla nostra navigazione, sulle ricerche che facciamo nelle mappe, nelle sue raccolte di libri – di aggregare tutti i dati dell’ampia mole di servizi che ci offre allo scopo di creare le condizioni per renderci bersaglio di una sempre più puntuale pubblicità. Siccome, talvolta, ciò che ci viene offerto dalla pubblicità è la soddisfazione di una necessità latente, grazie al meccanismo di piacere in tal modo prodotto, si attiva la sospensione della nostra vigilanza critica. Siamo sempre al lavoro per altri ma non ce ne rendiamo conto perché le tecnologie della comunicazione stimolano il rilascio di dopamina. Morozov ci fa comprendere i meccanismi per mezzo dei quali la Silicon Valley ha creato le condizioni per rendere superfluo pensare a soluzioni politiche per l’attuale crisi economica generalizzata: basta un’App, un nuovo dispositivo, e si ripete l’illusione che lo sforzo d’immaginazione per rinnovare le istituzioni politiche possa essere rimpiazzato con il comando «aggiorna». Secondo Morozov disconnettersi non è una buona alternativa all’irretimento, ma la riscoperta del piacere di annoiarsi, per contro, è un buon antidoto al click compulsivo.
Cento anni di storia e un concorso Pro Senectute Un 2017 di festa per
la fondazione che ha una nuova presidente La Conferenza delle e dei presidenti di Pro Senectute ha eletto lo scorso ottobre a Bellinzona Eveline WidmerSchlumpf come nuova presidente del Consiglio di fondazione di Pro Senectute Svizzera. La neoeletta, che subentra a Toni Frisch, assumerà la sua carica il 1. aprile 2017 in occasione dell’avvio dei festeggiamenti per il centenario di Pro Senectute Svizzera. Era infatti il 23 ottobre 1917 quando dieci uomini hanno dato vita, sotto l’egida della Società svizzera d’utilità pubblica, alla fondazione Per la vecchiaia. Il suo obiettivo: migliorare la situazione delle persone anziane in Svizzera che vivevano per lo più in uno stato di indigenza. La decisione poi di costituire organizzazioni cantonali diventa presto una realtà e già nel 1920 undici cantoni dispongono di un rappresentante locale in ogni comune, che distribuisce le offerte raccolte alle persone anziane bisognose. Nel corso dei decenni, soprattutto dopo l’introduzione dell’AVS nel 1947, si attenuano le difficoltà finanziarie, e quindi materiali, nella terza età, parallelamente emergono però altri tipi di esigenze. A partire dagli anni 50 la fondazione comincia così a occuparsi maggiormente del benessere delle persone anziane e con l’introduzione del servizio di aiuto domiciliare estende il proprio ambito operativo. Negli anni successivi il catalogo di prestazioni cresce costantemente e alla fine degli anni 50 è ormai diventata il punto di riferimento per le questioni legate all’assistenza di persone anziane. Nel 1978 adotta il nuovo nome: Pro Senectute. Nell’anno del suo centenario Pro Senectute sarà ospite alla Festa fede-
Eveline Widmer-Schlumpf nuova presidente del Consiglio di fondazione.
rale ufficiale del 1. agosto sul Rütli organizzata dalla Società svizzera di utilità pubblica (SSUP). Per l’occasione la SSUP farà rivivere una tradizione storica: dal 1910 al 1960 ogni anno veniva pubblicata una cartolina legata alla festa federale. Quest’anno l’invito è rivolto a tutti i pensionati svizzeri che vorranno partecipare al concorso e realizzare la cartolina della Festa federale 2017. L’immagine deve rappresentare un aspetto della vita quotidiana di oggi in Svizzera e può essere trasmessa, entro il 31 gennaio, sotto forma di disegno, dipinto, collage, testo in prosa o poesia (indirizzo: Società svizzera di utilità pubblica, Giuria cartolina Festa federale 2017, Schaffhauserstrasse 7/ c.p., 8042 Zurigo). Informazioni
www.prosenectute.ch
M Colleghi giunti alla pensione Alla fine dello scorso anno sette collaboratori di Migros Ticino hanno felicemente raggiunto il pensionamento. Nel corso di un breve incontro con la Direzione sono stati salutati e ringraziati per il loro contributo all’azienda da Lorenzo Emma, direttore di Migros Ticino, e da Rosy Croce, responsabile
del Dipartimento risorse umane. Nella foto (da sin.): Anna Rita Rao (Cassarate), Brigitte De Blasi (Agno Ristorante), Maria Teresa Muto Lopez (Giubiasco), Pasquale Branca (Servizi amministrativi S. Antonino), Violanda Pascale (Serfontana), Antonella Gallizia (Faido), Ombretta Grandi (Tesserete).
(Foto MAD)
Contro i click compulsivi Nel suo ultimo libro Eugeny Morozov riflette su come le tecnologie della comunicazione siano usate anche per raccogliere dati sulle nostre abitudini e i nostri gusti
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Le segherie in Ticino Il Centro di dialettologia e di etnografia ha pubblicato lo studio di Tarcisio Casari sulla storia delle segherie idrauliche del nostro Cantone
La serie tv Person of Interest ha «predetto» fatti concernenti le operazioni top secret di sorveglianza compiute dal National Security Agency, poi denunciate da Edward Snowden.
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Siamo al servizio dei signori del silicio Tecnologie della comunicazione Evgeny Morozov
e l’ideologia dell’«App per ogni problema»
Marka
Lorenzo De Carli
Trovare l’amore
Relazioni Una volta si chiamavano agenzie matrimoniali, sembrava dovessero essere sostituite dai social network
eppure le agenzie di incontri esistono ancora e anzi si definiscono in crescita Paola Bernasconi «Le agenzie per single?», esclama la Life Coach e consulente in sessuologia Kathya Bonatti: una soluzione per trovare l’amore che decisamente non le piace. In un’era in cui il termine «zitella» vien sempre più sostituito da quello di «single», in molti comunque aspirano, prima o poi, a costruirsi una famiglia. Il problema è che sovente diventa difficile trovare la persona giusta con cui farlo: i matrimoni calano, i divorzi salgono. E ormai è acqua passata il corteggiamento, tanto dolce e romantico, a suon di dichiarazioni, nei bar o nei luoghi pubblici. Ci si incontra soprattutto al lavoro, oppure sui social network. E le agenzie di incontro? «Erano basilari come intermediarie qualche anno fa, quando si voleva conoscere qualcuno al di fuori del proprio ambiente. Adesso, ci si iscrive in un social, e con rapidità si selezionano i profili che più piacciono: in una serata, si possono avere anche un centinaio di contatti!», prosegue Bonatti. Eppure le agenzie esistono ancora, e si definiscono in crescita. Ne abbia-
mo interpellate alcune, trovando un po’ di reticenza, a dire il vero, a parlare, soprattutto di prezzi. «Per forza, chi spende se può farlo gratuitamente oppure con pochissimi soldi su Internet?», non si stupisce la consulente. L’unica a essere trasparente sui prezzi è l’agenzia ProDue, con una sede in Ticino ma operante soprattutto nella Svizzera tedesca. Il pacchetto minimo, che comprende l’iscrizione di un anno, costa 1660 franchi, sino al più caro, ben 8660 franchi per due anni. «I prezzi sono contenuti», ci dice invece Daniela, della Nuova Incontri, con sede a Como e parecchi ticinesi iscritti, che offre anche supporto psicologico in caso di difficoltà. «Le nostre quote sono accessibili a tutti. E abbiamo anche delle promozioni», aggiunge Michela della Completiamoci, altra agenzia italiana che agisce anche da noi. Ma chi sono gli iscritti? Più o meno, le risposte che ci vengono fornite dai nostri interlocutori sono le stesse. «Ci sono persone dai 25 ai 70 anni, la fascia in cui iscriviamo più persone è quella fra i 35 e i 50 anni», afferma Michela. Per Andrea
di ProDue, «abbiamo persone giovani e più anziane, con molte professioni e di tutte le estrazioni sociali». Il motivo è comune: trovare l’amore. «Chi si rivolge a noi desidera una relazione stabile, ha voglia di rimettersi in gioco e di vivere un sentimento. Oggi si trovano molte relazioni occasionali ma poche con basi solide», spiega Michela. Le fa eco Daniela: «Non è facile incontrare chi rispetta i tuoi valori, e che sappia vivere e godere delle piccole cose». Gli iscritti ai social network, alcuni mirati proprio per le relazioni, sono in aumento, così come il numero di storie che nascono dietro una tastiera. Addirittura, questo tipo di relazioni, secondo una ricerca di qualche anno fa dell’Università di Chicago, durano di più, portano a un minor numero di divorzi e vedono i partner più coinvolti. «Ovvio, perché quando si compila il proprio profilo, vanno inseriti interessi e passioni, così che il social ti mostri le persone con cui potenzialmente potresti andare d’accordo. È più semplice chiedere dettagli via Internet, e più rapido: questo è fondamentale, in un
mondo dove tutto va sempre più veloce», commenta Kathya Bonatti. Ora però interpelliamo i diretti interessati. Mai pensato a un’agenzia? Lo chiediamo agli iscritti di un gruppo Facebook per single. La risposta unanime è no, non si usa. «Meglio i social», dice qualcuno. «Preferisco entrare in contatto con qualcuno in un bar o in un supermercato», afferma qualcun altro. Abbiamo trovato anche un ragazzo iscritto a un’agenzia. 35 anni, ha un lavoro che gli porta via molto tempo, ed è timido, ma «ho voglia di cambiare. Per iscrivermi, ho dovuto completare un formulario con domande e varie crocette sulle mie preferenze». Per ora ha avuto un solo contatto, «troppo poco per dire se sono soddisfatto o no e se consiglierei l’esperienza a qualcuno. I social? Avevo già pensato di iscrivermi pure lì». Come fa notare Andrea della ProDue, «la maggior parte dei nostri iscritti sono sui social, ma non funziona». «Perché non funzionano? Molti non si presentano per quello che sono, mentono, non vogliono veramente un
serio rapporto di condivisione di vita, di interessi e di futuro». Decisa anche Michela, «lasciano il tempo che trovano: spesso ci si iscrive per mesi e si brucia un incontro, oppure si contatta qualcuno solo sulla base di una foto, mentre una persona “gustata” dal vivo è del tutto diversa». «Noi facciamo una selezione che non si limiti all’aspetto fisico. Chi viene da noi vuole una persona seria, motivata, stabile. Le donne cercano un uomo affidabile e affettuoso, gli uomini una donna che non abbia un secondo fine», dice l’incaricata della Completiamoci. Le soddisfazioni maggiori, ovviamente, sono creare una coppia, vederla crescere, «o vedere chi si era iscritto poco convinto ringraziarci mille volte perché ha funzionato». ProDue, inoltre, è orgogliosa di operare anche nel campo dei disabili. Da Facebook, però, spiegano che «questi gruppi in rete (e i social) non funzionano». «Se conoscessi un modo efficace, non sarei qui», ironizza qualcuno. E allora, qual è la soluzione? Già, saperlo…
«Siamo sorvegliati. Il governo dispone di un sistema segreto, una macchina che vi spia ogni ora di ogni singolo giorno. Ho ideato una macchina per prevenire atti di terrorismo, ma vede ogni cosa.» Queste parole, pronunciate all’inizio di ogni episodio di Person of Interest, serie televisiva tra le più riuscite degli ultimi anni, sono di Harold Finch, hacker, programmatore geniale, diventato miliardario, che ha scelto di vivere in totale anonimato, nascondendo la sua identità dietro la maschera di mestieri banali. Con l’amico Nathan Ingram, nel frattempo deceduto, Finch ha costruito «La Macchina». Non si tratta di un computer, bensì di una intelligenza artificiale distribuita, creata per soddisfare le esigenze dell’amministrazione americana dopo gli attentati terroristici che colpirono gli Stati Uniti nel 2001.
Nel suo ultimo saggio il sociologo e giornalista bielorusso mette in guardia contro il cyber ottimismo «La Macchina» è capace non solo di accedere a tutti i database, è interfacciata con tutte le telecamere connesse a Internet, anche quelle di tutti gli smartphone, caratteristica che permette a questa IA di prevedere le nostre azioni. Il mondo distopico di Person of Interest è sullo sfondo della riflessione sociologica di Evgeny Morozov, il quale – dopo il saggio intitolato L’ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet dedicato all’uso di Internet negli stati totalitari – ha raccolto i suoi ultimi scritti nel volume Silicon Valley: i signori del silicio. Così come gli stati totalitari usano le tecnologie della comunicazione per sorvegliare, censurare e svolgere azione di propaganda; dietro l’apparente libertà delle nostre libere società le medesime tecnologie sono usate per tenerci tutti avvinghiati a un rutilante ininterrotto spettacolo d’informazione e intrattenimento, fornito da agenzie che raccolgono dati sui nostri gusti, le nostre
abitudini, i nostri desideri allo scopo di tracciare e tener costantemente aggiornati i nostri profili di consumatori, l’unico aspetto della nostra identità per il quale siamo suscettibili d’interesse. Bersaglio di Evgeny Morozov è il cyber ottimismo, la tendenza capillarmente diffusa di ritenere le tecnologie della comunicazione neutre rispetto al modello di società che ciascuno di noi vorrebbe impegnarsi a realizzare. Nelle mani di aziende che hanno solo lo scopo di soddisfare i loro azionisti, queste tecnologie moltiplicano invece nuove necessità e stimolano nuovi desideri. Evgeny Morozov usa «Silicon Valley» come antonomasia di tutta l’industria delle tecnologie della comunicazione. Nelle sue riflessioni critiche il luogo nel quale si sono concentrate le attività delle maggiori imprese impegnate nell’innovazione di hardware e di software è contrapposto a «Wall Street», sede della più grande borsa valori del mondo, simbolo del capitalismo finanziario: «Wall Street predica scarsità e invoca austerità, la Silicon Valley celebra abbondanza e innovazione». Secondo Morozov, i due luoghi simbolici sembrano narrare il presente in maniera contrapposta mentre in realtà condividono il comune progetto di ridurre fino a sopprimerlo lo spazio a disposizione per pensare a modelli d’interazione sociale alternativi a quelli vigenti tutti orientati al profitto. Di primo acchito, la posizione di Morozov sembrerebbe essere quella di un luddista, un epigono di coloro che, nell’Ottocento, sabotavano le macchine industriali al doppio scopo di affrancare i lavoratori dalle catene della produzione e di ridare dignità all’artigianato. In verità, ciò che persegue Morozov è un uso consapevole delle tecnologie della comunicazione, lo sviluppo di una consapevolezza all’altezza dell’attuale fase della produzione capitalistica: «se da un lato sappiamo bene che gli interessi del settore farmaceutico, alimentare e petrolifero sono lontanissimi dai nostri, dall’altro non guardiamo mai alla Silicon Valley con necessario spirito critico». Sembra che la seduzione delle tecnologie della comunicazione, che tendono a rendere liquidi i confini tra produzione e intrattenimento, sia a tal segno efficace,
che agisce come una sorta di narcotico collettivo, che induce a sospendere la riflessione critica: «quando gli attivisti del cibo si scagliano contro Big Food e sostengono che le aziende alimentari aggiungono troppo sale per renderli più gustosi e farceli desiderare, nessuno osa tacciarli di anti scientificità. Invece, criticare Facebook o Twitter con argomenti simili – per esempio dimostrando come siano progettati per far leva sulle nostre ansie e manie – porta a immediate accuse di tecnofobia se non addirittura di luddismo». Altro motivo d’inquietudine di Morozov è la mole di dati che Google, Facebook o Twitter raccolgono sui nostri gusti e sulle nostre abitudini. Se leggiamo le dichiarazioni d’uso che, per esempio Google, ci chiede di sottoscrivere la prima volta che ne usiamo il motore di ricerca, apprendiamo che i dati di navigazione personali raccolti saranno usati per servirci meglio e per migliorare la sua offerta, ma Google è nelle condizioni di poter setacciare la nostra posta, di raccoglie informazioni sulla nostra navigazione, sulle ricerche che facciamo nelle mappe, nelle sue raccolte di libri – di aggregare tutti i dati dell’ampia mole di servizi che ci offre allo scopo di creare le condizioni per renderci bersaglio di una sempre più puntuale pubblicità. Siccome, talvolta, ciò che ci viene offerto dalla pubblicità è la soddisfazione di una necessità latente, grazie al meccanismo di piacere in tal modo prodotto, si attiva la sospensione della nostra vigilanza critica. Siamo sempre al lavoro per altri ma non ce ne rendiamo conto perché le tecnologie della comunicazione stimolano il rilascio di dopamina. Morozov ci fa comprendere i meccanismi per mezzo dei quali la Silicon Valley ha creato le condizioni per rendere superfluo pensare a soluzioni politiche per l’attuale crisi economica generalizzata: basta un’App, un nuovo dispositivo, e si ripete l’illusione che lo sforzo d’immaginazione per rinnovare le istituzioni politiche possa essere rimpiazzato con il comando «aggiorna». Secondo Morozov disconnettersi non è una buona alternativa all’irretimento, ma la riscoperta del piacere di annoiarsi, per contro, è un buon antidoto al click compulsivo.
Cento anni di storia e un concorso Pro Senectute Un 2017 di festa per
la fondazione che ha una nuova presidente La Conferenza delle e dei presidenti di Pro Senectute ha eletto lo scorso ottobre a Bellinzona Eveline WidmerSchlumpf come nuova presidente del Consiglio di fondazione di Pro Senectute Svizzera. La neoeletta, che subentra a Toni Frisch, assumerà la sua carica il 1. aprile 2017 in occasione dell’avvio dei festeggiamenti per il centenario di Pro Senectute Svizzera. Era infatti il 23 ottobre 1917 quando dieci uomini hanno dato vita, sotto l’egida della Società svizzera d’utilità pubblica, alla fondazione Per la vecchiaia. Il suo obiettivo: migliorare la situazione delle persone anziane in Svizzera che vivevano per lo più in uno stato di indigenza. La decisione poi di costituire organizzazioni cantonali diventa presto una realtà e già nel 1920 undici cantoni dispongono di un rappresentante locale in ogni comune, che distribuisce le offerte raccolte alle persone anziane bisognose. Nel corso dei decenni, soprattutto dopo l’introduzione dell’AVS nel 1947, si attenuano le difficoltà finanziarie, e quindi materiali, nella terza età, parallelamente emergono però altri tipi di esigenze. A partire dagli anni 50 la fondazione comincia così a occuparsi maggiormente del benessere delle persone anziane e con l’introduzione del servizio di aiuto domiciliare estende il proprio ambito operativo. Negli anni successivi il catalogo di prestazioni cresce costantemente e alla fine degli anni 50 è ormai diventata il punto di riferimento per le questioni legate all’assistenza di persone anziane. Nel 1978 adotta il nuovo nome: Pro Senectute. Nell’anno del suo centenario Pro Senectute sarà ospite alla Festa fede-
Eveline Widmer-Schlumpf nuova presidente del Consiglio di fondazione.
rale ufficiale del 1. agosto sul Rütli organizzata dalla Società svizzera di utilità pubblica (SSUP). Per l’occasione la SSUP farà rivivere una tradizione storica: dal 1910 al 1960 ogni anno veniva pubblicata una cartolina legata alla festa federale. Quest’anno l’invito è rivolto a tutti i pensionati svizzeri che vorranno partecipare al concorso e realizzare la cartolina della Festa federale 2017. L’immagine deve rappresentare un aspetto della vita quotidiana di oggi in Svizzera e può essere trasmessa, entro il 31 gennaio, sotto forma di disegno, dipinto, collage, testo in prosa o poesia (indirizzo: Società svizzera di utilità pubblica, Giuria cartolina Festa federale 2017, Schaffhauserstrasse 7/ c.p., 8042 Zurigo). Informazioni
www.prosenectute.ch
M Colleghi giunti alla pensione Alla fine dello scorso anno sette collaboratori di Migros Ticino hanno felicemente raggiunto il pensionamento. Nel corso di un breve incontro con la Direzione sono stati salutati e ringraziati per il loro contributo all’azienda da Lorenzo Emma, direttore di Migros Ticino, e da Rosy Croce, responsabile
del Dipartimento risorse umane. Nella foto (da sin.): Anna Rita Rao (Cassarate), Brigitte De Blasi (Agno Ristorante), Maria Teresa Muto Lopez (Giubiasco), Pasquale Branca (Servizi amministrativi S. Antonino), Violanda Pascale (Serfontana), Antonella Gallizia (Faido), Ombretta Grandi (Tesserete).
(Foto MAD)
Contro i click compulsivi Nel suo ultimo libro Eugeny Morozov riflette su come le tecnologie della comunicazione siano usate anche per raccogliere dati sulle nostre abitudini e i nostri gusti
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Società e Territorio
Il profumo del legno
Pubblicazioni Tarcisio Casari descrive con passione l’attività di segantini e boscaioli e traccia la mappa
e la storia delle 146 segherie idrauliche attive in Ticino nel corso dei secoli Roberta Nicolò Riscoprire parte della storia del nostro territorio attraverso lo studio e l’osservazione di attività produttive che, un tempo floride e ben radicate, oggi sembrano quasi del tutto scomparse. Una passione forte per Tarcisio Casari, ricercatore ormai in pensione, che è confluita in un accurato lavoro di ricerca sulle segherie del Canton Ticino. Il ricordo del profumo del legno tagliato, che lo accompagnava da bambino, è stato lo stimolo che ha spinto Casari a dare inizio ad un’avventura durata ben sette anni e sfociata nella pubblicazione che titola L’odore del legno tagliato. Rèssegh e ressegatt, trentín e boratt in Ticino.
