Azione 26 del 24 giugno 2024

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edizione

MONDO MIGROS

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SOCIETÀ Pagina 3

Grazie ai dottor Sogni, bambini e ragazzi dimenticano per un po’ di trovarsi in ospedale

Handbike, nuoto, vela, sci, curling, parapendio, sledge hockey, tennis e scherma per tutti gli InSuperAbili

TEMPO LIBERO Pagina 15

Quelle amicizie pericolose

ATTUALITÀ Pagina 25

Le cose da capire dopo il vertice di pace per l’Ucraina tenutosi al Bürgenstock

Incontro con la coreografa Cindy Van Acker, ospite della seconda edizione di Lugano Dance Project

CULTURA Pagina 37

Rampini Pagina 23

L’incultura al potere

Shakespeare come i furmagiatt. Kant come gli jodler: tutto è «cultura». Uno sveglio libraio me lo fa notare sorseggiando il caffè in centro a Lugano. «Non puoi più permetterti di parlare di cultura alta o bassa, ogni cosa viene messa sullo stesso piano». Ne troviamo indiretta conferma anche nell’intervista a pagina 39 alla responsabile della Direzione Società e Cultura del Percento culturale Migros nazionale Hedy Graber, secondo la quale per l’UNESCO, l’ente culturale delle Nazioni Unite, «tutto ciò che non è natura è cultura». Dovremmo allora dire che saper fare il risotto equivale a scrivere la Divina Commedia? Con tutto il rispetto per la nobile storia delle risaie e per le competenze agricole, tecniche e culinarie che ne derivano, su su fino al piatto fumante che ci mettono sul tavolo, ne dubitiamo. Perché il risotto lo puoi gustare anche se sei ignorante, la Divina Commedia no. Riconosciamo il profondo valore culturale delle

tradizioni, delle professioni, delle scienze e delle competenze non prettamente intellettuali, troppo a lungo ingiustamente considerate «minori». Ma oggi succede il contrario: ci si vergogna della cultura con la C maiuscola. Dev’essere troppo pesante per i lounge bar che contano, quindi viene mimetizzata. Ci sono siti di giornali che non hanno più la sezione «cultura», ma solo voci settoriali come «mostre» (e non «arte») o «libri» (e non «narrativa» o «saggistica»). La cultura è nemica dei «click», meglio nasconderla. «In una società molto individualizzata, è interessante come la cultura stia diventando un fattore di benessere», dice ad «Azione» Hedy Graber. Vero. Ma a noi sembra che spesso, più che un fattore di felicità, la cultura sia considerata un ostacolo non dico al divertimento, ma alla comprensione della realtà. Molti vedono un intellettuale in tv e cambiano canale. Gli «eccessi di istruzione» suscitano sospetto. «Sento un grande livore nei confronti di ca-

tegorie che tradizionalmente fanno riferimento al mondo universitario – scrive un ragazzo su Reddit Italy. Lo studente universitario è un mantenuto ingenuo che non ha mai conosciuto la fatica vera, che dovrebbe quindi iniziare a lavorare prima; i professori diventano i professoroni, quindi gente piena di sé scollegata dalla realtà». Qualche volta è vero. Molte altre no: le scuole sono i luoghi dove da secoli strutturiamo con la fatica dello studio la nostra intelligenza. Tutta questa diffidenza per «chi sa» puzza di soldi. La cultura non paga, non riempie il conto in banca. Non a caso, qualche anno fa, Silvio Berlusconi lanciava l’idea della «scuola delle tre I»: Inglese, Impresa e Internet. L’Odissea? Non pervenuta. L’illuminismo? Pure. Il latino? Bah. Alla fine, la cultura è triturata dai social, che, secondo l’inarrivabile aforisma del compianto Umberto Eco «danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar

dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel».

Esagerazioni? Non credo. I populisti basano buona parte del proprio successo sull’antiintellettualismo, inteso come difesa della «gente comune» contro l’elitarismo politico e accademico delle persone istruite, viste come snob che, felici e beati nelle proprie «torri d’avorio», ignorano i problemi del «popolo». E così succede che alle elezioni europee siano andate a gonfie vele formazioni che negli scorsi anni hanno sposato idee antiscientifiche sul Covid ed esaltato Vladimir Putin come la quintessenza del genio politico. L’incultura al potere. Succede anche che un tempo a illuminare i potenti erano (in parte) gli intellettuali e oggi ci pensano gli «influencer» più trendy di TikTok. Sono più belli di lui, ma preferisco Umberto Eco.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 Cooperativa Migros Ticino
26 ◆ ● G.A.A. 6592 San t’Antonino
Keystone
Federico Carlo Silini

Migros Ticino cala il tris a Bellinzona

Info Migros ◆ Quattro settimane di sconti, omaggi, simpatiche iniziative e animazione per i bambini

A rafforzare l’offerta Migros nella capitale, affiancando la filiale di Bellinzona Centro in Piazza del Sole e l’Outlet Migros di Via Franco Zorzi, ci sarà da questo giovedì il futuristico supermercato Migros di Bellinzona Nord, in via San Gottardo 124.

Accessibilità

Questo strategico negozio, fortemente voluto dall’azienda per aumentare ancor più il radicamento al territorio, completa al meglio la rete di vendita di Migros Ticino nel Sopraceneri. L’esercizio si prefigge l’obiettivo di diventare un nuovo punto di riferimento in zona, servendo al meglio con un’ottica di vicinanza e prossimità la popolazione residente, ma strizzando l’occhio anche ai lavoratori delle zone limitrofe, agli avventori di passaggio e ai numerosi turisti che frequentano la regione e il campeggio nelle vicinanze. Il moderno negozio è ben visibile e collegato, si trova su un’importante arteria viaria e può essere raggiunto comodamente con i principali mezzi pubblici – la fermata del bus è proprio a ridosso della proprietà – e, disponendo di 59 pratici parcheggi gratuiti (22 esterni e 37 interni), anche in automobile. Sono previsti posti auto e casse inclusivi.

Sostenibilità

L’investimento totale ha superato i 12 milioni di franchi e il 90% delle commesse è andato a ditte locali. I lavori hanno tenuto conto degli ambiziosi obiettivi di risparmio energetico fissati dalla Cooperativa. Le strutture e le installazioni, all’avanguardia e super efficienti, sono caratterizzate dai più alti e innovativi standard di costruzione e sostenibilità a livello ambientale. Un moderno ed ecologico sistema combinerà il freddo com-

merciale a riscaldamento e climatizzazione, recuperando calore dai moderni frigoriferi a gas naturale CO2 Inoltre, anche il nuovo impianto d’illuminazione LED a basso consumo farà la sua parte in questo progetto innovativo.

Sul tetto e su una facciata dell’edificio sono stati installati in totale 1’274 moduli fotovoltaici, per una superficie totale di 2’298 metri quadrati: con una produzione annua prevista di oltre 301mila kilowattora, questo enorme impianto è in grado di coprire il fabbisogno annuo di elettricità di più di 80 economie domestiche, con un risparmio di oltre 39 tonnellate di CO2 annue.

L’offerta

Ampio, pratico e luminoso, l’esercizio si presenta al pubblico con una superficie di vendita di circa 809 metri quadrati (400 la domenica) e assortimenti ben calibrati e orientati a soddisfare i più attuali bisogni degli avventori. La clientela avrà la possi-

bilità di farvi sia una spesa quotidiana veloce e completa, sia acquisti settimanali più consistenti. La proposta di prodotti alimentari avrà un forte accento sui freschi, con il vero fiore all’occhiello rappresentato dall’angolo di nuova concezione dedicato alla preparazione di formaggi e salumeria freschi. Completeranno l’offerta il moderno reparto Daily, apprezzato marchio che racchiude una vasta scelta di bibite e cibi freddi e caldi a consumo istantaneo di ottima qualità, e il forno di ultima generazione per la cottura del pane. Sarà quindi garantito anche un vasto assortimento di beni di prima necessità del non food. Rispettando i più alti standard Migros attuali, il negozio disporrà di etichette elettroniche di prezzo a scaffale, di un mix di sistemi di cassa tradizionali attrezzati per disabili e dispositivi per il pagamento con tecnologie self scanning, self checkout e subitoGo (per acquisti veloci tramite telefonino).

Nel centro Migros di Bellinzona Nord troverà posto al pianterreno anche un bar gestito da terzi, con posti

a sedere interni ed esterni, mentre il primo piano è destinato a diventare una pregiata superficie commerciale o amministrativa da affittare per servizi o uffici.

Iniziative per la riapertura

Per sottolineare questo nuovo significativo intervento nella propria rete di vendita, Migros Ticino ha previsto svariate iniziative. Nelle prime quattro settimane d’apertura, vi sarà un 20% di sconto a rotazione su interi settori merceologici. Giovedì 27 e venerdì 28 giugno sarà invece presente in loco lo storico e affascinate camion vendita di Migros Ticino, mentre sabato 29 per i più piccoli dalle 10.30 alle 17.00 è previsto il trucca bimbi. Domenica 30 dalle 11.30 alle 14 grigliata offerta per tutti, con bratwurst e luganighette à gogo. Dal primo al 3 luglio con CHF 50 di spesa si potranno ricevere gli ambiti occhiali da sole Migros e dall’8 al 10 luglio verrà altresì proposto un fantastico concorso, con in palio delle carte regalo Migros: primo premio da CHF 1000! Da 15 al 17 luglio chiudono le quattro settimane di attività e promozioni le sempre apprezzate degustazioni dei prodotti Nostrani del Ticino.

Un team di 13 collaboratori cordiali e preparati

Il responsabile Alessandro Galizia e i suoi 13 collaboratori, cordiali e ben preparati (nella foto), sono pronti a soddisfare i bisogni della clientela con cura e attenzione, in un clima accogliente e famigliare.

Orari di apertura e contatti

Lu-ve e do: 8.00-19.00

Gio: 8.00-20.00

Sa: 8.00-18.30 Tel. 091 821 79 10

Meno complessità, più Svizzera

Info Migros ◆ Migros si separa dai mercati specializzati e concentra le sue attività industriali nella produzione per i supermercati: le domande e le risposte più importanti sulla riorganizzazione strategica

Perché Migros si separa dai suoi mercati specializzati?

Sempre più persone acquistano prodotti elettronici e per il tempo libero online, e la pandemia Covid ha rafforzato questa tendenza. Migros gestisce anche dieci punti vendita OBI in tutta la Svizzera in modalità di franchising: questi rimarranno aperti.

Sono già stati trovati degli acquirenti?

Sì. melectronics è stata acquisita da MediaMarkt. L’acquisizione è ancora al vaglio della Commissione per la concorrenza. Il processo di esternalizzazione di SportX, avviato a febbraio, è ancora in corso. Migros sta cercando nuovi proprietari anche per i mercati specializzati Micasa, Do it + Garden e Bike World.

Verranno rilevate tutte le filiali melectronics?

MediaMarkt rileverà 20 dei 37 negozi melectronics e continuerà la collaborazione con il personale e gli apprendisti già presenti. Le filiali

Lo speciale giubileo per i più piccoli

Moon&Stars ◆ Tutti in Piazza Magnolia

La prima edizione di Moon&Stars si è svolta due decenni fa. Da allora, Piazza Grande offre indimenticabili serate estive e concerti leggendari. È arrivato il momento di festeggiare: non perdetevi quest’edizione! Per celebrare il 20esimo anniversario di Moon&Stars, per la prima volta ci sarà un palco per bambini in Piazza Magnolia. Tre meravigliosi artisti incanteranno grandi e piccoli.

Avventure con zia Carmen

Nei panni di zia Carmen, Carmen Lopes Sway porterà tanta allegria e leggerezza. Le sue storie trattano di temi quotidiani come la noia, una visita dal medico o godere della diversità delle persone. Sabato 13 luglio 2024, ore 16.00; in tedesco.

Andrew Bond saluta Locarno

Dal pop al rock alla musica tradizionale svizzera, Andrew Bond cattura i cuori di tutti. Le sue canzoni raccontano storie di commovente amicizia, divertenti, avventure e sconfinata immaginazione. Domenica 14 luglio 2024, ore 16.00; in tedesco.

Il Professor e la Profesora Bummbastic

rilevate continueranno a essere operative sotto il marchio «MediaMarkt». 17 filiali di melectronics saranno chiuse entro il mese di novembre 2024. Ai circa 100 dipendenti interessati dalla chiusura dei negozi verranno offerte, ove possibile, altre posizioni all’interno o all’esterno del Gruppo Migros. In circa 50 supermercati Migros di dimensioni medio-grandi le aree di vendita melectronics saranno ridotte a un assortimento di base di importanti prodotti di uso quotidiano del settore elettronico.

Potrò continuare a fare acquisti nei mercati specializzati Migros? Sì, i processi di vendita di Micasa, Do it + Garden e Bike World non cambieranno per i clienti. Tutti i negozi continueranno a funzionare in modo affidabile come prima, questo Migros lo garantisce. Anche le garanzie già emanate per i prodotti acquistati da melectronics continueranno a essere valide attraverso Migros. Le e i clienti possono rivolgersi al servizio clienti dei supermercati Migros.

Perché questa riorganizzazione?

Importanti settori del Gruppo Migros vanno molto bene, come Banca Migros, Denner, Migrolino e Digitec Galaxus. È però necessario intervenire in altri settori: nel giro di dieci anni i supermercati hanno perso il 5% della loro quota di mercato. Migros vuole concentrarsi sul suo core business così da essere attrezzata per il futuro. Strutture più snelle e una minore complessità consentono di investire in nuovi negozi e di abbassare i prezzi.

Come si sta riposizionando l’Industria Migros?

In futuro, l’Industria Migros si concentrerà sul suo ruolo di produttore per i supermercati Migros e sulla produzione di marchi privati per conto di terzi. Di conseguenza, diversi settori del produttore alimentare Delica AG, comprese le società estere, saranno ridotti. Il trasformatore di latte Elsa Group sta pianificando di ridurre le attività della sua filiale Schwyzer Milchhuus nella Svizzera Centrale. Anche la sede centrale di Migros-In-

dustria a Zurigo sarà riorganizzata nell’ambito della nuova strategia.

Ci saranno licenziamenti?

Purtroppo non è possibile evitare i licenziamenti. Migros prevede che nell’ambito della trasformazione dovranno essere tagliati fino a 1500 posti di lavoro. In seguito alla vendita dei mercati specializzati, i servizi centrali forniti dalla Migros mercati specializzati SA non saranno più necessari. Nel caso di melectronics, ciò riguarda 50 posti di lavoro che andranno persi in settori come l’approvvigionamento e il marketing.

Nell’Industria Migros, la nuova strategia comporterà il taglio di circa 365 posti di lavoro in diversi settori. Di questi, circa 100 posti di lavoro potranno essere ridotti grazie alla fluttuazione naturale e senza licenziamenti. Per i dipendenti interessati è previsto un piano sociale articolato. Le e i dipendenti interessati riceveranno inoltre un sostegno attivo al fine di trovare un posto di lavoro all’interno o all’esterno del Gruppo Migros.

Il duo, costituito dal Professor e dalla Profesora Bummbastic, porterà in Piazza Magnolia uno science show spettacolare, divertente ed educativo grazie a piccoli esperimenti ed elementi di spettacolo musicale. Per tutta la famiglia. Domenica 21 luglio 2024, ore 16.00; in tedesco e italiano. Moon&Stars non invita a scoprire solo Locarno con la sua Piazza Grande, ma anche Piazza Piccola, con la sua ruota panoramica, e la Food&Music Street.

Per informazioni www.moonandstars.ch

Concorso «Azione» mette in palio 3 pacchetti famiglia (4 ticket ciascuno) per il Bambini Stage. Mandate una e-mail a giochi@azione.ch (ogg. «Bambini») entro domenica 30 giugno 2024 (estr. 1. luglio). Buona fortuna!

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 2
Oleg Magni

SOCIETÀ

Anticonformista e musa

Claudia Quadri riscopre la stilista luganese Elsa Barberis (1902-1991), oggi fonte di ispirazione per le nuove generazioni del settore della moda

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Grecale Folgore: può pesare un fulmine? Il primo SUV interamente elettrificato di Maserati riapre la questione intorno agli eccessi di prestazioni

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Sempre di più si ricorre al Social freezing La crioconservazione degli ovuli attira molte giovani donne che per varie ragioni ancora non si sentono pronte per una gravidanza

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Dieci nuovi dottor Sogni per Theodora

L’altra medicina ◆ Il prezioso lavoro della Fondazione elvetica continua a portare un grande sorriso tra le corsie degli ospedali

Tutto avresti immaginato, tranne che poter ridere e dimenticare almeno per qualche attimo di essere in ospedale. Per i bambini visitati dai dottor Sogni, lasciarsi andare a momenti di ilarità e spensieratezza è un toccasana. Per la Fondazione Theodora – attiva da 31 anni in Svizzera (nonché in Italia, Spagna, Inghilterra, Bielorussia e Hong Kong) rappresenta una missione quotidiana. Camice bianco pieno di cuori e colori, sguardo buffo e stravagante, queste presenze professionali, solo in apparenza estranee al contesto sanitario, sono sempre più richieste. Tanto che la Fondazione ha da poco deciso di reclutare in Svizzera dieci nuovi dottor Sogni portando a quota 78 il proprio numero di artisti professionisti attivi settimanalmente in 32 ospedali e 27 istituti specializzati per bambini con disabilità.

Le nuove leve si stanno formando presso la Fondazione Theodora, in collaborazione con l’Accademia Dimitri e l’Institut et Haute Ecole de la Santé La Source; dal prossimo gennaio conseguiranno il diploma e l’abilitazione. Ne parliamo con Simona Schlegel, del team di comunicazione della Fondazione Theodora.

La Fondazione Theodora porterà a 78 il numero degli artisti professionisti attivi settimanalmente in 32 ospedali e 27 istituti per bambini con disabilità

Signora Schlegel, ci spiega i contenuti del nuovo percorso formativo?

La formazione prevede quattro moduli teorici che vengono completati da visite sul campo accompagnate da colleghi già esperti, e si sviluppa per la durata di un anno affrontando diverse tematiche, tra cui nozioni di psicologia, lo sviluppo del bambino, la malattia, l’igiene, l’improvvisazione. Gli iscritti sono tutti già attivi nel campo artistico, anche perché psicologicamente non sarebbe possibile svolgere la professione di dottor Sogni a tempo pieno. Le prime esperienze sono ottime, gli artisti in formazione sono già in grado di calarsi nel loro nuovo ruolo.

Ma quali sono i requisiti per accedere al percorso proposto dalla Fondazione Theodora? Occorre avere una certa esperienza di vita, il target va dai 30 anni in su, e tutti hanno già un background artistico: attori di teatro, clown, maghi, circensi. Umorismo, capacità di improvvisare, attitudine giocosa, per la maggior parte di loro questi sono requisiti che hanno già nel sangue. Altre qualità richieste sono l’empatia, la capacità di ascolto, capire con immediatezza i bisogni del

bambino, dei genitori e del personale ospedaliero. Occorre inoltre essere persone sensibili, non egocentriche, ossia non incentrate su di sé, perché la missione richiesta non è una scena di teatro, bensì il saper fornire un aiuto che non si limiti alla capacità di portare risate, ma soprattutto distrazione, un aspetto molto utile ad esempio quando un bambino deve affrontare un prelievo di sangue o interventi difficili. È utile portare ai piccoli felicità e gioia.

I dottor Sogni sono dei clown? Sono molto di più. Si ispirano senz’altro alla clowneria, ma anche alla goffaggine, hanno doti di ascolto, e

poi usano trucchi di magia spesso amati dagli adolescenti. Ma il tutto non si riduce a qualche risata. Con i pazienti a lunga degenza, così come con i loro genitori, si instaura spesso anche un’amicizia.

Come si svolge il turnover lavorativo?

I dottor Sogni, una volta formati, entrano nell’organico della Fondazione Theodora. Esiste una precisa pianificazione delle visite che si rinnovano ogni settimana in 32 ospedali (il primo dei quali è stato il CHUV di Losanna) e in 27 istituti specializzati, cosicché ogni artista ottiene con largo anticipo il proprio piano di la-

voro. Abbiamo sei programmi, con visite che si svolgono nelle camere, ma anche al pronto soccorso, in sala operatoria e in istituti per bambini con disabilità. In Ticino siamo attivi negli ospedali regionali di Bellinzona, Locarno e Lugano e all’OTAF di Sorengo. I dottor Sogni seguono inoltre una formazione continua e svolgono incontri di supervisione individuali o di gruppo, in cui ottengono momenti di supporto, in particolare nei casi difficili confrontati con i pazienti più gravi.

Ma qual è il riscontro sul terreno con i bambini e i genitori?

Negli ultimi anni l’attività è mol-

Per un po’ di leggerezza in un luogo di sofferenza

Tra i dottor Sogni in formazione, c’è Brita Kleindienst, 39 anni, norvegese e in Ticino dal 2006, quando si è iscritta all’Accademia Dimitri seguita fino al Master. Kleindienst è tra le fondatrici della compagnia di maschere di Locarno «PerpetuoMobileTeatro»: «Diventare dottor Sogni era un mio… sogno da tanto tempo, ancora prima di concludere la formazione teatrale: lavorare in ospedale, portare un po’ di leggerezza in un luogo di sofferenza».

Qual è stato il suo primo approccio pratico sul campo?

Finora ho svolto tre visite, seguita da due esperti già formati. È ancora poco ma ne sono rimasta molto af-

fascinata: ci sono momenti in cui è ben chiaro e ovvio quanto il nostro lavoro sia importante. Siamo di sostegno per i bambini ma anche per i genitori. Possiamo portare non solo un po’ di distrazione e di gioia, che è già tantissimo, ma possiamo anche fornire aiuto negli interventi medici perché siano meno traumatici. Durante il prelievo di sangue ho avuto una bellissima esperienza: l’attenzione del bambino dall’ago si spostata sul gioco e tutto è andato per il meglio. Il lavoro che svolge la Fondazione Theodora è fantastico.

Di quali capacità teatrali si serve? Io vengo dalla recitazione e dal teatro di movimento, perciò in questa

nuova formazione la mia figura artistica sarà ancora tutta da scoprire: è un processo ancora in divenire. Adesso mi sto approcciando alla musica e orientando verso la magia. Anche il nome artistico di dottor Sogni non l’ho ancora veramente scelto, ma ho un’idea: dottoressa Principessa. Lavorare sul palco è diverso, lì c’è più distanza. Invece in reparto l’approccio è di uno a uno, vedi subito la reazione e l’impatto che ottieni. I bambini, ma anche gli adolescenti, contrariamente a quel che temevo, accolgono volentieri la nostra presenza. Anche per la maggior parte dei genitori è così, ma a volte sono comprensibilmente più in difficoltà dei loro figli.

to cresciuta, in particolare nell’ambito delle emergenze e delle operazioni. I dottor Sogni sono sempre più richiesti. Si parla maggiormente di umanizzazione negli ospedali e della necessità di aumentare il benessere per i bambini e le famiglie, e i dottor Sogni sono proprio una parte di questo processo. Lo stesso personale medico si dice convinto che «più ce ne sono e meglio è». Le strutture e i medici sono sempre più coscienti che i bambini all’ospedale devono affrontare prove difficili e la presenza dei dottor Sogni è di grande sollievo e aiuto sia per loro sia per i genitori e per il personale. Per i bambini diventa meno doloroso e anche il ricordo dell’esperienza ospedaliera viene elaborato più facilmente. La missione della Fondazione Theodora (donazioni sono possibili al conto IBAN CH51 0900 0000 1006 1645 5) è di contribuire al benessere dei bambini negli ospedali e in istituti specializzati attraverso l’inesauribile potere dell’immaginazione e tutta l’energia positiva che ne risulta. Il sorriso porta benefici al corpo e alla mente, facilita la guarigione.

Ognuno dei vostri dottor Sogni possiede proprie specificità e anche un soprannome – alcuni dei quali suscitano immediata ilarità. L’individualità artistica viene creata durante l’anno di formazione. I soprannomi sono sempre molto fantasiosi e variegati, ed è importante che sia così, come quello di una delle nostre colleghe, la dottoressa Tiramisù

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 3
A destra, l’artista norvegese Brita Kleindienst, un giorno forse dottoressa Principessa (Angélique Bühlmann) Guido Grilli

Dolci tentazioni dalla Svizzera

A Coyoacàn, tra le mura di Casa

Reportage ◆ Da artista tormentata a militante rivoluzionaria, per poi trasformarsi in icona pop, la mitica pittrice messicana dall’inossidabile

Attualità ◆ Le gustose ciliegie indigene sono ora di stagione. Raccolte a mano nella Svizzera interna, approdano freschissime nei negozi Migros a poche ore dalla raccolta

Azione 20%

Ciliegie svizzere Bio 500 g Fr. 6.80 invece di 8.50 dal 25.6 all’1.7.2024

Al Nord delle Alpi è iniziata la raccolta delle ciliegie svizzere che si protrarrà almeno fino alla fine di luglio. L’Associazione Svizzera Frutta prevede quest’anno un’ottima stagione per i rossi frutti, tanto da stimare una raccolta di ca. 2600 tonnellate. Malgrado la pioggia, le coltivazioni sono in buone condizioni e la qualità dei frutti è eccellente. A livello nazionale, la superficie dedicata alla produzione di ciliegie si aggira sui 522 ettari.

I maggiori produttori

toni della Svizzera Settentrionale. I principali produttori, in ordine di superficie dedicata, sono Basilea Campagna e Basilea Città (ca. 103 ha); Argovia (80 ha); Turgovia (79 ha) e Berna (53 ha). Nella Svizzera romanda il maggior produttore è il canton Vaud (40 ha), seguito dal Vallese con 26 ha.

copertura dei frutteti con speciali pellicole che proteggono i frutti dalle forti intemperie, come pure dalla posa di reti laterali a maglie fini che rendono difficile l’accesso di parassiti come le mosche e i moscerini del ciliegio.

Benefiche per la salute

La ricetta

Panna cotta alle ciliegie

Delicato dessert estivo: con la salsa delle ciliegie fatte sobbollire brevemente con la vaniglia si dà vita a un budino servito con i frutti stessi.

Dessert per 4 persone (4 formine da ca. 1,5 dl)

Ingredienti

• 300 g di ciliegie rosse o nere

• 4 fogli di gelatina

• 1 baccello di vaniglia

• 1 dl d’acqua

• 50 g di zucchero

• 3 dl di panna

Preparazione

A farla da padroni nella produzione indigena di ciliegie sono alcuni can-

Oltre quattrocento opere false disseminate in giro per il mondo, un tempestoso matrimonio con un artista narcisista ed esibizionista come Diego Rivera, spericolate avventure sentimentali, vere o presunte, con protagonisti del Novecento, dal rivoluzionario russo Lev Trotskij (o Leon Trotsky) alla fotografa Tina Modotti e alla leggendaria cantante Chavela Vargas.

