Azione 21 del 18 maggio 2020

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Intervista a Rolf Dobelli autore del saggio Smetti di leggere notizie

Ambiente e Benessere In attesa di un vaccino contro il virus Covid-19, il dottor Alessandro Diana riflette sulla situazione allineandosi a quanto affermato nel 2019 dall’OMS: la vaccino-esitazione è una delle prime dieci minacce alla salute mondiale

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 18 maggio 2020

Azione 21 Politica e Economia Il silenzio dei colpevoli, ma intanto Pechino marcia sull’Occidente

Cultura e Spettacoli Un omaggio al poeta ligure Giovanni Giudici, di cui escono due nuove pubblicazioni

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Pandemia, le prove della seconda fase

Nelle botteghe di Cremona culla del violino

di Peter Schiesser

di Luigi Baldelli

Lo sapevamo: non c’è ritorno al passato, solo l’incerta via verso un futuro da costruire. Ogni briciolo di normalità che ci conquistiamo è avvolto nell’anormalità della situazione provocata dal Coronavirus, tuttora fatta di distanze fisiche, mascherine, disinfettanti, paure. Non possiamo rilassarci davvero, ora che muoviamo i primi passi nella «società», anche se ogni (prudente) passo verso la normalità ha l’eccezionale, esaltante gusto di una libertà ritrovata – per chi sa godersela e non gira con il terrore di infettarsi con ogni persona che incrocia, ogni cosa che tocca. La seconda fase è forse ancor più difficile della prima, in cui il pressante invito a stare a casa aveva il rassicurante tono dell’ordine paterno a un bambino di andare a letto e spegnere la luce. Il pericolo restava là fuori, in casa avevamo la sicurezza che ci serviva affinché la paura di un immane pericolo sconosciuto non si trasformasse in panico. Ora al pericolo (oggettivamente ridotto, al momento) dobbiamo esporci. Gli amici e gli affetti chiedono il loro spazio, il lavoro e la vita in società pure. E in questa seconda fase si colgono facilmente i segni che la grande concordia che aveva segnato la prima, dandoci la sensazione di essere tutti più uniti e solidali, si sta sbriciolando. Riaffiorano polemiche, asti, nervosismi, divisioni. Certo, a chi non sta stretto il corsetto di un «regime presidenziale», il controllo delle forze dell’ordine sulla vita pubblica e privata dei cittadini? Tuttavia sarebbe un gran peccato non far tesoro di un ritrovato senso di unità e fiducia, nelle autorità, nel prossimo, persino nell’avversario politico, considerato che abbiamo percorso ancora solo pochi chilometri di questa maratona impostaci dal Covid-19, sia in termini sanitari, sia economici. Nel nostro personale percorso di ritorno alla vita sociale, che sia titubante, coraggioso, prudente, ansioso, è forse utile tener conto di un fatto determinante, che ci dà un vantaggio rispetto ad altri paesi: in Ticino e in Svizzera la grande serrata è avvenuta giusto in tempo per evitare scenari visti a pochi chilometri di distanza, in Lombardia (come il corteo di autocarri militari a Bergamo con le bare da incenerire altrove). Durante una pandemia il ritardo di una settimana può risultare fatale. In altri paesi non è stato così: chi ha ignorato, sottovalutato, sbagliato strategia all’inizio ha dovuto ugualmente imporre un lungo lockdown totale, ma senza riuscire ad appiattire la curva dei contagi. Negli Stati Uniti, per esempio, i contagi, le ospedalizzazioni e i decessi continuano ad aumentare, ma i dirigenti della superpotenza mondiale sono ormai convinti che l’economia deve ripartire, costi quel che costi, e il prezzo si misurerà in altre decine di migliaia di vittime in più. L’impreparazione degli Stati Uniti, aggravata da un presidente come Trump (la sua amministrazione aveva dapprima indebolito l’autorità preposta alla sorveglianza epidemiologica, il presidente ci ha poi messo del suo negando per due mesi la pericolosità del virus), sta mettendo a dura prova la resistenza e la compattezza del paese. Lo stesso problema lo subisce la Russia. E queste sono incognite geopolitiche da non sottovalutare.

Luigi Baldelli

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Invito ai soci per la votazione 2020 Cooperativa. Questi documenti sono pure a disposizione dei soci presso la sede di Sant’Antonino. La votazione si svolge secondo le disposizioni dello Statuto e del Regolamento per votazioni, elezioni e iniziative. Questi documenti, unitamente al rapporto annuo, possono essere relativa all’esercizio 2019 della Cooperativa Migros Ticino, con consultati presso le nostre filiali, presentando la quota di l’invito a rispondere alla seguenti domanda: partecipazione o la tessera di socio. Su www.migrosticino.ch «Approva i conti dell’esercizio 2019, dà scarico al Consiglio sono disponibili i documenti sopra indicati e numerose altre di amministrazione e accetta la proposta per l’impiego del informazioni sulla Cooperativa e sulle sue attività nel 2019. risultato di bilancio?» La scheda di voto sarà inviata per posta a tutti gli aventi La scheda di voto riporta una seconda domanda, nella forma diritto, in base al registro dei soci, al più tardi dieci giorni di sondaggio: prima della scadenza della votazione. Eventuali reclami «Lei segue Migros Ticino su Facebook e/o Instagram?» concernenti schede di voto non ricevute o inesatte sono da Su questo numero di Azione (pagine 18 e 19) sono pubblicati indirizzare all’Ufficio elettorale di Migros Ticino, 6592 il rapporto annuo 2019, la relazione dell’Ufficio di revisione, Sant’Antonino, al più presto sei giorni lavorativi e al più tardi la proposta del Consiglio di amministrazione per l’utilizzo tre giorni lavorativi prima dello scrutinio. dell’utile di bilancio, così come la relazione annuale della Secondo l’art. 30 dello Statuto, il Consiglio di Gentile cooperatrice, egregio cooperatore, riceve in questi giorni il materiale di voto per la

votazione generale 2020

amministrazione ha nominato un Ufficio elettorale che sorveglia lo svolgimento della votazione e che si compone delle seguenti persone: Avv. Filippo Gianoni (presidente), Myrto Fedeli (vicepresidente), Roberto Bozzini, Pasquale Branca e Giovanni Jegen (membri). Vogliate compilare al più presto la scheda di voto: ricordiamo che quest’anno a causa della pandemia si può votare solo per corrispondenza, al più tardi entro SABATO 6 GIUGNO 2020 (data del timbro postale). Con la vostra partecipazione non solo fate uso del vostro diritto, ma esprimete anche l’apprezzamento per l’impegno dei collaboratori di Migros Ticino. Vi ringraziamo in anticipo. Sant’Antonino, 18 maggio 2020 Cooperativa Migros Ticino Il Consiglio di amministrazione


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Attualità Migros

Nuove idee per la primavera al femminile Forum elle Ticino Aggiornamento sul programma d’attività per i mesi

di maggio/giugno 2020

Dopo l’Assemblea Generale dell’11 di marzo, il Comitato di Forum elle Ticino ha dovuto forzatamente interrompere le attività in calendario. Per cercare di assecondare le richieste delle socie, è stato rivisto il programma dei mesi di maggio/giugno, con l’obbiettivo – laddove possibile – di inserire nel calendario nuove proposte di incontri, sempre nel rispetto delle normative vigenti. Le socie con contatto email riceveranno i programmi in dettaglio, inoltre, le locandine con le singole proposte, incluso i nuovi eventi, sono pubblicate online all’indirizzo www. forum-elle.ch, rubrica Ticino. Ecco in breve il riassunto dei cambiamenti di programma e dei nuovi appuntamenti previsti: Giovedì, 28.05.2020 – Annullata al momento, a malincuore, la visita alla Villa Vigoni di Loveno di Menaggio. Mercoledì, 10.06.2020 – Il pomeriggio visita alla Pinacoteca Züst alle mostre «Jean Corty – gli anni di Mendrisio» e «Willy Leiser – grafica, pittura, scultura». A questa visita potranno prendere parte 20 persone in totale, alle ore 14.00, il primo gruppo, alle ore 15.00, il secondo. Ogni gruppo, composto da 10 persone, assisterà alla presentazione da parte della guida presso l’Oratorio di Rancate, situato nei pressi della Pinacoteca. Dopodiché ci si potrà

recare al museo per la visita scaglionata, con un massimo di 5 persone per sala. La presentazione da parte della guida viene offerta da Forum elle Ticino, il costo del biglietto d’entrata, a carico delle socie, è di CHF 8.– p.p. (possessori di carta Raiffeisen entrata gratuita). Le partecipanti potranno beneficiare di un prezzo di favore per l’acquisto dei cataloghi di entrambe le mostre; un catalogo a scelta CHF 10.– due cataloghi CHF 15.–. Venerdì, 19.06.2020 – Cena d’inizio estate in Vetta al San Salvatore: quest’evento viene al momento mantenuto, in attesa di una decisione da parte delle autorità competenti. Le socie iscritte verranno informate personalmente sull’evolversi della situazione. Giovedì, 25.06.2020 – Monte Generoso e il Fiore di Pietra dell’Arch. Mario Botta. Partenza da Capolago alle 14.35, tempo a disposizione e rientro con arrivo a Capolago alle 18.25. Prezzo speciale per la risalita (50% di sconto) CHF 27.– pp. Aperitivo in vetta offerto alle socie da Forum elle Ticino. Quota d’iscrizione CHF 10.– per persona. Tenuto conto che per ovvi motivi trascorreremo la maggior parte dei mesi estivi in Ticino, il Comitato si adopererà di proporre e organizzare ulteriori incontri o eventi per i quali provvederà ad informare le socie a tempo debito.

Jean Corty, Ritratto maschile, olio su tavola. (Pinacoteca Zuest)

Wellness Ecco le regole che consentiranno ai soci di riprendere le attività

nelle palestre del brand

Azione

Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni

Tutto è pronto, rispettando le regole.

suggerimento all’utenza è di arrivare in palestra già in tenuta sportiva e, se possibile, di fare la doccia a casa. Rimane consigliato allenarsi possibilmente al di fuori degli orari di punta, che comprendono l’ora di pranzo (12.00-13.30) e la fascia serale 17.00-20.00. Poiché i corsi di gruppo nei centri sono ammessi solo con un massimo di 4 persone più istruttore, Activ Fitness non è purtroppo per ora in grado di proporli. È chiaramente nell’interesse di tutti ripartire al più presto con i corsi di gruppo: si attendono quindi ulteriori direttive e sviluppi in tal senso. A tal fine si lavora a stretto contatto con l’associazione IGFS e con l’UFSP (Ufficio federale della sanità pubblica) e puntuali aggiornamenti sugli sviluppi del-

la situazione saranno pubblicati sulla homepage. Fino ad allora, è consigliato di partecipare ai corsi di gruppo utilizzando l’ampia offerta sul web, all’indirizzo athome.activfitness.ch. Occorre specificare che, sempre a causa delle direttive ufficiali, lo spazio bambini e la sauna/bagno turco rimarranno purtroppo chiusi fino a nuovo avviso. Anche in questo caso l’utenza sarà costantemente informata sull’evolversi del contesto. Come è già stato comunicato in precedenza a tutti gli iscritti alle palestre, ogni abbonato riceverà un credito di 67 giorni per la durata della chiusura. Ciò avviene automaticamente, senza bisogno che gli abbonati intraprendano particolari procedure. Un’u-

Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch

Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11

La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni

Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31

Monte Generoso S abato 23 e domenica

24 maggio riprende l’attività

Activ Fitness torna, in perfetta forma I cinque centri Activ Fitness in Ticino riaprono oggi, lunedì 18 maggio. L’allenamento nell’area forza e resistenza è di nuovo possibile, mentre i corsi di gruppo, sauna/bagno turco e spazio bambini restano per il momento chiusi. Il piano di protezione sottoposto alle autorità competenti è stato approvato e sarà quindi rigorosamente applicato. Con alcune restrizioni e condizioni, tutti gli studi Activ Fitness in Ticino riapriranno quindi i battenti. Gli utenti delle palestre sono invitati a prendere nota del fatto che prima dell’inizio dell’allenamento il personale è obbligato per legge a porre a tutti gli avventori delle domande d’accertamento sul loro stato di salute. Solo chi è sano ha accesso alle strutture. Il numero totale di presenti è limitato e varia a seconda delle dimensioni del centro. Informazioni a tale riguardo sono disponibili in ognuno dei centri. Inoltre, per le persone particolarmente a rischio valgono delle specifiche raccomandazioni. A questo proposito maggiori informazioni sulle domande di accertamento e sulle persone a rischio sono pubblicate da subito sulla homepage www.activfitness.ch. Durante l’allenamento, nello spogliatoio, così come nella zona delle docce, sarà generalmente necessario mantenere una distanza di 2 metri e non si devono formare assembramenti. Il

Riapre il «Fiore di pietra»

nica condizione: il credito di tempo non può essere pagato in contanti. Dal canto loro, le persone di età superiore ai 65 anni e quelle particolarmente a rischio possono richiedere di mettere in pausa l’abbonamento. La domanda specifica deve pervenire entro e non oltre il 25.5.2020 e la sua durata massima è fino al 07.06.2020: tutti i dettagli a riguardo sono disponibili sulla homepage di Activ Fitness. In merito alle regole di protezione del viso ci si atterrà alle disposizioni dell’UFSP: di conseguenza, non vi è un obbligo di indossare una mascherina. Tuttavia, gli utenti sono liberi di allenarsi con o senza. Questo vale anche per i collaboratori. Attenzione: le mascherine non sono disponibili nei centri. I responsabili di Activ Fitness ricordano infine che per tornare alla normalità quanto prima è importante che tutti seguano le direttive e rispettino le restrizioni e le regole di comportamento indicate dalle autorità. Oltre alle misure d’igiene accresciute richieste dal Governo, a ogni centro è stata ora assegnata una persona responsabile volta al controllo degli standard d’igiene, che esegue ulteriori misure di disinfezione durante gli allenamenti. Di nuovo, sulla homepage ufficiale sono elencate tutte le misure di protezione e di comportamento che verranno attuate. Tiratura 101’634 copie Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch

In attesa di precise indicazioni da parte delle autorità federali la Ferrovia del Monte Generoso non è ancora in funzione, ma la prestigiosa costruzione ideata da Mario Botta sulla cima della montagna ticinese sarà accessibile e aperta agli escursionisti e agli appassionati di mountain bike dal 23 maggio, in una modalità compatibile con le normative attuali. Ecco quindi offerta l’occasione per riprendere il contatto con la natura e per vivere la bellezza del territorio, avvolti dal silenzio e dalla vegetazione primaverile e incontaminata. Oltre agli ingredienti per una ripartenza più slow e più rilassante – spazi aperti, aria buona, panorama mozzafiato a 360 gradi – gli escursionisti che saliranno in vetta al Monte Generoso troveranno anche una proposta gastronomica ad hoc. Sarà attiva infatti, con il servizio al tavolo e una carta menù ridotta ma sfiziosa, l’area del Self-service «Generoso» del terzo piano e la panoramica terrazza attigua. A tutti i clienti, nel weekend di apertura della stagione 2020 e in seguito dal lunedì al venerdì, verrà offerto un piatto di pasta da aggiungere alle proposte della carta menù. In questi mesi la salute e il benessere degli ospiti e dei collaboratori sono stati una priorità assoluta per la Ferrovia Monte Generoso SA e continueranno ad esserlo nel corso di tutta la stagione. Aggiornamenti regolari e puntuali relativamente alle operazioni di sanificazione ed igienizzazione periodiche e quotidiane dei locali destinati al pubblico dalla biglietteria di Capolago, ai vagoni dei trenini, dalle aree interne ed esterne del Fiore di pietra, al Camping Monte Generoso saranno riportati sul sito alla pagina «Come ci prendiamo cura della vostra salute». Non appena arriverà il via ufficiale per i trenini, tutti potranno usufruire dei pacchetti e delle offerte speciali come il Family Special, il Piatto del giorno + ticket e la gratuità nel giorno del compleanno. Ma non è tutto. La Ferrovia Monte Generoso ha creato una promozione straordinaria ed esclusiva per tutti i residenti in Ticino. Nei mesi di giugno e di luglio, infatti, potranno beneficiare di uno sconto del 50 per cento presentando alla casa il coupon da ritagliare dai giornali locali o scaricabile online dal sito: www.montegeneroso.ch/offerte.

Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch Costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Società e Territorio Estate... in camper Le richieste di noleggio dei camper per le vacanze stanno aumentando, molte famiglie scelgono la Svizzera e la natura

Candidati digitali Il curriculum vitae diventa un breve video, il reclutamento professionale si affida ai colloqui online e il mondo della formazione si adegua

Una casa-famiglia professionale In Ticino è una novità fortemente voluta dall’Associazione ticinese famiglie affidatarie e rappresenta un’alternativa al collocamento in foyer o istituto pagina 15

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«Smetti di leggere le notizie» Pubblicazioni Impieghiamo un mese

all’anno a leggere le news, tra smartphone e computer. Dovremmo darci un taglio. Questa è l’idea provocatoria di Rolf Dobelli, scrittore e dirigente d’azienda svizzero, autore di un saggio che sta facendo discutere

Stefania Prandi Ogni anno leggiamo, in media, dodicimila notizie. Tra smartphone e computer le news rappresentano una distrazione continua. Invece di sprecare tempo e concentrazione aggiornando in continuazione i siti online oppure guardando a ruota i telegiornali, abbuffandoci di informazioni spesso inutili, sarebbe meglio scegliere pochi articoli approfonditi di riviste settimanali o mensili, oppure un libro. Questa è l’idea provocatoria di Rolf Dobelli scrittore e dirigente d’azienda svizzero, fondatore di Zurich.minds, community di personalità di spicco nel mondo delle scienze, della cultura e dell’economia, e di Ccademy, accademia per lo studio dei processi decisionali. In Smetti di leggere notizie. Come sfuggire all’eccesso di informazioni e liberare la mente (Il Saggiatore), Dobelli invita a riconoscere la «dipendenza» da news, con dati ed esempio concreti, e a liberarci dalla bulimia dell’informazione usa e getta. Rolf Dobelli, da quanto tempo non guarda telegiornali e siti di informazione?

Da dieci anni ero «pulito», ho fatto un’eccezione per la pandemia, l’emergenza sanitaria globale causata dal Coronavirus, ma ora ho smesso di nuovo perché mi sono reso conto che ormai ho assunto abbastanza informazioni sulla situazione, su come ci si deve comportare e sulle conseguenze economiche future. Non credo che continuare a leggere notizie sul tema sia necessario, anzi, ha un effetto deprimente. Come spiego anche nel mio libro, le news agitano, creano ansia, provocano un senso di sconforto e infelicità. Hanno effetti diretti sulla salute psicofisica che si possono evitare ignorandole. Per quali altri motivi considera le notizie «dannose»?

Le persone che consumano news per tutto l’arco della giornata, addestrano il loro cervello a orientarsi nella giungla delle notizie. In questo modo esercitano con frequenza alcune funzioni della loro mente, a discapito di altre. A lungo andare faticano a pensare lucidamente. Per i «drogati» di notizie, come li definisco, riuscire a leggere dieci pagine di fila diventa una fatica incredibile. Si perde la capacità di concentrazione, di stare sullo stesso argomento per molto tempo e questo è dannoso perché solo focalizzandosi a lungo su una cosa possiamo approfondirla. Lo dico con cognizione di causa dato che anche io, prima di disintossicarmi, sono stato «drogato» di news. La seconda ragione per cui le notizie sono dannose è che sono irrilevanti perché molti eventi nel mondo sono irrilevanti. Chiaramente questo discorso non vale per il Coronavirus che ha un impatto concreto sulle nostre vite. Molti altri fatti, però, sono insignificanti per ciò che conta davvero, per la nostra sfera di competenza, quello su cui siamo esperti, che va dalla gestione delle nostre famiglie, al lavoro, ai nostri hobby. Se guardiamo le news di un anno, due, tre o cinque anni fa, ci rendiamo conto che non hanno alcuna attinenza con le nostre sfere di competenza. Inoltre, «consumare notizie» richiede un’enorme quantità di tempo: in media si perdono novanta minuti al giorno che corrispondono, sul lungo periodo, a un mese all’anno. È tutto tempo che si potrebbe usare in altro modo. Lei scrive che il giornalismo è scaduto, rispetto al passato, e che adesso ci troviamo in una sorta di all you can eat delle notizie, dove la qualità è spesso davvero scarsa. Perché siamo arrivati a questo punto?

Il problema è che negli ultimi vent’anni i giganti di Internet, da Google a Facebook, hanno strappato gli introiti

Tra tablet, smartphone e pc siamo sempre collegati e controlliamo le notizie ininterrottamente. (Marka)

pubblicitari ai mezzi di informazione. Il risultato è che molti giornalisti sono costretti a produrre tanti articoli, in fretta e con compensi sempre più risicati, senza la possibilità di lavorare in modo investigativo o anche solo facendo ricerche approfondite. Alcuni mezzi di informazione impongono ai propri collaboratori di produrre fino a una decina di storie al giorno, alla ricerca di click e like. Con un sistema simile come si può pensare di avere qualcosa che non sia mediocre? Secondo lei le persone si rendono conto di questa situazione?

Sfortunatamente non mi sembra che ci sia molta consapevolezza. Tra algoritmi sempre più sofisticati e titoli acchiappaclick, non è semplice rendersi conto dei grandi limiti del sistema dell’informazione. Le persone continuano a saltare da un articolo all’altro, anche a causa

dei link che dirigono verso nuovi pezzi, infarciti di sensazionalismo. Quello che io consiglio è davvero di smettere di guardare le news, come se ci si mettesse a dieta. La prima settimana sarà la peggiore, capiterà di vivere nell’assillante attesa che in ogni momento, nel mondo, possa accadere qualcosa di brutto. Ogni ora si avrà la tentazione di buttare un occhio sul portale delle notizie. Occorre resistere. Un mese è la soglia importante: ci si accorgerà che, nonostante l’astinenza, non si è perso nulla di importante. Negli ultimi dieci anni, l’unica vera eccezione che ho trovato è la situazione attuale causata dal Coronavirus. Lei come si informa su ciò che accade nel mondo?

In genere scelgo di leggere i long form, articoli lunghi, oppure libri che permettono di approfondire un tema in

particolare. Non serve essere aggiornati sugli ultimi sviluppi per riuscire a conoscere ciò che accade in un certo ambito. Prendiamo come esempio la guerra in Siria: si possono leggere migliaia di articoli brevi e non capire cosa stia succedendo, mentre invece con un buon libro si riesce a entrare nel merito. Io leggo circa una ventina di libri all’anno, potrei aumentare il numero ma non voglio togliere tempo alla mia famiglia e al mio lavoro. E li leggo due volte di fila: se mi limito a una prima lettura non ricordo molto, mentre con una seconda riesco a fissare le informazioni. Per quanto riguarda il Coronavirus, non ci sono ancora libri a disposizione ma esistono corsi gratuiti e lezioni online di scienziati, che richiedono in genere due ore di tempo e permettono di avere una visione esaustiva e precisa.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Idee e acquisti per la settimana

Il tuo piatto preferito in un clic

Divoora.ch Il noto servizio di consegna cibo a domicilio o in azienda è ora attivo anche per i De Gustibus

e i Ristoranti Migros in alcune regioni selezionate del Ticino

Non hai voglia o tempo di cucinare ma non vuoi rinunciare a qualcosa di sfizioso direttamente a casa tua? Oppure desideri farti consegnare un pranzo veloce in ufficio? O non te la senti ancora di andare al ristorante per gustare un buon piatto? Nessun problema con Divoora.ch, il servizio di consegna pasti più diffuso in Ticino, ora disponibile anche per i De Gustibus e i Ristoranti Migros. Con esso basta un clic per scegliere la pietanza desiderata e farsela fornire nel più breve tempo possibile. Il funzionamento è semplice: vai su Divoora. ch direttamente dal tuo pc, tablet o smartphone, immetti l’indirizzo di consegna e scopri quali sono le offerte dei Ristoranti Migros o dei De Gustibus nella tua regione. A questo punto potrai scegliere il piatto e concludere l’ordine, previa registrazione: in poco tempo un driver Divoora ti consegnerà il cibo presso la tua abitazione o in azienda. Il pagamento può essere effettuato con carta di credito o debito. Per soddisfare i desideri più variegati, i Ristoranti e i De Gustibus hanno selezionato per Divoora un’ampia gamma di piatti tra i più gettonati dagli avventori della gastronomia Migros, tutti preparati al momento con ingredienti freschissimi. È importante sapere che le proposte variano a seconda della regione. Per quanto riguarda le specialità alla griglia, potrai per esempio scegliere tra tagliata di manzo, mezzo pollo, bratwurst con salsa alle cipolle o paillard di vitello,

con tanto di contorno incluso. Disponibile anche la tartare di manzo con crostini. Gli amanti delle insalate troveranno sfiziose composizioni tra cui l’insalata caesar, greca, nizzarda o il cous-cous. Voglia di pizza? Allora lasciati ispirare dalle oltre dieci varietà di pizza riccamente farcite, disponibili sia nella variante classica che in quella famiglia per grandi appetiti. Vasta la scelta anche di panini imbottiti, preparati con diversi tipi di pane quali baguette, twister o bretzel. Infine, anche i più golosoni avranno di che essere felici: per loro ecco a disposizione alcuni classici dessert come la foresta nera, i cannoncini alla crema, le tartelette alla frutta o, semplicemente, solo frutta fresca mista.

Quel tocco di gusto in più

Meno plastica

pietanze alla griglia e non solo

fresche sono ora disponibili alla Migros in un vaso di plastica riciclata al 100%

Novità La miscela Erbe Aromatiche ticinesi è ideale per condire

Sostenibilità Alcune erbe aromatiche

Le Erbe Aromatiche sono ideali per carni alla griglia e tanto altro.

Dagli stessi produttori del celebre Pepe aromatizzato in Valle Maggia, è giunto da poco sugli scaffali dei supermercati Migros un altro ricercato prodotto ticinese: le Erbe Aromatiche. La ricetta di questa specialità nasce molti anni fa in Valle Maggia, dove Virgilio Matasci, detto Gilo, titolare di un ristorante a Cavergno, preparava specialità di carne alla griglia, in particolar modo roast beef, utilizzando una miscela di spezie segrete da lui stesso ideata. Miscelandolo con olio e vino bianco, questo preparato conferiva alle carni della sua

cucina un sapore unico e delicato molto apprezzato dagli avventori. La ricetta è arrivata fino ai giorni nostri ed è stata ripresa dai figli di Gilo, che la producono in modo esclusivo insieme al noto pepe aromatizzato. Le Erbe Aromatiche sono imprescindibili non solo sulla carne alla griglia, ma possono essere benissimo utilizzate anche per condire altre pietanze quali verdure, minestre, insalate, pesce… In omaggio all’ideatore del prodotto, sull’etichetta del prodotto figura in bella vista il nome di Gilo.

Erbe Aromatiche vasetto da 110 g Fr. 14.95 In vendita nelle maggiori filiali Migros

La riduzione della plastica negli imballaggi è per Migros un tema di fondamentale importanza, per questo ci impegniamo costantemente nel trovare soluzioni più ecocompatibili e rispettose delle risorse. In quest’ottica, da subito anche il basilico e il rosmarino freschi sono venduti in un vaso a base di plastica esclusiva-

mente riciclata, senza coprivaso, con pellicola protettiva composta principalmente dai carta, da smaltire nella raccolta differenziata. Rispetto al vecchio imballaggio, riusciamo così a risparmiare ben il 70% di plastica. Sull’arco di un anno, ciò significa un risparmio di almeno 15 tonnellate di plastica nuova.


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Idee e acquisti per la settimana

Una bontà intramontabile

Attualità Il delizioso roast beef all’inglese freddo cotto al sangue, preparato con carne svizzera della migliore qualità,

è un grande classico della stagione calda

Azione 25%

L’amore dei britannici per la carne di manzo è sicuramente parte dell’identità nazionale. Se un tempo il manzo arrosto veniva portato in tavola soprattutto la domenica, in occasione del pranzo in famiglia, oggi la specialità si gusta anche in altri giorni della settimana e la si trova spesso anche sul menu dei pub. Il roast beef si diffuse in modo particolare durante il regno di Re Enrico VII, nella seconda metà del 1400. In quel periodo i britannici usavano mangiare considerevoli quantità di carne. Gli «Yeomen of the Guard», le guardie personali reali, venivano con affetto chiamati anche «Beefeaters» (mangiatori di manzo), a causa della loro passione per la carne di manzo arrosto. Insomma, un piatto tanto gustoso quanto di nobili tradizioni. La parte del bovino che meglio si presta per il roast beef è il controfiletto, tenero e succoso.

Per preparare il nostro arrosto all’inglese secondo la ricetta classica, viene utilizzata la pregiata sottofesa dell’eccellente razza Black Angus. Gli animali sono allevati in Svizzera secondo gli standard TerraSuisse, che si rifanno alle severe norme del marcho IP-Suisse, ossia nel rispetto delle loro esigenze e con la possibilità di uscire regolarmente all’aperto. La Black Angus è una robusta razza bovina di origini scozzesi che da alcuni decenni viene allevata con crescente successo anche in Svizzera. È rinomata soprattutto per la qualità della sua carne, che si distingue per la sua marmorizzazione a grana fine, la particolare tenerezza e una sapidità unica. Un’alimentazione naturale e una crescita lenta e sostenibile contribuiscono altresì rendere questa carne morbida e succosa. Oltre al roast beef all’inglese pronto, nei supermercati Migros con banco macelleria sono ottenibili anche diversi altri pregiati tagli di manzo Black Angus svizzero, nella fattispecie spalla di manzo, (aletta, fesone) costata, spezzatino, bistecche, scamone, filetto, entrecôte e tartare.

Studio Pagi

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Arrosto all’inglese di manzo Black Angus prodotto in Ticino con carne Svizzera, al banco a servizio per 100 g Fr. 5.60 invece di 7.50 dal 19 al 25.05

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Società e Territorio

Vacanze in camper? Turismo Con l’emergenza sanitaria, l’idea di viaggiare

Appesi a un filo Valle Verzasca L ’artista Manuela Bieri

reinterpreta la tradizione della lana

in una «casa mobile» viene presa in considerazione da molti come soluzione per la prossima estate

Valentina Grignoli

Una vacanza a contatto con la natura. (Keystone)

Sara Rossi Guidicelli Chi ha ricordi d’infanzia in camper te li racconta con gli occhi che luccicano: spostarsi dentro a una capanna che si muove, con i tuoi giochi, i libri, il letto; il finestrino che mostra paesaggi (e paesi) sempre nuovi, dormire e poi risvegliarsi in un altro posto; le serate al campeggio, con il grill portatile, i bambini vicini con cui giocare e la vita semplice; i tempi in cui ci si poteva fermare dappertutto, vicino a un laghetto, in riva al mare, in aperta campagna... e poi il viaggio, il vero viaggio itinerante, senza programmi ma con tutte le comodità al seguito, dal frigorifero al bollitore alle biciclette sempre a portata di mano. Il tutto dentro a una piccola scatola, dentro a una minuscola casa condivisa dall’intera famiglia... meglio di una lumaca. Potrebbe dunque essere la soluzione per chi ha voglia di farsi una vacanza quest’estate ma si sente insicuro a uscire di casa? «In realtà non c’è nulla di cui temere nelle strutture alberghiere: abbiamo ricevuto le direttive e le rispetteremo», risponde Madlen Burri, della struttura Campofelice ad Acquarossa. Madlen Burri e famiglia gestiscono da quarant’anni alcune stanze e un campeggio con bungalow, roulottes e caravan a noleggio in un angolo di paradiso della Valle di Blenio. «Abbiamo i posti fissi residenziali, con persone che affittano per tutto l’anno uno spazio dove soggiornare con la loro roulotte o il loro camper. Alcuni lo affittano da vent’anni, altri vi trascorrono solo alcuni mesi. Noi offriamo loro servizi come il bagno, la piscina, il grill, un chiosco, alcuni giochi per bambini e la natura intorno. Tutto sarà adeguato alle regole sanitarie che ci arrivano dai responsabili di settore», spiega Madlen. «Tra i camperisti che vengono per un soggiorno più breve molti arrivano dall’Olanda, dalla Germania e dal Nord Europa in generale. Quest’anno sicuramente avremo più svizzeri, perché non sappiamo né quando né se le frontiere saranno aperte. Chissà: forse alcuni scopriranno questo mezzo che sembra più sicuro di questi tempi e poi vi si appassioneranno...». Un 2020 di turismo locale, mascherine e disinfettante, dunque. «Noi abbiamo avuto parecchi annullamenti di noleggio di camper», dicono Ida e Maurizio Battocchio, titolari del garage Swiss Camper Store, che si occupa di noleggio e vendita di camper e caravan per il Ticino. «Si tratta

soprattutto di persone che avevano noleggiato un mezzo per andare all’estero in vacanza un mese o più. Invece dopo le settimane di chiusura del nostro esercizio, ora abbiamo riaperto e possiamo dire con una certa soddisfazione che c’è un numero notevole di richieste di noleggio di camper o caravan da parte di famiglie che intendono restare in Svizzera quest’estate. Ce lo aspettavamo, perché in generale nessuno desidera rinunciare alle proprie vacanze. Il viaggio itinerante significa trascorrere del tempo in libertà, spostarsi e vedere molti posti, cambiare luogo se è brutto tempo e ripartire alla ricerca del sole. Poi se a qualcuno invece piace stare più fermo oppure se trova una situazione che gli piace particolarmente, può anche decidere di godersi più a lungo un dato campeggio. A molti piace questa libertà degli orari, di movimento, di decisione. E crediamo anche che in questo periodo in cui alcune persone sono preoccupate per la propria salute, il camper può offrire una soluzione intermedia, perché è un po’ come stare a casa e viaggiare allo stesso tempo: non bisogna condividere molti spazi comuni con altra gente, quindi può dare sicurezza». Ma come verranno gestiti gli spazi pubblici dei campeggi per evitare situazioni che potrebbero mettere di nuovo in circolo i contagi del virus? Christian Bernasconi, responsabile del Centro Pro Natura Lucomagno: «Si dovranno mettere a disposizione disinfettante e mascherine, gestire l’accesso alle docce, affinché non si incrocino più persone allo stesso momento e dovremo capire come disinfettare le strutture dopo ogni passaggio. Bisognerà fare attenzione a questi aspetti sui quali riceveremo presto direttive precise. Per il ristorante, ci sarà da organizzarsi per mantenere le distanze e a colazione non ci sarà il buffet. Chi come noi ha strutture di ristorazione medio-piccole ormai quest’anno è sottoposto a una personale valutazione finanziaria. Ognuno dovrà calcolare se gli vale la pena tenere aperto: con le disposizioni di sicurezza diminuiscono i coperti mentre le spese per il personale restano quasi invariate». Nei prossimi mesi la strategia dell’Ente Turistico Ticinese è puntare sul territorio. «Scoprire o riscoprire i luoghi di casa nostra», dice Angelo Trotta, direttore. «In mancanza di grandi eventi, incoraggiamo le persone a dedicarsi alla natura, proponendo

escursioni in montagna o al lago, nei nostri splendidi luoghi. Anche ai ticinesi diciamo: restate nella Svizzera italiana per fare le vacanze, scoprite qualche posto che non avete mai visto, o che non avete mai guardato. Poi che sia in camper o in albergo ognuno sceglierà la modalità che preferisce». Molti cercheranno di trovare una vacanza locale, in Ticino o in Svizzera. Per le famiglie con meno mezzi, il campeggio può comportare meno spese rispetto all’affitto di un rustico o un albergo e quindi può essere una variante scelta dalle famiglie che di solito vanno all’estero anche per una questione di prezzi. «Chi ha esperienza di viaggi in camper o campeggio conosce bene le regole – continua Christian Bernasconi – I camperisti in genere portano grande rispetto per il territorio. Per esempio sanno che non si può campeggiare ovunque. Se sarà necessario, noi al Lucomagno daremo un aiuto agli altri attori della regione per sensibilizzare anche chi non è abituato a questo tipo di turismo, affinché i contenuti naturali della zona restino incontaminati. Dopo questi mesi trascorsi a casa, molti avranno voglia e bisogno di attività all’aria aperta: è giusto e molto sano. Anche se ci saranno più persone in montagna, però, i luoghi devono poter offrire la pace e la bellezza di cui sono pieni. Molti avranno voglia di venire in montagna ma dobbiamo evitare che ci sia “la ressa”. Desideriamo aprire il nostro Centro e metterlo a disposizione, giocando il nostro ruolo di informazione e per quanto possibile anche con offerte didattiche». «Secondo me a molti farà bene girare per una volta solo nel nostro paese», conclude con ottimismo Madlen Burri. «Apprezzeremo di più la Svizzera, il Ticino, e poi magari scopriremo che ci sono ancora molte cose che non conosciamo e che ci piacerebbe vedere. Un viaggio tira l’altro e quello che il turista non sarà riuscito a visitare questa volta, magari lo programmerà per la prossima. Chi lo sa, forse anche la modalità del campeggio, qualcuno non la conosce ancora bene, ma una volta provata si rivelerà un magnifico modo per viaggiare: comodo e avventuroso al tempo stesso, nomade o stanziale secondo le preferenze». Un viaggio lento, che si gusta palmo palmo la strada che percorre, i paesaggi che incontra e che offre infinite possibilità di percorsi.