Il testo di Tarcisio Casari evidenzia l’importanza che la filiera del legno ha rivestito nel nostro Cantone L’opera è frutto della collaborazione tra l’autore e il Centro di dialettologia e di etnografia del Cantone Ticino (CDE), che spesso si avvale di studiosi indipendenti per lunghi lavori di ricerca, ci spiega la collaboratrice scientifica del CDE Francesca Luisoni. «Ci vogliono molti anni per poter portare a termine uno studio approfondito e la collaborazione con ricercatori esterni ci offre l’opportunità di accrescere il patrimonio etnografico del Cantone. Il lavoro del signor Casari è importante per il CDE, che ha tra i suoi compiti anche quello di inventariare immobili e mobili del territorio, come, per esempio, i torchi, le meridiane, le decorazioni pittoriche o gli ex voto. La ricerca sulle segherie si inserisce, infatti, in questo filone di indagine. Un lavoro che è stato fatto con estrema accuratezza e che si divide in due parti principali. Da un lato è stata tracciata la storia dello sviluppo tecnico del settore. Si raccontano gli strumenti del mestiere, si ricordano le modalità di trasporto del legname e si offrono notizie sulle caratteristiche architettoniche e tecniche delle prime segherie idrauliche presenti sul nostro territorio. I risultati di questo studio sono esposti nel primo capitolo del libro. Dall’altro lato, nel secondo capitolo, si presenta la minuziosa mappatura delle segherie che erano presenti in Ticino, prodotta attraverso lo studio del Catasto delle acque pub-
Segantino al lavoro. Bedretto, 1940 ca. (E. Spizzi)
blico, e che ne segnala l’ubicazione tracciandone, là dove possibile, la storia». Storia che è uno spaccato di vita locale e che rimanda ad un Ticino rurale, oggi patrimonio da riscoprire e conservare e che mira, inoltre, a sensibilizzare sul tema della tradizione artigiana e sul valore della salvaguardia territoriale. L’acqua è il filo conduttore di questo studio, che riporta all’attenzione del pubblico lo stretto rapporto tra il territorio e i suoi abitanti. «Prima ancora che per produrre energia elettrica, l’acqua è stata utilizzata fin dai tempi antichi per ottenere energia meccanica con la quale far funzionare diversi tipi di macchinari. Tra questi, i più conosciuti alle nostre latitudini erano sicuramente i mulini, le segherie e le peste. Oggi di questi opifici, un tempo diffusi quasi in ogni villaggio del Cantone, spesso non restano che alcuni ruderi nascosti dalla vegetazione, qualche documento negli archivi e la memoria nei ricordi degli anziani. Eppure gli impianti azionati ad acqua da sempre hanno saputo destare interesse e ammirazione in chi li
guarda. Il fragore dell’acqua che si getta sulla ruota, il rumore assordante degli ingranaggi e dei macchinari in movimento, gli odori che cereali e legnami sprigionano durante la lavorazione, l’ambiente polveroso e poco illuminato, tutto concorre a creare un’atmosfera arcaica e affascinante» continua Francesca Luisoni. Un viaggio interessante quello proposto da Casari e dal Centro di dialettologia e di etnografia del Cantone Ticino, che offre al lettore anche molte immagini storiche, ritrovate negli archivi pubblici, ma anche in alcuni piccoli archivi privati e che contribuiscono a regalare il sapore del Ticino passato, nel quale il legname era parte integrante dell’attività produttiva. Un percorso da nord a sud e diviso per distretti che ha permesso ai curatori di riscoprire veri e proprio edifici, resti di antiche segherie in rovina, o semplicemente di ritrovare un toponimo che ne segnalava la possibile presenza. Ma anche una ricerca sulla memoria, che ha visto lo stesso Casari incontrare i discendenti di alcuni proprietari del-
le segherie storiche del territorio, dai quali si è fatto raccontare vicende e dettagli di un modo di lavorare che ormai potremmo definire scomparso. Oggi il taglio del bosco e della legna non sono più un lavoro diffuso e le segherie ancora attive in Ticino sono soltanto tre e si trovano a Fusio, Faido e Rancate. «Per il nostro Centro il grosso del lavoro è stato fatto sull’integrazione linguistica e la toponomastica. Abbiamo lavorato in maniera organica sulle varie parti del testo, per cercare un’omogeneità e abbiamo ricercato immagini d’epoca che potessero corredare l’opera in maniera esaustiva. Il risultato è un’approfondita e corposa ricerca di quattrocentocinquantasei pagine, corredata da oltre trecento illustrazioni. Alla minuziosa descrizione tecnica delle attività di segantini e boscaioli e alla presentazione delle varie tipologie di segheria fa seguito la trattazione, comune per comune, delle centoquarantasei segherie idrauliche di cui si ha notizia nel corso dei secoli. Grazie alle tabelle riassuntive, alle cartine, alla raccolta di toponimi e a un glossario
dialettale specifico, il testo offre al lettore un quadro assai composito e approfondito delle tecniche tradizionali di lavorazione del legname in Ticino ed evidenzia l’importanza che la filiera del legno ha rivestito in passato nel nostro Cantone. L’opera si rivolge a tutte le persone curiose di conoscere e indagare le testimonianze legate a questi opifici, ma per la sua scientificità saprà farsi apprezzare anche dagli specialisti del settore» conclude Francesca Luisoni. La pubblicazione è stata resa possibile grazie ai contributi del Cantone Ticino, di numerosi enti locali (comuni e patriziati), di alcune fondazioni e associazioni e di ditte private. È possibile acquistare il libro direttamente presso il Centro di dialettologia e di etnografia a Bellinzona (decs-cde@ti.ch; 091 814 14 50). Bibliografia
Tarcisio Casari, L’odore del legno tagliato. Rèssegh e ressegatt, trentín e boratt in Ticino, Centro di dialettologia e di etnografia, 2016.
Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani I libri di Camilla (collana di uovonero): Mireille d’Allancé, Che rabbia!, Babalibri. Da 3 anni Perché i libri di Camilla? Perché Camilla è l’acronimo di Collana di Albi Modificati Inclusivi per Letture Liberamente Accessibili. È una collana dell’editore uovonero, specializzato in comunicazione aumentativa e alternativa, per raggiungere la massima leggibilità, così che nessun bambino sia escluso dal piacere della lettura. Uovonero pubblica libri e saggi in proprio (www.uovonero. com), oppure, come in questo caso, collabora con altri editori per ragazzi, per comporre la collana I libri di Camilla, in cui vengono pubblicati, tradotti in simboli WLS, vari albi già usciti presso i vari editori, che nello specifico sono otto: Babalibri, Bohem Press, Coccole Books, Giralangolo, Kalandraka, Lo Stampatello, Sinnos, Topipittori. Così, accanto alla versione tradizionale, si può disporre in libreria della versione
tradotta nel sistema simbolico WLS: Widgit Literacy Symbols, pittogrammi progettati in modo che ogni simbolo illustri un singolo concetto, così da facilitare la comprensione della storia. Nel formato, nel numero delle pagine, nelle illustrazioni, nel tipo di materiali, nel prezzo, gli albi in versione Camilla si presentano come gli originali. Ad aprire la collana è un classico dell’editore Babalibri: Che rabbia!, longseller sempre presente nelle bibliografie per la scuola dell’infanzia, ottimo
spunto per parlare di emozioni distruttive, e soprattutto storia efficace e a misura di bambino, perché – come l’ancora più classico Nel paese dei mostri selvaggi di Maurice Sendak – offre una rappresentazione alla rabbia, rendendola un’entità esterna al bambino. Non è il piccolo Roberto ad essere un mostro, ma la sua rabbia. Ed è un mostro rosso e peloso tutto sommato simpatico, anche se un po’ troppo intraprendente nel distruggere tutto, che alla fine si farà placare e mettere a cuccia tranquillo dentro la scatolina. Così il piccolo Roberto, più calmo, potrà uscire dalla sua stanza e tornare a gustare il dessert con la famiglia. Aaron Becker, Ritorno, Feltrinelli. Da 5 anni Con questo albo si chiude, dopo Viaggio e Scoperta, la mirabile trilogia senza parole di Aaron Becker. Ritroviamo la bambina con la matita rossa e il bam-
bino con la matita viola, entrambi in grado di aprire, con il tratto delle loro matite, magici portali verso un altrove che si dispiega in sconfinati paesaggi avventurosi e fantastici. Le matite possono anche creare personaggi come la fenice viola, che ricorre in funzione di aiutante in tutta la trilogia, o come il sottomarino rosso che potrà condurli nei fondali marini a cercare la soluzione per sconfiggere i malvagi. Sì, perché anche qui tornano i malvagi che
vogliono sottrarre al re i colori, e anche qui i bambini dovranno aiutare il re, lanciandosi in molte peripezie. La novità è che in questo terzo episodio entra in scena da protagonista anche il padre della bambina, proprio quel padre che nel primo capitolo, Viaggio, appariva ipnotizzato dal computer e avaro di tempo da dedicare alla figlia. Ma stavolta sarà l’aquilone rosso lasciato sul pavimento dalla sua bambina, a fargli alzare gli occhi dalla scrivania, e a renderlo pronto a mettersi in viaggio per cercarla. Accettare di mettersi in viaggio equivale ad accettare di mettersi in gioco, di giocare con lei a varcare i portali del fantastico, per ritrovare lei e soprattutto se stesso. Sono silent books, libri senza parole: non per questo più facili alla comprensione, anzi. Le immagini, pur molto belle, sono complesse, e solo la condivisione con un adulto potrà renderle davvero espressive.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Ambiente e Benessere Convivere con il castoro La Strategia del Castoro è un documento nazionale; regola il rapporto con questi roditori
L’impegno Migros per la salute È stata aperta ufficialmente la nuova campagna iMpuls, che l’azienda rivolge ai suoi clienti affinché si diffondano buone pratiche legate al benessere
Il vino non c’è solo a… Napa La contea di Sonoma è una delle zone vinicole più importanti della California settentrionale pagina 12
Una pasta da quattro stelle Il noto chef creativo, Igles Corelli, svela due sue ricette: tagliatelle al ragù e lasagnette
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Il clima svizzero sotto i riflettori Scienza Constatazioni, conseguenze,
opportunità e possibili adattamenti per far fronte al riscaldamento globale
Marco Martucci «Brennpunkt Klima Schweiz», in francese «Coup de projecteur sur le climat suisse», che potremmo tradurre con Il clima svizzero sotto i riflettori è il titolo del rapporto, pubblicato nello scorso mese di novembre dalle Accademie svizzere delle scienze, frutto della collaborazione di una settantina di ricercatori svizzeri, che presenta in forma chiara e comprensibile anche ai non specialisti le conseguenze del cambiamento climatico per il nostro Paese. L’accordo di Parigi – contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C – è entrato in vigore lo scorso 4 novembre e due settimane dopo, al COP 22, è stata lanciata la «Marrakech partnership for global climate action». Restano aperte ancora molte questioni ma due fatti sono ormai fuori discussione. Il riscaldamento globale è una realtà e l’influsso umano sul sistema climatico è chiaro. La Svizzera non è immune. Anzi, il nostro Paese è particolarmente toccato, già ora, dai mutamenti climatici. Dal 1864, inizio delle misurazioni sistematiche, al 2016, la temperatura media svizzera è aumentata di circa 1,8°C, praticamente il doppio dell’aumento globale. Il 2015 è stato per tutto il Pianeta l’anno più caldo dall’inizio delle misurazioni e in Svizzera si sono avute le temperature più elevate mai registrate finora. Fra le cause principali del riscaldamento, ormai è risaputo, troviamo l’uso di combustibili fossili, la produzione di cemento e la gestione del territorio da parte dell’uomo, come i disboscamenti con le conseguenti emissioni di CO2 e altri gas serra. Le conseguenze già si fanno notare. È un processo ormai in corso e che non si arresterà prima di molti decenni, anche se dovessero cessare dall’oggi al domani – il che è impossibile – le emissioni. Per questo occorre agire su due fronti: adattamento alle conseguenze, ormai inevitabili, del mutamento climatico e riduzione delle cause. La Svizzera si è impegnata a diminuire del 50% le emissioni entro il 2030, per il 30% al suo interno e per il 20% all’estero. È un obiettivo lodevole e raggiungibile ma una stabilizzazione della temperatura globale potrà avvenire unicamente, come afferma anche il Rapporto, at-
traverso una riduzione a zero del netto delle emissioni di CO2. Un obiettivo realizzabile solo con la sostituzione di qualunque fonte di energia fossile, in ogni settore: dalla produzione di elettricità ai trasporti, dalle industrie alle infrastrutture. Quali effetti avrà il cambiamento climatico nel nostro Paese?, quanto ampio è lo spazio di manovra sia per l’adattamento sia per il contenimento?, e quali nuove opportunità ci si prospettano in questa grande trasformazione tecnica e sociale per i decenni a venire? La prima parte del Rapporto si concentra sulle basi fisiche del mutamento climatico, la seconda è dedicata alle conseguenze e all’adattamento, la terza si occupa dell’attenuazione e l’ultima è rivolta alla politica climatica. Il nostro Paese è e sarà toccato dalle conseguenze del cambiamento climatico in molti settori e in diverse forme. Le infrastrutture dovranno adeguarsi. Ospedali e altri servizi potrebbero essere in futuro più sollecitati a causa di eventi climatici estremi. La pianificazione di nuove infrastrutture, come la costruzione di strade, dovrà tener conto di un futuro senza combustibili fossili, anche per evitare investimenti inappropriati. Teleferiche, sci-lift e ripari valangari costruiti su permafrost rischieranno di perdere stabilità. Un Paese alpino come il nostro presenta già oggi chiari segnali che denotano una particolare vulnerabilità. I nostri ghiacciai – vero e proprio affidabile termometro – stanno scomparendo e si prevede che, entro la fine di questo secolo, la maggior parte non ci sarà più. Non sarà solo una perdita per i nostri panorami alpini (si pensi solo al Ghiacciaio dell’Aletsch, Patrimonio mondiale) ma avrà conseguenze che andranno molto più lontano. Si formeranno nuovi paesaggi alpini, di roccia e detriti, vegetazione pioniera e nuovi laghetti. Il limite della neve si alzerà di parecchie centinaia di metri e la stagione innevata si accorcerà di settimane e ne risentirà anche il turismo invernale. La diminuzione del permafrost, lo strato di suolo perennemente ghiacciato, porterà con sé instabilità del terreno, cadute di massi e frane. Estati più calde e siccitose, la tendenza è già in atto: insieme alla minore quantità d’acqua da neve e ghiacciai, diminuirà la portata
Hohbalmgletscher sopra Saas Fee in Vallese. (Marco Martucci)
estiva dei fiumi, mentre potrà aumentare quella invernale. Le precipitazioni invernali saranno più piovose che nevose e aumenteranno rischio e durata delle piene che potranno colpire anche alcune delle nostre maggiori città, costruite lungo i fiumi. Per l’energia idroelettrica non si prevedono, almeno per i prossimi decenni, grandi cambiamenti. La carenza estiva d’acqua toccherà l’agricoltura e potrebbe far sorgere conflitti d’interesse. Le colture di patate e frumento invernale potranno essere penalizzate dall’aumento di temperatura mentre mais e vigna potrebbero, con un sufficiente apporto d’acqua, trarne vantaggio. L’abete rosso, l’albero più comune in Svizzera e alla base dell’economia forestale, rischierà di scomparire dall’Altopiano e la sua esistenza sarà minacciata anche in montagna nei boschi di protezione. Fra le sfide più importanti del cambiamento climatico troviamo le città che, con le estati sempre più calde,
diventeranno vere e proprie isole di calore. La torrida estate del 2003 provocò in Svizzera un migliaio di morti. Eventi estremi, come forti precipitazioni, siccità e canicola, potranno diventare più frequenti. Anche animali e piante in natura risentiranno dei cambiamenti: alcune specie si sposteranno sempre più in alto. Questi esempi tratti dal Rapporto sul nostro clima ci mostrano come in generale, a parte qualche eccezione, i rischi cui stiamo andando incontro superino largamente i pochi vantaggi dovuti ai cambiamenti del clima. Il quadro è preoccupante. Ma il Rapporto ci presenta anche parecchie opportunità per difenderci, sia con l’adattamento sia con la riduzione. Lo spazio per agire non manca, come del resto già evidenziato nel Piano d’azione 2014-2019 della strategia del Consiglio federale. Ci sono ampi spazi di manovra, ad esempio, nei nostri spostamenti: ridurre la distanza fra posto di lavoro e abi-
tazione, optare per trasporti pubblici, bicicletta e veicoli più efficienti. Per contrastare la canicola nelle città potranno essere molto efficaci parchi, ombra degli alberi e specchi d’acqua. Anche l’edilizia può offrire un importante contributo: isolazione termica delle case, impianti solari, termopompe, migliore circolazione dell’aria nelle città. Molte altre possibilità per adattarci al nuovo clima e per limitare le emissioni di gas-serra, ci vengono offerte nei campi dell’energia, dell’alimentazione, della salute. Occorrerà naturalmente anche un cambiamento di mentalità e di abitudini: con le conseguenze dei mutamenti climatici dovremo imparare a convivere. Non possiamo far finta di niente ma neppure dobbiamo essere eccessivamente apprensivi: le soluzioni ci sono e la Svizzera si sta preparando. Informazioni
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Ambiente e Benessere
La prima auto elettrica famigliare Motori Zoe Z.E. 40 si rinnova e raddoppia
l’autonomia permettendo anche di contenere i costi d’acquisto Mario Alberto Cucchi «L’auto elettrica più venduta in Europa adesso può diventare la prima auto di famiglia», affermano entusiasti gli ingegneri Renault parlando della rinnovata Zoe Z.E. 40 che, dopo l’anteprima mondiale a Parigi, è ora ordinabile nelle concessionarie svizzere.
Le modalità scelte per il pagamento delle batterie permetteranno di usufruire di prezzi sensibilmente diversi
Là dove vive il castoro Mondoanimale Il programma federale «Strategia del Castoro»,
che disciplina sul nostro territorio la presenza di questo mammifero roditore, è stato adattato alle attuali esigenze Maria Grazia Buletti Nel nostro Paese il castoro è scomparso all’inizio del XIX secolo a causa della caccia intensiva. Dalla sua reintroduzione, negli anni Cinquanta del 900, il roditore è annoverato fra le specie protette e da allora si è ampiamente diffuso colonizzando i principali fiumi e laghi dell’Altipiano (v. «Azione» dell’8 agosto 2011 e del 2 novembre 2015). È innegabile che oggi sia dunque sempre più presente in Svizzera. Secondo l’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam), che lo monitorizza attraverso il programma Strategia del castoro, negli ultimi decenni questo mammifero roditore si è così diffuso su tutto il nostro territorio che, a 60 anni dalla reintroduzione della specie, in Svizzera ne vivono attualmente 2800 esemplari. Il suo spazio vitale ideale è rappresentato dai corsi d’acqua lenti e gli specchi d’acqua stagnanti, con sponde che si prestano a essere scavate, situati al di sotto dei 700 metri di altitudine. «Questo mammifero roditore costruisce dighe, canali e cataste, e abbattendo alberi contribuisce in maniera rilevante a modellare il paesaggio vicino ai corsi d’acqua», ci viene spiegato dagli studiosi del castoro che gli riconoscono la creazione di «una grande varietà di nuovi habitat», insieme al fatto che questo animaletto svolge un ruolo importante per la biodiversità nei corsi d’acqua e lungo le sponde. Entrata in vigore nel 2004, la Strategia del Castoro stabilisce i principi di gestione della popolazione di questa specie in continua espansione nel
nostro Paese, essa vuole fare in modo che in Svizzera possa installarsi una popolazione di castori in grado di sopravvivere a lungo temine. «La Strategia illustra gli effetti positivi delle attività del castoro sulla biodiversità all’interno e lungo le sponde di corsi e specchi d’acqua, come pure i possibili conflitti che possono venirsi a creare a causa della sua presenza», spiega l’Ufam che, attraverso questo procedere, stabilisce altresì criteri uniformi per l’attuazione di misure di prevenzione e per il risarcimento dei danni causati dal roditore. Definisce infine i criteri per le misure relative alle dighe e alle tane dei castori, come pure alle popolazioni di questa specie. Si tratta di un cosiddetto «aiuto all’esecuzione» a uso dei Cantoni per permettere l’attuazione delle disposizioni giuridiche in materia, con l’intento di garantire la protezione degli animali e ridurre al minimo i conflitti con l’uso antropico. «Poiché il castoro non ha ancora colonizzato tutti gli spazi vitali a lui idonei, c’è da attendersi una sua ulteriore diffusione nei prossimi decenni», ribadisce l’Ufam e perciò lo monitorizza con cura. Lo scorso mese di settembre la Strategia è stata adattata alle attuali esigenze, illustrandone le principali modifiche, a cominciare dall’aspetto che tocca i conflitti con il castoro: «I corsi d’acqua con una fascia spondale abbastanza larga contribuiscono in misura sostanziale a prevenire i conflitti con i castori. Ora la Strategia tiene conto della legge sulla protezione delle acque che prevede la delimitazione
Il progetto delle Ffs nelle misure di prevenzione L’Ufam rende noto che le Ferrovie federali svizzere (Ffs), in collaborazione con il Servizio nazionale di consulenza sul castoro, hanno valutato sull’insieme della rete ferroviaria i punti in cui potrebbero insorgere conflitti con il castoro: «Dall’analisi nazionale si evince che non sussiste un pericolo immediato per la sicurezza dell’esercizio
ferroviario sulla rete delle Ffs». Alcuni punti sono tuttavia stati considerati sensibili in ragione della loro idoneità alle attività del castoro: «Questi punti saranno in futuro sorvegliati e, se sarà il caso, saranno continuamente attuate misure preventive di protezione». Fino ad oggi, i castori non hanno mai provocato danni alle strutture delle Ffs.
di uno spazio riservato alle acque e la rivitalizzazione delle stesse, al fine di ridurre al minimo i danni causati da questi roditori». Grande importanza assumono le misure di prevenzione delle problematiche indotte proprio dal castoro: «Sia il roditore, sia le sue dighe e tane sono protette a livello giuridico. La Strategia illustra le misure tecniche (come la regolazione delle dighe) o gli interventi nell’habitat del castoro (rivitalizzazione delle acque) o sulla consistenza numerica delle popolazioni (con l’allontanamento dei singoli castori) che consentono di evitare danni». Per questo, i servizi cantonali specializzati forniscono consulenza ai gestori e ai proprietari fondiari per l’attuazione. Fino a oggi la competenza per gli interventi sulle dighe e le tane dei castori non era chiaramente definita: «Secondo la Strategia, occorre oggi un’autorizzazione cantonale, mentre la decisione dell’eventuale abbattimento di singoli castori che hanno causato gravi danni spetta sempre all’Ufam». Infine, l’adattamento della Strategia passa attraverso la nuova regolazione degli interventi volti a limitare il numero di castori: «Con l’accordo dell’Ufam, in caso di serio pericolo per le infrastrutture di interesse pubblico, il Cantone può allontanare tutti i castori da un tratto di fiume a rischio». Questo adeguamento è stato introdotto in seguito alla modifica del 2012 dell’ordinanza sulla caccia, mentre l’Ufam sottolinea come tutti questi interventi siano limitati: «Dovranno lasciare un margine di tempo sufficiente per attuare soluzioni di prevenzione durature. Vivere con il castoro è dunque possibile, anche grazie alle misure di prevenzione e di gestione che l’Ufam ha aggiornato di recente e che sono entrati in vigore il 5 settembre scorso. Senza dimenticare l’importanza che questo roditore assume come “uno dei principali architetti del paesaggio, costruendo dighe e influenzando, su grandi superfici e nel lungo periodo, la vegetazione e il regime idrico”. Le sue attività promuovono la diversità strutturale e la dinamica naturale, quindi la biodiversità, di cui beneficiano numerose specie animali e vegetali».