Protezione ottimale dei frutteti

Senza una protezione efficace delle colture da parte dei produttori non sarebbe possibile godere pienamente della bontà delle nostre ciliegie svizzere. Questo è possibile grazie alla

tour mondiale di Madonna a Città del Messico, che a sua volta aveva indossato in passato un corsetto ispirato a quello ortopedico della pittrice messicana. Omaggi non casuali legati alla sfrenata ammirazione, quasi una devozione, della pop star per eccellenza per chi, come e prima di lei, aveva saputo reinventarsi e ribaltare disinvoltamente ogni schema.

Tomino al cartoccio

Le varietà più diffuse Grazie all’introduzione di diverse varietà di ciliegie con cicli di maturazione differenti, è possibile garantire la fornitura di ciliegie svizzere almeno fino alla fine del mese di luglio. Le principali varietà di ciliegia coltivate in Svizzera sono Kordia, Regina, Dollenseppler, Star e Vanda.

influenzato la sua pittura, nei mercati traboccanti di vita e colori, tra i «fabbricanti di sogni», gli artigiani che ancora oggi danno vita a un fantasmagorico universo di tessuti, terracotta e cartapesta, o a braccetto delle donne truccate da scheletri che indossano corone di fiori per celebrare il Dia de los Muertos, la più intima delle innumerevoli feste messicane, di cui avremo ancora modo di parlare.

Le ciliegie svizzere non sono solo buone, ma fanno bene anche al nostro organismo. Sono per esempio ricche di antiossidanti come la vitamina C, utile a proteggere le cellule e migliorare le difese immunitarie; contengono sostanze antiinfiammatorie; sono una buona fonte di fibre, che svolgono un ruolo importante nelle funzioni digestive e sono una fonte naturale di melatonina, che può aiutare a migliorare la qualità del sonno. Inoltre, grazie al buon contenuto di zuccheri naturali, forniscono rapidamente energia al nostro corpo.

ro sfacciatamente blu elettrico, in un giardino popolato di enigmatiche statue precolombiane dove la padrona di casa si materializza tra fantasmagorici diavoli di papier-mâché; è solo una fotografia quasi sommersa dai fiori, ma la forza magnetica del suo sguardo è intatta.

Ammorbidite la gelatina in acqua fredda. Snocciolate le ciliegie. Incidete il baccello di vaniglia per il lungo e raschiate i semini. Fate sobbollire le ciliegie, l’acqua, lo zucchero, il baccello e i semini di vaniglia a fuoco medio per ca. 5 minuti. Filtrate la salsa di ciliegie in una pentola. Mettete le ciliegie da parte ed eliminate il baccello. Versate la panna nella salsa di ciliegie. Portate a ebollizione e togliete la pentola dal fuoco. Strizzate bene la gelatina e incorporatela. Mescolate finché la gelatina si è sciolta. Versate la panna alle ciliegie nelle formine, coprite con la pellicola trasparente e mettete in frigo per ca. 2 ore. Prima di servire mettete brevemente le formine in acqua calda. Capovolgete la panna cotta sui piatti e servitela con le ciliegie messe da parte.

Il mito di Frida sembra ingigantirsi con il passare degli anni grazie alla sua straordinaria capacità di parlare a ogni generazione

Attualità ◆ Il tipico formaggio fresco è ottimo anche gustato alla griglia

Il formaggio tomino non è apprezzato solamente fresco, con un filo di olio, sale e pepe e accompagnato da una croccante insalata di stagione; questa tipica specialità particolarmente diffusa anche da noi si presta bene anche per essere grigliata. Grazie al tomino avvolto nell’apposita carta di cottura, portare in tavola una gustosa e fondente pietanza in men che non si dica è davvero semplicissimo.

A settant’anni dalla morte, avvenuta il 13 luglio del 1954, l’inossidabile fascino di Frida Kahlo ha superato la boa del terzo millennio, apparentemente invulnerabile ad avversità e contraddizioni che avrebbero schiacciato chiunque.

Il mito di Frida sembra ingigantirsi con il passare degli anni grazie a una straordinaria capacità di parlare a ogni generazione – uscendo dai confini, fisici e artistici, delle sue opere –e a una travolgente abilità di metabolizzare colori, emozioni e vissuto della straordinaria cultura popolare messicana. È lì che va ritrovata più che nei musei, in quegli angoli di Messico di cui si è nutrita la sua immaginazione, tra gli ex-voto delle chiese che hanno

Paure, amori, inquietudine, dolore, Frida ha saputo rappresentare complessità e tormenti di un mondo femminile estremamente contemporaneo grazie soprattutto a una teatrale capacità di mettere in scena una vita da melodramma, passando disinvoltamente dal tormento dell’artista al ruolo più o meno credibile di militante rivoluzionaria per poi trasformarsi in icona pop.

posizionare il formaggio con la sua carta direttamente sulla griglia, non a fiamma diretta, e cuocerlo a fuoco medio-basso per una quindicina di minuti. In alternativa, può essere preparato anche nel forno oppure nel microonde.

Per farla rivivere sul grande schermo ci voleva un’altra messicana, Salma Hayek che la interpretò in Frida nel 2002 per poi rievocarla quest’anno con un costume ispirato alla Kahlo sul palco del concerto di chiusura del

Il tomino proposto in offerta questa settimana alla Migros è un formaggio a pasta molle a base di latte vaccino svizzero pastorizzato, ed è pronto al consumo dopo una maturazione di una settimana.

C’è un luogo che sembra un frammento di cielo dove tutto questo ha preso forma, la Casa Azul annidata in una strada silenziosa del quartiere più intellettuale di Città del Messico, Coyoacàn dove il frenetico vitalismo della megalopoli sembra fermarsi un attimo per riprendere respiro. Il segre to per avvicinarsi a Frida senza esse re travolti dal feticismo che da sempre la circonda è nascosto dietro un mu

L’atmosfera magica con cui Frida avvolgeva chiunque la incontrasse è sbocciata qui, dove nel 1907 Magdalena Carmen Frida Kahlo Calderòn nacque e nel 1954 morì, nella casa della sua famiglia e di suo padre, il fotografo Guillermo Kahlo, dove da ragazzina scrisse un diario, perduto e ritrovato molto tempo dopo, in cui

dimenticò mai, al punto da dedicarle un quadro famoso, Las dos Fridas Oggi Frida è ancora qui, perlomeno le sue ceneri, raccolte in un’urna precolombiana in quello che era il «luogo sacro» simbolo della sua indipendenza e del suo sovrano disprezzo di ogni convenzione. Qui la sofferenza si trasformava in creatività. Qui ha ritratto ossessivamente il proprio corpo dilaniato dal terribile incidente che a diciotto anni le spezzò la spina dorsale costringendola a una vita di sofferenze. Qui ha vissuto con Diego Rivera, artista simbolo dell’arte messicana post-rivoluzionaria. «Era un tremendo opportunista, un comunista

nativo e antigovernativo nello stesso tempo. Con Frida poi si comportava mostruosamente, la trattava come una

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 16
Coyoacín: la Casa Blu fu l’abitazione dal 1929 al 1945 della pittrice messicana Frida Kahlo, moglie di Diego Rivera; sotto, le tehuanas sono l’archetipo di un questi abiti tradizionali. In basso a destra, Teotihuacán, Piramide del Sole, dove si narra che Lev Trotskij e Frida iniziarono una relazione sentimentale.
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L’anticonformismo di Elsa Barberis piace ai giovani

Moda ◆ La collaborazione del progetto ideato da Claudia Quadri con il settore formativo potrebbe proseguire con un’esposizione Stefania Hubmann

Lo spirito del personaggio, la sua forza vitale, l’abilità creativa e l’intenso lavoro, senza dimenticare le gioie della vita. Questi, i tratti che più colpiscono di Elsa Barberis (1902-1991), stilista luganese affermatasi nell’alta moda internazionale fra gli anni Quaranta e Sessanta del secolo scorso. Lo conferma anche la scrittrice Claudia Quadri, ideatrice del progetto Barberis: a lei, in quanto regista, va il merito di aver riportato in vita una donna all’avanguardia e di successo attraverso il film Elsa Barberis, una pioniera dimenticata. Oggi la Barberis è anche fonte di ispirazione per le nuove generazioni del settore della moda. Il progetto Barberis ha infatti coinvolto la STA (Scuola specializzata superiore di abbigliamento e design della moda) e il CSIA (Centro scolastico per le industrie artistiche), permettendo in primo luogo di riprodurre modelli originali di Elsa Barberis e campioni di tessuti da lei utilizzati. Studentesse e studenti sono inoltre stati incoraggiati a reinterpretare lo stile Barberis in chiave contemporanea, sotto la guida delle docenti Valeria Gilardi (STA) e Sara Forzano (CSIA).

Il progetto ha poi avuto un risvolto pubblico al termine della recente proiezione del film alla Lux Art House di Massagno. Alcune immagini d’epoca del film si sono infatti materializzate in una breve sfilata di moda. Per giungere a questi obiettivi è stato necessario un impegno su più anni, in particolare da parte della regista.

Quando cerca una figura femminile per il suo contributo al volume Projekt Schweiz (Unionsverlag, 2021) – 44 ritratti di personaggi che hanno caratterizzato la Svizzera – Claudia Quadri consulta gli Archivi Riuniti Donne Ticino e scopre Elsa Barberis. «Sono rimasta subito colpita dalla sua personalità – ricorda la regista – man mano sempre più interessante. Elsa Barberis ha lavorato sodo da autodidatta in tempi economicamente difficili. Sicura di sé ed estroversa, è diventata un’ottima ambasciatrice dei suoi abiti, ironizzando sui propri di-

Viale dei ciliegi

Attilio

Buonanotte Orsetto! e Mau e Bau

Lapis Edizioni (Da 2 anni)

Stavolta la rubrica vuole essere un omaggio a un grande maestro della letteratura per l’infanzia, Attilio Cassinelli, in arte Attilio, che il 18 giugno avrebbe compiuto 101 anni, e che invece ci ha lasciati a qualche giorno dal suo compleanno, come andandosene in punta di piedi, con la gentilezza mite che l’ha contraddistinto in vita. Pittore, designer, illustratore, poeta, Attilio è stato sulla scena della migliore letteratura per l’infanzia internazionale sin dagli anni Sessanta, e ha lavorato fino all’ultimo giorno, creando sempre nuove storie, pur restando fedele al suo inconfondibile tratto, geometrico e caldo al contempo, in grado di coniugare con grazia il rigore delle linee e l’espressività vivacissima dei personaggi. Chi oggi è adulto magari non associa l’artista al nome Attilio, ma appena vede uno dei suoi personaggi stagliarsi sulla pagina, con la nettezza dei contorni spessi e neri e dei colori piatti e pieni, immediatamente ha l’illuminazione di un ricordo che

fetti fisici. Il suo sorriso trasmette invece il suo amore per la vita». Il successo di Elsa Barberis nella haute couture nazionale si consacra con la partecipazione alla Settimana Svizzera della Moda del 1943 a Zurigo. Qui, e a Vulpera nei Grigioni, presenterà le sue collezioni anche negli anni seguenti, raccogliendo apprezzamenti non solo dalla clientela facoltosa, ma anche da attrici famose nel mondo intero come dalla statunitense Gloria Swanson. Tracce di questa conoscenza, Claudia Quadri le rinviene con soddisfazione in un’agenda. Nel 1958 Elsa Barberis disegna pure una serie di modelli per la seconda edizione della SAFFA (Schweizerische Ausstellung für Frauenarbeit). «Uno dei modelli proposti alla SAFFA figura sulla copertina di una rivista ticinese che mi è stata consegnata dopo la proiezione del film a Massagno», prosegue la regista che sta ora lavorando per aggiungere una mostra al progetto Barberis: «Speriamo di poter arricchire quanto emerso finora con nuovo materiale, anche perché gli abiti originali rimasti sono pochi. Ben venga quindi ogni nuovo contributo, frutto del ritrovamento di vestiti o di altri oggetti legati all’attività di Elsa Barberis. Sappiamo che ha commissionato gioielli e lavorato con partner sul territorio per quanto riguarda scarpe e cappelli. È stata una donna moderna dai molteplici talenti, da ricordare anche quale imprenditrice avendo dato lavoro a decine di collaboratrici. Attraverso i suoi abiti ha plasmato un certo gusto e incarnato una mentalità all’avanguardia».

La sua moda comoda ma raffinata riflette le esigenze di una donna moderna che guida, viaggia, pratica sport. I modelli ricreati dalla STA sono quindi interessanti anche per i temi che introducono. Valeria Gilardi, docente di design del prodotto, è affascinata dalla donna libera che emerge dalle sue creazioni, pur tenendo alle tradizioni nella scelta dei materiali. «Questa collaborazione – precisa la docente – ha rappresentato un

unicum per la STA, scuola superiore il cui profilo di Tecnico diplomato SSS di tessile e dell’abbigliamento, moda e tecnologia (TTA) ha il compito di industrializzare i prodotti di abbigliamento. Nell’anno scolastico 2020-2021 abbiamo colto l’opportunità di collaborare con Claudia Quadri adattando la proposta al nostro percorso formativo. Abbiamo realizzato 8 total look storici composti da 14 pezzi e 21 total look contemporanei (32 modelli più gli accessori) ispirati ai codici stilistici Barberis». Fra i capi simbolo di Elsa Barberis riprodotti nel 2021 Gilardi ne cita due: «La gonna a portafoglio, considerata un emblema dei movimenti femminili, e la giacca oversize ispirata al guardaroba maschile».

Per quanto riguarda i tessuti, Elsa Barberis privilegiava le fibre naturali, come cotone, lino, canapa, juta e lana. Undici allievi e allieve della Sezione

gli ha nutrito l’infanzia. Come non ricordare Samuele il coniglio, Pericle il gatto, Orsetto, e tutti gli altri. Attilio non è conosciuto, ma è ri-conosciuto, ha affermato la figlia, Alessandra Cassinelli, che cura l’edizione dei suoi recenti lavori, ora pubblicati da Lapis, dopo la lunga collaborazione dell’artista con Renato Giunti. Le sue opere sono tradotte in molte lingue, e hanno ottenuto vari riconoscimenti internazionali, tra cui la Menzione speciale alla Carriera del Bologna Ragazzi Award. Dicevamo che chi oggi è adulto lo ricorda con entusiasmo, ma la cosa bella di Attilio è che non ha mai smesso di entusiasmare i bambini, arrivando con una freschezza attualissima anche ai

piccoli lettori di oggi. Del resto aveva precorso i tempi: parlava di temi ambientali in anticipo sui tempi; si rivolgeva in modo immediato ai piccolissimi quando ancora nessuno parlava di «Nati per Leggere»; fu un antesignano dei libri senza parole, ben prima che diventassero di tendenza e si chiamassero sussiegosamente «silent books». Sapeva raccontare, e illustrare, storie in cui la semplicità era un punto di arrivo, capaci di parlare a tutti i cuori. Le sue pubblicazioni più recenti, da poco uscite da Lapis, sono per l’appunto due «senza parole» (ma quante parole faranno sorgere, nell’interazione tra adulto e bambino, sfogliandone le pagine!). In Buonanotte Orsetto!, vediamo un bimbo (o bimba, il fatto che dalle lenzuola emerga solo parte della testolina permette un’identificazione sia per le lettrici sia per i lettori) che dorme con il suo orsetto, un po’ sporco. È notte, c’è la luna. La sveglia segna le nove. Arriva la mamma (o la nonna, o la tata, si vedono solo le pantofole azzurre e un lembo della gonna) e toglie l’orsetto dal letto, buttandolo nella cesta dei giocattoli. L’orsetto è triste (Attilio è efficacissimo nel di-

Chi possiede

vestiti o altro materiale legato all’attività di Elsa Barberis può contattare Claudia Quadri all’indirizzo mail quadri.clau@ gmail.com.

loro realtà. La presentazione di Claudia Quadri ha però messo in luce il carattere non conformista della stilista, personaggio curioso che ha catturato la loro attenzione». Aggiunge la docente: «Il gruppo del primo anno ha lavorato sui modelli originali della collezione dedicata ai villaggi ticinesi, mentre gli studenti del secondo anno su quelli relativi allo sport e al tempo libero. Il lavoro sul telaio per realizzare i campioni è stato preceduto da un’analisi del materiale di partenza per riconoscere le armature (gli intrecci), le fibre e i colori».

creatori di tessuti del CSIA ne hanno riprodotti e poi reinterpretati alcuni. A guidarli un team di cinque docenti fra cui Sara Forzano, responsabile della Sezione. Pure lei esprime il suo entusiasmo per il progetto che ha permesso agli studenti di confrontarsi con la creatività di un personaggio carismatico quale è stata Elsa Barberis. «Il suo credo di passione e fiducia nel lavoro offre ai giovani una chiave di lettura per il loro futuro, nel proseguire gli studi o nell’iniziare un’attività professionale. Questa esperienza ha trasmesso molta energia che stimola a lavorare, a osare superando gli schemi, a perseguire un’idea di benessere nell’ambito del proprio lavoro». Non è stato tuttavia immediato l’interesse degli allievi: «Bisogna ammettere – risponde Sara Forzano – che all’inizio erano un po’ perplessi. Essendo adolescenti, il mondo di Elsa Barberis appariva lontano ed estraneo alla

La collaborazione del progetto Barberis con il settore formativo potrebbe proseguire, vista l’intenzione di organizzare un’esposizione che raccolga materiale originale come pure la produzione delle scuole. Fra gli auspici di Claudia Quadri anche la realizzazione dei modelli presentati alla SAFFA. Per la regista infatti Elsa Barberis rappresenta non da ultimo «una figura emblematica di un mondo femminile operoso che in quegli anni lavorava più che altro nell’ombra. Inoltre, il suo coraggio e il suo impegno possono fungere da esempio per le giovani generazioni».

Mentre la formazione nell’ambito della moda in Ticino viene oggi sostenuta e potrà contare fra qualche anno sul nuovo Centro professionale tecnico del settore tessile che sorgerà a Chiasso, il recupero di figure come quella di Elsa Barberis offre nuovi stimoli all’interno di diversi curricoli, favorendo il legame con il territorio e le sue tradizioni. L’entusiasmo contagioso suscitato dal progetto Barberis è significativo del valore della sua protagonista che ha conosciuto il successo attraverso una concezione progressista della moda pur partendo da una realtà provinciale. Se negli anni Sessanta ciò non è bastato a tramutare quel successo in una spinta per ulteriori sviluppi, ora le premesse sono diverse ed Elsa, come viene affettuosamente chiamata dalle intervistate, è più attuale che mai, con il suo stile, il suo spirito, la sua visione.

segnare le emozioni sui volti con pochi tratti), ma non si perde d’animo e prende un’iniziativa: andrà in bagno a lavarsi! Asciugamano, spazzola, doccia, sapone, spazzolino, dentifricio, ogni momento dell’igiene in autonomia è raffigurato con vivacità e umorismo, incentivando l’adesione cognitiva ed emotiva dei bambini. E ora Orsetto è felice, perché può tornare a nanna col suo bambino (o bambina). E quando è vicino a lui (o a lei) il sorriso è ancora più grande. L’orologio segna le dieci. Quante cose può insegnare (senza volerlo fare!) una storia! Mau e Bau racconta, come nelle fiabe, un piccolo viaggio di formazione: un gattino fugge da un cane arrogante, ma ciò che accade nella sua fuga lo cambierà, rendendolo capace di tornare, più sicuro e cresciuto, ad affrontare il cagnone bullo. Profondità minimalista allo stato puro.

Attilio Pinocchio

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Le illustrazioni di Attilio hanno una tale immediatezza che a volte fanno

dimenticare le sue parole: ma Attilio è anche scrittore, con un talento poetico sopraffino, degno del miglior Sergio Tofano nella capacità di condurre il lettore (o meglio ancora: l’ascoltatore) con leggera eleganza, nel ritmo e nella musica dei suoi testi, molto spesso in versi, in baldanzosi ottonari, o in più narrativi endecasillabi, come in questa straordinaria riscrittura del capolavoro collodiano. Uscito qualche mese fa, il Pinocchio di Attilio farà la gioia dei bambini che avranno la fortuna di sentirsene leggere i versi, empatici con il testo originale, ma con guizzi folgoranti di creatività personale, come nell’incantevole chiusa, che vi lasciamo il piacere di scoprire.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 7 SOCIETÀ
di Letizia Bolzani ● La locandina del film di Claudia Quadri.

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L’insostenibile peso di un lampo

Motori ◆ Grecale Folgore, in assoluto il primo SUV interamente elettrificato di Maserati, affascina nonostante convinca poco la necessità di concedergli una batteria tanto pesante

Mario Alberto Cucchi

Nel mese di giugno a Modena, nel quartier generale mondiale della casa del tridente, Maserati ci ha permesso di guidare il suo ultimo gioiello: Grecale Folgore. Folgore è una parola che deriva dal latino «fulgere» che vuol dire lampeggiare. Un sinonimo di fulmine. Un esempio pratico? Si dice «essere colpiti da una folgore»! Noi indubbiamente siamo stati colpiti da Maserati Folgore durante il primo incontro in cui l’abbiamo solo vista: correva l’anno 2023. Eravamo rimasti impressionati per la ricercatezza degli interni. «L’evoluzione – spiega il management Maserati – si riflette nell’uso di materiali innovativi come l’ECONYL®. Una nuova fibra, dall’estetica unica: nylon rigenerato ottenuto recuperando i rifiuti di nylon (reti da pesca provenienti dagli oceani e dall’acquacoltura, e tant’altro) e trasformato in filato di nylon vergine di qualità per l’industria della moda e degli interni. Questo materiale esclusivo, dalla superficie unica e altamente opaca – ricorda il tessuto di una muta, combinato con la lavorazione al laser – presenta un design parametrico che esprime un dinamismo naturale». Sicuramente poetici, ma ai clienti piacerà?

Noi, adesso che abbiamo potuto anche provarla su strada, ne siamo entusiasti. Sono apparsi subito eviden-

ti i suoi punti di forza. Innanzitutto si tratta di un’auto completamente elettrica. Già, non va messa né benzina né gasolio. Per dirla tutta si tratta del primo SUV 100% elettrico di Maserati. Proprio così: da un anno, la casa di Modena ha in gamma anche gli Sport Utility Vehicle. Chissà come Alfiero Maserati, nel 1914, quando lavorava solo sulle auto da corsa, avrebbe definito i SUV? Era inevitabile che, dopo oltre cent’anni, tutto sarebbe cambiato.

D’altronde, da tempo è di moda tra le Case automobilistiche produttrici di vetture sportive mettersi a realizzare anche dei SUV molto sportivi. Basta citarne pochi per darne prova: Urus di Lamborghini, Cayenne e Macan di Porsche, Purosangue di Ferrari, Levante e Grecale di Maserati. Addirittura Lotus ha presentato un SUV elettrico: la Eletre. E ciò, nonostante l’aforismo preferito da Colin Chapman, fondatore di Lotus a metà del Novecento, che diceva: «Light is right » (leggero è giusto). Più precisamente il suo credo era: «Aggiungendo potenza andrai più veloce in rettilineo, togliendo peso andrai più forte ovunque». E invece… La Lotus Eletre pesa oltre 2500 chilogrammi.

Detto ciò: oggi, nel 2024, i Super Suv sono una nicchia di successo estremamente redditizia a livello industriale. E nessuno se la sente di non esserci,

d’altra parte i clienti vanno accontentati e soprattutto non vanno persi. Torniamo quindi a Grecale Folgore. Spinta da due motori elettrici – la trazione è integrale – riesce a esprimere una potenza sistema di oltre 500 cavalli. E una coppia massima di 800 Newton metro. Ciò le consente un’accelerazione da vera Supercar. Scatta da ferma a cento orari in soli 4,1 secondi. La velocità massima è di oltre 200 orari.

Parliamo di elettrica e quindi bisogna parlare anche di autonomia. Oltre 500 chilometri dichiarati in ciclo

wltp per la Folgore. Un vero e proprio salotto viaggiante per 5 persone, ma di quelli veloci, lussuosi e soprattutto silenziosi. Il prezzo? Oltre 130mila franchi. E come va? Va detto subito che il rumore del motore si sente comunque, lo hanno studiato gli ingegneri ed è riprodotto artificialmente dall’impianto stereo. Aumenta all’aumentare della velocità. Nei dintorni di Modena, sulle colline, si è trovata comunque a suo agio. Gli oltre quattro metri e 80 centimetri di lunghezza non si sentivano più di tanto, lo sterzo era preciso e

l’assetto buono. Il problema è un altro: Grecale Folgore pesa anch’essa oltre 2500 chilogrammi, e sono tantissimi. A livello dinamico, nei trasferimenti di carico si sentono tutti. Un po’ come sulle sue concorrenti. Bisogna farsene una ragione. Non si può barare. Sì, Grecale Folgore ci è piaciuta, come potrebbe essere altrimenti? Tuttavia, è lo spunto anche per parlare di un fattore critico delle auto elettriche. Il peso. Si sa, le batterie non sono certo leggere. Né sulle city car né sulle berline, tantomeno sui SUV. E per avere una buona autonomia come quella di Grecale Folgore, servono grandi batterie come quella adottata su questo modello da Maserati: 105 kw/h. Ma in futuro peseranno meno, ne siamo certi. Intanto gli ingegneri di Maserati sono stati più che bravi, trovando il modo di ospitare le batterie a bordo senza ridurre lo spazio per occupanti e bagagli rispetto alla versione termica. A noi resta comunque irrisolta una domanda: ha senso oggi produrre dei Suv elettrificati con prestazioni da supercar? Belli sono belli, ma la potenza massima e i tempi di accelerazione sullo 0-100 potrebbero essere resi più «umani». Di conseguenza il peso notevole sarebbe meno problematico da gestire. Temiamo che non sarà così, anzi. Tra i costruttori la corsa a chi ferma prima il cronometro è appena iniziata.

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Sempre più donne ricorrono al social

Crioconservazione ◆ Dagli anni Duemila, e in particolare nell’ultimo decennio, il congelamento degli ovuli è diventato più conosciuto e utilizzato

«Non sono ancora sicura di volere una famiglia e al momento non ho un compagno, ma non volevo precludermi niente. A 34 anni, mi è sembrato un investimento nel mio futuro». Federica racconta così la sua esperienza con il freezing, ovvero il congelamento degli ovociti.

L’età ideale è sotto i 35 anni. Con il tempo diminuisce la quantità di ovuli disponibili, ma anche la loro qualità

Le donne nascono con un determinato numero di ovuli non maturi, che si riduce nel tempo visto che il corpo non può produrne di nuovi. Per questo la fertilità femminile comincia a diminuire dopo i 30 anni, e in modo più accelerato dopo i 35. A quest’età, però, moltissime donne non cercano ancora di diventare madri o non sanno se vorranno esserlo un domani. Il congelamento degli ovuli offre quindi un modo per aumentare le probabilità di una gravidanza in futuro, quando magari sarebbe troppo tardi per concepire naturalmente – anche se non rappresenta in alcun modo una garanzia.

La tecnologia necessaria alla crioconservazione cominciò a emergere negli anni Ottanta – la prima nascita da ovuli in precedenza congelati avvenne in Australia nel 1986. All’inizio però questa pratica era poco diffusa, e offerta soltanto alle donne che rischiavano di perdere precocemen-

te la propria capacità riproduttiva, ad esempio a causa di un trattamento oncologico.

