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Meloni in India: un successo

Diplomazia ◆ Resoconto di un viaggio che ha consolidato i rapporti tra Roma e Delhi

Francesca Marino

Giorgia Meloni ce l’ha fatta. La presidente del Consiglio italiano, in India come ospite d’onore alla conferenza internazionale Raisina Dialogue, ha letto il suo discorso (in inglese, lingua che non parla, con un accento più che discreto) in modo dignitoso e sobrio, facendo un successo del suo primo incontro bilaterale in Asia. Il discorso in realtà è stato abbastanza noioso, niente a che vedere con la vivace politica italiana che conosciamo, tranne che per due momenti: quando, con il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov seduto di fronte a lei, ha dichiarato che «Mosca ha invaso l’Ucraina in violazione di tutte le leggi internazionali» e ha ricevuto il plauso da almeno metà sala. E quando parlava di identità e cultura guardando dritto il premier Narendra Modi, con un mezzo sorriso, a cui aveva prima detto: «Spero di raggiungere, durante il mio mandato, le vette di gradimento del primo ministro indiano che è noto per essere il leader più amato al mondo».

be una Chiesa rassicurante e granitica nelle proprie certezze.

«Meglio una Chiesa incidentata che malata», era stata una delle sue prime frasi programmatiche: su questa strada in questi dieci anni Francesco si è mosso costantemente. Il vertice lo ha raggiunto probabilmente nel Giubileo della misericordia, da lui voluto e celebrato tra il 2015 e il 2016, partendo proprio da Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, Paese teatro di una delle guerre più dimenticate al mondo. Della misericordia Bergoglio ha fatto il suo manifesto: «Chi sono io per giudicare?» è un’altra sua frase che ha fatto epoca, pronunciata in risposta a una domanda sul tema dell’omosessualità. Ma la misericordia espone – appunto – agli incidenti. Soprattutto se si ha davanti la sfida di governare una realtà complessa e attraversata da crisi e tensioni com’è la Chiesa cattolica del XXI secolo. Così nel bilancio di questi dieci anni di papa Francesco vanno annoverate anche alcune sconfitte.

La prima – la più dura da digerire –è quella sugli scandali legati agli abusi sessuali. Francesco ha indubbiamente contribuito a fare emergere la verità su tante situazioni. Ha incontrato le vittime mostrando sincera partecipazione al loro dramma. Ma non è andato oltre. E la sensazione nei fedeli davanti a questi scandali è quella di ritrovarsi continuamente al punto di partenza. Tanto più che, negli ultimi mesi, a venir travolto è stata persino una figura vicinissima al pontefice come il gesuita sloveno Marko Ivan Rupnik. Un’altra sconfitta riguarda le strutture di governo della Chiesa: «sinodalità» è un’altra parola chiave del pontificato di Francesco. Il pontefice l’ha voluta al centro di un percorso che sta coinvolgendo le diocesi di tutto il mondo con il mandato esplicito di ascoltare il più possibile anche quelli che si sono allontanati dal mondo delle parrocchie. Il risultato sarà una grande assemblea conclusiva a Roma che si terrà in due sessioni, una a ottobre 2023 e l’altra l’anno successivo. Ma su come tradurre davvero questo metodo in uno stile di governo della Chiesa, le fatiche restano evidenti. Negli ultimi mesi, in partico- lare, di fronte a tante resistenze negli ambienti curiali il papa è intervenuto spesso d’autorità, in prima persona. Ma anche di fronte alle richieste di «riforme», come l’abolizione del celibato dei sacerdoti o l’ordinazione delle donne, avanzate dal Sinodo convocato dalla Chiesa tedesca, Francesco ha frenato, denunciando il pericolo di una «parlamentarizzazione» delle dinamiche ecclesiali. Tutto questo, anziché unire come sognava Francesco, sta aumentando le polarizzazioni all’interno del mondo cattolico. la cooperazione nel campo della Difesa tra i due Paesi attraverso colloqui regolari tra i vari comandi; inoltre da tempo lavorano fianco a fianco su questioni come il terrorismo e il separatismo. Sono finiti i giorni in cui le relazioni tra i due Paesi sono precipitate per l’arresto di due marines italiani a causa dell’uccisione di due pescatori del Kerala al largo delle coste indiane (2012). La questione è stata risolta da tempo e altri «elefanti» nella stanza delle relazioni reciproche tra India e Italia sembrano essere scomparsi per sempre.

C’è poi la sconfitta espressa dalle lacrime del dicembre scorso in piazza di Spagna per la guerra in Ucraina: gli appelli del pontefice per fermarla non hanno prodotto alcun risultato. Le stesse speranze suscitate qualche anno fa dallo storico incontro a Cuba con il patriarca di Mosca Kirill si sono rivelate infondate. Nel momento della verità il leader della Chiesa ortodossa russa si è rivelato il «chierichetto di Putin» (come ha detto proprio Francesco in un’altra intervista poco diplomatica). Più in generale: il ritorno della guerra e delle contrapposizioni mette in crisi tutto l’approccio geopolitico di Francesco. Il Papa più tiepido con Washington, arrivato persino a far firmare al Vaticano un accordo sulla nomina dei vescovi col governo di Xi Jinping, vede il mondo andare in una direzione opposta. Fatica a prendere posizione su crisi come la repressione delle libertà a Hong Kong o a Teheran. Si trova a fare i conti con la persecuzione aperta della Chiesa cattolica persino in un Paese come il Nicaragua.