Questa è la storia di come le tradizioni incontrano la contemporaneità, vengono rielaborate e prendono nuova vita nelle stanze di un museo. È la storia di un filo di lana, che dagli anni Trenta percorre la Valle Verzasca e trova oggi nuove forme nel progetto «Dialoghi appesi a un filo». La storia dell’arte artigiana delle donne del passato, assemblato concettualmente nel lavoro di Manuela Bieri. Come altri centri museali, riaprirà sabato il 13 giugno il Museo etnografico di Val Verzasca a Sonogno, se le condizioni sanitarie lo permetteranno. E lo farà per l’appunto con l’esposizione «Dialoghi appesi a un filo» nata e ospitata a Casa Genardini. Qui, nelle sue stanze e tra gli oggetti storici che le abitano, Manuela Bieri, artista tessile, ha ideato una serie di interventi che in maniera elegante e ironica raccontano la natura e la storia di una Valle legata per tradizione al mondo della lana, dalla pastorizia alla filatura. Una mostra che svela l’interesse dell’artista verso la natura dei luoghi: cosa accade a questi quando vengono contaminati dalla presenza umana? Per quanto riguarda la Verzasca, l’impronta dell’uomo è prevalentemente da ricercare nel lavoro della lana, un’impronta quindi piuttosto femminile. Manuela Bieri ha pensato la sua esposizione tenendo ben presente il 40esimo anno del Museo di Val Verzasca, ma anche il 50esimo del voto alle donne, realizzando le sue opere con il linguaggio tradizionale del luogo, che coinvolge filati, tessuti e altri materiali lavorati abitualmente dalle sapienti mani delle artigiane locali. Il progetto artistico interessa tutta casa Genardini e si articola su diversi livelli, ma ogni opera nasce dal luogo che la ospita ed è stata possibile anche grazie al coinvolgimento della popolazione locale. C’è la reinterpretazione di utensili storici provenienti dal museo o su concessione dei privati cittadini; c’è una riflessione identitaria sul futuro delle tradizioni in questo mondo complesso; e l’abbozzo di un’opera partecipativa che coinvolga le donne dell’associazione Pro Verzasca. Manuela Bieri come ha pensato il suo lavoro?

C’erano aspetti che mi parlavano più di altri: la natura, le donne, i manufatti. La tradizione della tessitura mi è parsa un ottimo punto di partenza: la lana è presente in ogni mio intervento, come filo capace di unire passato e presente. È stato importante per me sviluppare un linguaggio espressivo che tenesse conto di tutti gli elementi con i quali mi sono confrontata: fotografie storiche, oggetti di uso comune, elementi naturali, tradizioni. Perché parliamo di dialoghi?

Perché è stato come un dialogo tra donne, intimo e onesto. La Valle Verzasca è una valle aspra, la natura è dominante, la vita contadina era difficile e dura. Il Museo è testimone di questa storia. Una storia a me estranea: non ho legami con la Valle o con la vita rurale, e quindi ho cercato il colloquio su un terreno comune. Mi sono recata più e

Cesoie per la tosatura delle pecore. (Manuela Bieri)

più volte al Museo cercando di trovare la chiave per una conversazione sincera, e così, nel silenzio delle gelide visite invernali ho capito che la mia risposta stava nel portare con i miei interventi, emozioni, poesia e leggerezza. Alcune delle mie opere sono sospese, realizzate con seta e organza, altre trasformano oggetti di uso comune in opere contemporanee, altre ancora trasformano pietre in talismani. Una reinterpretazione che si non si ferma ai manufatti, ma prova anche a decifrare un antico linguaggio fatto di simboli che raccontano le famiglie della Valle...

Per la stanza che ospita l’aula scolastica ho realizzato un’opera concettuale, legata al linguaggio. C’è un documento del museo che riporta i cognomi di ogni famiglia della Valle che possedeva del bestiame e il corrispondente «marchio» (simbolo) per stabilirne la proprietà. Quest’ultimo, costituito da pochi segni, veniva realizzato asportando una porzione di tessuto dalle orecchie di pecore e capre con una cesoia. Anche gli oggetti di proprietà venivano «marcati»: capitava spesso infatti che su un’alpe un rustico potesse dare riparo a più persone appartenenti a diverse famiglie, e si è stabilito così un marchio per ogni famiglia. Avendo studiato grafica sono rimasta molto affascinata da come pochi segni potessero di fatto generare una specie di codice, un linguaggio. Ho quindi realizzato due quaderni, uno per il bestiame uno per gli oggetti di casa, dove ricostruisco il possibile percorso che ha generato questi marchi. Che legame c’è stato con la gente del posto?

Durante il primo incontro per discutere del progetto con la curatrice del museo Veronica Carmine, abbiamo pensato di coinvolgere la popolazione in un progetto partecipativo. Sarebbe stato infatti più facile per la gente della Valle accettare un inedito lavoro al Museo Etnografico da parte di «un’intrusa che viene dalla città» se avessi lavorato ad un’opera in collaborazione con la popolazione, dando loro la possibilità di conoscermi. Quando ho proposto il mio progetto ero molto ispirata dal lavoro dell’artista sarda Maria Lai e dal suo intervento «legarsi alla montagna»: per unire le famiglie di Ulassai, un remoto villaggio di montagna in Sardegna, l’artista aveva creato un nastro azzurro lungo 26 km che passava di casa in casa andando a tessere visivamente la rete dei rapporti sociali del paese. Mi piaceva molto l’idea di creare un’opera partecipativa con il gruppo di donne della Pro Verzasca, anche perché io stessa sono artista tessile. All’inizio ho partecipato più volte ai loro incontri settimanali, dove lavorano la maglia in gruppo. Purtroppo l’opera partecipativa non è stata realizzata ma nel corso del mio lavoro, quando ho avuto bisogno di materiale originale o informazioni, ho trovato sempre donne pronte ad aiutarmi. Informazioni

www.museovalverzasca.ch


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Società e Territorio

Il curriculum in un video

Dopo la quarantena

sempre più spesso al digitale e il mondo della formazione si adegua

durante la pandemia

Lavoro Le modalità di candidatura e il reclutamento professionale si affidano

Guido Grilli Reclutamento professionale digitale. Candidati digitali. Il mondo del lavoro muta il proprio lessico e cambia passo. In un mondo di ormai forzate distanze, si mostra sempre più necessario convincere potenziali datori di lavoro delle proprie risorse e conoscenze da… distante. Il tuo curriculum vitae cartaceo? Un antico ricordo. Ora – e più di prima – per la ricerca di un impiego o di uno stage, in questo difficile periodo in balìa del virus e di fronte a un’economia posta a dura prova, si fa sempre più impellente la capacità di sapersi spendere davanti a una telecamera oppure al dispositivo incorporato del proprio computer o smartphone per un colloquio di lavoro. Prende infatti sempre più strada il «Cv video», ovvero la propria presentazione – biografia, scuole frequentate, diplomi, esperienze – confezionata in un videoclip di pochi minuti da inviare ad aziende, amministrazioni e/o organizzazioni pubbliche nella speranza di un’assunzione.

È importante riuscire a garantire i posti di apprendistato e gli stage professionali durante il percorso di studi Come superare l’ostacolo tecnico? La Conferenza della Svizzera italiana per la formazione continua degli adulti, in collaborazione con la Città dei mestieri inaugurata a gennaio a Bellinzona, promuove in questo mese di maggio «webinar» gratuiti – vale a dire seminari interattivi tenuti su Internet (dettagli sono disponibili sul sito Internet www. conferenzacfc.ch) incentrati sulle tecniche e le strategie utili per districarsi con immagini, linguaggio, postura, montaggio per concentrare in pochi minuti il meglio di sé e restituire a direttori d’azienda, capi servizio, responsabili delle risorse umane, la propria solida candidatura. Spiega Massimo Ghezzi, coordinatore della Città dei mestieri, la quale ha riaperto da poco i battenti ma limitatamente alle attività di consulenza e al centro di documentazione: «Mai come in questo momento, in cui lavorare in presenza è delicato, si rivela essenziale

proporre momenti informativi per approfondire moderne modalità di candidatura. E l’interesse per questo tipo di corsi che stiamo implementando in questi giorni è inaspettatamente alto, segno che se ne avverte il bisogno. Il primo “webinar” dedicato al colloquio di lavoro dal punto di vista dell’azienda supera le cinquanta iscrizioni. Con creatività e flessibilità abbiamo cambiato il programma degli eventi e dei corsi che erano previsti fino a giugno nei nostri locali, adattandolo alla modalità online, partendo da quelli legati alle candidature che avevano già riscosso un grande interesse prima della chiusura forzata delle attività». Massimo Ghezzi scatta un’istantanea sul mondo del lavoro, evidenziando sul breve-medio termine le preoccupazioni sulle conseguenze causate dalla pandemia: «A seguito del coronavirus il mondo, fuori dalle nostre finestre, è cambiato. In questo momento molte aziende stanno ricevendo un sostegno finanziario, ad esempio con le indennità per lavoro ridotto – che rappresenta un ottimo aiuto. Il punto ora è capire come le aziende potranno ripartire dopo il lockdown. Ci sono ora molte incognite, a partire dai posti di apprendistato. E come Città dei mestieri ci stiamo preparando a sostenere le persone, giovani e adulti, che avranno necessità di un consiglio o di consulenze. La campagna che abbiamo lanciato, denominata “Fermiamo il virus, non la formazione!”, è un appello congiunto con le organizzazioni del mondo del lavoro con le quali operiamo, perché ora più che mai bisogna essere uniti». La Divisione della formazione professionale ha indicato il proprio obiettivo in Ticino: mantenere i circa 2500 nuovi contratti di tirocinio che ogni anno tra maggio e settembre permettono ai giovani e alle giovani di iniziare un apprendistato. L’appello è dunque alle aziende formatrici che in queste frenetiche settimane tra isolamento e allentamento sono alla ricerca di una nuova normalità. I nuovi formatori e i nuovi manager saranno chiamati a trasmettere nozioni professionali anche attraverso «video-tutorial», porzioni di conoscenze pratiche o teoriche, guide digitali che conducano il tirocinante passo dopo passo nell’apprendimento di nozioni essenziali. Ancora Ghezzi: «Una delle incognite sarà scoprire quale tipo di mer-

In casa Riflessioni

Silvia Vegetti Finzi

La campagna a sostegno della formazione professionale.

cato del lavoro dovremo attenderci a breve. Penso di poter dire tranquillamente che non tutti i settori saranno colpiti nello stesso modo, anche se, almeno per ora, preoccupa in particolare quello del turismo e della ristorazione e anche della vendita al dettaglio non-food. Ma ci saranno invece altri settori in cui l’offerta di lavoro rimarrà importante o addirittura potrà aumentare, ad esempio nel settore sanitario che si è dimostrato indispensabile in questo periodo. Dietro ogni crisi ci può essere anche un’opportunità e con la Città dei mestieri siamo pronti a sostenere le persone perché possano trovare la loro strada, nella formazione o nel lavoro». E in questo particolare periodo si mostra ancora più decisivo sapersi orientare nelle tecnologie digitali. Anche l’Università della Svizzera italiana – per ovviare alle accresciute norme di igiene e di distanza sociale – sta implementando importanti risorse digitali per continuare a favorire stage durante il percorso di studi e sbocchi professionali dopo l’agognata laurea. In seno all’ateneo è attivo per studenti e laureati il Servizio carriere, che mira a favorire rapporti e collegamenti privilegiati con le principali realtà professionali, un traghetto dal mondo accademico a quello professionale. Molteplici le iniziative in campo e ampie le risorse per un’attenta assistenza. Intanto, la presenza di una banca dati con offerte e stage di lavoro costantemente aggiornata, una finestra accessibile con pochi clic spalancata sul

mercato del lavoro. Sempre di più per l’ateneo i video e il digitale rappresentano una grammatica imprescindibile per la comunità studentesca. Numerosi gli aiuti pratici. Il Career Service offre il «CV Check», consulenza online individuale per aiutare le matricole a preparare in ogni momento il proprio dossier di candidatura. Inoltre, il prossimo 28 maggio per gli studenti si apre una nuova opportunità: una simulazione di colloquio con la RSI, evento online che si svolgerà sulla piattaforma Microsoft Teams e che mira a illustrare come ci si prepara e si affronta un processo di selezione: gli interessati otterranno una valutazione del proprio curriculum vitae e lettera di motivazione e potranno confrontarsi con un’intervista di lavoro simulata tenuta da professionisti delle risorse umane. Non solo: prosegue online la serie di incontri di orientamento professionale organizzati con professionisti delle risorse umane di diverse aziende. Insomma, le vie del digitale non sono finite. Silvia Invrea, responsabile di Career Service, si dice cautamente ottimista e offre la sua lettura di questa stagione impervia. «Sicuramente assistiamo a una trasformazione del lavoro, che richiede la capacità di adattarsi. Da una nostra recente indagine presso 60 aziende che mirava a conoscere la situazione dal profilo del reclutamento del personale, abbiamo ricevuto risposte confortanti, ossia che la selezione, seppure rallentata, non si è interrotta e questo lascia ben sperare».

Come scrive Peter Schiesser, «stiamo passando dagli arresti domiciliari alla libertà vigilata». La complessa macchina della società si sta rimettendo in moto richiamando ognuno al proprio posto. Mesi di clausura coatta hanno comunque lasciato il segno. In meglio o in peggio dipende dalla capacità di ciascuno di trasformare una sventura in una opportunità. Il passaggio da «tutti dentro» a «tutti fuori» ci invita a formulare un primo bilancio. È opinione comune che ce la siamo cavata piuttosto bene, anche se i carichi non sono stati i medesimi per tutti. Basta pensare ai sacrifici compiuti dal personale sanitario. Nella famiglia, un elogio speciale va alle donne, in particolare alle madri che hanno mostrato in questi frangenti le multiformi risorse della mente femminile. Si sono fatte carico del funzionamento complessivo della casa, spesso proseguendo a distanza l’attività professionale. Per fortuna nel frattempo i con-sorti hanno condiviso la loro sorte passando dal «dare una mano» ad essere collaboratori autonomi e responsabili. Dal canto loro gli adolescenti hanno riscosso l’ammirazione generale, non soltanto perché non hanno protestato ma si sono resi utili, hanno evitato i conflitti tra fratelli e portato una nota di serenità nonostante la loro generazione sia stata privata di importanti «prove di passaggio», quali la festa dei 18 anni e l’esame di maturità. Per i più piccoli è stata invece una festa stare accanto a mamma e papà. Forse i più svantaggiati sono stati i nonni, costretti a un isolamento ogni giorno più pesante per chi avverte che il tempo fugge. Per tutti la quarantena ha richiesto un adattamento così rapido e impegnativo che sarà difficile disintossicarsi. Eppure lo strappo dal passato ci ha resi diversi. Colpiti sulla nostra pelle dalle conseguenze della crisi ecologica, siamo ormai consapevoli di appartenere alla Natura e di condividerne i destini. Pensavamo che la scienza potesse salvaguardare la nostra incolumità, abbiamo dovuto riconoscerne la necessità ma anche l’insufficienza. Ed è ora con umiltà che ci avviamo ad affrontare una delle sfide più impegnative della nostra storia. Ce la faremo? Forse sì, se sapremo sentirci parte di un unico organismo, della medesima comunità, dove la salvezza degli uni dipende da quella degli altri. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Idee e acquisti per la settimana

Protezione efficace dai raggi del sole Anche se il sole ci regala luce e calore, l’esposizione eccessiva non fa bene perché i raggi ultravioletti possono danneggiare la pelle. I prodotti Sun Look ci proteggono grazie a un sistema di filtri altamente efficace. Tuttavia, alcuni filtri UV sono sospettati di danneggiare le barriere coralline. Per questo motivo le Hawaii hanno approvato una legge che dal 2021 vieterà la vendita dei prodotti per la protezione solare che contengono questi filtri. I prodotti Sun Look sono totalmente conformi alla legge hawaiana a favore della barriera corallina. Info: www.migros.ch/beauty-protezione-solare

La formula ultraleggera «Dry touch» di Sun Look Sport Protect permette di nebulizzare con facilità lo spray, che si diffonde e si assorbe subito. Nel contempo offre una protezione efficace contro i raggi UVA e UVB. Si prende cura della pelle durante lo sport e idrata per 24 ore. Extra resistente all’acqua.

Protezione solare trasparente, dalla consistenza leggera e di rapido assorbimento. L’efficace sistema di filtri UVA e UVB fornisce una protezione immediata e affidabile contro le scottature solari e l’invecchiamento precoce della pelle. Lo spray non lascia tracce bianche sulla pelle. Ideale anche per chi soffre di calvizie e per gli sportivi. Extra resistente all’acqua.

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Sun Look Ultra Sensitive protegge la pelle particolarmente sensibile con tendenza all’irritazione. Oltre al sistema di filtri UVA e UVB, i prodotti contengono un principio attivo antiossidante. La formula con pantenolo, vitamina E e bisabololo supporta la funzione protettiva della pelle e la idrata per 24 ore. Non contiene profumi e coloranti. Resistenti all’acqua.

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Società e Territorio

La prima casa-famiglia in Ticino Socialità Il progetto che coniuga affido familiare e competenze professionali socioeducative è promosso

dall’Associazione ticinese famiglie affidatarie Stefania Hubmann Partirà il prossimo luglio il progetto della prima casa-famiglia professionale in Ticino, struttura che nell’ambito dell’affido si propone quale alternativa al collocamento in foyer o istituto. L’Associazione ticinese famiglie affidatarie (ATFA) lavora a questa iniziativa da molti anni prendendo a modello le case-famiglia nella zona di confine italiana e le esperienze già maturate nella Svizzera romanda. Il compito di accogliere al massimo quattro minori (come prevede la Legge) sarà assegnato a una famiglia già affidataria in possesso di un titolo socioeducativo. Sono questi i due criteri che la casa-famiglia riunisce: la pratica nell’accompagnare un minore in una fase critica della sua vita e la competenza professionale. Quando un minore resta solo o deve essere allontanato dalla famiglia d’origine per garantire la sua sicurezza, la situazione è sempre delicata e complessa. Le famiglie affidatarie da un lato e gli istituti preposti dall’altro rispondono a questa esigenza di accoglienza. Dal 1981 le famiglie affidatarie ticinesi si sono riunite in associazione, condividendo le loro esperienze e contribuendo a diffondere la cultura dell’affido familiare. Sensibilizzare il pubblico, reperire nuove famiglie, introdurre corsi informativi e formativi per le famiglie interessate, sono i compiti che l’ATFA si è progressivamente assunta con il sostegno del Cantone e di privati. Accogliere un minore temporaneamente nella propria famiglia a breve o lungo termine a dipendenza delle sue esigenze è una pratica che non si improvvisa. Occorre una preparazione della famiglia e se possibile un inserimento graduale. Nei casi d’emergenza, quando il tempo per decidere si limita a poche ore, ci si rivolge alle famiglie SOS. «Queste famiglie – spiega Andrea Milio, coordinatore di ATFA – sono attive dal 2003 con l’obiettivo di offrire un’accoglienza con un breve preavviso e limitata nel tempo (tre mesi prolungabili a sei). Ciò richiede alla famiglia maggiore flessibilità, come pure la presenza costante in casa di un adulto. Non devono inoltre già esserci bambini con meno di tre anni. Il progetto pilota della casa-famiglia che partirà a luglio prevede di riservare alcuni posti anche a questi casi, perché le famiglie affidatarie SOS sono una decina a fronte di richieste che purtroppo non sempre possono essere soddisfatte».

La casa-famiglia garantisce un sostegno umano e professionale, ma anche una quotidianità intima e accogliente. (Marka)

Complessivamente in Ticino si contano 160 famiglie affidatarie che accolgono 180 fra bambini e ragazzi. Numeri importanti che spingono a trovare le migliori soluzioni possibili affinché questi giovani possano continuare il percorso della loro crescita in un ambiente sereno guidati da adulti premurosi e responsabili. La casa-famiglia rientra in questo ambito, come precisa il coordinatore di ATFA: «È una soluzione che offre innanzitutto i vantaggi della casa: un luogo accogliente, intimo, associato al concetto di famiglia. Inoltre può rispondere bene alle esigenze degli adolescenti, per i quali fatichiamo a trovare famiglie affidatarie. In una casa-famiglia professionale, oltre a vivere la quotidianità in una dimensione circoscritta, il giovane può contare su una persona di riferimento con le risorse umane e professionali necessarie per fargli accettare la sua storia e accompagnarlo in questa fase della vita». Il progetto, prossimo all’avvio grazie al sostegno della Catena della solidarietà (azione Ogni centesimo conta), della Fondazione Medacta for life e del Cantone, ha scelto una famiglia residente nel Luganese che già accoglie un minore. Spiega Andrea Milio: «Proseguire-

mo in base alle richieste, giungendo a un massimo di quattro minori come previsto dalla Legge. Uno o due posti saranno a disposizione dei casi urgenti. Essendo una prima in Ticino, l’iniziativa sarà monitorata per adeguarla alle esigenze e alle problematiche che emergeranno. Abbiamo contatti con iniziative analoghe nelle zone di Como e Varese, come pure nella Svizzera francese. Sono modelli ai quali ci siamo ispirati, adeguandoli alla nostra realtà sociale e territoriale. L’auspicio è che il progetto possa in un secondo tempo svilupparsi con due o tre case-famiglia sparse sul territorio cantonale». Il collocamento di un minore deve infatti tener conto di numerosi fattori, evitando che il bambino o il ragazzo tutelato venga destabilizzato. Il diritto di visita della famiglia d’origine è un punto delicato che non di rado tende a creare difficoltà alla famiglia affidataria. È uno dei motivi per cui quest’ultima, per assumere il suo ruolo in una casa-famiglia professionale, deve avere esperienza in questo ambito. La casa-famiglia è in generale concepita come soluzione di accoglienza a medio termine, oltre ai casi urgenti. Ciò significa un periodo di uno o due anni, ad esempio quando i genitori stanno

seguendo un percorso ed è ipotizzabile un rientro al domicilio, oppure in vista di un affido a lungo termine o ancora per permettere la conclusione di una formazione. In quest’ultimo caso si favoriscono un graduale inserimento nel mondo adulto e il relativo cammino verso l’indipendenza. L’ATFA è sempre alla ricerca di nuove famiglie affidatarie, consapevole che una simile scelta non può fondarsi unicamente sullo slancio emotivo iniziale. Andrea Milio: «Riconosciamo che si tratta di un percorso lungo e impegnativo. Nel 2009 abbiamo introdotto un corso sia informativo che formativo proprio per rendere gli interessati più consapevoli del compito che li attende. Le famiglie affidatarie le cui candidature sono in seguito accettate dall’Ufficio dell’aiuto e della protezione entrano nella nostra rete, beneficiando di una supervisione mensile e di incontri con le altre famiglie affidatarie per confrontarsi e trarre spunti costruttivi dalle esperienze altrui». Anche la famiglia professionale beneficerà di questi sostegni, oltre ad un salario mensile che riconosce la sua competenza professionale. Da rilevare, infine, che sovente le famiglie affidatarie (circa la metà in Ticino)

sono di carattere intra-familiare. Possono quindi essere zii o nonni che si assumono il compito educativo seguendo la medesima procedura di formazione delle famiglie esterne. In conclusione il nostro interlocutore pone l’accento sul valore aggiunto dell’affido familiare, casa-famiglia inclusa. All’interno di un nucleo familiare il minore proveniente da una situazione di disagio può contare su una o due figure di riferimento fisse che fungono da esempio di vita, esempio che egli potrà riproporre da adulto. In un istituto prevale per sua stessa natura un’organizzazione a turni di lavoro degli operatori e una dinamica di gruppo. Non bisogna inoltre dimenticare che alcuni bambini sin dalla nascita e quindi nei primi fondamentali anni dello sviluppo si ritrovano senza il ruolo protettivo ed educativo della famiglia d’origine. Le famiglie affidatarie e la casa-famiglia offrono a questi bambini e ragazzi la possibilità di ritrovare stabilità, affetto e sostegno nel loro percorso formativo e di evoluzione personale. Informazioni

www.atfa.info

Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani Przemysław Wechterowicz – Emilia Dziubak, Per sempre amici, Sinnos. Da 4 anni «I tradotti – degli altri quello che ci piace di più» è una collana dell’editore Sinnos di cui abbiamo già avuto modo di parlare, perché è un bel modo di fare editoria, andando a scovare, cioè, piccoli libri interessanti di paesi di cui meno si conosce, rispetto ad esempio al mondo anglosassone, la produzione per l’infanzia, traducendoli con cura, e in alcuni casi rinnovandone la veste grafica, oltre naturalmente al font, che nel caso di Sinnos è il loro peculiare leggimi©, il quale, insieme all’interlinea ben spaziato, al colore avorio non abbacinante del fondo pagina e ad altri criteri dell’impaginato facilita notevolmente la lettura. Stavolta la proposta viene dalla Polonia, ed è la storia di un gufetto e un coniglietto che con le loro famiglie vivono nella stessa quercia. Il coniglietto in una tana scavata tra le radici, il gufetto in un nido tra i rami. In alto e in basso, in un gioco di opposti tra i quali

si snoda la storia, perché naturalmente i conigli sono attivi di giorno, mentre i gufi lo sono di notte, e tuttavia i due cuccioli vorrebbero poter trascorrere del tempo insieme. Sarà in un crepuscolo, con la luna piena che si mostra nel cielo, il momento del fugace, intenso incontro, poi si saluteranno perché l’uno deve andare a dormire e l’altro deve andare a nutrirsi. Ma il desiderio di stare insieme verrà esaudito con un intervento magico, che permetterà ai cuccioli di essere «per sempre amici». Non so se questa storia ne sia una sorta di omaggio, ma ricordo che sullo stesso tema era uscito venticinque anni fa

quello che ormai è un classico tra gli albi illustrati: Due Amici (Edizioni Arka), di Paz Rodero, illustrato dal grande Józef Wilkoń, per l’appunto anche lui polacco. E, tra le più recenti interpretazioni dello stesso tema, segnalo almeno Gatto Nero, Gatta Bianca di Silvia Borando (Edizioni Minibombo). Se quindi la storia non è particolarmente originale, le illustrazioni e la resa complessiva di questo maneggevole e tenero libretto quadrato ci portano con grazia dentro il bosco, facendoci percepire, nel trascolorare del giorno e delle stagioni, tutta l’intensità del tempo che trascorre. Gli autori, del resto, sono gli stessi di un grande successo di Sinnos: Chi vuole un abbraccio? Oksana Bula, Orso non vuole dormire, Jaca Book. Da 3 anni Anche l’editore Jaca Book scova piccoli tesori in paesi meno noti, come l’Ucraina, da cui provengono ad esempio i premiatissimi artisti Romana Romanyshyn e Andry Lesiv. Ucraina è anche Oksana Bula, autrice

di questo libro, che parla di un Orso il quale, temendo di perdersi le tante cose divertenti che accadono in inverno, non vuole andare in letargo. Anche questo è un tema non nuovo, ma qui, a provare a convincerlo, arriveranno i Tukoni, creature fantastiche molto care all’autrice, da lei create e già messe al centro di altre sue storie. I Tukoni sono Spiritelli del Bosco, in questo caso determinati a far dormire Orso. Gli portano cibo, calzini, altri oggetti di conforto. Ma niente. Ecco che Orso riapre un occhio. E pretende che gli si prepari una tana nuova, perché la sua non è comoda. I Tukoni si mettono

all’opera, ma nessuna tana va bene.... Sarà solo l’incontro con la lentezza di una lumachina, che con calma sta andando a dormire, a pacificare Orso, dandogli la tranquillità per lasciare andare le cose e abbandonarsi al sonno. Un tema che individua bene l’opporsi al sonno dei bambini, quando vogliono tenere tutto sotto controllo, temendo di perdersi qualcosa, e non riescono ad allentare la stretta sulle cose, a trovare la calma interiore per lasciarle andare. Non sarà l’alacrità propositiva, per quanto ben intenzionata, dei Tukoni, ad essere d’aiuto, perché essa rischia solo di fornire troppi stimoli, agitando ancora di più. Sarà invece il clima tranquillo, lento, pacifico, di Lumaca, ad essere da esempio, in se stesso pacificante. Se si leggerà questo libro come storia della buonanotte, sarà molto rasserenante rallentare il ritmo della voce sulle ultime pagine, quelle dell’incontro con Lumaca, e seguirne il lento tragitto lungo il ramo, verso la fogliolina che l’aspetta, come un accogliente lettino.


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Società e Territorio Rubriche

L’altropologo di Cesare Poppi Mulier sacra? Il recente rimpatrio della cooperante volontaria italiana consegnata alle autorità italiane al termine di una prigionia fra il Kenya e la Somalia durata diciotto mesi ha dato vita da questa parte delle Alpi ad un italianissimo psicodramma collettivo che è andato ad aggiungersi al tamtam mediatico che ha accompagnato la vicenda a livello internazionale. Cominciamo dall’analisi visuale delle immagini del rientro. SR si è presentata al Presidente del Consiglio, al Ministro degli Esteri e a quante altre autorità statali sono andate a riceverla all’aeroporto di Ciampino indossando una «mascherina» e per il resto interamente coperta da una jilbab (tunica, vestito di foggia ampia che riveste le donne da capo a piedi) di color verde della tonalità tipica delle bandiere islamiche (vedi ad esempio l’Arabia Saudita o l’Algeria). Il Presidente del Consiglio indossava – come la maggior parte degli astanti – una «mascherina» di

colore neutro – laddove il Ministro degli Esteri sfoggiava invece un’altrettanto araldica mascherina tricolore. Saluti a «toccogomito» che in tempi di contagio ha sostituito il «toccamano» (entrato quest’ultimo peraltro nell’uso Europeo solo in età moderna) Congratulazioni da parte di chi doveva incassare i dividendi di consenso politico, espressioni di soddisfazione per il ritorno a casa da parte della protagonista senza che – come è stato fatto subito notare – vi fossero parole di ringraziamento e riconoscenza. Dimenticanza dovuta all’emozione del momento? Atto deliberato? Ma perché poi? Parte il circo esegetico. Ai più fra i commentatori peraltro è invece sfuggito il parallelo fra quelle sequenze visiva e le innumerevoli istanze di istantanee scattate in ambito ospedaliero ai tempi del contagio: stessa tunica-grembiulone che copre dalla testa ai piedi, stessa cuffia, casco, velo o quant’altro oltre alla mascherina – il tutto molto spesso della stessa tonalità

di verde della jilbab in questione. Quella surreale, oggettivamente equivoca mimesi sartoriale fra «contagi» pur di diversa natura si è poi dispiegata in tutta la sua potenza evocatrice al momento della conferma che SR si era convertita all’Islam senza essere costretta e per libera scelta. E, sopra tutto, l’interrogatio princeps, dejà vu che sempre accompagna questa vicende: «Cui prodest/chi ha pagato?» E qui è iniziato lo psicodramma che ha prodotto in una sorta di spirale senza fine reazioni che vanno dall’esegesi attenta e sottile, ai pronunciamientos validatori o censorii, alle discettazioni sulla genuinità o meno della conversione con mobilitazione di psicologi post-traumatici ed anche un Imam di Milano. E poi è stato un apriti cielo che ha visto susseguirsi prese di posizione, smentite, puntualizzazioni, accuse e controaccuse – accavallarsi dibattiti e j’accuse immediatamente posizionatisi a Destra o a Sinistra di uno spazio politico e culturale dove

regnano invece una confusione ed uno smarrimento totali. Poi è partita una campagna d’odio senza limiti riversatasi sui social della quale non voglio entrare nel merito: pensate il peggio che si possa esprimere su di una donna giovane, che ha specificato sotto pressione di essere stata trattata bene dai suoi rapitori, di non essere pertanto incinta, di essersi convertita liberamente e non sarete lontani dalla lettera dei messaggi messi in rete. Un deputato dell’opposizione ha trovato modo di qualificare SR, in una comunicazione in Parlamento, come «neo-terrorista». Qui sta, ahinoi, il Paese che fu di San Francesco e di Cesare Beccaria. La legge romana dichiarava «Homo Sacer» chi si fosse macchiato di un crimine talmente grave da non esistere punizione che potesse retribuirne la colpa. Costui – si trattava in genere di spergiuri – veniva «dato agli Dei» che facessero di lui secondo la loro volontà. Destituito di ogni prerogativa di umanità, socia-

le, civile, parentale, era alla mercè di chi si prendesse la briga di ucciderlo: l’omicida non avrebbe sofferto conseguenze, anzi. Chi scrive si è trovato almeno due volte in terra africana con la bocca di un kalashnikov infilato in un’orecchio o in una narice. Il sollievo; l’euforia, l’ottimismo, la bonomia – persino la riconoscenza verso chi ti ha risparmiato – che invadono l’animo a pericolo scampato è difficile raccontare. Cosa succeda in quegli istanti investe gli strati più profondi radicati in una volontà di vivere che ritengo etologicamente fondata. Indicibile allora come sensazione e ancora più elusiva come ricordo che si vorrebbe cancellare. Se questo si consuma in pochi istanti, cosa possa succedere in diciotto mesi è inimmaginabile. Così, fra il Braccio della Morte e la Sindrome di Stoccolma si gioca il riscatto degli Homo Sacer di ogni tempo e paese. Il resto, l’odio che distrugge, non ha – quello sì – diritto di cittadinanza. Mai.

re i compiti scolastici a distanza, privi del sostegno diretto degli insegnanti. Una prova difficile, superata senza lamentarsi, senza spazientirsi, rivelandosi spesso più saggi di noi. Mentre la porta di casa è rimasta chiusa, la loro mente ha continuato a volare oltre l’orizzonte. Lo spazio ridotto e il tempo vuoto, allentando la morsa degli impegni programmati dagli adulti, li ha indotti a fantasticare liberamente. Ed eccoli pronti, nelle vesti di piccoli urbanisti, a immaginare una città espressione delle loro priorità e dei loro desideri. Innovazione e creatività sono proprio le risorse di cui ha bisogno la nostra società nel momento in cui si appresta a costruire un mondo nuovo, dopo l’eclisse del precedente. E a chi affidare un compito che richiede tempi lunghi e una originale visione del mondo se non alla nuove generazioni? I non adulti possiedono risorse ancora inutilizzate che meritano di essere

individuate, valorizzate e indirizzate allo scopo. In questo senso la fantasia, spesso considerata semplice svago, mero passatempo, può svolgere una funzione importante, come ha compreso l’attenta insegnante di suo figlio. Non deve stupirsi, cara Mara, che il ragazzino, prima di altre installazioni, abbia disegnato una «bella scuola»: significa che riconosce in quell’istituzione la dimensione sociale della sua vita, il noi che fa crescere preparandolo a far parte della comunità cui appartiene. Mentre, prima della sua brusca interruzione, la scuola era spesso considerata più un dovere che un piacere, ritenerla «bella» vuol dire rivalutarla e desiderare di farvi ritorno. Significativo è poi il posto centrale assegnato all’ospedale. Anche se suo figlio non vi è mai entrato e sta benissimo, ha comunque colto l’importanza che, in tempi di pandemia, riveste un’istituzione di cura. I

bambini, per quanto risparmiati dal contagio, hanno mille antenne per comprendere le preoccupazioni degli adulti e farle proprie. In una situazione di emergenza stanno crescendo in fretta e, superando l’onnipotenza infantile, hanno compreso che la fragilità ci rende uguali e la vulnerabilità solidali. Banksy, il misterioso street artist ammirato in tutto il mondo, ha esposto al General Hospital di Southampton un’opera intitolata Game Changer, rappresentante un bambino che, riposti nella cesta Batman e l’Uomo Ragno, fa volare un nuovo supereroe: un’infermiera col grembiule della Croce Rossa, segno dei tempi.

e strampalati. Basti pensare alle statue di Colombo, decapitate nelle università americane, perché simbolo del colonialismo. A testi letterari del passato, depurati da scorie razziste o messi al bando, com’è successo alla Capanna dello zio Tom e a fiabe come Cappuccetto rosso, per via del lupo cattivo che ha urtato gli animalisti. A sua volta, la causa femminista non è sfuggita e esasperazioni controproducenti. Mesi fa, a Ginevra si è riaccesa la polemica semafori, accusati di maschilismo: infatti il segnale stop o passa reca una figurina in pantaloni. Da sostituire con un’immagine sessualmente neutrale. Nei confronti di simili balordaggini, era e rimane sconsigliabile affacciare qualche perplessità o sorridere. Atteggiamenti sospetti nell’era «politically correct». Qualcuno, però, ci prova. Agli inizi di quest’infausto 2020, il 28 gennaio, quando la pandemia non ci aveva ancora toccato, sulla NZZ un arti-

colo, che ho conservato, lanciava un SOS, più che mai attuale. E dal titolo premonitore: «Adesso ci può ancora salvare soltanto l’umorismo». L’autore, Roman Bucheli, giornalista e saggista, denunciava il moralismo accigliato e autoritario che insidia la nostra quotidianità di cittadini sommersi da proibizioni e raccomandazioni limitative. Un tempo, rievoca maliziosamente Bucheli, si era tenuti a rispettare i dieci comandamenti del catechismo, basta e avanza. Oggi, una società cosiddetta laica e tollerante sta rendendo sempre meno libero il tempo libero che aveva inventato. A fin di bene: per proteggere la salute morale e fisica, nell’ambito pubblico e privato. Quindi, niente fumo, vizio giustamente condannato. Mentre non lo è l’alcol, favorito da festival dell’uva a iosa. Non mancano, insomma, le contraddizioni. Divieti di posteggi per le auto, a favore delle bici. Ma scarseggiano le piste ciclabili. Per Bucheli, il più indigesto concerne

i voli low-cost. Osa confessare il suo rimpianto per un’epoca che li consentiva. Quando andare lontano era non solo legittimo ma raccomandato ai giovani, in nome di una necessaria apertura. Con ciò, la vena umoristica non si è esaurita. È diventata sotterranea, rifugiandosi nei social, dove ci si scambiano battute e vignette all’insegna di quell’irriguardoso piacere di sfidare una seriosità obbligatoria. Un po’ come avveniva in tempo di guerra o come succede sempre nelle dittature. Ora, nella nostra democrazia costretta al rigore, ne fanno le spese i detentori del potere, autori di gaffe linguistiche, l’ormai famoso letargo per i vecchi. Per non parlare, poi, delle misure previste per l’estate: pareti di plexiglas proteggeranno sulle spiagge i vacanzieri. Non manca, dunque, la materia prima per l’umorismo, valvola di salvataggio proprio nei tempi grami.