La novità più importante dell’auto elettrica francese sta proprio nell’autonomia di esercizio che è praticamente raddoppiata. La Zoe originale del 2012 poteva percorrere al massimo duecento chilometri mentre l’ultima nata può arrivare a quattrocento chilometri nel ciclo NEDC (New European Driving Cycle) ovvero un’autonomia nell’utilizzo reale pari a 300 km su tragitti urbani ed extraurbani. Un dato che differisce per tutte le auto poiché il ciclo NEDC è poco realistico e serve più che altro per comparare i consumi di differenti modelli. È infatti costituito dalla ripetizione di 4 cicli urbani a una velocità massima di 50 km/h e 1 extraurbano alla velocità massima di 120 km/h. La durata complessiva del ciclo è di circa 20 minuti e la distanza percorsa di circa 11 km. Il ciclo è effettuato con vettura a motore inizialmente a temperatura ambiente (22 °C). Insomma le condizioni di guida quotidiana sono un po’ differenti. In ogni caso l’autonomia della rinnovata Zoe è sufficiente per ambire ad andare oltre al trasferimento casa-ufficio un risultato ottenuto grazie alla nuova batteria Z.E 40 con capacità di 41 kWh. Inoltre utilizzando il caricabatterie Caméléon, la Zoe è in grado di ricaricarsi rapidamente alle stazioni di rifor-
nimento a corrente alternata che sono le più diffuse, adattandosi automaticamente a tutte le potenze disponibili, fino a 22 kW per una ricarica rapida, e recuperando tra 80 e 120 km di autonomia reale in appena 30 minuti. Questa la ragione per cui gli ingegneri Renault affermano che oggi Zoe può essere una prima auto utilizzata anche per le vacanze della famiglia. L’autonomia aumentata dovrebbe aiutare gli automobilisti a superare la paura di restare a «secco» senza possibilità di rifornirsi. Renault inoltre per aiutare gli acquirenti a prendere confidenza con la sua auto ecologica ha studiato un esclusivo servizio: Z.E. assistance. Come funziona? In caso di esaurimento della batteria si potrà usufruire del traino del veicolo fino al punto di ricarica prescelto entro un raggio di 80 chilometri senza limitazioni in termini di chilometraggio o numero di interventi. Il Costruttore francese ha pure deciso di garantire la capacità di carica della batteria di Zoe di almeno il 66 per cento del suo livello iniziale per almeno 8 anni o 160mila chilometri. Zoe adotta il nuovo motore elettrico Renault R90 in grado di erogare 90 cavalli di potenza, 225 Newtonmetro di coppia. Un propulsore frutto di 95 brevetti e prodotto nella fabbrica di Cléon. Sotto il cofano si può avere in alternativa la motorizzazione Q90 di Continental con 88 cavalli di potenza. Per portarsi a casa Zoe ci sono due differenti modalità di acquisto. La prima prevede che le batterie siano di proprietà e prezzi a partire da 31’500 a 41’000 franchi. La seconda prevede invece una locazione mensile della batteria con un canone che parte da 79 franchi al mese per un chilometraggio di 7500 km annuali sino ai 139 franchi mensili per non avere alcun limite di chilometraggio e una capacità di carica minima garantita pari minimo al 75 per cento di quella iniziale. In quest’ultimo caso i prezzi di ZOE sono sensibilmente più bassi: vanno da 21’500 a 31’000 franchi.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Ambiente e Benessere
M Impegno Migros per una vita sana iMpuls Quest’anno la nostra azienda concentrerà le sue energie in un nuovo progetto dedicato
a diffondere informazioni e servizi nel campo del benessere Gli statuti di Migros menzionano esplicitamente il fatto che l’azienda deve impegnarsi per promuovere la salute della popolazione. Un compito che assolve da decenni. Già ora Migros dispone infatti di numerosi servizi e offerte per tutti i cinque pilastri della promozione della salute: movimento, alimentazione, relax, comunità e medicina. Con iMpuls, la sua nuova iniziativa in favore della salute, Migros fornisce un contributo importante per uno stile di vita sano con consigli stimolanti e offerte variegate. Tra queste vi sono ad esempio i centri fitness e le Scuole Club, il marchio per persone allergiche aha!, gli articoli sportivi di SportXX, la più vasta offerta di frutta e verdura della Svizzera nonché l’acquisizione di centri sanitari sul territorio nazionale.
Dal mosto a iMpuls iMpuls è la nuova iniziativa per la salute di Migros, che in tal modo unifica le sue offerte nei campi alimentazione, movimento, rilassamento e medicina. Un’occhiata alla storia dell’azienda dimostra che l’impegno per la salute della popolazione fa parte da sempre di Migros . 1928: Migros, fondata solamente tre anni prima di questa data, rileva la Alkoholfreie Weine AG (oggi Midor) di Meilen. Duttweiler nota con preoccupazione che in particolare gli operai sperperano per bevande alcoliche il loro già scarso salario. Per lottare contro l’alcolismo dimezza subito il prezzo del mosto dolce. Già a quei tempi Migros non vendeva né alcol né tabacco.
Dal primo gennaio nasce la nuova piattaforma che fornirà consigli pratici, ricette, idee e suggerimenti per migliorare la nostra qualità di vita Migros vuole spronare i propri clienti a vivere in modo più sano, fornendo loro qualche spunto tramite iMpuls. Per sostenere la clientela, oltre a motivarla, in futuro saranno collegate ancora meglio tra loro le nostre offerte e prestazioni nel campo della salute, riunendole sulla nostra nuova piattaforma dedicata al tema. L’obiettivo è di rendere la salute più accessibile e abbordabile per la Svizzera intera. Migros diffonderà il messaggio anche attraverso divertenti spot televisivi. L’idea che li caratterizza: da secoli esistono diversi rimedi casalinghi e metodi per mantenersi in salute – al-
1938: «Viva la buona battaglia, la lotta sempre più forte contro tutto quanto nuoce alla salute pubblica e in favore di tutto quanto la garantisce!», afferma Gottlieb Duttweiler. Questa convinzione la si ritrova anche negli statuti Migros, che recitano: «Migros incentiva la salute della popolazione svizzera». Duttweiler intende raggiungere questo obiettivo grazie a generi alimentari sani e convenienti. 1957: Dal 1941 Migros è una cooperativa. Nel rielaborare gli statuti si fissa per la prima volta per iscritto il divieto di vendere alcolici e tabacco.
Il manifesto ufficiale della campagna.
cuni anche abbastanza scorretti. Tre di questi vecchi miti sulla salute saranno presentati in brevi teaser sportivi con il chiaro messaggio: «acqua passata». Oggi esistono ovviamente metodi più moderni per mantener-
si in salute e Migros, dal 1° gennaio 2017, li propone concretamente. Scopri la nuova piattaforma per la salute di Migros con tanti consigli e informazioni intorno al tema della salute: migros-impuls.ch.
1977: Si inaugura il primo parco fitness a Lucerna. 40 anni più tardi Migros gestisce oltre 90 parchi fitness, wellness e acquatici in tutta la Svizzera, il che fa dell’azienda il maggior offerente di fitness di tutto il paese. 1987: Migros rafforza il suo sostegno alle nuove leve nel campo dello sport giovanile e di massa. Nel 2000 amplia
Notizie scientifiche Marialuigia Bagni Facciamo il pieno di vitamina K Un pieno di vitamina K protegge memoria e ossa. Uno studio pubblicato sulla rivista «Maturitas» rileva un’associazione fra elevate assunzioni di vitamina K nella dieta e minori problemi di memoria e di metabolismo osseo. Via libera a spinaci e, in generale, ai vegetali a foglia verde, anche se si usano anticoagulanti. I più elevati contenuti di vitamina K sono nelle bietole (830 mcg ogni 100 grammi), nel tarassaco (778), nel cavolo riccio (705), negli spinaci (483) e nel radicchio (255). Speranze per l’Alzheimer precoce Arrivano dalla Svizzera i risultati di una ricerca che genera nuove speran-
Curare il Parkinson… dalla retina Il Parkinson può dipendere dalla retina? Sembra dimostrarlo uno studio condotto in laboratorio da un’equipe dell’Istituto di Oftalmologia di Londra.
1995: Per giocare a golf bisognava essere membri di un club, il che costava un sacco di soldi. Così per gran parte della popolazione giocare a golf era praticamente impossibile. Fin quando è intervenuta Migros, che ha aperto il suo primo parco di golf. Praticando prezzi vantaggiosi, ha fatto di quello sport d’élite uno sport popolare. Oggi gestisce sei parchi e due campi da golf. 2010: Migros rileva la maggioranza della Medbase SA. L’azienda offre servizi nei campi della medicina classica e complementare, nella consulenza alimentare e nella fisioterapia. Già dal 2001 esisteva un forte partenariato fra le due aziende, in quanto Medbase è integrata in diversi parchi fitness di Migros. Nel frattempo Medbase gestisce 12 siti. 2015: Medbase rileva la maggioranza nei centri Santémed della cassa malati Swica. Nei 23 centri della salute, accanto a medici di famiglia lavorano anche terapeuti e medici specialisti come ginecologi, cardiologi o psicologi. 2016: Per la prima volta nella storia, Migros affitta una parte delle sue superfici di vendita nei negozi a una ditta esterna. Partner è la farmacia Zur Rose, che da quest’estate gestisce quale esperimento una piccola farmacia nella filiale Migros di Marktgasse a Berna. Se il progetto avrà successo, dovrebbero seguirne altri in ulteriori filiali Migros.
I giochi? Sul no. 2
Medicina e dintorni
ze per affrontare l’Alzheimer precoce. Un’équipe dell’Università di Zurigo ha pubblicato su «Nature» i risultati di uno studio condotto su 165 pazienti che soffrivano di Alzheimer, nella fase iniziale. Al primo gruppo è stato iniettato un placebo. Al secondo, un anticorpo, l’aducanumab, che si fissa sulle placche amiloidi che svolgono un ruolo essenziale nella degenerazione dei neuroni. Al termine della sperimentazione, nei soggetti trattati i disturbi cognitivi sono risultati stabilizzati. L’esperimento è in corso in 300 centri nel mondo.
ulteriormente il suo impegno quale sponsor e inizia a sostenere le corse popolari in tutto il paese. Oggi è inoltre attiva nella promozione delle nuove leve della lotta svizzera, organizza il Grand Prix Migros, una gara sciistica per ragazzi, ed è sponsor principale delle giornate senz’auto SlowUp.
Esperimenti condotti su cavie hanno mostrato come certe modificazioni della retina permettano una prevenzione della malattia già 40 giorni prima dei sintomi clinici, mentre un farmaco a effetto neuroprotettore è risultato ritardarne l’evoluzione, in certi casi addirittura contenerla. A quando gli esperimenti sull’uomo? Bulimia: lotta quasi vinta Presto combatteremo la bulimia. Uno studio compiuto dall’Istituto Nazionale americano per la Salute ha dimostrato che le stimolazioni elettriche dei neurotrasmettitori – le cellule che producono la dopamina, carente nei bulimici – hanno un effetto immediato e duraturo sui comportamenti alimentari degli animali in laboratorio:
i neurotrasmettitori si normalizzano così come la voglia di mangiare. Sono in corso esperimenti sull’uomo. Le carie possono guarire da sole Con un sistema di gestione, secondo ricercatori australiani, le carie possono guarire da sole: il metodo si fonda su modifiche delle abitudini alimentari e su regole di igiene della bocca. Innanzitutto bisogna individuare le carie quando sono «giovani» per facilitare la reversibilità; poi va rinforzata la presenza di sostanze naturali contro la demineralizzazione dello smalto, in particolare saliva e fluoro. La saliva neutralizza gli acidi prodotti dai batteri e apporta minerali come il calcio e il fosforo. Ne parla, in un lungo articolo, la rivista «Science et Vie».
Dal prossimo numero di «Azione» riprenderà la nostra seguitissima pagina dei giochi, con lo schema di parole crociate e con il riquadro del Sudoku. Vi ricordiamo che potete partecipare al concorso che mette in palio 5 carte per gli acquisti Migros da 50 franchi sia spedendo le soluzioni tramite cartolina postale all’indirizzo «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 6315, 6901 Lugano», sia attraverso il nostro sito web, compilando i formulari pubblicati all’indirizzo www.azione.ch/cruciverba e www. azione.ch/sudoku. La soluzione del cruciverba pubblicato su «Azione 50» era: «Amore, compassione carità e sorrisi a volontà». La soluzione del Sudoku era: «235». Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Ambiente e Benessere
Lo Zinfandel di Sonoma Valley
Bacco giramondo In California, al confine con la Napa Valley, esiste un’altra importante contea: prende il nome
da una missione di monaci francescani a cui va il merito di aver introdotto la coltivazione della vite di viticoltura e vinificazione. Nel 1861 si recò in Europa da dove ritornò con più di 100mila barbatelle di 350 vitigni diversi. Tuttavia un successivo rifiuto della proposta di vendere tutto allo Stato lo portò al fallimento e alla rovina personale. Tra i vitigni importati, c’era di sicuro quello che oggi è uno dei ceppi più rappresentativi della California, lo Zinfandel, uva californiana per eccellenza. Negli anni 60, l’enologo e ricercatore Cohen della University of California, Davis, ipotizzò che Zinfandel, Primitivo (Puglie) e forse anche le uve Plavac Mali, della Croazia, fossero correlati. Nel 1998, Carole Meredith, una ricercatrice, si specializzò alla ricerca della vera identità dello Zinfandel. Visitò tutta la costa dalmata e raccolse circa 150 campioni; al suo ritorno in California ne analizzò il DNA. All’inizio tutto sembrava indicare che Zinfandel e Plavac Mali fossero esattamente la stessa varietà di uva, ma ulteriori ricerche rilevarono che anche se i due erano parenti stretti, il ceppo originario dello Zinfandel era la varietà chiamata Crljenak, arrivata in Croazia dall’Albania. Lo Zinfandel è riconoscibile per le sue note di vaniglia, con fragole e lamponi che corredano il suo bouquet; è un vino di corpo con tannini ben presenti e un finale un po’ pungente, vinificato in rosso, rosato e in bianco (ci vien da piangere), è il vino ideale per il barbecue americano e le sue grosse T-bone steak. Oggi il vigneto di Sonoma ricopre circa 15mila ettari (come la Svizzera) con circa 170 aziende produttrici: e pen-
Davide Comoli Situata a nord di San Francisco e in parte distesa lungo la baia omonima, la contea di Sonoma è una delle zone vinicole più importanti della California settentrionale al confine con la contea di Napa. Prende il suo nome da una missione di monaci francescani, che vi introdusse la coltivazione della vite per la celebrazione della S. Messa e per produrre «l’acqua di fuoco» (aguardiente) che conciliava il sonno ai santi padri. Poco tempo dopo arrivarono i Russi e si stabilirono a Fort Ross (Mount St. Helena è in onore di una loro principessa). Decenni più tardi furono gli emigranti italiani a portare il loro ingegno in termine di viticoltura: gli Sbarboro, i Rossi, Pastori, Nervo, Mazzoni e Seghesio, furono le prime famiglie di coloni. Sonoma fu anche la patria d’adozione di Agoston Haraszthy, un simpatico intrallazzatore di origini ungheresi, il quale si faceva chiamare Conte (e alle volte Colonnello). Ne entrò in possesso nel 1856 e dopo varie peripezie, nel 1857, comprò la cantina del governatore messicano della città di Sonoma, il generale Mariano Vallejo. La cantina chiamata Buenas Vista e oggi conosciuta come la più antica azienda vinicola della California. Considerato come una delle persone più importanti per la viticoltura in California, Haraszthy pubblicò nel 1859 il Rapporto su uva e vino della California, che diventò una guida autorevole utile per creare e migliorare le tecniche
Uno scorcio di Sonoma Valley. (torbakhopper)
sare che solo 30 anni or sono, Sonoma era famosa per vendere vino nei vrac (cartoni) agli altri Stati. Nel 1970 Sonoma aveva una superficie vitata di 4400 ettari e 28 aziende che producevano vini. L’interesse per i vini di Sonoma è legato alla qualità: nelle contee si producono soprattutto mele, prugne, orzo. Il ciclo vegetativo della vigna è generalmente più lento e più lungo che nel resto della California, temperato dalle nebbioline che rimontano il Russian River, a partire da Jenner, da dove il fiume si getta nell’Oceano Pacifico o quelle che partono dalla baia di San Francisco e salgono verso Sonoma Valley, attraversando la regione dei Carneros. Per quanto concerne le uve, il loro
aroma e il loro gusto hanno un sapore dolce. Queste particolarità le ritroveremo poi nei vini sia nella loro giovinezza sia quando invecchiano con eleganza. L’individualità dei vini di Sonoma rispecchia la grande varietà di tessitura dei terreni estremamente differenziati, anche se molti sono di origine vulcanica e alluvionale, dall’esposizione dei vigneti, ma anche dalle piogge e dall’influenza dell’Oceano. Nella parte alta di Alexander Valley, il clima è meno fresco e il suolo formato da piccoli ciottoli, ciò che restituisce nella notte il calore accumulato durante il giorno: i Cabernet Sauvignon e i Sauvignon Blanc qui maturano in modo ottimale. A qualche chilometro dalla Green
Valley, i suoli più freddi in certi meandri del Russian River creano con le nebbie mattutine che salgono dal Pacifico condizioni perfette per il Pinot Nero, ma soprattutto per eccezionali Chardonnay (sia fermi sia spumantizzati). Le 13 grandi aree viticole (AVA) della contea di Sonoma si trovano situate in grandi linee da sud verso nord, molti vini riportano sull’etichetta anche il nome del produttore per dare maggiore garanzia di qualità; anche il luogo di provenienza (Russian River, Sonoma Valley, ecc.) appare sempre di più a condizione che il vino contenuto provenga per l’85 % dalla zona citata. La differenza dei suoli e del clima di Sonoma, permette di produrre vini dallo stesso vitigno, ma dagli stili e peculiarità molto diversi tra loro. Tra i vitigni rossi più coltivati citiamo: il Cabernet Sauvignon e lo Zinfandel, il Merlot, il Pinot Nero che dopo l’accattivante descrizione fatta nel film Sideways ne ha determinato l’aumento delle vendite. Negli ultimi periodi si è notato anche un forte aumento dello Syrah che ha una buona predisposizione all’invecchiamento, ma anche i vitigni indigeni: Carnevian, il Rubired ed il Royalty. Tra i vitigni a bacca bianca: lo Chardonnay che è anche il vitigno più diffuso, circa il 20 per cento della produzione, il Colombard, il Sauvignon Blanc, lo Chenin Blanc, il Semillon, il Viognier e i due Pinot, il Bianco e il Grigio, il locale Burger e l’Emerald-Riesling (ibrido tra Muscadelle e Riesling) creato nella già citata Università di Davis. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Ambiente e Benessere
Due ricette di un grande chef Igles Corelli è un grandissimo cuoco, un mio grande maestro e un grande amico. Questi sono due suoi piatti di inarrivabile bontà. Ma attenzione: ovviamente se provate a riprodurle, acquistate il meglio del meglio delle materie prime.
Il segreto principale resta sempre lo stesso per ogni piatto: occorrono ingredienti di prima qualità Tagliatelle con rigaglie di pollo. Ingredienti per 4 persone. Per le tagliatelle: 400 g di farina, 4 uova, olio extravergine di oliva, sale. Per il ragù: 200 g di stomaci di pollo, 100 g di cuori, 100 g di fegatini, 100 g di petto di pollo, 50 g di concentrato di pomodoro, 1/2 cipolla, timo, vino rosso, Parmigiano reggiano, olio extravergine di oliva, sale e pepe. Come fare le tagliatelle: impastate gli ingredienti e lasciate riposare per almeno 10’. Stendete la pasta con un matterello fino allo spessore di 2 mm e tagliatela per ricavare tagliatelle di poco meno di 1 centimetro di larghezza. Come fare il ragù: bollite gli stomaci di pollo per 30’. Nel frattempo tagliate il resto delle rigaglie e i petti a cubetti e saltate il tutto separatamente, uno dopo l’altro, in una padella con un filo di olio. Deglassate il fondo con del vino rosso. Tagliate gli stomaci bolliti a cubetti e portate a cottura gli ingredienti per il ragù, unendoli insieme. Sbollentate le tagliatelle in acqua salata al bollore (ma meglio in un brodo fatto con gli scarti del pollo) per 3’, scolatele e poi calatele nella padella del ragù. Regolate di sale e di pepe e fate saltare per 4’ o poco più, unendo l’acqua di cottura necessaria. Impiattate e spolverate con il formaggio grattugiato.
Lasagnetta croccante con ragù di Fassona, zabaione di prosciutto e prosciutto croccante di Parma. Ingredienti per 4 persone. Per le lasagnette: 100 g di farina 00, 100 g di farina Manitoba, 2 uova, 1 pizzico di sale. Per il condimento: 300 g di polpa di Fassona tagliata al coltello, 30 g di sedano, 30 g di carota, 30 g di cipolla, 50 g di funghi porcini, 100 g di ricotta di pecora, Parmigiano reggiano, 80 g di prosciutto tagliato a julienne g 80, 2 cucchiaini di concentrato di pomodoro, 1 bicchiere di vino rosso, 1 mestolo di brodo concentrato di pollo, burro, olio extravergine di oliva. Per lo zabaione: 2 tuorli, 70 g di prosciutto essiccato e polverizzato, 1 dl di brodo concentrato di pollo. Come fare le lasagne: impastate le farine con le uova e il sale, poi lasciate riposare. Tirate la sfoglia sottile e formate quadrati di 10x10 centimetri. Come fare il ragù: rosolate sedano, carota e cipolla in una casseruola con poco olio. A parte saltate in padella con un po’ di olio la carne, unitela alle verdure rosolate e bagnate con il vino rosso fatto sobbollire per 3’. Aggiungete i funghi saltati in padella, il concentrato di pomodoro, il brodo concentrato e cuocete per un paio d’ore a fuoco minimo. Regolate di sale e di pepe. Imburrate uno stampino da crème caramel, appoggiate la prima sfoglia di pasta e ricopritela con il ragù. Coprite con una seconda sfoglia e ricopritela con la ricotta; formate altri due strati, uno con il ragù e l’ultimo con la ricotta. Ricoprite con Parmigiano e una noce di burro, quindi cuocete in forno a 180° fino a quando la sfoglia non sarà croccante. Fate lo zabaione a bagnomaria, mettendo i tuorli con il prosciutto polverizzato e aggiungendo a filo il brodo caldo; quando è montato mantenetelo al caldo. Rosolate in padella la julienne di prosciutto. Sformate al centro del piatto la lasagnetta, guarnite con due cucchiai di zabaione e con la julienne di prosciutto.
CSF (come si fa) www.bellaveneziaristorante.it
Allan Bay
Jeremy Keith
Gastronomia Come cucina un piatto di tagliatelle e di lasagnette un cuoco creativo quale è Igles Corelli?