Non è un bilancio da «vincente» quello dei dieci anni di pontificato di papa Francesco. Non ha muri fatti cadere nel suo curriculum. Ma certamente non erano nemmeno nel suo programma la sera del 13 marzo 2013. Bergoglio ha riportato la profezia ai vertici della Chiesa cattolica, con la sua forza ma anche le sue debolezze.

Oggi è un anziano leader che sempre più spesso ripete ciò che ha già ripetuto tante volte, vedendo che il suo gregge fatica a seguirlo. Questo fanno i profeti. E, di solito, la loro eredità si riesce a misurare davvero solo quando non ci sono più.

Arrivata a Delhi con la figlia Ginevra di sei anni, Meloni torna a casa con un busto di Gandhi ricevuto in dono al memoriale di Rajghat e la certezza di aver consolidato, e di molto, i rapporti tra Italia e India. «Quest’anno l’India e l’Italia celebrano il 75° anniversario… delle relazioni. In questa occasione, abbiamo deciso di elevare la partnership India-Italia allo status di partnership strategica», hanno affermato i due leader durante una conferenza stampa congiunta, parlando una in italiano e l’altro in hindi, ma capendosi a quanto pare perfettamente. Hanno annunciato anche la creazione di uno «Start-up Bridge» tra Italia e India con «particolare enfasi sull’aumento della cooperazione in settori come le energie rinnovabili, l’idrogeno verde, l’IT, i semiconduttori, le telecomunicazioni e lo spazio». D’altra parte, ha ricordato Meloni, il commercio tra Italia e India è più che raddoppiato negli ultimi due anni, raggiungendo la cifra record di 15 miliardi di euro nel 2022. Oltre 600 aziende italiane sono presenti in India e l’Italia ha già indicato l’India tra i suoi cinque Paesi prioritari per gli affari. La cooperazione militare e gli accordi commerciali sono stati rilanciati, soprattutto dopo che l’italiana Leonardo è stata «scongelata» dal blocco delle importazioni per lo scandalo Westland-Agusta.

Modi e Meloni hanno anche annunciato l’istituzione di esercitazioni e corsi di addestramento congiunti su base regolare tra le rispettive Forze armate. L’India e l’Italia hanno anche un Gruppo di Cooperazione Militare, un forum istituito per incoraggiare

Meloni non ha nemmeno pronunciato per sbaglio, al contrario di quanto tutti si aspettavano, la parola Cina. Così come non è mai stato menzionato, almeno in pubblico, lo sfortunato accordo sulla partecipazione dell’Italia alla Belt and Road Initiative firmato dal Governo Conte. E però Meloni ha messo sul piatto qualcosa di più pesante, che riguarda ovviamente molto da vicino anche la Cina. «È motivo di grande piacere che l’Italia abbia deciso di aderire all’Indo-Pacific Oceans Initiative (IPOI). Questo ci permetterà di identificare temi concreti per rafforzare la nostra cooperazione nell’Indo-Pacifico», ha detto Modi. Aderendo all’IPOI, l’Italia assumerà, insieme a Singapore, la guida del pilastro della cooperazione scientifica, tecnologica e accademica. L’IPOI è un’iniziativa sponsorizzata da Nuova Delhi per rafforzare la cooperazione in materia di trasporto marittimo e connettività commerciale, sicurezza marittima, ecologia e risorse marine, riduzione e gestione del rischio di disastri, scienza e tecnologia e collaborazione accademica. L’annuncio era atteso da tempo, dato che una «partnership trilaterale» tra India, Giappone e Italia era stata annunciata nel 2021 ma, dopo essere stata formalmente lanciata, non era stata resa operativa. Poi, nel 2023, l’Italia aveva elevato le relazioni con il Giappone allo status di «partenariato strategico», simile a quello inaugurato ora con l’India, facilitando così un maggiore coinvolgimento italiano nelle dinamiche e ciò ha portato alle dichiarazioni recenti, anticipate dalle voci dell’invio del pattugliatore italiano Morosini nell’Indo-Pacifico.

Anche se a tratti sembrava un po’ disorientata, Meloni ha concluso la sua visita con un innegabile successo diplomatico: le uniche critiche ricevute, in India, hanno riguardato essenzialmente le sue scelte sartoriali e l’enfasi, giudicata da molti inappropriata, posta sulle radici giudaico-cristiane dell’Europa. Meloni sarà di nuovo a Delhi a settembre per la riunione dei capi di Stato del G20.

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