La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi I nuovi supereroi dei bambini Gentile Silvia, negli scorsi giorni la maestra di mio figlio (8 anni) ha dato come compito a casa quello di creare con la fantasia, descrivere e disegnare una nazione immaginaria e poi la sua capitale. Quando ha cominciato a disegnare la sua città immaginaria mio figlio ha prima di tutto pensato a una bella scuola ma subito dopo ha piazzato al centro del foglio un grande edificio con scritto sopra ospedale, solo dopo ha disegnato un parco giochi, il treno, le case, un fiume... C’è da dire che mio figlio è fortunatamente un bambino sano e in un ospedale non c’è mai neanche entrato, inoltre durante la pandemia nessuno di noi si è ammalato e abbiamo veramente cercato di vivere la situazione il più serenamente possibile, perciò la sua scelta mi ha colpita. La generazione dei bambini che hanno vissuto questa emergenza sarà una generazione di ipocondriaci o, come spero, una generazione respon-

sabile che saprà quanto la sanità sia centrale nella nostra società? L’effetto di tutta questa situazione sui bambini rimane per noi genitori un grande punto interrogativo. / Mara Cara Mara, ammiro una maestra che, invece di assegnare il consueto componimento «descrivi la tua giornata», si è rivolta alla fantasia degli alunni proponendo di rappresentare un mondo possibile, ideato dalla loro mente, disegnato con personale talento. E altrettanto ammiro lei, una mamma che, nonostante gli impegni quotidiani, si interroga sugli effetti di una emergenza che ha sconvolto non solo la realtà esterna ma anche il nostro modo di vivere e di pensare. In questi mesi i bambini hanno mostrato una straordinaria maturità e, rinunciando alla libertà di uscire, di giocare all’aria aperta, di incontrare i compagni, si sono impegnati a svolge-

Informazioni

Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6901 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

Mode e modi di Luciana Caglio Umorismo fuori gioco Il divieto non è ufficiale ma buon senso e buon gusto consigliano di astenersi. Anche l’umorismo, nelle sue molteplici manifestazioni, ironia, satira, arguzia, comicità è in quarantena. Tanto più che i suoi abituali bersagli, cioè politici in carica, protagonisti della vita pubblica, forze dell’ordine e autorità varie hanno conquistato una nuova immunità, persino simpatia e gratitudine. Certo, alle prese con compiti ardui, senza precedenti paragonabili, hanno commesso errori e sgarri annullando addirittura libertà costituzionali. Da assolvere, perché imposti dalle circostanze, quando purtroppo il fine giustifica i mezzi. Difficile, insomma, criticarli o ridicolizzarli. Si rischia di passare per incorreggibili bastian contrari o, peggio, per cinici insensibili alla gravità del momento. Fatto sta che, mettendo a tacere le voci consolatorie dell’umorismo, si allarga lo spazio concesso non tanto ai

pessimisti, che a volte hanno ragione, quanto ai catastrofisti, o menagramo, categoria che va per la maggiore. Esempio insigne, Ursula von der Leyen, che con l’autorevolezza che le spetta da presidente della Commissione europea, annuncia: «L’emergenza Covid-19 durerà sino a dicembre e oltre». Non è una voce isolata. Anche scienziati, più o meno illustri, in particolare i virologi, non mancano di metterci in guardia dalla seconda ondata pandemica incombente sul nostro prossimo futuro. Per non parlare delle previsioni, cifre alla mano, degli economisti. Si delinea un quadro fosco e confuso, prospettato sia da realisti competenti sia da visionari, cultori del peggio, al quale, paradossalmente, prendono gusto. Tutto ciò, del resto, ha dei precedenti. Abbiamo alle spalle decenni, in cui le nostre società colte ed efficienti si erano mobilitate all’insegna di cause, in sé giuste, ma dagli effetti repressivi


COOPERATIVA MIGROS TICINO

2019

(1) Costi del personale Stipendi e salari Oneri sociali Istituti di previdenza professionali Altri costi per il personale (2) Altri costi d’esercizio Altri costi d’esercizio Tasse e tributi (3) Ammortamenti d’esercizio Terreni e immobili Installazioni tecniche e macchinari Altri impianti materiali Investimenti immateriali

2019

(4) Risultato finanziario Ricavi da interessi su capitali Ricavi da partecipazioni Costi per interessi su capitali Altri costi finanziari (5) Mezzi liquidi Mezzi liquidi terzi Mezzi liquidi Banca Migros (6) Ratei e risconti passivi Ricavi Scuola Club Interessi Affitti Altre delimitazioni

Cooperativa Migros Ticino I Via Serrai 1 I Casella postale 468 I CH-6592 S. Antonino I tel. +41 (0)91 850 81 11 I www.migrosticino.ch I info@migrosticino.ch I www.facebook.com/migrosticino

RELAZIONE ANNUALE Andamento generale Il mercato del commercio al dettaglio, a livello nazionale, è stato caratterizzato da stagnazione mentre che nel Cantone Ticino ha registrato una contrazione stimata in circa il -1,1%. In questa situazione di mercato, la Cooperativa, ha realizzato un fatturato di 458,5 milioni di franchi, con una flessione di 11 milioni di franchi pari al -2,4% rispetto all’anno precedente, in parte causata da una diminuzione dei prezzi di vendita. Nonostante il calo di fatturato e grazie al contenimento dei costi di esercizio la redditività della Cooperativa è di poco inferiore a quella del 2018, con valori di EBIT (risultato prima degli interessi e delle imposte) e di risultato aziendale che si sono assestati a 3,1 milioni di franchi e 1,4 milioni di franchi rispetto ai 4,5 e 2,0 milioni di franchi dello scorso anno. Situazione finanziaria Il cash flow generato pari a 14,7 milioni di franchi ha permesso di finanziare integralmente gli investimenti di complessivi 5,0 milioni di franchi effettuati nell’esercizio, inferiori di quasi 2,5 milioni di franchi rispetto all’anno precedente. La somma di bilancio è leggermente diminuita passando da 166,4 a 164,8 milioni di franchi. Grazie al risultato aziendale di 1,4 milioni di franchi la quota di capitale proprio è salita dal 38,5% al 39,6%, superando i 65 milioni di franchi. Stato delle ordinazioni e dei mandati e attività di ricerca e sviluppo Operando nel commercio al dettaglio la Cooperativa non ha né ordinazioni né mandati rilevanti da commentare e non svolge attività di ricerca e sviluppo.

2018

Prospettive Il rallentamento della crescita della popolazione, il continuo aumento delle superfici di vendita presenti sul territorio e lo sviluppo del commercio online, rendono poco favorevoli le prospettive di mercato. A fronte di queste condizioni quadro, nel corso del 2019 la Cooperativa ha attuato alcune misure importanti con l’obiettivo di rafforzare la sua posizione di mercato e la sua redditività già a partire dal 2020.

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

419 572 18 923 4 265 11 522 454 282

430 517 18 765 4 062 12 131 465 475

ATTIVI CIRCOLANTI Mezzi liquidi

Altri ricavi d’esercizio Altri ricavi d’esercizio Totale ricavi netti

4 258 458 540

4 080 469 555

Altri crediti a breve termine verso terzi

Costi d’esercizio Costi delle merci Costi del personale Pigioni Manutenzioni/Riparazioni Energia/Materiali di consumo Pubblicità Spese amministrative Altri costi d’esercizio Ammortamenti d’esercizio Totale costi d’esercizio

-308 101 -85 013 -14 234 -5 240 -8 475 -2 362 -4 591 -15 129 -12 250 -455 395

-317 494 -86 521 -13 880 -5 072 -8 392 -2 597 -4 446 -12 456 -14 152 -465 010

3 145

4 545

-528

-535

Risultato prima delle imposte

2 617

Imposte dirette Utile

(1)

(2) (3)

Risultato prima degli interessi e imposte (EBIT) Risultato finanziario (ricavi + / costi -)

(4)

Utile Ammortamenti e correzione di valori di attivi fissi Variazioni d’accantomanti Cash Flow Variazioni crediti a breve termine Variazione scorte merce Variazioni debiti a breve termine Variazioni ratei e risconti passivi Totale flusso di tesoreria dall’esercizio dell’attività

Valutazione dei rischi La Cooperativa dispone di un processo di gestione dei rischi. Il Comitato di direzione (CD) informa regolarmente il Consiglio di amministrazione (CdA) sulla situazione di rischio dell’impresa. Quest’ultimo assicura che la valutazione dei rischi abbia luogo nei termini opportuni e adeguati. In base a un’analisi sistematica della situazione, CdA e CD hanno identificato i rischi potenziali, valutato le probabilità che si avverino così come le possibili conseguenze finanziarie. Appropriate misure adottate dal CdA permettono di evitare, diminuire o arginare questi rischi. I rischi potenziali che devono essere sopportati dalla Cooperativa vengono costantemente sorvegliati. Durante la verifica annuale della strategia aziendale il CdA considera e valuta adeguatamente i rischi potenziali. Il CdA ha effettuato la valutazione annuale il 3 dicembre 2019.

Ricavi netti Commercio al dettaglio Ristorazione Scuola Club Prestazioni di Servizio Ricavi netti da forniture e prestazioni (senza IVA)

Flusso di tesoreria da attività di investimenti Investimenti Impianti materiali Immateriali Totale flusso di tesoreria di attività di investimenti Flusso di tesoreria da attività finanziarie Variazioni debiti finanziari a breve termine Variazione capitale sociale Totale flusso di tesoreria di attività finanziarie Variazioni mezzi liquidi e attivi quotati in borsa detenuti a corto termine Verifica della variazione del fondo Mezzi liquidi e attivi quotati in borsa detenuti a corto termine al 1.1 Mezzi liquidi e attivi quotati in borsa detenuti a corto termine al 31.12 Variazioni mezzi liquidi e attivi quotati in borsa detenuti a corto termine

Scorte merci Totale attivi circolanti ATTIVI FISSI Investimenti finanziari verso imprese del gruppo Partecipazioni a imprese del gruppo Impianti materiali terreni ed immobili installazioni tecniche e macchinari altri impianti materiali costruzioni in corso

-66 841 -7 384 -8 237 -2 551 -85 013

-68 014 -7 577 -8 282 -2 648 -86 521

-12 801 -2 328 -15 129

-10 167 -2 289 -12 456

-2 158 -6 514 -3 536 -42 -12 250

-2 277 -9 551 -2 297 -27 -14 152

53 23 -324 -280 -528

59 23 -337 -280 -535

6 883 457 7 340

5 875 341 6 216

696 290 – 7 169 8 155

803 289 23 7 368 8 483

2 618 17 165 19 783

2 810 15 888 18 698

(in 1 000 CHF)

(5)

(in 1 000 CHF)

7 340

6 216

21 274 961

16 190 1 162

1 349

1 088

19 404 50 328

19 875 44 531

1 000

1 000

774

774

85 656 24 269 2 763 33

87 791 28 388 3 447 392

4 010

Investimenti immateriali Totale attivi fissi

24 114 519

32 121 824

-1 262

-2 022

Totale di bilancio

164 847

166 355

1 355

1 988

2018

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

1 355 12 250 1 085 14 690 -5 144 471 -3 561 -328 6 128

1 988 14 152 1 220 17 360 -7 655 -799 -2 373 7 6 540

-4 911 -34 -4 945

-7 394 – -7 394

-70 11 -59

-136 -2 -138

1 124

-992

6 216

7 208

7 340

6 216

1 124

-992

2019

Le Gallette di mais con Farina Bóna e la Farina per polenta «Masnada gròssa» sono due dei prodotti dei Nostrani del Ticino introdotti nell’assortimento nel 2019.

2018

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

Riporto dall’esercizio precedente Utile anno corrente Utile disponibile dei soci Dotazione alle riserve libere Riporto all’esercizio nuovo

7 209 1 355 8 564 – 8 564

5 221 1 988 7 209 – 7 209

SPESE DEL PERCENTO CULTURALE Cultura, sociale ed economia Formazione (Scuola Club) Totale 0,5% della cifra d’affari determinante

707 1 486 2 193 2 192

604 1 678 2 282 2 246

31.12.2019 31.12.2018 (in 1 000 CHF)

Prima dell’impiego del risultato

Un’istantanea della partenza della StraLugano, che lo scorso 26 Maggio ha visto la partecipazione di più di 5’000 corridori.

ALLEGATO Informazioni relative ai principi utilizzati per l’allestimento dei conti annuali Questi conti annuali sono stati allestiti conformemente alle prescrizioni della legislazione svizzera, in particolare in base agli articoli del Codice delle obbligazioni relativi alla tenuta della contabilità commerciale e alla presentazione dei conti (art. 957-962). La cooperativa Migros Ticino non allestisce un conto di gruppo in quanto i suoi conti sono inclusi in quelli della Federazione delle cooperative Migros, che pubblica un conto consolidato in base a una norma contabile riconosciuta (Swiss GAAP FER). La presentazione dei conti esige dall’Amministrazione delle stime e delle valutazioni che possono avere un incidenza sul valore degli attivi e dei debiti, come pure degli impegni eventuali alla data del bilancio, ma anche dei ricavi e dei costi del periodo di riferimento. Se del caso, l’Amministrazione decide, a propria discrezione, l’utilizzo dei margini di manovra legali esistenti in materia di valutazione e iscrizione a bilancio. Per il bene dell’azienda e nel rispetto del principio della prudenza, è possibile procedere ad ammortamenti, correzioni di valore, nonché la costituzione di accantonamenti superiori a quanto il contesto economico richieda. Informazioni, strutture dettagliate e commenti riguardanti alcune poste del conto economico e del bilancio. Le informazioni di singole posizioni del conto economico e del bilancio sono contenute nelle «annotazioni». Impegni eventuali: Nell’ambito delle normali attività commerciali, la Cooperativa Migros Ticino è parte in causa di diverse controversie legali. Sebbene l’esisto di queste controversie non possa essere stimato con un grado di certezza assoluto, la Cooperativa Migros Ticino non ritiene che tali controversie possano avere un impatto significativo sulla sua attività commerciale o sulla sua situazione finanziaria. Per i deflussi finanziari previsti sono stati costituiti degli accantonamenti.

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

3,83% 7,21%

3,83% 7,21%

ACTIV FITNESS Ticino SA, S. Antonino, capitale sociale CHF 100 000 Scopo: gestione centri fitness Quota di capitale Quota dei diritti di voto

100,00% 100,00%

100,00% 100,00%

Mitico Ticino SA, S. Antonino, capitale sociale CHF 100 000 Scopo: gestione esercizi pubblici Quota di capitale Quota dei diritti di voto

100,00% 100,00%

100,00% 100,00%

78 116 905

69 131 037

26 000 20 000

26 000 20 000

1 040 37 58

1 052 40 85

1 135

1 177

Partecipazioni rilevanti Federazione delle Cooperative Migros, Zurigo, capitale sociale CHF 15 000 000 Scopo: procacciamento di merci e servizi, nonché attività culturali Quota di capitale Quota dei diritti di voto

59 15 078

Debiti finanziari a breve termine conti giubilei del personale verso terzi

8 283 67

8 333 87

Altri debiti a breve termine verso terzi

4 773

5 636

8 155 33 717

8 483 37 676

46 000

46 000

19 783 65 783

18 698 64 698

Onorari pagati all’organo di revisione 22* 22* Onorari di revisione * una parte importante della revisione viene effettuata dalla revisione interna.

Totale capitale di terzi

99 500

102 374

CAPITALE PROPRIO Capitale sociale Riserve legali da utile Riserve libere da utile Riporto dall’esercizio precedente Utile d’esercizio Totale capitale proprio

989 500 55 294 7 209 1 355 65 347

978 500 55 294 5 221 1 988 63 981

Informazioni inerenti le riserve latenti Nell’esercizio in corso sono state sciolte riserve latenti per 17.5 milioni (anno precedente 0).

164 847

166 355

(6)

CAPITALE DI TERZI A LUNGO TERMINE Debiti finanziari a lungo termine verso imprese del gruppo

Totale di bilancio

PricewaterhouseCoopers SA Roberto Caccia Perito revisore Revisore responsabile

Roberto Buonomo Perito revisore

(in 1 000 CHF)

161 12 278

Accantonamenti Totale capitale di terzi a lungo termine

Relazione in base ad altre disposizioni legali Confermiamo di adempiere i requisiti legali relativi all’abilitazione professionale secondo la Legge sui revisori (LSR) e all’indipendenza (art. 906 CO congiuntamente all’art. 728 CO), come pure che non sussiste alcuna fattispecie incom-patibile con la nostra indipendenza. Conformemente all’art. 906 CO, congiuntamente all’art. 728a cpv. 1 cifra 3 CO e allo Standard svizzero di revisione 890, confermiamo l’esistenza di un sistema di controllo interno per l’allestimento del conto annuale, concepito secondo le direttive dell’Amministrazione. Confermiamo inoltre che la proposta d’impiego dell’utile di bilancio è conforme alla legge svizzera e allo statuto e raccomandiamo di approvare il presente conto annuale.

Le partecipazioni indirette sono contenute nel rapporto annuo della Federazione delle cooperative Migros

CAPITALE DI TERZI A BREVE TERMINE Debiti per forniture e prestazioni verso imprese del gruppo verso terzi

Ratei e risconti passivi Totale capitale di terzi a breve termine

Relazione dell’Ufficio di revisione sul conto annuale In qualità di Ufficio di revisione abbiamo svolto la revisione dell’annesso conto annuale della Società Cooperativa Migros Ticino, costituito da bilancio, conto economico, conto dei flussi di tesoreria e allegato, per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019. Responsabilità dell’Amministrazione L’Amministrazione è responsabile dell’allestimento del conto annuale in conformità alle disposizioni legali e allo statuto. Questa responsabilità comprende la concezione, l’implementazione e il mantenimento di un sistema di controllo interno relativamente all’allestimento di un conto annuale che sia esente da anomalie significative imputabili a frodi o errori. L’Amministrazione è inoltre responsabile della scelta e dell’applicazione di appropriate norme contabi-li, nonché dell’esecuzione di stime adeguate. Responsabilità dell’Ufficio di revisione La nostra responsabilità consiste nell’esprimere un giudizio sul conto annuale sulla base della nostra revisione. Abbiamo svolto la nostra revisione conformemente alla legge svizzera e agli Standard svizzeri di revisione. Tali standard richiedono di pianificare e svolgere la revisione in maniera tale da ottenere una ragionevole sicurezza che il conto annuale non contenga anomalie significative. Una revisione comprende lo svolgimento di procedure di revisione volte ad ottenere elementi probativi per i valori e le informazioni contenuti nel conto annuale. La scelta delle procedure di revisione compete al giudizio professionale del revisore, inclusa la valutazione dei rischi che il conto annuale contenga anomalie significative imputabili a frodi o errori. Nella valutazione di questi rischi il revisore tiene conto del sistema di controllo interno, nella misura in cui esso è rilevante per l’allestimento del conto annuale, allo scopo di definire le procedure di revisione appropriate alle circostanze, e non per esprimere un giudizio sull’efficacia del sistema di controllo interno. La revisione comprende inoltre la valutazione dell’adeguatezza delle norme contabili adottate, della plausibilità delle stime contabili effettuate, nonché un apprezzamento della presentazione del conto annuale nel suo complesso. Riteniamo che gli elementi probativi da noi ottenuti costituiscano una base sufficiente e appropriata su cui fondare il nostro giudizio. Giudizio di revisione A nostro giudizio, il conto annuale per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019 è conforme alla legge svizzera e allo statuto.

31.12.2019 31.12.2018

UTILIZZO DELL’UTILE DI BILANCIO

BILANCIO - PASSIVI

31.12.2019 31.12.2018

Prima dell’impiego del risultato

Crediti per forniture e prestazioni verso imprese del gruppo verso terzi

(in 1 000 CHF)

2019

BILANCIO - ATTIVI 2019

(7) Accantonamenti Rendita transitoria AVS Altri accantonamenti a lungo termine

2018

(in 1 000 CHF)

CONTO DEI FLUSSI DI TESORERIA

Eventi straordinari Nel corso dell’esercizio 2019 non si sono verificati eventi straordinari.

CONTO ECONOMICO

RELAZIONE DELL’UFFICIO DI REVISIONE

ANNOTAZIONI

(7)

Altre informazioni Leasing non iscritti a bilancio Impegni per contratti d’affitto superiori ai 12 mesi Scadenza degli impegni finanziari a lungo termine Esigibili da 1 a 5 anni Esigibili fra più di 5 anni Effettivi Collaboratori fissi Apprendisti Collaboratori a tempo parziale con retribuzione oraria Totale posizioni a tempo pieno

Eventi successivi alla data di bilancio Non vi sono stati eventi successivi importanti tra la data di chiusura del bilancio e l’approvazione del conto annuale da parte dell’Amministrazione della Cooperativa Migros Ticino. Il quinto centro Activ Fitness in Ticino è stato aperto a Vezia il 6 settembre 2019. E non sarà l’ultimo.

Non risultano altri fatti che devono essere citati secondo l’art. 959c del Codice delle obbligazioni.

I Nostrani del Ticino sono la riscoperta dei sapori locali e provengono esclusivamente da aziende ticinesi che ne garantiscono la qualità, la freschezza e la genuinità. Oltre 300 tipicità della nostra regione che rappresentano il nostro impegno concreto nel sostenere agricoltori, allevatori e produttori alimentari ticinesi.


COOPERATIVA MIGROS TICINO

2019

(1) Costi del personale Stipendi e salari Oneri sociali Istituti di previdenza professionali Altri costi per il personale (2) Altri costi d’esercizio Altri costi d’esercizio Tasse e tributi (3) Ammortamenti d’esercizio Terreni e immobili Installazioni tecniche e macchinari Altri impianti materiali Investimenti immateriali

2019

(4) Risultato finanziario Ricavi da interessi su capitali Ricavi da partecipazioni Costi per interessi su capitali Altri costi finanziari (5) Mezzi liquidi Mezzi liquidi terzi Mezzi liquidi Banca Migros (6) Ratei e risconti passivi Ricavi Scuola Club Interessi Affitti Altre delimitazioni

Cooperativa Migros Ticino I Via Serrai 1 I Casella postale 468 I CH-6592 S. Antonino I tel. +41 (0)91 850 81 11 I www.migrosticino.ch I info@migrosticino.ch I www.facebook.com/migrosticino

RELAZIONE ANNUALE Andamento generale Il mercato del commercio al dettaglio, a livello nazionale, è stato caratterizzato da stagnazione mentre che nel Cantone Ticino ha registrato una contrazione stimata in circa il -1,1%. In questa situazione di mercato, la Cooperativa, ha realizzato un fatturato di 458,5 milioni di franchi, con una flessione di 11 milioni di franchi pari al -2,4% rispetto all’anno precedente, in parte causata da una diminuzione dei prezzi di vendita. Nonostante il calo di fatturato e grazie al contenimento dei costi di esercizio la redditività della Cooperativa è di poco inferiore a quella del 2018, con valori di EBIT (risultato prima degli interessi e delle imposte) e di risultato aziendale che si sono assestati a 3,1 milioni di franchi e 1,4 milioni di franchi rispetto ai 4,5 e 2,0 milioni di franchi dello scorso anno. Situazione finanziaria Il cash flow generato pari a 14,7 milioni di franchi ha permesso di finanziare integralmente gli investimenti di complessivi 5,0 milioni di franchi effettuati nell’esercizio, inferiori di quasi 2,5 milioni di franchi rispetto all’anno precedente. La somma di bilancio è leggermente diminuita passando da 166,4 a 164,8 milioni di franchi. Grazie al risultato aziendale di 1,4 milioni di franchi la quota di capitale proprio è salita dal 38,5% al 39,6%, superando i 65 milioni di franchi. Stato delle ordinazioni e dei mandati e attività di ricerca e sviluppo Operando nel commercio al dettaglio la Cooperativa non ha né ordinazioni né mandati rilevanti da commentare e non svolge attività di ricerca e sviluppo.

2018

Prospettive Il rallentamento della crescita della popolazione, il continuo aumento delle superfici di vendita presenti sul territorio e lo sviluppo del commercio online, rendono poco favorevoli le prospettive di mercato. A fronte di queste condizioni quadro, nel corso del 2019 la Cooperativa ha attuato alcune misure importanti con l’obiettivo di rafforzare la sua posizione di mercato e la sua redditività già a partire dal 2020.

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

419 572 18 923 4 265 11 522 454 282

430 517 18 765 4 062 12 131 465 475

ATTIVI CIRCOLANTI Mezzi liquidi

Altri ricavi d’esercizio Altri ricavi d’esercizio Totale ricavi netti

4 258 458 540

4 080 469 555

Altri crediti a breve termine verso terzi

Costi d’esercizio Costi delle merci Costi del personale Pigioni Manutenzioni/Riparazioni Energia/Materiali di consumo Pubblicità Spese amministrative Altri costi d’esercizio Ammortamenti d’esercizio Totale costi d’esercizio

-308 101 -85 013 -14 234 -5 240 -8 475 -2 362 -4 591 -15 129 -12 250 -455 395

-317 494 -86 521 -13 880 -5 072 -8 392 -2 597 -4 446 -12 456 -14 152 -465 010

3 145

4 545

-528

-535

Risultato prima delle imposte

2 617

Imposte dirette Utile

(1)

(2) (3)

Risultato prima degli interessi e imposte (EBIT) Risultato finanziario (ricavi + / costi -)

(4)

Utile Ammortamenti e correzione di valori di attivi fissi Variazioni d’accantomanti Cash Flow Variazioni crediti a breve termine Variazione scorte merce Variazioni debiti a breve termine Variazioni ratei e risconti passivi Totale flusso di tesoreria dall’esercizio dell’attività

Valutazione dei rischi La Cooperativa dispone di un processo di gestione dei rischi. Il Comitato di direzione (CD) informa regolarmente il Consiglio di amministrazione (CdA) sulla situazione di rischio dell’impresa. Quest’ultimo assicura che la valutazione dei rischi abbia luogo nei termini opportuni e adeguati. In base a un’analisi sistematica della situazione, CdA e CD hanno identificato i rischi potenziali, valutato le probabilità che si avverino così come le possibili conseguenze finanziarie. Appropriate misure adottate dal CdA permettono di evitare, diminuire o arginare questi rischi. I rischi potenziali che devono essere sopportati dalla Cooperativa vengono costantemente sorvegliati. Durante la verifica annuale della strategia aziendale il CdA considera e valuta adeguatamente i rischi potenziali. Il CdA ha effettuato la valutazione annuale il 3 dicembre 2019.

Ricavi netti Commercio al dettaglio Ristorazione Scuola Club Prestazioni di Servizio Ricavi netti da forniture e prestazioni (senza IVA)

Flusso di tesoreria da attività di investimenti Investimenti Impianti materiali Immateriali Totale flusso di tesoreria di attività di investimenti Flusso di tesoreria da attività finanziarie Variazioni debiti finanziari a breve termine Variazione capitale sociale Totale flusso di tesoreria di attività finanziarie Variazioni mezzi liquidi e attivi quotati in borsa detenuti a corto termine Verifica della variazione del fondo Mezzi liquidi e attivi quotati in borsa detenuti a corto termine al 1.1 Mezzi liquidi e attivi quotati in borsa detenuti a corto termine al 31.12 Variazioni mezzi liquidi e attivi quotati in borsa detenuti a corto termine

Scorte merci Totale attivi circolanti ATTIVI FISSI Investimenti finanziari verso imprese del gruppo Partecipazioni a imprese del gruppo Impianti materiali terreni ed immobili installazioni tecniche e macchinari altri impianti materiali costruzioni in corso

-66 841 -7 384 -8 237 -2 551 -85 013

-68 014 -7 577 -8 282 -2 648 -86 521

-12 801 -2 328 -15 129

-10 167 -2 289 -12 456

-2 158 -6 514 -3 536 -42 -12 250

-2 277 -9 551 -2 297 -27 -14 152

53 23 -324 -280 -528

59 23 -337 -280 -535

6 883 457 7 340

5 875 341 6 216

696 290 – 7 169 8 155

803 289 23 7 368 8 483

2 618 17 165 19 783

2 810 15 888 18 698

(in 1 000 CHF)

(5)

(in 1 000 CHF)

7 340

6 216

21 274 961

16 190 1 162

1 349

1 088

19 404 50 328

19 875 44 531

1 000

1 000

774

774

85 656 24 269 2 763 33

87 791 28 388 3 447 392

4 010

Investimenti immateriali Totale attivi fissi

24 114 519

32 121 824

-1 262

-2 022

Totale di bilancio

164 847

166 355

1 355

1 988

2018

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

1 355 12 250 1 085 14 690 -5 144 471 -3 561 -328 6 128

1 988 14 152 1 220 17 360 -7 655 -799 -2 373 7 6 540

-4 911 -34 -4 945

-7 394 – -7 394

-70 11 -59

-136 -2 -138

1 124

-992

6 216

7 208

7 340

6 216

1 124

-992

2019

Le Gallette di mais con Farina Bóna e la Farina per polenta «Masnada gròssa» sono due dei prodotti dei Nostrani del Ticino introdotti nell’assortimento nel 2019.

2018

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

Riporto dall’esercizio precedente Utile anno corrente Utile disponibile dei soci Dotazione alle riserve libere Riporto all’esercizio nuovo

7 209 1 355 8 564 – 8 564

5 221 1 988 7 209 – 7 209

SPESE DEL PERCENTO CULTURALE Cultura, sociale ed economia Formazione (Scuola Club) Totale 0,5% della cifra d’affari determinante

707 1 486 2 193 2 192

604 1 678 2 282 2 246

31.12.2019 31.12.2018 (in 1 000 CHF)

Prima dell’impiego del risultato

Un’istantanea della partenza della StraLugano, che lo scorso 26 Maggio ha visto la partecipazione di più di 5’000 corridori.

ALLEGATO Informazioni relative ai principi utilizzati per l’allestimento dei conti annuali Questi conti annuali sono stati allestiti conformemente alle prescrizioni della legislazione svizzera, in particolare in base agli articoli del Codice delle obbligazioni relativi alla tenuta della contabilità commerciale e alla presentazione dei conti (art. 957-962). La cooperativa Migros Ticino non allestisce un conto di gruppo in quanto i suoi conti sono inclusi in quelli della Federazione delle cooperative Migros, che pubblica un conto consolidato in base a una norma contabile riconosciuta (Swiss GAAP FER). La presentazione dei conti esige dall’Amministrazione delle stime e delle valutazioni che possono avere un incidenza sul valore degli attivi e dei debiti, come pure degli impegni eventuali alla data del bilancio, ma anche dei ricavi e dei costi del periodo di riferimento. Se del caso, l’Amministrazione decide, a propria discrezione, l’utilizzo dei margini di manovra legali esistenti in materia di valutazione e iscrizione a bilancio. Per il bene dell’azienda e nel rispetto del principio della prudenza, è possibile procedere ad ammortamenti, correzioni di valore, nonché la costituzione di accantonamenti superiori a quanto il contesto economico richieda. Informazioni, strutture dettagliate e commenti riguardanti alcune poste del conto economico e del bilancio. Le informazioni di singole posizioni del conto economico e del bilancio sono contenute nelle «annotazioni». Impegni eventuali: Nell’ambito delle normali attività commerciali, la Cooperativa Migros Ticino è parte in causa di diverse controversie legali. Sebbene l’esisto di queste controversie non possa essere stimato con un grado di certezza assoluto, la Cooperativa Migros Ticino non ritiene che tali controversie possano avere un impatto significativo sulla sua attività commerciale o sulla sua situazione finanziaria. Per i deflussi finanziari previsti sono stati costituiti degli accantonamenti.

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

3,83% 7,21%

3,83% 7,21%

ACTIV FITNESS Ticino SA, S. Antonino, capitale sociale CHF 100 000 Scopo: gestione centri fitness Quota di capitale Quota dei diritti di voto

100,00% 100,00%

100,00% 100,00%

Mitico Ticino SA, S. Antonino, capitale sociale CHF 100 000 Scopo: gestione esercizi pubblici Quota di capitale Quota dei diritti di voto

100,00% 100,00%

100,00% 100,00%

78 116 905

69 131 037

26 000 20 000

26 000 20 000

1 040 37 58

1 052 40 85

1 135

1 177

Partecipazioni rilevanti Federazione delle Cooperative Migros, Zurigo, capitale sociale CHF 15 000 000 Scopo: procacciamento di merci e servizi, nonché attività culturali Quota di capitale Quota dei diritti di voto

59 15 078

Debiti finanziari a breve termine conti giubilei del personale verso terzi

8 283 67

8 333 87

Altri debiti a breve termine verso terzi

4 773

5 636

8 155 33 717

8 483 37 676

46 000

46 000

19 783 65 783

18 698 64 698

Onorari pagati all’organo di revisione 22* 22* Onorari di revisione * una parte importante della revisione viene effettuata dalla revisione interna.

Totale capitale di terzi

99 500

102 374

CAPITALE PROPRIO Capitale sociale Riserve legali da utile Riserve libere da utile Riporto dall’esercizio precedente Utile d’esercizio Totale capitale proprio

989 500 55 294 7 209 1 355 65 347

978 500 55 294 5 221 1 988 63 981

Informazioni inerenti le riserve latenti Nell’esercizio in corso sono state sciolte riserve latenti per 17.5 milioni (anno precedente 0).

164 847

166 355

(6)

CAPITALE DI TERZI A LUNGO TERMINE Debiti finanziari a lungo termine verso imprese del gruppo

Totale di bilancio

PricewaterhouseCoopers SA Roberto Caccia Perito revisore Revisore responsabile

Roberto Buonomo Perito revisore

(in 1 000 CHF)

161 12 278

Accantonamenti Totale capitale di terzi a lungo termine

Relazione in base ad altre disposizioni legali Confermiamo di adempiere i requisiti legali relativi all’abilitazione professionale secondo la Legge sui revisori (LSR) e all’indipendenza (art. 906 CO congiuntamente all’art. 728 CO), come pure che non sussiste alcuna fattispecie incom-patibile con la nostra indipendenza. Conformemente all’art. 906 CO, congiuntamente all’art. 728a cpv. 1 cifra 3 CO e allo Standard svizzero di revisione 890, confermiamo l’esistenza di un sistema di controllo interno per l’allestimento del conto annuale, concepito secondo le direttive dell’Amministrazione. Confermiamo inoltre che la proposta d’impiego dell’utile di bilancio è conforme alla legge svizzera e allo statuto e raccomandiamo di approvare il presente conto annuale.

Le partecipazioni indirette sono contenute nel rapporto annuo della Federazione delle cooperative Migros

CAPITALE DI TERZI A BREVE TERMINE Debiti per forniture e prestazioni verso imprese del gruppo verso terzi

Ratei e risconti passivi Totale capitale di terzi a breve termine

Relazione dell’Ufficio di revisione sul conto annuale In qualità di Ufficio di revisione abbiamo svolto la revisione dell’annesso conto annuale della Società Cooperativa Migros Ticino, costituito da bilancio, conto economico, conto dei flussi di tesoreria e allegato, per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019. Responsabilità dell’Amministrazione L’Amministrazione è responsabile dell’allestimento del conto annuale in conformità alle disposizioni legali e allo statuto. Questa responsabilità comprende la concezione, l’implementazione e il mantenimento di un sistema di controllo interno relativamente all’allestimento di un conto annuale che sia esente da anomalie significative imputabili a frodi o errori. L’Amministrazione è inoltre responsabile della scelta e dell’applicazione di appropriate norme contabi-li, nonché dell’esecuzione di stime adeguate. Responsabilità dell’Ufficio di revisione La nostra responsabilità consiste nell’esprimere un giudizio sul conto annuale sulla base della nostra revisione. Abbiamo svolto la nostra revisione conformemente alla legge svizzera e agli Standard svizzeri di revisione. Tali standard richiedono di pianificare e svolgere la revisione in maniera tale da ottenere una ragionevole sicurezza che il conto annuale non contenga anomalie significative. Una revisione comprende lo svolgimento di procedure di revisione volte ad ottenere elementi probativi per i valori e le informazioni contenuti nel conto annuale. La scelta delle procedure di revisione compete al giudizio professionale del revisore, inclusa la valutazione dei rischi che il conto annuale contenga anomalie significative imputabili a frodi o errori. Nella valutazione di questi rischi il revisore tiene conto del sistema di controllo interno, nella misura in cui esso è rilevante per l’allestimento del conto annuale, allo scopo di definire le procedure di revisione appropriate alle circostanze, e non per esprimere un giudizio sull’efficacia del sistema di controllo interno. La revisione comprende inoltre la valutazione dell’adeguatezza delle norme contabili adottate, della plausibilità delle stime contabili effettuate, nonché un apprezzamento della presentazione del conto annuale nel suo complesso. Riteniamo che gli elementi probativi da noi ottenuti costituiscano una base sufficiente e appropriata su cui fondare il nostro giudizio. Giudizio di revisione A nostro giudizio, il conto annuale per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019 è conforme alla legge svizzera e allo statuto.

