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La bellezza, a volte, può bloccarti la vita
Incontri (9) ◆ Ultima di tre figlie, Lisa Viviani è la «principessa» di casa. Finito l’apprendistato si ritrova però senza un lavoro. Iniziano le paure, le domande. Poi arrivano l’anoressia nervosa, i ricoveri, le cure e, alla fine, la
Matilde Casasopra
La vedi e non ti sfugge che lei, Lisa Viviani, bella lo è per davvero. Adesso lo sa anche lei e lo accetta, ma nella sua vita c’è stato un periodo in cui proprio questa sua bellezza l’ha frenata, disorientata e quasi uccisa. Ci ha impiegato tre anni per uscire da una crisi che l’ha portata a confrontarsi con quello che, per le giovani generazioni, si sta rivelando il male del secolo: il disturbo alimentare.
Lisa, a 18 anni, comincia a mangiare poco, poi sempre meno, fino a non mangiare più. La diagnosi: anoressia nervosa. Adesso che di anni ne ha 30 è titolare di un salone di parrucchiera unisex: piccolo, ma frequentatissimo. Lisa, infatti, dall’anoressia è uscita e, quando sorride, ti permette di credere che sì, ce la si può fare.
A che prezzo?
Non saprei dire a che prezzo. Posso dire che è stata dura anche perché, quando ti ci ritrovi dentro, non hai proprio più voglia di fare niente. Le forze si riducono al lumicino e anche la capacità di estraniarsi dai propri problemi per affrontare ragionamenti più generali svanisce. Sei lì che stai male e basta. Sola coi tuoi pensieri che non osi nemmeno esternare perché ti sentiresti rispondere quello che non vuoi più sentirti dire: «Non lasciarti andare. Reagisci. Mangia. Sei una bella ragazza. Non rovinarti. Hai la vita davanti a te». Già, hai la vita davanti ed è proprio quella cosa lì che a me faceva una paura tremenda. Una vita da disoccupata. Una vita da bella ragazza senza lavoro.
Lisa, riesci a raccontare, almeno per sommi capi, la storia di quegli anni?
Ci provo. Non è proprio una passeggiata, ma… proviamoci. Direi di partire dalla mia famiglia che mi è sempre stata vicina, che mi ha sempre amata e coccolata, che mi ha sempre lasciata libera di scegliere quello che reputavo meglio per me. È così che, dopo le medie, ho potuto seguire l’apprendistato di parrucchiera. Tre anni dove ho imparato un mestiere che mi piaceva perché aveva, come obiettivo ultimo, il benessere degli altri. Finito l’apprendistato conseguo il diploma, ma il mio datore di lavoro non può permettersi di assumermi a contratto e così… resto senza lavoro. Lui è dispiaciuto, ma è sicuro che non avrò difficoltà a trovare un posto: «Sei una bella ragazza». Io sono molto meno sicura di lui: sia sul fronte delle difficoltà, sia su quello della bellezza. Di una cosa sono sicura: non voglio stare a casa a pesare sulle spalle della mia famiglia. Voglio mettere a frutto quello che ho imparato, ma… tutte le porte sono chiuse. Vado alla ricerca di un impiego, per la disoccupazione devo consegnare tot firme, entro in un bar mi presento e subito senza nemmeno leggere che di formazione sono parrucchiera ma (grazie alla bella presenza) mi viene chiesto di mettermi dietro al bancone. Sono una parrucchiera, ho studiato per questo non per la bella presenza, quindi rifiuto, non me la sentivo. E comincio ad andare in avvitamento. Perché tutti si fermano solo al mio aspetto esteriore? Perché nessuno mi chiede di dimostrare cosa so fare e cosa ho imparato? L’appetito passa, le domande si moltiplicano, le forze si affievoliscono e comincio a dormire fino a tardi la mattina. Poi a dormire tutto il giorno. Poi a non alzarmi più dal letto. Poi ad essere imboccata a letto da mia madre. Poi a mangiare e vomitare. Poi a non più voler mangiare per non vomitare. Insomma… sempre peggio.
Non ti è mai venuto in mente di rivolgerti a un medico? Di parlare con qualcuno di quello che ti tormentava?
Forse mi è anche venuto in mente, ma non volevo dire ad altri quello che stavo vivendo io. Erano affari miei ed ero convinta che solo tenendomi dentro tutto avrei potuto uscirne. Così si è andati di male in peggio. A 19 anni pesavo 36 chili e non stavo più in piedi. Una mattina – che ricordo solo in modo sfuocato – mia madre ha chiamato il medico di famiglia. Non riuscendo a farmi uscire dal letto la dottoressa è venuta a casa.
Diagnosi: situazione compromessa al punto che il rischio di un collasso è imminente. Caricata in ambulanza vengo trasferita d’urgenza al Centro per i disturbi alimentari dell’OBV di Mendrisio. Lì riescono a riequilibrarmi, ma io – che sono già maggiorenne – dopo poco più di un mese di ricovero, dico che non voglio restare ricoverata. Che voglio tornare a casa mia. Che adesso sono in grado di farcela. E vengo dimessa.
È stata la giusta decisione?
