Azione 07 del 10 febbraio 2020

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Per un corretto sviluppo dei bambini è fondamentale dialogare con loro, perché conversando si cresce meglio

Ambiente e Benessere Neve, ghiaccio, vento e permafrost: l’istituto SLF di Davos non emette solo bollettini delle valanghe, ma studia anche l’influsso dei cambiamenti climatici in alta quota

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 10 febbraio 2020

Azione 07 Politica e Economia Coronavirus: le responsabilità cinesi in materia di trasparenza sono gravissime

Cultura e Spettacoli Un ritratto della vita e del pensiero di George Steiner, scomparso pochi giorni or sono

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di Gianluigi Bellei pagina 34

Olafur Eliasson Weather orb, 2020 (F. Candrian Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; T. Bonakdar Gallery, New York / L.A. © 2020 Olafur Eliasson)

Olafur Eliasson, fiat lux

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Una Brexit da inventare di Peter Schiesser Di solito, un divorzio viene pronunciato dopo che le parti si sono accordate su come lasciarsi, su quanto e che cosa spartire. Con Brexit è l’opposto: gli accordi che legano la Gran Bretagna all’Unione Europea restano in vigore fino a quando non ci sarà stato il tempo di scioglierli ordinatamente o rinegoziarli, in vista della definizione del futuro assetto globale delle relazioni fra Londra e Bruxelles. Di sicuro non è quanto ci si immaginava con il termine «hard Brexit». Il vantaggio è che si è evitato il caos nelle comunicazioni, nei rifornimenti, nei contratti di lavoro e commerciali. Il divorzio è comunque valido: da Bruxelles i funzionari britannici sono partiti. L’Unione Europea perde un quinto della sua forza industriale, il 13 per cento della popolazione, un quarto della sua potenza militare e l’illusione che il progetto comunitario sia irreversibile; la Gran Bretagna perde il suo posto in Europa e mette a repentaglio la sua industria d’esportazione (che genera il 60 per cento del PIL) visto che la metà dei prodotti viene venduta nell’Unione Europea. Il premier Boris Johnson vuole ottenere il miglior accesso al mercato dell’UE,

ma non a scapito della sovranità nazionale; Bruxelles risponde nei termini che siamo abituati a sentire in Svizzera: se vuoi approfittare del mercato, segui le regole valide per tutti (altrimenti avresti un vantaggio concorrenziale rispetto agli stessi membri dell’UE); e se siamo in disaccordo, ci rivolgiamo ad una corte indipendente, ma se il dissidio riguarda il diritto dell’UE si deve per forza far capo alla Corte di giustizia europea. Il 2020 ci dirà che cosa sarà questa Brexit, che cosa il premier britannico riuscirà davvero a ottenere. Gli inglesi sono gli unici europei a essere convinti che da soli avranno più successo che in un concerto di nazioni, ha detto in un’intervista alla NZZ l’intellettuale liberale inglese Timothy Garton Ash. E questo in un contesto in cui si staglia una lotta per l’egemonia mondiale fra Cina e Stati Uniti, nei commerci e ancor di più nell’alta tecnologia e nell’intelligenza artificiale. Ci vuole molto coraggio e molta fiducia, o forse molta presunzione per credere di poter vivere come durante l’impero solo perché si ha ancora una regina, anzi un Boris Johnson come primo ministro. Ma ci vorrà molto tempo per capire che cosa sarà la Gran Bretagna del futuro. O forse dovremmo parlare solo di Inghilterra, visto che la Scozia scalpita per avere un

nuovo referendum sull’indipendenza e l’Irlanda del nord guarda con interesse (commerciale) alla repubblica d’Irlanda. Certo, l’Unione Europea avrebbe tutto l’interesse a non lasciar andare alla deriva l’Inghilterra, considerando che sarà sempre più compressa fra Cina e Stati Uniti (e con una Russia che non ha mai dimenticato le sue mire imperialiste). Ma per farlo dovrebbe trasformarsi in qualcosa di più simile a quando era solo una Comunità europea, come la conoscevamo prima del 1992. Un’opzione impensabile, che porterebbe con sé la sparizione della moneta comune e renderebbe l’Unione ancor più debole a livello mondiale. In sostanza, la Brexit è la manifestazione di una crisi di senso, da cui dovrà scaturire la ricerca di una nuova identità, sia per l’Inghilterra e il resto della Gran Bretagna, sia per l’Unione Europea. Tutto questo in un momento in cui alla guida della Gran Bretagna c’è un premier che condivide una massiccia dose di narcisismo con il presidente americano, ed è quindi incline a seguire i propri interessi egotici più che quelli del paese; mentre sul continente c’è un’Unione che fra un po’ sarà orfana di una leader forte e credibile come Angela Merkel, e non sa con chi sostituirla.


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