31.12.2019 31.12.2018

UTILIZZO DELL’UTILE DI BILANCIO

BILANCIO - PASSIVI

31.12.2019 31.12.2018

Prima dell’impiego del risultato

Crediti per forniture e prestazioni verso imprese del gruppo verso terzi

(in 1 000 CHF)

2019

BILANCIO - ATTIVI 2019

(7) Accantonamenti Rendita transitoria AVS Altri accantonamenti a lungo termine

2018

(in 1 000 CHF)

CONTO DEI FLUSSI DI TESORERIA

Eventi straordinari Nel corso dell’esercizio 2019 non si sono verificati eventi straordinari.

CONTO ECONOMICO

RELAZIONE DELL’UFFICIO DI REVISIONE

ANNOTAZIONI

(7)

Altre informazioni Leasing non iscritti a bilancio Impegni per contratti d’affitto superiori ai 12 mesi Scadenza degli impegni finanziari a lungo termine Esigibili da 1 a 5 anni Esigibili fra più di 5 anni Effettivi Collaboratori fissi Apprendisti Collaboratori a tempo parziale con retribuzione oraria Totale posizioni a tempo pieno

Eventi successivi alla data di bilancio Non vi sono stati eventi successivi importanti tra la data di chiusura del bilancio e l’approvazione del conto annuale da parte dell’Amministrazione della Cooperativa Migros Ticino. Il quinto centro Activ Fitness in Ticino è stato aperto a Vezia il 6 settembre 2019. E non sarà l’ultimo.

Non risultano altri fatti che devono essere citati secondo l’art. 959c del Codice delle obbligazioni.

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Ambiente e Benessere Jeep s’inverdisce Le chiamano 4xe: Renegade e Compass saranno elettrificate

Il bello della Tamerice Un cespuglio primaverile ricco di centinaia di fiorellini piccolissimi in tutte le sfumature del rosa pagina 24

Un perfetto ciclo della vita Le barriere coralline riciclano nutrienti scartati dalle spugne, a garanzia della reciproca sopravvivenza

Zoonosi e virus Come avviene il salto di specie e quali gli «animali serbatoio»?

pagina 25

pagina 22

pagina 31

Prima e dopo il virus Covid-19 Vaccini La situazione attuale legata

al coronavirus chiede riflessioni sull’immunizzazione – 3. parte

Maria Grazia Buletti La situazione attuale legata al Coronavirus e alle sue conseguenze («complicate» per usare un eufemismo, a tratti nefaste per dirla con onestà), ci obbliga a continuare a tenere alta la guardia. I dati osservazionali che si raccolgono sul Covid-19, e i relativi studi che necessitano di verifiche continue per portare a evidenze scientifiche, sono tuttora in corso. Ad oggi, non sappiamo ancora la durata nel tempo dell’eventuale immunizzazione prodotta dagli anticorpi di chi è entrato in contatto con la malattia, nemmeno disponiamo di farmaci specifici per curarci e neppure (per ora) di vaccini per prevenire di ammalarci. Abbiamo però qualche consapevolezza: con questo virus dobbiamo continuare a convivere almeno finché non si scopriranno e non si comprenderà quali saranno i farmaci per la cura più efficace. Naturalmente, finché non si riesce a mettere a punto un vaccino, non potremo procedere con il relativo programma vaccinale. Queste riflessioni ci riportano al delicato e talvolta controverso discorso delle vaccinazioni, sul loro impatto sanitario e sulle persone vaccino-scettiche, chiedendoci come ci si pone ora, nel momento in cui siamo confrontati con un virus così pandemico. A proposito della sensibilità popolare riguardo ai vaccini, ricordiamo l’incontro che lo scorso anno abbiamo avuto con il medico responsabile del centro pediatrico Clinique des Grangettes Hirslanden, il pediatra Alessandro Diana, che si dedica alla comunicazione con i vaccino-esitanti. A dicembre («Azione 50» del 9.12.2019) egli affermava: «Credo siamo giunti al punto che i vaccini siano vittime del proprio successo: è certo che se c’è ancora una generazione che si ricorda delle malattie infettive debellate dalle vaccinazioni e dei loro effetti spesso devastanti, così non è per i nostri figli e i bambini che sono arrivati dopo e non

hanno visto né vissuto la poliomielite, la difterite e il tetano, ad esempio». I dati statistici sul morbillo lo confermano: «Malgrado la disponibilità dei vaccini per proteggersi contro il morbillo, da gennaio 2018 a giugno 2019, l’OMS contava in Europa circa 170mila casi di morbillo e più di 100 decessi ad essi legati, due dei quali in Svizzera». Perciò l’OMS nel 2019 ha dichiarato che la vaccino-esitazione è una delle dieci prime minacce alla salute mondiale. I vaccini sono il pilastro della medicina preventiva: «Ogni anno salvano 2,5 milioni di persone ed evitano tante complicazioni; dopo la potabilizzazione dell’acqua, la vaccinazione è l’intervento di salute pubblica che ha salvato più vite». Senza puntare il dito su nessuno, oggi possiamo dire che le parole pronunciate a dicembre dal dottor Diana furono profetiche quando, riferendosi alla perduta memoria storica, disse: «Dobbiamo comprendere che è molto difficile doversi vaccinare da una malattia della quale non abbiamo visto né percepito la minaccia». Sempre in tema generale di vaccinazioni, anche la pediatra ticinese Patrizia Tessiatore da noi oggi interpellata sostiene l’importanza della corretta informazione che genera una solida base di fiducia reciproca, preludio a scelte vantaggiose per la salute: «Le mie spiegazioni ai genitori si basano su evidenze scientifiche; conta che la scelta vaccinale sia consapevole e condivisa. Quindi, a chi mi chiede cosa penso dei vaccini rispondo semplicemente che io, la mia famiglia e il mio personale siamo vaccinati. Così facendo non ho mai avuto occasione di scontrarmi con genitori vaccino-scettici». Contestualizzando il discorso vaccinale sul Covid-19, risulta palese che la sfida della ricerca sta nel riuscire ad avere a disposizione al più presto un vaccino, e a questo proposito la dottoressa racconta che, in questo momento difficile, le famiglie si dimostrano collaboranti e attente alle nuove norme in studio che permettono la presa a

Il dottor Alessandro Diana, responsabile del centro pediatrico Clinique des Grangettes Hirslanden di Chêne-Bougeries nel canton Ginevra, conversa con una madre e il suo piccolo sul tema dei vaccini. (Jorge Stamatio)

carico dei pazienti: «Al mattino accogliamo i bambini sani ed effettuiamo le vaccinazioni correnti (che non vanno rimandate, nemmeno in corso di epidemia!); il pomeriggio affrontiamo i casi urgenti, evitando così ogni possibile occasione di contagio. Dal nostro studio medico per ora sono scomparsi libri e giochi che tanto piacciono ai bambini, ma si tratta, come sappiamo, di una misura provvisoria: ben presto torneremo a giocare insieme. Inoltre, non mi succede che arrivino pazienti con la richiesta esplicita di “tampone per Coronavirus”: i genitori prendono innanzitutto contatto telefonico con noi, ci raccontano i sintomi del loro bambino e si ragiona insieme passo dopo passo sul da farsi». Non si discute esclusivamente di vaccini perché il Covid-19 genera pure una situazione nuova e particolare:

«Dal momento in cui siamo stati confrontati con la fase “acuta” di diffusione della malattia, e d’ora in avanti, è necessario che di pari passo noi pediatri riflettiamo su come far fronte ai bisogni psicologici emergenti di bambini e famiglie: la malattia, il lutto e l’isolamento sociale protratto faranno purtroppo emergere nuove fragilità. Insomma: “aver cura” e non soltanto “curare”». Certo, anche con lei torniamo sul tema della scoperta di un vaccino che alleggerirebbe tutto quanto. È infine inevitabile chiedere al dottor Alessandro Diana se, alla luce degli eventi legati al Coronavirus, qualcosa è cambiato nei vaccino-esitanti: «Pensavo proprio a uno studio nel quale chiederei ai vaccino-scettici: se un vaccino Covid-19 fosse disponibile a breve (per ottobre) lo accettereste?». Domanda che meriterebbe una

risposta onesta. Qualche reazione ce l’ha potuta già riferire: «Comunque sia, in queste ultime due settimane ho avuto modo di incontrare due mamme vaccino-scettiche: una aveva rifiutato tutti i vaccini per suo figlio di otto anni, l’altra ha rifiutato solo il MOR (morbillo-orecchioni-rosolia). La prima mamma ha risposto di no, che non lo vaccinerebbe perché i bambini non sono a rischio, ma non esclude che lo accetterebbe per se stessa, per suo marito e per la mamma anziana di 82 anni. L’altra mamma ha risposto: “Credo di sì, farei vaccinare mio figlio”». Informazione

La prima parte dell’articolo è uscita su «Azione» no. 18 del 27 aprile 2020, la seconda parte, sul no. 19 del 4 maggio 2020.


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Ambiente e Benessere

Jeep: 100% ibride, 100% quattro per quattro Motori Renegade e Compass sono i due modelli scelti per iniziare il processo di elettrificazione

del marchio americano

Mario Alberto Cucchi L’automobile è per molte famiglie l’acquisto economicamente più rilevante dopo quello della propria casa. Per questa ragione si tratta di una decisione che tende a essere razionale o così almeno dovrebbe. In realtà quando si compra un’auto spesso entra in gioco anche la cosiddetta «pancia», un istinto più primordiale. D’altronde l’immaginazione legata a questo mezzo inizia a prendere forma sin da quando siamo bambini, da quando cioè ci si ritrova a giocare con le automobiline: c’è sempre quella che piace più delle altre. Potremmo dunque concludere che l’acquisto di un veicolo si basi su una scelta razionale ed emozionale assieme. A conferma di ciò, anche il fatto che le quattro ruote si associano spesso ai sogni: libertà, vacanza, piacere. Tra le tante Case automobilistiche, Jeep è una tra quelle che stimola di più gli appassionati sognatori. Questa vera e propria icona americana del fuoristrada, negli ultimi anni, ha strizzato l’occhio al mondo dei Suv senza mai rinnegare le sue origini (e la tipica calandra anteriore con le classiche sette feritoie). Oggi i raduni con centinaia di Jeep – nel recente passato se ne sono visti molti – restano poco più di un sogno nella realtà quotidiana. Ma i sogni sono necessari per avere la possibilità di sorridere al futuro.

Una Renegade abbastanza ecologica e molto tecnologica che procede su una strada sterrata in montagna in modalità esclusivamente elettrica senza emettere nessuna sostanza inquinante è di fatto oggi un sogno realizzabile. Renegade e Compass sono i due modelli scelti per iniziare il processo di elettrificazione del marchio americano. Si chiamano 4xe (ndr: si legge «4 per e») e nascono in Italia nell’avanzato stabilimento FCA di Melfi dove lavorano oltre 7mila persone. Jeep con la spina, ovvero due auto in una. Sotto il cofano si trova il power train ibrido plug-in, in grado di erogare una potenza massima complessiva di 240 cavalli. Il motore turbo a benzina da 1,3 litri, 180 cavalli, agisce sulle ruote anteriori mentre l’unità elettrica da 60 cavalli aziona quelle posteriori. La trazione è quindi integrale. Le prestazioni sono di buon livello: bastano solo sette secondi per scattare da fermi a cento all’ora. La velocità massima è di 200 chilometri orari. Va detto che utilizzando esclusivamente il propulsore elettrico si possono raggiungere i 130 orari. Le modalità di guida disponibili sono tre: ibrido, full electric ed e-save. A queste si aggiungono funzionalità specifiche per la guida elettrificata come lo Sport Mode, l’Eco coaching e lo Smart Charging. La ricarica può essere gestita sia dalla radio Uconnect del veicolo che dal proprio

HD2_ES12012_Migros_Cumulus_Annonce_1_2_pag_IT.pdf

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I due modelli ibridi della Jeep: Renegade (a sinistra) e Compass.

smartphone. E la batteria? Ovviamente agli ioni di litio, con 11 kWh può assicurare un’autonomia in marcia elettrica sino a circa 50 chilometri. Per una ricarica completa del pacco batterie utilizzando una potenza di 7,2 kW ci vuole circa un’ora e mezza. Le Jeep con la spina sono già in concessionaria in versione «first edition» con prezzi che partono da 44’900 franchi per Renegade e da 49’900 franchi per Compass. L’allestimento proposto è partico13/5/20

10:35

larmente ricco: cerchi da 19 pollici, sistema Uconnect NAV da 8,4 pollici con display touch, integrazione smartphone e connettività di bordo avanzata, impianto audio Kenwood con 9 altoparlanti, Blind Spot, telecamera posteriore, Park Assist, sensori di parcheggio, Keyless go con passive entry, specchietti retrovisori elettrici, cavo Mode 3 per la ricarica pubblica e molto altro. Jeep offre cinque anni di garanzia del veicolo e otto anni di garanzia

della batteria sino a 150mila chilometri. Quattro le colorazioni disponibili per la carrozzeria della First Edition: Carbon Black, Alpine White, Granite Crystal, Blue Shade. Una chicca? Per la prima volta Jeep prova a portare il concetto di sostenibilità anche nella costruzione del veicolo. Il 100% del sottoscocca di Renegade sarà costituito da plastica riciclata, mentre il serbatoio sarà composto dal 40% di materiali riciclati. Annuncio pubblicitario


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Ambiente e Benessere

Due mesi di vita per un violino Reportage Un viaggio nella storia di Cremona, città legata indissolubilmente al mondo della musica

e alle botteghe di liuteria Luigi Baldelli, testo e foto Dire Cremona significa rievocare la storia del violino, quella racchiusa nelle sue botteghe di liuteria e nei ricordi dei suoi maestri liutai. Il violino è tradizionalmente nato, infatti, proprio qui a Cremona. Correva il XVI secolo, ed è stato portato al successo da quello che è considerato il maestro di tutti i liutai, Antonio Stradivari. La storia di Cremona non si può dunque separare dal mondo dei liutai. E allora perché non fare una gita fuori porta con uno scopo diverso dallo svago paesaggistico? Perché non andare a vedere come nasce un violino? Chi sono gli abili liutai, che con le loro mani e la loro esperienza costruiscono questo fantastico strumento a corde? Forse lo strumento principe delle orchestre. Uno strumento esportato e apprezzato in tutto il mondo. Una eccellenza italiana, fatta da artigiani che portano avanti una tradizione secolare. Una tradizione che è stata riconosciuta dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità. (Ndr.: una galleria fotografica più ampia si trova sul sito: www.azione.ch) Cremona è una cittadina della Pianura Padana, facilmente raggiungibile in treno dal Ticino. Una volta arrivati nel suo incantevole centro storico, dominato dal Duomo, basta camminare nelle sue vie o vicoli per rendersi conto che il violino (e più in generale la musica) è il protagonista di questa città, tanto da essere messo al centro di vetrine e insegne. Non sorprende dunque che ad esso è stato dedicato un museo. Qui si possono ammirare strumenti storici realizzati da Stradivari e altri grandi liutai, si può conoscere la storia del violino dalle origini ai giorni nostri e ascoltare maestri che suonano. Ma l’esperienza più autentica è quella di vedere dal vivo come si lavora in una bottega a tema. A Cremona ci sono più di 150 liuterie. E non è difficile poterle visitare, basta mettersi in contatto con il Consorzio dei Liutai che organizza visite guidate nelle botteghe dei maestri liutai (www.cremonaviolins.com; 0039.0372.46.35.03). Come varco la soglia di in una di queste, mi accoglie un ambiente magico. L’odore dei legni e delle resine invade l’aria. Le pareti sono ricoperte dagli attrezzi del mestiere: morsetti, pialle, raspe, scalpelli, modelli di casse armoniche. Tavoli con legni e le forme dei violini, i pennelli, trucioli e altri scalpelli. «Ma l’attrezzo più importante sono le mani e l’esperienza» mi dice Stefano Conia, sguardo limpido, ungherese di nascita, liutaio di seconda generazione e da 47 anni qui a Cremona. La sua è una delle botteghe più antiche. Alle spalle del liutaio, all’altro tavolo da lavoro, suo figlio, anche lui si chiama Stefano, e ha scelto di continuare la tradizione professionale del padre, la terza generazione. Stefano junior sta passando le ver-

nici su un violino, ormai quasi giunto alla fine della lavorazione. «Sono vernici naturali, fatte da noi con delle resine. Senti che buon profumo». E continua a far scorrere con delicatezza il pennello sul violino, mentre mi racconta un po’ di lui. «Ho 47 anni. Ero piccolo quando sono entrato per la prima volta qui in bottega con mio padre. Il primo violino l’ho costruito da mio nonno, in Ungheria. Avevo 14 anni. Da allora, dopo la scuola di liuteria qui a Cremona, ho continuato questa nobile arte». La bottega è un’esposizione di violini, alcuni ancora in lavorazione, altri finiti e pronti da spedire. Stefano prende due legni, l’acero per costruire il fondo, le fasce e il manico, mentre l’abete rosso per la cassa armonica. Con le nocche batte sul legno e mi fa sentire il diverso suono che producono. «Un buon legno deve essiccare almeno 15 anni». Un violino è composto da 70 pezzi e servono più di 200 ore di lavoro. Intanto, mentre parliamo, il padre è piegato su un fondo di violino e con maestria e cura usa lo scalpello per preparare il fondo. Il sole entra dalla grande finestra che si affaccia sul cortile e i raggi si riflettono sui violini appesi, inondando la bottega di riflessi rossi. Esco alla luce del sole e decido di visitare un altro giovane liutaio. Mi accoglie Michele Ferrari nella sua bottega, mi vien da dire, minimalista. Poche cose appese alle pareti, due tavoli con

un ordine quasi geometrico. Michele è giovane, ha 35 anni e da sempre «ho avuto la passione per il legno, per l’intaglio e per i violini». Anche lui, come un percorso obbligato, ha fatto la scuola di liuteria di Cremona, per poi andare a lavorare in Spagna da un famoso restauratore. «Sono stato a Madrid sette anni, è stata un’esperienza fondamentale». Poi il ritorno in Italia e l’apertura della bottega. «È stato un sogno che si realizzava. Da piccolo volevo fare questo mestiere e oggi eccomi qui. Lo so, sono giovane, e forse può sembrare un mestiere un po’ strano, ma se cresci a

Cremona, cresci con i violini e la liuteria. È un lavoro che richiede passione, impegno, ma quando finisci un violino è davvero una bella soddisfazione. Quando vedi il cliente che è contento, quando lo senti suonare, è qualcosa di impagabile». Si alterna da un tavolo all’altro, deve finire una verniciatura e dare gli ultimi colpi di pialla al fondo di un violino. E poi orgoglioso mi mostra due pezzi di legno di abete rosso che hanno più di 40 anni: «Ci sono affezionato, me li ha regalati il mio primo maestro di un paese qui vicino Cremona. Ma prima o poi dovrò usarli». Anche

se giovane, Michele ha avuto diverse soddisfazioni di cui una gli illumina ancora gli occhi: «Ero a Madrid, e insieme al maestro, abbiamo restaurato uno Stradivari. Aver riportato “in vita” quel violino è stato fantastico». La tradizione dei maestri liutai è davvero viva e forte a Cremona. Gli strumenti, interamente realizzati a mano, la bravura e professionalità dei maestri liutai, il loro amore per la musica, non ha uguali nel mondo. «Perché ogni violino che realizzo, per me è come un figlio» mi dice Bénédicte Friedman. Sono diversi i liutai stranieri in città: giapponesi, coreani, tedeschi. Lei è francese, arrivata 20 anni or sono dopo un diploma da musicista di violino al conservatorio di Reims e una laurea in musicologia alla Sorbona. Viso gentile incorniciato dai capelli neri. Sul tavolo alcuni fondi di violino: mi spiega come utilizzare lo scalpello per dargli la forma. Muove l’attrezzo delicatamente ma in maniera decisa mentre i trucioli cadono morbidi. Nella stanza accanto un altro violino aspetta di avere le sue mani di vernice. Bénédicte si siede di fronte e lo prende in braccio come fosse un bambino. Le pennellate sembrano carezze. «Per fare un buon violino non ci sono ricette, ma solo esperienza, passione e amore per questo lavoro. Un lavoro dove non finisci mai di imparare, perché ogni violino che costruisci ti insega qualcosa». In questa visita, scopro anche che il violino, per migliorare il suo suono, deve essere suonato: più si suona, meglio è. «Per me, continua Bénédicte nel suo italiano con la «r» da francese, la più grande soddisfazione è quando vedo che i miei violini e il musicista si incontrano, e si sposano alla perfezione. E allora sai che potranno dare il meglio insieme». Si percepisce da tutti i liutai che ho incontrato che ci mettono davvero amore nel loro lavoro. Chiedo anche a lei qual è stata la più grande soddisfazione. «Sono state tante, ma certamente, ancora oggi, quando sento suonare un mio violino, mi emoziono. Perché ci metto più di due mesi della mia vita per fare uno strumento, così, quando chiudo la cassa, lascio dentro un po’ di me».


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Ambiente e Benessere

Una tamerice in giardino Mondoverde Migliaia di fiorellini rosa per rallegrare

una primavera difficile Anita Negretti Non sono mai stata una grande amante delle poesie, specie di quelle da imparare a memoria alle scuole elementari, ma ogni volta che mi capita di vedere una tamerice, non posso non ricordare D’Annunzio con la sua La pioggia nel pineto: «Ascolta. Piove / dalle nuvole sparse. / Piove su le tamerici / salmastre ed arse, / …». Così allo stesso modo, in primavera, da aprile a giugno, quando questo bel cespuglio dà il meglio di sé ricoprendosi di centinaia e centinaia di fiorellini piccolissimi in tutte le sfumature del rosa, ripenso a quanto le piante siano importanti anche per lo spirito e l’anima dell’uomo, grazie ai loro colori e profumi. Soprattutto in un periodo un po’ cupo come quello che stiamo vivendo tutti.

Native delle regioni mediterranee e dell’Asia orientale, le Tamarix comprendono ben 54 specie decidue, che crescono spontanee tra le spiagge e le dune delle zone più a sud, ma che riescono ad adattarsi bene anche al nostro clima. È un alberello infatti molto facile da coltivare: per metterne uno a dimora nel vostro giardino, basterà individuare una zona in pieno sole, con terreno leggero e senza ristagni dove alloggiarla. Con queste condizioni avrete una pianta in grado di fiorire per anni senza alcun aiuto, o al massimo rinforzandola con una concimata primaverile e una autunnale. Resistono fino a –10°C e si possono allevare sia come cespugli, sia come piccoli alberi dalla corteccia grigio cenere molto fessurata e dalla chioma di-

sordinata. I nuovi germogli sono di un color rossastro che, quando si aprono, diventano piccole foglioline squamose verde glauco. La specie più coltivata è probabilmente Tamarix ramosissima, un arbusto ornamentale che può raggiungere altezze sino a sei metri. Produce fiori rosa carico ed è da allevare in giardino come esemplare unico, ad esempio circondata da un tappeto di lavanda «Hidcote» con spighe blu e dal portamento basso e compatto. Oltre alla T. ramosissima, si trovano in vendita anche T. gallica, nota anche come cipressina, scopa marina o tamerice comune; T. parviflora dai fiori rosa antico e T. africana a fiori rosa confetto o bianchi. Lo scorso anno ero quasi tentata di comprarmene una, ma all’ultimo

Un esemplare cespuglioso di Tamarix gallica. (Meneerke bloem)

momento l’esemplare che avevo scelto è stato venduto e mi sono orientata su un altro tipo di arbusto. Ma alla prima occasione, ne sono certa, ne acquisterò una senza esitazione anche perché ho scoperto che in aprile-maggio, le tamerici vengono visitate da decine e decine di api, attirate dal dolce nettare. Non la coltiverò come alberello, ma la terrò ad arbusto basso: scaverò

una buca su di una leggera bruga sassosa in pieno sole, la interrerò tenendola umida per le prime settimane e lascerò che si sviluppi in autonomia. L’inverno successivo invece la taglierò a 40-50 centimetri dal suolo per ottenere un arbusto basso e ricchissimo di fiorellini, visto che una chioma troppo disordinata mal si accompagna con le altre piante del mio giardino. Annuncio pubblicitario

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Ambiente e Benessere

Fonte di vita per le barriere coralline

Mondo sommerso N on tornano utili solo all’uomo, le spugne, ma svolgono un compito importante

per il benessere degli ecosistemi ambientali nei quali vivono Sabrina Belloni Torniamo a parlare di spugne in questo secondo e ultimo servizio che si sofferma sulle loro caratteristiche e sulla loro utilità negli ecosistemi ambientali. Per chi fosse interessato, nell’articolo apparso su «Azione» del 2 marzo scorso ci eravamo invece occupati degli utilizzi, antichi e contemporanei, delle spugne da parte dell’uomo. Le spugne naturali, sia in acqua salata sia in quella dolce, precedono la comparsa dei nostri antenati e sono vissute a stretto contatto con l’uomo sin dagli albori della nostra esistenza sulla terra. Nell’era Precambriana, circa 600 milioni di anni or sono, la vita sulla terraferma non esisteva mentre quella marina era già ben differenziata. C’erano barriere coralline e scogliere, favorite dal clima caldo e dalla diffusa penetrazione della luce solare nella colonna d’acqua, determinata dalla scarsa profondità degli oceani. Negli attuali resti di quelle barriere coralline primigenie sono stati ritrovati fossili di due tipologie di spugne esistite: le specie Demospongiae, caratterizzate da uno scheletro siliceo e spongina (una proteina del collagene), e le Hyalospongiae, con scheletro siliceo e spicole non saldate (le quali possono essere di natura calcarea, cornea o silicea). La lunghissima esistenza delle spugne ha determinato una quantità e varietà inverosimile di specie, poiché hanno saputo adattarsi tempestivamente al mutamento costante degli ecosistemi. Quelle viventi sono circa 8550, tutte classificate nel Phylum (Porifera), e si distinguono per una estrema diversità di colori, forme, dimensioni che possono anche trarre in inganno. Molte persone erroneamente le considerano delle piante, mentre si tratta di animali invertebrati che vivono attaccati a un substrato solido, così come i coralli, dai quali però si differenziano per molti aspetti. I coralli sono organismi complessi, pluricellulari, mentre le spugne sono talmente semplici da non avere tessuto connettivo. I primi sopravvivono esclusivamente in acqua marina; le seconde vivono sia in acqua salata sia in quella dolce. Sicuramente entrambi, spugne e coralli, sono creature determinanti per il benessere dei sistemi corallini, che sono fra i più efficienti ecosistemi al mondo. Le barriere coralline, ambienti immensi, brulicanti di vita, multicolori e multiformi, sono considerate l’ecosistema più produttivo dell’intero pianeta terra. Queste immense colonie di animali fissati al suolo, privi della possi-

Spugna gialla, Aplysina aerophoba, isola di Madeira, Portogallo, Oceano Atlantico. Una galleria fotografica più ampia si trova su www.azione.ch (Franco Banfi)

bilità di spostarsi altrove, come possono esistere e sopravvivere negli oceani tropicali, poveri di sostanze nutritive, che sono l’equivalente sommerso di un deserto? Sembrerebbe un paradosso, invece qui nulla viene sprecato e tutto è riciclato: potremmo considerarle economie circolari perfette. Le barriere coralline sono, infatti, regolate da un efficientissimo utilizzo e riciclo dei nutrienti, tant’è che – nonostante l’immensa produzione di energia per sostenere tutta la barriera – lo scarto è quasi equivalente a zero. I produttori primari (alghe e coralli) rilasciano nell’acqua circa il 50 per cento delle sostanze nutritive che producono, di cui circa l’80 per cento si dissolve immediatamente nel liquido. Le spugne, che sono essenzialmen-

Spugna a botte, Xestospongia testudinaria, Halmahera, Mare delle Molucche, Indonesia, Oceano Pacifico. (Franco Banfi)

te degli animali filtratori, trattengono queste sostanze, le utilizzano per il proprio metabolismo, e le trasformano in elementi come ossigeno, carbonio e azoto. In aree delle barriere coralline dove i nutrienti scarseggiano, le spugne trasformano i carboidrati in sostanze zuccherine, e le rendono disponibili espellendole come escrementi di cui alghe e coralli si cibano. A loro volta questi ultimi producono materiale organico che viene fagocitato dalle spugne prima di entrare nel flusso delle correnti oceaniche ed essere trasportato al largo. In questo modo le barriere coralline sono autosufficienti. Questo nesso causale è stato studiato dal biologo marino Jasper de Goeij e altri, dell’Istituto di Biodiversità e Dinamiche degli Ecosistemi (IBED)

dell’Università di Amsterdam, anche in ambienti difficili come nelle grotte e nei tunnel sommersi, dove scarseggia la luce necessaria alla fotosintesi. In particolare, le specie di spugne che vivono in zone sciafile (ambienti poco illuminati) trattengono dall’acqua una enorme quantità di materiale organico; ne trattengono il 60 per cento e ne rilasciano il 40 per cento. Ciò dovrebbe comportare la duplicazione della loro biomassa ogni due o tre anni, invece queste spugne hanno una crescita molto lenta poiché le caverne sono così densamente colonizzate da non esserci sufficiente spazio per ulteriori espansioni. E quindi? Anziché crescere, le spugne hanno un rinnovamento cellulare molto veloce, soprattutto quello dei tessuti preposti a filtrare l’acqua. Que-

Spugna gialla, Axinella cannabina, Santa Teresa, Sardegna, Italia, Tirreno, Mediterraneo. (Franco Banfi)

sto fenomeno – solo in parte dovuto ad apoptosi (morte cellulare) – è noto negli animali unicellulari, ma è sorprendente per quelli pluricellulari. In particolare, nella spugna Halisarca caerulea le cellule deputate a filtrare l’acqua si dividono ogni 5/6 ore, un fenomeno che rappresenta il più veloce ciclo di replicazione di tutti gli organismi noti. Le cellule sostituite e rilasciate nell’acqua costituiscono cibo per animali che si trovano a un successivo livello nella catena alimentare, come crostacei e policheti, i quali a loro volta alimentano animali più evoluti. Le spugne pertanto costituiscono la base di una catena alimentare che ricicla nutrimenti espulsi dai coralli e dalle alghe, in modo simile al riciclo effettuato dai micro-batteri nelle profondità oceaniche, e a loro volta espellono nutrienti sia per coralli e alghe (sostanzialmente zuccheri) sia per altri animali (crostacei e policheti). Anche dal punto di vista morfologico, le spugne sono animali molto semplici: il loro corpo si è specializzato a pompare e filtrare la maggior quantità d’acqua possibile per trattenere alimenti e nutrirsi, espellere metaboliti tossici e riprodursi. Al loro interno sono presenti cellule flagellate (i coanociti), strutture molto piccole simili a micro-capelli, che creano dei flussi d’acqua per veicolare i vari elementi. Alcuni ricercatori, fra cui Sally P. Leys, professore in Scienze Biologiche dell’Università di Alberta, hanno dimostrato che le spugne, ogni ora, filtrano volumi di acqua molto superiori al volume del proprio corpo. Si ritiene che questa attività sia possibile modificando il gradiente di pressione fra le pareti interne ed esterne dei corpi delle spugne, tuttavia il meccanismo con cui avviene questo fenomeno è ancora sconosciuto. Nonostante la semplicità delle spugne, il loro genoma (l’insieme di tutti i loro geni) è molto complesso e simile a quello degli altri animali, con una caratteristica sorprendente: tutte le loro cellule hanno la capacità di differenziarsi in altra tipologia di cellule in ogni fase della loro vita. I ricercatori che studiano questa differenziazione cellulare sono impegnati nella ricerca di rimedi per combattere le malattie oncologiche e nelle terapie per la rigenerazione dei tessuti. Durante le ricerche è stato dimostrato che alcune spugne (ad esempio Hymeniacidon sinapium), quando subiscono ferite, hanno la capacità di produrre nuovi tessuti a una velocità 2900 volte maggiore del tasso normale di crescita. C’è una grande varietà di organismi simbionti che convivono all’interno e all’esterno delle spugne, da quelli invisibili a occhio nudo sino ai crostacei, ai policheti, agli idrozoi e ai pesci. Diversamente dalle piante, delle quali si stima la longevità contando gli anelli di accrescimento annuali, è difficile stabilire l’età delle spugne. Si stima che alcune specie marine possano vivere oltre duemila anni, ad esempio le grandi spugne barile Xestospongia sp. che vivono nell’Oceano Indiano e Pacifico, mentre le spugne di acqua dolce sono relativamente poco studiate, come la Lubomirskia baicalensis, endemica del Lago Baikal. La più grande spugna sinora nota è stata scoperta nelle profondità abissali al largo delle isole Hawaii: è lunga 3,5 metri, per 2 metri d’altezza e 1,5 di larghezza; quasi come un’auto di media cilindrata!


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PUBBLIREDAZIONALE

LA CURA PER UNA BELLA PELLE

La pelle è il rivestimento protettivo del nostro corpo – un motivo più che sufficiente per prendersene cura. corpo: penetra immediatamente e regala piacevoli sensazioni alla pelle, sia per quanto ne riguarda la vista che il tatto.

La pelle è il nostro organo più esteso: una meraviglia con oltre quattro milioni di recettori, che merita la migliore cura possibile. Trovare il prodotto giusto per le esigenze specifiche della propria pelle, soprattutto se è secca, è spesso una sfida. Vi sveliamo come i prodotti Neutrogena la rendono elastica e cosa altro fare per avere una bella pelle durante l’estate.

La prima cura per il corpo con acido ialuronico

Per avere una pelle morbida e luminosa, Neutrogena Hydro Boost Body Lotion Gel utilizza lo speciale concetto idratante per la cura del viso Hydro Boost, dimostrato scientificamente. La formula rinfrescante e ultraleggera contiene acido ialuronico, che agisce come una spugna ed è in grado di assorbire acqua fino a 1000 volte il proprio peso. La formulazione contribuisce a costituire una riserva di idratazione che rilascia l’umidità ogni qualvolta la pelle ne ha bisogno. Un suggerimento di Neutrogena: per un tocco di freschezza in più basta mettere Hydro Boost Body Lotion in frigorifero a circa 4°C per alcune ore prima dell’uso. La morbida consistenza raffredda e rinfresca piacevolmente la pelle.

Come mantenere sana la pelle

La salute della pelle dipende dall’idratazione, così come da altri fattori, come l’alimentazione. 1. Bere molta acqua, circa un litro e mezzo al giorno. L’acqua promuove la vitalità. Già dopo dieci minuti dall’assunzione di acqua, la pelle risulta maggiormente irrorata di sangue e ossigenata. Ciò stimola il metabolismo. 2. Alimentazione sana: la vitamina A, le vitamine del gruppo B e la biotina hanno un effetto positivo a livello di cute. Pesci grassi quali lo sgombro o il salmone dovrebbero pertanto essere regolarmente consumati, così come frutta, verdura, cereali e noci. 3. Esercizio fisico e relax: lo sport stimola la circolazione sanguigna della pelle e ci fa sudare. Per la pelle il sudore ha un effetto detergente. Stress, stanchezza o un ritmo di vita frenetico possono invece danneggiare la pelle. È quindi importante concedersi dei momenti di relax con una certa frequenza.

Permanimorbide Questo è un periodo in cui le nostre mani necessitano di particolari cure e idratazione. La frequente disinfezione e i ripetuti lavaggi con acqua e sapone ne seccano la pelle. Sono anche esposte al caldo e al freddo. La classica formulazione norvegese di Neutrogena, la crema per le mani ad assorbimento rapido, cura e idrata la pelle. Una consistenza leggera, che viene subito assorbita, senza lasciare tracce di grasso. Fornisce un’intensa idratazione e protegge dalla secchezza. Una crema per le mani ideale per l’uso quotidiano: basta applicarla sulle mani e massaggiare delicatamente. Immediata la sensazione di avere la pelle delle mani di nuovo morbida e liscia.