Il gran plateau royal è un sommo piatto di pesce crudo. Vediamo come si fa, o meglio cosa si mette in un ricco e completo piatto collettivo. Ostriche: le migliori che trovate. Conchiglie: cerastoderma (un bivalve), glycymeris (un bivalve), buccino (Buccinum undatum, un gasteropode), vongoloni, percebes (in italiano pedunculata), cannolicchi. Crostacei: astice, gamberi, scampi, granciporro. Marinate di pesce: cernia, pesce sanpie-
tro, salmone, ricciola, pagro rosa marinati in olio extravergine di oliva leggero, succo di limone, sale, pepe e qualche fogliolina di erbe aromatiche di stagione. Ecco le mie quattro salse predilette per nappare o immergere pesci e crostacei crudi. Salsa ponzu. Ovvero la mia versione di una salsa giapponese. In una ciotola emulsionate una parte di salsa di soia tipo shoyu (quella più leggera e meno salata) con una parte di succo di limone e una parte di vermut dry. Unite cipollotto tritato e Tabasco a piacere. Lasciatela in infusione per 1 ora prima di utilizzarla. Al momento dell’uso, emulsionatela ancora. Salsa alla menta. Tritate 100 g di menta fresca, versatevi sopra 2 dl di aceto di mele caldo e 3 cucchiai di zucchero. Emulsionate e regolate di sale. Lasciate
in infusione almeno una notte prima di utilizzarla. Salsa alla panna acida. Mescolate 4 parti di panna acida con un lime spremuto. Regolate di sale, profumate con erba cipollina tritata a piacere e condite con poco Tabasco e salsa Worcester. Salsa verde light, non purista. Ammorbidite nell’aceto di mele 3 fette di pancarré private del bordo e strizzatele. Tritate bene 100 g di foglie di prezzemolo, lavato e ben asciugato, 2 spicchi di aglio, una manciata di capperi dissalati e una punta di pasta di acciughe. Mettete tutti gli ingredienti in una ciotola ed emulsionateli con una frusta a 1 dl (o poco più) di olio extravergine di oliva leggero o olio di noci o di nocciole. Regolate di sale e di pepe. Lasciatela in infusione per almeno 1 ora prima di utilizzarla.
Ballando coi gusti Due insalate fresche (una più dell’altra) ma allo stesso tempo invernali. Facili da preparare solo in mezz’ora
Mele, sedano, noci e formaggio
Verza, mandorle e uva passa
Ingredienti: 3 mele verdi · 2 coste di sedano · qualche gheriglio di noce · 150 g di em-
Ingredienti: 1 verza · 2 cucchiai di uva passa · 400 g di carote · 1 arancia · 10 mandorle · 1 cucchiaio di semi di finocchio · aceto · olio extravergine di oliva · sale · pepe.
mental · il succo di 1/2 limone. Per condire: 1 cucchiaio di aceto di mele · 2 cucchiai di olio extra vergine di oliva · sale e pepe. Sbucciate le mele, privatele del torsolo, tagliatele a pezzetti e spruzzatele subito con il succo di limone affinché non anneriscano. Lavate e mondate il sedano e tagliatelo a julienne. Tagliate il formaggio a cubetti. Riunite gli ingredienti nell’insalatiera insieme con i gherigli grossolanamente tritati. Emulsionate l’aceto con olio, sale e pepe. Condite l’insalata, lasciate insaporire qualche minuto e servite.
Eliminate le foglie esterne della verza. Allargate le foglie del cuore del cespo e scottatelo per 4 minuti in acqua bollente non salata. Passatelo sotto l’acqua corrente fredda, sgrondatelo e tagliatelo a listarelle. Mettete in ammollo l’uva passa in acqua tiepida. Mondate e lavate le carote, quindi tagliatele a julienne. Sbucciate l’arancia al vivo, tagliatela a rondelle e tagliate queste ultime ciascuna in 4 parti. Tritate insieme le mandorle e l’uva passa accuratamente scolata e strizzata. Raccogliete gli ingredienti nell’insalatiera, condite con un’emulsione di aceto, sale, pepe e olio, mescolate e cospargete con i semi di finocchio.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Politica e Economia La questione meridionale Uno dei maggiori problemi italiani è la disparità economica e sociale tra Nord e Sud
Israele continua a costruire Nonostante la recente risoluzione dell’ONU che stigmatizza le colonie nei territori palestinesi occupati, Netanyahu non molla, en attendant Trump pagina 20
La Svizzera nello spazio Si è tenuta a Lucerna l’assemblea dell’Agenzia spaziale europea: sul tavolo della discussione i futuri progetti di esplorazione del cosmo pagina 22
Keystone
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L’eredità di un anno pieno di sorprese Cosa ci aspetta Nel 2017 dobbiamo attenderci risposte a questioni di importanza essenziale aperte nel 2016 Alfredo Venturi Prima di tutto occorre guardarsi dalle fantasie superstiziose, visto che il passaggio dal bisestile 2016 all’anno numero 17 potrebbe indurci a fare gli scongiuri di rito. Purtroppo i dodici mesi appena trascorsi sembrano confermare nei fatti la pessima nomea degli anni con un giorno in più. Il bilancio è tremendo: guerre, terrorismo, democrazie alla prova del fuoco. E come se tutto questo non bastasse, terremoti devastanti e disastri climatici. Ora auguriamoci che il neonato 2017 si scrolli di dosso lo stigma del numero marchiato fin dall’antichità da una solenne parola greca: eptacaidecafobia, paura del diciassette. Non sarà facile, perché l’anno parte gravato da una pesante eredità. Al di là delle divagazioni scaramantiche, il nostro orizzonte è realmente oscurato da molte nubi. Il problema principale che il 2016 affida al 2017 ha tre facce: è un trittico costituito dalla pressione migratoria, dal terrorismo e dal rapporto che intercorre fra i due elementi. I flussi che dalle aree di crisi ci portano ondate di profughi sono inarrestabili: si tratta di un fenomeno epocale che ha i connotati oggettivi dell’evento fisico, è il principio
dei vasi comunicanti applicato alla demografia planetaria rimescolata dalla ricerca di migliori condizioni di vita. Si tratta di organizzare quei movimenti, di gestirli con una duplice attenzione: ai valori e agli interessi. Finora non è accaduto, è prevalsa l’irrazionalità delle reazioni istintive, gli interessi interpretati in modo angusto hanno preso il sopravvento e quanto ai valori sono finiti in secondo piano. L’Europa spesso risponde erigendo muri, l’America fa lo stesso lungo la frontiera messicana, e tanto più lo farà dopo l’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca. Mentre gli egoismi nazionali rischiano di sgretolare l’Unione Europea, i Paesi mediterranei investiti dall’ondata dei profughi vengono lasciati soli, o quasi, di fronte alla pressione esercitata dall’Africa e dal Medio Oriente. La cancelliera Angela Merkel difende il principio di solidarietà, secondo il quale è doveroso accogliere chiunque sia minacciato nel luogo d’origine da guerre o persecuzioni: e questo immediatamente ridimensiona la sua popolarità. Perché i flussi dei migranti fanno paura, vengono etichettati come invasione, l’Occidente si sente minacciato. Altro dominante fattore di emer-
genza, il terrorismo. Nell’anno appena concluso si è sanguinosamente manifestato a Bruxelles, a Nizza, a Monaco di Baviera, a Berlino. Per tacere degli attentati che hanno investito la Turchia, la Siria, l’Iraq, il Pakistan, il Bangladesh, le Filippine. Uno stillicidio di bombe, auto esplosive, kamikaze, e poi la tragica novità dei camion lanciati a falciare la folla. Il bilancio delle vittime è sconvolgente, e lo sarebbe ancor più se non si fossero fatti importanti passi avanti nel coordinamento internazionale delle attività di polizia. Infatti alle stragi che hanno occupato le prime pagine bisognerebbe accostare quelle che sono state scongiurate per tempo. Bombe disinnescate delle quali non si parla abbastanza. Si parla molto invece di quello che siamo abituati a considerare il principale attore del dramma terroristico, lo Stato islamico o Isis, o Daesh. Sta subendo colpi nei suoi santuari territoriali in Iraq, Siria e Libia e proprio per questo, si dice, tenta di rifarsi attaccando in Europa, rimpatriando i miliziani stranieri sopravvissuti alla guerra e incaricandoli di scatenare l’inferno fra gli infedeli. Di fatto i più recenti attentati sono lontani dall’efficienza organizzativa di quelli, per esempio, che nel 2015 colpirono la Fran-
cia. Appaiono per lo più opera di cani sciolti, o lupi solitari che siano, iniziative individuali non coordinate, delle quali l’Isis rivendica la paternità visto che è lo stesso Isis a incitare alla lotta e a fornire in rete le istruzioni per l’uso. Siamo di fronte a un terrorismo diffuso, improvvisato, imprevedibile, che mette a durissima prova gli apparati di sicurezza. Infine, a completare la triade, il rapporto fra migrazioni e terrorismo. Sono i profughi a portarci gli attentati? Dobbiamo sbarrar loro il passo e questo basterà per risolvere il problema? Sull’equazione migranti-terroristi giura chi è incline alla demagogia, attacca l’Unione Europea nel nome del «sovranismo» e accusa la Merkel per la sua politica delle porte semiaperte. È vero che molti attentatori hanno percorso le rotte dei migranti, ma c’è anche una forte componente di giovani cresciuti qui, spesso nati qui, mentre la massima parte dei profughi cerca solo sicurezza e lavoro. La controversa identificazione delle due realtà ha effetti assai concreti: si devono in parte a questo il successo degli isolazionisti britannici che hanno abbandonato l’Unione Europea e quello di Trump negli Stati Uniti. Nel 2017 sono in programma al-
cuni cruciali appuntamenti politici e il tema delle migrazioni, del terrorismo e dell’intreccio fra i due fenomeni è destinato forse a decidere i risultati, certo a dominare le campagne elettorali. Come quella che culminerà nel voto olandese del 15 marzo, con il populista Geert Wilders che sulle ali dei sondaggi favorevoli potrebbe trionfare e quindi mettere in discussione la presenza dei Paesi Bassi nell’Unione Europea. Dopo la defezione britannica, l’uscita di uno dei sei fondatori della Comunità (accadde sessanta anni or sono, la ricorrenza sarà celebrata a Roma dieci giorni dopo le elezioni olandesi) potrebbe essere per l’Unione un colpo fatale. Ancor più nevralgico il voto per la presidenza francese: due turni il 23 aprile e il 7 maggio. In un Paese fra i più tragicamente bersagliati dal terrorismo jihadista, una rabbiosa reazione popolare innescata dalla paura favorisce la visione oltranzista di Marine Le Pen: pugno di ferro con i migranti, recupero di una piena sovranità nazionale, al diavolo l’Unione Europea. Ultimamente l’ascesa lepenista appare un po’ frenata ma nei palazzi di Bruxelles è sempre allarme rosso. L’eptacaidecafobia poggia stavolta su basi piuttosto razionali.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Politica e Economia
L’eterna questione del Sud Italia meridionale Una nazione a due velocità: ragioni storiche e questioni di attualità ripropongono
una frattura economica e sociale che sembra andare progressivamente allargandosi Alfio Caruso La questione meridionale esplose prima ancora che fosse proclamato il Regno d’Italia (17 marzo 1861). Quel giorno si arrese uno dei due bastioni borbonici resistenti da mesi alle divisioni piemontesi, la Cittadella di Messina; tre giorni più tardi alzò bandiera bianca anche la fortezza di Civitella del Tronto. Una frase della deposta regina di Napoli, Maria Sofia («Piuttosto che stare qui, amerei morire negli Abruzzi in mezzo a quei bravi combattenti») aveva commosso e sommosso i cuori degli innumerevoli spasimanti di questa Lady Diana dell’Ottocento. La stampa internazionale aveva trasformato l’assedio nell’ennesima sfida fra Davide e Golia. Le cancellerie ostili al nascente Stato avevano molto sfruculiato sull’impotenza di tanti contro pochi. Tuttavia il peggio per il governo del conte di Cavour si palesò il 7 aprile nel bosco di Lagopesole, in Basilicata: avvenne il raduno di duemila fuorilegge, fu acclamato comandante in capo Carmine Crocco, un ex artigliere dei Borboni, che nelle sue diverse avventure aveva militato anche al fianco di Garibaldi durante l’impresa dei Mille. La mancata cancellazione della condanna per omicidio l’aveva indotto a tornare all’antico mestiere. Sotto la sua guida il Meridione venne infestato per anni da una guerriglia, che non fu solo banditismo, come dipinto dalle cronache ufficiali, fu anche reazione alla cecità del governo centrale, alla mancanza di sviluppo economico.
Il fenomeno del brigantaggio era stata una prima risposta violenta alla disillusione post-unitaria Non sono bastati centocinquantacinque anni per colmare l’arretratezza delle regioni sudiste, acuitasi anzi con il nuovo secolo. Dal 2000 la crescita di Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia è stata appena del 13% contro il 24% della Grecia e il 53,6% delle regioni europee, che rientrano nei piani di Convergenza della Ue. Nel 2014, per il sesto anno consecutivo, l’economia di queste regioni è diminuita dell’1,3% e ciò ha riportato ai livelli del 2000 il divario con il Nord. Purtroppo, neppure l’ampia crescita dell’export nel 2015 (10,2% rispetto alla media nazionale del 3,8%) serve al riequilibro. Anzi, dopo gl’interventi della magistratura e il blocco delle attività estrattive, esiste il pericolo che la regione più dinamica, la Basilicata con un aumento del 145,7%, rallenti parecchio. Perfino le esportazioni legate alla produzione di auto nello stabilimento Fca di Melfi sono finite in stallo. Di conseguenza il pil pro-capite è quasi la meta della media del Centro-Nord. In dati assoluti, quello italiano è di 26’585 euro, quello meridionale di 16’976: in Trentino Alto Adige è di 37 mila euro, in Calabria di 16 mila. Il rischio povertà è più che triplicato rispetto al resto del Paese: dal 10% al 33%. La regione maggiormente a rischio risulta la Sicilia con il 41,8%, seguita dalla Campania, 37,7%. Una famiglia meridionale consuma il 67% di quanto consuma una famiglia del Centro-Nord. Negli ultimi otto anni l’occupazione è crollata del 9%, mentre nel Centro-Nord vi è stato un –1,4%. Nel 2014 i lavoratori sono cresciuti in Italia di 88’400 unità, il Meridione, invece, ne ha persi 45’000 scendendo a 5,8 milio-
Con il suo sbarco in Sicilia, nel 1860, iniziava ad unire politicamente la Penisola: Giuseppe Garibaldi. (Marka)
ni di unità, il livello più basso dal 1977, anno d’inizio delle rilevazioni. E anche la ripresa registrata nei primi sei mesi del 2015 non ha toccato le sacche della disoccupazione, soprattutto giovanile. Di conseguenza forte incentivazione all’esodo. Dall’inizio del nuovo millennio sono emigrati verso altre zone della Penisola 789 mila persone (più degli abitanti di Palermo), di cui 210 mila laureati e 526 mila (l’equivalente dell’intera provincia di Reggio Emilia) di età inferiore ai 34 anni. A costoro bisogna aggiungere quanti si sono diretti verso la Germania, l’Inghilterra, la Scandinavia e in questo caso la scelta non è stata effettuata dalla bassa manodopera, come capitava nel dopoguerra, bensì da ragazzi in possesso di lauree e specializzazioni. Sono i famosi «cervelli», dei quali si continua a lamentare la partenza, tuttavia senza sforzarsi d’individuare rimedi. Perciò la perdita di giovani, di competenze e la denatalità rischiano di relegare il Meridione a un sottosviluppo permanente e alla desertificazione industriale.
Nel 2014 si è toccato il punto più basso delle nascite dal 1861: 174’000. Il tasso di fertilità è sceso a 1,31 figli, meno degli 1,43 del Nord e dei 2,1 necessari per non ritrovarsi nel 2065 con 4,2 milioni di abitanti in meno.
La situazione odierna è inquinata da anni di gestione clientelare da parte delle classi politiche al potere Purtroppo una simile mole di problemi ha suscitato il ridestarsi degli istinti più viscerali: dal rimpianto per i centoventi anni di dominio dei Borboni – il peggio del peggio – alle accuse di ruberie e sfruttamento prima all’Italia dei Savoia, poi alla Repubblica, accusata di miopia e insensibilità. È indubbio che dopo l’Unità i notabili del Nord preferirono allearsi con i «galantuomini», i veri persecutori delle plebi meridionali, piuttosto che garantire la crescita sociale pro-
messa da Garibaldi appena sbarcato in Sicilia nel maggio 1860. E pure l’Italia nata con il referendum del ’46 ha trovato più redditizio accordarsi con le diverse mafie che dare loro la caccia, varare improbabili piani siderurgici piuttosto che rafforzare l’agricoltura e il turismo. Ma chi ha depredato per mezzo secolo la fin troppo munifica Cassa del Mezzogiorno? Aveva i mezzi e i progetti per garantire la liberazione del Sud dalle sue endemiche miserie, viceversa le classi dirigenti di Napoli, di Palermo, di Bari, di Reggio Calabria preferirono spolparla per accrescere i propri privilegi. E che si trattasse di un andazzo univoco, prescindente dalle ideologie, l’ha dimostrato la staffetta tra gli antichi presidenti di regione democristiani e gli attuali governatori tutti del Pd. Ma ciascuno di essi – Crocetta in Sicilia, Emiliano in Puglia, De Luca in Campania, Pittella in Basilicata, Oliverio in Calabria – si sente e si comporta da ras locale, anziché da membro di una collettività nazionale. Ciascuno fin qui ha cercato di raccattare il meglio per la propria parte, non per la propria terra.
L’arrivo dei nuovi dati, le previsioni catastrofiche sul futuro di un’associazione molto rispettata come la Svimez (Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno) hanno però suonato la campanella dell’ultimo giro. Saviano, l’autore del celeberrimo Gomorra, ha sentenziato che dal Sud ormai fuggono anche le mafie. Pure Renzi è stato costretto a rivedere il proprio disegno. Fin qui il suo neocentralismo tendeva a escludere sia la questione meridionale, sia quella settentrionale. Alle reciproche e opposte rivendicazioni, spesso ammantate di consunta retorica, contrapponeva la questione delle riforme nazionali. Paradossalmente l’hanno aiutato la becera intolleranza della Lega e l’affermarsi di quei caporioni approdati nel Pd perché gli altri partiti erano spariti. Adesso questo schema non funziona più ed egli non è parso averne sottomano un altro. Ha lasciato a Gentiloni la patata bollente. «Scateniamo l’inferno del cambiamento» sostiene Emiliano, che si è già rivolto a De Luca per un coordinamento delle cinque regioni meridionali. Ma il governatore campano, oltre a non voler troppo apparire, non voleva dispiacere a Renzi. L’ex capo del governo gli aveva, infatti, promesso 700 milioni per smaltire 4,5 milioni di ecoballe, ingombrante eredità dell’emergenza rifiuti. Se queste sono le premesse, la nascita di un partito del Sud sembra assai improbabile. Gli mancherebbe, per altro, il presupposto, che ha scandito i settant’anni precedenti: una spesa pubblica allegra, senza controlli, spesso fuorilegge. Più facile, invece, che dilaghi una sorta di rivolta fiscale copiando alcuni slogan della Lega, tuttavia con ben altra base. Nel Meridione del nero, del sommerso, dell’evasione fiscale mai se n’era avvertito il bisogno, tuttavia la tentazione può diventare molto forte in un periodo di caccia agli evasori per rimettere in ordine i conti dello Stato. Un accenno, per quanto indiretto, lo si trova nel rapporto Svimez, che toglie il sonno a tanti governanti romani. Vi si sostiene che negli anni gli investimenti e i trasferimenti al Sud sono calati, mentre è rimasta sostanzialmente invariata la partecipazione del medesimo Sud al pagamento delle pensioni lavorative. Le quali, ed ecco la sottolineatura polemica, «sono riscosse in gran parte al Nord». Pensioni, che ovviamente nessuno si sogna di toccare, al contrario di quanto avviene con quelle d’invalidità assai diffuse in Meridione e al 90% false. Se a questo si aggiungono il sempre più probabile accorpamento nell’arma dei carabinieri del corpo forestale – riserva di caccia dei politici locali per distribuire stipendi a pioggia – e la prossima ripartizione del fondo sanitario nazionale, con una stretta per Sicilia, Campania, Calabria, Puglia e Basilicata, ecco spiegato il rincrudelire della questione meridionale. Stavolta trasformata nell’ultima barricata per la sopravvivenza. Sul carro fiscale è già saltato lo screditato sindaco partenopeo, Luigi de Magistris, alle prese con ambizioni eccessive perfino per la sua straripante megalomania. Ha addirittura parlato di «nuova resistenza» per ottenere che le «tasse pagate da Napoli restino a Napoli». La sua rielezione a sindaco di Napoli rappresenta l’ennesimo cerino acceso gettato sulla benzina del malcontento. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Politica e Economia
Avanti con gli insediamenti Israele Il governo di Netanyahu continua la sua strategia del fatto compiuto e permette la costruzione
di «unità abitative» nei territori palestinesi occupati Marcella Emiliani Il 23 dicembre scorso il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato la risoluzione no. 2334 che ha definito «illegale» la creazione di insediamenti ebraici nei Territori occupati da Israele nel corso della Guerra dei Sei giorni del 1967 e ha chiesto allo stesso Israele di interrompere «immediatamente e completamente» il processo di colonizzazione nonché di «smantellare gli insediamenti costruiti dopo il marzo 2001». La colonizzazione, infatti, costituisce «una flagrante violazione della legge internazionale e uno degli ostacoli maggiori alla realizzazione della soluzione dei due Stati» nonché «ad una pace giusta, duratura e comprensiva» ovviamente tra israeliani e palestinesi. Il testo della 2334 ricalca quello di altre risoluzioni simili, non ultima la 446 del 1980 che già cercava di fermare la colonizzazione nei Territori. Lo sconcerto che ha provocato in Israele è stato causato dall’astensione con cui gli Stati Uniti l’hanno accolta senza opporre il veto (come hanno sempre fatto contro pronunciamenti contrari ad Israele), mentre gli altri 14 membri del Consiglio di sicurezza hanno approvato la risoluzione all’unanimità. Così, essendo gli Usa un alleato storico dello Stato israeliano, automaticamente è diventata storica anche l’astensione americana del 23 dicembre. Un fatto di rilievo, dunque, che ha sorpreso Israele, il quale Israele – non scordiamolo – vive in un contesto regionale che lo ha sempre rifiutato e attualmente è più conflittuale che mai. Detto in altre parole Israele non può permettersi di perdere l’ombrello protettivo degli Stati Uniti.
