Azione 02 dell'8 gennaio 2018

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Come sviluppare buone relazioni con gli altri? Secondo Anne Böckler occorre dapprima conoscere meglio se stessi

Ambiente e Benessere Lo psichiatra Michele Mattia, presidente Asi-Adoc spiega come sia possibile affrontare e guarire dagli attacchi di panico

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXI 8 gennaio 2018

Azione 02 Politica e Economia Il regime degli ayatollah ha sedato le proteste, ma in ballo è la ragion d’essere dell’Iran

Cultura e Spettacoli La Bellinzona di Giorgio Orelli in una recente pubblicazione edita da Casagrande

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Simona Dalla Valle

Leggiadre fortezze nipponiche

di Simona Dalla Valle pagina 17

La stampa e la tempesta perfetta di Peter Schiesser Confesso di provare un certo disagio, oggi, a sedere al computer e scrivere l’editoriale settimanale, che poi sarà impaginato dai nostri tipografi (mi piace chiamarli ancora così, anche se è un termine datato), quindi stampato dai colleghi della rotativa, distribuito dai postini e ora in mano a voi, cari lettori. Disagio perché, pur non sentendo minacciato questo giornale, non posso non udire il fragore del crollo del circostante mondo dell’informazione come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi, stretto in una duplice morsa: il drastico calo della pubblicità dovuto (anche) alla lunga crisi economica e la sensibile diminuzione del numero di lettori della carta stampata seguita all’emergere dell’informazione su internet. La tempesta perfetta. Le conseguenze le abbiamo già viste, al di là del San Gottardo: in Romandia c’è stata un’ecatombe di testate, quel che resta è in mano a editori zurighesi; nella Svizzera tedesca si affermano colossi come Tamedia, si difendono a fatica blasonati editori come i proprietari della «Neue Zürcher Zeitung», si rafforzano nuovi editori con interessi più politici, come Blocher che dopo la «Basler Zeitung» ha

acquistato una serie di giornali regionali nella Svizzera orientale e centrale. In Ticino, invece, si fa finta che tutto prosegua come sempre, forse distratti dal fatto che le testate dei quotidiani e dei settimanali più rilevanti presenti da un ventennio ci sono ancora tutte, anche se più di una piuma l’hanno persa tutti. Il problema non è dato solo dal fatto che l’informazione online per un giornale è un’operazione in perdita (ma che va fatta), perché si raccolgono poca pubblicità e abbonati. Il problema vero è che i giovani si informano attraverso altri canali: i social. Che stanno ai media come Airbnb sta agli alberghi, Uber ai taxisti e Amazon ai supermercati: la piattaforma digitale vince. E siccome nei social media si afferma sempre più la «cultura dell’algoritmo», quell’invisibile compagno matematico che predice e asseconda i tuoi gusti, chi fra i giovani così avvinti dalla virtualità ha ancora bisogno di un quotidiano da sfogliare, di un confronto con altre idee? La tazza di tè o di caffè del mattino la bevono su facebook, non sfogliando un giornale. Non cercano i commenti di un quotidiano locale quando possono seguire le opinioni di influencer con migliaia di follower. Allo stesso tempo gli editori devono stare attenti a non scontentare i

lettori di sempre, per i quali sfogliare il giornale è un rituale appuntamento con il mondo. Ma fino a quando gli editori ticinesi potranno offrire l’attuale tradizionale modello di giornale quotidiano, considerato che si prevedono incassi ancora minori dalla pubblicità? Sarei molto sorpreso se fra dieci anni ci fossero ancora i tre quotidiani storici nella forma attuale. Non solo i giornali subiscono questo cambiamento di paradigma, anche radio e televisione faticano a reggere l’urto dell’informazione gratuita e della pretesa di un’informazione gratuita. L’iniziativa su cui voteremo il 4 marzo non si spiega certo solo in questo modo, ma per tanti giovani termini come federalismo, coesione nazionale, formazione dell’opinione pubblica, suonano sicuramente astratti e non sufficienti per invogliarli a pagare il canone radiotelevisivo – anche perché loro la televisione o non ce l’hanno, o si assemblano i programmi come vogliono. Non credo che avremo in questo modo un’informazione migliore, neppure equivalente. Ma il singolo parere su che cosa sia giusto o sbagliato risulta inutile quando l’onda della storia imbocca una direzione così chiara: occorre inventarsi nuovi modelli professionali.


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