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In ogni situazione, che sia nella vita privata o durante un colloquio di lavoro, la prima impressione conta. E in ciò la pelle gioca un ruolo importante. È come se fosse un abito che indossiamo ogni giorno. I suoi oltre quattro milioni di recettori agiscono da organo sensoriale e ci fanno percepire il freddo, il caldo, il dolore e le sensazioni piacevoli. Il nostro organo più esteso ci protegge anche dagli influssi esterni e fa in modo che il corpo non perda calore o umidità. Già questo è un motivo più che sufficiente per prendersene cura con prodotti contenenti ingredienti della migliore qualità. Se la pelle diventa secca o tesa, ciò compromette il nostro benessere. Ecco perché è particolarmente importante prestare attenzione e prendersene cura in modo appropriato,

a seconda del tipo di pelle e delle sue esigenze, così da mantenere l’epidermide sana e la barriera protettiva cutanea intatta. Neutrogena rappresenta la cura efficace per una pelle sana e bella. Questa marca è conosciuta soprattutto grazie alla sua decennale esperienza in campo dermatologico. La storia del successo di Neutrogena ha inizio nel 1930 con un sapone. Oggi il marchio è sinonimo di esperienza nella cura della pelle in oltre 40 paesi. I dermatologi consigliano Neutrogena

Nel suo paese di origine, gli Stati Uniti, Neutrogena è il numero 1 nella cura del viso. I prodotti sono così apprezzati dai consumatori grazie in particolare alla

stretta collaborazione con i dermatologi e all’utilizzo di tecnologie innovative e brevettate. Anche i dermatologi ne sono convinti e consigliano la marca. La cura giusta per la pelle secca

Deep Moisture Bodylotion, dalla speciale formula norvegese, è arricchita con glicerina, che triplica il livello di idratazione della pelle (indice di livello di idratazione tre ore dopo l’applicazione) e lascia la pelle intensamente nutrita per 48 ore. Penetra in profondità nella pelle e idrata laddove è più necessario. Protegge nel contempo dagli influssi ambientali che seccano la pelle. Giorno dopo giorno la pelle riceve l’idratazione ottimale, è morbida al tatto e ha un aspetto sano. Un ulteriore vantaggio della lozione per il


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LA CURA PER UNA BELLA PELLE

La pelle è il rivestimento protettivo del nostro corpo – un motivo più che sufficiente per prendersene cura. corpo: penetra immediatamente e regala piacevoli sensazioni alla pelle, sia per quanto ne riguarda la vista che il tatto.

La pelle è il nostro organo più esteso: una meraviglia con oltre quattro milioni di recettori, che merita la migliore cura possibile. Trovare il prodotto giusto per le esigenze specifiche della propria pelle, soprattutto se è secca, è spesso una sfida. Vi sveliamo come i prodotti Neutrogena la rendono elastica e cosa altro fare per avere una bella pelle durante l’estate.

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Corsica, un bicchiere colmo di storia

Scelto per voi

Bacco giramondo A renderla regione viticola tra le più antiche del mondo

vi sono tracce che risalgono a seimila anni or sono Davide Comoli La Corsica è una delle regioni viticole più vecchie del mondo. Di sicuro, su questa isola situata 170 km a sud di Nizza, con una superficie di circa 8569 kmq con una larghezza di 85 km e una lunghezza di 185 km, vigne selvatiche già davano frutti 6mila anni prima della nostra epoca. Ad eccezione di una piccola enclave situata al suo interno (la regione di Ponte-Leccia), i vigneti fanno da cintura all’isola. La maggior produzione di vino si trova tra Bastia e Aléria, ma di sicuro i vini più interessanti con le loro appellations sousrégionales si trovano intorno ad Ajaccio e nella regione di Patrimonio. Furono i Focesi (popolo greco che fondò Marsiglia, all’epoca nota con il nome Massalia) – dopo aver colonizzato Alalia (Aléria), nel 600 a.C. – a insegnare alla popolazione locale la tecnica della vinificazione. Successivamente, a dare un forte impulso alla viticoltura, fu la colonizzazione da parte dei Romani (il cui inizio si situa circa nel 238 a.C., durante le guerre Puniche contro Cartagine). Con la caduta dell’Impero, anche i vigneti Corsi subirono una regressione. Dopo secoli di lotte, nel 1020, la repubblica marinara di Pisa ottenne il predominio dell’isola, dove fondò numerosi monasteri che ridiedero nuova vita ai vigneti

Bardolino Superiore Frescaripa

Vigneto AOC Patrimonio vicino a Saint-Florent. (JPS68)

§ alla conseguente produzione vinicola. Una più recente svolta della poco tranquilla storia della Corsica, la si ebbe alla fine del XIII sec., quando Genova (dopo la vittoria su Pisa alla Meloria), prese il dominio dell’isola, possesso che durò 450 anni. I genovesi, da abili commercianti, si assicurarono il monopolio sulla produzione e il commercio dei vini corsi, che divennero in poco tempo una delle voci più importanti del settore economico dell’isola. I genovesi, oltre a regolamentare il

commercio dei vini, stabilirono pure delle leggi per la sua produzione, questo portò la popolazione corsa a rivoltarsi contro l’occupazione genovese e costrinse Genova nel 1768 a vendere la Corsica alla Francia. Tutto questo non portò cambiamenti negativi al sistema di produzione del vino, al contrario: Napoleone Bonaparte, originario di Ajaccio, garantì ai Corsi la vendita del loro vino senza pagare le pesanti imposte in vigore. Nel 1850 in Corsica c’erano più di

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20’000 ettari vitati e i tre quarti della popolazione viveva di viticoltura, ma solo 50 anni dopo la filossera distrusse completamente il vigneto Corso. La viticoltura inoltre conobbe una nuova recessione dopo la Prima Guerra mondiale, durante la quale persero la vita una grande parte della popolazione maschile e l’esodo delle campagne diede il colpo di grazia alla viticoltura dell’isola. La ripresa della viticoltura isolana ricominciò verso la fine degli anni Sessanta con il rientro di molte famiglie emigrate in Algeria e sotto la spinta di una nuova generazione di viticoltori; oggi assistiamo a un buono sviluppo nella produzione di vini prodotti con vitigni tradizionali. Dal 1978 al 1998 la produzione è stata abbassata dell’80 per cento circa per poter produrre vini di qualità, oggi sono circa duemila gli ettari vitati e la produzione è approssimativamente di 90mila ettolitri. Dal punto di vista geologico la Corsica è un mosaico composto da scisti, gneiss, marne sabbiose, argilla, calcare e granito. Durante il giorno il Mediterraneo accumula il calore del sole e lo restituisce nella notte. Tuttavia, il forte vento di scirocco, che soffia tutto l’anno sulla regione di Patrimonio, stempera il forte caldo estivo. Sull’isola sono coltivati venti vitigni differenti, tra cui: l’Alicante, il Merlot, la Grenache, il Carignan, il Syrah, il Muscat, l’Ugni Blanc, il Cinsault, ma l’interesse dei viticoltori per produrre vini di pregio per una A.O.C. si concentra soprattutto su tre vitigni. Lo Sciaccarello (il nome significa: «che è croccante sotto i denti») è un po’ l’emblema dei vini della Corsica, perché cresce solo sull’isola, dona dei prodotti fini ed eleganti, con note di pepe nero. Vinificato in rosso o in rosato è sovente associato alla Grenache o al Nielluccio. Il Nielluccio, vitigno originario della Toscana (Sangiovese), lo si trova soprattutto nella regione di Patrimonio. Il vino prodotto con il Nielluccio si presta a un discreto invecchiamento (massimo dieci anni). Grazie alla sua struttura, il Nielluccio è spesso vinificato da solo in rosso o in rosé, ma può essere associato al Syrah o alla Grenache. Il Vermentino, chiamato Malvoisie nel sud della Corsica, è anche conosciuto con il nome di Rolle, in Provenza è il principale vitigno a bacca bianca. Vitigno polivalente, infatti, raccolto all’inizio della maturazione dona vini secchi e aromatici molto persistenti. Con la raccolta tardiva, soprattutto nella regione di Cap Corse, insieme alle uve del Muscat lasciate appassire all’aria aperta, si producono superbi vini liquorosi molto concentrati.

La Riviera orientale del lago di Garda – baciata da un clima dolcissimo con le sue colline moreniche ricche di oliveti – è la patria del Bardolino, vino tipicamente locale. Il nome deriva dall’omonima cittadina storica capitale di questa zona. Il Frescaripa, prodotto dalla Masi, un’azienda di successo internazionale, è prodotto con uve Corvina, Rondinella, Molinara e Marzemino, che vengono allevate su classiche colline sopracitate. Nel calice si presenta di un rosso rubino impenetrabile, all’olfatto si percepiscono note di piccoli frutti rossi maturi, note balsamiche di eucalipto e sentori leggeri di cacao e cannella, dati dalla maturazione per diversi mesi in botte, è un vino di buona struttura e piacevolmente lungo, con una buona sapidità e tannini ben levigati, con un finale leggermente mandorlato. Servito piuttosto fresco sui 14°, è da provare con primi piatti come i bigoli al sugo di anatra o con tagliatelle al tartufo nero, impreziosite con poche gocce di olio di oliva del Garda orientale, ma è anche un vino molto versatile che si presta a una notevole gamma d’abbinamenti, dalle minestre alle carni bianche. / DC Trovate questo vino nei negozi Vinarte al prezzo di Fr. 13.50. Nove sono le regioni viticole: la prima a ottenere l’A.O.C. fu Patrimonio nel 1968, piccole cantine producono vini originali, soprattutto rossi con il Nielluccio e bianchi fruttati dal Vermentino. La seconda ad aver ottenuto l’A.O.C. nel 1984 fu la regione di Ajaccio, qui è un po’ il regno dello Sciaccarello e troviamo pure degli ottimi rosati prodotti con un indovinato matrimonio con il Vermentino. Vin de Corse è un A.O.C. che si applica a tutti i vini dell’isola provenienti dalla zona pianeggiante a est. I vin de Corse Calvi, già apprezzati da Seneca (4-65 d.C.), provengono dal nord-ovest dell’isola, chiamata anche la Toscana corsa. Vin du Cap Corse: dei 2500 ettari vitati del XV sec. ne restano solo 30, coltivati essenzialmente a Vermentino. Vin de Corse Figari: situata sulla punta a sud dell’isola, è la più antica zona viticola dell’isola, il suolo granitico dona ai vini rusticità e robustezza. Vin de Corse Porto-Vecchio: fondata nel 383 a.C. (Portus Syracusanus), fornisce rossi d’invecchiamento, bianchi vigorosi e piacevoli rosati. Vin de Corse Sartène: i vigneti sono situati intorno alla principale città del sud, piacevoli soprattutto i vini bianchi fini e aromatici. Muscat du Cap Corse: l’A.O.C. è stata data nel 1993 per vini dolci naturali prodotti con il Muscat à petits grains, ottimi con i dessert tipo torta al limone o agli agrumi.


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Il segreto per un buon gazpacho Gastronomia Tutto sta nel trovare o lasciar maturare i pomodori «giusti», ingrediente base

Si avvicina l’estate, quindi è tempo di gazpacho, col quale ho avuto per lungo tempo un rapporto complesso. Lo incontrai da piccolo all’Isola d’Elba, dove trascorsi le estati delle mie infanzia e giovinezza. Il ricordo è forse un po’ confuso, ma sono certo che il suo sapore non mi piacque molto e so ancora molto bene quale fu la ragione. Era uno solo, il motivo: il pomodoro era troppo acido. Sono ipersensibile all’acidità in genere, a quella del pomodoro, e del limone, anche di più: accetto solo l’aceto, anzi gli aceti, per i quali stravedo, ma non chiedetemi il perché, non saprei proprio che cosa rispondervi. Collocai, quindi, il gazpacho fra i piatti «meno simpatici». Da grandicello: a casa non me lo cucinavo, al ristorante non lo ordinavo. Poi mi si presentò, come capita sempre, la possibilità di rimettermi in discussione. Un’estate andai in vacanza in Spagna. Avevo già 30 anni. Visitai con calma il nord di quel paese. Fu una bellissima vacanza. Una sera cenai a Vigo, in Galizia, in una baia mitica. Il ristorante lo scelsi per caso, perché aveva l’aria borghese, formale e vecchio stile come amo scegliere quando non conosco i ristoranti di dove sono. Purtroppo oggi non mi ricordo più il nome. Ero in compagnia di un’amica, ci sedemmo e venne una chef de rang, ovvero la responsabile degli ordini di un gruppo di tavoli: una signora alta e con lo sguardo duro come è facile trovare nella Spagna del nord. Come entrée ci suggerì il loro gazpacho. Io garbatamente sorrisi e dissi che non lo amavo tanto per via dell’acidità. Lei garbatamente sorrise e mi rispose: «La capisco. Però c’è un modo ottimale per evitare l’acidità: utilizzare pomodori super maturi, qui in Spagna diciamo che devono essere utilizzati un giorno prima di buttarli perché marci, e noi facciamo così». Dopo una dichiarazio-

ne siffatta, non potevo che ordinarlo. Arrivò il piatto e la crema di pomodoro era di una dolcezza e bontà ineguagliabili. Da quel giorno amai il gazpacho… ma solo quello fatto da me, in casa. Nei ristoranti utilizzano, non tutti ma quasi, i classici pomodori acerbi che si trovano nei punti vendita, perché se non sono rossi e sodi i clienti non li comprano, dicono i negozianti. Lettori amici che state leggendo queste pagine, fidatevi e fate così: quando comprate dei pomodori, il meglio che trovate, non mangiateli subito ma teneteli a lungo, anche dieci o più giorni, in un angolo della cucina a maturare. Alla fine, usateli come volete: saranno proprio un altro frutto. La ricetta del gazpacho ha una base di ingredienti che prevede tuttavia la possibilità di intervenire con diverse varianti, anzi, più che diversi, i modi di arricchire questo piatto con altri ingredienti sono pressoché infiniti. Di mio amo l’aggiunta di crostacei o molluschi, appena sbollentati. Vediamo quindi come fare il Gazpacho base (ingredienti per 4 persone). Fate a pezzetti 150 g di ottimo pane e metteteli in una ciotola cosparsi d’olio d’oliva. Sbucciate e schiacciate 4 spicchi d’aglio e uniteli al pane, mescolate bene dopo aver spolverizzato con una presa di cumino in polvere. Sbollentate 800 g di pomodori stramaturi, pelateli e privateli dei semi. Tagliate a dadini metà dei pomodori, il resto mettetelo nel frullatore. Spellate 1 cetriolo, 1 terzo tagliatelo a dadini, il resto nel frullatore. Pulite e private dei semi 1 peperone verde, tagliate a dadini 1 terzo, il resto nel frullatore. Frullate a lungo, unendo anche il pane ammollato, passate al setaccio e diluite con acqua fredda se troppo denso. Amalgamate 2 cucchiai di ottimo aceto e regolate di sale. Tenete il gazpacho in frigorifero per almeno 1 ora. Servitelo accompagnato da 50 g di pane secco tagliato a dadini e dalle verdure tagliate anch’esse a dadini.

CSF (come si fa)

BocaDorada

Allan Bay

Pixnio.com

di questa zuppa fredda spagnola

La daube è un mitico piatto francese a base di manzo: potente, da stomaci robusti. Qualche anno fa vi ho dato la ricetta. Oggi desidero proporvi una (mia) versione a base di vitello adatta all’estate: resta comunque un super piattone unico. Daube agli asparagi (ingredienti per 6 persone). Mondate 2 porri, spezzettateli, fateli stufare in una casseruolina con poco brodo vegetale per 20 minuti poi frullateli. Prendete un mazzo di

asparagi, separate le punte dai gambi, pelate i gambi, spezzettateli e fateli stufare in una casseruolina con poco brodo vegetale per 20 minuti poi frullateli. Fate sobbollire per 5 minuti 1 bottiglia di vino bianco. In una casseruola fate dorare in olio 1,5 kg di muscolo di vitello tagliato a dadi, mescolando. Levate la carne e scolate il grasso. Rimettete la carne nella casseruola, aggiungete 2 cucchiai di farina con lo spargifarina per evitare i grumi, il vino bollente, i porri frullati, i gambi degli asparagi frullati, 1 cucchiaino di concentrato di pomodoro stemperato in poco brodo e un mazzetto guarnito (quello classico è fatto con gambi di prezzemolo, rametti di timo e foglie di alloro, ma si può unire a piacere anche maggiorana ed erba cipollina).

Coprite e cuocete a fuoco dolcissimo per 1 ora e mezza circa (dipende dalla carne, tenete conto che alla fine dovrà essere molto morbida) mescolando di tanto in tanto e unendo poco brodo vegetale bollente se e quando necessario. 30 minuti prima che la carne sia pronta, unite una dozzina di cipolline e 250 g di funghi freschi spezzettati. 10 minuti prima che la carne sia pronta unite le punte degli asparagi divise a metà per il lungo. A cottura, profumate con abbondante prezzemolo tritato, regolate di sale, di pepe, di cannella e di noce moscata e servite, portando a tavola la casseruola di cottura. Guarnite con tagliatelle, ma va bene anche un risotto bianco, riso pilaf o una purea di patate, conditi con un poco del fondo di cottura.

Ballando coi gusti Anche oggi, cottura alla griglia, e più precisamente: sardine e sgombri. Ambedue arricchiti con frutta secca.

Sardine alla frutta secca

Sgombri alla frutta secca

Ingredienti per 4 persone: 1 kg di sardine · frutta secca a piacere · 2 cipollotti ·

Ingredienti per 4 persone: 4 sgombri da 400 g l’uno · frutta secca a piacere · pane secco · 2 spicchi di aglio · rosmarino · il succo di 1 limone · olio di oliva · sale e pepe.

pane secco · 1 spicchio di aglio · prezzemolo · succo di limone · 20 g di burro · olio di oliva · sale e pepe.

Mondate le sardine togliendo le interiora e la lisca. Lavatele e asciugatele. In un mortaio pestate grossolanamente la frutta secca: a briciole non in polvere. Poi pestate il pane, più finemente. Tritate finissimi i cipollotti e l’aglio, gli scalogni e il prezzemolo. Mescolateli con il burro ammorbidito a temperatura ambiente e il pane. Aggiungete uno schizzo di limone e l’olio necessario a ottenere un impasto morbido. A questo punto unite la frutta secca e mescolate. Farcite le sardine con l’impasto e chiudetele con stuzzicadenti. Pennellatele di olio e grigliatele per 5 minuti per parte, preferibilmente con una graticola doppia, a calore elevato. Servitele subito.

Lavate e asciugate gli sgombri. In un mortaio pestate grossolanamente la frutta secca: a briciole non in polvere. Poi pestate il pane, più finemente. Farcite gli sgombri con la frutta secca, l’aglio tagliato a filetti, rosmarino, sale e pepe; ungeteli con un po’ di olio e passateli nel pangrattato. Emulsionate qualche cucchiaio di olio con il succo di limone. Mettete gli sgombri sulla griglia ben calda e cuoceteli da entrambe le parti, pennellandoli ogni tanto con l’emulsione. Servite subito.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Idee e acquisti per la settimana

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tere da un uomo all’altro, allora hanno vinto la lotteria. Ecco la causa alla radice dello spillover e delle zoonosi che diventano pandemie globali». Anche la responsabile per la protezione delle specie del WWF Svizzera Doris Calegari è dello stesso avviso: «A nostre spese stiamo imparando che la nostra esistenza dipende dall’equilibrio della natura, e stiamo scoprendo quali drammatiche conseguenze può generare lo sfruttamento del nostro pianeta». Sulle zoonosi, e il passaggio del virus da animale a uomo, afferma: «Se gli habitat vengono distrutti, le specie che prima vivevano in mondi completamente differenti sono costrette ad avvicinarsi all’uomo». Ecco spiegato l’aumentato rischio di una pandemia globale: «La stretta coesistenza tra l’uomo e gli animali di ogni specie, stressati, sfiniti e talvolta malati, offre le con-

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Cruciverba Per 19 scoprire il vero nome20di Rita Hayworth, rispondi alle definizioni e poi leggi nelle caselle 21 22 23 evidenziate. (Nome: 10, 6, 7) 24

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a desiderare, ma purtroppo la carne di animali 8 selvatici è spesso 4 considerata una vera prelibatezza e venduta a caro prezzo». 3Comprendiamo così la comples7 sità di una simile situazione e la necessità di mettervi ordine, persuasi che la stretta coesistenza tra uomo e animali di ogni specie offra le condizioni ideali 2 e il passaggio per il proliferare del virus di specie a tutto svantaggio della nostra 2 E7non è nemmeno 1una sorpresalute. sa, spiega la nostra interlocutrice: «La 6 4 diffusione di agenti patogeni attraverso il contagio da animale a uomo è un fatto già tristemente 3 noto: 9si pensi alla SARS, una malattia infettiva comparsa per1la prima volta in Cina nel 2002, o alla MERS scoppiata in Medio Oriente nel 2012. Apparentemente a capo della 6 catena di trasmissione di tutte e tre le patologie vi sono 4 7 i pipistrelli». 2 Eliminare i pipistrelli non è però la soluzione, ricorda dal canto suo Quammen: «La 9 5 soluzione è lasciare i pipistrelli in pace, perché i nostri ecosistemi hanno biso3 gno dei pipistrelli». Il WWF, dal canto suo, propone di proteggere la biodiversità ponendo fine alla distruzione degli habitat che: «Costringe animali di specie diverse, che 5 comple2 per natura vivono in mondi tamente differente, ad avvicinarsi, Ciò 9 favorisce pericolosamente le zoonosi. Ad esempio, un effetto diretto del calo 3 della popolazione di caprioli in Svezia è stato l’aumento della zecca, un parassita6che causa 1 l’encefalite 5 (meningite) e colpisce sistematicamente sempre più arvicole (ndr: roditori ospiti1delle8zecche) che sono ben più vicini all’uomo. Va da sé che per l’uomo il rischio 6 di un morso da zecca e di contrarre le malattie che ne conseguono è aumentato».

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dizioni ideali per il proliferare di virus spesso altamente mutabili». 2 Al di là di fantomatiche teorie complottistiche, le informazioni attuali di cui disponiamo dicono 7 che il Coronavirus è stato contratto per la prima volta dall’uomo in un mercato di animali selvatici in Cina. Questi mercati rappresentano un rischio globale per la 4Ca- 9 salute e andrebbero chiusi, spiega legari: «Nei wet market si commercia 5 di mare, frutta, verdura, pesce, frutti carne da allevamento o proveniente da animali selvatici. Vi si trovano anche animali vivi o macellati poco prima che le loro carni siano messe in vendi- 4 ta». Si parla di animali vivi o morti delle specie più disparate come 2 ad esempio maiali, polli, pipistrelli, folidoti (pangolini), zibetti e cani esposti e costretti 1 in spazi angusti. «Tra i banchi le condizioni igieniche lasciano ovviamente

Giochi per “Azione” - Maggio 2020 N. 15 DIFFICILE Stefania Sargentini

(N. 17 - ... Tirare fuori la lingua dalla bocca)

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N. 14 MEDIO

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Lo scrittore e divulgatore scientifico David Quammen lo aveva previsto e descritto otto anni or sono: la futura grande pandemia («The Next Big One») sarebbe stata causata da un virus zoonotico trasmesso da un animale selvatico, verosimilmente un pipistrello, e sarebbe venuto a contatto con l’essere umano in un «wet market» cinese. Più che profezia, fu frutto di 12 anni di accurate ricerche per essere poi certo di spiegare che cosa è lo spillover, un termine che indica quel momento in cui un virus passa dal suo «ospite» non umano (un animale) al primo «ospite» umano: il paziente zero. Nel 2012 egli pubblica il libro Spillover, Adelphi, 2014 (ndr.: anche sul numero 27 del 30 giugno 2015 di «Azione» fu pubblicato un articolo in merito a firma di Lorenzo DeCarli). Potente e sconcertante, narra dell’evoluzione delle pandemie e delle zoonosi, malattie che seguono il processo di spillover, delle quali fanno parte anche AIDS (30 milioni di morti), tubercolosi bovina, febbre del Nilo occidentale, il virus di Marburg, la Rabbia, e altre ancora fra cui una strana afflizione chiamata Encefalite di Nipah che ha ucciso maiali e i loro allevatori in Malesia. Il libro prevede, in modo sconcertante ma scientifico, che si sarebbe verificata una pandemia causata da un virus (oggi abbiamo imparato a chiamarlo Covid-19) capace di evolversi 1 2 rapidamente, 3 e adattarsi che il4 virus5 sarebbe stato trasmesso da un animale (verosimilmente un pipistrello), 7 8 che sarebbe avvenuto in un contesto dove gli esseri umani entrano in stretto 9 contatto con gli animali10 selvatici vivi e

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che sarebbe successo in un luogo della Cina. Per descrivere tutto ciò nel 2012, Quammen intervista virologi, biologi e medici che gli spiegano come avviene il passaggio del virus da animale a uomo. Così, nel libro, narra pure l’orrore provocato dall’inizio di una pandemia e traccia uno scenario oggi tristemente famigliare: a partire dall’evento scatenante, egli parla della ricerca del paziente zero, di come è avvenuto il salto di specie e quali sono gli «animali serbatoio» in cui i virus vivono. Convinto che tutto abbia un’origine, spiega le responsabilità dell’uomo nella distruzione della biodiversità, e la sua interferenza nell’ambiente che favorisce l’insorgere di nuovi virus come il Coronavirus: «Gli ecosistemi contengono molti differenti tipi di specie animali, piante, funghi, batteri e altre forme di diversità biologica, tutte creature cellulari. Un virus non è cellulare, ma è un tratto di materiale genetico all’interno di una capsula proteica e può riprodursi solo entrando all’interno di una creatura cellulare». Molte specie animali sono portatrici di forme di virus uniche, dice: «Ed eccoci qui come potenziale nuovo ospite. Così i virus ci infettano. Così, quando noi umani interferiamo con i diversi ecosistemi, quando abbattiamo gli alberi e deforestiamo, scaviamo pozzi e miniere, catturiamo animali, li uccidiamo o li catturiamo vivi per venderli in un mercato, disturbiamo questi 6 e scateniamo nuovi virus». La sistemi globalizzazione fa il resto: «Siamo 7,7 miliari di esseri umani che volano in aereo in ogni direzione, trasportando cibo e altri materiali, e se questi virus si evolvono in modo da potersi trasmet-

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Mondoanimale Le zoonosi e i loro devastanti effetti sull’uomo tornano sotto la lente

Maria Grazia Buletti

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Ambiente e Benessere

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Da animale a uomo

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S T I R A R E C A F T U O 7 8 4 I R P O O L 3 Vinci 50 franchi con il cruciverba A una Pdelle A 3 carte L T regalo O da SUDOKU PER AZIONE - APRILE 2020 1 7 4 e una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il sudoku L I L L A L I N I N. 13 FACILE Schema Soluzione ORIZZONTALI Sudoku N. 16 GENI G U A I O D A L L A 6 9 2 1 3 4 7 6 8 1. Signora dell’antica Roma 8 6 8 7 9 5 1 2 7. Aspro, acido 55 9 4 8 3 2 6 Uarticolo N T O B5 Soluzione: O i 3 R A2 7 83 C 8. Un Scoprire 9. Sostituisce «il quale» numeri corretti 1 da inserire nelle 4 1 3 2 6 9 4 7 10. R Vanno A in coppia 3 8 7 T M O R A C28 C 9 4 5 7 1 8 3 caselle colorate. 8 3 2 6 11. Prefisso replicativo 12. Interrompe i programmi tv... 8 7 6 15 25 3 9 I R A T A6 5 24 9C I 4 O 13. U Reagisce con la base 7 6 8 1 4 9 5

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3 2 17. Il presentatore Guglielmoni 8 4 3 5 1 2 8 7 4 6 9 18. Poggiano sullo scalmo 19. Fornisce pasti 9 3 7 4 2 9 3 6 5 1 8 7 20. È andato ... fuori uso N. 14 MEDIO 21. Organizzazione mafiosa 23. Un attore di nome Daniele 4 7 8 3 1 9 2 5 6 4 2 25. Introduce un’ipotesi 5 3 6 2 7 4 8 1 9 2 7 1 26. Il secondo uomo 1 2 9 6 8 5 3 7 4 9 6 4 27. Un numero VERTICALI 6 4 1 7 2 3 5 9 8 1 3 9 1. Primo elemento di parole composte 3 5 2 1 9 8 4 6 7 5 1 che significa grande 8 9 7 5 4 6 1 3 2 7 6 2. Indici per strumenti Giochi per “Azione” - Maggio 2020 3. Un numero 9 8 3 4 5 7 6 2 1 9 8 3 4 7 2 Stefania Sargentini 4. Astro... al tramonto 2 6 4 9 3 1 7 8 5 2 9 5 Soluzione della settimana precedente 5. Nome maschile 7 non 1 può… 5 8 Resto 6 2della 9 frase: 4 3 7 CURIOSITÀ SUL COCCODRILLO 3 – Il coccodrillo 6. Un fil di fiato …TIRARE FUORI LA LINGUA DALLA BOCCA. (N. - ... Tirare fuori la lingua dalla N. bocca) 10.17 Una... promessa 15 DIFFICILE 12. Il Panza del Don Chisciotte 1 2 3 4 5 6 13. Se le dà il borioso 6 4 9 7 8 1 3 5 2 S4 T9 I R A R E5 2 7 8 14. Questo a Parigi 5 C A F 5 3 7 2 6 9 4 8 1 T9 U O sede di un famoso 9 15. Città italiana 10 3 8 1 2 5 3 4 7 9 6 I R P O O L autodromo 11 9 8 4 6 1 2 5 3 7 16. Preposizione A 4 P6 A1 L T5 O 13 14 15 16 17.12Con «Buda...» è una capitale europea 2 2 6 3 4 5 7 9 1 8 L I L L A 1 L8 I N I 17 19. Stato contrario alla 18quiete 7 5 1 3 9 8 2 6 4 G U1 A I O D6 A L L A 21. Preposizione 20 19 7 8 4 3 1 7 8 9 4 5 6 2 3 B O R A C U N T O 22. Vezzo settecentesco 21 22 23 24. Due romani 4 9 6 8 2 3 1 7 5 R A T M3 O R A C C 25. Le24iniziali della conduttrice 25 3 2 5 1 7 6 8 4 9 I1 R7 A T A4 9 C I O U Toffanin

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Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch

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16 GENIcorredata da nome, cognoI premi, cinque carte regalo Migros Partecipazione online: inserire la N. luzione, del valore di 50 franchi, saranno sor- (N.soluzione del cruciverba o delCansino) sudoku 8 me, indirizzo, email del partecipan18 - Margherita Carmen 5 teggiati tra i partecipanti che avranno nell’apposito1 formulario pubblicato te deve essere spedita a «Redazione 2 3 4 5 6 2 Azione, Concorsi, 8 T7 6315, fatto pervenire la soluzione corretta sulla pagina del sito. M3 AC.P. R O 6901 N A 7 8 entro il venerdì seguente la pubblica- Partecipazione postale: la lettera o Lugano». 1 5 A G R O I L zione la cartolina postale che riporti la so- Non si intratterrà corrispondenza sui 9 10 6 del gioco. 9 C H E S C I

(N. 19 - Probiviri - Uomini onesti) 1

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concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è8possibile 9 3 un 5 pagamento 7 4 1 in2con6 tanti dei premi. I vincitori saranno 2 5 9 6 Partecipazione 3 8 7 4 avvertiti per 1iscritto. riservata esclusivamente 7 6 4 8 2 1a lettori 5 9 che 3 risiedono in Svizzera. 9 4 2 3 5 8 7 6 1


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Politica e Economia Covid-19 e regioni: 4.parte Come l’Emilia-Romagna ha affrontato l’emergenza virus: con grande efficienza e la scelta del silenzio

Cataclisma politico Il giudice-ministro Moro, lo sceriffo della tangentopoli brasiliana, sferra il suo attacco politico dimettendosi dall’Esecutivo. Sullo sfondo drammatico dell’epidemia da Covid-19 totalmente ignorata

E l’Africa? L’OMS lancia l’allarme: la pandemia si impadronirà del continente

Lauber sotto pressione La commissione giudiziaria delle Camere apre un procedimento che potrebbe sfociare nelle dimissioni del procuratore generale della Confederazione pagina 39

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All’ombra della bandiera cinese Propaganda Pechino sta cercando da mesi

di monetizzare, sia in termini economici che geopolitici e d’immagine, sulla diffusione del virus. Regalato al mondo dal silenzio di Xi

Francesca Marino La chiamano «Health Silk Road», e va di pari passo con la ormai famosa, o per meglio dire famigerata, «New Silk Road» nota anche come Belt and Road Initiative. Segue la stessa rotta geografica e geopolitica e, soprattutto, ha lo stesso obiettivo: connettere e unificare il resto del mondo all’ombra della bandiera cinese. Per riuscirci, la macchina di propaganda di Pechino non dorme mai, anche e soprattutto in tempo di Covid-19. Lo stesso Covid -19, è bene non dimenticarlo, regalato al mondo dal silenzio criminale di Xi Jinping e dei suoi sgherri sull’origine e sulla trasmissione del virus. La Cina difatti sta cercando ormai da mesi di monetizzare, sia in termini economici che geopolitici e d’immagine, sulla diffusione del virus. E, soprattutto, sta cercando di monetizzare in Europa i suoi dividendi: cominciando dall’Italia, che detiene il poco nobile primato di essere stato il primo dei paesi del G7 a firmare, nel marzo 2019, l’adesione alla suddetta Belt and Road Initiative. Così, mentre Pechino cerca di rilanciare la sua immagine e di consolidare il suo cosiddetto «soft power» in tutta Europa, inviando presunti aiuti umanitari che, quando non sono difettosi, hanno sempre un retroterra commerciale, l’Italia è diventata sotto molti aspetti un caso emblematico delle strategie cinesi. È cominciato tutto in marzo, quando il ministro degli Esteri Luigi Di Maio postava entusiastici video su Facebook in lode dei cosiddetti aiuti cinesi. Subito dopo Zhao Liljian, portavoce del Ministero degli esteri di Pechino (uno che si è guadagnato i gradi facendo propaganda per il China Pakistan Economic Corridor a Islamabad), ha lanciato una vergognosa campagna

su Twitter postando falsi video con ashtag #grazieCina, in cui gli italiani urlavano dai balconi, con sottofondo di inno nazionale cinese, per ringraziare i «fratelli» orientali degli aiuti donati. Nota interessante: gli stessi video, con inno nazionale cambiato, sono stati postati sotto il quasi umoristico ashtag #graziePakistan. Secondo una ricerca elaborata da R&D Lab della Alchemy Spa in collaborazione con Deweave, Luiss Data Lab e Catchy, più della metà dei tweet postati tra l’11 e il 22 marzo con i vari ashtag di ringraziamento alla Cina erano generati da bot, account automatici creati a scopo di propaganda per servire da cassa di risonanza. Poi, visto che il tema della gratitudine non funzionava abbastanza il «Global Times», quotidiano notoriamente al servizi del governo cinese, ha cominciato un diverso tipo di aggressione: citando in modo scorretto il nefrologo Giuseppe Remuzzi (che è stato poi costretto a smentire ufficialmente in un’intervista data a «Il Foglio») ha cominciato a ventilare che il virus fosse in realtà nato in Italia e quindi a rovesciare i termini dell’equazione: Italia untore, Cina salvatore. I cosiddetti aiuti cinesi all’Italia sono in realtà in molti casi transazioni commerciali appena mascherate: le donazioni di Huawei, Alibaba, Lenovo e altre aziende cinesi sono anzitutto a sostegno della locale comunità cinese e tutte in qualche modo legate allo sviluppo del 5G e di altri accordi commerciali. In realtà, lo scopo di Pechino è chiaro come il sole: asserire o consolidare il proprio potere in Europa in chiave antiamericana. E l’Italia è un ottimo punto di partenza. In cui la Cina ha operato anche in tandem con un altro giocatore: la Russia, chiamata dal premier Giuseppe Conte in persona

Al leader cinese Xi Jinping molti leader e paesi vorrebbero chiedere i danni di guerra per il suo silenzio sulla pandemia . (AFP)

a fornire aiuti di cui, secondo esperti citati in un articolo del quotidiano «La Stampa», l’Italia non aveva in realtà alcun bisogno. I russi, ashtag #DallaRussiaConAmore, sono arrivati in Italia con un convoglio militare di 122 persone per decontaminare case di riposo e affini: peccato che, secondo gli esperti di cui sopra, l’Italia possieda all’interno della Nato il meglio di quel tipo di tecnologia e che il riferimento a James Bond non fosse casuale. Con gli aiuti sono difatti arrivati anche un certo numero di membri dell’intelligence russa, che si aggiravano a qualche decina di chilometri dalle basi Nato. L’operazione è stata, come da copione, ampiamente pubblicizzata dai media russi e sui social media dalla solita banda di hacker a di bot deputata a orientare la pubblica opinione. «La Stampa» ha avuto anche l’onore di venire minacciata apertamente, in

perfetto stile mafioso, dal portavoce del Ministero della difesa russo. E non una voce si è ufficialmente alzata in sua difesa nel governo italiano. Cina e Russia sembrano una strana coppia, ma stanno attivamente collaborando sulla Health Silk Road, e i risultati si vedono. Il passo successivo è stato cercare di sancire, a mezzo stampa e social, il fallimento dell’Unione Europea come tale e dell’America come leader mondiale, giocando in Italia sui sentimenti anti-europeisti di una parte della politica nazionale. Certamente Europa e Stati Uniti hanno i loro problemi, e Trump ha dimostrato la ormai nota mancanza di visione strategica. Ma quello che sta accadendo è potenzialmente molto pericoloso, molto più di una banale campagna di fake news. Fa parte di una precisa strategia, ed è la stessa strategia alla base della Belt and Road: crea il bisogno, guadagna cer-

cando di soddisfare questo bisogno in modo da rendere dipendenti i paesi in questione, e poi occupa di fatto i paesi in questione sia in senso strategico che commerciale. La strategia, messa in atto in altre zone del mondo, include di routine l’acquisto in blocco di giornalisti, intellettuali, politici, think-tank, troll, diplomatici e accademici pronti a sostenere la bontà e la buona fede di Xi Jinping e dei suoi e a «informare» la pubblica opinione creando consenso attorno alla Cina e alle sue iniziative. Cina a cui dovrebbero essere invece chiesti, secondo un’opinione che si va ormai diffondendo sia tra i leader che tra i cittadini di diversi paesi, i danni di guerra per aver precipitato il mondo, a causa del colpevole silenzio del suo governo sulla diffusione del virus, in una crisi da cui a guadagnare, al momento, è stata ed è soltanto Pechino.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Politica e Economia

Silenzio e orgoglio

Giuseppe Conte, vittima del virus?