È solo dagli anni Duemila, e in particolare negli ultimi dieci anni, che il congelamento degli ovuli ha cominciato a diventare più conosciuto e utilizzato anche per ragioni non mediche – da qui il nome «social» freezing – con numeri in continuo aumento, anche in Svizzera.

Come funziona?

Chi ha deciso di congelare i propri ovuli deve prima di tutto svolgere dei controlli preliminari, tra cui esame del sangue, pap test ed esami ormonali per valutare la riserva ovarica. Se

non si riscontra nessun problema, con l’inizio del ciclo si può cominciare la stimolazione ormonale: circa due settimane di auto-iniezioni sottocutanee nell’addome, con un ago di massimo un centimetro. L’obiettivo è la crescita dei follicoli, per far sì che più ovuli maturino in un unico ciclo – senza stimolazione di solito ne arriva a maturazione uno solo.

Ogni paziente reagisce in modo diverso in questa fase, ma nella maggior parte dei casi «ci si può aspettare qualche doloretto, simile alla fase premestruale», spiega la dottoressa Bellavia, direttrice della clinica di fertilità ProCrea di Lugano. «Di solito le iniezioni sono compatibili con la normale vita quotidiana», conferma il dottor Santi, primario del Centro

cantonale di fertilità EOC presso l’ospedale di Locarno. Federica racconta di non aver avuto alcun disturbo o quasi: «Verso la fine della stimolazione l’ingrandimento delle ovaie ha causato un po’ di gonfiore, che però è scomparso velocemente una volta terminata la procedura».

L’ultima settimana di stimolazione è quella più impegnativa dal punto di vista della gestione del tempo, con visite mediche a giorni alterni. Quando i follicoli hanno raggiunto le giuste dimensioni viene indotta l’ovulazione, e due giorni dopo si procede con il prelievo degli ovociti, che avviene per via vaginale e sotto sedazione leggera. «Sono entrata in clinica alle 8 e uscita alle 13, ricorda Federica. «Fisicamente per me il post-operatorio è stata la fa-

se più difficile, per qualche giorno ero molto stanca. Dal punto di vista psicologico, invece, la cosa un po’ spiacevole era che molte persone si recavano a fare il prelievo con i loro compagni, per la fecondazione assistita, mentre io ero da sola». La dottoressa Bellavia consiglia alle donne di recarsi presso l’ambulatorio accompagnate, anche perché non si può guidare subito dopo l’operazione. Tra gli ovuli prelevati, quelli maturi vengono congelati con l’azoto liquido e conservati in laboratorio per un massimo di dieci anni, dopo i quali, secondo la legge svizzera, devono essere distrutti. Quando si decide di utilizzare gli ovociti si procede allo scongelamento, e da qui in poi la procedura è la stessa della fecondazione assistita.

In Ticino e in Svizzera raddoppiano i numeri

La tendenza a far ricorso al social freezing in Svizzera negli ultimissimi anni è decisamente in crescita. Secondo i dati dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp), alla fine del 2022 gli ovuli conservati per ragioni non mediche erano 1903, una cifra quasi raddoppiata in tre anni. Alla fine del 2019 erano infatti 840. A questi si aggiungono gli ovuli congelati per motivi medici, che in tutto il territorio federale sono 671.

La stessa tendenza si osserva anche in Ticino. Presso il Centro cantonale dell’ospedale di Locarno le pratiche di

social freezing sono quasi raddoppiate in soli due anni: da 38 nel 2021, a 5 4 nel 2022 e infine 72 nel 2023. Nonostante l’aumentata richiesta, va ricordato che al momento però non si tratta di una tecnologia accessibile a tutti: i prezzi vanno infatti dai 3mila ai 5mila franchi per un singolo ciclo di stimolazione, a cui si aggiungono circa 300-400 franchi l’anno per il mantenimento degli ovuli, e in seguito il prezzo ulteriore dell’impianto. Tutti costi che – a parte gli esami preliminari – non sono coperti dalle assicurazioni sanitarie in Svizzera.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 10
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Vittoria

social freezing

Se sopravvivono, gli ovuli vengono fecondati con lo sperma del compagno o di un donatore. Se si sviluppano degli embrioni, di solito uno solo viene impiantato nell’utero, e in caso di successo ha inizio così la gravidanza. Gli altri embrioni possono essere crioconservati a loro volta per il futuro. Ciascuno di questi passaggi, dal prelievo degli ovociti all’impianto dell’embrione, può purtroppo non andare a buon fine, ed è per questo che il social freezing non assicura una gravidanza futura. Il corpo umano, spiega la dottoressa Bellavia, ha moltissime variabili che spesso non siamo in grado di valutare o controllare. Tenendo conto di queste incertezze, quindi, quali sono le probabilità di successo di questa pratica?

Probabilità di successo

«L’età ideale per la crioconservazione è sotto i 35 anni. Con il tempo, infatti, non diminuisce solo la quantità di ovuli disponibili, ma anche la loro qualità», spiega la dottoressa Bellavia. «I metodi per valutare la qualità degli ovuli prelevati sono ancora sperimentali», afferma il dottor Santi, «non possiamo farci affidamento». Perciò si possono solo fare delle sti-

me, basate soprattutto sull’età della donna al momento dell’operazione: maggiore è l’età, maggiore sarà il numero di ovuli considerati necessari per raggiungere una certa probabilità di gravidanza futura. Chi ha meno di 38 anni in media può congelare tra i dieci e i venti ovuli dopo un solo ciclo di stimolazione, e si tratta di un numero solitamente considerato sufficiente. In caso contrario, può essere necessario un secondo o un terzo ciclo. «Tecnicamente si può procedere con una nuova stimolazione anche dopo un mese, ma la maggior parte delle pazienti aspetta tra i tre e i sei», riporta il dottor Santi.

A livello globale solo il 12% delle donne ha deciso di utilizzare gli ovuli crioconservati in precedenza

Gli ovuli possono poi non sopravvivere allo scongelamento, o non venire fecondati, o ancora l’impianto in utero può non andare a buon fine. Tenendo conto di tutte queste variabili, secondo la dottoressa Bellavia «a 34 anni, con 10 ovociti congelati si ha almeno il 50% di probabilità di riuscita.

A 37 ne servirebbero già il doppio». Federica è ricorsa al social freezing nel 2023, a 34 anni, e le sono stati prelevati 14 ovociti. Secondo i dottori e le dottoresse che l’hanno seguita, questo dovrebbe darle il 70-80% di probabilità di gravidanza un domani. «Il punto del congelamento, però, non è necessariamente usare quegli ovuli in futuro», puntualizza la dottoressa Bellavia. Molte donne potrebbero non avere mai bisogno di scongelarli, perché nel frattempo sono rimaste incinte o perché hanno deciso di non voler diventare madri – questo è vero specialmente per chi ricorre al social freezing quando è più giovane, visto che ha davanti a sé diversi anni durante i quali può ancora concepire naturalmente.

E infatti, secondo uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista scientifica «Journal of Clinical Medicine», a livello globale solo il 12% delle donne ha deciso di utilizzare gli ovuli crioconservati in precedenza. Si tratta di un dato che non tiene conto, tuttavia, di chi ha effettuato la procedura solo pochi anni fa e potrebbe quindi ancora scegliere di scongelare gli ovociti in futuro. Ma non si tratta per forza di un problema: il social freezing è soprattutto preventivo. Nel momento in cui si decide di farlo è impossibile sa-

pere se un domani si vorrà utilizzare quegli ovuli o se non ce ne sarà bisogno, per qualsiasi motivo.

Chi ricorre al social freezing?

Le ragioni per cui le donne decidono di congelare gli ovuli sono molte, tutte legittime e diverse tra loro.

Il caso più comune, però, è quello di chi non ha trovato il partner giusto, o è appena uscita da una relazione e sa che potrebbe volerci del tempo prima di incontrare una persona con cui voler costruire una famiglia.

Il social freezing permette di separare temporaneamente il piano romantico da quello riproduttivo: molte donne hanno affermato che in seguito al congelamento degli ovuli hanno vissuto le relazioni con più leggerezza e spontaneità, preoccupandosi meno del tempo che passa e dell’orologio biologico. Altre donne, come Federica, non sono ancora del tutto sicure di volere dei figli, ma vogliono darsi una possibilità in più in futuro, se

fosse quello il loro desiderio. C’è anche chi vuole aspettare qualche anno prima della gravidanza per poter raggiungere uno specifico traguardo professionale, ma, raccontano gli esperti, si tratta generalmente di una minoranza di pazienti. Congelare gli ovuli rappresenta un’opportunità che ogni donna deve valutare per sé, in modo da poter fare una scelta consapevole. È una tecnologia che dà una possibilità in più a chi pensa di voler figli in futuro, ma non deve diventare un ulteriore strumento di pressione sociale sulle donne e il loro fantomatico dovere riproduttivo. Il social freezing deve insomma essere una scelta libera – non un ulteriore obbligo – e una scelta informata, per evitare delusioni future. Ma le persone non possono scegliere se non sanno che questa opzione esiste, e di crioconservazione si parla ancora poco. «Ho scoperto questa possibilità per caso, chiacchierando con una collega a lavoro», racconta Federica. «Se l’avessi saputo qualche anno fa, forse l’avrei fatto prima».

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Approdi e derive

Metamorfosi del linguaggio e ricadute etiche

In molte situazioni, aspettare significa soprattutto sperare che il tempo d’attesa non sia troppo lungo. In quei momenti, intrappolati con il pensiero dentro lo scorrere dei minuti, l’attenzione rivolta all’orologio, non aspettiamo altro se non la fine di quel tempo sospeso: difficile che altri pensieri sopraggiungano e riescano a portarci altrove. A me è capitato nella sala d’attesa di uno studio medico, colpita da una scritta: è severamente sconsigliato l’utilizzo del cellulare. All’improvviso mi sono trovata altrove con il pensiero, sorpresa e incuriosita dall’abbinamento dei termini «severamente» e «sconsigliato». L’esercizio del consigliare, o della sua negazione, è un gesto delicato, gentile, rispettoso, non invadente. Nel darsi reciprocamente consigli, c’è sempre un sottofondo di affetto, un desiderio di amorevole cura, un’attenzione a tenersi lontano da ogni possibile approccio autoritario. Il

Terre Rare

consiglio non obbliga, è un dono vissuto dentro un legame di reciprocità. La severità invece comporta per definizione un atteggiamento perentorio e rigoroso con cui, più o meno in modo consapevole, si tende a orientare, e magari anche a controllare, l’agire dell’altro. Come è possibile, allora, consigliare severamente? Il consiglio non prescrive nulla, la severità ne contiene invece perlomeno il desiderio. In questo messaggio rivolto ai pazienti riconosco allora un vero e proprio pasticcio etico, un tentativo di assimilare valori e atteggiamenti diversi, in qualche modo incompatibili.

Queste considerazioni mi hanno riportato alla mente un’altra scritta, ben visibile nelle stazioni ferroviarie, almeno fino a qualche anno fa: è severamente proibito attraversare i binari. Qui nessun pasticcio etico; qui il messaggio è forte, chiaro e univoco perché proibizione e severità si spo-

Rischi imprevisti del web

In tema tecnologico, permetteteci una parentesi un po’ vacanziera, ma che possa mettere in allerta una fascia non trascurabile di lettori: quelli che durante le vacanze praticano il collezionismo da relax nei mercatini dell’usato. Premesso che questi luoghi (oggi spesso definiti con una nuova perifrasi ecologica «mercatini del riuso») sono un’occasione importante per allargare il bacino di raccolta degli oggetti da collezionare, rimane il fatto che per l’appassionato offrono un’occasione di scoperta del tutto apprezzabile. Lo sa benissimo chi raccoglie vecchie cartoline, ad esempio. Spesso proprio nei luoghi più lontani scova i pezzi più interessanti da aggiungere alla propria selezione di soggetti locali.

In campo musicale poi, soprattutto dopo il «ritorno del vinile», in quei contesti capita di reperire incisio-

ni rare e dimenticate, tratte magari da qualche soffitta della nonna (e i cui nipoti tentano di monetizzare).

Nei mercatini fino a qualche tempo fa era semplice imbattersi nel «vero affare», complice la scarsa conoscenza del venditore. Oggi, grazie al web, le cose però si mettono male per chi conta sull’incompetenza altrui. Esiste infatti il sito www.discogs.com, una sorta di discografia planetaria che non solo ha l’ambizione di catalogare la produzione musicale di tutti i tempi, ma offre anche gli estremi delle quotazioni attualmente reperibili sul web e in particolare sui siti che propongono l’usato, come Ebay o Amazon.

Stesso discorso vale per chi adora le bancarelle di vecchi libri: prima di stabilire i prezzi, i venditori fanno capo con perizia ai siti più conosciuti, come www.maremagnum.com

Le parole dei figli

sano bene e si rinforzano a vicenda. Ma quando proibire diventa una parola sospetta, evocatrice di atteggiamenti ritenuti sconvenienti, quando diventa una parola politicamente scorretta, è facile che si ricorra a espressioni ibride e a messaggi ambivalenti e così, spesso senza nemmeno riuscire ad accorgercene, affidiamo il nostro agire a valori diversi, tra loro incompatibili. Il curioso messaggio che campeggia in quella sala d’attesa è solo un esempio colto per caso, ma è comunque sintomo di una sempre più diffusa cosmesi del linguaggio, le cui radici e le cui motivazioni sono molteplici, variegate e complesse. Le metamorfosi del linguaggio, la continua danza di parole abbellite, mi hanno riportato alla mente anche alcune considerazioni che ebbi a condividere con un amico cieco, infastidito dalla bella espressione di «non vedente»: un’espressione certa-

mente più gentile, ma in realtà incapace di cogliere l’essenza del vedere, che è la stessa di avere un’idea. La bella espressione «non vedente», seppur in buona fede e con ottimi propositi, tradisce il significato profondo di vedere: il vedere come visione, come metafora della ricerca del senso, che ci accompagna ben al di là degli occhi che possono guardare. Anche in contesti comunicativi molto diversi può succedere che nelle nostre parole vada persa l’essenza delle cose, ovvero ciò per cui una cosa è ciò che è. Mi viene in mente il caffè senza caffeina, il latte senza lattosio, il dolce senza zucchero, e potremmo continuare a lungo. Queste parole parlano di una realtà in cui è possibile continuare a bere il caffè senza rischiare la tachicardia, a bere il latte che piace di più all’intestino irritabile, e a mangiare gelati senza sfidare la glicemia. Seppure con

questi buoni motivi, le parole emigrano però dalla sostanza delle cose alle loro manifestazioni più o meno surrogate.

Forse non ce ne rendiamo conto, ma tutto ciò ha a che fare in profondità con l’attenzione per la verità. Dobbiamo intenderci però: la parola verità parla di noi, riguarda innanzitutto il nostro essere veri, è il contatto con la nostra intimità, è la verità del nostro esserci. Come dire: comincia dentro di noi l’attenzione per la verità e in noi diventa bisogno di cogliere l’essenza delle cose. Si radica qui anche la verità della conoscenza, l’attenzione alla corrispondenza tra la realtà e ciò che diciamo di essa. Non so quante persone, nell’attesa di essere chiamate per la visita, abbiano considerato questo messaggio. Eppure, forse anche da un messaggio che passa inosservato, in una qualsiasi sala d’aspetto, può iniziare il viaggio nelle post-verità.

o consimili. Addio agli affari entusiasmanti, quindi, ai brividi adrenalinici di fronte al libro introvabile messo in vendita distrattamente per pochi euro.

Per dirla in modo più spiccio è praticamente impossibile oggi, proprio per colpa del web, portare a termine degli acquisti fortunati, o condurre quelle trattative con profonda soddisfazione interiore che il collezionista prova quando sa di avere di fronte un venditore ingenuamente incompetente. Il valore delle carabattole usate infatti viene di continuo e istantaneamente confrontato con i prezzi che il più assurdo rigattiere di New York o di Stoccolma propone su analoghi oggetti.

Chi scrive, abituato a comprare vecchi CD sciupati e impolverati da ceste di plastica riempite alla bell’e meglio, si è visto proporre prezzi assurdi

È l’ora del tè? Sì, è tempo di pettegolezzi

« It’s tea time!». No, nelle Parole dei figli non vuol dire che «è l’ora del tè», bensì che «è l’ora del gossip». Tea è un termine molto utilizzato dagli Gen Z ed è tra quelli che più possono trarci in inganno, perché il suo significato originale lo conosciamo tutti, ma viene usato per indicare un’altra cosa. Così, credere che il riferimento sia alla bevanda inglese è un errore che, come mostrano i video su TikTok, per gli adolescenti è imperdonabile. Marchio d’infamia, risate a crepapelle. Nelle Parole dei figli dello scorso maggio, abbiamo raccontato che è proprio uno dei vocaboli utilizzati per fare boomer-stumping, ossia «mettere in imbarazzo il boomer». Per dire, il «New York Post» racconta di Kiana Sinaki, 21 anni, desiderosa di condividere dei pettegolezzi con un collega più anziano in una palestra a Santa Barbara, in California: «Ho del tea (tè)

– gli dice – per te». Il collega senior risponde: «Oh, no, grazie. Ho abbastanza bustine per conto mio». L’espressione più popolare tra i giovani è « spill the tea » che tradotto letteralmente vuol dire «versa il tè». Mi viene in mente subito il tè pomeridiano londinese, vero e proprio evento destinato alle classi sociali più elevate nell’Inghilterra ottocentesca, dove il pettegolezzo è di casa. Pensiamo alla popolarissima serie tv Netflix Bridgerton, tratta dai romanzi d’amore di Julia Quinn, e ambientata a inizio Ottocento: gli otto fratelli Anthony, Benedict, Colin, Daphne, Eloise, Francesca, Gregory e Hyacinth cercano la loro strada e l’amore sotto lo sguardo vigile di mamma Violet, vedova di lord Bridgerton. Le loro vicissitudini sono scandite dai pettegolezzi che scorrono insieme ai fiumi di tè. Sono i momenti durante i quali

è consuetudine darsi alla lettura del Society papers, le cronache scandalistiche sull’alta società di Lady Whistledown. L’autrice è sotto pseudonimo ma è una penna informatissima sugli intrallazzi di corte, soprattutto delle giovani dame in cerca di marito che fa rima con buon partito: «Non mi conoscete e vi assicuro che non mi conoscerete mai», dice di sé stessa. «Ma vi avverto, gentili lettori, io di certo conosco voi». Insomma, non è difficile capire perché « spill the tea » da «versa il tè» assuma il significato di «raccontami!». Dove il sottinteso è il pettegolezzo. L’espressione oggi si è diffusa tra i giovanissimi, ma è tutt’altro che nuova. Come riporta «Urban Dictionary» probabilmente all’inizio il motto è « spill the T», in cui la T sta per «truth » ossia «verità». Dimmi la verità! Così utilizza la T, per dire, lo scrittore John Berendt nel li-

e, per la prima volta nella sua vita, è stato spinto alla vivace protesta. Non è giusto che Internet ci privi di queste soddisfazioni! La globalizzazione (che su vari altri fronti oggi ha perso molto del suo fascino ed è ormai deprecata quasi ovunque) sembra aver trovato la sua ultima spiaggia in un settore in cui proprio la mancanza di informazioni era una risorsa considerevole. Sappiatelo, quindi, voi collezionisti che state per partire: le vacanze di quest’anno potranno essere molto meno soddisfacenti del solito. La rete globale congiura contro il vostro appagamento. Dovrete vostro malgrado ripiegare su passatempi meno specialistici, la gastronomia, magari. Sempre che il vostro bagnino quest’anno non si sia montata la testa e abbia iscritto il suo stabilimento balneare a Booking.com, millantan-

do una reputazione gastronomica da guida Michelin. Anche in quel caso il web ha fatto disastri, cullando ambizioni mal riposte e protagonismo. Invece della classica gustosa ed economica piadina potrebbe capitarvi di trovare sul menu improbabili «Seppie su mousse di petit pois » o pretenziose «Penne alla riduzione di fagioli» che somigliano stranamente a semplicissimi piatti tradizionali, ma sono molto più costosi. Forse, a questo punto, l’unico modo per salvarsi dalle cattive influenze del web è rimanere a casa. Prima o poi la collezione di dischi, di libri, di zuccheriere o di abat-jour ha bisogno di una spolverata. Le ferie sono proprio una buona occasione. E le seppie con i piselli o la pasta e fagioli potete anche cucinarvele da soli (la ricetta la trovate sul web, naturalmente).

bro best-seller del 1994 Mezzanotte nel giardino del bene e del male, poi diventato film nel 1997 diretto da Clint Eastwood. Lady Chablis, nome d’arte di Brenda Dale Knox, nata a Quincy nel 1957 e scomparsa a Savannah nel 2016, è una drag queen statunitense che sia nel libro sia nel film interpreta sé stessa, e dice la frase cult: «Il fatto che io sia una bella donna è chiaro… ma il fatto che io abbia un pene, beh, questa è la mia T, questa è la mia Verità». Per «Urban Dictionary» infatti nella cultura drag la T indica da sempre la parola «verità». Insomma, racconta e dimmi la verità preferibilmente su qualcosa di succoso o scandaloso! I modi di dire poi sono i più svariati come «Ho del tea» oppure «momento tea». Gossip, chiacchiere, pettegolezzi: anche per gli Gen Z ogni momento è buono per il gossip che loro non intendono però come «par-

lare male degli altri», ma come raccontare una notizia su qualche amico che abbia prevalentemente a che fare con relazioni amorose, presunti tradimenti, eccetera. I pettegolezzi che piacciono di più sono quelli dopo una festa, quando un amico va a casa dell’altro e si tira (troppo) tardi a commentare chi ha fatto cosa tra una canzone e un drink. Ma il «momento tea» può essere anche durante la pausa a scuola e, per i più indisciplinati, persino durante le lezioni. Del resto, fare gossip è sempre piaciuto e sempre piacerà. Dice Oscar Wilde ne Il ritratto di Dorian Gray : «Amo gli scandali che riguardano gli altri, ma quelli che riguardano me non mi interessano. Non hanno il fascino della novità». C’è poi il tè in bustine e quello in foglie, ossia senza filtri. Adesso che sapete il significato, voi quale preferite?

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 13 SOCIETÀ / RUBRICHE ◆ ●
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Messico: a casa dell’inossidabile pittrice Paure, amori, inquietudine, dolore: Frida Kahlo ha rappresentato complessità e tormenti del mondo femminile contemporaneo

Una fresca e saporita insalata Fregola sarda, pomodori, erbe fresche, cipollotti e capperi per un’idea sfiziosa da gustare durante il picnic

Un gioco dell’oca a colpi di pedale I giochi ciclistici aggiungono a quelli tradizionali la dimensione dell’epica, fra scatti, crisi, volate, imprese in solitaria

Vincere ogni sfida per diventare… InSuperAbili

Adrenalina ◆ In sella all’associazione luganese è Walter Lisetto che la presiede da oltre dieci anni

Moreno Invernizzi

Tutto ruota attorno a un gruppo di handbiker. Persone che, malgrado la loro condizione di paraplegia, volevano continuare a coltivare la passione per le due-ruote, anche a un certo livello, ragion per cui necessitavano del relativo supporto. Così, una decina di anni fa è nata InSuperAbili, associazione il cui scopo era appunto quello di sostenere e garantire l’indispensabile sostegno. «Per chi pratica questa disciplina a livello competitivo si tratta di un’attività parecchio intensa, quasi come il ciclismo “tout court”, con un calendario internazionale di gare fitto di appuntamenti durante la stagione bella», sottolinea il presidente Walter Lisetto.

In sella all’associazione, Lisetto ci è salito fin dalla prima ora: «Quello della disabilità è un tema che mi sta molto a cuore, visto che avevo un fratello tetraplegico. In più nell’ambito dell’organizzazione della StraLugano avevo curato gli aspetti organizzativi e logistici per quel che concerne la prova riservata alle handbike. Per cui, quando si è trattato di rappresentare la figura del presidente per la neonata associazione, ben volentieri ho raccolto l’invito: in fondo per me è stato come chiudere il metaforico cerchio». Una cosa, però, tira l’altra, e così a oltre dieci anni di distanza dalla sua nascita, l’associazione ha allargato il

campo delle sue attività, estendendo il più possibile la gamma di discipline e sport proposti e supportati. Handbike, nuoto, vela, sci, curling, parapendio, sledge hockey, tennis, scherma e via elencando: la vera barriera, in un certo senso è solo psicologica, perché grazie alla dedizione dei responsabili dell’associazione, tutto, o quasi, diventa possibile. «Il motto che ci contraddistingue è “le barriere sono solo quelle della mente”, per cui è in questo senso che abbiamo voluto lavorare. Da qui l’idea di estendere il più possibile il ventaglio delle nostre proposte: la paraplegia è e dev’essere vissuta come una condizione, non come una limitazione. Ecco perché fra le nostre proposte figurano pure attività capaci di far scorrere adrenalina a fiotti nelle vene. Si pensi, ad esempio, al volo in mongolfiera, per non dire del parapendio, sport che spesso spaventa pure parecchi normodotati… Alcuni si sono confrontati persino con l’aero gravity, sorta di simulazione di volo in un’atmosfera priva di gravità – attività affatto evidente per persone che devono convivere con problemi motori – ma appunto parecchio suggestiva. Siamo come una grande famiglia, che si batte per rivendicare il diritto di praticare attività stimolanti, evitando così il rischio di essere ghettizzati in attività di se-

rie B. In questi anni abbiamo voluto portare allo scoperto i nostri atleti di modo che quando si incrocia un handbiker per le nostre strade lo si veda come un InSuperAbile, e lo si guardi con ammirazione anziché con una sorta di compatimento. Esattamente come si farebbe con un ciclista o una persona intenta a fare jogging». Parlando di handbike, non si può non citare il drammatico evento che l’anno scorso ha visto coinvolti una moto e, appunto, un handbiker, purtroppo deceduto: «La scomparsa di Davide in un tragico incidente ha logicamente destato parecchio sconforto in tutto il Ticino e in seno a InSuperAbili». L’atleta disabile che vuole cimentarsi in un’attività sportiva ha più di una barriera da superare, sia fisica sia psicologica: «Evidentemente c’è sempre un percorso da fare, a livello psicologico, se la disabilità è dovuta a un evento traumatico come può esserlo un indicente o una malattia. E stiamo parlando di due-trecento persone che ogni anno in Svizzera si ritrovano in questa situazione in seguito a incidenti di natura sportiva o per altre attività… Parliamo di un percorso individuale che può durare parecchi mesi come pure anni, al termine del quale si dovrebbe giungere all’accettazione del nuovo status, cosa non sempre scontata. A quel punto entrano

in gioco le associazioni come la nostra, mostrando le nuove opportunità al servizio di questa nuova condizione, sportive ma anche nei campi della cultura e del tempo libero».