La risoluzione 2334 dell’ONU ha ancora una volta dichiarato illegale l’iniziativa israeliana Ma il valore della risoluzione, come chiariremo tra breve, è soprattutto simbolico. Perché allora definire addirittura «vergognosa» la 2334 come ha fatto il premier israeliano Benjamin Netanyahu o accusare il presidente americano uscente, Barak Obama, di aver «complottato contro Israele» per vendicarsi dei rapporti piuttosto tesi intercorsi tra di loro? Perché in Israele la 2334 è stata interpretata alla stregua di un tradimento dal governo in carica? La risoluzione 2334, come quelle simili che l’hanno preceduta, non è vincolante, non comporta cioè sanzioni in caso venga disattesa. Scendendo più nel dettaglio neanche la 2334 rimanda al capitolo VII della Carta Onu che autorizza il ricorso alla forza per assicurare la pace e la sicurezza. È una raccomandazione o, se si preferisce, un monito, non un’ingiunzione. Il problema allora diventa un altro: le colonie ebraiche nei Territori costituiscono o non costituiscono una minaccia alla pace e alla sicurezza? Le Nazioni Unite non le hanno mai definite tali, ma nella misura in cui sottraggono terra ai pa-
Azione
Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
Cantieri ad Har Homa, Gerusalemme Est, nei pressi del quartiere Sur Baher. (Keystone)
lestinesi, possono impedire la nascita di un loro Stato. Questo ieri, oggi e domani costituirà sempre motivo di scontento, rabbia e violenza tra i palestinesi stessi, specie se i premier israeliani in carica – ed è il caso di Netanyahu – congelano completamente il dialogo di pace persino con la controparte palestinese più moderata, cioè il presidente dell’Anp (Autorità nazionale palestinese) Abu Mazen. Oggi in Cisgiordania e a Gerusalemme Est le colonie ebraiche sono almeno 140 e i coloni almeno 430’000 in Cisgiordania e 200’000 a Gerusalemme Est. Parliamo solo degli insediamenti ritenuti legali in Israele, perché ne esistono altre decine di «illegali» anche per la stessa legge israeliana. A Gaza, come è noto, le colonie ebraiche esistenti sono state smantellate nel 2005 quando la Striscia è stata restituita unilateralmente da Israele ai palestinesi. Gerusalemme Est invece è stata praticamente annessa da Israele nel 1980 quando l’intera città è stata proclamata capitale unita ed eterna dello Stato israeliano. Quanto alla Cisgiordania, semmai verrà restituita, non sarà altro che una pelle di leopardo senza nessuna contiguità territoriale tra le varie insule palestinesi sopravvissute agli insediamenti ebraici. Israele, dunque, nonostante le risoluzioni Onu ha sempre continuato imperterrito con la sua politica dei fatti compiuti e a riprova del tutto, il 28 dicembre la Municipalità di Gerusalemme avrebbe dovuto approvare la costruzione di altre 618 «unità abitative» nella parte orientale della città, quella che i palestinesi rivendicano come capitale del loro ipotetico Stato. La votazione però è stata sospesa in attesa del discorso che il segretario di Stato americano uscente John Kerry, avrebbe pronunciato lo stesso giorno.
In tutti i casi il premier Netanyahu ha sempre fatto della colonizzazione la sua bandiera politica e difficilmente farà marcia indietro, soprattutto ora che alla Casa Bianca sta per insediarsi (il 20 gennaio) un uomo come Trump che ha già abbondantemente manifestato tutta la sua simpatia per lo Stato di Israele. Per di più, sempre Trump ha nominato ambasciatore in Israele David Friedman, che non solo è un acceso sostenitore del processo di colonizzazione ma ha sempre osteggiato la soluzione di pace basata sui due Stati, uno israeliano e uno palestinese, in una stessa terra (la Palestina storica).
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Questa volta gli USA si sono astenuti dal voto e per la prima volta hanno sconfessato la politica dei loro alleati storici Perché allora tanto clamore mediatico? Perché Netanyahu ha alzato i toni, ha quasi isolato il suo paese nel contesto internazionale richiamando in patria gli ambasciatori accreditati nei paesi che hanno votato la 2334, senza mai chiarire cosa lo irritasse tanto nella riedizione del divieto di colonizzare i Territori occupati, di cui fino al 23 dicembre francamente non si è mai preoccupato più di tanto? Dal punto di vista di Netanyahu, l’astensione americana al voto del 23 dicembre ha significato l’intenzione da parte di Obama di imporre last minute ad Israele le modalità con cui arrivare alla pace coi palestinesi. D’altronde è scritto nero su bianco nella risoluzione: gli insediamenti ebraici sono «un ostacolo alla realizzazione della soluzione dei due Stati». Quello che il premier israeliano non
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vuole più sentirsi ripetere è la riproposizione della creazione di uno Stato ebraico ed uno palestinese, contenuta nella peraltro defunta Dichiarazione di Oslo. Nell’ottica del premier israeliano è come se Obama avesse voluto legare le mani a Trump prima ancora che entrasse in carica, resuscitando una road map che si sa essere gradita anche a Francia, Gran Bretagna, le maggiori potenze occidentali, l’Unione Europea e perfino il Vaticano, tutte realtà che il futuro presidente degli Stati Uniti non potrà ignorare nonostante le sue tentazioni isolazioniste. Inoltre, ben prima della data di insediamento di Trump, il 15 gennaio, non Netanyahu – che ha già declinato l’invito – ma un qualche rappresentante del suo governo dovrebbe presentarsi a Parigi per discutere la ripresa dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi in un summit internazionale convocato ad hoc dalla Francia. Francia che ha votato la risoluzione 2334. In quella sede la pietra miliare del negoziato sarà ancora una volta la «formula due Stati», come un tormentone riproposto per mettere lui, Netanyahu, in imbarazzo. Del resto il suo ministro della Difesa, l’ultra-falco Avigdor Lieberman, ha già vaticinato che a Parigi non si svolgerò una Conferenza di pace ma «un processo a Israele» per colpire la sua sicurezza e la sua reputazione. E ha aggiunto: «Una versione moderna del processo Dreyfus, con un’unica differenza: sul banco degli imputati non ci sarà un solo ebreo, ma tutti gli ebrei e lo Stato di Israele». Ma, oggettivamente, c’è un’alternativa alla «formula due Stati»? Netanyahu non ha mai detto quale sia a suo parere la soluzione di pace ideale coi palestinesi. Ha detto no ai due Stati e ha detto no al dialogo coi palestinesi. In pratica ha sempre mo-
strato di voler mano libera nei Territori, moltiplicando nel frattempo gli insediamenti. Non ha enunciato una sua filosofia o formula, ma ha «fatto fatti», per quanto possa esser brutta l’espressione. Mugugnando e lasciando correre, l’amministrazione Obama fino al 23 dicembre scorso ha comunque fermato col veto risoluzioni Onu contrarie ad Israele e soprattutto ha rinnovato non più tardi di pochi mesi fa un accordo di aiuti militari con lo stesso Israele della validità di dieci anni per un importo di 36,3 miliardi di euro. E anche questi sono fatti . E allora nella rabbia di Netanyahu sembra davvero di cogliere un’ansia che non è dettata solo dalla politica estera di Israele, ma soprattutto dalla politica interna. Nel suo governo, il più oltranzista che Israele abbia mai avuto, ha imbarcato personaggi come Lieberman, appunto, o Naftali Bennet, ministro dell’Economia, che potrebbero scavalcarlo a destra proponendo, come hanno sempre fatto baluginare, l’espulsione diretta o indiretta di tutti i palestinesi dai Territori. E proprio questi suoi ministri potrebbero trovare un’ottima sintonia con gli estremisti della destra repubblicana americana che sostengono Trump. Il quale Trump, il 28 dicembre, ben prima che John Kerry pronunciasse il suo discorso d’addio, difendendo ancora una volta una soluzione di pace a lungo termine basata sulla formula due Stati, via twitter ha commentato: «Non possiamo continuare a lasciare che Israele sia trattato con un tale sdegno e disprezzo. Una volta era un grande amico degli Stati Uniti, ora non più. L’inizio della fine è stato l’orribile accordo sul nucleare iraniano, e ora questo (intendendo la risoluzione 2334)! Sii forte, Israele, il 20 gennaio arriverà presto!». Netanyahu ovviamente si è affrettato a ringraziare.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Politica e Economia
La Svizzera nello spazio lavora bene ESA Successo della Conferenza Ministeriale dell’Agenzia Spaziale Europea a Lucerna
Loris Fedele I rappresentanti a livello ministeriale dei 22 stati membri dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) si riuniscono di regola ogni 3-4 anni in una conferenza che deve decidere la strategia e le politiche da applicare a breve e medio termine oltre a fissare il budget necessario per condurre a buon fine tutte le iniziative votate. Proprio l’1 e 2 dicembre scorsi, a Lucerna, si è tenuta la Conferenza 2016. L’ESA è un’organizzazione creata nel 1975. Volle mettere in comune le risorse per organizzare una industria competitiva, in grado di emergere a livello mondiale nella conquista e utilizzazione dello spazio, con ricadute positive per tutti i cittadini. Aderirono all’idea 10 nazioni, tra le quali la Svizzera. Grazie al coordinamento delle risorse intellettuali e finanziarie degli Stati membri, l’ESA fu subito in grado di proporre e realizzare delle attività di successo. A turno i paesi membri presiedono il Consiglio dei ministri dell’organizzazione e 4 anni fa, per la prima volta, toccò alla Svizzera, in coabitazione col Lussemburgo. Il nostro segretario di Stato Mauro Dell’Ambrogio ha ricoperto il ruolo di presidente per la Svizzera e ha organizzato e copresieduto la Conferenza Ministeriale di Lucerna. Il budget dell’Agenzia supera i 4 miliardi di euro all’anno. Ogni membro paga una quota proporzionale
Sono stati stanziati fondi per 10,3 miliardi di euro che avranno ricadute concrete sull’economia dei paesi partecipanti al suo prodotto interno lordo. Per la Svizzera il contributo è fissato al 3,75%, che equivale a un contributo annuo di 150 milioni di euro. Vi è da notare che il versamento è largamente compensato in commesse per l’industria, lavori di ricerca per le università e ricadute di interesse generale. I temi all’ordine del giorno della Conferenza di quest’anno riguardavano il futuro dell’Europa nello spazio, con il prolungamento
La sessione, che coinvolge 10 nazioni, si è tenuta a Lucerna a inizio dicembre 2016. (ESA)
dell’impegno con la Stazione spaziale internazionale (ISS), il finanziamento dei programmi per gli anni 2017-2021 e, per lo stesso periodo, la gestione del Centro spaziale guianese da dove avvengono i lanci dei satelliti, oltre ad alcuni progetti specifici. Complessivamente i ministri presenti hanno votato uno stanziamento di 10,3 miliardi di euro. Si è confermata la prosecuzione dell’impegno europeo per la ISS, la cui vita sarà prolungata fino al 2024. Finora mancava solo l’OK dell’ESA, perché vi era già stato un impegno formale degli altri partner internazionali, l’americana NASA, la JAXA giapponese, la russa Roscosmos. Per «pagare» l’accesso dei suoi astronauti sulla ISS, l’Agenzia europea ha anche confermato che svilupperà il modulo di servizio della seconda capsula Orion. Da quando lo Shuttle ha cessato i suoi voli, gli americani non hanno più una navetta per mandare uomini nello spazio e il cambio semestrale degli equipaggi sulla ISS è per ora garantito soltanto dalle capsule russe Soyuz. La NASA già da anni sta lavorando alla costruzione di Orion, la sua nuova capsula per i voli abitati. Sarà montata sul razzo SLS (Space Launch System) anch’esso in fase di progettazione, che
sarà il più potente mai costruito. Quando sarà pronto, si condurranno due test senza equipaggio portando Orion a girare attorno alla Luna con successivo rientro a Terra. Solo allora, se la tecnologia si dimostrerà affidabile e le finanze lo permetteranno, si rispedirà l’uomo nello spazio aperto e forse su Marte. Per i propri lanciatori l’ESA a Lucerna ha votato 1611 milioni di euro. Verranno completati progetti già ben avviati, come l’ultimazione del nuovo razzo Ariane 6 e l’evoluzione del lanciatore leggero Vega C. Vega evolution sarà un piccolo ma altamente innovativo lanciatore, con un motore a propellente liquido costruito in Italia: 83 milioni ne finanzieranno lo studio. La Svizzera è molto interessata a questo settore, nel quale ha importanti collaborazioni. Fin dall’inizio i gusci montati in cima ai razzi, che proteggono i satelliti durante le fasi di lancio per poi liberarli nell’orbita voluta, sono forniti dall’industria svizzera. Come pure elementi dell’attrezzatura necessaria per trasportare in modo sicuro i satelliti fino ai siti di lancio. Accompagnate dallo slogan pubblicitario «La Svizzera fa nello spazio quello che meglio sa fare sulla Terra» le imprese di casa nostra hanno fornito strumenti interi o parti
di strumenti, come gli orologi atomici montati sui satelliti del programma Galileo (il sistema di navigazione satellitare civile globale) che presto farà le stesse funzioni dei concorrenti: il sistema di posizionamento GPS, in mano al Dipartimento della difesa americano, e il sistema GLONASS russo. Rivestiva un grande interesse per la Svizzera anche la conferma del finanziamento di CHEOPS (CHaracterising ExOPlanets Satellite), una pietra miliare nella partecipazione svizzera alle ricerche dell’ESA. La Ministeriale ha stanziato 172 milioni a sostegno dei programmi scientifici e ben 1452 milioni di euro per l’esplorazione spaziale. La missione CHEOPS, diretta dall’Università di Berna in collaborazione con l’Università di Ginevra e altri attori nazionali, è la prima nuova piccola missione tutta concepita e preparata in Svizzera e operata dall’ESA. Dovrà occuparsi degli esopianeti, cioè di quei pianeti che orbitano attorno a una stella che non è il Sole. Il primo esopianeta lo scoprirono nel 1995 l’astronomo svizzero Michel Mayor e il francese Didier Queloz. Una volta capito come si faceva a scovarli, in 20 anni ne hanno trovati moltissimi. Il fatto che esistano pianeti simili alla Terra che girano attorno a una stel-
la ha stimolato la fantasia e rinvigorito il dibattito sulla possibile presenza di altre forme di vita nell’Universo. CHEOPS si interesserà alle stelle brillanti più vicine, di cui sappiamo già che sono al centro di un sistema planetario. La missione potrebbe partire già nel 2017. Altra missione confermata, la seconda parte di ExoMars. Ci volevano ancora 440 milioni. Ricorderete che recentemente ExoMars ha piazzato correttamente il satellite TGO (sul quale c’è anche uno strumento dell’Università di Berna) nell’orbita di Marte e ha fatto scendere un satellite figlio, la sonda Schiapparelli, sul pianeta. Per un errore tecnico legato ai comandi Schiapparelli si è schiantata sul suolo marziano. Avrebbe proprio dovuto collaudare la capacità di atterraggio perché nel 2021 si prevede di far scendere un rover dell’ESA a scavare il terreno di Marte alla ricerca di vita passata e presente. L’Italia, che ha grandi interessi nella missione, si è accollata la spesa di 162 milioni, circa il 45% della somma mancante, pur di andare avanti. La Germania, scettica dopo il crash di Schiapparelli, è stata parzialmente sostituita dal contributo di Francia e Gran Bretagna, e quindi il programma ExoMars verrà completato. Forse la Germania, che è il più grande finanziatore dell’ESA davanti a Francia e Italia, voleva concentrare i suoi sforzi su AIM, una missione a conduzione tedesca che avrebbe dovuto portare nel 2020 una sonda sull’asteroide Didymos. Però la Conferenza l’ha cassata. Grazie alla partecipazione all’ESA diversi istituti e imprese svizzere hanno potuto collaborare a oltre una settantina di moduli di programmi e partecipare con successo a parecchie missioni. Le scoperte scientifiche, i progressi tecnologici e le moltissime applicazioni che derivano dal settore spaziale riempiono la nostra vita, con ricadute che spesso ne migliorano la qualità. Non da ultimo ci aiutano, quando sono accompagnate dalla volontà politica, nella salvaguardia dell’ambiente. Per questo capitolo sono stati stanziati 1370 milioni di euro fino al 2025. La Svizzera alla Conferenza Ministeriale di Lucerna ha fatto bella figura. Ora la presidenza passa alla Spagna, col sostegno di tutti: le opportunità sono solo da cogliere.
Lotta al riciclaggio, c’è magine di miglioramento Gruppo di azione finanziaria Il rapporto del «Gafi» evidenzia qualche lacuna nel sistema svizzero
di monitoraggio per i movimenti di denaro sporco Ignazio Bonoli Secondo il più recente rapporto del «Gafi» (il gruppo di azione finanziaria) creato nell’ambito degli organismi internazionali, la Svizzera viene quotata abbastanza bene, nonostante qualche lacuna. Il «Gafi» ha in particolare il compito di contribuire, con la sua sorveglianza, ad impedire il riciclaggio di denaro sporco, sotto tutte le forme. Il gruppo di esperti incaricati di esaminare i vari paesi ha elaborato una serie di misure che devono essere
rispettate nelle transazioni di denaro. Esaminando la situazione per la Svizzera, in sette su undici indicatori principali, ha attribuito buone note, mentre in altre quattro soltanto note medie. Visti gli sforzi che la Svizzera ha compiuto – e continua a compiere – in questo settore, il risultato può anche essere ritenuto poco brillante. Tuttavia il confronto con gli altri paesi interessati pone la Svizzera ancora fra i migliori. Tra i dieci paesi esaminati soltanto la Spagna e l’Italia ottengono punteggi
Tra le banconote svizzere quella da 1000 Franchi è sospettata di essere usata in traffici illeciti. (Keystone)
leggermente migliori. Una classifica meno buona è invece toccata ad Austria, Belgio, Australia, Singapore, Canada e Stati Uniti. Anche se i risultati di queste indagini non sono esenti da qualche dubbio, si può essere soddisfatti che il «Gafi», questa volta, abbia avuto il coraggio di includere anche gli Stati Uniti tra coloro che devono ancora migliorare per adeguarsi agli standard internazionali della lotta contro il riciclaggio di denaro sporco. Il giudizio finale del «Gafi» si esprime in una sola nota, per cui risulta poi difficile valutare a che punto si trova la lotta contro il riciclaggio di denaro sporco in ogni singolo paese. Nel caso svizzero la nota si situerebbe fra il 3 e il 4, come per quasi tutti i paesi analizzati, mentre la nota massima è il 6. Questa classificazione permette agli ottimisti di dire che siamo sopra la media, ma ai pessimisti di notare che siamo ancora lontani da buoni risultati, se la nostra nota media è ancora vicina al 3. Da qui anche i suggerimenti e i limiti di tempo che il «Gafi» impone per risanare la situazione.
Si tratta in effetti di una cinquantina di provvedimenti che la Svizzera dovrà adottare entro il mese di febbraio del 2018. Dopo questi interventi vi sarà un complemento al rapporto sulla situazione. Per il momento la Svizzera ottiene buone note per l’assistenza giuridica penale e il sequestro di denaro nelle inchieste penali. Il denaro finora oggetto di sequestro presso la Procura pubblica federale raggiunge quasi i 6 miliardi di franchi, mentre un ulteriore miliardo è stato sequestrato dalle autorità giudiziarie di Ginevra. Tra le lacune il «Gafi» cita il fatto che non tutti gli avvocati, notai e fiduciari siano sottoposti alla legge sul riciclaggio di denaro. Il rapporto critica anche uno scarso controllo del settore immobiliare e aggiunge anche il carattere non sufficientemente deterrente della legge e delle sanzioni nel caso di azioni al portatore. Alcuni valori-limite nelle transazioni in denaro contante sarebbero troppo elevati e gli annunci di sospetto riciclaggio sarebbero troppo pochi. Questi ultimi sarebbero comunque passati da 1800 nel 2014 a 2400
nel 2015 e sarebbero ancora aumentati nel 2016. L’apposito servizio in Svizzera può però trasmettere informazioni solo ad autorità estere. Dall’estero riceve informazioni su sospetti riciclaggi (3’500 l’anno scorso) alle quali non può dar seguito nella misura del 60 per cento, causa la mancanza di informazioni dall’interno. Il rapporto critica infine il fatto che, in caso di richiesta di assistenza giudiziaria, la Svizzera informa gli interessati, creando il pericolo di possibili aggiramenti. In Svizzera ci si dichiara comunque soddisfatti del rapporto «Gafi». Nel 2017 si esamineranno i suggerimenti e si proporranno miglioramenti, alcuni con modifiche di leggi. Non si fa accenno al problema – sollevato all’estero – della banconota svizzera da 1000 franchi, che si presterebbe a operazioni di riciclaggio. Non vi sono però prove concrete, benché si stia analizzando il problema generale del denaro contante. L’esperienza indica infatti che nel traffico di droga si usano spesso soprattutto banconote di piccolo taglio.