Emilia-Romagna – 4. parte La regione italiana ha pagato

con un’emergenza più grande di lui

Governo Il presidente del consiglio alle prese

altissimo il prezzo alla sua vicinanza con i focolai della Lombardia, ma a differenza di altre ha reagito con più efficienza

Alfredo Venturi

Salvare l’Emilia è la missione che si è dato Stefano Bonaccini, il presidente della regione. (AFP)

Alfio Caruso Anche al tempo del Coronavirus è sempre l’Emilia di quand’erano tutti comunisti, persino quelli che comunisti non lo erano e rifiutavano di fare la spesa nei negozi e nei supermercati delle Coop per timore che i loro soldi finissero al Pci e attraverso i suoi canali all’Urss dei miscredenti. Parliamo della regione, in cui gl’italiani scoprirono per la prima volta che un conto fosse l’ideologia e un altro conto – ma proprio diverso, differente – fossero l’efficienza delle strutture pubbliche, la mano libera all’intraprendenza privata. Cioè la faccia pudica del capitalismo costretto alla beneficienza non per salvarsi l’anima, bensì per contribuire alla consistenza del modello emiliano-romagnolo. Capace di fare proseliti, soprattutto nel campo occidentale, con i primi nidi comunali e di quartiere, con le materne, con la capacità di mettere assieme pedagogisti, insegnanti, filosofi per disegnare la scuola dell’accoglienza, del tempo pieno, dell’inclusione, dell’innovazione didattica, che diventava innovazione sociale. Un mondo oggi messo a rischio dalla pandemia e salvarlo è la missione che si è dato Stefano Bonaccini, il presidente della regione: a 52 anni ha sfruttato la campagna elettorale per farsi un fisico da palestrato, adornare il volto scavato di barba da rivoluzionario e occhialoni da centauro. L’Emilia e Romagna ha pagato un iniziale prezzo altissimo alla vicinanza geografica al focolaio lombardo di Codogno. I primi numeri di morti, di contagiati, di ricoverati in terapia intensiva hanno tragicamente gareggiato con quelli della Lombardia. Poi, però, il sistema sanitario, a differenza di quello della Lombardia e del Piemonte, ha risposto in maniera efficiente. Ha soprattutto funzionato la rete protettiva dei medici di base, la qual cosa ha significato un controllo capillare del territorio, la possibilità di gestire il successivo spostamento dei malati più gravi in ospedale, nei reparti della sopravvivenza. Un esempio è stato offerto dall’assessore alla Sanità, Raffaele Donini, tra i primi a essere infettato, curato nella sua abitazione grazie all’ottimo supporto delle strutture mediche. Hanno resistito le case di riposo con tutti i distanziamenti subito predisposti, i tamponi miracolosamente trovati assieme a guanti e mascherine. Sono stati assunti 484 medici, 1291 infermieri, 593 operatori socio sanitari, 161 professionisti di altri

ambiti. I bandi sono stati aperti anche a «medici e infermieri formati all’estero». Uno sforzo considerevole, che ha dato i suoi frutti. Proprio i numeri attuali (oltre 27mila casi di positività, quasi 4mila decessi, più di 16mila guariti e un picco di meno di 7mila contagiati) fanno intuire la drammaticità della situazione a febbraio. Eppure l’Emilia Romagna è stata la più silenziosa tra le regioni italiane. Nessuna protesta, nessuna invettiva, nessuna richiesta d’aiuto: l’orgogliosa scommessa di puntare su quanto costruito in cinquant’anni. A rischiare più di tutti Bonaccini, la cui elezione lo scorso autunno ha rappresentato la prima sconfitta di Salvini e la salvezza del Pd. La regione rossa per eccellenza era parsa sul punto di essere inghiottita dall’onda travolgente della Lega. Invece, una candidata profondamente sbagliata, Lucia Borgonzoni, ignorava persino i confini della regione che voleva governare; un paio di clamorosi svarioni di Salvini hanno prodotto il netto successo di Bonaccini. E da quel giorno per Salvini e la Lega è cominciata un’inarrestabile scivolata verso il basso. Mentre le rovine lasciate dalla Bergonzoni hanno indotto l’opposizione di centrodestra a condividere sostanzialmente le scelte attuali della giunta. Sono stati stanziati 65 milioni di euro per dare un premio di mille euro a testa a medici, infermieri, assistenti socio-sanitari; 260 milioni sono stati destinati alle famiglie; 20 milioni alla nascita dell’hub nazionale terapie intensive; 2 milioni alla disinfestazione degli hotel; 120 milioni al potenziamento delle ferrovie regionali in vista delle norme che regolamenteranno i viaggi in treno con il numero di passeggeri contingentato; oltre 70 milioni di euro alle imprese vitivinicole con l’intento di rinnovare quasi 1700 ettari sui 52mila che compongono il patrimonio viticolo della regione; 50 milioni per il sistema impresa, per la sicurezza nei luoghi di lavoro, per il sostegno dei tirocinanti. Adesso, però, s’inizia la prova più dura. Rimettere in moto la macchina produttiva. Soltanto nel terziario sono stati persi 200 milioni di euro di fatturato; i centri di benessere, compresi quelli sportivi, lamentano una riduzione di quasi 90 milioni; le aziende casearie e vinicole parlano di cifre vicino al miliardo di euro. Con diecimila test al giorno, che diventeranno ventimila a settembre, con i medici di famiglia, che potranno prescrivere i test sierologici, con la burocrazia, che è stata quasi can-

cellata d’autorità riaprono bar, ristoranti, barbieri, parrucchieri, centri estetici, palestre, negozi, rivendite, grande distribuzione. Si può correre all’aperto e in pista, si può giocare a tennis, si può andare in bici, a caccia, praticare la pesca sportiva, il tiro con l’arco e pure l’equitazione. È una gara contro il tempo per salvare la stagione estiva, principale attrattiva del turismo regionale. Si misurano i metri occorrenti a separare le sdraio, i lettini, gli ombrelloni; quali precauzioni prendere per l’accoglienza negli alberghi, nelle pensioni, negli airbnb. In aggiunta a quelli del governo, sono stati promessi ulteriori 500 euro di bonus a quanti verranno. La maggiore preoccupazione riguarda quello che è ritenuto il tesoro più autentico dell’Emilia, il grana padano, il mitico parmigiano difeso con le unghie e con i denti dalle mille imitazioni di «parmesan», che continuano a fiorire sul pianeta. Non a caso il prezioso e venerato formaggio è al centro dell’aneddoto più divertente dell’epopea rossa, di quando «c’era lui», indifferentemente Stalin o Togliatti, benché in realtà non ci fosse alcuno dei due. E dunque la leggenda racconta di una visita dell’austero compagno Molotov, quello del patto con von Ribbentrop e delle bottiglie incendiarie simbolo della resistenza di Stalingrado. A conclusione dell’ennesima cena luculliana, piatto forte lo zampone con lo zabaione, Molotov domandò di poter vedere le armi, che sicuramente i compagni avevano messo da parte per l’immancabile rivoluzione. La richiesta sprofondò nello sbigottimento gli altri commensali, reduci da ripetuti brindisi con bonarda, lambrusco, albana. Finché il presidente regionali Fanti pronunciò un «va bene», che indusse i suoi compagni a considerarlo definitivamente andato nelle braccia di Bacco. Viceversa con la Fiat 1100 di Fanti andarono dal vecchio casaro Jaures Boldrini. Il quale nell’umida notte li condusse di fronte a un grande magazzino. «Sono qui?» chiese Molotov. «660 pezzi oleati e stagionati» rispose a tono Boldrini. «E quest’odore che cos’è?» insistette Molotov. «Il lubrificante» disse Boldrini. Così Molotov s’allontanò soddisfatto dal deposito delle forme di grana: i compagni emiliani erano pronti alla rivoluzione. Bonaccini non è atteso da alcuno sconvolgimento armato, però a lui guardano quanti credono che per risollevare il Pd, a stento sopravvissuto alle rodomontate di Renzi, servano buonsenso e voglia di fare.

Io avrei violato la Costituzione? Ma quando mai. In un’intervista alla «Stampa» Giuseppe Conte si difende dall’accusa che da più parti gli piove addosso, quella di avere gestito la pandemia da Coronavirus con un piglio decisionista che richiama la prassi dispotica dei pieni poteri. In particolare gli si rimprovera di avere limitato la libertà degli italiani, bloccando le loro attività e costringendoli in casa, senza assicurarsi l’appoggio del parlamento. Una deriva autoritaria, questo il pesantissimo addebito. Lui perora la sua causa da avvocato e da giurista, evoca una legge che autorizza il governo a proclamare lo stato d’emergenza, come quello che ha dichiarato il 31 gennaio per la durata di sei mesi, all’interno dei quali si sente libero di procedere come ha fatto fin qui. Naturalmente i dubbi restano, la materia è incandescente, di questo incontrollato esercizio del potere si parlerà a lungo. Potrebbe compromettere, nonostante il favore popolare, le sue ambizioni politiche. L’aspetto singolare della vicenda è che l’uomo accusato di eccesso di potere è stato a lungo dileggiato per inconsistenza politica. Il belga Guy Verhofstadt, autorevole esponente della liberal-democrazia, in pieno parlamento europeo lo apostrofò come «burattino», specificando che il capo del governo italiano era manovrato dai suoi vice, il grillino Luigi Di Maio e il leghista Matteo Salvini. Effettivamente i due comprimari erano piuttosto ingombranti, per lunghi mesi il presidente esercitò un’autorità poco più che protocollare. Ma dopo che Salvini, inebriato dai bagni di folla e dai sondaggi favorevoli, ebbe scatenato la crisi mancando clamorosamente l’obiettivo della presidenza del consiglio, l’avvocato degli italiani, come ama definirsi, gettò alle ortiche la livrea del servitore di due padroni. Nel nuovo governo, non più gialloverde ma giallorosso, svolge a pieno titolo il ruolo di presidente muovendosi disinvolto e assertivo sulla scena italiana e internazionale. Eccolo impegnato in un’ardua mediazione fra le due colonne portanti della nuova maggioranza, il Movimento cinque stelle e il Partito democratico. Cerca di dare un senso a quella spettacolare metamorfosi: il capo di un governo di centrodestra, in imbarazzante continuità, alla guida di un esecutivo di centrosinistra! Deve difendersi dalle bordate di Salvini, che non si rassegna a quella che certo considera la conseguenza più amara del suo spericolato gioco d’azzardo, la trasformazione del

brutto anatroccolo messo lì a fare tappezzeria in un cigno politico a tutti gli effetti, che per di più conquista rapidamente i favori dell’opinione pubblica. Lo investe anche il fuoco amico: eccolo parare i colpi mancini di un Matteo Renzi in crisi di astinenza da Palazzo Chigi, al quale la sbandata di Salvini ha aperto insperati spazi d’azione e dunque si agita e mena fendenti. Conte è tranquillo perché sa che Renzi ha terrore del voto, con quel suo partitino che ha estratto dalla costola del Pd, e dunque non spingerà a fondo l’offensiva. È a questo punto che si abbatte su di lui la tempesta più grave che mai in tempo di pace abbia turbato i sonni a un capo di governo italiano. Il virus aggredisce la penisola con drammatica intensità, il Paese è in affanno, il governo anche, mentre le cifre del contagio peggiorano di giorno in giorno. All’inizio di marzo, quando il morbo dispiega ormai tutta la sua forza, l’emergenza proclamata un mese prima richiederebbe azioni energiche e coordinate. Ma un efficace coordinamento è reso difficile dal contrasto istituzionale fra lo stato e le regioni, alle quali compete la gestione della sanità. Il governo potrebbe investire della questione il parlamento e con il parlamento gestire la crisi. Non lo fa, preferisce ricorrere ai DPCM, decreti del presidente del Consiglio dei ministri, e con questo strumento si blocca il Paese, s’interrompono le attività produttive e commerciali, si rinchiudono in casa i cittadini. In questo modo si assesta all’economia un colpo micidiale, molti dubitano che la dolorosa terapia non avesse alternative, quando finalmente l’ennesimo DPCM socchiude le porte di casa temono che sia ormai troppo tardi, la ripartenza appare irta di ostacoli. Conte si è affidato a un comitato tecnico-scientifico fatto di medici, epidemiologi, virologi, amministratori della sanità e a una pletora di task forces chiamate a occuparsi dei singoli aspetti dell’emergenza. Quando annuncia le misure in televisione si mostra visibilmente compiaciuto, sorvola sulle critiche di chi lo accusa, fra l’altro, di avere mortificato la politica mettendola a rimorchio di una scienza tutt’altro che concorde. La polemica infuria ma il presidente non arretra di un passo. Lo incoraggiano i sondaggi, che ignorando i minacciosi brontolii provenienti dal Paese profondo continuano a collocarlo al primo posto nella graduatoria dei leader più popolari. In effetti un’opinione pubblica impaurita e traumatizzata dalla pandemia continua, nonostante tutto, a dargli fiducia.

Giuseppe Conte mentre annuncia uno dei suoi numerosi decreti. (AFP)


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Politica e Economia

Bolsonaro fa terra bruciata

Brasile Il giudice-ministro Moro, lo sceriffo della tangentopoli brasiliana, sferra il suo attacco politico dimettendosi

dall’Esecutivo. Sullo sfondo drammatico dell’epidemia da Covid-19 totalmente ignorata Angela Nocioni Non è facile fare il Donald Trump senza essere Donald Trump. Da un paio di mesi il presidente brasiliano Jair Bolsonaro tenta di improvvisare un’imitazione politica della spavalderia con cui, agli inizi dell’epidemia del Covid-19, la Casa Bianca ha trattato le notizie sul contagio. Ma non gli sta andando benissimo. «Questa non è una pandemia, ma una nevrosi» ha detto Bolsonaro. «In Italia muoiono in tanti soltanto perché è un Paese di vecchietti. In ogni condominio italiano ci sono tanti vecchi quanti ne vedete nei palazzi di Copacabana, solo per questo laggiù muoiono». E via sparandole grosse. Per alcune settimane gli è andata bene perché il virus è arrivato in ritardo rispetto all’Europa. Poi, però, il contagio ha cominciato ad essere evidente anche se non da tutti gli ospedali brasiliani arrivano report attendibilissimi sulle cause dei decessi avvenuti tra i ricoverati. E non si contano quelli che muoiono senza aver messo piede in ospedale. La giovane età media dei brasiliani aiuta la resistenza generale al deterioramento delle condizioni di salute dei contagiati, ma le notizie sui morti sono difficili da cancellare e, soprattutto, l’effetto mediatico delle foto delle fosse comuni preparate in Amazzonia non è arginabile né con tweet presidenziali né con dirette tv minimizzanti. Il numero ufficiale dei morti finora supera gli 11mila e i contagi almeno 178mila, ma in Brasile il timore che le cifre reali dell’epidemia siano molto più alte è assai diffuso. E l’atteggiamento di Bolsonaro in proposito è sembrato fuori luogo a molti. Nei sondaggi il gradimento dell’ex colonnello neofascista diventato presidente crolla a vista d’occhio. Bolsonaro come reagisce? Tenta di rafforzare la sua base sociale sicura. Fa regali politici e tenta di far arrivare una pioggia di soldi sui gruppi più attivi tra i suoi elettori. Quindi in questi giorni ogni capriccio di capi di chiese evangeliche, ogni pressione di latifondisti, ogni richiesta di deforestatori professionisti e di lobby di produttori di armi sta trovando tappeti rossi al Planalto. La deforestazione amazzonica prosegue a ritmi inediti (e non è che durante i governi precedenti andasse a rilento: ora si sta estendendo a velocità inaudita, addirittura del 64% solo nel mese di aprile secondo i dati dell’I-

Per Bolsonaro l’attuale è il momento più nero della sua presidenza. (AFP)

stituto nazionale di ricerche spaziali). L’invio dell’esercito sul posto, con l’obiettivo formale di controllare gli incendi, è denunciato dai professionisti dell’Ibama, l’Istituto brasiliano per la difesa dell’ambiente, come un pericolosissimo mezzo per annientare la loro azione poiché sotto l’autorità dell’esercito (e quindi di Bolsonaro) dovranno stare tutti, compresi gli ambientalisti. Che ne saranno, dicono, annientati. Nel frattempo il presidente appoggia un progetto di legge, presentato a febbraio, che autorizza l’estrazione d’oro nelle terre indigene, attività praticata in condizioni mostruose e senza alcun controllo, con ricadute devastanti sull’ambiente circostante e su chi lì vive. Anche per la lobby dei produttori di armi arriva solo musica dal Planalto. Ad aprile è stata revocata l’ordinanza per rafforzare il rastrellamento di armi e munizioni. Un decreto presidenziale del mese scorso moltiplica per 12 il numero massimo di munizioni che si possono acquistare legalmente. Per alcune armi il limite massimo è di 6000 all’anno. Ma il regalo più sostanzioso è per la lobby evangelica, trasversale e po-

tentissima in Brasile. Alle autorità fiscali sarebbe già arrivata, secondo un’inchiesta del giornale di San Paolo «Estadão», la richiesta presidenziale di cancellare con un tratto di penna i debiti delle comunità evangeliche con il fisco. Almeno 160 milioni di euro. Bolsonaro è in difficoltà politica crescente. Il Tribunale supremo sta investigando sull’ingerenza che, secondo l’ormai ex ministro di giustizia Sergio Moro, avrebbe avuto la Polizia federale per ordine presidenziale nel tentativo di sotterrare indagine a carico di Bolsonaro e dei suoi potentissimi figli. I giudici del Supremo stanno interrogando vari ministri. Moro, prima di dimettersi, ha accusato il presidente di voler controllare la Polizia federale per bloccare indagini e per ottenere dossier riservati. Lo ha accusato anche di aver falsificato atti pubblici. Una mitragliata arrivata non dall’opposizione, ma da quello che fu il suo più prezioso alleato, il giudice sceriffo che, decapitando l’intero sistema politico economico pre Bolsonaro con una serie di inchieste ad altissimo impatto mediatico, ha spalancato le porte della presidenza della repubblica all’ex capitano.

La Polizia federale indaga da tempo su un reato commesso da Flavio Bolsonaro quando era deputato: assumeva nel suo gabinetto persone mai presentatesi, le quali, secondo le accuse, gli avrebbero restituito una quota dello stipendio. La seconda indagine riguarda i rapporti tra la famiglia Bolsonaro e le squadre paramilitari che tengono sotto torchio una parte della periferia di Rio de Janeiro. Il pezzo forte su cui conta Moro è l’inchiesta sul secondogenito Carlos, il capo supremo della fabbrica del consenso via social al governo attuale. Moro di fronte ai giornalisti, il giorno delle dimissioni, è stato contundente. È da molto tempo che Bolsonaro mi chiede di cambiare il numero uno della Polizia federale, ha detto. La rivelazione, se provata, potrebbe autorizzare l’avvio della procedura di impeachment. Dopo un lungo tira e molla con Moro sulla questione, con il ministro che rifiutava il licenziamento del direttore generale della Polizia federale Mauricio Valeixo, Bolsonaro si è mosso con una decisione clamorosa: l’ha rimosso lui dall’incarico e nell’atto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ha fatto appor-

re anche la firma elettronica del ministro Moro. Che ha negato di aver mai approvato il licenziamento. Dopo aver prima preparato la strada all’elezione di Bolsonaro con l’arresto dell’ex presidente Lula in piena campagna elettorale, favorito al primo turno delle presidenziali del 2018 secondo tutti i sondaggi, dopo aver giurato che mai sarebbe entrato in politica e poi facendosi da Bolsonaro (che mai sarebbe diventato presidente senza le spettacolari azioni giudiziarie di Moro) nominare superministro della giustizia, il giudice-ministro s’è dimesso. Anche se lo scontro è formalmente sulla volontà di Bolsonaro di rendere impunibili i suoi figli e se stesso, non è improbabile si tratti della mossa di Moro per preparare la sua personale candidatura prima al posto ambitissimo di giudice del Tribunale supremo e poi alla presidenza della Repubblica. Tutto ciò, un cataclisma politico dietro l’altro, accade mentre resta grave e in parte misterioso l’effetto reale dell’epidemia del Coronavirus ignorato. Moro ha abilmente scelto il momento più nero della presidenza Bolsonaro per sferrare il suo attacco. Annuncio pubblicitario

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Politica e Economia

L’incognita africana Covid-19 L’OMS continua a lanciare l’allarme: in assenza di provvedimenti rigorosi e prolungati la pandemia

Pietro Veronese Ultimo è arrivato il Lesotho. Mercoledì 13 maggio il Ministero della sanità del piccolo regno montano dell’Africa australe ha annunciato che di 81 campioni mandati ad analizzare in Sud Africa, uno si era rivelato positivo. E si temeva che altri sarebbero seguiti. Fino a quel giorno, il Lesotho restava l’unico Paese africano libero da Coronavirus. La storia era cominciata in sordina rispetto agli altri continenti. Il primo caso era stato segnalato in Egitto solo verso la metà di febbraio; poi uno in Algeria, poi il 28 del mese un terzo a Lagos, metropoli nigeriana di venti milioni di abitanti: il virus aveva varcato il Sahara. Portato, a quanto pare, da un italiano arrivato da Milano via Istanbul. Oggi questa è storia antica. Lento, ma inesorabile, il virus si è diffuso ovunque. Il numero di casi registrati ufficialmente si aggira ormai sui 70.000, i decessi hanno superato i 2.000. Il Paese con il maggior numero di persone colpite appare il Sud Africa, di morti l’Egitto. Quale più, quale meno, tutti i governi africani hanno varato politiche di lockdown. Quella del Kenya, ad esempio, assomiglia di più a un coprifuoco: tutti a casa dalle 19 alle 5 del mattino; di giorno si può uscire. Il Sud Africa è stato molto più rigido – troppo, hanno ritenuto in molti: ma la curva epidemica ha cominciato a flettere. L’Organizzazione mondiale della sanità continua a lanciare l’allarme: in assenza di provvedimenti rigorosi e prolungati, ammoniscono i suoi esperti, la pandemia si impadronirà del continente, si installerà nelle città e nei villaggi e diventerà molto difficile farla arretrare. Se le misure di contenimento dovessero fallire, in un anno il bilancio dei morti dell’intero continente potrebbe raggiungere quota 190.000. La messa in guardia di metà maggio non è stata casuale: in queste settimane Nigeria, Sud Africa, Costa d’Avorio hanno cominciato ad allentare i loro lockdown. Per molti aspetti, l’Africa è la grande incognita della pandemia globale di Covid-19. Il dubbio che

attanaglia epidemiologi e studiosi è l’attendibilità dei dati. Non perché molti Paesi non abbiano governi responsabili, laboratori efficienti e sanità pubbliche ben organizzate, spesso supervisionate dall’OMS. Tuttavia la scarsità di mezzi è generale: i tagli alla sanità che tanti problemi hanno creato in Europa hanno colpito anche lì, infierendo però su strutture già molto fragili. Il primato statistico sudafricano, per esempio, è probabilmente solo frutto di una centralizzazione dei dati più efficiente: che cosa sappiamo della Repubblica democratica del Congo, o della stessa Nigeria, con i suoi quasi 200 milioni di abitanti? In quanti, da un capo all’altro del continente, sono morti senza nemmeno la possibilità di essere accolti in un ospedale, di avere accesso a un tampone e a una diagnosi – non parliamo di un reparto di terapia intensiva –, dunque inesistenti ai fini della contabilità dell’epidemia? Quando parliamo del Coronavirus in Africa siamo troppo spesso costretti alle generalità. A cominciare dal fatto che questo è l’unico continente dove i dati epidemiologici vengono diffusi dai media su scala, appunto, continentale. Ben pochi, al di fuori dagli addetti ai lavori, si soffermano a snocciolarli Paese per Paese. L’Africa, si dice, è avvezza ad affrontare le epidemie: che sia stato l’Aids o in anni più recenti Ebola, gli organismi preposti al contenimento e alla rilevazione sono ormai all’erta e non si sono fatti cogliere impreparati dal Coronavirus, a differenza di quanto è accaduto da noi. E poi la sua popolazione è giovane, molto giovane, l’età media del miliardo e 200 milioni di abitanti si aggira sui vent’anni: individui pieni di vita, sani, robusti, molto più capaci di resistere alla malattia degli anziani over 70 d’Europa. Questo basterebbe a spiegare la lentezza – e il ritardo rispetto al resto del mondo – con cui il Covid-19 si è diffuso laggiù. A meno che non sia stato perché l’Africa è più isolata in paragone agli altri continenti, meta di meno traffici, meno affari, meno turismo e malgrado i suoi fitti legami con

Barcroft Media/Barcroft Media via Getty Images

si impadronirà del continente e diventerà molto difficile farla arretrare

la Cina resta tuttora al margine dello sviluppo mondiale – dunque anche dei pericoli di contagio. O ancora, più semplicemente, perché il rilevamento dei casi e la raccolta dati sono molto più inefficienti. Altri esperti fanno considerazioni opposte. Gli uffici epidemiologici saranno pure allertati, argomentano, ma non hanno mezzi né poteri: se il virus continua a diffondersi, saranno presto travolti. Lo stesso vale per gli ospedali, spesso fatiscenti e sprovvisti di mezzi di base, specie quelli che presidiano le zone periferiche. Quanto ai letti in terapia intensiva, il dato globale è disarmante: ce ne sono nove per ogni milione di persone. E sarà pur vero che la popolazione ha un’età media bassa; ma sovente è sottoalimentata, per non dire denutrita, e con le difese immunitarie perennemente prese d’assalto da una ridda di malattie gravi che non ha eguali nel resto del pianeta. Giovani, sì, ma non così in buona salute. Infine, troppo spesso i governi non sono in grado di mettere in opera le politiche di prevenzione e di contenimento che proclamano a gran voce.

Che senso ha istruire la popolazione a lavarsi le mani se l’acqua corrente è un privilegio per pochi? Come si può chiedere di restare in casa a famiglie che hanno la dispensa vuota e sono costrette a uscire per strada ogni alba per procacciarsi il cibo quotidiano? Per imporre il «distanziamento sociale» o la chiusura dei locali, in Uganda la polizia ha persino sparato raffiche d’avvertimento, in Kenya e Sud Africa ha fatto eccessivo ricorso al manganello. Per questo l’OMS continua a scuotere la testa. Sì, l’epidemia sembra diffondersi piano sulla sponda meridionale del Mediterraneo e poi a sud del Sahara, osservano i suoi esperti; ma sta continuando a farlo, e nessuno sembra in grado di arrestarla davvero. Gli infetti diventeranno milioni; e il Coronavirus sarà una presenza fissa, una minaccia costante alla salute pubblica continentale. Ancor più grave dell’allarme sanitario è quello economico. Quelle che nei nostri Paesi ricchi sono previsioni fosche, in Africa sono un baratro che si spalanca davanti a intere società. A differenza dell’Europa,

mancano quasi ovunque gli ammortizzatori sociali e le illuminate (e costose) politiche di welfare. L’alternativa al lavoro è semplicemente la fame. La prospettiva, avverte senza mezzi termini l’agenzia ONU per lo sviluppo, lo UNDP, è «il completo collasso». Con l’arresto del trasporto aereo, dell’attività mineraria, dei servizi all’industria e all’agricoltura, delle esportazioni, «i mezzi di sussistenza verranno spazzati via in una misura mai vista prima d’ora». L’alternativa tra il Coronavirus e la fame, che si presenta anche in società immensamente più ricche di quelle africane – come ad esempio gli Stati Uniti, dove le liste dei disoccupati si allungano di qualche milione di unità ogni settimana e il presidente Trump freme per riaprire le fabbriche, contro il parere dei sanitari – è un dilemma immediato. La pandemia impone risposte globali, ma c’è chi sta peggio degli altri. Come ha scritto sul suo seguitissimo blog da Nairobi il missionario comboniano padre Kizito Sesana, «siamo tutti sulla stessa barca, ma qualcuno non ha nemmeno i remi».

Il lusso al tempo del Corona

Consumi Secondo gli analisti potrebbe essere la fine di molti marchi e del modello di lusso come lo intendiamo oggi Giulia Pompili Quando a metà aprile la casa di moda Hermès ha riaperto il suo negozio a Guangzhou, in Cina, l’incasso del primo giorno di apertura ha raggiunto la cifra record di 2.7 milioni di dollari. Lo chiamano revenge spending, una reazione psicologica che porta il consumatore ad acquisti con scontrini molto alti dopo un periodo di negazione. Le prime aperture di grandi centri commerciali in alcune aree cinesi hanno rimesso in moto il mercato fisico, con mascherine, disinfettante e ingressi contingentati, ma ci muoviamo ancora in un territorio inesplorato, le spese pazze post-lockdown non sono un trend a cui affidarsi, mentre anche il mercato del lusso si sta spostando sempre di più sull’online. Del resto, la pandemia da nuovo Coronavirus è una rivoluzione per i consumatori. L’impatto psicologico del lockdown, le misure di distanziamento sociale, la necessità di evitare i pagamenti con contanti, secondo molti analisti, cambieranno in generale il nostro modo di fare acquisti. Ma soprat-

Lo store di Chanel a Pechino. (AFP)

tutto sono già cambiate le priorità dei consumatori, che hanno meno voglia di apparire e sono meno propensi agli acquisti futili, ed è probabile che sarà il mercato del lusso il primo a risentirne. Il luogo in cui l’epidemia è iniziata, la Cina, rappresenta anche il 60 per cento della domanda globale degli oggetti

di alta gamma. Per questo, negli ultimi dieci anni, le grandi firme internazionali hanno reindirizzato la loro offerta proprio a oriente. Con l’arricchimento della classe media cinese, il desiderio di lusso è cresciuto esponenzialmente in Cina, specialmente nel settore della moda. I marchi europei erano tra i favo-

riti. Secondo gli ultimi dati della società di consulenza Bain & Company, però, i ricavi per questo settore vedranno un crollo del 35 per cento a livello internazionale. La Kering, che possiede marchi come Gucci, Yves Saint Laurent e Balenciaga, ha fatto sapere che nei primi quattro mesi del 2020 le vendite sono calate del 16 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; Lvmg, che ha Louis Vuitton e Dior, parla di 15 per cento in meno. Per quanto riguarda gli acquisti fisici, il 75 per cento dei consumatori cinesi va all’estero a fare shopping, e con la chiusura delle frontiere gli effetti sono catastrofici. Allo stesso tempo, però, alcuni negozi di lusso online, in Cina, hanno registrato un incremento di acquisti del 250 per cento. La distribuzione virtuale però è complicata, costosa, e non tutte le aziende possono permettersela. Secondo gli analisti, potrebbe essere la fine di molti marchi, e del modello di lusso per come lo intendiamo oggi. Per qualcuno però la crisi potrebbe essere un’opportunità: Daniel Langer, docente di Luxury Strategy, ha scritto sul «Jing Daily» che le stime sul mercato del lusso sono

incredibilmente pessimiste, e che non prendono in considerazione il peculiare mercato cinese, che potrebbe accelerare una trasformazione del mercato internazionale. Nove consumatori cinesi su dieci giù acquistano tramite internet, anche gli oggetti più costosi. «Nessuno conosce la vera natura di questa crisi, la peggiore di tutte le crisi che abbiamo attraversato: non sappiamo quanto durerà e quanto profondamente influenzerà i consumatori. È vero, le persone spendono meno per motivi economici», spiega Langer, ma anche perché hanno paura di contagiarsi: non passeggiano più dentro ai centri commerciali, cioè facendo shopping come lo abbiamo sempre immaginato, ma vanno direttamente «in missione» nel negozio a cui sono interessati. «I motivi per cui la gente acquista abiti di lusso non è mai cambiato, nonostante crisi, guerre, cambiamenti. Ma cambiano i desideri, e quindi anche quello che ci aspettiamo dal lusso». Il Coronavirus probabilmente accelererà il passaggio al digitale dell’abbigliamento, e cambierà la pubblicità, sempre più dipendente dai social network e dall’esperienza offerta.


Prezzi imbattibili

In collaborazione con un istituto di ricerche di mercato indipendente, dal 9 al 16 marzo 2020 abbiamo confrontato i prezzi M-Budget con prodotti analoghi di Coop, Aldi, Lidl e Denner. Risultato: i prezzi dei 500 prodotti M-Budget sono imbattibili. Trovi ulteriori informazioni sul confronto dei prezzi e tanto altro su m-budget.ch. Prodotti compresi nell’importo indicato: spaghetti 1 kg fr. 0.90, sugo al pomodoro 500 ml fr. 1.15, formaggio grattugiato 250 g fr. 3.–, insalata mista 500 g fr. 3.55, acqua minerale frizzante 1,5 l fr. 0.25.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Politica e Economia

Crepuscolo di un magistrato Ministero pubblico Rieletto per un terzo mandato nel settembre scorso, il procuratore generale

della Confederazione Michael Lauber rischia la destituzione, dopo le nuove rivelazioni di questi mesi Marzio Rigonalli Il procuratore generale della Confederazione è di nuovo al centro dell’attenzione dei media e del mondo politico. Riunita a Berna, la commissione giudiziaria del parlamento, una commissione composta di diciassette membri delle due Camere, ha deciso di convocare Michael Lauber il 20 maggio per dargli la possibilità di esprimersi sulle critiche e sui rimproveri che gli vengono mossi. È il primo atto di una procedura che potrebbe venir interrotta, per esempio già dopo la presa di posizione del procuratore generale, ma che più probabilmente proseguirà e che rischia di essere lunga ed accompagnata da nuovi colpi di scena, nonché di sfociare nel suo atto finale, ossia nella revoca di Lauber. Una revoca che deve essere sigillata da un voto dell’Assemblea federale. L’applicazione di una simile procedura, con la revoca di un mandato così importante come quello che vien affidato al procuratore generale della Confederazione, costituirebbe una prima nella storia delle nostre istituzioni democratiche. È ovvio che la procedura s’interromperebbe subito se, date le condizioni, Michael Lauber decidesse di dimettersi.

La commissione giudiziaria del Parlamento ha avviato una procedura che probabilmente porterà alle dimissioni di Lauber Quali sono le critiche che vengono mosse al procuratore generale della Confederazione? Occorre distinguere le critiche formulate già da tempo, da quelle più recenti. Le prime si concentrano sui tre famosi incontri che Lauber ebbe con il presidente della FIFA, Gianni Infantino. I primi due incontri ebbero luogo a Berna ed a Zurigo nel 2016. Non vennero verbalizzati e non figurano nella documentazione dell’inchiesta sulla FIFA. Il terzo incontro si svolse a Berna nel 2017 ed oltre a Lauber ed a Infantino vi parteciparono anche Rinaldo Arnold, procuratore generale del Vallese ed amico d’infanzia d’Infantino, nonché André Marty, responsabile dell’informazione del Ministero pubblico della Confederazione. Anche questo terzo incontro non venne messo a verbale. Per di più, a causa di un’amnesia collettiva folgorante, nessuno dei partecipanti si ricorda di questo incontro.

Le critiche più recenti a Michael Lauber provengono da tre fonti. La prima, la più importante, è il procedimento disciplinare condotto dall’Autorità di vigilanza del Ministero pubblico della Confederazione (AV-MPC) nei confronti del Procuratore generale. L’AV-MPC è un’autorità collegiale indipendente, composta di sette membri eletti dall’Assemblea federale per un mandato di quattro anni. Il presidente dell’AV-MPC è l’ex consigliere di Stato zughese Hanspeter Uster. Pubblicati all’inizio di marzo, i risultati dell’inchiesta hanno evidenziato numerose violazioni di diversi doveri d’ufficio, commesse da Lauber. In particolare, gli è stato rimproverato di aver detto più volte il falso, di aver agito in modo sleale, di aver violato il codice di condotta del Ministero pubblico federale e di aver ostacolato l’inchiesta dell’AVMPC. Inoltre, gli è stato anche rimproverato di non essersi reso conto della scorrettezza del suo operato e di denotare una concezione fondamentalmente erronea della propria professione. Tutte le violazioni invocate sono state documentate ed hanno indotto l’AV-MPC a sanzionare disciplinarmente Michael Lauber, con una riduzione salariale dell’8% per la durata di un anno, pari a circa 24’000.– franchi. Lauber non ha accettato la decisione dell’AV-MPC e ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo federale. Il ricorso non è stato ancora evaso. La seconda fonte di scontento per l’operato del Procuratore generale sono le e-mail diffuse da alcuni giornali in aprile, secondo le quali ci sono stati contatti tra il Ministero pubblico della Confederazione e gli avvocati della FIFA. La terza ed ultima fonte è costituita dalla prescrizione che ha colpito alla fine di aprile un’importante inchiesta sull’assegnazione alla Germania dei mondiali di calcio del 2006, in particolare su pagamenti avvenuti in Germania prima dell’assegnazione. L’inchiesta è durata parecchi anni ed è sfociata in un nulla di fatto. Il prossimo importante processo che riguarda la FIFA dovrebbe cominciare il 14 settembre. I principali accusati sono l’ex segretario generale della FIFA, Jérôme Valcke, ed il presidente del Paris St.Germain, Nasser Al-Khelaifi. Visto quanto è successo con l’inchiesta tedesca, non è escluso che anche in questo caso le accuse possano cadere in prescrizione. Di fronte alle vecchie ed alle nuove accuse, il mondo politico non nasconde ormai una certa irritazione. Molti

I rapporti poco trasparenti con il presidente della FIFA Gianni Infantino potrebbero costargli caro. (Keystone)

parlamentari non sono più disposti a sostenere Lauber, come hanno fatto in passato, e vorrebbero ch’egli stesso compisse un atto di coraggio, scegliendo di andarsene. Altri vorrebbero prendere rapidamente una decisione politica, senza aspettare la fine di una procedura che s’annuncia lunga, perché ritengono che in gioco ci sono interessi maggiori, ossia la difesa del buon nome e della credibilità del Ministero pubblico della Confederazione. Interessi che sono stati messi a dura prova in questi ultimi anni da un’azione e da una guida tutt’altro che esemplari. Due partiti di governo, il PPD ed il PS si sono già pronunciati a favore della revoca di Lauber e tante altre voci, per ora isolate, sono emerse anche negli altri partiti e vanno tutte nella stessa direzione. Il sostegno parlamentare di cui Lauber gode ancora oggi sembra dunque essere ridotto a poca cosa. Lui è comunque un guerriero e, almeno per un po’ di tempo, cercherà di invertire la situazione e d’impedire la sua revoca.