Tutto di guadagnato per i disabili, ma anche per Walter Lisetto, che a livello personale in dieci anni di presidenza di InSuperAbili ha vissuto esperienze indimenticabili: «Parecchie, a cominciare dalla possibilità di fare delle attività che, con tutta probabilità, mai avrei altrimenti praticato, come il parapendio, o l’aero gravity (vedi foto). Come dicevo, essendo quello della paraplegia un tema che mi sta particolarmente a cuore, ho vissuto questi anni come una grande opportunità, arricchente sotto ogni punto di vista. E mi ha portato tante ottime amicizie».

Altro tema che sta a cuore a Lisetto e alle persone che portano avanti l’attività di InSuperAbili è quello della collaborazione e della condivisione, proponendo una serie di appuntamenti che hanno come obiettivo l’abbattimento di quella sorta di barriera che ancora troppo spesso si riscontra tra le attività per paraplegici e quelle per normodotati. «La prova di handbike nell’ambito della StraLugano è un esempio, ma non l’unico che abbiamo proposto in questi anni. Penso ad esempio al volo in mongol-

fiera sopra Cornaredo, aperto a tutta la popolazione e che ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di persone. Ecco, in momenti come quelli hai la conferma di stare pedalando nella direzione giusta, e trovi le forze per portare avanti con ancora più determinazione quella che è una sorta di missione».

Ecco infine qualche altro numero per rendere l’idea di come si muova e cosa rappresenti InSuperAbili. Fondata il 15 maggio 2012, l’associazione conta attualmente oltre 400 soci, di cui un centinaio con disabilità di vario tipo, seguiti da una ventina di monitori specificamente formati. Una ventina, infine, le prove di handbike a cui l’associazione è presente con qualche suo rappresentante. «Dopo la nostra costituzione abbiamo preso parte all’assemblea dell’Associazione svizzera dei paraplegici di Nottwil, dove abbiamo ottenuto il riconoscimento di sezione ufficiale per il Ticino (basato sin da subito a Lugano), unitamente al Gruppo paraplegici Ticino».

Informazioni

Se qualcuno volesse diventare socio sostenitore è possibile effettuare l’iscrizione direttamente sul sito dell’associazione, www.insuperabili.ch.

TEMPO LIBERO ● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 15 InSuperAbili
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A Coyoacàn, tra le mura di Casa

Reportage ◆ Da artista tormentata a militante rivoluzionaria, per poi trasformarsi in icona pop, la mitica pittrice messicana dall’inossidabile

Oltre quattrocento opere false disseminate in giro per il mondo, un tempestoso matrimonio con un artista narcisista ed esibizionista come Diego Rivera, spericolate avventure sentimentali, vere o presunte, con protagonisti del Novecento, dal rivoluzionario russo Lev Trotskij (o Leon Trotsky) alla fotografa Tina Modotti e alla leggendaria cantante Chavela Vargas.

Il mito di Frida sembra ingigantirsi con il passare degli anni grazie alla sua straordinaria capacità di parlare a ogni generazione

A settant’anni dalla morte, avvenuta il 13 luglio del 1954, l’inossidabile fascino di Frida Kahlo ha superato la boa del terzo millennio, apparentemente invulnerabile ad avversità e contraddizioni che avrebbero schiacciato chiunque.

Paure, amori, inquietudine, dolore, Frida ha saputo rappresentare complessità e tormenti di un mondo femminile estremamente contemporaneo grazie soprattutto a una teatrale capacità di mettere in scena una vita da melodramma, passando disinvoltamente dal tormento dell’artista al ruolo più o meno credibile di militante rivoluzionaria per poi trasformarsi in icona pop.

Per farla rivivere sul grande schermo ci voleva un’altra messicana, Salma Hayek che la interpretò in Frida nel 2002 per poi rievocarla quest’anno con un costume ispirato alla Kahlo sul palco del concerto di chiusura del

tour mondiale di Madonna a Città del Messico, che a sua volta aveva indossato in passato un corsetto ispirato a quello ortopedico della pittrice messicana. Omaggi non casuali legati alla sfrenata ammirazione, quasi una devozione, della pop star per eccellenza per chi, come e prima di lei, aveva saputo reinventarsi e ribaltare disinvoltamente ogni schema.

Il mito di Frida sembra ingigantirsi con il passare degli anni grazie a una straordinaria capacità di parlare a ogni generazione – uscendo dai confini, fisici e artistici, delle sue opere –e a una travolgente abilità di metabolizzare colori, emozioni e vissuto della straordinaria cultura popolare messicana. È lì che va ritrovata più che nei musei, in quegli angoli di Messico di cui si è nutrita la sua immaginazione, tra gli ex-voto delle chiese che hanno

influenzato la sua pittura, nei mercati traboccanti di vita e colori, tra i «fabbricanti di sogni», gli artigiani che ancora oggi danno vita a un fantasmagorico universo di tessuti, terracotta e cartapesta, o a braccetto delle donne truccate da scheletri che indossano corone di fiori per celebrare il Dia de los Muertos, la più intima delle innumerevoli feste messicane, di cui avremo ancora modo di parlare.

C’è un luogo che sembra un frammento di cielo dove tutto questo ha preso forma, la Casa Azul annidata in una strada silenziosa del quartiere più intellettuale di Città del Messico, Coyoacàn dove il frenetico vitalismo della megalopoli sembra fermarsi un attimo per riprendere respiro. Il segreto per avvicinarsi a Frida senza essere travolti dal feticismo che da sempre la circonda è nascosto dietro un mu-

ro sfacciatamente blu elettrico, in un giardino popolato di enigmatiche statue precolombiane dove la padrona di casa si materializza tra fantasmagorici diavoli di papier-mâché; è solo una fotografia quasi sommersa dai fiori, ma la forza magnetica del suo sguardo è intatta.

L’atmosfera magica con cui Frida avvolgeva chiunque la incontrasse è sbocciata qui, dove nel 1907 Magdalena Carmen Frida Kahlo Calderòn nacque e nel 1954 morì, nella casa della sua famiglia e di suo padre, il fotografo Guillermo Kahlo, dove da ragazzina scrisse un diario, perduto e ritrovato molto tempo dopo, in cui raccontò il suo rapporto segreto con un’amica immaginaria sbucata da un altrettanto immaginario Inframundo, quello sotterraneo precolombiano.

Un’amica molto importante che non

dimenticò mai, al punto da dedicarle un quadro famoso, Las dos Fridas Oggi Frida è ancora qui, perlomeno le sue ceneri, raccolte in un’urna precolombiana in quello che era il «luogo sacro» simbolo della sua indipendenza e del suo sovrano disprezzo di ogni convenzione. Qui la sofferenza si trasformava in creatività. Qui ha ritratto ossessivamente il proprio corpo dilaniato dal terribile incidente che a diciotto anni le spezzò la spina dorsale costringendola a una vita di sofferenze. Qui ha vissuto con Diego Rivera, artista simbolo dell’arte messicana post-rivoluzionaria. «Era un tremendo opportunista, un comunista che lavorava per i capitalisti, governativo e antigovernativo nello stesso tempo. Con Frida poi si comportava mostruosamente, la trattava come una bambolina. Lei era molto più compli-

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Coyoacín: la Casa Blu fu l’abitazione dal 1929 al 1945 della pittrice messicana Frida Kahlo, moglie di Diego Rivera; sotto, le tehuanas sono l’archetipo di un Messico antico e leggendario, raccontato nei murales di Diego Rivera e impersonato anche da Frida Kahlo che spesso indossava questi abiti tradizionali. In basso a destra, Teotihuacán, Piramide del Sole, dove si narra che Lev Trotskij e Frida iniziarono una relazione sentimentale. Enrico Martino, testo e foto

Azul in cerca di Frida Kahlo

fascino non smette di far da modello alle donne tutte, ancora oggi, a settant’anni dalla sua scomparsa

cata perché aveva avuto una vita piena di sofferenza, era più una snob che una politica». Parole di un testimone oculare, Leo Matiz, uno dei più straordinari fotografi latino-americani e autore di iconici ritratti di Diego e Frida che abbiamo incontrato a Cartagena de las Indias in Colombia nel 1988, poco prima della sua morte.

L’intellettuale, poeta, saggista e critico André Breton considerava Frida la «quintessenza della donna immaginata dai surrealisti»

Anni in cui Città del Messico era una delle capitali culturali del mondo e, nella Casa Azul e intorno a Frida, ruotavano rivoluzionari di professione in fuga da un’Europa preda del fascismo, artisti americani in cerca di esotismo, collezionisti d’arte, grandi scrittori e piccoli opportunisti, anarchici spagnoli e disperati. Lei seduceva tutti, avvolta in quei suoi scenografici abiti floreali che avevano eccitato persino i grandi sarti parigini, gli stessi indossati ancora oggi dalle Tehuanas, le indigene zapoteche dell’Istmo di Tehuantepec protagoniste di un matriarcato indigeno sopravvissuto in una terra di machisti inveterati. Frida li trasformava in una seconda pelle. Una magica corazza che la proteggeva dal mondo, come la Casa Azul, dove attorno al tavolo della cucina sedevano politici come Leon Trotsky, registi come Sergei Eisenstein e Luis Bunûel, o intellettuali come André Breton, che considerava Frida la «quintessenza della donna immaginata dai surrealisti».

Il suo regno però era al primo piano, nella camera da letto con il lettino bianco testimone di infiniti autoritratti e nello studio dove anni fa «per non disturbare i turisti» gli ingombranti ritratti di Stalin, Mao Zedong e al-

tri leader comunisti hanno lasciato il posto a opere più innocue. Passando accanto alla sua prigione ortopedica, il busto dipinto con vivaci fiori colorati che indossò fino alla morte, pare di sentire l’odore di un delicado, i mitici sigari che fumava tra lo scandalo dei benpensanti dell’epoca. Poco più in là pare invece di vederla indossare uno dei suoi grandi rebozos, gli scialli indigeni, mentre si prepara ad andare a qualche manifestazione politica o artistica accompagnata da los Fridos, i suoi allievi-adoratori. Un clan di fedelissimi che si divideva in due gruppi difficilmente conciliabili, i «rivoluzionari» legati al suo interesse per i problemi sociali e i «borghesi», esteti o collezionisti d’arte. Un sovrapporsi di idee e correnti culturali che si riflette nell’esplosione di colori della Casa Azul, quasi parossistici ma ovattati da una strana atmosfera di intimità che provoca un senso di disagio ai visitatori-pellegrini ammessi a gettare uno sguardo indiscreto sulla quotidianità di Frida e Diego.

Intorno a questo ombelico di pietra blu si allarga un universo di cerchi concentrici legati a Frida: il Museo Dolores Olmedo che custodisce la collezione più importante di opere di Frida e Diego; il Museo Casa Estudio Diego Rivera y Frida Kahlo, due edifici funzionalisti che contengono i loro studi collegati solo da una passerella; il Museo de Arte Moderna che espone Las Dos Fridas e il Museo Diego Rivera Anahuacalli legato al progetto di donare le loro opere al popolo messicano.

A pochi isolati dalla Casa Azul un’incongrua falce e martello emerge tra le piante tropicali di un solitario giardino; segnala la tomba di uno dei protagonisti della Rivoluzione d’Ottobre che trascorse gli ultimi anni della sua vita tra le mura di quella che oggi è la Casa Museo Leon Trotsky. Cercava di sfuggire ai sicari di Stalin,

Muralismo, utopia messicana

Il muralismo messicano è figlio della Rivoluzione, quando gli artisti hanno trasformato i muri dei palazzi in un unico immenso affresco per comunicare al popolo l’orgoglio della propria storia. Pittori e muratori lavoravano fianco a fianco e José Vascencelos, intellettuale e ministro della Educaciòn Publica, sognava di trasformare le città in gigantesche esposizioni collettive portando l’arte fuori dai musei. Diego Rivera, Clemente Orozco e Da -

invano, perché venne assassinato proprio qui, in uno studio rimasto intatto da quel giorno che rievoca un claustrofobico clima d’assedio. Trotskij e la moglie Natalia avevano trovato asilo in Messico grazie a Frida e Diego, ma il tormentato rapporto di amicizia e passioni, politiche ma non solo, tra le due coppie si incrinò perché Rivera diventò un simpatizzante di Stalin e Frida ebbe una breve ma travolgente relazione con il rivoluzionario russo. Iniziato, almeno così pare, tra le piramidi di Teotihuacàn a poca distanza dalla capitale, il flirt andò avanti per alcuni mesi sotto il naso di Natalia, che non parlava inglese ma che alla fine diede il classico ultimatum al mari-

to, e la storia finì lasciando un’influenza politica in alcune opere di Frida e un autoritratto con romantica dedica a Trotskji.

Frida si affaccia anche tra centinaia di protagonisti della tumultuosa storia messicana immortalati da Rivera in un imponente murale del Palacio Nacional, per secoli cuore politico del Paese; sulle pareti dell’antico collegio gesuita di San Ildefonso, invece, viene ritratta in versione rivoluzionaria mentre distribuisce le armi agli operai insieme a un’altra fiamma di Rivera, la fotografa Tina Modotti, a sua volta amica di Frida. Un luogo particolarmente simbolico perché l’edificio, al tempo sede della prestigiosa Escue-

vid Alfaro Siqueiros sono stati i pittori muralisti più famosi. Il primo, conosciuto per il suo «realismo magico», celebrava ripetutamente vittorie del popolo cosparse di falci e martello, pur non disdegnando di lavorare nel frattempo per capitalisti come Rockefeller. Orozco, pessimista e introverso, era influenzato dall’impressionismo francese, mentre Siqueiros, più vicino al futurismo, ha reinterpretato soggettivamente la storia per celebrare il trionfo dell’Utopia.

la Nacional Preparatoria, fu lo sfondo del primo incontro tra la pittrice, studentessa di sedici anni, e Diego che stava realizzando uno di quei murales che avrebbero dovuto trasformare molti edifici pubblici in un gigantesco museo all’aperto per il popolo post-rivoluzionario. Tra le stravaganti architetture indecise fra neoclassico e art nouveau di una prestigiosa sala da concerti, all’interno del Palazzo di Bellas Artes, nel 1954 venne invece celebrato il funerale di Frida, che proprio lì aveva spesso esposto le sue opere. Altri luoghi come la sede originale della scuola La Esmeralda, dove insegnò a lungo, o la Pulqueria la Rosita dove spesso riuniva i suoi studenti, oggi sono scomparsi, mentre resiste un’intoccabile istituzione, il Salòn los Angeles, la più antica sala da ballo della capitale, che vanta tra i suoi avventori Fidel Castro, Che Guevara, Garcia Marquez, Diego Rivera e persino una visita di Frida e Trotskji.

Capsule di un tempo che fu, perfette per raccontare un’artista capace di trasformare in creatività una surreale convivenza di Madonne di Guadalupe, candele per rituali non proprio ortodossi, pugili, rivoluzionari e venditori ambulanti. Tutti insieme in onore di Frida for ever

Informazioni Su www.azione.ch, si trova una più ampia galleria fotografica.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino TEMPO LIBERO 17
Un altare per Frida all’interno di Casa Azul; di fianco, Mexico City. Vista dalla Torre Latinoamericana, dal Centro Culturale Bellas Artes con vista sul rinnovato giardino dell’Alameda. In basso, Diego Rivera ha decorato la scalinata e le gallerie del primo piano del Palazzo Nazionale con scene della storia messicana.

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Ricetta della settimana - Fregola sarda ai pomodori

Ingredienti

Primo piatto

Ingredienti per 4 persone

150 g di fregola sarda

sale

4 c d’olio d’oliva

800 g di pomodori diversi, ad esempio gialli, rossi o pomodori cherry

2 cipollotti

3 c d’aceto di vino rosso, ad esempio ai lamponi pepe

40 g di capperi

Preparazione

1. Lessate la pasta in abbondante acqua salata per 10-12 minuti. Scolatela e fatela sgocciolare bene, poi mescolatela con poco olio.

2. A seconda della grandezza, dimezzate i pomodori o tagliateli a fette.

3. Tagliate i cipollotti ad anelli.

4. Mescolate l’olio rimasto con l’aceto e condite con sale e pepe.

5. Accomodate i pomodori, i cipollotti, la fregola sarda e i capperi nei piatti.

6. Irrorate con il condimento e guarnite con le erbe aromatiche.

Consigli utili

Se utilizzate capperi in salamoia, usate meno aceto e aggiungete al condimento un po’ d’acqua di governo dei capperi.

L’insalata può essere preparata anche con altri tipi di pasta, come le conchiglie.

Preparazione: circa 25/30 minuti.

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Vincere il tour con un colpo di dadi

Colpo critico ◆ Nell’ambito del gioco da tavolo il ciclismo ha sempre avuto successo

Il ciclismo è uno sport senza pietà. Quando la fatica t’inchioda alla bicicletta non c’è via di scampo: il cuore balla come un tarantolato, i polmoni sembrano il deserto del Sahara, i muscoli si riempiono di acido lattico fino all’urlo dei crampi, mentre lo sguardo corre lassù, alla prossima curva, al prossimo tornante dove rifiatare almeno per un secondo. Ogni metro è una piccola epopea.

Quella del «gioco di corsa» è una meccanica fondamentale basata su una contesa

C’è qualcosa di leggendario nel trascinare in cima a una montagna una macchina di acciaio (o di fibra di carbonio, ma è lo stesso). Il puro sforzo fisico diventa un esercizio poetico, mentre il corpo umano si adegua alla geometria del telaio e del manubrio. Dai pedali alla catena, ogni segmento è disposto in una sequenza logica, come accade in una sinfonia o, appunto, in un poema. Per questa ragione forse molti scrittori si sono interessati di ciclismo. Per citarne uno solo, Vittorio Sereni evoca una gara di biciclette in una lirica intitolata non senza ironia La poesia è una passione?. Nei primi versi appare «il campione che dicono finito, / che pareva intoccabile dallo scherno del tempo» e che ormai sembra spacciato. Invece «nella corsa

che per lui è alla morte / ancora ce la fa». Eccolo, qualcosa annuncia il suo arrivo: «un movimento di gente giù alla curva, / uno stormire di voci che si approssima / un clamore un boato, è incredibile è lui / è solo s’è rialzato ha staccato le mani / ce l’ha fatta… e dunque anch’io / posso ancora riprendermi, stravincere» (Vittorio Sereni, Gli strumenti umani, Mondadori 1965; 2018).

Anche nell’ambito del gioco da tavolo il ciclismo ha sempre avuto successo. Infatti quella del «gioco di corsa» è una meccanica fondamentale: si tratta di una contesa in cui vince chi finisce per primo di compiere un’azione (completare un percorso, ma anche costruire un palazzo o dominare un impero). Il ciclismo poi richiama il cosiddetto «gioco dell’oca», che ha origini antiche: i primi esempi moderni risalgono al XVI secolo, ma ci sono manufatti simili nell’antico Egitto. Anche un classico come il backgammon, pure di origini antichissime, presenta uno scenario in cui bisogna portare a casa le pedine prima dell’avversario.

I giochi che trattano specificamente di ciclismo aggiungono la dimensione dell’epica, fra scatti, crisi, volate, imprese in solitaria. È molto bello per esempio Leader 1, la cui prima versione risale al 2008 ma che venne poi ripensato dagli stessi autori con Leader 1: Hell of the north (Chri-

Giochi e passatempi

Cruciverba

«Mario vuoi una birra?» – «Veramente sono astemio». Scopri il proseguo della conversazione leggendo, a cruciverba ultimato, le lettere evidenziate. (Frase: 5, 7, 4, 3, 5)

ORIZZONTALI

1. Prontezza nell’intuire

7. Stato dell’America Centrale

10. Egregia, eccellente

11. Fiume polacco

12. Nonno in Germania

13. Dieci in inglese

14. Le iniziali di una Carlucci

15. Ruminanti nordici

17. Stridii, scricchiolii

18. Giove la mutò in giovenca

19. Si zappa e si pota

20. Il marito di Francesca Neri (iniz.)

21. Dentro all’astuccio…

22. Può essere pesante e leggero

23. L’ultima della scala…

24. È un religioso

25. Illumina e non brucia

27. Una coppia di anelli

28. Onda all’asciutto…

29. Unità di pressione

30. Un numero

31. Una Valeria della TV

33. Un anagramma di rate

34. Luminosa, splendente

VERTICALI

1. Un anagramma di aste

2. Iniziali della figlia di Gino Paoli

3. Semplice è da ragazzi

4. Comodi, spaziosi

5. Noto servizio segreto

6. Le iniziali dell’attrice francese

Adjani

7. La barca dei moicani

8. Articolo

9. Attrezzo da taglio

11. Può essere anche di gratitudine

stophe Leclercq e Alain Ollier, Ghenos Games 2011). Ha diversi punti di forza: regge da due a dieci partecipanti, dà la possibilità di comporre percorsi variabili grazie a delle tessere esagonali, è ricco di colpi di scena e non è troppo lungo (un’ora basta a finire una partita, anche meno). In più, riprende fedelmente quello che succede in una gara come la Paris-Roubaix, temibile per i tratti in pavé, tanto da essere soprannominata «l’inferno del Nord». I corridori possono restare in gruppo o andare in fuga, spendendo più energie; ci sono scalatori, gregari e

velocisti; è importante non restare da soli al vento e attaccare al momento giusto. Oltre alla Paris-Roubaix e alle classiche, Leader 1 consente di mettere in scena anche corse a tappe come il Giro d’Italia o il Tour de France. Detto questo, il gioco è apprezzabile (per fortuna!) anche da chi non sappia niente di ciclismo.

Si provano sensazioni simili con Flamme rouge (Asger Harding Granerud, Lautapelit 2016), che regge da due a quattro partecipanti: è meno simulativo, ma un po’ più semplice da intavolare con nuovi giocatori. Si av-

verte di più l’effetto della pura fortuna rispetto a Leader 1; e del resto, quando fori una gomma, anche nella realtà c’è poco da fare…

Vince chi finisce per primo di compiere un’azione, poco importa se si tratta di completare un percorso, costruire un palazzo o dominare un impero

Il mondo dello sport e quello del gioco, quando sono vissuti in maniera creativa, hanno un punto in comune: sanno generare storie. Questo conferisce loro un valore culturale: quel piccolo essere umano che fatica sulle rampe di un colle siamo noi, nella nostra vita, e nello stesso tempo è tutti gli eroi di tutte le storie. Non a caso, nelle sue cronache dal Giro d’Italia del 1949, Dino Buzzati citava addirittura Omero: «Quando oggi, su per le terribili strade dell’Izoard, vedemmo Bartali che inseguiva da solo a rabbiose pedalate, tutto lordo di fango […] – e Coppi era già passato da un pezzo, ormai stava arrampicando su per le estreme balze del valico – allora rinacque in noi un sentimento mai dimenticato. Trent’anni fa, vogliamo dire. Quando noi si seppe che Ettore era stato ucciso da Achille» (Dino Buzzati, Dino Buzzati al Giro d’Italia, Mondadori 1981).

13. Malattia della pelle

14. Fa le fusa

16. Un anagramma di cielo

17. Basta e avanza per tutta la vita…

19. Vela francese

21. Prolungamento del velo palatino

22. Religiose

23. Coscienzioso

25. Le ha grandi l’elefante

26. È auspicabile ammazzarla

29. Cattivo a Londra

30. Le iniziali del conduttore Timperi

31. Fa coppia con se

32. Abbreviazione di nostro

Soluzione della settimana precedente QUASI GEMELLE – Del dipinto la «Vergine delle rocce» di Leonardo da Vinci esistono due versioni, una alla National Gallery a Londra e l’altra… Resto della frase: … AL LOUVRE, A PARIGI

Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o

intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie legali sono

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino TEMPO LIBERO 21
del sudoku nell ’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la
postale
cognome,
deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 1055, 6901 Lugano». Non si
escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.
F AINA PA LIO LIM ONI PER U ODI A VA VA RA SCARP E D A P I ANTA P A R O RION D IA I N IRATO O OR G AN I 4 36 5 9 27 9 9 2 3765 9 9 1 7 48 13 4 82 2347 985 16 6173 254 89 8951 642 37 3 7 6 9 5 1 8 4 2 1286 473 95 4592 836 71 7 6 1 4 3 2 9 5 8 9835 167 24 5428 791 63
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che riporti la soluzione, corredata da nome,
indirizzo del partecipante
Sudoku Scoprite i 3 numeri corretti da inserire nelle caselle colorate.
1234 56 7 8 9 10 11 12 13 14 1516 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34
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ATTUALITÀ

Dopo il Bürgenstock

C’è un piano diplomatico semiclandestino di Cina e Brasile e ci sono le parole non dette da Putin

Pagina 25

Economia

Maggiori tasse per i patrimoni più ingenti? Lo vogliono i francesi e se ne parlerà anche al G-20

Pagina 27

Il reportage

Siamo stati in una prigione a cielo aperto per piccoli criminali nel cuore del Mozambico

Pagina 29

Apriamo gli occhi: questo è Putin

Giornalismo

Sta per finire il tempo delle «gole profonde» che denunciano ai media le malefatte dei potenti?

Pagina 31

Guerra in Ucraina ◆ Il leader del Cremlino non cerca la pace e fa la voce grossa grazie alla complicità della Cina

Donald Trump nelle sue ultime prese di posizione ha smentito che, in caso di vittoria alle elezioni del 5 novembre, farebbe uscire l’America dalla Nato; ha detto che gli basta che l’Europa faccia la sua parte per finanziare le spese per la difesa. Questo è un messaggio rassicurante per gli europei. Trump, però, non ha affatto cambiato parere sull’Ucraina, anzi ha definito Zelensky il miglior venditore del mondo: «L’ultima volta che Zelensky è venuto a Washington è riuscito a farsi dare 60 miliardi di dollari. Appena è tornato a Kiev ha detto che gliene servivano altri 60… Questa storia deve finire» ha detto Trump.

Il presidente russo non negozia proprio ora che si prospetta una possibile vittoria di Donald Trump alle elezioni americane

Evidentemente non è intenzionato a proseguire, nel caso venga eletto come nuovo presidente degli Stati Uniti, la politica di aiuti all’Ucraina. Il candidato repubblicano non perde occasione per ribadire che, se torna lui alla Casa Bianca, negozierà la pace in Ucraina in 24 ore. Presumibilmente concedendo a Vladimir Putin tutto quello che vuole? La prospettiva di una rielezione di Trump può contribuire a spiegare la rigidità di Putin. Non gli conviene negoziare adesso, se pensa di poterlo fare tra sei mesi in una situazione a lui molto più favorevole, cioè con un’America che nega aiuti a Zelensky. È questa una chiave interpretativa della conferenza di pace tenuta in Svizzera: a mio avviso un fiasco (un’altra lettura del vertice a pag. 25, ndr). Al vertice svizzero non c’era Xi Jinping, che ha declinato l’invito. Da Mosca Putin (non invitato) ha dettato le condizioni di un cessate il fuoco. Includono l’annessione di tutto ciò che la Russia ha già occupato con una guerra criminale; più altre zone che Putin non ha neppure conquistato. Il diktat più pesante è che l’Ucraina rinunci ad ogni cooperazione militare con l’Occidente. Una capitolazione. L’Ucraina dovrebbe regalare all’aggressore perfino più territorio di quanto non si sia preso con la violenza. E rinunciare alla propria sicurezza anche futura. Il veto sull’ingresso nella Nato, nonché su patti bilaterali di difesa come quelli offerti dall’America e alcune nazioni europee, è il preludio a nuove aggressioni. L’alto bilancio di vite sacrificate per difendersi dall’invasione russa sarebbe stato inutile.

