Azione 17 del 20 aprile 2020

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Covid-19, l’aiuto del 143 e le tante iniziative di solidarietà e ascolto via telefono

Ambiente e Benessere Lo specialista in ginecologia e ostetricia dottor Giovanni De Luca spiega che nascere in tempi di pandemia è sicuro quanto lo era prima

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 20 aprile 2020

Azione 17 Politica e Economia Donald Trump taglia i fondi all’Organizzazione mondiale della sanità: troppo sino-centrica

Cultura e Spettacoli La mostra dedicata a Raffaello doveva essere uno degli eventi del 2020: un tour virtuale

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Keystone

Pandemia, le sfide educative

di Simona Ravizza e Maria Grazia Buletti pagine 3 e 13

Una normalità da reinventare di Peter Schiesser Dunque, fra una settimana in Svizzera passeremo dagli arresti domiciliari alla libertà vigilata. La vita sarà ancora al guinzaglio, ma lasciato un po’ più lungo. Con l’annuncio di un ritorno alla normalità a tappe, giovedì scorso il Consiglio federale ha voluto dare delle prospettive: ora ci sono delle date precise (anche se per il Ticino potrebbero valere altre date), il 27 aprile per la riapertura di negozi fai da te e di giardinaggio, di saloni di parrucchieri, studi dentistici e di fisioterapia, l’11 maggio degli altri commerci e delle scuole dell’obbligo, l’8 giugno delle scuole post-obbligatorie, di musei, biblioteche, zoo... Seguiranno altre tappe, anche per determinare il destino delle grandi manifestazioni. I consiglieri federali Berset, Sommaruga, Parmelin l’hanno sottolineato: non tutto può già essere stabilito, perché tutto dipende da come evolverà la pandemia, se ci rilasseremo troppo e non seguiremo più adeguatamente le norme di protezione, le infezioni aumenteranno e se la curva dei contagi tornerà a crescere il guinzaglio si accorcerà. Se si continuerà a rispettare la distanza sociale e le norme

igieniche, a ridurre al minimo necessario i contatti sociali e gli spostamenti, questo calendario potrà essere rispettato e la complessa macchina della società, soprattutto il suo apparato produttivo, potrà rimettersi in moto: per minimizzare i danni per i cittadini e per l’economia, la riapertura deve avvenire «il più velocemente possibile, il più lentamente necessario» ha detto Alain Berset. Come ci sentiremo a uscire dalle mura in cui abbiamo trovato rifugio? Per noi, singoli individui, che cosa significherà questo «ritorno alla normalità» in una realtà che dovremo ricostruire? Se prima il mondo esterno sembrava avvolto dalla cappa invisibile del virus, sarà diverso fra qualche settimana? I contagi, i ricoveri, i decessi ci sono ancora, stanno diminuendo e speriamo continuino a farlo – ma il virus resta fra noi, ospite indesiderato e temuto. Quindi, come comportarci? Gli amici e gli affetti che abbiamo dovuto accontentarci di vedere in skype, zoom, face time, whatsapp, potremo, vorremo finalmente salutarli con un bacio e un abbraccio? E dovremo discriminare alcuni amici rispetto ad altri, perché in più di 5 persone saremmo fuorilegge? Come ci sentiremo? Ci stringerà il collo, il guinzaglio? Questo ritorno alla normalità dovremo impararlo da

soli, osservando quel che capita attorno a noi e fidandoci dell’istinto. Ma il virus resta. E resterà anche nei nostri pensieri. La pandemia tornerà ad essere solo un’epidemia, ma correremo pur sempre il rischio di ammalarci e di contagiare altre persone. Certo, è consolante sapere che la diminuzione dei contagi libera risorse negli ospedali, ma dobbiamo considerare che nella fase di riapertura controllata saremo individualmente più a rischio rispetto a oggi stando a casa. Ognuno di noi dovrà fare i conti con questo. Ci sarà chi affronterà qualche rischio in più e chi prolungherà l’auto-isolamento. La nostra battaglia individuale per un equilibrio interiore nel tempo del Covid-19 sale quindi di livello. Avremo un po’ più di libertà, ma anche un po’ più di rischio. Dovremo imparare ad affrontare il rischio con prudenza ma anche superando la paura. D’altra parte, non c’è scelta, bisogna riaprire perché oltre un certo limite un’economia va al collasso. Non ci resta che attendere che si trovi un vaccino: e qui, speranze serie vengono da quattro istitituti universitari svizzeri, in particolare dall’Inselspital di Berna, dove l’équipe dell’immunologo Martin Bachmann punta a rendere disponibili 10 milioni di dosi in ottobre. Forse non è ancora una prospettiva, ma è già qualcosa.


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