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Cultura e Spettacoli Tra arte e fede Alla Fondazione Titta Ratti di Malvaglia sono esposte le opere di Marie-Michèle Poncet
Da una Bellinzona inedita Max Pacciorini-Job si trasforma in attento e sensibile topografo di territori a lui cari
Dirigere a Vienna a 35 anni Il giovane direttore d’orchestra Gustavo Dudamel ci racconta esordi e carriera pagina 27
Cover d’autore Dopo oltre dieci anni di assenza i Rolling Stones tornano alle radici, seppur con delle cover
pagina 25
pagina 28
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Un’immagine di Praga agli inizi del ’900; Perutz vi nacque nel 1882. (Keystone)
Leo Perutz metafisico
Pubblicazioni Adelphi torna a proporre un romanzo di Leo Perutz, inventore del thriller mitteleuropeo,
apprezzato da Borges e Fleming Luigi Forte Riemergendo dal suo deliquio in una stanza d’ospedale il dottor Friedrich Amberg, protagonista del romanzo di Leo Perutz La neve di San Pietro del 1933 (Adelphi), si sente come «una cosa senza nome, un essere privo di personalità». Poi lentamente affiora un barlume di coscienza, immagini e figure non sono più fantasmi inafferrabili e fluttuanti. Com’è possibile che sia ricoverato da almeno cinque settimane? Secondo il primario sarebbe stato vittima di un incidente stradale sulla piazza della stazione di Osnabrück, mentre osservava come ipnotizzato in mezzo al traffico una Cadillac verde. E la diagnosi era piuttosto grave: frattura della base cranica ed ematoma cerebrale. Il dottor Amberg non ha dubbi: il collega sta recitando un’incomprensibile commedia. Perché negare che lui fu colpito invece da una pallottola nel tentativo di difendere la giovane ricercatrice Bibiche, a cui non aveva mai avuto il coraggio di dichiarare il proprio amore? Per
di più non a Osnabrück ma nel triste e solitario borgo di Morwede in Vestfalia, dove aveva preso servizio come medico condotto presso il barone von Malchin, un accanito legittimista che sogna la restaurazione del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica ed è alle prese con un delirante progetto dalle possibili, drammatiche conseguenze per il mondo intero. Come sempre nei romanzi di Leo Perutz, inventore del thriller della Mitteleuropea, i fatti si sovrappongono e la verità si allontana. Mentre Amberg ripercorre gli avvenimenti delle ultime settimane in un lungo e affascinante flashback, la realtà si frantuma poco a poco. Non è un caso perché Perutz è un maestro di storie surreali insaporite con una buona dose di suspence. Nato a Praga nel 1882, l’anno prima di Kafka, scrisse romanzi pubblicati a puntate dai quotidiani, che nella Vienna degli anni Venti furono veri e propri bestseller, come Il marchese di Bolibar, Il mistero dell’albero di mango o Il maestro del giudizio universale. Le
sue pagine lievitano dalla tradizione di E.Th. Hoffmann e da un certo clima surreale nato fra le contrade di Boemia, e tuttavia ricordano meccanismi perfetti, puzzle assemblati da un’impeccabile razionalità che spesso si rivela totale illusione. In effetti Perutz, fu un matematico di talento oltre che un abilissimo giocatore di scacchi, tarocchi e bridge, su cui scrisse un libro che ebbe grande successo negli Stati Uniti. Ci voleva una mente razionale come la sua, memore dei fantasmi del ghetto praghese, per seminare dubbi sul milieu e l’identità dei suoi personaggi, che anche nel paesino di Morwede sono circondati da un alone di mistero. Come il principe Praxatin, un emigré russo amministratore del barone, abilissimo nel gioco delle carte e ultimo discendente dei Rurik. Secondo Malchin se l’ingiustizia «non governasse il mondo, oggi lui siederebbe sul trono degli zar». Ancora più enigmatica è la figura del giovane Federico che assomiglia a qualcuno morto da tempo, forse all’ultimo imperatore degli Hohenstaufen la cui
figura troneggia in un rilievo del duomo di Palermo. Analogie fantasiose, suggestioni nate in un ambiente sconcertante dove il giovane Federico pare destinato a diventare il sovrano che «trasformerà il tempo e le sue leggi», mentre il barone costruisce un mondo visionario, tra nuvole di fumo di sigaro e numerose bottiglie di whisky. Non è facile per Amberg, ma nemmeno per i lettori suggestionati da una fantasia travolgente acclimatarsi in quell’angolo di provincia, in una solitudine nebbiosa che fa ammalare l’anima. Perutz ha steso la sua rete fantasiosa ad una latitudine inconsueta: non ci sono più i vicoli e i palazzi di Vienna né la terra di Boemia, ma intatta è l’atmosfera in cui s’annidano misteri e paure, grotteschi richiami, follie latenti. «Ognuno di noi porta dentro di sé il suo giudizio universale», sentenziò lo scrittore, che Ian Fleming, il padre di James Bond, definì un genio, e che Borges non esitò a inserire nella sua collana dei più importanti «gialli» del ’900. Sullo sfondo del romanzo si alli-
neano, attraverso le elucubrazioni del barone, mistiche prospettive ed estasi religiose legate a ciò che un tempo sulle Alpi era nota come «Neve di San Pietro». Ma i fatti prendono d’improvviso una piega ben diversa dal previsto e quel mondo scompare nel deliquio di Amberg. Così come la sua vecchia fiamma Bibiche, che aveva ritrovato come collaboratrice del barone, si trasforma in una ribelle che istiga i contadini alla rivolta. Ma per il medico le sorprese non finiscono mai. E anche il lettore avrà modo di stupirsi di un finale dove lo attendono sogno e realtà indissolubilmente legati. E chissà che non siano proprio la stessa cosa, sembra suggerire fino all’ultimo istante lo scrittore che qualcuno definì «il risultato di una scappatella di Franz Kafka con Agatha Christie». Bibliografia
Leo Perutz, La neve di San Pietro, traduzione di Fabio Cremonesi e F. Bovoli, Adelphi, p. 183, Є 18,00.
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Cultura e Spettacoli
Tra arte e fede
Mostre Marie-Michèle Poncet all’atelier Titta Ratti di Malvaglia Gianluigi Bellei Il tema dell’incontro tra arte e fede è molto intrigante. Certo non particolarmente attuale. Per secoli la Chiesa è stata il committente e l’interlocutore degli artisti che ha coccolato, lusingato, mantenuto, diretto. Secoli di magnificenza e di grandezza. Poi, dopo la Rivoluzione francese e soprattutto verso la fine dell’Ottocento, qualcosa si è rotto. Gli artisti stanchi delle imposizioni religiose si sono indirizzati verso altri lidi. Stanno nascendo la psicanalisi, la lotta di classe; uno stravolgimento della società che forse nemmeno la Riforma ha portato. Gli artisti si rivolgono allora verso l’Io e la rivoluzione. Con le avanguardie, poi, lo scollamento è definitivo. Tutti vogliono dimenticare il cardinale Gabriele Paleotti il quale nel suo celebre Discorso intorno alle immagini sacre e profane del 1582 spiega quali siano i colori, le forme, le posizioni, le proporzioni, gli oggetti che l’artista deve rispettare nella realizzazione dei propri dipinti. Nessuna licenza, ma una serie di obblighi formali ai quali attenersi. In questi ultimi cento anni gli artisti si sono liberati dalle pastoie iconografiche di sudditanza nei confronti del potere: sia esso incarnato dalla Chiesa o dal Re. Nel 1964 Paolo VI, nell’omelia agli artisti riuniti nella Cappella Sistina, cerca di ricucire lo strappo. «Noi abbiamo bisogno di voi – dice – perché il compito del nostro magistero è di predicare e di rendere accessibile il mondo dello spirito, di Dio» e in questa operazione che travasa il mondo invisibile in forme tangibili «voi siete maestri».
Di Marie-Michèle Poncet, La table du brocanteur, collage e pittura, 2015.
Ma l’esortazione rimane inascoltata. In questi ultimi anni la chiesa sta cercando di rientrare nel dibattito artistico; prova ne è che dalla 55esima Biennale di Venezia del 2013 esiste il Padiglione della Santa Sede coordinato dal direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci. Paolucci sostiene che sarebbe stupido dare oggi delle indicazioni per imporre uno stile all’arte cattolica; ma l’effetto propaganda, per via del tema che in quel caso era la Genesi, è ancora presente. Non a caso sono stati presentati tre artisti che operano con media contemporanei come lo Studio Azzurro che presenta una videoinstal-
lazione. E, si sa, i giovani d’oggi sono nati fra i videogiochi… All’Atelier Titta Ratti di Malvaglia fino al 15 gennaio è in corso un’esposizione di sculture e pitture dell’artista parigina Marie-Michèle Poncet che cerca di coniugare arte e fede. Malvaglia è terra di frontiera oltreché di emigrazione, dapprima verso l’Italia e, nel XX secolo, verso la Francia e l’Inghilterra. Ma è anche terra di contrasti se si pensa al forte radicamento religioso visibile nelle diverse chiese del distretto che fanno da contraltare all’anticlericalismo diffuso nella vicinissima Biasca a seguito dell’immigrazione dei lavoratori del
granito. Fino a qualche anno fa proprio nel cimitero di Biasca si potevano ammirare i tap in legno, a forma di cuore, che contraddistinguevano le tombe degli atei e degli anarchici dalle altre con la croce. Dalla Francia arriva Marie-Michèle Poncet, come gli emigranti di ritorno che, soprattutto nella prospiciente Semione, costruiscono le loro case. I suoi lavori sono quelli dell’incontro, dell’ospitalità, come nella serie dei tavoli, dei viaggi, della memoria, ma soprattutto dei temi biblici: Il figliol prodigo, Il sogno di Giuseppe, Giona. Opere lineari, di carattere vagamente cubista, che giocano fra i pieni e i vuoti, le luci e le om-
bre, l’asperità e la levigatezza. Lavori di carattere tradizionale; come quelli di Minguzzi o di Manzù che erano la cifra delle vecchie acquisizioni vaticane prima dell’apertura del Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia. Marie-Michèle Poncet lavora per sottrazione, astraendo l’immagine dei corpi fra scomposizione e leggerezza. Esempio di costruzione mobile, fra equilibrio, danza e movimento, è Il sacrificio di Isacco del 2009 dove le tre figure di Isacco, Abramo e dell’angelo si sovrappongono in un’astrazione dinamica, raffinata e pulita e nel contempo drammatica, lieve e ariosa. «La Storia Sacra legge la mia vita – sostiene l’artista – la mia vita legge la Storia Sacra». Un percorso che la vede incontrare, per un ritiro e un noviziato, il potentissimo don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione (l’artista ha partecipato tra l’altro al Meeting di Rimini del 2005 ed è spesso citata nella rivista di CL Tracce), e che continua tutt’oggi nella ricerca dell’unità fra vocazione artistica e vocazione religiosa. Dove e quando
Outre-terre. Marie-Michèle Poncet. A cura di Giovanni Mascetti. Atelier Titta Ratti. Malvaglia. Fino al 15 gennaio. Gio 14.00-19.00, ve-sa-do 9.00-12.00/14.00-19.00. Catalogo a disposizione. www.tittaratti.ch In collaborazione con
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Cultura e Spettacoli
Voglia di capire il territorio
Fotografia Massimo Pacciorini-Job espone una serie di vedute inedite di Bellinzona,
cittadina che negli ultimi decenni ha vissuto importanti cambiamenti
Cinemando
La nuova puntata della saga lucasiana è più simile a un western o a un film di guerra?
Gian Franco Ragno Dal 2004, Massimo Pacciorini-Job, nel centro di Giubiasco, tiene e dirige una piccola ma gradevole galleria per proposte espositive di fotografi, artisti e scultori locali. Nato e vissuto a Bellinzona, figlio di ferrovieri, negli anni scorsi ha seguito la cronaca per i giornali ticinesi mentre, per quanto riguarda l’amato reportage, tra i suoi molti lavori, segnaliamo quello che ha prodotto ed esposto al Dazio Grande nel 2011, La quotidianità in Terra Santa. Quest’ultimo progetto, invece, si gioca tutto in casa: un perimetro di indagine compreso, come dice il titolo della mostra, tra due statue: l’Helvetia situata sulla piazza della Stazione (l’Elvezia in cammino, di Remo Rossi, protagonista della scena artistica ticinese del dopoguerra), e quella che si trova fuori dall’Hotel Liberty, nei pressi di Bellinzona Nord, assai meno interessante artisticamente e ricalcante l’iconografia delle monete nazionali: una scultura che appare un simbolo, più che di una patria, di un certo kitsch che non risparmia neanche le nostre latitudini.
Il lavoro fotografico di Pacciorini-Job attraverso immagini anche liriche, presenta una cittadina inedita Per Pacciorini la ricognizione fotografica è l’occasione per svestire l’abito di fotoreporter e diventare topografo. Pur nel contenuto numero di una trentina di immagini, il risultato, per chi conosce la capitale, non può essere che sorprendente e inedito. Esso rivela, soprattutto, una stratificazione di epoche, di segni dell’attività dell’uomo, di modi di vivere e di abitare che si sono susseguiti nell’arco di poche generazioni. Vi troviamo aspetti della bellissima cittadina a inizio secolo, quando cominciò a crescere grazie allo sviluppo economico e demografico dato dalla Gotthardbahn. Seguono le costruzioni popolari degli anni Sessanta e Settanta, ed infine l’at-
Fabio Fumagalli ** Rogue One: a Star Wars Story, di Gareth Edwards, con Felicity Jones, Diego Luna, Mads Mikkelsen, Alan Tudyk, Ben Mendelsohn, Forest Whitaker (Stati Uniti 2016)
Via Pedemonte, fotografia di Massimo Pacciorini scattata nel 2016. (Pacciorini)
tuale conflitto sulla concezione di territorio per usi diversi e contrastanti. Tra tutte le facce della cittadina emerge, proprio per l’affetto che ne traspare dalle immagini, quella del quartiere di San Paolo, oggi periferia alle prese con una metamorfosi continua, in parte incontrollata e non pianificata. Forte, inoltre, la presenza – o bisognerebbe dire l’onnipresenza – della ferrovia, che tanto ha caratterizzato l’identità della cittadina, mentre, più lontana, poco più di un’eco, l’autostrada accanto al fiume Ticino. Tra queste inquadrature, sullo sfondo, verso nord la prima e verso sud la seconda, le familiari e rassicuranti sagome del Pizzo di Claro e del Castelgrande – immutabili punti di riferimento. Chiaramente non si tratta di una fotografia di tipo turistico, non rispettando le gerarchie dell’iconografia classica ad uso dell’«industria dei forestieri», come veniva chiamata un tem-
po. In compenso, vi è una concretezza nuova: l’obiettivo fa conoscere e scoprire angoli inaspettati – come se, e l’ipotesi sembra confermarsi, la fotografia aiutasse a conoscere la realtà. Tra le immagini più liriche, vorrei segnalare quelle che riguardano i territori ancora ibridi, agricoli e non ancora industriali, caratterizzati da costruzioni precarie e scalcinate – quasi appartenenti a un altro tempo. Sul piano formale, nell’insieme, c’è ancora traccia dell’essere fotoreporter in Pacciorini, con la bordatura dell’inquadratura caratteristica di una certa scuola di Cartier-Bresson; vi è spazio anche per qualche cenno quasi surrealista (il cavallo bianco posto nel vecchio edificio vicino alle Officine ricorda i mondi di Josef Koudelka) mentre il bianco e nero scelto per il progetto sembra un omaggio a Gabriele Basilico, esempio citato anche da Carlo Monti nella sua puntuale introduzione.
Abbiamo detto: è il ritratto di una città che si appresta a diventare «grande», ma come tale deve e dovrà affrontare un nuovo ordine di problemi, come, ad esempio, la gestione del traffico, gli spazi di inclusione, gli spazi sociali e non da ultimo un’offerta culturale che vada oltre la semplice gastronomia e i concerti. Più che a una ricorrenza (il fotografo festeggia, con questa esposizione, i sessant’anni), le immagini mi sembrano nate da una riflessione meno episodica e più profonda sul proprio mondo. Ma lungi dalla malinconia, c’è ancora un atteggiamento curioso e desideroso di capire e conoscere il proprio piccolo universo cittadino. Dove e quando
Massimo Pacciorini-Job. Da Helvetia a Helvetia. Galleria Job, Giubiasco. Fino al 14 gennaio 2017
Spuck vince un’audace sfida Balletto Successo strepitoso per la Messa da Requiem di Verdi, nella coreografia
di Christian Spuck in prima mondiale Marinella Polli L’atmosfera del coraggioso e impegnativo balletto Messa da Requiem firmato da Christian Spuck, direttore del Ballett Zürich, e da inizio dicembre in prima mondiale all’Opernhaus, è quella triste, luttuosa, tragica, tetra ma anche tanto realistica dei requiem, appunto. Coro, cantanti solisti, comparse e ballerini solisti la creano, questa atmosfera, producendosi insieme sulla scena grigia e solenne di Christian Schmidt (regia dello stesso Spuck, assistente Florian Schaaf, costumi Emma Ryott, luci Martin Gebhardt), gli uni disegnando poetici e incisivi pas de deux e scene di gruppo, gli altri, insieme all’orchestra diretta con polso appropriato da Fabio Luisi (e da Karina Canellakis il 23 dicembre, il 1. e l’8 gennaio) esplicitando la possente, poderosa partitura verdiana. La nuova coreografia dà forma con estremo tatto a quella che è una costante tematica esistenziale, l’onnipresenza e l’ineluttabilità della morte. La morte vista nei suoi molteplici aspetti, ovvero mistero, rito, teatralità e dramma,
Una guerra stellare parallela
Un intenso momento del Requiem di Verdi. (Gregory Batardon)
crisi, spettro e punizione, ma anche redenzione, liberazione e consolazione. Di questo tema infido e difficile, Christian Spuck propone con robusto mestiere e capacità di sintesi una sua lettura chiara e lineare in un linguaggio coreografico del tutto rispettoso e della
tradizione classica in tutta la sua severa sintassi e, a un tempo, dell’idioma più plastico, sensuale e drammatico comprensibile anche da chi predilige gli stilemi della danza contemporanea. Di notevole impatto i momenti coreografici del Dies Irae, del Recordare,
dell’Ingemisco e del Lacrimosa, nonché il gran finale del Libera me. Ottima la prestazione di tutta compagnia del Ballett Zürich e dei solisti: in particolare di Katja Wünsche, Yen Han e Felipe Portugal sempre straordinariamente intensi, coinvolti e coinvolgenti. Resta ora da dire, last but not least, della grandissima prova della Philarmonia Zürich sotto la competente e raffinata bacchetta di Fabio Luisi, del coro (Chor, Zusatzchor und Chorzuzüger der Oper Zürich) preparato da Marcovalerio Marletta, dell’interpretazione dei cantanti Krassimira Stoyanova, Veronica Simeoni, Francesco Meli e Georg Zeppenfeld, sempre eloquenti vocalmente e scenicamente, nonché degli entusiastici, interminabili applausi del folto pubblico. Le repliche di questo splendido, emozionante spettacolo che rimarrà sicuramente impresso anche nella memoria degli spettatori più scettici (convinti in un primo tempo che «quel Gesamtkunstwerk che è il Requiem di Verdi non necessita di coreografie»), si protrarranno al Teatro dell’Opera di Zurigo sino al 13 gennaio 2017.
Per chi ha perso il conto, siamo all’ottavo degli episodi. Ma c’è Star Wars e altro ancora fra quanto ruota attorno all’orbita del massimo oggetto di culto dell’immaginario cinematografico contemporaneo. Per capirci qualcosa, meglio districarsi nel prosaico. Nel 2012 George Lucas, inventore ormai mitico dei primi tre episodi (i soli veramente significativi) della saga nata trentanove anni fa, decise di cedere i diritti alla Disney, non proprio soddisfatto della piega assunta dalla propria creatura. Quattro miliardi di dollari. Un capitale che gli eredi di Topolino non avranno alcuna intenzione di lasciare infruttuoso: dopo la discreta riuscita di Il Risveglio della Forza (2015) diretto da J.J. Abrams e nell’attesa del prossimo episodio ufficiale, previsto per l’autunno 2017. Nasce allora l’idea di una nuova trilogia «parallela», composta da tre spin off (letteralmente, prodotti derivati), interpretata da attori differenti, e destinata ad essere completata da due lungometraggi nel 2018 e 2020… Ecco perché, già nel suo titolo, Rogue One: a Star Wars Story si premura di prendere qualche distanza dal celeberrimo modello: è un’avventura che ha relativamente poco a che fare con Luke Skywalker, la principessa Leia o Han Solo. Salvo poi resuscitarli in brevi inserti, non proprio fra le trovate del film. L’azione della pellicola viene collocata in uno spazio temporale che precede l’episodio IV, Una nuova speranza; ed imperniata su figure a prima vista di contorno. In particolare, la figlia di uno scienziato rapito su un pianeta che pare l’Islanda dagli sbirri dell’Impero del Male (Felicity Jones). La fanciulla si unirà a un generoso ed eclettico manipolo di Eroi dell’Alleanza per ritrovare, oltre alla figura del Padre, i piani trafugati della Morte Nera. Una sorta di temutissima arma di distruzione totale nelle mani di Darth Vader (aficionados tranquilli, lui c’è ancora). Regista inedito, non privo d’intuizioni, il britannico Gareth Edwards di Godzilla si sforza di tradurre formalmente quel desiderio di relativa adesione all’universo poetico creato da Lucas. Crea effetti speciali ammirevoli nel suo girovagare da una galassia all’altra; e provoca di certo qualche sussulto nel cuore di milioni di fedelissimi anche solo recuperando di sfuggita il profilo dell’adorabile Chewbecca. Il suo film risulta però come spezzato in due parti. Una prima, tutta immersa in sconsolati chiaroscuri e sfumature espressive anche sapienti, forse nel desiderio di entrare nell’intimo dei personaggi: ma con il risultato di esasperare la complessità dei rapporti e la comprensione degli snodi narrativi. Poi, affronta una svolta radicale, anche se sempre intercalata da interessanti riferimenti a un’attualità più terrificante di qualsiasi fantascienza (come la distruzione di luoghi sacri alle memorie): si adagia, simpaticamente disinvolto se non fosse fuori contesto, su schermi schemi classici da film di guerra genere Quella sporca dozzina di Aldrich. O certe progressioni drammatiche che hanno reso indimenticabili dei western come Il mucchio selvaggio di Peckinpah o I magnifici sette di John Sturges. Il tutto risulta anche buffo, ma poco coinvolgente.
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Cultura e Spettacoli
Rolling Stones, fascino da cover
Azione
Musica Dopo oltre un decennio di silenzio,
A eccezione dei fan più fedeli e accaniti, sono in molti ad aver dimenticato come ai suoi esordi, nei primi anni 60, la storica rock band britannica dei Rolling Stones fosse una delle più promettenti formazioni blues in circolazione: a inizio carriera, quello di Mick Jagger & Co era infatti il complesso che, più di qualunque altro, incarnava alla perfezione la risposta europea alla grande lezione blues e black statunitense, avendo assimilato e assorbito gli insegnamenti di performer immortali del calibro di Muddy Waters e Bo Diddley a tal punto da modellare il proprio stile musicale quasi interamente su tali presupposti. Così, non deve sorprendere se, all’alba del 2016 – dopo un silenzio discografico durato ormai undici anni, ma riscattato da un’attività live sempre eccellente – la più iconica band inglese di sempre ha deciso di tornare in circolazione con un vero e proprio tributo alle proprie radici musicali: un album dall’eloquente titolo di Blue & Lonesome – il quale riunisce in soli due aggettivi, da sempre associati alla musica blues, una perfetta descrizione di un genere che, non a caso, prende il nome proprio dal termine «blue», ovvero «malinconico». E si tratta di un lavoro che, dalla prima all’ultima traccia, rappresenta per la band un glorioso e divertito «ritorno alle origini», esemplificato da una selezione di autentici classici: dodici brani firmati da nomi di prim’ordine dell’universo blues, da Buddy Johnson a Memphis Slim e Howlin’ Wolf, in una selezione che mantiene fino in fondo la promessa implicita in un progetto di questo tipo – ovvero, quella della più immediata e sincera spontaneità e dell’obbligo sottinteso di impiegare uno stile il più possibile scarno e naturale, senza l’ausilio di alcun filtro o overdub riconducibile all’ipertecnologica postproduzione comune nei dischi di oggi. Un dettaglio non da poco, confermato dal fatto che, seppur inciso in studio, Blue & Lonesome è stato registrato secondo un approccio «dal vivo» e nell’arco di appena tre giorni, riflettendo lo spirito diretto ed estemporaneo di queste tracce brevi e immediate, la cui stessa natura compositiva punta a colpire l’ascoltatore fin dalle prime note. Così, la forza del disco sta proprio nel riflettere appieno questo spirito di liberatoria e vivace potenza performativa, all’interno del quale uno dei pezzi più efficaci è senz’altro il nervoso Just Your Fool – un breve e accattivante esempio di classico tormentone blues nella più pura tradizione USA, non a
caso prescelto dalla band come singolo apripista dell’album. La stessa energia elementare e irresistibile la si ritrova non solo in pezzi travolgenti quali Ride ’Em On Down – reso celebre dall’improbabile videoclip «on the road» interpretato da Kristen Stewart – e l’irresistibile Commit a Crime, ma anche in un brano da sogno come I Can’t Quit You Baby, in cui, anche grazie al sempre eccelso apporto di Eric Clapton, troviamo un esempio magistrale di come un blues autentico e dal successo garantito dovrebbe suonare. E la magia si ripete con un esempio ben più «sporco» e selvaggio quale Everybody Knows About My Good Thing, anch’esso sostenuto dal contributo di Clapton, stavolta alla slide guitar. Tuttavia, il disco riesce a proporre delle vere e proprie gemme anche per quanto riguarda brani più meditativi e complessi, come accade con una splendida versione di Little Rain, classico cofirmato dall’iconico Jimmy Reed, e con la title track Blue and Lonesome; anche perché, da parte sua, Jagger sembra dare fiato all’armonica meglio di quanto abbia mai fatto in vita sua, sottolineando una volta di più come questo disco trovi gli Stones in un vero e proprio stato di grazia, probabilmente favorito dalla natura ludica di un simile progetto. L’unico difetto che si può ascrivere a un lavoro di questo tipo sta, naturalmente, nel fatto che questo resta, dalla prima all’ultima traccia, un album di cover, e di conseguenza la formazione non si cimenta con alcun brano originale con il quale mettere alla prova il proprio ritrovato feeling blues; e dal momento che l’ultimo disco della band, A Bigger Bang, risale al lontano 2005, non si possono biasimare troppo quei fan di Jagger & Co. che avrebbero preferito veder ricompensata la propria pazienza con un lavoro composto da tracce inedite. Eppure, il fatto che, nell’arco della loro pur lunga carriera, i Rolling Stones non avessero mai, prima di oggi, ceduto alla facile tentazione del sovente abusato «cover album», dovrebbe, in fondo, riconciliarci con l’odierna scelta commerciale della band; anche perché l’amore con cui il gruppo ha gestito questo compito va ben oltre l’abituale cura e professionalità che è lecito aspettarsi da performer di tale calibro. Il che, oltre a testimoniare il vigore e il brio che ancora pervadono gli ultrasettantenni membri del gruppo, spinge a ben sperare anche per le prossime avventure discografiche di quello che è ormai un vero caposaldo del rock, del quale nessun serio appassionato potrebbe più fare a meno.