Chi si autodefinisce pacifista e da due anni invoca una «soluzione diplomatica», apra gli occhi: questo è Putin. Non da oggi. Sono rivelatrici le carte pubblicate dal «New York Ti-

mes» sui negoziati tra febbraio e aprile del 2022, nei primi mesi di guerra. Già allora Putin, oltre alle amputazioni territoriali, esigeva un’Ucraina vassalla della Russia, senza possibilità di accordi di sicurezza con altri Paesi. Chi ha passato questi anni a rimproverare «noi» – Zelensky, Biden, l’Unione europea – di non puntare sulla diplomazia, guardi la realtà in faccia: Putin vuole la resa come premessa per conquiste future; e rispetta solo i rapporti di forza. Oggi può alzare ancora più in alto le sue pretese perché si sente sicuro di sé. Sul fronte militare l’Occidente ha accumulato ritardi, cautele infinite; ha sottoposto le armi che forniva a Kiev a restrizioni d’uso, tali da regalare vantaggi enormi ai russi.

L’Occidente è pavido anche nell’uso delle sanzioni. La vicenda delle ricchezze russe congelate nelle banche europee è desolante. Due anni e quattro mesi di carneficina sul suolo europeo non sono bastati a espropriare le ricchezze russe, per versarle come risarcimento al popolo ucraino. Il G7 non ha cancellato questa vergogna. Le ricchezze restano congelate ma sempre di proprietà russa. Solo una parte degli interessi che quei fondi fruttano, verranno usati per garantire un prestito all’Ucraina. Un prestito, non un risarcimento. La giustificazione di cotanta viltà? Espropriare il patrimonio

estero di Mosca metterebbe in dubbio che gli europei rispettino le regole dello Stato di diritto, cioè la sacralità della proprietà. Gli europei – in questo caso l’America chiedeva una linea dura – hanno scelto la codardia, mettendo il diritto di proprietà di Putin al di sopra del diritto alla vita, alla libertà, e alla sovranità del popolo ucraino. La velocità con cui Putin ha rinconvertito il proprio Paese a un’economia di guerra è legata alle forniture da Pechino

Il G7 ha fatto qualche passo avanti – a parole – sull’aiuto cinese a Putin. Il comunicato finale denuncia che «il continuo sostegno della Cina all’industria militare russa consente di proseguire la guerra illegale contro l’Ucraina e ha ampie ripercussioni sulla sicurezza». Non solo la sicurezza ucraina ma di tutta l’Europa, visti gli appetiti imperiali di Putin. Questa frase del G7 è la presa d’atto di una realtà che dura dal febbraio 2022. Xi Jinping ha promesso «amicizia illimitata» a Putin ed è stato di parola. L’armata d’invasione russa non avrebbe mai potuto risollevare le proprie sorti sul terreno, senza il massiccio supporto economico, finanziario, tecnologico da Pechino. La velocità con cui

Putin ha riconvertito il proprio Paese a una economia di guerra, è legata al flusso di forniture dalla Repubblica Popolare. Chi s’illudeva che Xi volesse fare da paciere, non ha capito: il leader comunista ha preso dei rischi scommettendo su Putin, pur di accelerare il declino dell’Occidente. Il G7 ha cominciato a ridefinire il ruolo della Cina: è citata 28 volte nel comunicato finale, quasi sempre come una potenza pericolosa, protagonista di atti ostili come i continui cyberattacchi contro di noi. Il summit in Puglia ha evocato sanzioni allargate ad aziende cinesi. Non è detto che seguano atti adeguati. La Repubblica Popolare in trent’anni di globalizzazione si è resa indispensabile alle nostre economie. I dazi che Washington e Bruxelles hanno varato di recente contro le sue auto elettriche sono la reazione al fatto che tutta la nostra de-carbonizzazione è in ostaggio al made in China. Perciò Xi è sicuro di farla franca, continuando a tenere i piedi in due mondi: invade i nostri mercati con le sue esportazioni, mentre costruisce una globalizzazione alternativa e sino-centrica, con la Russia, l’Iran, e tanti Paesi emergenti del Grande Sud globale. L’atteggiamento di questi ultimi al vertice in Svizzera non lascia illusioni. Arabia Saudita, Brasile e altri si sono astenuti sulle conclusioni. Hanno recriminato sull’assenza del-

la Russia e della Cina come una colpa degli organizzatori. Il loro cuore batte da quella parte, o per una «neutralità» che non hanno abbracciato su Gaza. Dietro Putin il vero vincitore di questa fase è Xi: prende il meglio da due mondi e per ora paga prezzi modesti, dazi e rimbrotti occidentali sono poco più che punture di spillo (basta guardare il boom delle esportazioni cinesi in atto). Nel medio-lungo periodo la Repubblica Popolare può pagare prezzi più pesanti, solo se l’Occidente persegue con tenacia due strategie parallele: reindustrializzarsi per guadagnare autonomia, e spostare flussi economici verso Paesi non antagonisti come India, Vietnam, Messico. Per adesso queste mappe della globalizzazione sono un obiettivo distante; non scuotono le certezze dell’asse anti-occidentale che oltre a Cina, Russia, Iran, ha troppi simpatizzanti. E se il terzo fronte di guerra, dopo l’Ucraina e Gaza, venisse aperto dalla Corea del Nord? La visita di Putin a Pyongyang costringe a prendere in considerazione questa minaccia. L’ipotesi del «non c’è due senza tre» di solito viene fatta con riferimento alla temuta invasione cinese di Taiwan, che rimane una possibilità futura (basta ascoltare Xi Jinping). Non si può escludere però che sia Kim Jong-un a precipitare i tempi di una nuova guerra nel Pacifico.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 23
Un brindisi tra amici quello avvenuto il 19 giugno nella visita di Vladimir Putin (a sinistra) al leader nord coreano Kim Jong Un a Pyongyang. E se la prossima guerra partisse proprio dalla Corea del Nord? (Keystone) Federico Rampini

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Le cose da capire dopo il Bürgenstock

Ucraina ◆ L’operazione diplomatica semiclandestina di Cina e Brasile e le parole non dette dal presidente russo

Lucio Caracciolo

Ci sono voluti due anni e quattro mesi, ma finalmente Putin ha stabilito per quali scopi ha invaso l’Ucraina. Nel discorso pronunciato il 14 giugno al ministero degli Esteri russo, Putin ha infatti indicato le sue condizioni di una pace con l’Ucraina. Due dimensioni fondamentali: quella territoriale e quella che riguarda lo statuto internazionale del Paese vicino.

Molti ritengono sprezzanti le condizioni di Vladimir Putin per la pace, in realtà sono meno ambiziose dei suoi obiettivi iniziali

Per quanto riguarda il territorio, Putin intende mantenere sotto il proprio controllo le quattro province appena annesse alla Federazione Russa, oltre alla Crimea e a Sebastopoli già «riportate a casa» nel 2014. Si tratta degli oblast’ del Donbass piuttosto allargato, ovvero Donec’k, Luhans’k, Zaporižžja e Kherson. Nel momento in cui Kiev accettasse questa «proposta» le ostilità da parte russa cesserebbero immediatamente e si avvierebbe il negoziato per un vero e proprio trattato di pace. Per quanto riguarda la dimensione internazionale, Putin pretende la neutralizzazione della Repubblica Ucraina, o comunque l’impossibilità di installarvi armi, soprattutto missili, della Nato o di altri Paesi.

Sia Zelensky che i suoi sostenitori, occidentali e non, hanno immediatamente respinto con toni forti queste idee putiniane. Ma è interessante scavare sotto la superficie di queste

dichiarazioni e di alcuni movimenti diplomatici più o meno visibili che si stanno attivando. Per quanto riguarda la parte pubblica, la conferenza organizzata in Svizzera, formalmente dedicata alla pace, in realtà è stata una manifestazione di sostegno all’Ucraina invasa, ha comunque segnalato la difficoltà di Kiev di tenere sulla propria linea tutti i suoi sostenitori. Il vocabolario di Zelensky negli ultimi mesi contempla anche la parola pace, fino all’altro ieri piuttosto negletta. È inoltre in corso, fra le altre, un’operazione diplomatica semiclandestina sviluppata in coordinamento da Brasile e Cina. Due membri Brics, il secondo dei quali fondamentale per consentire alla Russia di limitare i costi della guerra. Brasilia e Pechino stanno tessendo una rete per porre le precondizioni di un negoziato di pace.

Ma il documento più interessante resta il discorso di Putin, durato oltre un’ora e ricco di dettagli. Si tratta anzitutto di un intervento fortemente difensivo, quasi autoassolutorio. Nulla di trionfalistico. Una ricostruzione pro domo sua di quanto accaduto dal 2014 a oggi in Ucraina e dintorni, nell’obiettivo di spiegare anzitutto alla sua opinione pubblica come questa operazione speciale sia tutt’ora in corso dopo 27 mesi. Fra le altre osservazioni, interessante è l’accento messo sui negoziati di Istanbul, che nel marzo/aprile 2022 sembravano avere spianato la via verso una tregua. L’idea di base di quei negoziati era la neutralità di Kiev in cambio del ritiro della Russia dai territori conquistati dopo il 24 febbraio. A quanto è stato

trascurato dell’intervento di Putin è il non detto. Nel momento in cui ostenta gli obiettivi territoriali citati, il presidente russo esclude automaticamente di volere arrivare a Kiev, o anche solo a Odessa e a Kharkiv. Non sarà facile convincere la parte più estrema della sua opinione pubblica che queste rinunce sono inevitabili. Nella narrazione ufficiale russa, da sempre Kiev è la culla della Grande Madre, la fonte stessa dell’identità nazionale. Quanto a Kharkiv, seconda città dell’Ucraina, e soprattutto Odessa, è senso comune russo che siano gioielli della Corona. Se consideriamo poi quello che Putin non dice, cioè che l’obiettivo primario dell’operazione era imporre a Kiev un proprio uomo di fiducia, ci si rende conto che gli obiettivi oggi tracciati sono molto meno ambiziosi di quelli per i quali era stata effettivamente scatenata la guerra.

possibile stabilire, anche da fonti occidentali, quella intesa provvisoria fu parafata dai due ministri degli Esteri, Lavrov e Kuleba, per essere sottoposta alla firma dei capi. Ma proprio in quelle settimane il clima cambiò improvvisamente, soprattutto per il massacro di Bucha, che Putin qualifica di «provocazione». In particolare, il premier britannico Johnson sarebbe volato da Zelensky per invitarlo a continuare la guerra, ad approfittare della debolezza russa.

Parallelamente a questo negoziato russo-ucraino, si svolgeva an-

che un’altra mediazione sviluppata da una potenza occidentale, che Putin non nomina, ma che è facilmente identificabile con Israele. L’ex primo ministro Bennett si era recato separatamente a colloquio con Putin e con Zelensky e a quanto pare era riuscito a compiere il primo tratto verso una tregua che poi potesse diventare pace. Poi, nello stesso periodo degli accordi di Istanbul, tutto è saltato. Il fallimento di questi due tentativi ha chiuso il capitolo dei negoziati mentre ha inasprito i combattimenti.

Quello che i commentatori hanno

Il sistema delle caste non è mai morto

Non è ancora il tempo di tirare le somme di chi abbia vinto o perso questa «operazione speciale» che ha comunque ridotto l’Ucraina a uno Stato fantasma e imposto duri sacrifici anche all’invasore. Resta però amara l’impressione che questo massacro infinito potesse essere evitato e che almeno la neutralizzazione dell’Ucraina, questioni territoriali a parte, sarebbe stata possibile attraverso normali negoziati. Lasciamo agli storici la sentenza, mentre prendiamo di questo discorso e dei movimenti diplomatici in corso il senso che entrambe le parti, in un modo o in un altro, saranno costrette a inventarsi una tregua. Al più tardi l’anno prossimo. Oppure ad affrontare un salto nel buio.

India ◆ Ufficialmente abolita nel 1950, in realtà l’antica suddivisione sociale ha ancora un certo peso specifico nella vita politica

Tanti anni fa una vecchia adorabile signora di Benares, appartenente alla antica famiglia reale del Bihar, si sedeva ogni pomeriggio nel patio di casa sua. Vestita di impeccabili sari bianco candido inamidati alla perfezione e con accanto una scatola d’argento in cui teneva l’occorrente per preparare il paan (foglie di betel da masticare) mi raccontava storie della sua giovinezza mentre prendevamo il te. Quand’era ragazza, diceva, le donne della famiglia si facevano curare da una dottoressa inglese, una persona squisita. E però, mi raccontava la signora, la dottoressa non poteva toccare le pazienti a mani nude. In casa c’era una sedia che veniva adoperata soltanto per lei e, quando le offrivano il pranzo, i cibi venivano serviti su larghe foglie di banano che poi la dottoressa doveva personalmente gettare nell’immondizia. Entrare in contatto diretto con qualcuno di casta bassa o con un fuoricasta significava difatti, per le nobili signore, doversi poi sottoporre a noiosi e complicati riti di purificazione. Secondo la tradizione induista, la popolazione indiana è suddivisa in un rigido sistema castale che comprende quattro principali categorie: la casta sacerdotale dei brahmini, la casta guerriera degli kshatrya, la casta mercantile dei vaishyas e quella servile degli shudra. Le prime tre sono considerate «caste alte», mentre gli appartenenti alla quarta sono considerati

«di casta bassa». Ci sono poi i cosiddetti dalit, gli «intoccabili», considerati al di fuori del sistema castale e sono tutti coloro che svolgono lavori considerati «impuri»: i becchini, i macellai, le persone incaricate della pulizia delle latrine ma anche, ad esempio, i conciatori di pelli. Per inciso, sono tecnicamente considerati fuoricasta anche tutti gli stranieri e i non appartenenti alla religione induista. La casta più alta, i brahmini, è la casta sacerdotale a cui in origine era vietato svolgere qualunque tipo di lavoro o di occupazione terrena. I brahmini dovevano vivere più o meno delle offerte dei fedeli, e la figura del «povero brahmino» disprezzato da alcuni per la sua povertà oppure onorato da altri è tradizionale in tutta la mitologia indiana. Re e guerrieri, la classe dominante, appartenevano agli kshatrya: coloro che governano e combattono ma che spiritualmente sono un gradino sotto ai sacerdoti. Nelle mani della casta mercantile, oltre che in quelle dei sovrani, era concentrata la ricchezza terrena. I servi avevano il compito di provvedere ai bisogni delle due caste precedenti, kshatrya e vaishya. L’impurità dei fuori casta, e il loro essere obbligati a vivere ai margini delle città e dei villaggi derivava dalle funzioni esercitate e aveva motivi essenzialmente igienici: cadaveri ed escrementi rischiavano di contaminare l’acqua e di danneggiare quindi tutta la comunità.

La divisione in caste, nata diversi millenni fa per razionalizzare e stabilire in qualche modo un ordine sociale, non ha nulla a che vedere, al contrario di quanto si tende a pensare in Occidente, con la ricchezza o con la posizione sociale degli individui. Per spiegarlo in modo terra terra: negli anni scorsi l’India ha avuto un presidente dalit, cioè intoccabile. Eppure, il più povero dei poveri brahmini di villaggio non avrebbe mai e poi mai adoperato le sue stesse stoviglie o diviso un pasto con lui. La ricchezza si acquisisce, la classe sociale si cambia, ma non è possibile cambiare la propria casta di appartenenza. Il sistema castale è stato legalmen-

L’enorme massa demografica dell’India non impedisce che ancora oggi esistano degli «intoccabili» e molte invisibili barriere tra una classe e l’altra della popolazione. (Pixabay)

te abolito nel 1950 dalla Costituzione ma, di fatto, la questione delle caste gioca tuttora un ruolo cruciale in ambito politico e smuove, durante le elezioni, un notevole numero di voti. La Costituzione indiana, figlia delle concezioni socialiste di Nehru e della visione romantica di Gandhi degli harijaan, i «figli di Dio» attribuisce di fatto un certo numero di privilegi ai gruppi percepiti come svantaggiati. E prevede difatti quote riservate nella pubblica amministrazione, nell’ammissione alle università statali e via dicendo, per le caste inferiori, per i fuori casta, per le popolazioni tribali, per le etnie minoritarie e per le religioni minoritarie. Il

che crea a volte, come succede con la famosa DI (Diversity and Inclusion) nelle università e nelle aziende americane, anche una serie di corto circuiti facilmente intuibili se si tiene presente che casta, etnia o religione non hanno alcun rapporto con il reddito degli individui. E se si tiene presente che nell’India del ventunesimo secolo certe abitudini e certe regole di stampo religioso sono quasi del tutto scomparse anche e soprattutto a livello individuale.

Le società cambiano, e con loro cambiano costumi e credenze millenarie. La nobile signora di cui sopra, quella che mi raccontava storie della sua giovinezza che sembravano uscite da un romanzo, la signora che non poteva essere toccata da una dottoressa occidentale e quindi «fuoricasta» mi ha aspettato una volta sveglia fino a mezzanotte, nella notte più drammatica della mia vita.

Mi aspettava con un bricco di té e un dolce, e mi ha abbracciato stretta anche se io, straniera, ero non solo «fuoricasta» ma «impura» perché stavo tornando dall’aver cremato sulle rive del Gange il grande amore della mia vita. Lei era molto anziana e fragile, e so perfettamente che, dopo avermi abbracciata e consolata, doveva sottoporsi a quell’ora della notte a lavaggi e rituali di purificazione. Ma mi ha abbracciata lo stesso. E io, io non l’ho mai dimenticato.

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Foto di rito dei capi di stato riuniti il 15 giugno al Bürgenstock. Al centro, il presidente ucraino Zelensky e Viola Amherd. (Keystone)

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Tassare le maggiori sostanze private del mondo

Economia ◆ Al G-20 si parlerà di introdurre una tassa del 2%, ma un gruppo di economisti francesi propone soluzioni fiscali molto di più radicali. In Svizzera solo i cantoni tassano, ma con livelli bassi

Più o meno in parallelo con la crescita dei debiti pubblici di molti Paesi, sorgono qua e là proposte di aumentare le entrate dei vari Stati dell’area democratica. E questo non solo a causa dei deficit provocati dal periodo di pandemia, cui si sono aggiunti quelli per l’armamento, ma piuttosto per un principio di ridistribuzione delle ricchezze. Da qui la ricerca di soluzioni fiscali che soddisfino entrambi gli scopi. Da qualche mese si parla, quindi, di imposte sulla sostanza, che vanno ovviamente a carico dei più benestanti.

Per bilanciare la crescita dei debiti pubblici di molti Paesi si ipotizzano tassazioni a carico dei più benestanti

Dopo l’introduzione dell’imposta minima del 15%, questa volta però sugli utili dei grandi gruppi attivi sul piano internazionale, ecco affacciarsi una proposta avanzata dal gruppo di economisti francesi, di cui fa parte anche Thomas Piketty e già all’ordine del giorno di una prossima riunione dei ministri delle finanze del G-20, il gruppo che riunisce le maggiori economie mondiali.

Si tratterebbe di introdurre una tassa del 2% a carico delle maggiori sostanze private nel mondo. L’aliquota prevista è ancora molto lontana dalle proposte del gruppo di economisti francesi, per il quale sarebbero opportuni tassi d’imposta sui redditi tra il 60 e l’80%, cui si aggiungerebbero imposte sulla sostanza tra il 6 e l’8%.

Il rapporto presentato da questi economisti per il 2022, basato sui dati del 2021, stima che nel mondo vi siano 2750 miliardari che posseggono globalmente 13’000 miliardi di dollari. Un’imposta sulla sostanza produrrebbe, quindi, 260 miliardi di dollari ogni anno, che corrisponderebbero a circa lo 0,3% del PIL mondiale.

In Svizzera si tratterebbe di circa 2 miliardi di franchi all’anno. Attualmente la Confederazione non percepisce un’imposta sulla sostanza. Lo fanno, però i cantoni che, nel 2021, hanno incassato quasi 9 miliardi di franchi globalmente. Tuttavia, sul piano teorico, un’imposta sulla sostanza incontra sempre qualche difficoltà. Essa contraddice, infatti, il principio secondo cui un’imposta non dovrebbe mai colpire la fonte del reddito che poi viene tassato. Per questo la Confederazione non la applica e anche i cantoni applicano tariffe molto modeste, tra lo 0,2 e l’1%.

Infatti, si tratta di un’imposta che punisce il risparmio e gli investimenti, viene applicata anche in caso di perdite e può ostacolare la crescita delle imprese. Molti Paesi l’hanno abolita perché poco redditizia, mentre altri la giustificano quale complemento al principio di tassare in base alla forza economica del contribuente, oppure quale moderatore delle disuguaglianze. Inoltre, supplirebbe in parte al limite massimo delle aliquote sul reddito e potrebbe essere un parziale sostituto a un’imposta sui guadagni in capitale, che alcuni Paesi non applicano. Comunque solo tre dei 38 paesi dell’OCSE praticano ancora la tassazione delle sostanze:

la Svizzera, la Spagna e la Norvegia. Anche in Svizzera, però, non mancano i tentativi di tassare i grandi patrimoni. Parecchie volte si è parlato di introdurre un’imposta speciale sulla ricchezza, ma finora questi tentativi non sono riusciti. Oggi si torna però a discutere di una tassa sulle eredità, che sarebbero la fonte maggiore della ricchezza odierna. Un’iniziativa dei giovani socialisti propone di introdurre una tassa

del 50% sui patrimoni ereditati. In altri termini, lo Stato si approprierebbe della metà delle ricchezze prodotte in una vita da un singolo, ma anche dalla sua famiglia. Per un Paese che conta nella sua economia un gran numero di piccole imprese si vede subito quanto un simile provvedimento possa essere controverso. Per questo l’iniziativa propone di iniziare la tassazione oltre i 50 milioni di eredità, qualificandosi come un

Ho risparmiato denaro nel pilastro 3a.

ulteriore tentativo di colpire i grandi patrimoni soltanto. Si tratterebbe, in sostanza, di circa 2’000 persone. A ben guardare proprio questi limiti possono, da un canto, attirare molte simpatie, ma dall’altro stanno già provocando manovre per cercare di sottrarsi a questo nuovo potenziale balzello. Va infatti considerato il serio pericolo che la Svizzera perda molta della sua attrattività per gli alti redditi e i grandi patrimoni.

Oggi si torna però a discutere di una tassa sulle eredità, che sarebbero la fonte maggiore della ricchezza odierna

Da notare che, oggi, lo 0,4% delle persone più ricche, cioè con oltre 10 milioni di franchi, possiede circa un terzo di tutte le sostanze dichiarate al fisco. Tuttavia, a causa della progressività delle imposte, pagano molto di più di un terzo delle imposte sulla sostanza. Sul reddito, le classi più elevate pagano circa un quarto del gettito totale delle imposte. Un’applicazione – che qualcuno spera perfino retroattiva – dell’iniziativa non solo può provocare la fuga di buoni contribuenti, ma può escludere la Svizzera dai Paesi che offrono buone garanzie anche per i capitali. In altre parole, la ricerca di metodi e sistemi per colpire le grandi sostanze potrebbe essere all’origine di un calo delle imposte globali percepite e costringere ad aumentare le imposte per ceti medi e medio bassi.

Chi eredita se muoio prima di riscuotere i risparmi?

La consulenza della Banca Migros ◆ Il patrimonio spetta nel primo livello al/alla coniuge o al/alla partner, seguono altri quattro gruppi di persone

Questo dipende soprattutto dallo stato civile. In linea di massima, nel caso di una persona coniugata o che vive in un’unione domestica registrata, il patrimonio previdenziale spetta innanzitutto al/alla coniuge o al/ alla partner in unione domestica registrata, secondo quanto prescrive la cosiddetta regolamentazione dei beneficiari. In caso di decesso, tale regolamentazione stabilisce chi sono i familiari beneficiari dell’avere nel pilastro 3a e in quale ordine. Del secondo livello di beneficiari fanno parte i seguenti quattro gruppi di persone: i discendenti diretti, la persona che provvede al sostenta-

mento di eventuali figli comuni, la persona con la quale vi è stata convivenza ininterrotta nei cinque anni precedenti il decesso e le persone che il/la titolare della previdenza ha sostenuto finanziariamente in modo cospicuo mentre era ancora in vita. Al terzo livello vi sono i genitori, i fratelli e le sorelle e poi gli altri eredi.

È importante rispettare l’ordine legale all’interno dei livelli 1 e 2. Dal secondo livello in poi è possibile tuttavia scegliere liberamente l’ammontare degli importi e, nel terzo livello, anche l’ordine dei beneficiari.

Un esempio: una persona che vive in concubinato da almeno cinque anni può indicare il/la partner quale beneficiario/a. Chi ha figli adulti dal primo matrimonio può suddividere a propria discrezione l’avere di previdenza tra questi e il/la partner. È ad esempio consentito lasciare al/alla partner l’intero avere, a condizione che i figli ricevano almeno il 50% dell’intero patrimonio successorio, compresi gli averi previdenziali.

Se si desidera stabilire determinate disposizioni per la trasmissione in eredità dei capitali del pilastro 3a, occorre comunicarle per iscritto alla propria fondazione di previdenza. È

comunque possibile modificare le disposizioni in qualsiasi momento.

Consiglio

Le disposizioni esatte riguardanti il lascito in eredità del patrimonio previdenziale possono variare a seconda della fondazione di previdenza. È quindi opportuno richiedere una consulenza per pianificare la regolamentazione della successione.

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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 27
Gerhard Buri, consulente alla clientela presso la Banca Migros ed esperto in previdenza.
azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Abbonamenti e cambio indirizzi tel +41 91 850 82 31 lu–ve 9.00 –11.00 / 14.00 –16.00 registro.soci@migrosticino.ch Redazione Carlo Silini (redattore responsabile) Simona Sala Barbara Manzoni Manuela Mazzi Romina Borla Natascha Fioretti Ivan Leoni Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Telefono tel + 41 91 922 77 40 fax + 41 91 923 18 89 Indirizzo postale Redazione Azione CP 1055 CH-6901 Lugano Posta elettronica info@azione.ch societa@azione.ch tempolibero@azione.ch attualita@azione.ch cultura@azione.ch Pubblicità Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino tel +41 91 850 82 91 fax +41 91 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino tel +41 91 850 81 11 Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria - 6933 Muzzano Tiratura 97’925 copie ●
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Vite affannate nel Far West mozambicano

Reportage ◆ Storie di ragazzi a fine pena in una prigione a cielo aperto nel Paese dell’Africa orientale Angelo Ferracuti, testo e foto

Il fuoristrada dalla N7 che da Catandica va verso Chimoio, imbocca una carrozzabile sterrata, poi si perde per 17 chilometri dentro una savana sconfinata e senza tempo. Curva dopo curva Pedro, il solerte conducente che mi accompagna in questo viaggio, arranca silenzioso, manovrando attento di sterzo, tagliando i terreni incolti e la foresta di Hombwe, nel distretto di Bàrué, così si chiama questa zona che prende il nome dalla catena montuosa e dalla grande altura che vedo sullo sfondo. Gli uomini, le donne e i bambini fermi ai lati della strada d’asfalto sono spariti, così come i caseggiati, e le automobili; sono scomparsi anche i banchi con la frutta, e i venditori di abbigliamento usato e polli vivi. Adesso non incontriamo altri mezzi o persone mentre ci inoltriamo in questo Far West mozambicano per chilometri e chilometri, e nessuno si aspetterebbe di trovare alla fine di questo passaggio selvatico un carcere a cielo aperto, la surreale colonia penale in un villaggio sperduto.