La decisione presa dalla commissione giudiziaria di invitarlo ad esprimersi sulle critiche che gli vengono mosse appare però sin d’ora come il primo atto di un dramma già scritto, sul cui esito il protagonista difficilmente riuscirà ad incidere. La carriera di Michael Lauber è iniziata nove anni fa. Il 28 settembre 2011 venne eletto Procuratore generale della Confederazione, per un mandato di quattro anni, con ben 203 preferenze su 206 voti validi. Subentrò a Erwin Beyeler, che l’Assemblea federale non volle rieleggere nel giugno 2011. Fu un vero successo per Lauber, che si ripeté quattro anni dopo, nel 2015, quando venne rieletto per un secondo mandato con 195 voti su 216 validi. Nel corso del secondo mandato, soprattutto alla luce delle irregolarità emerse nella gestione del dossier FIFA, l’idillio tra il Procuratore generale e l’Assemblea federale cominciò però a sfaldarsi. Molti parlamentari gli tolsero il sostegno e misero in dubbio la sua rielezione. Il 26 settembre 2019, Lauber riuscì comunque

ad ottenere la fiducia dell’Assemblea federale per un terzo mandato fino al 2023. Questa volta, però, raccolse soltanto sette voti in più della maggioranza assoluta richiesta. Alcuni membri dell’Assemblea federale dichiararono di aver votato per Lauber, soltanto perché non se la sentivano di avallare un cambiamento radicale nella guida del Ministero pubblico federale. Sette mesi dopo la sua rielezione, la carriera di Lauber prosegue su quella traiettoria discendente che si avviò durante il secondo mandato ed oggi si scontra con due forti bisogni emersi tra i membri dell’Assemblea federale. Il bisogno di poter disporre di un’autorità inquirente nazionale forte ed affidabile, riconosciuta anche sul piano internazionale, nonché il bisogno di dare a chi ha la responsabilità delle inchieste un po’ di tranquillità e di serenità. Sono bisogni e necessità che probabilmente non mancheranno di rivelarsi decisivi negli sviluppi che questa vicenda registrerà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Politica e Economia Rubriche

Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Costruzioni e turismo tra i più colpiti Col passare delle settimane, il panorama delle conseguenze economiche negative del Coronavirus diventa sempre più preciso. Attualmente le previsioni macroeconomiche danno, per il 2020, una diminuzione del prodotto interno lordo della Svizzera superiore al 6%, più grande dunque di quella registrata nel 1975 (circa 5,5%) e ovviamente anche di quella del 2009 (–2,4%). Da quando esistono stime attendibili per gli aggregati della nostra economia (ossia dalla fine della prima guerra mondiale) solo nel 1931 si registrò una recessione di maggior taglia con un calo del prodotto nazionale reale netto (era l’indicatore che si usava allora) superiore al 9%. Intanto sono usciti anche i dati sulla disoccupazione nel mese di aprile. Per la Svizzera fanno stato di un nuovo aumento del tasso, dal 2,9% di marzo al 3,3%. Rispetto al mese di aprile del 2019, e questo è il dato che più impressiona, il

numero dei disoccupati è aumentato di 46’000 unità, ossia del 43%. Per il Ticino la situazione è peggiore in quanto il tasso di disoccupazione di aprile è pari al 4,0% con un aumento del 48,1% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. A preoccupare sono poi le previsioni di settore e di ramo. Tra i rami più colpiti dalla crisi del Coronavirus sono in Svizzera le costruzioni e il turismo, ossia due tra i rami più importanti dell’economia ticinese. In uno studio apparso alla fine di Aprile, la Banca cantonale di Zurigo presentava le conseguenze della pandemia sui singoli sottomercati delle costruzioni come segue. Per quel che riguarda le superfici per attività artigianali e industriali, ci sarà un aumento dell’offerta in seguito ai fallimenti di piccole e medie aziende. Anche l’offerta di superfici per attività commerciali e per uffici dovrebbero aumentare in seguito alla recessione in corso. Molto

dipenderà però da come i proprietari si comporteranno rispetto agli affitti da incassare. Per quel che concerne gli appartamenti da affittare è invece probabile che l’aumento degli sfitti sia minore perché l’eccesso di offerta in questo sottomercato esiste da più anni. Resterà invece intatta la domanda di case unifamiliari soprattutto perché i tassi ipotecari non dovrebbero aumentare. È però probabile che si interrompa la tendenza all’aumento dei prezzi in questo sottomercato, come, del resto, anche sugli altri. Un forte colpo di freno, infine, subirà il mercato degli appartamenti e delle case di lusso. In generale, quindi, le previsioni per l’evoluzione del ramo delle costruzioni, nei prossimi mesi, vanno dal grigio al nero stabile. Non solo, ma ci si deve attendere che la frenata negli investimenti durerà almeno un paio d’anni. I responsabili del settore fanno ora appel-

lo agli enti pubblici perché anticipino i progetti di costruzione sui quali stanno discutendo. Per il turismo le aspettative non sono certamente migliori. Fallimenti e chiusure di alberghi e ristoranti saranno all’ordine del giorno, nel corso dei prossimi mesi. A inizio maggio i responsabili del ramo in Svizzera hanno diffuso un comunicato stampa abbastanza allarmante in quanto si dichiara, né più, né meno, che ristoranti e strutture ricettive si trovano attualmente in una situazione di necessità esistenziale. Ne va dunque della sopravvivenza. Da un’inchiesta fatta eseguire dalle organizzazioni del ramo risulterebbe che il 23% delle aziende potrebbero fallire e che i crediti concessi dalle nostre autorità di fatto possono garantire la liquidità solo a corto termine. Le previsioni sono catastrofiche: si teme la chiusura di 3200 aziende e la perdita di almeno 30’000 posti di lavoro. Le richieste di

interventi di sostegno pubblico sono quindi insistenti. E altrettanto insistenti sono gli inviti ad allentare le misure di protezione prese dagli enti pubblici o, per lo meno, a voler chiarire come essi intendono procedere nelle prossime settimane. Per il Ticino la situazione non è certamente migliore. I rappresentanti del ramo prevedono che la ripresa nel campo turistico non si manifesterà prima del 2023. Osserviamo da ultimo che le costruzioni e il turismo (strutture ricettive e ristoranti) rappresentano, in Ticino, circa il 20% del totale dell’occupazione. Si tratta probabilmente di una stima molto conservatrice dei loro effettivi di manodopera. In ogni caso, se le previsioni pessimistiche che abbiamo esposto qui sopra dovessero confermarsi è probabile che questi due rami potrebbero perdere, in Ticino, diverse migliaia di posti di lavoro.

sconfitto Bernie Sanders, ha detto che i «moderati» come Biden non dovrebbero nemmeno starci, nel Partito democratico, sono dei repubblicani semmai, e di recente è stata l’unica a non votare un pacchetto di stimoli bipartisan al Congresso per contrastare l’impatto economico della pandemia (lo considerava troppo debole: il Bronx è tra le zone più colpite di tutta l’America). In questi giorni, Biden ha annunciato che Ocasio-Cortez co-presiederà il comitato che si occuperà di clima nella campagna elettorale: assieme a lei ci sarà John Kerry, ex segretario di Stato dell’era obamiana. «Costruiremo un partito molto unito», ha detto Biden, sostenendo che questi comitati (in tutto sei) sono il frutto del lavoro con lo stesso Sanders: la sintesi si fa insieme. Sul tema dell’unità interna c’è anche la scelta del vicepresidente che accompagnerà la campagna di Biden. La decisione finale è prevista per luglio: pare che il team dell’ex vicepresidente voglia aspettare il più possibile per non concedere troppo tempo agli attacchi

che arriveranno dai trumpiani. O forse c’è solo una grande incertezza. Secondo i sondaggi, la più popolare è la Warren: una rilevazione della Cnn dice che addirittura 7 democratici su 10 vorrebbero la senatrice del Massachusetts in ticket con Biden, la rappresentazione perfetta del desiderio di unità del partito (la Warren è un po’ come Sanders, ben più radicale di Biden). Al secondo posto nelle preferenze c’è la Harris, con cui non si compie forse la riunificazione perfetta della famiglia democratica ma si compie un passo in avanti in termini umani: la complicità tra l’ex procuratrice della California e Biden è evidente, c’è una consuetudine tra i due che va oltre il calcolo politico, oltre il progetto politico contingente, e in questo sta la sua forza irreplicabile con le altre candidate. Al terzo e quarto posto nelle classifiche di popolarità ci sono Stacey Abrams, ex deputata della Georgia, che piace molto a chi vorrebbe consolidare la base afroamericana del partito, e Amy Klobuchar, pragmatica governatrice

del Minnesota che ha conquistato un po’ di pubblico e un po’ di elogi quando era candidata alle primarie. Tutti gli altri nomi che circolano non superano il 3-4 per cento del consenso, ma non è escluso che Biden scelga un nome non noto, da valorizzare, a conferma della sua reputazione da talent scout. Poi ovviamente, oltre gli equilibri interni dei democratici, di là c’è Trump. Che sta costruendo la sua campagna contro Biden definendolo «il candidato preferito dalla Cina». In questo modo il presidente riesce a unire due spettri, quello del regime di Pechino e delle sue menzogne sul Coronavirus e quello delle manipolazioni dei democratici e dei «loro» media. Per Trump è il modo migliore per dare le colpe della sua inettitudine nel gestire la pandemia a qualcun altro, anzi ai nemici più grandi. Per questo Biden insiste sull’inettitudine: l’ultimo video elettorale mostra le date della pandemia e le parole di Trump, su uno sfondo grigio che riassume bene la paura di chi guarda, e gli errori del presidente.

confusione consentendo sempre letture diverse, se non manipolazioni; infine la poco sana «commistione fra dimensione tecnica (medici e ricercatori) e dimensione politica (tipo, tempi e modi delle misure adottate dai governanti)» che alla fine complica tutto. Lasciamo l’infodemìa per tornare nel limbo da «governoguidati» in cui, in definitiva, ci siamo limitati a fermarci, ad attendere ordini, a sentire ogni giorno gli stessi dati, per arrivare dopo cento giorni e cento miliardi (ormai si va a spanne...) a capire che il virus sconosciuto circola ancora e trasmette un altro virus. Pensando alla lunga pausa mi sono chinato su una domanda: l’interruzione imposta dal «lockdown» alle nostre normali attività e alle abitudini legate alla vita quotidiana ha qualche somiglianza con altri momenti o altre situazioni da cui sia possibile dedurre spiegazioni o insegnamenti su quanto sta accadendo? Tra le risposte trovate, l’analogia più chiara è quella evocata dal direttore de «Il Foglio» Claudio

Cerasa: «Il coronavirus ha avuto (…) lo stesso impatto che ha di solito una safety car quando entra in un circuito di Formula 1: rallentando il paese permette a tutti di osservare quali sono i vizi e le virtù delle macchine in corsa (…) le nostre istituzioni, il nostro stato, le nostre imprese». Facile, partendo da questa similitudine, immaginare che ora, ricompattato il gruppo di vizi e virtù, la safety car con un progressivo aumento della velocità permetterà alle auto (quella svizzera e quella di cento altri paesi) di ricominciare la corsa con gomme, livelli di carburante e strategie di gara modificati e diversi. Inutile aggiungere che molti, per non dire tutti, oggi si augurano che, sparita la safety car, le strategie politiche facciano sorgere una società che, oltre a cancellare i danni del virus, si impegni a riparare anche errori e disfunzioni degli ultimi decenni. Le aspettative del dopo coronavirus sono il tema di un’altra singolare somiglianza scoperta in una lettera

aperta del regista e scrittore Pupi Avati ai dirigenti televisivi italiani. Ad Avati il «lockdown» ricorda «quando nel cinematografo degli anni Cinquanta si rompeva la pellicola e accadeva di venire scaraventato fuori da quella storia», perciò invita i dirigenti ad approfittare della tregua obbligata per una ripresa anche culturale, in particolare con offerte televisive che soppiantino il trash oggi propinato dalla mattina sino notte fonda dai millanta canali televisivi italiani (che sono poi anche «nostri», stando a indici di ascolto e preferenze del pubblico ticinese). Insomma: risorgere al grido di «il virus si porti via anche la TV trash». Merita citazione anche l’incipit della lettera di Avati: «È il primo periodo della mia vita in cui anziché abbracciare vorrei essere abbracciato. Mi manca persino quella specie di bacio notturno con il quale auguro la buonanotte a mia moglie e che lei giustamente mi ha vietato». Di sicuro, i lettori della mia età non faticheranno a sottoscrivere e a conservarlo nel cuore.

Affari Esteri di Paola Peduzzi La rincorsa di Biden

Wikipedia

Joe Biden (foto) sta compensando la distanza che lo separa da Donald Trump, almeno dal punto di vista della campagna elettorale digitale, che era già importante prima della pandemia, ora ancora di più. Compensare forse è eccessivo: diciamo che l’ex vicepresidente si è messo a correre e che dalla cantina di casa sua riadattata a ufficio è diventato molto attivo. Trump ha una macchina elettorale avviata da quattro anni e grande dimestichezza con il lin-

guaggio sui social, oltre che un’enorme potenza di investimento. Questo scarto è difficile da colmare, ma Biden ha messo insieme molti esperti prendendoli dalle campagne elettorali sospese dei suoi ex avversari. I nomi più noti vengono dal team di Elizabeth Warren e di Kamala Harris, due delle candidate per il ticket più in vista. Una prova di equilibrismo per non scoprire le carte? Difficile dirsi: Biden va di fretta, le pressioni interne sono alte e molti lo hanno criticato perché era molto in ritardo nella creazione di un team in sincronia con il suo progetto politico che è quello di unire il Partito democratico americano (dilaniato al suo interno come buona parte delle sinistre occidentali) e battere Trump. Per questo ora le persone attorno a lui stanno arrivando da direzioni molto diverse e più ampie rispetto a prima: c’è anche Alexandra Ocasio-Cortez, insospettabile adepta fino a pochissimo tempo fa. La deputata democratica del Bronx è uno dei volti più conosciuti del partito, ha fatto campagna assieme allo

Zig-Zag di Ovidio Biffi Virus prodotti da virus Un po’ in ritardo, ma ce ne siamo accorti: dalla bisaccia della pandemia, oltre ai veleni della Covid-19, fuoriescono anche effetti nocivi prodotti dalle quotidiane e globali ondate di informazioni collegate al coronavirus. Senza proteste abbiamo così sorbito, e ancora stiamo sorbendo, anche gli effetti nocivi di un secondo focolaio endemico, parallelo al nuovo virus cinese: una quantità abnorme di informazioni sempre sullo stesso argomento, provenienti da fonti sparse in tutti i continenti e proprio per questo sempre più difficili da verificare. Praticamente un vero e proprio monopolio dell’informazione che ha fatto sparire da tutti i media altre offerte, inchieste, accadimenti e temi abituali (dal blocco di sport e intrattenimenti sino alla paralisi culturale). I pericoli di un simile bombardamento infodemico, in pratica un virus prodotto da un altro virus, qualcuno li aveva già segnalati (cito solo Susan Sontag su «l’Internazionale») dopo un allarme lanciato nientemeno che dall’Organizzazione

mondiale della sanità (Oms), già a inizio gennaio, con un tempismo che suscita sospetti alla luce delle successive accuse alla stessa Oms di mantenere legami troppo stretti con i dirigenti di Pechino. In quell’avviso l’istituto per la sanità onusiano si sbilanciava sino a invocare «una cura contro l’infodemìa che il coronavirus di Wuhan sembra essersi portato con sé» adducendo il fatto che nell’era dei social media la comunità globale favorisce deformazioni dei reali sviluppi e condiziona giudizi e scelte. Alle nostre latitudini, a entrare in materia, ci ha pensato Giancarlo Dillena che sul «Corriere del Ticino» ha elencato potenziali danni dell’infodemìa avvertiti anche in Ticino: la martellante insistenza nell’indicare la generazione anziana come la più vulnerabile con «una strisciante quanto diffusa forma di diffidenza nei loro confronti»; le cascate di numeri e di dati che, più che fornire prove dell’efficienza, con «il moltiplicarsi e l’intrecciarsi di molte, troppe voci» generano


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Cultura e Spettacoli Guglielmetti e l’automobile È uscito per i tipi di Fontana un libro con le illustrazioni umoristiche del ticinese Giorgio Guglielmetti

Shunk-Kender, i due magnifici Hanno scritto la storia della fotografia, muovendosi sempre in coppia: al MASI di Lugano una mostra dedicata a Harry Shunk e Janos Kender

La donna sul podio A colloquio con la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, portata in Ticino dall’amore pagina 50

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Giovanni Giudici nacque nel 1924 a Le Grazie.

Giovanni Giudici tra Dante e Fortini Letteratura Due nuove pubblicazioni dedicate al poeta ligure Pietro Montorfani Giovanni Giudici è l’autore preferito dalle mie figlie. Si gettano con trasporto verso la sua immagine sorridente, sulla copertina del «Meridiano» curato da Rodolfo Zucco, e la baciano, la abbracciano. A 70 cm di altezza, protetto da un’antina trasparente, è un perfetto nonno sotto vetro per delle bambine di due anni, in questi giorni in cui quelli veri, di nonni, sono così lontani. L’aneddoto merita di essere raccontato soltanto perché punto il dito su un’interpretazione condivisa, ma in fondo fuorviante, della poesia di Giudici, non così acuminata come quella di tanti suoi coetanei (uno su tutti, Andrea Zanzotto), più prosaica e immediatamente comunicativa, insomma meno «intellettuale» rispetto alla linea maestra della lirica novecentesca. Ma è davvero così? Un buon modo per superare questi pregiudizi sarebbe accostare l’opera e la figura di Giudici a dei reagenti, delle cartine tornasole, che possano permetterci di misurarne la vera statura. L’occasione è data da due pubblicazioni curate da Riccardo Corcione e dedicate a due mostri sacri come Dante e Fortini. Nel confronto con essi, Giudici cambia

ed evolve, non può restare fermo o inerte perché si sente chiamato in causa in prima persona, come uomo e come autore. Partiamo dal carteggio, pubblicato nella nuova collana «Officina» dell’Istituto di studi italiani dell’USI in collaborazione con l’editore Olschki, dove si trova in bella compagnia (poco distante, ad esempio, dagli scambi epistolari tra Caproni e Sereni curati recentemente da Giuliana Di Febo). Le 66 lettere sopravvissute coprono l’arco temporale 1959-1993 e iniziano quando entrambi, Giudici e Fortini, lavoravano gomito a gomito negli uffici della Direzione Pubblicità e Stampa della sede milanese della Olivetti. Come nota giustamente il curatore, il carteggio andrebbe integrato con tutto quanto non ha lasciato traccia negli archivi (telefonate, biglietti smarriti, incontri ad personam), ma già così è una piccola finestra su un’epoca interessantissima della cultura italiana, ideologica quant’altre mai, piena di slanci utopici e di generosità sociale. Per certi versi, in barba alla successiva globalizzazione, persino più capace di dialogare con quanto di meglio proveniva d’oltre confine. L’impressione, scorrendo con attenzione le 66 lettere, è di trovarci di

fronte a due interlocutori in parte simili nonostante le ovvie differenze date dall’età, dal prestigio e dal carisma (Fortini è qui più maestro che discepolo, Giudici l’opposto). Sono simili perché entrambi figli di una comune Weltanschauung, comunista per la politica e cristiana per la cultura religiosa, nelle due accezioni cattolica (Giudici) e protestante (Fortini). La sovrastruttura ideologica è tale che, a volte, pare di leggere un libro scritto per i posteri, un testo pubblico e non privato come dovrebbe essere un carteggio. Nessuna sorpresa quindi se a p. 119, in un poscritto datato 9 ottobre 1967, al termine di alcune pagine che si erano fatte apprezzare per la loro disarmante sincerità, Giudici può scrivere: «Non sarà una bella lettera, né certamente una lettera da epistolario. Ma proprio per questo decido di inviartela ugualmente». A chi (a cosa) pensa Giudici quando scrive a Fortini? La domanda non è banale né retorica perché interseca alcuni degli interrogativi che sorreggono l’architettura stessa del carteggio, come il ruolo dell’intellettuale di sinistra nell’Italia degli anni Sessanta, il rapporto con la cultura di massa e l’industria editoriale, la marginalità della poesia e l’egocentrismo di certa avanguardia. Due

nomi ritornano con frequenza in queste pagine, quelli dell’ungherese György Lukács e del poeta veneto Giacomo Noventa, che per entrambi divengono, seppur nella distanza, interlocutori d’eccezione. «Du côté de chez» Giudici il libro non sarebbe così interessante senza la ricca appendice in cui Corcione, trascrivendo materiali manoscritti conservati al Centro APICE dell’Università degli Studi di Milano, offre una selezione di passi delle agende in cui il poeta parla di Fortini – o piuttosto con Fortini − senza, finalmente, l’ingombrante presenza dell’altro, quasi in un diario personale: «Rifletto sulla mia strana posizione, sulla scandalosa contraddizione in me di cattolicesimo e marxismo, ambedue ancorati ad una volontà fideistica: il primo tiepidamente professato e spesso contraddetto; la testimonianza del secondo confinata nei limiti di un fatto privato. Eppure l’una posizione è la spiegazione dell’altra e anche, in certo qual modo, viceversa» (14 marzo 1963). Le agende di Giudici sono una miniera utilizzata da Corcione anche per la riedizione di Perché mi vinse il lume d’esta stella, trasposizione teatrale del Paradiso dantesco a cui Giudici lavorò

nel giugno del 1990 su richiesta di Federico Tiezzi e Sandro Lombardi. Il suggerimento partiva in realtà da Giovanni Raboni, che aveva visto in Giudici il candidato ideale per chiudere la trilogia iniziata con Edoardo Sanguineti (Inferno) e continuata da Mario Luzi (Purgatorio). Il testo che ne uscì è innanzitutto un calibrato dosaggio di materiali danteschi, riutilizzati con rispetto e prudenza entro una struttura che trasforma i 33 canti del Paradiso in nove scene (una per cielo) e sdoppia il personaggio di Dante in un Autor e in un Viator in costante dialogo tra loro e con personaggi fittizi come un Chierico e un Letterato Moderno. Il tutto in una girandola di citazioni dalla letteratura di ogni tempo e paese − da Francesco d’Assisi a Ezra Pound, dalle Lettere paoline fino a Swift e Eliot − che ha il merito di rimettere Dante al centro di un discorso che non ha mai esaurito la sua potenza evocativa e salvifica. Bibliografia

Giovanni Giudici, Il Paradiso. a cura di R. Corcione, Ledizioni, 2019G. Giudici / F. Fortini, Carteggio 1959-1993, a cura di R. Corcione, Olschki, 2018.


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Cultura e Spettacoli

Il mondo dell’auto vissuto da un artista Pubblicazioni In un libro le vignette umoristiche dedicate

all’automobile del ticinese Giorgio Guglielmetti

Luciana Caglio È l’esperienza di Giorgio Guglielmetti, disegnatore, acquarellista e caricaturista ticinese, scomparso il 9 ottobre 2016, riproposta, adesso, nel libro Arte e umorismo su quattro ruote (Fontana editore). L’autore, Roger Gloor, già responsabile del supplemento dell’«Automobil Revue», dedicato al Salone di Ginevra, ne è il diretto testimone, seguendo, per decenni, il lavoro di Guglielmetti illustratore di quelle pagine: a modo tutto suo. Sono, infatti, immagini che, se descrivono con scrupolo realistico le novità di un’industria in continua evoluzione, d’altro canto confermano il distacco dell’artista che vede oltre. Certo, alle prese con un prodotto tecnologico, il nostro disegnatore sa di muoversi in un ambito che esige precisione e competenza. Non basta la matita facile, serve una professionalità acquisita, con gli studi all’«Ecole des arts industriels» a Losanna e a Ginevra, poi aggiornata, visitando officine e atelier e, non da ultimo, frequentando, dal vivo, gli ambienti dell’automobilismo, allora idealizzato. In particolare, i Gran Premi di Formula Uno: Berna fino al 1955, (gara poi abolita in Svizzera) Monza, Le Mans, Goodwood, e via enumerando appuntamenti con campioni entrati nell’immaginario collettivo. Ecco gli incontri con divi, a bordo di bolidi con cui si identificavano, fisicamente e mentalmente. È una sfilata di nomi illustri: Bonetto, Fangio, Ascari, Jim Clark, Graham Hill e, ovviamente, il nostro Clay Regazzoni su Ferrari, vincitore del GP di Monza nel 1970. Avvenimenti e protagonisti, registrati scrupolosamente dall’«Occhio del reporter»: così s’intitola la prima parte del volume. Mentre nella seconda «Umorismo, satira, ironia», dallo schizzo realistico si passa alla libera rielaborazione dell’oggetto: la macchina non solo come è ma come appare all’artista. E Giorgio, pur da appassionato cultore dell’auto e collezionista di «oldtimer», coglie gli aspetti ridicoli e presagisce le derive maniacali di un fenomeno sempre più fuori controllo. Classe 1923, appartiene alla generazione che ha assistito all’avvento dell’automobile per tutti, conquista sociale e simbolo d’indipendenza individuale. Curioso delle cose, amante dei viaggi,

sensibile al linguaggio delle forme e dei colori, trovò proprio in questo mezzo meccanico un congegno tutto da esplorare. Gli dedicò, sin dagli anni 50, un’attenzione coerente: voleva sapere con cosa aveva a che fare. Non subirne il fascino, incondizionatamente. Ciò che, intanto, stava accadendo. Guglielmetti ne aveva avvertito i sintomi. Il potere della macchina rischiava di superare quello dell’utente. Con effetti grotteschi. Una vera manna per l’umorista. Da cui ricavare immagini spassose: il cittadino alle prese con un guaio meccanico, una gomma a terra, o al volante di una vettura inadeguata, troppo veloce, troppo piccola per ospitare l’intera famiglia, troppo costosa, da esibire come emblema di successo economico. Si chiude, insomma, l’era dell’automobilismo persino romantico, quando la macchina era a misura d’uomo e di manualità. Si ricorreva all’intervento del meccanico che riparava, in garage, un guaio rimediabile. Oggi si sostituisce il pezzo, e via. E, ormai ci siamo, con l’avvento della tecnologia digitale, diventerà superflua la presenza stessa del guidatore. Guglielmetti si arrende all’evidenza. Quell’invenzione prodigiosa, bella fuori e intrigante dentro, ha cambiato connotati. Non apre più orizzonti lontani e avventurosi. Si presta, invece, a un uso sconsiderato e penalizzante. E, se da patito dell’auto, denuncia la demonizzazione di un mezzo comunque irrinunciabile, da amante della natura constata e illustra le conseguenze ambientali e sociali di un visibile eccesso. D’altra parte, bando alla nostalgia, le cose non cambiano sempre e soltanto in peggio. Nel 1968, il Catalogo dell’Automobil Revue, pubblica un articolo dal titolo rivelatore: Gli uomini non dovrebbero più guidare, con cui si spazza via il pregiudizio nei confronti delle donne al volante. Giorgio ne ricava una vignetta che, in termini scherzosi, conferma una svolta decisiva del nostro costume. Infine cede, anche lui, al sano fascino della bicicletta: si ritrae in sella, diretto a Berna, per incontrare i colleghi dell’Automobil Revue, nel 2003. Una volta ancora, dimostra la forza dell’umorismo, strumento impareggiabile per sdrammatizzare, senza banalizzare, le contraddizioni della quotidianità. È il marchio personalis-

Guglielmetti ha voluto omaggiare anche Clay Regazzoni.

Roma l’eterna e la sua luce Narrativa Una nuova raccolta di racconti

della brava scrittrice Nadia Terranova

Laura Marzi

Il libro sull’opera di Guglielmetti è edito da Fontana.

simo di un talento che merita, grazie a questo volume, un’allargata attenzione, colmando una lacuna, proprio in Ticino. Nato e cresciuto a Sorengo, in una signorile casa d’epoca, Guglielmetti rimase sempre, malgrado i soggiorni a Ginevra, in Brasile, a Londra, a Parigi, un ticinese doc, con un tocco stile «gentleman farmer», giacca in tweed e berretto scozzese. Prediligeva il dialetto e la discrezione al riparo dalle luci della ribalta, compresa quella del mondo culturale. Non un isolato, però. Si era fatto una schiera di amici, cui era fedelissimo. Ho avuto la fortuna di farne parte, grazie a una coincidenza: Florinda Balli, la sua compagna, è stata, negli anni 70/80, redattrice di «Azione». E in questa redazione (allora tutta al femminile), Giorgio era un po’ di casa. Ed è a lei, e a un gruppo di amici ed estimatori, Giorgio Passera, Daniele Timbal, Adriano Cimarosti, che si deve l’idea di questo volume (bilingue italiano/tedesco) che salda un debito di conoscenza, e riconoscenza, nei confronti di un artista, rimasto in ombra. Un po’, per sua scelta, un po’ per distrazione della critica. Bibliografia

Roger Gloor, Giorgio Guglielmetti. Arte e umorismo su quattro ruote, Pregassona, Fontana Edizioni, 2019

Nelle ultime settimane sono circolate molte immagini di Roma sgombra: la città di solito presa d’assalto dai turisti e congestionata dalle auto dei suoi abitanti si è presentata davanti agli obbiettivi dei fotografi vuota e meravigliosa, imponente anche nella sua assoluta solitudine. Nella raccolta di racconti che Nadia Terranova ha deciso di dedicare alla capitale, dove vive, incontriamo invece la città di sempre: popolata, così diversa nella varietà dei suoi quartieri, indifferente e atavica, troppo bella forse per degnare chiunque la viva o solo la guardi di un qualsiasi moto di comprensione. Ciò che la rende peculiare in questo testo è lo sguardo di chi scrive: tutte le narratrici sono donne. Inutile negare che come sta capitando spesso, a colpire nella lettura prima di tutto sono le immagini di

ne quelli immaginati che comunque sono pochi. Impossibile la relazione umana intesa come condivisione: in La felicità sconosciuta Paola è sposata, ma non solo il suo matrimonio è finito anche se i due non se lo sono ancora detto, ma il personaggio del marito è del tutto ininfluente. Importante sottolineare che non si tratta di un atto di trascuratezza da parte di Terranova, ma della messa in scena della verità della sua protagonista. Paola vive una vita di assoluta alienazione: nessuno esiste davvero, se non la Sconosciuta, vale a dire una ragazza di cui spia ossessivamente il profilo su facebook, senza averla mai vista di persona. In Il primo giorno di scuola la protagonista nonché voce narrante racconta della sua scelta di andare a imparare l’ebraico: «in un settembre particolarmente triste mi ero messa in testa di studiare due cose: l’ebraico e le persone felici». Ritroviamo di nuovo quell’attitudine di estraniamento ri-

Un dettaglio della copertina del nuovo libro di Nadia Terranova.

bar aperti, ristoranti, di un negozio di parrucchiera, come quello che gestisce Veronica la protagonista del racconto Freezing. Queste, però, sono solo le conseguenze estranianti della situazione di isolamento in cui ci troviamo. Poi, subito la città diventa riconoscibile: attraverso le storie delle diverse protagoniste la capitale filtra e lo fa a modo suo: «la luce di Roma è una stronza: è colpa sua per ogni cosa che mi è successa» o ancora: «la luce forsennata di Roma, quella che piace ai fotografi e ai registi, invocata dai metereopatici, benedetta dai non romani, la luce che se ne frega delle stagioni». Chiunque abbia avuto la possibilità anche solo di visitare Roma sa che la sua luce giallo crema è ineguagliabile, chi ci vive arriva addirittura a credere che come un incanto quella luce ogni giorno fa scordare le scomodità, le lentezze, le assurdità che popolano la capitale. In questi racconti di Terranova la luce di Roma illumina, per tutte le protagoniste, una ricerca della felicità impossibile: «la felicità esiste e mi ha schivata di proposito», un senso di solitudine invincibile che si deduce dalla struttura stessa di tutti i testi che compongono la raccolta. Che si tratti di narrazioni in prima o in terza persona ci troviamo di fronte a donne sole: quasi del tutto assenti i dialoghi, tran-

spetto al mondo circostante, di lontananza e quindi di sofferenza profonda. A fare eccezione, almeno per quanto riguarda la nota della solitudine, il racconto Due sorelle che dice bene di quel legame unico e che può essere amorosissimo fra due sorelle che insieme cercano di sfuggire almeno per qualche ora all’atmosfera di casa. E anche Via della Devozione che potremmo quasi definire un racconto corale al cui centro ci sono Teresa e Raffaele, una coppia di anziani che più che isolarsi volontariamente, sono stati allontanati dal mondo e dalla vecchiaia infame, ma hanno mantenuto intatta una capacità silenziosa di amare. La raccolta si conclude appunto con una dichiarazione d’amore alla città di Roma o R. come la chiama la mittente di Lettera a R. e proprio in quest’ultimo brano ritroviamo condensate le ragioni che sembrano avere animato tutto il testo: un canto di dolore e insieme quella consolazione indifferente che R. dà, resistendo caotica e immobile, ai colpi di sventura. Bibliografia

Nadia Terranova, Come una storia d’amore, Giulio Perrone Editore, 2020, pp. 102.


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Cultura e Spettacoli

Quella strana coppia geniale Fotografia A Palazzo Reali di Lugano una mostra celebra gli scatti dei fotografi

Harry Shunk e Janos Kender

Giovanni Medolago Vi sarà certo capitato di pensare, assistendo a un film: «Questa faccia l’ho già vista, ma dove? E chissà come si chiama questo attore…» È il destino dei cosiddetti caratteristi, troppo scarsi per diventare protagonisti, e tuttavia in grado (vuoi per simpatia, vuoi per il loro physique du rôle o per un effettivo talento) di ritagliarsi molte particine sulle quali costruire una sempre precaria quanto dignitosa carriera. Qualcosa di simile è capitato alla coppia ShunkKender: pochi conoscono il loro nome, ma in molti, tantissimi anzi, avranno visto almeno un loro scatto, divenuto icona di un’intera epoca. È il caso del Salto nel vuoto, in cui Yves Klein si tuffa in perfetto stile a volo d’angelo verso il poco accogliente selciato d’una viuzza parigina. Un fotomontaggio divenuto celebre e concepito dalla coppia Shunk-Kender non solo per trasmettere una sensazione di raccapriccio allo spettatore, quanto soprattutto per rappresentare quel vuoto, quel concetto di vide che Klein – artista di spicco tra i Nouveaux Réalistes – faceva risalire alla filosofia Zen e che ai suoi occhi rappresentava uno stato simile al nirvana, senza influenze materiali, un’area dove entrare in contatto con la propria sensibilità, per vedere la realtà oltre la rappresentazione. Vedere la realtà oltre la rappresentazione: è quello che la coppia ha tentato di fare nei quasi cinquant’anni in cui i due fotografi hanno seguito da vicinissimo le correnti artistiche più innovative, al di qua e al di là dell’Atlantico, rincorrendo pittori, scultori, ballerini e performer soprattutto a Parigi e a New York. È questo uno degli aspetti più significativi della mostra L’arte attraverso l’obiettivo, proposta nei rinnovati spazi di Palazzo Reali. Ecco dunque Robert Rauschenberg nella sua casa-atelier alle prese con tele

Shunk-Kender, John Baldessari, Pier 18, New York, 1971. (© J. Paul Getty Trust, © ProLitteris, ZH)

e pennelli, ma anche in un momento di tenerezza con i suoi animali domestici: gatti, ma anche tartarughe e un coniglietto! Ecco la definitiva performance dell’artista argentina Marta Minujìn, che brucia tutte le sue opere realizzate durante i suoi anni di studio e di lavoro a Parigi. Un gigantesco falò acceso alle 19 precise di giovedì 6 giugno 1963, che rischia di incenerire anche l’artista. Il tedesco Harry Shunk (19242006) e il magiaro Janos Kender (19372009) si incontrano sotto la Tour Eiffel nel 1956 e da allora sino al 1973 – quando la strana coppia si scioglie per motivi mai del tutto chiariti – sono infaticabili. Lasceranno ben 190 mila opere, tra negativi, foto (in gran parte in bianco&nero), ektacromie e diapositive a colori. Non possono mancare le sperimentazioni del già citato Klein nelle sue prime Anthropometries, opere realizzate con un pennello umano: il corpo di alcune fotomodelle imbrat-

tato di colore e invitate poi dall’artista a muoversi su grandi tele, mentre lo stesso Klein «dirige» un’orchestra che esegue la Monotone Symphony, da lui composta utilizzando una sola nota. Non possono nemmeno rifiutare l’invito di Niki de Saint Phalle ai suoi Shooting paintings, dove l’artista e i suoi selezionatissimi ospiti sparano con la carabina su dei rilievi di gesso nei quali si trovano dei sacchetti di pittura, che esplodono al momento dell’impatto con le pallottole. Torna in mente Umberto Eco e la prefazione che nel 1973 scrisse per il libro Fotografare l’arte di Ugo Mulas, che ci permettiamo di parafrasare: Shunk e Kender non hanno voluto fotografare l’opera fatta e nemmeno l’artista mentre la faceva, bensì l’artista prima di fare, il momento di quella tensione energetica, di quel calcolo di forze, di «quel prendere la mira esatta». Semplici testimoni dei fermenti artistici del loro tempo o autori a

loro volta di vere opere d’arte? La discussione è ancora aperta. Non è solo mera documentazione il reportage che Shunk&Kender realizzarono seguendo Christo e sua moglie Jeanne Claude impegnati a impacchettare (tanto per cambiare) un tratto di costa australiana lungo quasi tre chilometri (cento persone impegnate per un mese, usando 90 mila mq di tessuto sintetico e quasi sessanta km di corda). Così com’è indiscutibile la forza di un ritratto di Jean Tinguely, con la figura dell’artista friburghese che separa un mare di ferraglie da un cielo così animatamente plumbeo che sarebbe di sicuro piaciuto a Sebastião Salgado. Dove e quando

Shunk-Kender. L’arte attraverso l’obiettivo (1957-1983). Lugano, MASI (Palazzo Reali). Orari: ma-do 10.00-18; gio 10.00-20.00. Fino al 20 settembre 2020. masilugano.ch.