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Cultura e Spettacoli
Il Sistema Gustavo
Incontri A colloquio con uno dei più giovani e rinomati direttori d’orchestra del mondo,
il venezuelano Gustavo Dudamel, quest’anno a Vienna per il Concerto di Capodanno
Enrico Parola Coi suoi 35 anni è stato il più giovane direttore nella storia del più importante Capodanno musicale al mondo, quello di Vienna; e non in un’edizione qualunque, ma nel 150esimo anniversario del più famoso valzer degli Strauss, il Bel Danubio blu, gran finale del concerto assieme alla Marcia di Radetzky. Ma ieri, in mondovisione, Gustavo Dudamel non ha portato sul podio solo i suoi riccioli corvini, il suo contagioso sorriso sudamericano o il talento che l’ha fatto debuttare coi Wiener Philhamoniker nell’ormai lontano 2007; il musicista di Barquisimeto, la «ciudad crepuscolar» nota per la bellezza dei suoi tramonti, ha portato nella sala d’oro del Musikverein e in milioni di case la storia sua e de El Sistema venezuelano di cui è ambasciatore mondiale. «Centinaia di migliaia, ormai quasi un milione di bambini e ragazzi sono stati sottratti alla malavita dei barrios (le favelas venezuelane) grazie al Sistema inventato nel 1975 da José Antonio Abreu: dar loro uno strumento, insegnare la musica e metterli subito in orchestra; in quarant’anni ne sono nate a centinaia in ogni parte del Paese, tanti genitori che venivano a sentire i loro figli, totalmente digiuni di musica, hanno poi iniziato a studiare uno strumento e formare orchestre amatoriali di adulti» illustra Dudamel, perfettamente a suo agio nel ruolo di testimonial di un Sistema che è divenuto un
modello culturale e sociale copiato in tutto il mondo. Le orchestre giovanili e infantili, dove militano bambini tra i 7 e i 18 anni, hanno suonato nei maggiori teatri e la Simon Bolivar, la formazione più famosa di cui Gustavo è direttore musicale a vita e in cui arrivano i migliori strumentisti, tutti tra i 18 e i 25 anni, ha un contratto in esclusiva con la Deutsche Grammophon, l’etichetta di Karajan e Abbado, dei Wiener e dei Berliner Philharmoniker. «Io stesso sono un frutto del Sistema: ho iniziato in un’orchestra infantile come violinista, a 11 già dirigevo ma da noi è normale: si parte a 6, 7 anni e fino agli 11, cioè fino a quando si è in un’orchestra infantile, si ha per maestri i ragazzi tra i 12 e i 18 che suonano in quelle giovanili, secondo il principio di mutuo insegnamento». A dirla così sembra facile, ma gli inizi furono tutt’altro che scontati: «Abreu girava per le case dei barrios, bussava alle porte e invitata le famiglie ad affidargli i loro piccoli; li invitava senza avere ancora gli strumenti, non c’erano soldi e il Sistema non era ancora una realtà enorme e nota come oggi: negli anni tutti i governi, di destra e di sinistra, nonché sempre più benefattori e ammiratori stranieri, hanno sostenuto il progetto, ma all’inizio, quando non ci credeva nessuno a parte Abreu, ottenere qualche violino e un violoncello era una vera impresa». Quando la realtà ha superato la fantasia è stato tutto più semplice: il miracolo di baby spacciatori, ladri
e teppisti che invece di maneggiare coltelli e pistole iniziavano a impugnare archetti e imbracciare viole e tromboni ha commosso e convinto il mondo. «Ciò che accade ha dell’incredibile: con i ragazzi proviamo anche tre, quattro sinfonie di Mahler nella stessa giornata, per sei, sette ore; non penso ci sia nessuna orchestra professionale al mondo che abbia questi ritmi. Certo, sono bambini, quindi ad ogni sinfonia ci prendiamo una pausa e giochiamo a pallone; sì, uso la prima persona plurale, gioco anch’io!». Niente arrangiamenti per bambini, i baby orchestrali affrontano partiture vere che fanno tremare le vene e i polsi alle filarmoniche più acclamate. «Questi ragazzi suonano con un entusiasmo e una passione unica. Dopo una tournée internazionale con i Wiener ho diretto un’orchestra giovanile a Upata, nel nordovest del Venezuela; in entrambi i casi c’era la sinfonia Dal nuovo mondo di Dvorak e se devo dire quale sia stata l’interpretazione più convincente, beh, la sincerità e la freschezza che si percepivano a Upata penso siano irripetibili; per questo nonostante gli impegni siano sempre di più non rinuncio a passare qualche mese con questi giovani». Dover dirigere il Capodanno di Vienna non ha travolto Dudamel: «La prima volta che mi trovai sul podio dei Wiener, dieci anni fa, mi tremavano le mani, ma dopo tre minuti si era già creata una profonda empatia e tutto si è sviluppato in modo molto naturale. E poi non ho l’assillo della perfezio-
Il direttore d’orchestra Gustavo Dudamel, 35 anni. (Keystone)
ne: la natura, che è meravigliosa, non è perfetta; l’esecuzione dal vivo non è un film o un quadro, non rimane per sempre e non puoi cambiarla, l’errore sono tre secondi su oltre un’ora di musica». Soprattutto per Dudamel non è stata la prima volta che è salito sul podio sotto la sguardo di cento milioni di spettatori: «A febbraio ho diretto la
Anz I SportXX SALE I kw 01 I Azione I Italienisch I Zeitung I 289 x 220 mm I DU: 22.12.2016 I Erscheinung: 03.01.2017
Youth Orchestra di Los Angeles, creata sul modello del Sistema, al Super Bowl; dovevano suonare i Coldplay, sono molto amico di Chris Martin (frontman della band, ndr.) che come me crede nella musica come contributo al bene comune; li abbiamo accompagnati orchestrando alcune loro canzoni, è stato un momento incredibile». Annuncio pubblicitario
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Cultura e Spettacoli
Due poesie inedite
Declinando il pensiero La grazia inattesa del poeta tedesco Johannes Kühn Spaß, auf dem Rücken zu liegen
Divertimento di starsene disteso sulla schiena
Hochauf den Blick! Den Hals, den Rücken, das Hinterhaupt im Gras seh ich das große Firmament des Himmels bei der Mittagsruh in friedvoller Wiese, heimgekehrt, da sie nah an der Straße liegt, in der ich wohne. O blaues Tuch von Horizont zu Horizont. O Wolken, die aneinanderstoßen ganz ohne Laut! O Sonne, voll Weissagung, wie sie mit ihrer Kraft, wie sie mit ihrer Macht, wie sie mit ihrem Licht erweckt in Fluren Erntezeit. Mich hält Wärme wohl, als ständen rot Kamine um mich hin, hell glutende. Wer Bedauern für mich hat, da ich so liegend auf dem Rücken, vielleicht das Todsein übend, ein Dummkopf wär, den lach ich an, den lach ich aus.
Su con lo sguardo! col collo, la schiena, la nuca nell’erba vedo il grande firmamento del cielo nella quiete pomeridiana su un prato tranquillo ormai in paese, poiché si trova a due passi dalla via dov’è casa mia. O telo blu steso da orizzonte a orizzonte! O nuvole che si scontrano senza far rumore! O sole! così colmo di profezia con la sua forza, con la sua potenza, con la sua luce come ridesta nelle campagne il tempo del raccolto. A me dà giovamento il caldo, come se mi stessero attorno, rossi, dei camini arroventati. A colui che mi compatisce perché a starmene disteso così, sulla schiena, magari esercitandomi ad esser morto, sarei uno stolto, a quello rido in faccia, anzi, lo derido. (Traduzione dal tedesco di Edoardo Costadura)
Lo sbalordito inganno di esserci davvero
Era una serata nevosa, a Weimar, forse dieci anni fa, o poco più. Ricordo un albero. Ricordo che vedevo un albero. Lo vedevo nella figura di un uomo col cappelluccio calato sulla testa, immerso in un qualche pensiero o nella sua assenza. Beveva una bevanda calda. Non parlava, ma guardava negli occhi con una intensità smarrita, che, invece di mettermi in imbarazzo, mi faceva sentire a mio agio. La ragione precisa non la conosco, ma credo che nascesse dalla percezione che avevo in quel momento di quello sguardo, di quel silenzio che emanava quello sguardo, in mezzo al brusìo delle voci nel bar.
È forse banale dirlo, ma quel silenzio mi parlava e mi diceva di più di qualsiasi parola, di qualsiasi frase, di qualsiasi geniale intuizione o intelligente pensiero. E non sapevo cosa mi dicesse. Non conoscevo di lui quasi niente, salvo le poche cose che mi erano state raccontate. Sapevo che si chiamava Johannes Kühn, che scriveva poesie, e poesie che, un po’ tardivamente, erano state riconosciute e apprezzate. Ma nient’altro. Non lo conoscevo, ma ero anche certo di non poterlo conoscere, di non doverlo conoscere. E sempre di più lo vedevo come un albero, chiuso in sé stesso e aperto con
Ein braunes Blatt
Una foglia marrone
Ans Fenster flog ein braunes Blatt, flach kam es an und klebt nun an der Scheibe, das sieht aus so wie die Hand des Herbstes. Rillen sind darin, zarte Pflanzenfäden, und es könnte ein Gemälde werden. Sein Name? Gedanke in braun. Abgespelltes Herz.
Contro la finestra è volata una foglia marrone, s’è posata con la superficie piatta e ora è incollata al vetro, sembra di vedere la mano dell’autunno. Dentro ci sono delle gore, delicati fili di pianta, e potrebbe venirne fuori un quadro. Il titolo? Pensiero in tinta marrone. Cuore rescisso.
Trauergruß von einer Frau. Großartig die Lappalie am Fenster, daß ein Herbstblatt anflog. Ist es vielleicht nicht eine Landkart, mit Straßen drauf in einer Landschaft, die ich endlos hinwandern soll, einsam und unerlöst?
Saluto luttuoso di una donna. Grandiosa quest’inezia alla finestra, che sia venuta a volo una foglia d’autunno. Non è forse una carta geografica con un paesaggio in cui s’addentrano strade che devo interminabilmente percorrere, solo e senza redenzione? (Traduzione dal tedesco di Edoardo Costadura)
i suoi molteplici rami allo sfondo di un cielo blu, di un cielo grigio, a raccogliere il sentimento delle cose, a disperdere ogni illusione. Il perché di quell’albero che diventava uomo e l’uomo che mutava le sue sembianze in quelle di un albero, davvero non lo riesco ancora a capire. Era così: l’immagine di un momento, di una occasione, come spesso capita, ma l’immagine di qualcosa che mi sfuggiva pur percorrendo il mio pensiero insistentemente, l’occasione per non fermarmi a quello che vedevo, o che mi sembrava di vedere. Aveva un sorriso appena accennato, ma dolce, e che pareva non fosse rivolto solo a me o a Irmgard e Benno Rech, suoi inseparabili amici, e all’amico Edoardo Costadura, mentre si beveva tutti insieme qualcosa per riscaldarci, visto il freddo pungente: avevo l’impressione che fosse un sorriso dedicato a tutto quello che aleggiava
attorno a lui, attorno a noi, un sorriso che dispensava gentilezza e una specie di fraterno annuncio di vicinanza. Mi venne a salutare alla stazione, il giorno dopo. Aveva ancora quel sorriso piccolino, quel silenzioso sguardo, la gentilezza appesa a ogni fiocco di neve che cadeva: la sua mano che faceva un cenno di saluto, mentre il treno partiva. Ora, a distanza di così tanti anni, e dopo aver letto alcuni dei suoi libri, l’impressione di allora non è mutata, e lo ricordo come allora mi sembrava di vederlo: in forma di albero, un albero che in sé accoglie esperienza e pensiero per elargirne il senso dove si muovono altre esistenze. Il suo paesaggio, quello della Saar, lo ha accompagnato nei suoi vagabondaggi a piedi, e si è trasformato in acquisizione, linguaggio che attraversa la lingua materna e la percuote con un piccolo martelletto fatto di foglie
Fiabe e libri sul palcoscenico Avevamo incontrato Stefania Mariani qualche anno fa al Teatro del Gatto di Ascona al suo debutto con Edurance, uno spettacolo scritto dall’attrice con il regista Jean-Martin Roy. Ci avevano colpito la semplicità del suo racconto e la naturalezza nel restituire attraverso le parole il senso vero di una narrazione che suggerisce la forza delle emozioni senza ricorrere a effetti speciali. Eppure in quel caso avrebbe avuto tutte le attenuanti: si trattava infatti della
Un’illustrazione dal libro di Chiara Lossani Il viaggio di Abar e Babir.
storia dalla tinte altamente drammatiche dell’esploratore irlandese Ernest Shakleton e della sua spedizione transantartica realizzata cent’anni fa con lo scopo di attraversare a piedi il Polo Sud: un’avventura che si era trasformata in un’incredibile lotta per la sopravvivenza. Abbiamo recentemente avuto conferma della dote della Mariani dopo aver visto Abar e Babir, una produzione StagePhotography sostenuta dal Percento culturale di Migros Ticino, in un appuntamento natalizio destinato ai più piccoli e organizzato dalla rassegna «Home» del Teatro Foce di Lugano. Lo spunto arriva da un racconto scritto da Chiara Lossani (Edizioni Arka). E anche in questo caso si tratta di un viaggio, tema prediletto dai raccontatori. I protagonisti del titolo sono due pastorelli che, dopo aver fatto lo stesso sogno, lasciano la stalla e le pecore per andare alla ricerca del loro più profondo desiderio. Seguendo la luce di una stella, iniziano un lungo viaggio che li farà incontrare gente diversa ma con altrettanti desideri che immancabilmente andranno ad aggiungersi a una lunga filiera. Quale sarà in definitiva il loro desiderio? E quando finirà quel viaggio? Certamente li aiuterà l’incontro con tre re venuti da lontano e una stella cometa che li guiderà… insomma, ecco che
la leggenda di Natale può anche essere raccontata prendendola un po’ alla larga ma lasciando che i bambini possano ricamarci con la fantasia. È quello che ha fatto Stefania Mariani, in scena con Emanuele Di Nardo (al sax). Il suo garbo narrativo senza eccessi ha catalizzato l’attenzione della giovanissima platea con anche un breve momento di condivisione col pubblico (di solito potenzialmente rischioso) che si è rivelato un piacevole intrattenimento. Come il suo spettacolo: meritati applausi. Dal teatro al libro: un’unica visione
Quando ci si imbatte nella scrittura letteraria di Daniele Finzi Pasca si avverte immediatamente di avere a che fare con una realtà sospesa, con una prosa controllata e diversa, che esce da una dimensione quasi infantile, presupposto di un mondo fantastico e onirico, impregnato di quella ingenuità clownesca che immancabilmente si scontra con la concretezza del mondo: durezze che ne mettono a nudo le fragilità. Nel settembre 2014, quando abbiamo visto in prima mondiale Bianco su Bianco al Teatro Sociale di Bellinzona, la nostra sensibilità di spettatore si è lasciata trasportare in un vortice di ricordi fotografici, in un flusso di intima e coinvolgente aneddotica che faceva rivedere i quartieri luganesi della
Biografia
Johannes Kühn è nato a Bergweiler/ Saar il 3 febbraio 1934 e vive a Hasborn/Saar. Dal 1963 al 1973 lavora come manovale nella ditta del fratello e scrive drammi, poesie, favole. La sua prima raccolta poetica è del 1957, a cui ne faranno seguito altre due nel 1958 e nel 1970. Ma è dal 1984 che le sue poesie vengono pubblicate con continuità e in rapida successione, quasi sempre dalla casa editrice Hanser e grazie all’attenta e affettuosa cura degli amici Irmgard e Benno Rech e dello scrittore Ludwig Harig. Le poesie qui presentate mi sono state gentilmente inviate dall’autore, attraverso l’amico Edoardo Costadura, docente all’università di Jena, studioso e traduttore di Johannes Kühn.
Biglietti in palio
In scena Un viaggio teatrale e natalizio all’inseguimento di desideri profondi Giorgio Thoeni
e la rasserena, con un profondo senso dello sguardo e di quello che riesce a preservare, per poi mutarlo in una lingua speciale: attraverso il ritmo dei versi, con le immagini e le parole che quei versi innervano, attraendo le cose e le cose a noi rimandando: attraverso lo sguardo, privo di moralistici propositi, e il pensiero che vi si inarca costituendosi in universo esclusivo del sentire. Il sodalizio con la sua terra e con tutto quello che esprime e che anima è un’impronta lasciata nel suo pensiero. Piante, animali, persone e la loro strana verità, permeano la sua poesia e la rendono parte di ogni esistenza. Sembra che ogni cosa che viene raggiunta nel meditare poetico, seppure intoccata, rispecchi l’intera esistenza e si stacchi dalla semplice e inarrivabile realtà delle cose, la cui percezione, senza alcun bisogno di essere approfondita, approfondisce, così, naturalmente, creando una lingua che attraversa i significati e li conduce alla radice del loro brulichìo, a un senso che si protrae nell’aria, sospinto da una leggera brezza, dallo sbalordito inganno di esserci davvero. / Franco Facchini
fine degli anni Sessanta, poco prima dell’avanzare di una esigenza di urbanizzazione che avrebbe soffocato la memoria del passato. Lo spettacolo era tutto quello ma anche molto altro, con le sue parentesi visionarie e la magia di quella foresta di lucciole che occupava il palcoscenico. Ora Bianco su Bianco è anche un libro. O per meglio dire, la sua vera storia è nelle pagine di un libro che quando nasceva lo spettacolo non era ancora stato pubblicato. Ci hanno però pensato le edizioni della Compagnia Finzi Pasca regalandoci un volumetto che permette di entrare nella dinamica di Ruggero innamorato di Elena, di un bambino confrontato con un padre violento ma salvato dall’affetto degli amici, dei vicini, da un quartiere come non ne esistono più. La pubblicazione curata da Claudia Laffranchi Rossini, che ha definito il testo come una sorta di Bildungsroman dell’autore, figura nella sua versione originale, da cui è stato tratto lo spettacolo interpretato da Helena Bittencourt e Goos Meeuwsen. Dal debutto bellinzonese Bianco su Bianco ha iniziato una tournée in tutto il mondo per un viaggio che è ancora in corso e lo spettacolo è stato visto da oltre ventiduemila spettatori in settantacinque città ed è stato recitato in ben cinque lingue. Buona lettura!
11 gennaio 2017, Aula Magna del Conservatorio, Lugano, ore 19.00. Swiss Chamber Concerts: «Planet Bach» In programma: J.S. Bach – Preludi e fughe BWV 883 no. 14 e BWV 858 no. 13, trascrizione per trio d’archi di Daniel Haefliger (2009). K. Rosenberger – Nuova opera su un frammento di Mozart per trio d’archi (2016) – prima mondiale. W.A. Mozart – Divertimento per trio d’archi in mi bemolle maggiore K. 563 (1788). Il Trio Alexander è composto da Willi Zimmermann, violino; Ruth Killius, viola; Daniel Haefliger, violoncello. Migros Ticino offre ai lettori di «Azione» biglietti gratuiti per le manifestazioni organizzate attraverso il Percento culturale (massimo due biglietti per economia domestica). La partecipazione è riservata a chi non ha beneficiato di vincite in occasione di analoghe promozioni nel corso degli scorsi mesi. Per aggiudicarsi i biglietti basta scrivere una email contenente nome, cognome e indirizzo, martedì 3 gennaio all’indirizzo giochi@azione.ch. I vincitori saranno estratti a sorte tra tutti partecipanti e riceveranno una conferma via email. Buona fortuna!
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Idee e acquisti per la settimana
shopping Voglia di qualcosa di caldo Attualità Non c’è niente di più invitante di un saporito minestrone alla ticinese. Le verdure ideali per farlo sono
preparate dall’Orticoltura Mondino di Muzzano e sono disponibili in tutti i supermercati Migros
Minestrone
Piatto principale per 4 persone Ingredienti 1 kg ca. di verdure per minestrone alla ticinese Qualche patata resistente alla cottura 1 cipolla 1 spicchio d’aglio 3 cucchiai d’olio d’oliva 1,3 l di brodo di verdura 1,5 dl di vino bianco 2 pomodori 100 g di pennette sale 2 cucchiai di parmigiano grattugiato Preparazione Sciacquate le verdure per minestrone alla ticinese. Tritate la cipolla e l’aglio. Riducete le patate a cubetti. Fate appassire le verdure nell’olio finché emanano un buon profumo. Bagnate con il brodo, aggiungete il vino e portate a ebollizione. Unite le patate e fate cuocere a fuoco medio il minestrone per 1 ora ca.. Dimezzate i pomodori e privateli dei semi. Aggiungete i pomodori e le pennette e completate la cottura per ancora ca. 15 minuti. Aggiustate il minestrone di sale e cospargete il parmigiano.