No. Lo era, per me, in quel momento, ma… No. Non ce l’ho fatta. Nonostante il mio compagno – Hugo – si fosse trasferito a casa dei miei genitori per starmi vicino e darmi coraggio e morale. Nonostante tutti si facessero in quattro per me. Tutte le loro attenzioni diventavano, per me, un «peso pesante» da sopportare. Continuavo a percepirmi come un fardello sulle spalle degli altri. Hugo mi incitava ad uscire. Mi accompagnava in giro, ma io ero tornata ad aver paura di sentirmi male, di vomitare intanto che ero fuori ca-
Tre momenti chiave di una vita
Lisa, ha a disposizione 666 battute per illustrare tre momenti topici della sua vita:
1. Quando mi persi in me stessa e mi ammalai di anoressia. Ero giovane avevo 18 anni. Avevo tanti sogni, ma mi sembrava che tutto e tutti fossero contro di me. Non uscivo più di casa. Sulle spalle una delusione amorosa e la disoccupazione. Mi ero persa. Ci sono voluti anni. Il percorso su me stessa è stato lungo. La pazienza di chi mi era sa e così… Ecco che torno a chiudermi in casa e in me stessa. In poco meno di un anno la storia ricomincia daccapo: medici, psicologi e cure che comprendono un nuovo ricovero, per tre mesi, in un’altra struttura ospedaliera.
Tre mesi e poi?
Poi inizio a lavorare sulle cose che mi danno gioia: animali, natura, sport e pittura. Comincio a rifarmi una vita. Ricomincio a spedire curricula. Riesco ad accettare la «bella presenza». Comincio a credere in me stessa nonostante sia in disoccupazione. Poi, una mattina, ecco che anche a me capita il colpo di «fattore C». Mancano poche settimane a Natale. Squilla il telefono. È Daniele del Salone Coiffure di Montagnola. Un suo collaboratore si è rotto la spalla e ha urgente bisogno di qualcuno che lo aiuti. Salgo subito, la mattina, per il colloquio.
Il pomeriggio sono già al lavoro nel salone. Lui, Daniele, però si accor- ge che non sono proprio al cento per cento. Mi chiama e va dritto al punto: «Senti, io ti ho guardato lavorare e sei brava, ma vedo anche che hai avuto – o hai ancora – problemi di salute. Io non posso farmi carico di nuovi problemi. Se resti devi farlo al cento per cento». Accetto la sfida e lavorerò con Daniele per cinque anni. Lavoro con lui fino al 2017 quando il proprietario dell’edificio che ospita anche il salone sente Daniele e gli comunica la vendita dello stabile. Daniele opta per il prepensionamento.
E tu? Resti senza lavoro?
Ebbene sì. Lavoro con Daniele per gli ultimi cinque mesi (quelli che precedono la chiusura per sfratto), ma in quei cinque mesi devo decidere cosa fare. Sia Daniele, sia Hugo, sia i miei genitori mi dicono di buttarmi, di aprire un mio salone. Il punto di svolta profonda, per me, lo costituiscono loro che questa volta mi invitano a farlo dicendomi: «Sei brava! Prova!». Capito? Sono brava. Non sono più solo bella! E allora mi faccio coraggio. Vado dalla signora che gestisce il salone in paese chiedendole se potrebbe entrare nei suoi piani una co-gestione o una cessione. Passa qualche tempo e… nell’ottobre del 2018 apro il mio salone. I clienti che avevo a Montagnola mi raggiungono a Gentilino dove se ne aggiungono altri. Certo, arriva il Covid che, anche per me è stato un periodo duro, ma i giorni dell’anoressia, glielo assicuro, sono stati molto peggio. Forse anche per questo sono riuscita ad aiutare chi, in quei mesi di clausura, ha rischiato di perdersi.
Una Lisa soddisfatta… … una Lisa che continua a lavorare su se stessa e che non si perde di vista. Senza contare che adesso so guardare un obiettivo fotografico e anche uno specchio. Quando mi vedo sorrido e mi dico: brava Lisa, ce l’hai fatta a venirne fuori! E poi sì, sei ancora abbastanza bella, ma… sei molto, molto più brava!
Scheda vicino tanta, ma alla fine ci sono riuscita e ringrazio me stessa per essermi data un’altra possibilità in un mondo che ora vedo più colorato e non così grigio.
Nata a: Sorengo.
Età: 30.
Abito a: Gentilino.
Lavoro: in proprio come parrucchiera.
Hobby: Animali, natura, sport.
Rimpianto: Non essere andata all’estero a studiare una lingua straniera. Sogno nel cassetto: Ne ho svariati: aprire un rifugio per animali maltrattati; comprare una valle e costruirci un bel rustico con annesso rifugio dove magari appunto ospitare tutte le creature bisognose. Cercare comunque di fare del bene.
2. Quando con Hugo, il mio compagno, nel 2013 abbiamo adottato da un rifugio Argo il nostro cane, che mi ha dato una botta di vita. È stato proprio Argo che mi ha costretta e aiutata a uscire di nuovo di casa e a relazionarmi con il resto del mondo.
3. L’apertura della mia attività in- dipendente come parrucchiera dopo anni che mio papà, fin dalla fine del tirocinio, mi diceva: «Dai Lisa, apri!». Ma io non me la sentivo, non ero sicura di me, credevo, di non aver abbastanza esperienza. Poi arrivò il giorno in cui ho dovuto decidere: ricominciare per qualcun altro (se mai avessi trovato un posto) o provare a lanciarmi e mettere su qualcosa per conto mio? Alla fine mi sono buttata e ho aperto. Era il 2018.
Amo: L’onestà, la natura, gli animali. Ho una passione per i cani fin da bambina.
Non sopporto: L’ipocrisia, le bugie, la crudeltà in ogni sua forma e sotto ogni aspetto.
La mia foto preferita: Una foto scattata anni fa con Argo uno dei miei cani, all’epoca c’era solo lui. Eravamo al Sasso delle Parole. Una bella passeggiata insieme a Hugo, il mio compagno (fu lui a scattare la foto). C’era un’atmosfera di pace quel pomeriggio ed è stato bellissimo.
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