In un villaggio surreale dopo la foresta di Hombwe i criminali «minori» scontano gli ultimi anni di pena vivendo come contadini

Quando arriviamo c’è solo un recinto con dentro le capre, in fondo una stalla fatta di giunchi, pochi uomini al lavoro, due cani che si azzuffano rincorrendosi e abbaiando furiosamente, un’aria di desolato abbandono. Poco dopo rientrano dalle campagne due detenuti, bastoni in mano pronti all’uso, scortando una mandria di mucche portate al pascolo. Custódio Josè, il direttore della prigione, che incontro poco dopo, è un omaccione dall’aria burbera e la faccia paffuta, la mimetica verde scuro in ordine, in testa un basco marrone con il simbolo della repubblica africana con una zappa e un fucile AK-47 incrociati; mi spiega che qui vivono solo 38 reclusi: «Questo è un centro basato sull’agricoltura e la zootecnia, è una forma di rieducazione, i detenuti vengono qui per imparare un lavoro». Sì, perché il Mozambico è per il 90% una terra agricola, abitata da poveri contadini, che adesso cerca di risorgere economicamente dopo vent’anni di una sanguinosa guerra civile tra fazioni contrapposte. Ovvero l’esercito, che faceva capo al partito Frelimo – originariamente, al tempo della guerra fredda, di ispirazione marxista leninista e nato dalla lotta armata al colonialismo, oggi, contrariamente, filo occidentale, al governo dal 1975 dopo la rivoluzione che portò a ottenere l’indipendenza dal Portogallo –e la Renamo, un partito conservatore e anticomunista. Dopo anni di guerriglia, soprattutto in zone rurali come questa, hanno firmato l’accordo di Maputo nell’agosto del 2019. L’AICS, l’agenzia italiana della cooperazione allo sviluppo, ha partecipato a un progetto del Governo acquistando gli animali che vedo, organizzando inoltre corsi di formazione tecnica per l’allevamento, l’alimentazione e l’igiene delle stalle, così come la somministrazione dei vaccini. «Sono tutte persone che hanno commesso piccoli reati», racconta puntuale il comandante, chi ha fatto rapine a mano armata o è un omicida non è accettato qui», puntualizza,

«arrivano da noi alla fine della pena per diventare agricoltori e allevatori di bestiame». La regola è di non dover scontare una reclusione di più di 13 anni per furto semplice, aggravato, aggressione fisica o abuso sessuale sui minori, metà della quale già scontata in un carcere normale avendo dimostrato una buona condotta. «Abbiamo psicologi che vengono qui a fare dei colloqui con i detenuti» mi spiega ancora orgoglioso, «e tutte le domeniche li riuniamo per farci raccontare quello che sentono nel proprio intimo, i problemi che hanno» dice ancora. Sono costretto a credergli, penso mentre parla, poi gli chiedo se tra di loro c’è stato qualche Papillon fuggiasco che si è dato alla fuga, scappando nottetempo, o un romantico Jean Valjean evaso per sempre. «Ci sono stati tentativi di fuga», ammette, «le nostre guardie li riprendono, ma non è facile scappare in questo territorio, poi ci parliamo cercando di capire, nessuna tortura», precisa, con la cattiva coscienza del gendarme di carriera, «quella è proibita dalla leg-

ge». I detenuti sono liberi di circolare solo nei cento ettari che lavorano dei 2000 di quest’area. Solo negli ultimi mesi di carcere possono allontanarsi. Tutti i penitenziari mozambicani, anche quelli con le celle in muratura, hanno l’obbligo di creare le condizioni dell’autosostentamento con lavori agricoli, racconta ancora Custódio Josè, riassestando il basco in testa, «questo è un Paese povero, non possiamo permetterci di mantenere i carcerati».

I ragazzi che incontriamo sono molto giovani e guardinghi, sui loro corpi si notano i segni delle violenze subite

I ragazzi sono tutti molto giovani, e al di là dei buoni propositi del comandante, anche molto guardinghi e timorosi, gli sguardi spaventati, la postura del corpo contratta, gli arti retrattili, lo sguardo da cani bastonati. I corpi portano i segni sulla pel-

le delle violenze subite, qui o altrove, cicatrici più o meno profonde, angosce invisibili per quelle psicologiche, rabbie nascoste nelle segrete dei loro pensieri più profondi e inaccessibili. Quando parli con loro forse mentono, alcuni non hanno studiato, non parlano neanche il portoghese ma solo dialetti locali, si vergognano di raccontare quello che hanno fatto per sfuggire a una vita allo stato brado di povertà e ignoranza. Uomini come Tito Ricardo Nassone, i capelli rasati, ragazzo di bottega in un negozio di alimentari, il grande naso e la fronte spaziosa, la maglia bucata all’altezza del costato, che incontro un paio di chilometri più avanti nel villaggio di capanne dove vivono i detenuti, pattugliati notte e giorno da otto guardie che si danno il cambio. «Ho rubato perché il proprietario non mi pagava, trafugato olio, riso, ho rubato parecchio e per molto tempo», confessa, «e un giorno anche i soldi dell’incasso». Lo hanno arrestato a Beira, processato e condannato a 12 anni di prigione. «Sei li ho scontati a Chimoio, ma qui si sta molto meglio che in una prigione, lavoriamo all’aria aperta, abbiamo da mangiare, mi sento un privilegiato». Il suo sogno una volta uscito di galera è mettere in piedi una piccola fattoria, «ho imparato a coltivare e ad allevare, so come fare adesso, posso farcela» dice fiducioso. Vasco António Joaquim, un ragazzo magro, che indossa un giubbetto nero di pelle, invece ha studiato fino alla decima classe e lavorava come gommista. Una notte stava fumando marijuana con un gruppo di amici, l’hanno arrestato e condannato a un anno più una multa in danaro che non è riuscito a pagare, così quelli da scontare sono diventati due. Mentre Armando Maque, che forse soffre per qualche ritardo mentale, calvo e con gli occhi lucidi, dice che stava bruciando sterpaglie nel suo

orto e si è distratto, le fiamme si sono propagate fino ad arrivare alla casa del vicino, che alla fine è bruciata. Il giudice lo ha condannato a nove anni. Difficile capire se le storie che ci raccontano siano vere o false, ma sembrano capitoli del grande romanzo della povertà mozambicana

Continuo ad ascoltare una storia dietro l’altra, e a scrivere sul mio taccuino storie «dal vero» di un grande romanzo corale della povertà mozambicana. False o autentiche che siano non fa alcuna differenza, sono storie che possono facilmente accadere in questa parte di mondo dimenticata da dio. L’ultima è quella di Livson, scalzo e piccolo di statura, i bermuda logori, stracciati, il viso dai lineamenti dolci che, tormentato, mi racconta di aver violentato Lourença, la sua ragazza di 17 anni. Giura che le aveva dato appuntamento, lei era consenziente, ma il padre l’ha denunciato perché non voleva che lo frequentasse. È stato condannato a 13 anni di prigione, la metà dei quali scontati a Chimoio. Ma lui non si è perso d’animo, la pensa tutti giorni –questo racconta spaurito, a bassa voce – «lei ha scritto che mi aspetta, quando esco di prigione vuole incontrarmi». Forse la sua storia è proprio questa, forse invece dietro quella faccia d’angelo delicata e bambinesca, si cela un erotomane seriale, lo stupratore brutale che cerca solo l’occasione giusta per trovare un’altra vittima, poter rifare tutto ancora un’altra volta, con la stessa violenza, restando impunito. Forse s’è inventato tutto, solo una parte di quello che mi sta dicendo, o semplicemente racconta la storia di un altro per non raccontare la sua.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 29
Una guardia armata all’interno del campo. «Qui la tortura è proibita», dicono le autorità. Il centro rurale, situato in un villaggio sperduto, si basa sull’agricoltura e sulla zootecnia. È una forma di rieducazione e i detenuti, tutti di piccolo calibro, vengono qui soprattutto per imparare un lavoro.

Whistleblowers, fine della storia?

Giornalismo ◆ L’alternativa alle «denunce protette» di abusi sono i consorzi investigativi dei mass media

La pratica del «whistleblowing», che consiste nel segnalare – proteggendo l’identità dell’autore – violazioni di leggi o di regolamenti, casi di corruzione o di frode, oltre a situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza pubblica, gode ancora, in Svizzera, di un certo credito, come dimostrano le cifre pubblicate dalla Scuola professionale dei Grigioni, riferite dalle agenzie lo scorso 12 gennaio.

La segnalazione di corruzione, frode, violazioni di leggi o regolamenti gode ancora di un certo credito nel nostro Paese

Il numero delle segnalazioni trasmesse in un anno all’autorità federale di controllo può parere ingente: 232, la cernita che l’autorità svolge tra quelle ricevute ha per finire rilevato soltanto un caso di rilevanza penale. In Svizzera, solo le pubbliche amministrazioni sono oggetto di possibile «denuncia protetta», non le imprese private: questo per l’opposizione in apparenza irremovibile delle Camere federali. Ci penserebbe poi la stampa, protetta dalla Costituzione, a togliere definitivamente il coperchio da certe marmitte, quando raggiungono una certa consistenza: ma, ancora una volta, gli autori del servizio giornalistico possono incorrere nei rigori

del Codice penale se la pubblicazione risulta lesiva di specifici interessi. Questi impicci hanno dato luogo in passato a cause penali, per cui molti organi d’informazione, per non rischiare di incorrere in sanzioni onerose, se ne tengono lontani. Ma il coraggio non è mancato, in passato, a privati cittadini, i quali, a conoscenza di storture gravi o di reati o di crimini, hanno deciso di attivarsi assicurando la rivelazione di casi gravi. I lettori di «Azione» li conoscono bene, questi eroi solitari della pubblica informazione, perché ne è stato scritto molto in passato: persone condannate al carcere duro (l’ex soldato Chelsea Manning), oppure costrette all’esilio (Edward Snowden) o che attendono di conoscere la loro sorte, detenuti in attesa di estradizione (Julian Assange). In quasi tutti questi casi si è potuto provare che, a muovere il loro interesse alla raccolta e rivelazione di notizie compromettenti per autorità pubbliche e interessi privati era il loro individuale senso della giustizia. Detto questo, la domanda rimane lecita: non esistono altri mezzi per la divulgazione di storture pubbliche o private, cui non seguano necessariamente penose conseguenze per chi vi si impegna?

Il punto di rottura è stato trovato con la fondazione, nel 1997, dell’International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ), con sede a Wa-

Tavolette Lindt in promozione.

shington e che raggruppa più testate di giornali attivi in tutto il mondo (per la Svizzera vi aderisce Tamedia, l’editore del «Tages-Anzeiger» e della «SonntagsZeitung»). Non è per caso che il Consorzio sia basato negli Stati Uniti: lo protegge il Primo Emendamento della Costituzione americana («Il Congresso non farà leggi limitative della libertà di stampa»). Il soldato Manning poteva essere per-

seguito perché era un individuo isolato, un giornale o un’organizzazione di giornalisti in America non può esserlo. Importante è stato il processo, in aprile, per i «Panama Papers» rivelati dal Consorzio: trentadue accusati di evasione fiscale e riciclaggio, 11,5 milioni di documenti, spalmati su 40 anni, personalità compromesse, da Putin a Leo Messi. Il caso più grosso: in Svizzera fu quello della banca in-

glese-elvetica HSBC di Ginevra. Si ricorderà il processo svoltosi a Bellinzona a carico di un funzionario della banca che aveva dato avvio all’inchiesta giornalistica. Il «caso» più recente riguarda un Paese dell’Africa australe, lo Swaziland, e gli accusati sono addirittura il sovrano presidente della repubblica e i suoi alleati politici. Sembra finito il tempo degli «eroi» che denunciavano le malefatte dei potenti e dovevano fuggire o incorrere in pene esemplari

Il direttore del Consorzio, Gerard Ryle, premio Pulitzer 2017, ne ha parlato in aprile in Ticino a un folto gruppo di iscritti al Corso di giornalismo della Svizzera italiana e a varie decine di giornalisti attivi, per iniziativa della RTSI. La conclusione? Non è più tempo di eroi, con tutto il rispetto che dobbiamo a quegli autentici apripista. È tempo di unire le migliori forze giornalistiche per alzare il coperchio delle troppe pentole in cui, a livello mondiale e con penetrazione capillare anche nelle nostre democrazie, bolle quel tratto della finanza internazionale che ha molto da nascondere agli Stati di cui pure invoca la protezione contro le crescenti attuali minacce di guerra.

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Annuncio pubblicitario L’ex soldato Bradley Manning, oggi Chelsea, ha trafugato decine di migliaia di documenti riservati sulle operazioni militari Usa in Iraq. (Wikimedia Commons)

Svizzera, castello d’acqua d’Europa, come stai?

Siamo abituati ad aprire il rubinetto dell’acqua decine di volte al giorno. Ma da dove proviene la nostra acqua, perché è più pulita che in altri luoghi e cosa possiamo fare per mantenerla tale? Facciamo un bilancio

Jörg Marquardt, Nina Huber

Cascate impetuose, scintillanti laghi di montagna, fiumi e ruscelli dalle ampie ramificazioni: l’acqua caratterizza il paesaggio e la cultura della Svizzera in vari modi. Ogni anno cadono circa 58 miliardi di litri di pioggia e neve, ovvero quattro volte la quantità d’acqua del lago di Neuchâtel. Questo fa della Svizzera uno dei Paesi più ricchi d’acqua dell’Europa.

Qui nascono molti fiumi importanti: il Reno, il Rodano, l’Inn e il Ticino. Essi riforniscono il continente di questa risorsa vitale. La Svizzera si è così guadagnata il titolo onorifico di «castello d’acqua d’Europa».

Di solito i castelli si ergono verso il cielo. Per quanto riguarda il castello d’acqua svizzero, invece, vaste parti si trovano sotto

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ATTUALITÀ Acqua

terra: il 45% del volume totale di acqua è costituito dalle acque freatiche. I ghiacciai formano il piano superiore. Immagazzinano il 16% del volume d’acqua e forniscono un importante contributo all’approvvigionamento idrico. L’acqua rimanente (39%) è distribuita tra gli oltre 1500 laghi e, in misura minore, tra i fiumi.

La nostra acqua potabile proviene principalmente da sorgenti e falde freatiche. È strettamente controllata e ha la reputazione di essere l’acqua potabile più pulita al mondo. Per proteggerla, sono necessarie delle misure che l’esperto Christian Stamm menziona nell’intervista.

Il castello d’acqua ha solide fondamenta. Grazie a una gestione attenta, è in grado di resistere anche alle sfide del futuro.

ATTUALITÀ

«L’acqua non conosce confini nazionali»

Come sta la Svizzera, castello d’acqua d’Europa? Dove dobbiamo agire? Intervista a Christian Stamm, vicedirettore dell’Istituto per la Ricerca sulle Acque Eawag.

Jörg Marquardt

La Svizzera è nota come il castello d’acqua d’Europa. Quanto è solido questo castello?

Alcune parti sono in ottime condizioni, mentre altre hanno bisogno di un serio risanamento.

Prima le buone notizie, per favore.

Dai rubinetti di tutto il Paese sgorga acqua potabile di alta qualità. Fiumi e laghi sono così puliti che possiamo tranquillamente farci il bagno. Ma non è sempre stato così. Fino a 60 anni fa, la balneazione era vietata in molti corsi d’acqua, poiché vi venivano scaricate acque reflue non trattate. La depurazione comunale delle acque reflue ha migliorato in modo decisivo la qualità dell’acqua.

E dove va risanato il «castello»?

Sull’Altopiano, in particolare, quasi tutti i corsi d’acqua minori sono stati canalizzati e raddrizzati. Sono andati così persi preziosi tipi di biotopo, con conseguenze drastiche per la biodiversità naturale.

Il raddrizzamento dei fiumi assicura che l’acqua in eccesso venga drenata rapidamente: una soluzione ragionevole alla luce di piogge persistenti e inondazioni, non è vero?

Da un lato, sì, dato che il nostro suolo non riesce ad assorbire l’acqua così rapidamente. Dall’altro, abbiamo bisogno di una gestione intelligente dell’acqua che non solo protegga la nostra regione dalla pioggia battente, ma anche dai sempre più frequenti periodi di siccità.

Continua a pag. 34

Approvvigionamento idrico

Il 58%

dell’elettricità prodotta in Svizzera proviene dall’energia idroelettrica. Si tratta dell’energia rinnovabile più importante della Svizzera. Attualmente sono in funzione 701 centrali idroelettriche. La Svizzera vanta più di 200 bacini artificiali.

250 litri

d’acqua sono necessari a un grande albero di latifoglie in una giornata estiva.

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della città di Zurigo: serbatoio d’acqua Lyren a Zurigo Altstetten. Una nuotatrice immersa nel fiume Verzasca.
essencedesign.com/dpicard.ch
Keystone La diga di sbarramento più alta al mondo nel suo genere è la Grande Dixence, nel Vallese, con i suoi imponenti 285 metri.

ATTUALITÀ Acqua

I recenti temporali rientrano ancora nella normalità?

Maggio e giugno sono considerati i mesi più piovosi nell’Altopiano svizzero: gli alti livelli di precipitazioni sono tipici di questo periodo. Tuttavia, notiamo che le precipitazioni si spostano sul piano stagionale a causa del cambiamento climatico.

Che cosa significa?

I nostri inverni diventano più piovosi, le estati più secche. Ci stiamo avvicinando a un clima mediterraneo, ma la quantità di precipitazioni nel corso dell’anno dovrebbe rimanere costante.

Qual è il modo migliore per affrontare questo cambiamento?

Dovremmo dare di nuovo più spazio ai fiumi. Rinaturalizzandoli, creiamo pianure alluvionali naturali che possono attenuare le inondazioni estreme e mitigare i danni. Allo stesso tempo, le precipitazioni possono essere meglio immagazzinate nel suolo, una misura preventiva contro i periodi di siccità.

Ci troveremo presto ad affrontare siccità estive come quelle della Catalogna e dell’Andalusia?

Il paragone è zoppicante. Alcune di queste regioni sono semidesertiche con precipitazioni molto scarse: in questi luoghi l’agricoltura può essere praticata solo grazie all’apporto di grandi quantità d’acqua. Una soluzione del genere non è sostenibile, perché l’acqua manca in altri luoghi.

Che cosa significa questo per i nostri consumi?

Significa che l’acqua non conosce confini nazionali. Importiamo acqua virtuale sotto forma di frutta e verdura. Dovremmo quindi sforzarci di mantenere il più possibile ridotta la nostra impronta idrica. Lo stesso vale anche per la produzione agricola in Svizzera.

In che senso?

È importante adattare la coltivazione al cambiamento climatico. Agricoltrici e agricoltori hanno due leve principali per raggiungere questo obiettivo: i sistemi di irrigazione a risparmio idrico e il passaggio a varietà e colture che richiedono meno acqua possibile.

Quindi niente più patate nostrane?

Sarebbe del tutto esagerato. È fondamentale adattarsi alla futura offerta idrica con misure tecniche, agronomiche e di altro tipo.

In che altro modo il cambiamento climatico influisce sulla situazione idrica in Svizzera?

La linea della neve continuerà a salire. In inverno potrebbero pertanto cadere maggiori quantità di pioggia. In seguito, quest’acqua scarseggia come acqua di fusione in primavera. Ciò significa che il cambiamento climatico altera anche i modelli naturali in cui defluisce l’acqua. Si tratta di un problema per gli animali e le piante che hanno adattato il loro ciclo di vita di conseguenza.

Anche le centrali idroelettriche modificano il deflusso naturale. Un male necessario?

Ogni goccia d’acqua che lascia la Svizzera con il Reno è passata prima attraverso una turbina da dodici a quattordici volte. Non abbiamo quasi più corsi d’acqua liberi. Questo uso intensivo dell’energia idroelettrica va a scapito della biodiversità.

Per la transizione energetica, tuttavia, abbiamo bisogno di elettricità idroelettrica rispettosa del clima. Esiste un conflitto di obiettivi tra la protezione dell’ambiente e la transizione energetica rispettosa del clima. Noi di Eawag dobbiamo sottolinearlo. Molte piccole centrali elettriche, per esempio, producono una quantità relativamente bassa di corrente. A questo proposito, i politici dovrebbero considerare se l’effetto costi-benefici è dato ovunque.

Esistono delle alternative?

Assolutamente sì. Negli anni 90, noi di Eawag abbiamo sviluppato le basi del marchio di qualità «naturmade star», il quale permette alle economie domestiche svizzere di optare per l’energia proveniente dalla centrale idroelettrica e da altre fonti ecologiche, generate nel rispetto della natura.

Quanto è importante per l’Europa la Svizzera nella sua veste di castello d’acqua?

La nostra acqua continua a scorrere fin nel Mare del Nord, nel Mar Nero e nel Mediterraneo. Dobbiamo quindi assicurarci che sia di buona qualità. Troppo azoto proveniente dall’agricoltura continua a raggiungere il Mare del Nord con il Reno. Non resteremo dunque senza lavoro.

Ogni goccia d’acqua che lascia la Svizzera con il Reno è passata prima attraverso una turbina da dodici a quattordici volte.
Dott. Christian Stamm

L’esperto

Christian Stamm è vicedirettore di Eawag, l’Istituto per la Ricerca sulle acque nel Settore dei Politecnici Federali, con sedi a Dübendorf (ZH) e Kastanienbaum (LU). Laureato in biologia, ha conseguito un dottorato in fisica del suolo. Dal 2002 svolge attività di ricerca sull’agricoltura e sulla qualità dell’acqua presso Eawag.

Ortaggi assetati o parsimoniosi

1. Asparagi contro carote

Per produrre un chilo di asparagi occorrono 1400 litri d’acqua. Le carote, invece, sono parsimoniose e necessitano di soli 130 litri d’acqua per chilo.

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130 litri 1400 litri

ATTUALITÀ

2. Mandorla contro soia

Un chilo di mandorle richiede da 10’000 a 15’000 litri d’acqua.

Un chilo di soia richiede circa 1800 litri d’acqua. La soia tollera bene il caldo e la siccità e non ha bisogno di fertilizzanti, poiché lega l’azoto e, a differenza della maggior parte delle piante, non lo preleva dal terreno ma dall’aria.

3. Avocado contro piselli

Un chilo di avocado richiede quasi tre volte tanta acqua rispetto a un chilo di piselli. Inoltre, l’avocado è coltivato in zone povere di risorse idriche.

300 litri

Ecco cosa fa la Migros

Efficiente gestione dell’acqua in loco

Il limone ha bisogno di molta acqua per diventare davvero succoso. Per le aziende in Spagna, da cui proviene la maggior parte dei suoi agrumi, la Migros ha introdotto una rigorosa gestione dell’acqua: produttrici e produttori raccolgono l’acqua piovana, utilizzano metodi di irrigazione a risparmio idrico e limitano inoltre i fitosanitari, proteggendo così le acque freatiche. Non è consentito l’uso di pozzi illegali. La Migros ha aderito alla rete SBTN (Science Based Targets Network), il cui metodo di misurazione, basato su dati scientifici, tiene conto del bacino d’utenza locale delle acque per stabilire il consu mo idrico.

Meno fitosanitari

La Migros punta su cereali privi di pesticidi per la pro duzione di pane e farina. Ri ducendo i fitosanitari nella

frutta e nell’ambiente, una quantità minore di questi finisce nelle acque freatiche. Le aziende fornitrici della Migros in Svizzera rinunciano completamente a determinati prodotti per le mele e le pere coltivate in modo convenzionale e utilizzano alternative più riguardose: impiegano delle reti o metodi naturali per impedire ai parassiti di riprodursi.

Dissigillare i suoli

Più acqua è in grado di assorbire il suolo, meglio riesce a proteggersi dalle inondazioni in caso di precipitazioni estreme. Per migliorare la capacità di accumulo del suolo, le superfici asfaltate vengono rimosse dove possibile, cioè dissigillate. La Migros fa questo per tutti gli immobili e i complessi residenziali di proprietà della Cassa pensioni Migros.

d’acqua pro capite vengono consumati ogni giorno in Svizzera, tenuto conto anche della quota riguardante agricoltura e industria. Se includiamo altresì il consumo d’acqua relativo ai beni importati, arriviamo a oltre 4000 litri al giorno. Lo scarico del WC, con 40 litri d’acqua al giorno pro capite, è il maggior consumatore d’acqua nell’economia domestica.

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Acqua
10’000 litri 1800 litri 1500 litri 600 litri Immagini: Gemeinde Bever/Fabian Schee-
Un progetto di rivitalizzazione del comune di Bever nei Grigioni.
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CULTURA

Il boudoir digitale

Comprami, il podcast del Sole24Ore, racconta come sta cambiando il nostro rapporto con l’intimità grazie a piattaforme come Onlyfans

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Una vita al servizio degli altri Incontro con Hedy Graber, per 20 anni responsabile della Direzione Società e Cultura del Percento culturale Migros nazionale

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Sophia e Brigitte unite dalla nascita Ripercorriamo le vite di Sophia Loren e Brigitte Bardot, due grandi icone del cinema del Novecento, che a settembre compiono 90 anni

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La danza, la luce e lo spazio di Cindy Van Acker

Spettacoli ◆ Incontro con la coreografa svizzera, ospite della seconda edizione di Lugano Dance Project da poco conclusa

La personalità e la classe di Cindy Van Acker, i suoi paesaggi intimi, cosmici e infiniti, le sue coreografie attraggono e conquistano con il fascino del gesto, del movimento, con il rigore compositivo dell’essenzialità. Il suo rigore è potente quanto la forza espressiva che si sprigiona dalle coreografie, capolavori che da oltre vent’anni la vedono protagonista alla continua scoperta di nuovi orizzonti.

Belga di nascita e svizzera d’adozione, Cindy Van Acker è una delle coreografe più in vista sul piano internazionale, da oltre vent’anni un riferimento per l’affermazione della danza contemporanea nel nostro Paese che nel 2023 le ha assegnato il Gran Premio delle Arti sceniche/Anello Hans Reinhart.

Il palco luganese del LAC ha recentemente ospitato Quiet Light, una sua nuova produzione inserita in prima assoluta nel cartellone della seconda edizione di Lugano Dance Project, manifestazione biennale quest’anno dedicata al dialogo fra la danza e gli spazi architettonici. La rassegna si è da poco conclusa con successo e ha richiamato numerosi operatori del settore venuti per scoprire le nuove produzioni firmate da prestigiosi nomi della danza contemporanea chiamati ad esprimersi sul tema.