Enzo Crotta, titolare dell’Orticoltura Mondino di Muzzano. (Giovanni Barberis)
Durante la stagione fredda un fumante minestrone è sempre benvenuto. Non c’è altro piatto più saporito e ristoratore di questa varietà di zuppa da sempre parte integrante anche della nostra tradizione culinaria. Le sue origini vanno fatte risalire ai tempi dei Romani, quando grazie alla loro creatività riuscivano a trasformare i pochi ortaggi e legumi basilari a disposizione in qualcosa di gustoso.
Grazie all’aggiunta di altri nutrienti ingredienti, come patate, fagioli, pasta o riso, oggi il minestrone è diventato di fatto un piatto completo, sano e saziante, che non necessita di altre portate successive se non un bel vassoio di formaggi e salumi per accontentare anche i più affamati. Senza voler dimenticare che il minestrone è anche ideale per le scorte, dal momento che una volta pronto può essere congelato
per avere successivamente a disposizione un buon pasto in pochissimo tempo. Per una zuppa comme il faut le verdure per il minestrone alla ticinese dell’Orticoltura Mondino di Muzzano sono l’ideale. «Il nostro minestrone è composto da verdure e legumi quali verze, rape, porri, sedano, carote e fagioli, a cui si possono aggiungere altri ortaggi a dipendenza della stagione»,
ci spiega Enzo Crotta, titolare dell’azienda agricola luganese. «Le verdure utilizzate sono principalmente di provenienza ticinese e sono coltivate nel rispetto di severe norme ecologiche. Appena giungono nella nostra azienda, vengono accuratamente selezionate a mano per escludere qualsiasi impurità. Dopo essere state tagliate in pezzi più o meno grossi per mezzo di una macchina speciale, sono sciacqua-
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te, asciugate e confezionate nella loro vaschetta. Infine, la mattina successiva prendono la via della centrale di distribuzione di Migros Ticino». Per ottenere un ottimo minestrone, oltre alla qualità degli ingredienti, Enzo Crotta consiglia di aggiungere qualche pezzo di patata e della pasta durante la cottura, come pure di lasciarlo cuocere molto lentamente. Più tempo cuoce e più sarà buono!
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Idee e acquisti per la settimana
Sovrani per un giorno Torta dei Re Magi Il dolce tradizionale dell’Epifania è disponibile questa settimana nel vostro supermercato Migros La Torta dei Re Magi è un soffice dolce di pasta lievita di farina di frumento composto da sette rosette regolari unite tra loro. Spicca per il suo sapore aromatico, leggermente dolce, profumato di lievito e burro. Il dolce è prodotto presso la Jowa di S. Antonino e nelle due panetterie della casa Migros di S. Antonino e Serfontana. Come si diventa Re o Regina per un giorno? Facile, basta trovare la fetta di torta che nasconde al suo interno una statuina a forma di Re o Regina. Chi la trova potrà regnare e farsi viziare per tutta la giornata del 6 gennaio indossando la corona dorata acclusa alla confezione. La specialità dell’Epifania è disponibile
in quattro varietà affinché ognuno possa trovare la sua preferita: classica, senza uva sultanina, la variante con golose gocce di cioccolato e quella preparata esclusivamente con ingredienti di origine biologica. L’assortimento completo è disponibile solo nelle maggiori filiali. La tradizione della torta dei Re Magi è probabilmente da attribuire ai Romani, quando in inverno rendevano omaggio a Saturno, dio del raccolto, con una festa popolare. Per l’occasione si preparavano delle torte con all’interno delle fave, delle monete oppure dei pezzi d’argento. Chi trovava il piccolo oggetto diventava il re dei re della festa.
Mauro Pizzagalli, panettiere presso la panetteria della casa di S. Antonino, prepara il tipico dolce solamente nei giorni che precedono il 6 gennaio. (Giovanni Barberis) Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Idee e acquisti per la settimana
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Accanto al pane del trebbiatore e alle mandorle con timo e rosmarino, alcuni clienti Migros hanno degustato anche il burro bio con olio di colza. Leggete qui quali sono state le loro impressioni e che cos’ha di particolare questo burro Testo Heidi Bacchilega; Immagini Paolo Dutto
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Mactar Niang «È veramente buono. È sostanzialmente differente dal burro convenzionale. Probabilmente l’olio di colza lo rende più morbido».
Fabienne Bratschi «Debbo ammettere che è molto delicato. Questo burro si abbina ottimamente a pane e affettati».
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Pia Eggenschwiler «Il burro con olio di colza è più facile da spalmare. In ogni caso non potrei mai rinunciare al mio amato burro classico».
Migros Bio Crocchette di rösti surgelate, 300 g* Fr. 3.50 *Nelle maggiori filiali
Migros Bio Burro con olio di colza 200 g Fr. 4.05
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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3.55 invece di 5.10 Filetti d’agnello Australia/Nuova Zelanda, imballati, per 100 g
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1.75 invece di 2.50 Fettine coscia di maiale Svizzera, imballate, per 100 g
25%
11.10 invece di 14.80 Asiago a libero servizio, al kg
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2.55 invece di 3.65 Mini filetti di pollo Optigal Svizzera, imballati, per 100 g
40%
6.60 invece di 11.– Bratwurst di vitello TerraSuisse in conf. da 2 2 x 2 pezzi, 560 g
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–.90 invece di 1.35 Tilsiter dolce ca. 450 g, per 100 g
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25%
18.20 invece di 24.35 Caseificio Leventina prodotto in Ticino, al libero servizio, al kg
–.90
di riduzione
3.80 invece di 4.70 Formaggio fresco Cantadou in conf. da 2 per es. con erbe aromatiche, 2 x 125 g
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2.20 invece di 3.15 Prosciutto cotto TerraSuisse in conf. da 2 per 100 g
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Tutte le piante verdi (idrocoltura esclusa), per es. felce asplenio in vaso da 12 cm, 5.25 invece di 7.90 33%
Calze antiscivolo Ellen Amber in conf. da 2, disponibili in diversi colori, numeri 35–38 e 39–42, per es. nere, numeri 35–38, 9.90 Hit **
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Tovaglioli di carta Cucina & Tavola in conf. da 4, FSC, per es. gialli e verdi, 33 cm, 4 x 30 pezzi, 4.20 invece di 8.40 4 per 2 ** Asciugapiatti in spugna Cucina & Tavola con soggetto di gufi in set da 2, 8.90 Hit ** Asciugapiatti Cucina & Tavola, waffle, in set da 4, disponibili in diversi colori, per es. rossi, 50 x 70 cm, 9.80 Hit **
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Miscela di noci, cranberries e spicchi di cocco Sun Queen in conf. da 2, per es. cranberries, 2 x 150 g, 3.40 invece di 4.30 20%
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Tutto l’assortimento Knorr, a partire da 2 pezzi 20%
conf. da 2
Panni detergenti universali in fleece, 15 pezzi, 5.– Hit **
Caffettiera Bialetti da 1 litro, disponibile in rosso, antracite o verde, per es. antracite, il pezzo, 14.80 Hit **
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Gasatore SodaStream Play, disponibile in nero o rosso, per es. nero, il pezzo, 89.– Hit **
Filetti di pangasio Pelican, ASC, 1 kg, surgelati, 6.10 invece di 12.20 50%
Salvapentole Cucina & Tavola in set da 5, 7.90 Hit **
Tavolette di cioccolato Frey da 400 g in conf. da 3, UTZ, Crémant, al latte finissimo e al latte e alle nocciole, per es. Crémant, 3 x 400 g, 9.60 invece di 14.40 33%
Salvapentole Cucina & Tavola o lunch box Cucina & Tavola con soggetto di gufi, per es. salvapentole, 3 pezzi, 5.90 Hit **
Detersivi Elan in conf. speciale, Active Powder e Color Powder, 7,5 kg, per es. Active Powder, 23.10 invece di 46.30 50% ** Contenitori per l’ufficio Rotho in set da 2, per es. Spacebox trasparente, 26.– invece di 52.– 50% ** Bicchieri Tricolore Cucina & Tavola in conf. da 2, Acqua o Longdrink, per es. Acqua, 28 cl, 2 x 3 pezzi, 6.90 invece di 13.80 2 per 1 **
Candele scaldavivande maxi Ambiance in conf. da 3, 3 x 12 pezzi, 9.75 invece di 19.50 50% Offerta valida fino al 23.1.2017 Profumo per ambienti alla vaniglia in conf. da 2, 2 x 100 ml, 9.80 invece di 19.60 2 per 1 Offerta valida fino al 23.1.2017 Padelle Titan Cucina & Tavola in set da 2, indicate anche per i fornelli a induzione, Ø 28 cm e 20 cm, 59.– invece di 103.80 40% ** Candele scaldavivande Ambiance in conf. da 2, 2 x 100 pezzi, 6.– invece di 9.– 33% Offerta valida fino al 23.1.2017 Cartucce Cucina & Tavola, M-Classic o Brita in conf. da 3, per es. cartucce Brita Maxtra, 3 x 3 pezzi, 39.60 invece di 59.40 3 per 2 ** Cleverbag Herkules in conf. da 5, 5 x 20 pezzi, 35 litri, 12.90 invece di 17.– 25% ** Rasoio usa e getta Blue II Plus Slalom Gillette in conf. da 2, 2 x 10 pezzi, 9.95 invece di 12.60 20% ** Detersivi Elan in conf. da 2, per es. Spring Time, 2 x 2 l, 22.20 invece di 27.80 20% ** Alimenti umidi e snackies Exelcat in confezioni multiple, alimenti umidi, 24 x 100 g e 24 x 85 g e snackies, 3 x 60 g, per es. squisitezza in salsa, agnello/manzo, 24 x 100 g, 14.15 invece di 17.70 20% Tutti i prodotti per gli occhi Maybelline, a partire da 2 pezzi 20% **
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Shaker o stoviglie per forno a microonde Migros Topline in conf. da 2, per es. piatti per forno a microonde, 2 x 1 l, 12.– invece di 24.– 2 per 1 ** Candele profumate Ambiance con cambio colore in conf. da 2, vaniglia, rosa o arancia, per es. all’arancia, 6.90 invece di 13.80 2 per 1 Offerta valida fino al 23.1.2017
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Processore Intel® Pentium™ 4405U (2,1 GHz), Intel® HD Graphics, RAM da 8 GB, disco rigido da 500 GB, 2 prese USB 3.0, 1 presa USB 2.0, B&O Play (Dual Speakers), Windows 10 – 7981.535
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 2 gennaio 2017 • N. 01
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Idee e acquisti per la settimana
Pane del mese
Un anello croccante
Come si può descrivere il sapore del pane e con cosa si accompagna particolarmente bene? Lo andiamo a scoprire nella serie di articoli dedicata ai diversi pani del mese che si alternano nelle panetterie della casa Migros
Serie Il sapore del pane del mese Novità del mese: Anello di gennaio
Il pane di gennaio è un pane di frumento chiaro in qualità Migros Bio. Grazie alla sua speciale forma ad anello si lascia facilmente tagliare o spezzare. Profuma di fresco, con un leggero odore di lievito e una traccia di noce. Sotto la sua spessa e croccante crosta si nasconde una delicata fragranza di pane. L’aroma intenso del Vacherin Montd’Or si adatta particolarmente bene ad accompagnare l’attuale pane del mese. Il gusto amarognolo e speziato del formaggio è infatti in armonia con le note equilibrate e dolci di questo pane, l’anello di gennaio. Frutta secca e noci completano la presentazione del piatto. www.migros.ch/pane
Silvio Vezzaro, panettiere presso la filiale Migros di Serfontana. È uno dei circa 900 panettieri che più volte al giorno infornano il pane nelle 126 panetterie della casa, affiché il pane sia fresco e caldo fino all’orario di chiusura dei negozi. (Flavia Leuenberger)
Per amore della tradizione Silvio Vezzaro, qual è il suo pane preferito? Il mio preferito è il pane Passione Nostrano della panetteria della casa. Perché? Per via del suo gusto intenso e della sua crosta croccante. Cosa altro le piace mangiare? Carne di manzo o di vitello alla griglia. Quale pane prepara con maggior piacere? Il pane Val Morobbia. Viene appositamente intagliato prima della cottura e quando dopo dieci minuti guardo nel forno, la crosta è semplicemente splendida. Per quale motivo la preparazione del pane richiede lavoro manuale? Per tradizione. Senza per me non sarebbe professionale. Trovo molto bello che i nostri clienti ci possano guardare mentre lavoriamo a tutte le ore del giorno nella panetteria della casa.
Suggerimento
Vacherin Mont-d’Or al forno Per 2 persone: una confezione di Vacherin Mont-d’Or di circa 400 g. Togliere la pellicola in plastica e adagiare la scatola in legno su un supporto resistente al calore. Infornare alla temperatura di 180° C e lasciar fondere per circa 20 minuti. Immergere bocconcini di pane anello di gennaio e gustare. Servire con frutta secca.
Migros Bio è sinonimo di agricoltura in armonia con la natura. L’assortimento Bio comprende oltre 1300 prodotti. Ricette di
www.saison.ch
Bio Pane anello di gennaio 360 g Fr. 3.60 Disponibile nelle panetterie della casa di S. Antonino e Serfontana
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Pane del mese
Un anello croccante
Come si può descrivere il sapore del pane e con cosa si accompagna particolarmente bene? Lo andiamo a scoprire nella serie di articoli dedicata ai diversi pani del mese che si alternano nelle panetterie della casa Migros
Serie Il sapore del pane del mese Novità del mese: Anello di gennaio
Il pane di gennaio è un pane di frumento chiaro in qualità Migros Bio. Grazie alla sua speciale forma ad anello si lascia facilmente tagliare o spezzare. Profuma di fresco, con un leggero odore di lievito e una traccia di noce. Sotto la sua spessa e croccante crosta si nasconde una delicata fragranza di pane. L’aroma intenso del Vacherin Montd’Or si adatta particolarmente bene ad accompagnare l’attuale pane del mese. Il gusto amarognolo e speziato del formaggio è infatti in armonia con le note equilibrate e dolci di questo pane, l’anello di gennaio. Frutta secca e noci completano la presentazione del piatto. www.migros.ch/pane
Silvio Vezzaro, panettiere presso la filiale Migros di Serfontana. È uno dei circa 900 panettieri che più volte al giorno infornano il pane nelle 126 panetterie della casa, affiché il pane sia fresco e caldo fino all’orario di chiusura dei negozi. (Flavia Leuenberger)
Per amore della tradizione Silvio Vezzaro, qual è il suo pane preferito? Il mio preferito è il pane Passione Nostrano della panetteria della casa. Perché? Per via del suo gusto intenso e della sua crosta croccante. Cosa altro le piace mangiare? Carne di manzo o di vitello alla griglia. Quale pane prepara con maggior piacere? Il pane Val Morobbia. Viene appositamente intagliato prima della cottura e quando dopo dieci minuti guardo nel forno, la crosta è semplicemente splendida. Per quale motivo la preparazione del pane richiede lavoro manuale? Per tradizione. Senza per me non sarebbe professionale. Trovo molto bello che i nostri clienti ci possano guardare mentre lavoriamo a tutte le ore del giorno nella panetteria della casa.
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Idee e acquisti per la settimana
Fitness
La palestra di casa
Più movimento… esercizio fisico con regolarità: come sempre, s’inizia l’anno con dei buoni propositi. Poi, però, subentra sempre una scusa per non mantenerli. Ma gli attrezzi da ginnastica per la casa sono davvero un’ottima scusa per non andare in palestra...
Dopo l’allenamento: canfora, rosmarino, arnica, ippocastano e mentolo rinfrescano e distendono i muscoli strapazzati. Enzborn Balsamo di cavallo 200 ml Fr. 6.90
La bomba proteica con pochi grassi che dà la spinta mentre si fa sport. Le proteine contribuiscono a formare e a mantenere la massa muscolare. Sponser Bevanda proteica al gusto di vaniglia 330 ml Fr. 3.20 Per lui: scarpa versatile da indoor dal design giapponese. Con avampiede ammortizzante in gel e tomaia traspirante di tessuto a maglia.
Testo Nicole Ochsenbein; Foto Yves Roth; Styling Mirjam Kaeser
Asics Gel-Rocket taglie 41 ½ – 47 Fr. 89.90 Da SportXX
Il buon vecchio manubrio rende sempre un buon servizio. Bodyshape Manubri in neoprene 2 x 1 kg Azione* 30% di sconto Fr. 9.90 invece di 14.90 Nelle maggiori filiali e da SportXX * fino al 23 gennaio, fino a esaurimento delle scorte
Da sapere
Per amore della tradizione Dove trovare la motivazione quanto la voglia di fare sport è pari a zero? Ecco come si sconfigge la propria debolezza: Porsi obiettivi realistici, vale a dire solo quelli che è possibile raggiungere e che si possono perseguire con facilità nella vita quotidiana. Le sensazioni di successo stimolano la produzione di dopamina, chiamata anche l’ormone della felicità. E si tende a riprodurre le situazioni in cui ci sentiamo bene.
Antiscivolo, ben imbottito e dotato di una pratica tracolla: il materassino da ginnastica color viola è adatto per ogni tipo di esercizi a terra, come quelli di yoga e pilates o per allenare la forza. Bodyshape Materassino Fitness Purple, 172 x 60 x 1 cm Azione* 50% di sconto Fr. 19.90 invece di 39.90 Nelle maggiori filiali e da SportXX * fino al 23 gennaio, fino a esaurimento delle scorte
Il cilindro rigido di schiuma espansa è un attrezzo multifunzionale per esercitarsi a terra, adatto a professionisti e dilettanti di tutte le età. Con il Black Roll si possono massaggiare, distendere e allenare diversi gruppi di muscoli e i tessuti connettivi. Black Roll mini Fr. 19.90 Black Roll Fr. 39.90
Per lei: scarpe da fitness leggerissime con tomaia di tessuto a maglia e finta pelle. Buona ammortizzazione grazie alla suola di gomma e materiale espanso.
Programmazione mentale positiva: associare l’allenamento a sensazioni positive (p. es: si può di nuovo indossare un certo paio di jeans) invece che ad emozioni negative (che tolgono energia!). Cercare alleati: in un forum su Internet o nella realtà con compagno di sport. Il confronto impegna e motiva. Una tabella d’allenamento con obiettivi e risultati raggiunti. I progressi messi nero su bianco rafforzano la propria autostima.
Da SportXX
Suggerimenti
Come trasformare la propria casa in palestra
Nike Flex Trainer 5 taglie 36 ½ – 41 Fr. 89.90 Da SportXX
La fascia elastica di latex naturale è lo strumento ideale per esercizi di stretching e per allenare la forza.
C’è bisogno di pochi mezzi per allenare il fisico in casa. Da parte nostra vi suggeriamo gli esercizi da fare: migros-impuls.ch
Bodyshape Fascia elastica per aerobica Azione* 40% di sconto Fr. 5.90 invece di 9.90 Nelle maggiori filiali e da SportXX * fino al 23 gennaio, fino a esaurimento delle scorte
iMpuls è la nuova iniziativa della Migros in favore della salute.
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Fitness
La palestra di casa
Più movimento… esercizio fisico con regolarità: come sempre, s’inizia l’anno con dei buoni propositi. Poi, però, subentra sempre una scusa per non mantenerli. Ma gli attrezzi da ginnastica per la casa sono davvero un’ottima scusa per non andare in palestra...
Dopo l’allenamento: canfora, rosmarino, arnica, ippocastano e mentolo rinfrescano e distendono i muscoli strapazzati. Enzborn Balsamo di cavallo 200 ml Fr. 6.90
La bomba proteica con pochi grassi che dà la spinta mentre si fa sport. Le proteine contribuiscono a formare e a mantenere la massa muscolare. Sponser Bevanda proteica al gusto di vaniglia 330 ml Fr. 3.20 Per lui: scarpa versatile da indoor dal design giapponese. Con avampiede ammortizzante in gel e tomaia traspirante di tessuto a maglia.
Testo Nicole Ochsenbein; Foto Yves Roth; Styling Mirjam Kaeser
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Da sapere
Per amore della tradizione Dove trovare la motivazione quanto la voglia di fare sport è pari a zero? Ecco come si sconfigge la propria debolezza: Porsi obiettivi realistici, vale a dire solo quelli che è possibile raggiungere e che si possono perseguire con facilità nella vita quotidiana. Le sensazioni di successo stimolano la produzione di dopamina, chiamata anche l’ormone della felicità. E si tende a riprodurre le situazioni in cui ci sentiamo bene.
Antiscivolo, ben imbottito e dotato di una pratica tracolla: il materassino da ginnastica color viola è adatto per ogni tipo di esercizi a terra, come quelli di yoga e pilates o per allenare la forza. Bodyshape Materassino Fitness Purple, 172 x 60 x 1 cm Azione* 50% di sconto Fr. 19.90 invece di 39.90 Nelle maggiori filiali e da SportXX * fino al 23 gennaio, fino a esaurimento delle scorte
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Programmazione mentale positiva: associare l’allenamento a sensazioni positive (p. es: si può di nuovo indossare un certo paio di jeans) invece che ad emozioni negative (che tolgono energia!). Cercare alleati: in un forum su Internet o nella realtà con compagno di sport. Il confronto impegna e motiva. Una tabella d’allenamento con obiettivi e risultati raggiunti. I progressi messi nero su bianco rafforzano la propria autostima.
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iMpuls è la nuova iniziativa della Migros in favore della salute.
Oggi è una buona giornata… ... per una sferzata di vitamine. Con la verza, una verdura davvero salutare. 100 grammi di questo portento contengono abbastanza vitamina C e acido folico da soddisfare il fabbisogno giornaliero di un adulto. E per di più con sole 35 calorie!
Verza stufata Contorno per 4 persone Ingredienti 4 cucchiai di pinoli 1 verza da ca. 800 g 1 cipolla
170 kcal
ca. 30 min
2 cucchiai di olio di colza 2 spicchi d’aglio 1 limone sale dell’Himalaya, pepe
Preparazione Dorare i pinoli in una padella antiaderente senza grasso. Lasciarli raffreddare. Dividere in quattro la verza, eliminare il torso e tagliare le foglie a strisce. Tritare finemente la cipolla e rosolarla nell’olio di colza. Aggiungere l’aglio pressato. Unire la verza e cuocere brevemente. Grattugiare finemente un po’ di scorza di limone e aggiungerla. Spremere il limone e aggiungere il succo. Cuocere la verza al dente. Insaporire con sale e pepe. Servire insieme ai pinoli. Un risotto si abbina perfettamente a questo piatto.
CONSIGLI SULL’ALIMENTAZIONE: MIGROS-IMPULS.CH/ALIMENTAZIONE
…per rilassarsi. Con i corsi di rilassamento di yoga nidra, qigong e shiatsu della Scuola Club Migros. Oppure con i massaggi hot stone, lomi lomi o con schiuma di sapone nei centri fitness Migros.
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