Percento culturale News I vincitori della Demotape Clinic 2020 M4music, il più importante evento svizzero legato alla scena musicale giovanile, sostenuto dal Percento culturale della Federazione Migros, avrebbe dovuto tenersi dal 19 al 21 marzo scorsi, ma è stato annullato per gli evidenti motivi di sanità pubblica. Non sono però stati annullati alcuni degli appuntamenti più importanti legati alla manifestazione e cioè l’assegnazione dei premi legati alla Demotape Clinic, attesissimo confronto nazionale tra artisti emergenti. I 3000.– franchi in palio, messi a disposizione dal Percento culturale e dalla Fondazione Suisa, sono stati assegnati come sempre per quattro categorie musicali. Il gruppo ginevrino Chien Bleu con il brano Azur, si è imposto nella sezione «Urban»; in quella dedicata alla musica elettronica il premio è andato al brano Learn how to fly this dragon! dei bernesi Casanora; nella categoria «Pop» successo per Giulia Dabalà (foto) di Neuchâtel con War Drums ; infine, nel settore dedicato al rock si sono imposti i lucernesi Yet No Yokai con Fahrenheit. Assegnati anche i premi per i migliori videoclip dell’anno, selezionate da una giuria composta, oltre che dalla Fondazione Suisa e dal percento culturale Migros, da esperti delle Settimane cinematografiche di Soletta. I premi sono andati alla musicista zurighese Franziska Schläpfer (in arte Big Zis) per il suo video Au79. Il premio del pubblico è andato invece al rapper ginevrino Jordy Makala (in arte Makala) per il suo Big Boy Mak. Brani musicali e video sono pubblicati sul sito ufficiale della manifestazione: www.m4music.ch

Per i 100 anni di Armin Hofmann

Anniversari Il 29 giugno il grande grafico di Winterthur Armin Hofmann compirà un secolo Orio Galli Armin Hofmann, che compirà cento anni il prossimo 29 giugno, è stato uno dei maestri svizzeri a livello internazionale della grafica del Novecento. Mi sembra l’altro ieri quando lo incontrai per la prima volta di persona in un’aula della Scuola di Arti e Mestieri di Lucerna. Erano i primi anni Settanta e mi trovavo nella «Città del leone morente» perché inviato dal Canton Ticino a un corso di aggiornamento per gli esaminatori dei grafici. Di Hofmann mi era rimasto impresso il simbolo visivo che aveva disegnato per l’Expo del 1964 a Losanna. Ho poi vissuto sessioni interessanti partecipando come membro di alcune giurie insieme all’autorevole collega Armin. Una volta incrociai Hofmann sul sentiero che porta a Negrentino mentre accompagnava alcuni studenti ad ammirare una delle più belle nostre chiese romaniche. D’estate, per diversi anni aiutato dalla moglie nell’organizzazione, Hofmann ha tenuto corsi estivi di graphic design in quel di Brissago per giovani allievi americani. Mentre un altro «mito» della grafica svizzera a livello mondiale – Herbert Leupin (1916-1999) – soggiornava in quei pressi, frequentando ogni tanto il famoso «Giardino» di Angelo Conti Rossini. Nato a Winterthur nel 1920, come molti altri grafici di quel tempo, Armin

Di Armin Hofmann questo manuale pubblicato da Niggli Verlag nel 1965. Opera didattica eccezionale sui principi fondamentali della grafica legata alla comunicazione.

Hofmann si era avvicinato a questa professione partendo da un semplice apprendistato, nel suo caso, di litografo. Quando si dice… «il mestiere»…! Prima di approdare a Basilea, e fondare la sua classe insieme al famoso tipografo Emil Ruder (1914-1970), aveva insegnato alla Kunstgewerbeschule di Zurigo: l’altra importante scuola di «arte applicata» esistente allora nel nostro Paese. Hofmann ha pure tenuto corsi quale professore invitato in diverse prestigiose università statunitensi.

Una su tutte quella di Yale per la quale disegnò pure il logo. Lo CSIA negli anni 60-70 era diretto da Pietro Salati che da Hofmann a Basilea inviò il promettente giovane Lulo Tognola per perfezionarsi. Lulo sarebbe poi diventato a sua volta insegnante di grafica al Centro Scolastico per le Industrie Artistiche. Ma allora, e per ancora almeno due o tre decenni, in quelle scuole si disegnava ancora, e a mano! Si veda in internet la quantità di lavori realizzati da Hofmann, per non

parlare del già citato Leupin. Sintesi, immediatezza, coerenza delle forme. E pensare che gli strumenti di allora erano – oltre alle mani – semplici matita, penna, pennello, riga, compasso, forbici, colla e taglierino. Con magari il supporto di un po’ di fotografia… Ma quanta razionale inventiva e chiarezza di linguaggio in quelle opere. Nate da intelligente creatività, nutrita a volte anche di poesia. Da parte di Hofmann poi quasi solo attraverso l’uso del bianco e nero. Sembra trascorso più di un secolo da quando intorno alla metà del Novecento la grafica svizzera si era affermata per la sua qualità in tutto il mondo. Poi, dagli USA, cominciarono ad arrivare televisione e marketing. Fu l’inizio della fine. In un’intervista rilasciata a «laRegione» (12.2.20) in occasione di un prestigioso «premio alla carriera» da lui recentemente ricevuto a Madrid, Bruno Monguzzi affermava: «nel nostro mestiere sta emergendo un approccio che potremmo definire squisitamente artistico – cosa mai esistita, almeno fino a qualche decennio fa». Mi sembrano parole che ben riassumono cosa sta succedendo nella nostra realtà quotidiana: una grande confusione. E non solo nel visivo, ma in tutta la comunicazione mediatica. Materia sulla quale vi sarebbe da riflettere seriamente. Affinché, oltre a un passato, possa esserci anche un futuro…

Caronantica rimandata al 2021 A causa del protrarsi della pandemia Covid-19 tutti i concerti del festival CaronAntica, sostenuto dal Percento culturale di Migros Ticino, previsti fino al 1° luglio vengono spostati direttamente alla stagione 2021. Gli organizzatori propongono al pubblico come prossimo appuntamento il 28 novembre 2020 per il tradizionale concerto di Avvento con l’ensemble Concerto Scirocco e il Coro Clairière del Conservatorio della Svizzera Italiana. Tutte le informazioni sul sito: caronantica. wordpress.com.


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Cultura e Spettacoli

La bacchetta di Beatrice Incontri A colloquio con la direttrice d’orchestra italiana Beatrice Venezi,

da qualche tempo residente in Ticino

Enrico Parola Si è trasferita a Lugano a novembre, per amore («qui abita il mio fidanzato: scelta ancor più tempestiva considerando questi tempi di clausura coatta») e non per sfuggire alle luci della ribalta, lei che non si sottrae né a quelle dei grandi teatri né a quelle dei flash con cui le riviste patinate di moda, glamour e attualità la ritraggono, non di rado in copertina. Nel 2017 il «Corriere della Sera» l’ha citata tra le cinquanta donne più creative dell’anno, l’anno seguente Forbes l’ha inserita tra i cento under 30 leader del futuro; niente male per una donna che non è una campionessa dello sport né una cantante pop, ma una musicista classica, per di più impegnata nel ruolo più maschilista di tutto l’universo musicale, quello del direttore d’orchestra. Beatrice Venezi ce l’ha fatta, sfatando miti e riti; però ancor oggi si trova a combattere con un altro cliché: se sei una ragazza avvenente e che cura particolarmente la propria immagine, anche sui social, potrai mai essere anche brava e intelligente? Venezi sta rispondendo a colpi di bacchetta: nessuna magia, ma tanto lavoro: «Studio e leggo, anche mentre vado dal parrucchiere. In questo periodo in cui i teatri sono chiusi mi sto dedicando a partiture che non avevo mai avuto tempo di avvicinare; sto imparando lo spagnolo, visto che dopo l’estate dovrei essere in tournée in Sudamerica ed è importante saper comunicare con la gente in modo diretto». Lei ne ha fatto un suo tratto distintivo: «Sono nata nel 1990 e quindi sono cresciuta nell’era delle Spice Girls e Britney Spears; la nostra generazione ha ben presente che soprattutto i giovani si avvicinano alla musica perché attratti dal personaggio prima ancora che da una melodia. Non ci trovo nulla di male ad usare lo stesso metodo per la musica classica».

Funziona, e anche se non mancano i puristi che eccepiscono, lei sottolinea come nella classica non si possa bluffare; anche perché la strategia non comprende solo scatti fotogenici o tweet, ma ad esempio un libro impegnato come Allegro con fuoco. Come innamorarsi della musica classica, una sorta di autobiografia «dove cerco di abbattere tanti preconcetti che rappresentano un deterrente, soprattutto per i giovani, ad avvicinarsi alla classica». Lei se ne è innamorata anche grazie all’opera: «Sono di Lucca, come Giacomo Puccini; il mio debutto fu un Germania, proprio con uno dei suoi capolavori, Madama Butterfly; e lo scorso anno ho inciso My Journey, un viaggio in note nei tanti Paesi che Puccini visitò con la sua musica»; dall’America di Fanciulla del West al Giappone di Butterfly, dalla Parigi di Bohème alla Cina favolosa di Turandot, la geografia pucciniana è ampia e meravigliosa. «Meravigliosa trovo anche la natura qui in Ticino. Avendo abitato negli ultimi anni a Milano, nel ritrovarmi qui con una casa vista lago e contornata da queste montagne mi sembra di essere in vacanza. Mi piace camminare in centro città o sui sentieri, la meta preferita è il monte Bar; sto imparando a conoscere anche la Svizzera interna, finché si poteva andavo a sciare ad Andermatt». A proposito di luoghi comuni, stavolta Venezi non confuta ma anzi conferma convinta quelli sulla Svizzera: «Qui tutto è più snello e funzionale, in mezza mattinata sbrigo tutte le pratiche burocratiche; mi ha colpito come qui i cittadini si fidino delle istituzioni e le rispettino, a differenza dell’Italia». Venezi non ha remore nell’esprimere i suoi giudizi, forse perché è dovuta crescere in un ambiente in cui si viene costantemente giudicati: «Un motto mai smentito asserisce che un’orchestra giudica il direttore già dal modo

Iniziative Quest’anno

l’appuntamento sarà solo online Nicola Mazzi

La direttrice d’orchestra italiana. (Michele Monasta)

con cui cammina per salire sul palco; ma i musicisti, se dimostri di essere una musicista di valore, ti rispettano e ti seguono». Anche se si indossa una gonna: «Anche questo era un diktat che sembrava insormontabile, infatti le mie colleghe quando sono sul podio si presentano in pantaloni; io non ho voluto adeguarmi, se conta la professionalità e la musicalità il vestiario non può essere dirimente, quindi non ho rinunciato né al mio sogno di dirigere né al mio senso estetico femminile». Il Covid-19 tiene i musicisti a casa, i globetrotter del concertismo internazionale hanno spezzato la routine di aerei, treni, alberghi, ristoranti: una routine logorante che per tanti rappresenta il lato negativo della professione.

«Non per me, oltre a voler far la musicista il mio grande sogno era viaggiare, e proprio grazie alla mia professione ho potuto visitare Paesi che molto difficilmente avrei conosciuto a neppure trent’anni; penso ad esempio all’Armenia o alla Georgia». In questi primi mesi luganesi, è stata più volte al LAC: «Ho ascoltato l’Osi, mi sembra avere un piglio marcatamente mitteleuropeo, credo sia l’impronta del suo direttore stabile Poschner. Essendo ticinese sarebbe bello che emergesse anche un lato più italiano, votato al lirismo, alla trasparenza e alla cantabilità». Suona già come un programma artistico; d’altronde da una direttrice concittadina di Puccini…

Ridere di Dio Saggistica Il rapporto tutt’altro che pacificato tra riso e divinità in una serie di saggi

tra antropologia, storia delle religioni e antichità classica

Stefano Vassere «Dio rise: cha, cha, cha, cha, cha, cha, cha (sette volte), e avendo Dio riso, nacquero i sette dèi che abbracciano il mondo; poiché sono essi che apparirono per primi. Quand’egli scoppiò a ridere, apparve la luce e rischiarò tutto. Scoppiò a ridere per la seconda volta: tutto fu acqua. Al terzo scoppio di risa apparve Ermes. Al quinto il Destino. Al settimo, l’anima». Più volte in questo Ridere degli dèi, ridere con gli dèi si richiama lo spunto tragico dell’attentato a «Charlie Hebdo» del gennaio 2015. Fin dalle prime righe, come episodio esemplare da cui osservare il rapporto tra sacro e umorismo che anima l’intero libro, e poi nell’immagine dello «scherzo finito in tragedia», che apre il testo centrale di Maurizio Bettini dedicato a Ridere degli dèi nell’antichità classica. La vicenda del terrorismo islamico che irrompe in quel modo assoluto nell’attività del giornale è l’avanguardia estrema e deviata nelle sue conseguenze della tradizionale seppure diversamente misurata incompatibilità tra religioni abramitiche e riso, cui i tre studiosi di questo libro (oltre a Bettini, Massimo Raveri e Francesco Remotti) dedicano sacrosanta attenzione. Ma le sezioni certamente più sor-

prendenti a occhi – come si può dire? – giudaico-cristiani riguardano le religioni che invece con il riso hanno un rapporto profondo e fondante, per le quali il ridere degli dèi, tra dèi, con gli dèi e addirittura degli dèi è pratica generale che può stare insieme al rispetto della sacralità. Sono le religioni dell’antichità greca e romana, del buddismo e dei maestri zen, dei sistemi teologici che spesso non hanno un nome ma che le tradizioni di studio (tra esse, parte

Leggiamo insieme, ad alta voce

dell’africanistica antropologica) hanno ormai l’abitudine di classificare nella varietà delle joking religions. Religioni (anche) scherzose, dove il mondo è diverso e «funziona in un altro modo» anche nel rapporto con il divino. Certo, un libro come questo ha due pregi più vistosi degli altri: quello ovvio della potenziale ricchezza infinita dell’esemplificazione anche curiosa (nelle fonti scritte e in quelle orali) e quello della necessità di porsi di fronte a un ragionamento sull’essenza generale del riso e della comicità, e sul significato di queste pratiche per l’uomo e l’umanità. Per le forme del riso, qualsiasi approccio ha ormai radici teoriche nel mitico saggio di Henry Bergson (Il riso. Saggio sul significato del comico, del 1961), che procede, come tutti gli studi di quell’epoca, per sentenze assertive e negli intenti definitive: così, in linea con la parola del maestro, «il comico non esiste al di fuori di ciò che è propriamente umano». Per gli esempi, senza andare a cercare in Africa, nel Nord America e in Giappone (lo farà, gli raccomandiamo fortemente di farlo, il lettore di questo libro), le culture classiche sorprendono tra il molto altro per mentalità che emergono con nettezza: prima fra tutte, la similitudine tra dèi e umani nella romanità, dove la divinità è significativa-

mente «vicina» al mondo terreno («con il dio si possono stabilire praticamente tutte le relazioni che sono attive fra gli uomini» e «gli dèi sono esplicitamente considerati “cittadini” a tutti gli effetti», abitano nelle nostre stesse città). Una mescolanza che concede per esempio la demistificazione del divino ma anche un politeismo che risponde alle diverse «porzioni» della condizione umana, a fronte delle quali il credente dispone di altrettante divinità: a ogni tormento, insomma, il suo dio, fino ai più piccoli particolari e quindi all’affollamento. Nel Parlamento degli dèi di Luciano di Samosata (secondo secolo dopo Cristo), il decreto finale è una specie di misura un po’ «sovranista» con il programma di espellere le «divinità straniere che vi si sono surrettiziamente introdotte, oltretutto riempiendo il cielo di confusione, schiamazzi e lingue barbare». Anche perché «per l’aumento della popolazione celeste, l’ambrosia è venuta a mancare e il nettare ha raggiunto l’incredibile prezzo di una mina alla tazza».

«Leggere ad alta voce è bello e fa bene. Chi ha la fortuna di sperimentare, sin da piccolo, questo piacevole rituale, sviluppa un atteggiamento positivo verso la parola scritta e da adulto tende a mantenere lo stimolo a leggere con gusto, traendo da questa virtuosa abitudine un vantaggio sul piano delle opportunità formative e di carriera, nell’arco di tutta la vita», evidenzia Catherina Sitar, coordinatrice per la Svizzera italiana della Giornata della lettura ad alta voce che è in programma il 27 maggio in tutto il Paese. E, come aggiunge la stessa coordinatrice, i vantaggi sono molteplici. «Leggere ad alta voce è molto altro ancora: è un momento prezioso di socialità, è un dono di una parte di sé agli altri, ed è una condivisione di mondi interiori da cui scaturiscono esperienze intense e momenti insostituibili». In altre parole, fa bene alla testa e al cuore. Quella di quest’anno è la terza edizione e, a causa del Covid-19, si dovrà tenere online. L’evento si svolgerà, infatti, privilegiando la partecipazione in ambito privato. Come? Chiunque abbia voglia di aderire e leggere una storia ai propri figli è invitato a iscriversi. In questo modo partecipa direttamente anche al concorso che mette in palio cinque pacchetti di libri selezionati dai consigli di lettura. Sarà quindi ancora più importante il ruolo degli ambasciatori e delle ambasciatrici. Gli anni scorsi leggevano dal vivo nelle scuole a eventi organizzati nelle biblioteche, nelle librerie o altri luoghi pubblici. Quest’anno, invece, hanno preparato delle video-letture che saranno pubblicate sul sito proprio il mercoledì 27 maggio. Tra di essi ci sarà l’ex miss svizzera Christa Rigozzi, l’allenatore del’HCAP Luca Cereda, la presentatrice Rosy Nervi, i cantanti Andrea Bignasca e Paolo Meneguzzi e tanti altri. Collegandosi sulla pagina dell’evento, ogni 30 minuti, si potrà gustare da casa una video-lettura raccontata da loro. Occorre aggiungere che la bontà della lettura ad alta voce è provata scientificamente. Diversi studi evidenziano, infatti, che i bambini ai quali si legge con regolarità hanno maggiore facilità ad apprendere a leggere e scrivere rispetto ai loro coetanei che non beneficiano di questa attività. Per partecipare basta iscriversi sul sito www.giornatadellalettura.ch. Quindi leggete ai vostri figli a casa oppure telefonate ai nonni e leggete loro una storia insieme ai vostri bimbi. Potete sfruttare anche Skype o qualsiasi altro mezzo di comunicazione ai quali ormai siamo abituati da alcuni mesi. Siate creativi e dimostrate che leggere ad alta voce è importante per voi e la vostra famiglia.

Bibliografia

Maurizio Bettini, Massimo Raveri, Francesco Remotti, Ridere degli dèi, ridere con gli dèi, Bologna, il Mulino, 2020.

Rosy Nervi mentre legge a voce alta.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 18 maggio 2020 • N. 21

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Cultura e Spettacoli Rubriche

In fin della fiera di Bruno Gambarotta Alla festa di Vittorio Emanuele II Mi sono imbucato nella festa di compleanno di Vittorio Emanuele II celebrata in ritardo a causa della pandemia. Il Re ha compiuto 200 anni il 14 marzo. Ci sono riuscito grazie alla complicità di un amico titolare di un forno, mi sono finto rider per consegnare 20 pizze al pomodoro alla regina Margherita. Com’è noto i pizzaioli napoletani, dopo averla creata, hanno deciso di chiamarla pizza margherita in omaggio alla regina. Le aveva ordinate lei che per accettare un invito pretende che gli ospiti non solo la mangino ma la trovino anche buona. Accucciato ai suoi piedi, Giosuè Carducci declamava un’ode alla sua mascherina tempestata di perle. Senza interrompersi il poeta ha afferrato al volo una pizza e, coerente con la sua fama di mangiatore compulsivo, ha iniziato a divorarla. Risultato: vistose svergolate di sugo rosso sulla sua mascherina. Ero curioso di vedere come avrebbe fatto Re Vittorio a indossare la sua con quei baffi a manubrio lunghi 30 centimetri per parte. Infatti la portava

ciondoloni usando il baffo destro come un attaccapanni mentre la marchesa di Mirafiori, sua seconda moglie, cercava di mettergliene una con due buchi per infilarci i baffi. «Non la voglio! È ridicola! Cosa direbbero di me Napoleone III o la Regina Vittoria?». «Mettila almeno per fare i selfie con gli invitati. Prendi esempio da tuo padre». Gli indica Carlo Alberto, altissimo, magro, spiritato. È a torso nudo mentre il suo confessore lo sta aiutando a indossare un secondo cilicio oltre a quello d’ordinanza. La Bela Rosin sa come prendere il suo sposo. Sua Maestà sta per mettersela quando scopre Garibaldi che non la porta. «E lui allora?» L’eroe dei due mondi, chiamato in causa ribatte: «Non vedo perché dovrei, a Caprera non c’è nemmeno un contagiato». Il Re cerca con lo sguardo un ometto che tenta di passare inosservato. È il Virologo di corte. Il Re gli intima: «Glielo dica lei professore al nostro eroe dei miei stivali che c’è l’obbligo di portarla sempre e ovunque!» Il Virologo è addestrato a

dare ragione a tutti ma, in questo caso, obbligato a schierarsi, lo fa dalla parte di chi gli assicura lo stipendio. Se lo licenziassero, ci sarebbero altri venti suoi colleghi pronti a prendere il suo posto: «Anche se a Caprera oltre a lei ci fossero solo le capre lei generale deve dare il buon esempio». Garibaldi non cede: «La indosserò dopo che l’avrà messa il papa» e parlando indica Pio IX che sentendosi osservato spiega: «Non la metterò mai! Questo virus non esiste, è un’invenzione della massoneria per diffamare la chiesa!» Si leva un coro di proteste: «Ma Santità non può dare credito a queste fake news!» Pio IX si risente: «Vi ricordo che ho fatto in tempo a far proclamare dal sinodo il dogma dell’infallibilità del papa, se ne dubitate non ci metto niente a scomunicarvi un’altra volta.» Il conte di Cavour che fino a quel momento era stato silenzioso fa osservare al papa: «Però ci avete messo duemila anni prima di decidere che il papa è infallibile». Pio IX ha la risposta pronta: «La

Chiesa prende le sue decisioni dopo averle attentamente ponderate. E poi lo sappiamo in che miserevole condizione sono le Poste in Palestina». Interviene Costantino Nigra che, in quanto alto esponente della massoneria si è sentito chiamato in causa: «Ci dica Santità. E se un giorno a Roma ci fossero due papi, uno emerito e l’altro in carica e avessero idee diverse, quale dei due sarebbe il papa infallibile?». Pio IX non ha dubbi: «È un’ipotesi impossibile, non succederà mai». Cavour è arrivato alla festa con la sua ultima fiamma, la bella danzatrice ungherese Bianca Soverzy di 28 anni conosciuta nel 1856 quando lui aveva già 46 anni. Indossano entrambi la mascherina ma il papa non demorde: «La dama che l’accompagna è la moglie di Domenico Ronzani, impresario del Teatro Regio di Torino. Non è una sua congiunta come prevede il decreto del presidente del consiglio numero 12.871. Come ha fatto a farla entrare?» «La signora ha spiegato alle guardie che veniva per lei

Santità, per farsi benedire». È bastato per ammansirlo. La lista dei componenti di casa Savoia venuti a rendere omaggio al padre della patria (e di molti italiani) è lunghissima e porterebbe via troppo spazio. Vogliamo almeno citare Vittorio Emanuele III che ha regnato dal 1900 al 1945. Era praticamente invisibile, assorbito dall’impresa di mettere in ordine la sua collezione di monete, la più grande al mondo e l’unica passione della sua vita. I presenti hanno scoperto che c’era anche lui quando ha fatto una domanda: «Scusate, sapete dirmi se il virus si trasmette anche attraverso le monete da collezione?». Rassicurato dal Virologo di corte, si è rituffato nella sua raccolta e lì è rimasto per tutto il tempo. È stata una bella festa, fra i rappresentanti del bel mondo non poteva mancare Gabriele D’Annunzio che indossava una mascherina fatta fare con la stoffa delle mutandine di Eleonora Duse dopo essersi raccomandato che non le lavassero prima di iniziare la lavorazione.

infine il viso, tanto a lungo da costringerla ad abbassare gli occhi. «Questo» disse, alla fine dell’ispezione, «mi consento soltanto questo: guardare. Ammirare, se preferisci. Certi si incantano davanti al sole che tramonta sul mare, io di fronte a una donna bella. È un capolavoro della natura. L’unico problema è che la natura tace e quindi acconsente, mentre la donna risponde, si scoccia, oppure ha un fidanzato...» «Io non mi scoccio tanto facilmente, quanto al fidanzato: mi ha mollata oggi». «Questa è una circostanza davvero fortunata», disse il vecchio. Quindi, dopo aver chiesto se poteva permettersi di farlo, pagò la sua caipirinha e la invitò a cena. Il ristorante risultò perfetto: non troppo costoso, ma accurato. Di quelli con il cestino di focaccia appena sfornata e una coppa di prosecco offerta dalla casa. Il vecchio era conosciuto e tutti lo chiamavano Professore. Mangiava poco ma stava ben attento a non rilevare l’appetito for-

midabile cui Betta, complice il vino, stava cedendo senza remore. Per discrezione aveva smesso di guardarla e stava esercitando l’altra forma di corteggiamento che ogni donna apprezza più di essere guardata: essere ascoltata. La investì con uno sciame di domande piccole e inoffensive. Esci spesso da sola la sera? Non hai paura o ti piace aver paura? Ha più amiche o amici? Sei consapevole della tua bellezza? E come la vivi? Ti pesa? Mentre gustava un sorbetto alla pesca Betta si rese conto di aver dato al vecchio informazioni sul suo carattere, sul suo passato, sul suo umore, sui suoi trucchi di sopravvivenza e sul suo rapporto con certi stati d’animo che contrastano, oggi, con la dilagante happycrazia. Per esempio la tristezza, la malinconia, la nostalgia, l’angoscia. Lui non le aveva chiesto niente di concreto. Si rese conto di essere stata bene, come non le accadeva da tempo. Gli sorrise. Tutti gli altri tavoli erano ormai liberi e i camerieri, con discrezione,

stavano rigovernando la sala. «Mi sa che dobbiamo andarcene», disse. Il vecchio si precipitò a spostare la sedia su cui era seduta. Betta rise: «Sei proprio un signore d’altri tempi». Il vecchio pagò il conto mentre lei era in bagno, si fece chiamare un taxi poi le tenne aperta la porta e le disse, con un certo sussiego: «Classe 1939», «Ti facevo più giovane», disse Betta, anche se non era del tutto vero. «Se fossi stato più giovane saremmo stati costretti a bruciare il piacere di questo incontro secondo il copione tradizionale». «Sesso?» chiese Betta, quando il taxi si fermò davanti al portone di casa sua «Una forma di godimento ampiamente sopravvalutato», disse il vecchio. Poi le baciò la mano e si incamminò a piedi, nel buio, senza chiederle di rivederla. Salendo lentamente le scale si rese conto che le dispiaceva. Mentre stava girando la chiave nella toppa, la porta si spalancò. Tom era lì. In mutande. Furioso. (Continua)

un boss mafioso, l’ultimo erede delle famiglie che spadroneggiano nel New Jersey. Tony è anche un caso clinico, un fragile depresso che ogni settimana deve incontrare una psicoterapeuta. L’impero del male si sta sfaldando, i padri storici rincoglioniscono in qualche casa di riposo, la polizia ha in mano elementi per incastrare la «famiglia», altre bande si fanno avanti. Penso a Jimmy McNulty, alla polizia di Baltimora, all’ambiguità della giustizia. The Wire è Hill Street Blues all’ennesima potenza, con un’attenzione quasi spasmodica ai gerghi, ai particolari, alle psicologie, alle corruzioni, alla complessità dell’indagine: una vera anatomia del crimine. Penso a Don Draper, un edonista votato non alla felicità ma alla ricerca del piacere, più per disprezzo che per cattiva coscienza: «l’universo è indifferente». Don, uno dei Mad Men, è uno strano gaudente governato da un’etica ferrea: il piacere va sudato, con costanza e strategia. Penso a Walter White di Breaking Bad, al suo antieroismo tragico,

all’ambiguità morale dell’universo in cui si muove, al quadro di un mondo al collasso emotivo ed economico. Penso a Dexter Morgan e ai brutti sogni che procura. Non per le scene splatter, non per i modi inusuali in cui vengono tagliuzzate le vittime ma per una ragione più profonda. Dexter ha il brutto vizio di farsi giustizia da solo, è uno psicopatico che vuol mettere ordine nel caos. Penso a tanti altri difficult men. E penso che in tutte le narrazioni mitiche e religiose, il male è posto all’origine del cammino umano. Tornano le solite, inquietanti domande: dobbiamo chiedere alle serie, ai film, ai romanzi di esimersi dal raccontare la criminalità, nel timore che ciò dia origine a comportamenti emulativi? Una conoscenza che non tenga conto del male è una conoscenza in favore del male? L’eroe classico, monolitico nella sua caratterizzazione positiva, si contrappone al cattivo (villain, antagonista), sua immagine speculare e distorta. Tra eroe e cattivo, diversi nelle caratteristiche, ma uguali nel loro essere

fissi, si inserisce il personaggio antieroe, figura complessa che si muove in questo vasto spazio di possibilità narrative e rappresentative. Gli antieroi sono dei rebus narrativi che invitano lo spettatore a risolvere il mistero della loro complicata identità. Vince Gilligan, il creatore di Breaking Bad, ha spiegato al «New York Magazine» le motivazioni alla base del successo degli antieroi seriali: «I gusti di visione sono ciclici. Fra cinque anni forse ci chiederemo “ti ricordi quando a tutti piacevano gli antieroi?”. Per molti decenni invece, i cattivi in tv dovevano sempre essere puniti, e i buoni dovevano essere coraggiosi, sinceri e senza conflitti interiori. Queste erano le regole del gioco (e del mercato). Ma i gusti delle persone sono volubili e ora chi produce una serie può permettersi più sfaccettature rispetto a un tempo, perché il pubblico ormai è pronto a seguirti». L’antieroe è un eroe tragico per nulla preoccupato di perdersi, di avvilire la fatalità, di opporsi a una tragedia declassata. È un uomo dei nostri tempi.

Quaderno a quadretti di Lidia Ravera Le nuove povertà/5 «Che ci fa una come te tutta sola il sabato sera?» Betta decise di non guardare l’uomo che aveva pronunciato la frase. Per paura che fissare lo specchio dietro le bottiglie non fosse un segnale sufficiente a scoraggiarlo, abbassò le palpebre. E restò per un attimo così, immobile, a occhi chiusi, la mano stretta attorno al bicchiere della caipirinha ormai vuoto. Attorno a lei, come un sottofondo naturale, cresceva il ronzio delle conversazioni, interrotto, qua e là, dal trillo argentino di una risata femminile. Betta riaprì gli occhi e si voltò lentamente verso la voce maschile. L’uomo che alzò il calice di prosecco verso di lei non era un uomo. Era un vecchio. Elegante, ma vecchio. Sopra i settanta, certamente, forse anche intorno agli ottanta. Aveva due cuscinetti di pelle rigonfia sotto gli occhi azzurrissimi, il volto magro e abbronzato segnato da rughe profonde, i capelli grigi tagliati molto corti e un sorriso da trentamila euro. Ecco chi mi pagherà la caipirinha, pensò Betta.

E subito dopo provò pena per se stessa. Così il broncio civettuolo che stava organizzando per l’uomo morì sul nascere, consegnandola a una tristezza evidente. «Lo so», disse il vecchio, «era una domanda cretina, un modo per attaccare discorso vecchio come il cucco, ma è una specie di riflesso condizionato. Vedo una bella donna e devo... interagire» «Interagire? Si chiama così?» «Tu come lo chiameresti?» «Rimorchiare?» «No, rimorchiare è troppo forte. Presuppone delle intenzioni moleste e prevedibili che non mi sono mai consentito». «Ah, e che intenzioni ti consenti, in genere?» Betta si rese conto che stava incominciando a prenderci gusto, a quella conversazione. Il vecchio restò, in silenzio, a contemplarla. Le guardò le gambe: il tubino nero, da quando si era appollaiata sullo sgabello, le lasciava scoperte quasi per intero le cosce. Poi guardò il seno, che risultava un po’ schiacciato, il collo. E

A video spento di Aldo Grasso L’antieroe, uomo dei nostri tempi Lo storytelling contemporaneo, in particolare quello seriale, ci pone di fronte a una nuova tipologia di protagonista, non più simbolo dei valori ideali della società come usava un tempo, ma un individuo scontroso, politicamente scorretto e asociale (ma a suo modo fascinoso) che genericamente chiamiamo antieroe. Il concetto di antieroe non ha una definizione univoca. Con questo termine, infatti, si fa riferimento a qualsiasi personaggio narrativo le cui caratteristiche sono contrarie a quelle dell’eroe classico. L’antieroe è un dispositivo narrativo per rovesciare le convenzioni narrative al fine di creare storie più articolate capaci di restituire la complessità del reale, di esplorare temi cruciali per la sensibilità moderna. Gli antieroi sanno quanto sia difficile sopravvivere alle tempeste, ma sanno anche che senza queste tempeste non saprebbero vivere. Nel libro Difficult Men. Behind the Scenes of a Creative Revolution: From The Sopranos and The Wire to Mad Men and Breaking Bad, Brett Martin, nello spiegarci come gli

antieroi delle serie tv riescano a suscitare la nostra empatia e ci permettano di calarci nei panni di chi si spinge oltre il lecito, scrive: «Si tratta di individui che, un tempo, la saggezza popolare avrebbe dissuaso gli spettatori dall’accogliere nei propri salotti: infelici, immorali, contorti e profondamente umani. Questi uomini di finzione mettevano in atto un complesso gioco di seduzione nei confronti degli spettatori, spingendoli a supportare, e persino ad amare, delinquenti che si macchiavano di ogni tipo di crimine, dall’adulterio alla poligamia (Mad Men e Big Love), dal vampirismo all’omicidio seriale (True Blood e Dexter). Ed è stato chiaro che gli spettatori erano disposti a lasciarsi sedurre da questi personaggi nell’istante in cui Tony Soprano, nella prima puntata della serie, è entrato in piscina vestito per dare da mangiare a una famigliola di anatre». Con questi difficult men tutti abbiamo fatto i conti, non solo sul campo, ovvero nella realtà, ma anche al cinema e, più di recente, davanti al video. Penso a Tony Soprano,


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Filetti di pangasio Pelican in conf. speciale, ASC Crispy di pollo Don Pollo in conf. speciale surgelati, busta da 1,5 kg surgelati, 1,4 kg

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6.90 invece di 10.40 Lasagne Buon Gusto in conf. da 2 alla bolognese o verdi, surgelate, 2 x 600 g, per es. alla bolognese

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20% Crodino o Sanbittèr San Pellegrino in conf. da 10 10 x 100 ml, per es. Sanbittèr San Pellegrino, 5.90 invece di 7.40

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