Ma il nome di Cindy Van Acker era quello più atteso.

Una luce silenziosa

Fresca di debutto, Quiet Light è un’affascinante incontro fra lo spazio vuoto del palcoscenico e il corpo. Un respiro architettonico suggestivo dove i movimenti di Stéphanie Bayle e Daniela Zaghini, fra le più fedeli danzatrici di Van Acker, trascinano gli spettatori in un poetico incontro con l’anima, la materia, la luce. È un lavoro intenso che fa emergere molti tratti della cifra stilistica dell’artista, in questo caso ispirata alle opere del pittore fiammingo Leon Spilliaert e sulla traccia delle parole di Paul Auster in cui si rispecchia uno stato d’animo: «Qualcosa accade e, dal momento in cui inizia ad accadere, nulla può più essere lo stesso. Qualcosa accade, altrimenti qualcosa non accade. Un corpo si muove, altrimenti non si muove. E se si muove, qualcosa comincia ad accadere. E anche se non si muove, qualcosa comincia ad accadere». Sulla scorta di emozioni condivise e al termine dello spettacolo, abbiamo incontrato la coreografa.

Perché una luce silenziosa?

Non è venuto subito. Dapprima desideravo lavorare con ombre di cui non necessariamente si deve vedere la fonte luminosa, volevo una luce che accarezzasse le presenze sen-

za illuminarle tutto il tempo, come un passaggio che va e viene. Tutto il concetto iniziale è su qualcosa che può succedere ma che potrebbe essere altro: qualcuno aspetta, c’è movimento ma anche immobilità. È un cammino che a un certo punto si biforca e occorre fare delle scelte con una luce che passa da una parte mentre dall’altra no. L’idea del titolo è come una nuvola che passa, una luce naturale che arriva e cambia tutto senza far rumore. Come una stanza può illuminarsi di colpo perché arriva il sole cambiando tutto l’ambiente. Ovunque, di colpo si può essere sorpresi da un’ombra o da una luce e tutto accade nel silenzio, tutto si stravolge, ma senza rumore.

Si può pensare a un cambio di paradigma rispetto ad altri suoi spettacoli e qual è stata la spinta ispiratrice di questo lavoro? Ogni mio progetto è un cambio di paradigma. È però vero che questo processo è stato particolare. L’ispirazione è nella relatività delle cose, della vita. È stato molto complicato misurarlo, perché si è dovuto dosare la volontà. Non si dovevano prendere decisioni troppo in fretta, ma occorreva avere la pazienza affinché le cose potessero rivelarsi gradualmente. È un po’ sempre così, ma in questo caso in particolare. Lo scorso anno abbiamo fatto una residenza al LAC e all’inizio volevo fare uno spettacolo per quattro danzatrici/tori. Quando però ho visto due persone su quel

palco abbiamo avuto la voglia di togliere tutto e denudarlo completamente per avere solo due presenze.

Così facendo, di colpo, avevate una grande immensità di spazio? Di colpo quella grande immensità di spazio, in larghezza, altezza e profondità, viene tenuta da quelle due presenze che lavorano il loro corpo in rapporto con la sua architettura. Siamo veramente partiti da quello. È stato l’inizio del materiale danzato, esplorando tutti i più piccoli anfratti, entrando in una zona o in un’altra in rapporto allo spazio, al territorio.

Un’idea iniziale molto semplice?

Sì, fatta di due presenze, uno spazio al quale relazionarsi, della luce che passa e che non passa. In definitiva occorreva riuscire a scrivere affinché quella specie di evanescenza potesse essere palpabile come la sensazione di un sentiero, dell’attraversamento di spazi differenti. Ho anche pensato molto a percorsi che si possono intraprendere, con i momenti di sosta e di ripresa. Amo stimolare lo spettatore nel creare il suo proprio spazio, a fare il suo percorso. Non mi piace dare un’unica idea ma ho voglia di aprire all’interpretazione.

Ombra e luce, un binomio importante

Alla base di tutto c’è Leon Spilliaert e la sua idea di ombra: è lui che mi ha dato l’iniziale ispirazione, accanto a una sorta di tuffo nella melanconia.

Non dimentichiamo che vengo da Ostenda, vicino a tutti i suoi paesaggi marini, con la potenza del mare, la tempesta, le pitture notturne, i suoi ritratti di donne viste di schiena che aspettano i pescatori sul bordo del mare. Sono passata anche attraverso una fase Rothko. Tutto ciò mi ha nutrito prima di iniziare il progetto.

La sua danza viene accostata alla pittura astratta e alle arti plastiche: è un modo per sfuggire a logiche formali?

In realtà rispecchia i miei interessi. Alla base ci sono il movimento, la luce, la musica, un universo che porta a creare un’immagine. La scena è un’immagine. Io amo molto l’architettura, la pittura, il cinema, la letteratura, e per me è importante descrivere la scena. Che non è scrivere il movimento, bensì la scena. In sostanza è come quando si cambia il filtro di un riflettore: si percepiscono le cose differentemente.

E la letteratura?

Per Quiet Light, in particolare, (nell’immagine un momento dello spettacolo) mi hanno colpito gli Spazi Bianchi di Paul Auster (un testo di prosa poetica dello scrittore newyorkese scomparso nel maggio scorso, ndr). Hanno lo stesso sapore di quello che cercavo di fare emergere. Quando Auster è morto ho realizzato che è stato l’unico autore che ho letto in fiammingo, in inglese e in francese. In inglese perché da gio-

vane lo parlavo e lo leggevo molto, in fiammingo perché è la mia lingua madre, in francese perché volevo perfezionarlo quando mi sono trasferita a Ginevra. In altre parole Auster è lo scrittore che mi ha accompagnato tutta la vita.

Nella danza preferisce la lentezza, la velocità o l’immobilità? Amo l’esplorazione della temporalità, in tutto il suo ambito. La fissità restituisce alla percezione e allo sguardo il tempo necessario affinché si possa veramente vivere un’immagine. Più si lascia passare il tempo e più si scopre qualcosa di sottile.

Quale linguaggio deve avere la danza per arrivare a tutti senza necessariamente ricorrere a categorie riconosciute? Non direi che la danza debba parlare un certo linguaggio. Trovo che la sua forza risieda nel riuscire a giungere ovunque, oltre la semplice ragione e in ogni luogo differente: fisico, visivo, emozionale, psichico. È come per l’immagine. È anche per questo motivo che si può piangere davanti a un quadro nero di Malevič.

Qual è il ruolo politico dell’arte? È quello di preservare il suo spazio di libertà. È uno spazio protetto che deve far sognare e che non dovrebbe subire il sistema politico. Ma è un discorso lungo e complesso che non amo affrontare. Io difendo la libertà dell’arte.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 37
Giorgio Thoeni Sandra Piretti

Dal boudoir letterario a quello digitale

Podcast ◆ Una riflessione sul rapporto con il nostro corpo che parte dall’opera di François de Sade e arriva a OnlyFans

È significativo che la nuova versione de La filosofia nel boudoir edita da Einaudi nella storica collana Gli struzzi, in quarta di copertina reciti: «Quel che fanno (…) i personaggi» di Sade «non può non insegnare (…) una percezione del proprio corpo nuova, gioiosa e liberatoria». A chi conosce l’opera in questione, così come l’intero corpus letterario del Marchese, probabilmente l’affermazione risulterà singolare.

«Il Sole 24 Ore» produce un notevole podcast in otto episodi intitolato Comprami, che racconta un evento che va coinvolgendo un numero sempre maggiore di giovani

Nel testo di Sade, apparso per prima volta nel 1795 - quando l’autore, oltre agli scandali del libertinaggio e della blasfemia, aveva alle spalle la stesura di Aline e Valcour, delle Centoventi giornate di Sodoma e della prima versione di Justine - protagonista è un gruppo di scellerati il cui obiettivo è educare, organizzando un’orgia, la giovane Éugenie ai «principi del libertinaggio più sfrenato». Mentre la banda e la fanciulla compiono ogni sorta di accoppiamenti multipli, Dolmancé – vero e proprio alter ego di Sade in veste di capobranco – intervalla ai coiti lunghe dissertazioni con cui argomenta tesi atte a legittimare il soddisfacimento della propria avidità come diritto di natura a scapito del prossimo.

Sade, quindi, col suo boudoir mette in luce un universo che di gioioso sembrerebbe avere poco (certo, il senso dell’umorismo non gli mancava, ma questo è un altro discorso). Per lui il sesso non è imparentato al piacere, ma

alla pulsione, il cui comandamento è «godi pure del corpo dell’altro fino alla sua distruzione». Come mai, allora, nel presentare questa traduzione a firma di Patrizia Valduga – bellissima, bisogna ammetterlo – introdotta da una nota di Michele Mari, l’editore si esprime nei termini sopra riportati? C’è un che di sadiano nella nostra epoca?

In tempi recenti è apparso per «Il Sole 24 Ore» un notevole podcast in otto episodi intitolato Comprami, il cui scopo è raccontare un evento che, più o meno a partire dalla pandemia di Covid-19, va coinvolgendo un numero sempre maggiore di giovani e giovanissimi: parliamo di OnlyFans. Piattaforma web anglosassone attraverso la quale gli utenti guadagnano o spendono consumando materiali pornografici amatoriali, OnlyFans permette oggi a chiunque di vendere video personalizzati e conversazioni a tema sessuale per fare soldi (spesso anche moltissimi).

Daniele Vaschi e Andrea Franceschi hanno scelto di indagare il fenomeno a partire da una serie di interviste a chi, in modi diversi, è coinvolto in OnlyFans. Il loro approccio non è moralmente giudicante, ma muove a partire da una semplice domanda: qual è la vera posta in gioco per le persone che scelgono questa attività? Ebbene le risposte sono sorprendenti e, in qualche modo, suggeriscono qualcosa che sembra legarsi alla sopraccitata quarta di copertina.

«La mia intimità non è più i miei genitali» dice testualmente Vittoria, celebre «creatrice di contenuti» (come si usa dire oggi, attraverso una curiosa formulazione) su OnlyFans assieme al suo compagno Matteo. Quest’ultimo aggiunge: «Quando ci dicono che non è giusto che guadagniamo così tanto,

rispondo che per me non è neanche giusto che un politico guadagni così tanto. O un calciatore». Eva sostiene addirittura che OnlyFans è un metodo di «ridistribuzione del capitale patriarcale». E Vittoria aggiunge che si tratta di una «rivincita pazzesca» sulla propria vita. Amici, parenti e datori di lavoro, a quanto dicono, in generale non sono scioccati dalla loro attività. Tuttalpiù chiedono se si tratta di «soldi veri» e commentano con un: «Bravi, quasi quasi lo faccio anch’io». Sin dalla prima affermazione riportata (quella relativa ai genitali), notiamo la completa assenza di un sentimento in tutti gli interpellati: la vergogna. Per questi ragazzi vendere

dei video in cui esibiscono la propria esplicita attività sessuale equivale a un lavoro qualsiasi. Anzi, a un lavoro migliore. D’altra parte, gli altri (quindi la società) la pensano così: non c’è niente di sbagliato, perché «non fanno mica del male a qualcuno».

Evidentemente un limite si è come liquefatto. Nel presentare Sade – estremo fenomeno letterario settecentesco in cui è a fuoco la pulsione di morte –oggi non si parla più di una zona proibita come si sarebbe fatto un tempo, quando si paragonava la sua scrittura a delle pietre poste a segnalare un confine oltre il quale non è possibile andare, ma di una guida per una rinnovata percezione del corpo. Non c’è quindi

da stupirsi se ai giovani di OnlyFans manchi un freno inibitorio, perché culturalmente questo è messo fuori gioco da un contesto che dice loro «la tua intimità non esiste».

C’è però un punto sul quale gli intervistati insistono che sembra fare da spia a una sorta di preoccupazione comune. Tutti si difendono recisamente da quella che chiamano «accusa di prostituzione», sottolineando che la loro attività non è nulla del genere, poiché fra loro e gli utenti ai quali, su richiesta, forniscono giornalmente filmati ad hoc e migliaia di conversazioni online, non c’è contatto fisico. Qui vediamo che le loro argomentazioni in materia fanno acqua, esattamente come quel limite che si è disciolto, in virtù del loro rapporto con le parole. Come rimarca bene l’episodio 4 del podcast attraverso l’incontro con l’avvocato Marisa Marraffino – esperta di reati informatici e social network – la prostituzione non corrisponde all’amplesso né all’incontro fra corpi, ma a una prestazione sotto compenso il cui fine è il soddisfacimento sessuale dell’altro. Pertanto, essa necessita sì di una relazione, ma a prescindere dalla presenza.

Ciò detto, per tornare alla domanda da cui prende le mosse Comprami, qual è la posta in gioco per chi sceglie OnlyFans? Forse un prezzo pagato col pegno dell’inconsapevolezza in nome di una nuova dimensione dell’essere? E quali saranno a lungo termine gli effetti di questa dimensione che ora, ai «creators», appare come la massima realizzazione di sé? Non lo sappiamo, ma è qui, in ciò che riserva loro il futuro, che si disputa la partita più problematica, proprio perché il costo delle conseguenze dell’illimitato non ha ancora nome né misura.

Politica e femminismo, Sontag è ancora attuale

Pubblicazioni ◆ È uscita per Einaudi una raccolta di saggi e interviste risalenti agli anni Settanta

Sulle donne, edito da Einaudi con la traduzione di Paolo Dilonardo e la prefazione di Benedetta Tobagi, raccoglie alcuni saggi di Susan Sontag e interviste che le sono state fatte negli anni 70. Si tratta di una lettura complessa e ricchissima non solo per le straordinarie capacità della pensatrice statunitense, vero e proprio genio del Novecento, ma anche per le continue domande che ci si pone rispetto all’applicabilità delle parole di Sontag al presente, all’abilità che ha avuto nel predire il futuro e anche, a volte, alla costatazione che alcune cose sono irrimediabilmente cambiate.

Rispetto al femminismo, colpisce la descrizione di questioni contemporanee che nel tempo in cui Sontag scrive erano per lei dei rischi da evitare

Per esempio, la riflessione e l’analisi dell’opera di Leni Riefenstahl, famigerata per essere stata la regista del nazismo, amica intima di Adolf Hitler, è saldamente collocata nel tempo in cui Sontag ne ha scritto, in anni in cui il fascismo non era uno spettro, ma un nemico di cui si ricordava ancora il volto. Dai suoi testi sull’o-

pera di Riefenstahl prende le mosse, poi, una diatriba con la poeta femminista Adrienne Rich che accusa apertamente Sontag di non aver utilizzato le lenti del femminismo per analizzare il Reich, di non aver quindi specificato quanto i regimi totalitari siano sempre «patriarcali». Anche leggere i botta e risposta fra le due intellettuali è un’esperienza anacronistica: lungi dallo scambiarsi tweet infuocati o commenti sui social, le due riflettono sul diverso ruolo da attribuire in un’opera al contenuto e alla forma e se sia possibile parlare di altro che non sia il femminismo, senza essere tacciate di «diserzione» dalle proprie «sorelle».

Proprio rispetto al femminismo, colpisce la descrizione di questioni contemporanee che nel tempo in cui Sontag scrive erano per lei dei rischi da evitare: per esempio, rispetto alla fluidità di genere, insiste sulla necessità di evitare che diventi solo una questione di stile, quindi che si scelga di non mostrarsi né donne né uomini per una sorta di capriccio della moda. O, ancora, immagina la possibilità che l’etichetta del femminismo possa essere utilizzata per veicolare qualsiasi tipo di contenuto: «Queste pretese di semplicità hanno convinto molte donne che non è democratico sollevare obiezioni sulla qualità del discorso femmi-

nista, purché sia sufficientemente militante, o la qualità delle opere d’arte, purché siano sufficientemente sincere e benintenzionate». Nelle due interviste che pure sono contenute in questo libro emerge chiaramente come Sontag sentisse l’esigenza di difendere l’arte da accuse di tipo moralista o forme di censura: ecco, leggendo questi brani salta agli occhi che quel livello di complessità nella riflessione è andato perduto, disintegrato da ore di deconcentrazione sui dispositivi elettronici piuttosto che di studio matto e disperato sui manuali di filosofia e di critica del pensiero. Discorso diverso per il saggio che apre la raccolta: Invecchiare. Due pesi e due misure, chi legge non riscontra nessun cambiamento rispetto a oggi. Qui Sontag descrive la condizione di schiavitù e di ingiustizia in cui si ritrovano le donne condannate fin dalla pubertà a considerarsi merce in rapido stato di avaria, parla della lotta impossibile contro canoni estetici che sono quelli della prima giovinezza, sottolinea come: «ogni ruga, ogni segno, ogni capello grigio rappresentano una sconfitta». E poi descrive che invece agli uomini tutto questo non accade: le trasformazioni sul viso di un quarantenne vengono considerate elementi che aumentano l’intensi-

tà espressiva, non certo come piaghe che bisogna risanare con cosmetici e chirurgia plastica. Si tratta in questo caso di una lettura dolorosa, per l’evidenza non solo di come l’immaginario non sia affatto cambiato, ma anche per la consapevolezza che le conclusioni a cui giunge Sontag riguardano quasi tutte. Sono davvero poche, infatti, le donne che possono ritenersi libere dal giogo di sentirsi via via sempre più disprezzabili col passare del tempo e quindi di dover costantemente rinnegare sé stesse e la propria sopravvivenza, perché restare vive significa diventare ogni giorno più «oscene», come sono considerate, appunto, le vecchie.

C’è un altro tema di estrema attualità in questo libro che contiene testi tutti composti entro il 1975: la politica. Sontag scrive molto chiaramente che «tutto ciò che non implica un mutamento nella natura del potere e di chi lo detiene non è liberazione, ma pacificazione» e che di conseguenza qualsiasi forma di rivoluzione deve avere come premessa quella della fine del patriarcato, per utilizzare un’espressione contemporanea. Sottolinea quindi in diversi punti il fraintendimento politico tipico della sinistra, credere cioè che dopo aver preso il potere, si sarebbe potuta concedere alle donne una nuova condizione di vita. Quella di Sontag è una visione perfettamente corretta alla luce dei fatti contemporanei: spiega, in effetti, sia l’evidente fallimento della sinistra e della socialdemocrazia, sia l’inganno sotteso all’idea che sarebbe bastato che le donne andassero al potere per cambiare le cose, mentre ciò che per Sontag va modificato è il potere stesso. Per questo: «Un femminismo che non sia diluito e addomesticato nel marketing resta scomodo, urticante».

Bibliografia

Susan Sontag, Sulle donne prefazione di Benedetta Tobagi, Einaudi, Torino, 2024.

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Il Sole24Ore
Laura Marzi
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Una vita nell’hic et nunc, al servizio degli altri

Incontri ◆ A colloquio con Hedy Graber, responsabile della Direzione Società e Cultura del Percento culturale Migros nazionale

Il curriculum di Hedy Graber è impressionante e si riflette inevitabilmente nell’azienda che rappresenta da vent’anni nel Percento culturale Migros nazionale. La storica dell’arte nata a Kriens, figlia della direttrice d’orchestra, pianista e poetessa Hedy Salquin, ha studiato storia dell’arte, fotografia e germanistica e ha fatto della cultura e dei progetti sociali e del loro rafforzamento la propria missione. Nel 2015 è stata eletta fra le personalità svizzere più influenti nell’ambito della cultura, nonché manager culturale europea dell’anno. Nel 2012, al fine di sviluppare il Percento culturale, ha creato il Fondo Pionieristico Migros. Alla fine dell’estate, Hedy Graber passerà il testimone a Mira Song (vedi «Azione» del 13 maggio). L’abbiamo incontrata a Zurigo nell’ex sede del birrificio Löwenbräu, oggi vivace centro per l’arte contemporanea che ospita anche il Museo d’arte contemporanea Migros, per parlare dei suoi successi, obiettivi e progetti.

Hedy Graber, il Dipartimento che lei dirige si chiama società e cultura. In questo momento però, e non solo a livello svizzero, la società è sotto pressione. Molte sono le sfide, e altrettante le esigenze. Siamo confrontati con aspetti come la migrazione, la disoccupazione o la paura del futuro. Migros per mandato si impegna da sempre anche nella società, ma a fronte di tutte queste sfide, cosa può ottenere? Quale valore aggiunto può offrire? È vero che stiamo affrontando numerose sfide a livello mondiale. Ci troviamo anche in un’epoca in cui la presenza dei social media crea molto rapidamente polarizzazione. Credo quindi che il nostro compito principale sia quello di promuovere la coesione all’interno della società. Questo obiettivo può essere raggiunto in vari modi, ma sono particolarmente interessata a garantire che le persone ricevano gli strumenti necessari per diventare parte attiva della società ed evitare così di diventare vittime della situazione attuale. In altre parole, ciò significa che non ci limitiamo a presentare un programma e invitare le persone a partecipare, ma le coinvolgiamo fin dalla fase di progettazione. Penso, ad esempio, al nostro progetto «Ici.gemeinsam.hier» per i migranti, che prevede l’apprendimento della lingua in luoghi a prima vista insoliti come un campo da calcio. Sono convinto che tutti siano in grado di fare qualcosa di buono per gli altri, e noi del Percento culturale Migros creiamo un contesto per questo organizzando dei format. Un altro esempio sono i «Caffé narrativi», dove le persone si incontrano e condividono le loro storie di vita. Si tratta di un progetto semplice e poco costoso che consente ai partecipanti di avviare un dialogo in un contesto di fiducia, permettendo di abbattere i pregiudizi e di avere una comprensione differenziata degli altri e dei loro punti di vista.

Il Percento culturale Migros resta sempre un’istituzione intergenerazionale?

Quando guardiamo alla società, la prima cosa che vediamo è il grande cambiamento demografico: stiamo invecchiando, ma allo stesso tempo siamo più poveri. La domanda che sorge spontanea è: come si fa a in-

vecchiare con i modelli di vita di oggi se non si vive, ad esempio, in un contesto familiare? Per rispondere a questa domanda, abbiamo lanciato da tempo il progetto «Movimento AvaEva» (Rivoluzione delle nonne), convinti della necessità di coinvolgere le generazioni più anziane e dare loro voce.

E per i più giovani come vi muovete?

Abbiamo a cuore anche le giovani generazioni, ma l’esperienza ci ha insegnato quanto sia importante coinvolgere direttamente le persone interessate. Per questo abbiamo lanciato un progetto come Sparx, che si rivolge a giovani professionisti della cultura tra i 18 e i 28 anni che affrontano temi sociali con progetti culturali. Sparx offre loro una cornice in cui muovere i primi passi verso la realizzazione del proprio progetto. Grazie a vari programmi di sostegno, come il coaching o le opportunità di networking, i giovani vengono supportati in base alle loro esigenze. Questo supporto personalizzato funziona molto bene, perché esigenze diverse richiedono risposte diverse. Grazie a Sparx, i giovani operatori culturali hanno la possibilità di lavorare sui propri problemi e di contribuire così al discorso sociale. Crediamo fortemente nei processi di co-creazione e li abbiamo utilizzati anche per la 19esima edizione di Steps, il festival di danza

del Percento culturale Migros, che si è svolto su 35 palcoscenici in tutta la Svizzera da metà aprile a metà maggio. Oggi c’è un’équipe responsabile del programma; questa decisione promuove l’inclusione di una diversità di voci, idee e punti di vista. Nell’ambito del cinema, abbiamo lanciato il progetto Story Lab. Anche in questo caso, offriamo un supporto personalizzato, intervenendo laddove i registi hanno bisogno di assistenza. Nel corso degli anni ci siamo resi conto che i film con una buona sceneggiatura hanno maggiori possibilità di successo; è quindi importante che i registi abbiano il tempo necessario da dedicare alla trama. Non appena un regista ha un’idea, lo sosteniamo in vari modi, dal coaching alla ricerca, cioè nella fase di pre-produzione.

Quali sono i grandi cambiamenti avvenuti nell’ambito del Percento culturale?

Nel nostro sostegno alla cultura, ci siamo sganciati dai vari settori. In linea con lo spirito di Migros, forniamo sostegno in due ambiti: prima c’è la fase ideativa, che fornisce un supporto per approfondire un’idea, e poi c’è la fase di diffusione. In Svizzera spesso nel settore culturale mancano le risorse per la promozione, il che significa che solo un pubblico limitato ha accesso alle produzioni. Noi vogliamo cambiare questa situazione promuovendo la diffusio-

tosto ampia del concetto di cultura, poiché miriamo a proporre un’offerta a un pubblico ampio. Sia con iniziative proprie che con il sostegno a progetti esterni. Senza dover scomodare l’UNESCO, secondo cui tutto ciò che non è natura è cultura, credo che la cultura e la società siano strettamente legate: la società è in costante cambiamento e la cultura può essere aperta e critica nei confronti di questo cambiamento. La cultura è uno specchio per la società. Trovo entusiasmante che di recente siano stati condotti studi che dimostrano come la cultura possa avere un effetto benefico sulla salute. Soprattutto in una società molto individualizzata, è interessante come la cultura stia diventando un fattore di benessere. La cultura può anche incoraggiarci a mettere da parte gli smartphone, di tanto in tanto, per goderci l’esperienza dal vivo e lasciare liberi i nostri sogni o le nostre emozioni.

Quali sono i suoi ambiti preferiti a livello personale?

La vita è hic et nunc. Per me, il progetto preferito è quello che deve ancora venire, mi piace affrontare le cose nuove e ancora sconosciute con una mente aperta e amo fare scoperte. Mi piace molto quando qualcosa mi tocca e ancora non la capisco, perché questo mi permette di continuare a imparare.

C’è un successo che considera più grande di altri?

ne. Anche la piattaforma di mentoring e coaching Double rientra in questa filosofia: nato come programma di mentoring in ambito letterario, si è esteso a numerose discipline con l’obiettivo di promuovere uno scambio produttivo tra artisti affermati e la nuova generazione.

Il suo è un osservatorio privilegiato su ciò che accade nella società e nel mondo della cultura. Al momento, grazie a serie televisive come Tschugger, personaggi come il cantante Nemo, o scrittori come Kim de l’Horizon, la Svizzera sta vivendo un momento importante e sembra essersi definitivamente lasciata alle spalle la sua immagine piccolo borghese. Come giudica la scena culturale del nostro Paese? È una scena culturale varia e vivace, in cui si produce molto. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una significativa professionalizzazione della cultura, che possiamo vedere anche dai dossier che riceviamo. Se pensiamo alle cassette demo che venivano inviate a M4Music, il festival pop organizzato dal Percento culturale Migros, non avevano molto a che fare con quelle di oggi, che possono reggere il confronto internazionale.

In che modo cultura e società possano influenzarsi a vicenda? Sono convinta che una società non possa esistere senza cultura. Alla Migros abbiamo una accezione piut-

Il successo più grande per me è che Migros abbia un impegno culturale e sociale unico al mondo in questa forma. È un ottimo punto di partenza per ottenere molto tra il pubblico, sempre con l’obiettivo di promuovere la coesione sociale. Sia le cooperative regionali sia noi della Federazione delle Cooperative Migros ci concentriamo su iniziative volte a far progredire la società, ponendo al centro delle nostre attività le persone e le loro diverse preoccupazioni ed esigenze. Valutiamo l’impatto delle nostre varie iniziative utilizzando obiettivi quantitativi e qualitativi; questo ci permette di sviluppare ulteriormente i progetti in modo mirato e in linea con le esigenze.

Hedy Graber, tra poche settimane lascerà il posto alla sua successora Mira Song. Cosa si porta appresso e cosa lascia di sé stessa?

Porterò nel cuore un’esperienza stimolante, fantastica e arricchente, all’interno di un team meraviglioso. L’impegno sociale di Migros è un elemento di differenziazione unico rispetto alla concorrenza, e per me è stato un onore potermi mettere al servizio di questo impegno sociale. Questi vent’anni mi hanno permesso di conoscere un’ampia varietà di persone all’interno e all’esterno di Migros, e di questo sono molto grata.

Può già rivelare qualche progetto per quando sarà in pensione? (ride) La varietà del mio lavoro non mi ha mai fatto sentire il bisogno di sviluppare hobby che richiedano tempo, quindi ora sono curiosa di scoprire come sarà la nuova vita quotidiana. Quello che è certo è che il mio amore e il mio interesse per la cultura e le questioni sociali attuali continueranno ad accompagnarmi. Ma al momento sto ancora lavorando nell’ hic et nunc

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Hedy Graber è stata a lungo considerata fra le donne più influenti in campo culturale di tutta la Svizzera.
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Due grandi dive nate nello stesso anno

Spettacoli ◆ Ripercorriamo le vite di Sophia Loren e Brigitte Bardot, icone del cinema, che a settembre compiono 90 anni

Alfio Caruso

Che settembre, quello del 1934. Separate da otto giorni nascono due bimbe vocate a incidere per decenni su cinema, costume, comune senso del pudore. Il 20 tocca a Sophia Loren, il 28 a Brigitte Bardot. Sophia nasce a Roma da un’insegnante di piano, Romilda Villani, che nel ’32 aveva vinto il concorso quale sosia di Greta Garbo, ma non si era potuta trasferire a Hollywood per l’opposizione della famiglia, e da un padre, Riccardo Scicolone, figlio di un marchese siciliano, però di scarsi mezzi finanziari e soprattutto restio alle nozze con la mamma delle sue figlie, nel ’38 si è aggiunta Maria.

Nel ’54 Sophia è la protagonista di Peccato che sia una canaglia

Sarebbe una pellicola come tante altre, invece le fa incontrare Marcello Mastroianni, il partner di quarant’anni di successi

Così, le tre donne sono costrette a tornare a Pozzuoli dalla famiglia dei nonni materni, senza però sfuggire a un’esistenza grama. Brigitte nasce nella Parigi altolocata, figlia dell’industriale Louis e della ventiduenne Anne Marie Mucel, appassionata di danza e moda, entrambi di casa nel mondo culturale e artistico della capitale francese. In famiglia i problemi cominciano subito: le preferenze della mamma vanno alla sorella minore, Brigitte ne soffre e cerca consolazione nella danza classica, cui segue l’iscrizione al Conservatorio.

La Loren a 15 anni vince un concorso di bellezza: con i soldi del pre-

mio ritorna a Roma assieme a sorella e madre, determinatissima a cercare attraverso la figlia una rivincita alle proprie delusioni. La iscrive a una serie di concorsi: nel ’50 Sophia entra fra le finaliste di Miss Italia, si aggiudica la fascia di Miss Eleganza. Rappresenta il passepartout per una serie di comparsate cinematografiche, dove il suo fisico prorompente non passa inosservato. Nel ’51 l’appuntamento che cambia il destino: con il produttore Carlo Ponti, che ha ventidue anni più di lei. Sophia firma un contratto di sette anni e soprattutto ottiene parti rilevanti in parecchi film di cassetta, dove adotta diversi pseudonimi. Il cognome Scicolone non lo vuole usare e in ogni caso non funziona, soprattutto all’estero. Allora lo cambia in Loren, ispirato dall’attrice svedese Marta Toren. Nel ’54 è la protagonista di Peccato che sia una canaglia. Sarebbe una pellicola come tante altre, invece le fa incontrare Marcello Mastroianni, il partner storico di quarant’anni di successi, e Vittorio De Sica, il regista delle sue interpretazioni più ammirate.

Grazie alle conoscenze della madre, la Bardot appare spesso sulla copertina di «Elle» prestigiosa rivista modaiola. Viene così notata dal regista Allegret. Malgrado l’opposizione dei genitori, riesce ad avere un colloquio con la ragazza, al quale partecipa il suo giovane assistente Roger Vadim. Tra lui e Brigitte sboccia una passione tempestosa, assai chiacchierata financo nella permissiva Parigi, vista la minor età di Brigitte, che infatti promette a mamma e papà di sposarsi solo al compimento dei diciotto anni. Intanto gira una serie di film di mo-

deste pretese, da Manina senza veli a Piace a troppi, che però la trasformano in una star internazionale. A esser colpiti sono giornali e televisioni statunitensi. L’accostano a Marilyn Monroe, così diventa anch’essa un’icona della sessualità femminile. La Bardot non si tira indietro: le sue fotografie maliziose su un divano o sulla sabbia del lido di Venezia al pari delle apparizioni in bikini o addirittura a seno nudo ne fanno un oggetto del desiderio interplanetario. La consacrazione finale arriva da Andy Warhol, che la inserisce tra i soggetti dei suoi dipinti.

Per la Loren la consacrazione giunge dalla copertina di «Life»: anticipa lo sbarco a Hollywood. Kramer, Cukor, Hathaway, Reed, Lumet sono solo alcuni dei registi di grido che la dirigono in produzioni milionarie con partner di assoluto livello e un paio non riman-

gono insensibili al suo fascino: Frank Sinatra e Cary Grant la chiedono in moglie. Lei invece torna da Ponti: l’attende la prova più impegnativa in uno dei rari ruoli drammatici, per il quale dovrà anche invecchiarsi e imbruttirsi, Cesira, la mamma della sventurata Rosetta in La ciociara. Le vale la Palma d’oro a Cannes, l’Oscar a Los Angeles, il David di Donatello a Roma, la definitiva statura di diva internazionale. A causa del suo personaggio pruriginoso, il cinema americano respinge la Bardot. Lei se ne fa una ragione e si converte alla musica e alle canzoni, che l’hanno sempre intrigata più dei film. Due film di Clouzot (Vita privata) e di Malle (La verità) s’intersecano con la sua esistenza, ne estraggono professionalmente il meglio. Ma per lei sono anni difficili, tra relazioni tormentate, tentativi di suicidio, il nudo su «Play-

boy» italiano, la collaborazione con Gainsbourg in Je t’aime…moi non plus Le proteste del fidanzato dell’epoca la spingono a bloccare l’uscita del disco, che poi Gainsbourg trascinerà a un incontenibile successo mondiale con la voce della Birkin.

La Loren inanella con Mastroianni e De Sica film indimenticabili come Ieri, oggi, domani e Matrimonio all’italiana, tratto dalla famosissima Filumena Marturano di Eduardo De Filippo: trent’anni dopo, in Prêt-à-porter, Altman le chiederà di rifare la scena del famoso spogliarello con cui in Ieri, oggi, domani inebetiva Mastroianni E ancora al fianco di Mastroianni, ma con la regia di Scola, la sua interpretazione più toccante nell’amore disperato di Una giornata particolare. Tutte prove che conducono al secondo Oscar, quello alla carriera tributatole nel ’91. Eppure, l’Italia con Sophia si dimostra matrigna: dalle accuse di bigamia per il matrimonio all’estero con Ponti, che era sposato e ancora non esisteva il divorzio, ai tredici giorni di galera per un’accusa di evasione fiscale, dalla quale sarà completamente prosciolta. Forse così si spiegano l’acquisizione della cittadinanza francese e la residenza a Ginevra in compagnia della sua splendida collezione d’arte: Matisse, Cézanne, Picasso, Braque, Dalì, Canaletto, Renoir, De Chirico, Balla, Magritte, Bacon, Kokoschka. A quarant’anni la Bardot annuncia un ritiro in realtà già maturato da tempo. Da quel giorno si dedica all’appassionata difesa degli animali e delle idee di destra, che l’hanno portata a sostenere prima De Gaulle e ai giorni nostri la Le Pen.

Il biopic su Gianna Nannini non entra nell’anima

Netflix ◆ Ottima l’interpretazione di Letizia Toni ma il biopic diretto da Cinzia TH Torrini non convince

Sei nell’anima è il biopic, molto atteso, che Netflix ha prodotto sui primi 30 anni di Gianna Nannini (nell’immagine la locandina del trailer). Diciamolo subito, non è un capolavoro (ma quale biopic lo è mai stato?) ed è il classico film Netflix che può essere visto una sera di primavera, senza avere aspettative troppo alte né pretese da film d’autore.

Letizia Toni si è trasformata letteralmente nell’icona del rock italiano assumendone il tono di voce, le movenze e le sembianze

Infatti, la regista Cinzia TH Torrini – così come i cosceneggiatori Cosimo Calamini e Donatella Diamanti – è abituata più alle serie TV che al cinema.

Come si diceva, il film racconta i primi anni della vita della cantante di Siena, concentrandosi soprattutto sui suoi primi passi nella discografia italiana. Siamo negli anni 70 e la giovane decide di partire dalla Toscana per Milano, alla ricerca del successo. Scoperta dalla produttrice musicale Mara Maionchi e messa sotto contratto dalla Ricordi, l’artista fatica però, malgrado un innato talento, ad arrivare in vetta alle classifiche di vendita. Solo dopo aver toccato il fondo ed essere caduta in una profonda depressione trova la forza per rinascere, ritrovare la sua serenità interiore e soprattutto diventare quella che conosciamo oggi. Come ha detto lei in più di un’intervista la sua vita è iniziata nel 1983, quando finalmente ha trovato la sua vera strada. Quali i punti forti di quest’opera? Sicuramente, il più evidente è la con-

vincente interpretazione di Letizia Toni, la quale è riuscita in un lavoro di mimesi piuttosto impressionante. Perché si è trasformata letteralmente

nell’icona del rock italiano assumendone il tono di voce, le movenze e le sembianze fino a cantare con la stessa forza i suoi primi successi. Interes-

sante anche la fotografia di Marco Sgarzi, sempre piuttosto cupa, a sottolineare il buco nero nel quale finisce l’artista senese. Dimenticabile, invece, la scrittura (troppo edulcorata, da serie tv di RaiUno), così come vengono appiattiti gli eccessi nella vita e sul palco della Nannini, il suo marchio di fabbrica e la sua forza. Ed è un controsenso perché è un film su un’icona del rock che di rock non ha quasi nulla. Appiattiti anche i confronti e i litigi con la famiglia (il padre in particolare), risolti frettolosamente e senza grande profondità psicologica.

Il film è perciò un’operazione riuscita a metà. Anzi, con il materiale a disposizione sia dal punto di vista artistico sia da quello umano, e malgrado il titolo, non è riuscito a entrar nell’anima. Peccato.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino CULTURA 41
Nicola Mazzi
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Sophia Loren e Brigitte Bardot. (Wikipedia)

ALIMENTAZIONE

Cornflakes

Come mantenerli croccanti

I cornflakes non amano l’umidità. Per questo motivo è meglio non conservarli in un sacchetto aperto, ma metterli in un contenitore ermetico, per esempio in una scatola di plastica con coperchio o in un grande barattolo da conserva con tappo meccanico.

Come rendere di nuovo croccanti i cornflakes che non lo sono più

Due trucchi possono rendere di nuovo croccanti i cornflakes che non lo sono più: puoi metterli brevemente in forno oppure in una confezione aperta in frigorifero. Assicurati però di non metterli vicino ad alimenti dall’odore forte, come il formaggio.

Come mantenerli croccanti anche nel latte

Alla prima cucchiaiata sono ancora perfetti, ma all’ultima sono davvero mollicci? Per mantenere i cornflakes croccanti e fragranti sino alla fine, dovresti aggiungere uno o due cubetti di ghiaccio alla ciotola con il latte. E non è uno scherzo!

Come utilizzare gli avanzi

Frantuma i cornflakes croccanti in un sacchetto con chiusura a zip e usali per impanare cavolfiori, chicken nuggets, bastoncini di pesce o tofu: conferirai così ai tuoi piatti un leggero sapore di mais. Con la loro consistenza croccante, sono perfetti anche nelle insalate, nelle zuppe o sulla pasta.

Cornflakes per colazioni croccanti

Come conservarli, come farli tornare croccanti e come utilizzarli in cucina

Perché il latte con i cornflakes è così buono

Molti cornflakes sono zuccherati. Questa dolcezza viene trasmessa al latte e gli conferisce un sapore unico. Inoltre, a seconda del tipo di cornflakes, il latte può anche diventare cioccolatoso o fruttato. È possibile conservare questo sapore anche trasformando il latte in gelato. A tale scopo è necessario mettere in ammollo i cornflakes nel latte per 1-2 ore. Utilizza questo latte per un gelato alla vaniglia, tralasciando la vaniglia.

Testo: Dinah Leuenberger

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 42
Immagine: Getty Images
Gnam, gnam, che croccantezza...
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Corn Flakes aha!, Migros

In fin della fiera

Storie d’eccellenza italiana

Storie d’ingegno e d’eccellenza è una ricerca per ora inedita sull’emigrazione da Fobello e Cervatto nell’Ottocento verso Torino, Europa e Oltreoceano. Fobello (1100 ab.) e Cervatto (200 ab.) sono due piccole comunità della Valsesia, distanti 10 chilometri l’una dall’altra. Gli autori sono Riccardo Cerri e Federica Giacobino.

Scavando negli archivi pubblici e privati, compresi i testamenti olografi, hanno praticato la cosiddetta «microstoria». Troviamo saghe famigliari in grado di generare narrazioni avvincenti come I Buddenbrook di Thomas Mann. Fra le dinastie più note troviamo i Lancia con origini rintracciabili a partire dal 1550. Qui partiamo da Giuseppe Lancia, aiutati da un’autobiografia incompiuta e inedita. Giuseppe nasce il 20 novembre 1822 e nel 1836 (all’età di 14 anni) inventa una macchina per triturare e insaccare la carne. Si trasferisce a Torino dove apre una fabbrica

Pop Cult

per inscatolarla: è la sua passione dominante. Siamo nel 1846, Vincenzo ha 24 anni, se vivesse oggi sarebbe ancora a carico dei genitori. Per un colpo di fortuna quelle scatolette di carne occupano una quota preponderante nelle forniture militari nella campagna di Crimea. Si parla di un milione di scatole, preparate in soli 75 giorni, imbarcate sulle navi insieme ai contingenti militari. Si tratta in gran parte di «bue arrosto e di salamini». Non manca il «brodo concentrato in tavolette da destinare agli ospedali» e di «scatole di pollo con l’aggiunta del burro di Milano». Stipulata la pace, i rappresentanti dei governi belligeranti (inglese, francese, russo e italiano) organizzano una degustazione dei prodotti conservati di diversa origine, realizzati per servire come alimenti. Ci sono altri fornitori in gara con Vincenzo e bisogna stilare una classifica. Dobbiamo immaginare questi alti generali se-

La triste epoca dei remake

Se è vero che, un po’ come avviene con i proverbi o le leggende popolari, anche in molti luoghi comuni si può riscontrare un fondo di verità, ciò deve valere, a maggior ragione, in un mondo in costante mutazione quale l’industria dell’intrattenimento. E uno dei luoghi comuni più insistenti di quest’ambito lamenta, ormai da molti anni, la penuria di idee originali che sembra caratterizzare la nostra epoca, come esemplificato dall’impressionante quantità di remake prevalente nell’attuale produzione cinematografica; un’accusa, in effetti, particolarmente difficile da smentire, soprattutto se si esaminano i titoli dei film in uscita nella stagione 2024. Tuttavia, se per «remake» si intende il rifacimento più o meno fedele di un prodotto già firmato da qualcun altro (anche detto reboot), oggigiorno

Xenia

A Rose Montmasson, detta Rosalia, è toccato il destino di tante donne. Essere letteralmente cancellate dalla storia. Sarebbe rimasta un nome – l’unico femminile – nelle memorie di qualche veterano, e una sbiadita immagine in bianco e nero, nell ’Album dei Mille raccolto da Alessandro Pavia, la galleria fotografica degli eroi che salparono da Quarto e parteciparono alla spedizione dei Mille, l’evento chiave del Risorgimento. Ma qualche anno fa la scrittrice Maria Attanasio le ha dedicato un aspro appassionato romanzo, La ragazza di Marsiglia , frutto di amorevoli ricerche d’archivio poi trasfigurate in narrazione, e oggi ignorarla dovrebbe essere una colpa. Perché la sua è una storia dell’Ottocento, ma le modalità – oggi diremmo patriarcali – del suo annientamento si ripetono ancora. Era nata nel 1823 a Saint Jorioz, un

duti attorno a un tavolo, tovagliolo attorno al collo per non sporcare le medaglie, mentre aprono scatolette su scatolette, ovviamente anonime, ne degustano il contenuto e danno i voti. Risultato: «Ad unanimità fu dichiarato che la nostra carne in conserva era migliore di tutte le altre che si erano gustate». Giuseppe, infaticabile, continua a registrare un brevetto dopo l’altro fra cui un sistema per la cottura della carne in forni sottovuoto. Giuseppe decide di impiantare un nuovo e più grande stabilimento a Bologna, ovvero «all’estero» (siamo solo nel 1856). Com’era prevedibile, sull’impresa piovono premi dalle varie Esposizioni d’Industria e Belle Arti. 1858: medaglia d’argento per «un assortimento di alimenti conservati come erbe per minestra, tartufi bianchi e neri ed al naturale, latte concentrato ed in tavolette, burro fresco messo in conserva, ecc. ecc». Nel 1871 Vincen-

zo tenta l’avventura in Argentina. Impianta uno stabilimento a Buenos Aires ma incappa in un periodo di siccità: lo chiude, regala la carne ai poveri e ritorna in Italia. È un uomo capace di fare i conti. Il 7 settembre 1876 sposa Anna Maria Orgiazzi, più giovane di 26 anni. Nascono 5 figli, una ragazza muore 15enne per difterite. Tre figli hanno propensione per lo studio. La famiglia va ad abitare a Torino, in uno stabile al 9 di corso Vittorio Emanuele II. Giuseppe affitta i locali del cortile ai quattro fratelli Ceirano (figli di un orologiaio di Cuneo). Siamo nel 1887 e il piccolo Vincenzo, nato nel 1881, ha solo 6 anni. I fratelli Ceirano iniziano la loro attività fabbricando e vendendo biciclette che chiamano Welleyes per vellicare l’esterofilia dei clienti. Dal 1898 (in un cortile!) producono una piccola vetturetta, denominata ancora Welleyes, da 3,5 Cv, con un motore a 2 cilindri, progettato e brevet-

tato dall’ingegner Aristide Faccioli. Immaginiamoci quel ragazzino che, invece di stare chino sui libri, trascorre ore e ore affacciato alla finestra, incantato da quello spettacolo. Giuseppe vede nel figlio rinnovarsi la sua passione per la meccanica e permette che vada a lavorare dai Ceriano. Come meccanico ma con un contratto da contabile, per salvare le apparenze, visto che proviene da una famiglia benestante. È una storia che ci fa pensare ai garage della Silicon Valley, che hanno visto la nascita di leggendarie start-up. La Ceirano poco più tardi viene rilevata con tutti i dipendenti dalla Fiat, nata l’11 luglio 1899. Vincenzo ci lavora anche come pilota nelle prime gare. Nel 1906 si licenzia per dare vita alla sua fabbrica con il socio Claudio Fogolin. Ha solo 25 anni e suo padre non esita a vendere lo stabile per finanziare l’impresa. Nasce così la mitica Lancia, rivale per decenni della Fiat.

non mancano nemmeno segnali più sottili a confermare la tendenza della cosiddetta «minestra riscaldata» –ovvero, del riciclo generalizzato delle idee. Agli occhi di un produttore artistico esistono, infatti, anche modi più arguti di riutilizzare materiale già noto, minimizzando così i rischi relativi alla possibile risposta del pubblico: ad esempio, saccheggiare fino allo sfinimento gli spunti offerti da classici della letteratura, archetipi della cultura popolare o semplici tropes, in barba all’evidente rischio di ottenere prodotti «fatti in serie». Del resto, non è un caso se perfino i nerd più invasati faticano ormai a sopportare le trame quantomeno risapute di La Seguace – recente, ennesima serie TV sui cavalieri Jedi propinata dalla Disney (marchio che nel 2012 ha acquistato la LucasFilm e il franchise di Guerre Stellari, e da allora ha pro-

dotto un episodio dietro l’altro di una saga ormai sbiadita).

Di fatto, in quest’annata 2024 i sequel e i tentativi di sfruttamento di idee già collaudate si sprecano, andando dalla nuova versione cinematografica di un caposaldo della letteratura d’avventura quale Il Conte di Montecristo al rifacimento del cult movie Il Corvo, divenuto leggendario a causa della morte sul set di Brandon Lee, nel 1993. E se perfino un classico del cinema muto come Nosferatu viene oggi sottoposto al trattamento remake, la sensazione è quella che si stia davvero raschiando il fondo del barile – soprattutto considerando come la prima riproposizione di questo film (con Klaus Kinski nel ruolo del truce vampiro) risalga al 1979. Purtroppo, nessuna di queste rivisitazioni riesce in alcun modo a competere con il fascino degli originali, come del resto è giusto

che sia: una constatazione inevitabile, che di recente ha portato i produttori hollywoodiani ad «aggiustare il tiro», passando addirittura ai vecchi telefilm (un esempio su tutti, l’evitabile Baywatch, del 2017) con la scusa di aggiornarli per il grande schermo. Non solo: la moda del remake sembra aver contagiato anche un ambito apparentemente meno incline a tali esperimenti come quello discografico, dove, accanto ai consueti album di cosiddette cover versions (nuove interpretazioni di brani classici realizzate dall’artista di turno), è ora emersa una tendenza perlopiù inedita – ovvero, il rifacimento integrale di dischi giovanili da parte degli stessi autori: un modo del tutto autoreferenziale per bypassare l’obbligo implicito di produrre un lavoro inedito, come dimostrato, tra gli altri, dai recenti esperimenti della superstar Taylor Swift,

che con la campagna Taylor’s Version (inizialmente motivata da questioni contrattuali) si è dedicata a incidere nuove versioni integrali dei suoi album, dalla prima all’ultima traccia. Ma infine, che significato ha questa tendenza? Si tratta soltanto di mancanza di idee (o, secondo alcuni, di vera e propria pigrizia), o c’è qualcosa di più? Forse, in un mondo in cui il rapporto con l’originalità è quantomeno ambivalente, non dovremmo sorprenderci troppo della riluttanza ad accettare idee meno convenzionali: in fondo, fino a quando qualsiasi opera ritenuta difficile da classificare verrà liquidata come «troppo complessa», e quindi di scarsa attrattiva per i palati attuali, il richiamo rappresentato dalla possibilità di «andare sul sicuro», riciclando materiale già collaudato e coronato da antichi successi, rimarrà irresistibile.

villaggio dell’Alta Savoia. Ma se n’era andata, in cerca di un’altra vita. Emigravano, le donne povere, anche a metà Ottocento.

Trovò lavoro come lavandaia, domestica, stiratrice. Si fermò a Marsiglia, poi si spostò a Genova e infine a Torino, la capitale del Regno di Sardegna. Lì, nella casa del colonnello in cui faceva servizi, incontrò Francesco Crispi, per gli amici Ciccio. Nel 1849, erano entrambi sradicati. Lei, emigrata economica; lui, figlio di possidenti, avvocato, esule – fuggito dalla Sicilia borbonica dopo il fallimento della rivolta del 1848, con l’unica prospettiva di continuare a cospirare e magari finire in un carcere o fucilato.

Rose, ribelle di natura – «piena di coraggio, nata alla libertà e all’indipendenza», come scrisse un testimone d’epoca – fece propria la lotta politica di lui, s’impegnò in prima

persona, divenne parte integrante dell’organizzazione di Mazzini. Quando nel 1853 lui fu espulso dal Piemonte, lo seguì a Malta (a differenza di oggi l’isola, sotto il dominio inglese, era terra d’approdi e rifugio per migranti). Lì, nel dicembre del 1854, si sposarono. Condivisero anni di passione, stenti, e ideali. Vagarono dall’Inghilterra a Parigi, preparando insurrezioni e attentati (furono coinvolti in quello del 1858 a Napoleone III: lei probabilmente portò le bombe che dovevano ucciderlo). Finché nel 1860 si imbarcarono per la Sicilia. Rosalia convinse Garibaldi ad accoglierla a bordo. Indossava i pantaloni e la camicia rossa. Sfrontata, senza paura, partecipò anche alle azioni militari. Il 4 novembre, a Napoli, il Generale le consegnò la medaglia d’oro – come a tutti i membri della spedizione che lo avevano seguito fino al Volturno. Era presen-

te Alexandre Dumas: vide e scrisse dell’unica donna nell’armata, sul campo di battaglia. Nella nuova Italia le loro strade si divisero. Divergenze sentimentali, ma anche politiche. Divorato dall’ambizione, Crispi divenne monarchico. Un’ascesa folgorante: deputato e poi ministro degli Interni. Quella compagna di umile origine, selvaggia, sguaiata, gelosa dei suoi tradimenti, nuoceva alla sua carriera. Si separarono e nel 1878 Crispi si sposò, senza clamore, con una nobildonna che già gli aveva dato una figlia: poi – accusato di bigamia – la rinnegò. Rischiava il carcere e l’interdizione dai pubblici uffici. Ci fu un processo. Rosalia si difese con sconcertante mitezza – per riguardo del marito, del loro amore e degli ideali che li avevano uniti. Il giudice diede ragione a Crispi, negando la validità del loro matrimonio. Crispi poté

proseguire la sua scalata al potere (fu il tragico protagonista dell’avventura coloniale italiana), e le tolse tutto. La gloria, la dignità, il denaro. Anche il nome. L’ex Madame Crispi rimase a vivere a Roma, campando coi proventi di un botteghino del lotto. Qualche reduce la ricorda mentre si aggirava fra le strade alle spalle di via Nazionale, ubriaca e malvestita, ma con la medaglia appuntata sul petto. Espunta dai libri e dalle memorie, Rose Montmasson incarna e riassume nel proprio destino il tradimento degli ideali del Risorgimento (di cui Crispi è a sua volta il simbolo). È morta nel 1904, a Roma, e si è fatta seppellire con la camicia rossa dei garibaldini. Per quanto ne so, a lei non è stato dedicato alcun monumento (solo un busto, a Caltagirone, la città di Maria Attanasio). Eppure era un’eroina: la Rosa dei Mille, la Rosa d’Italia.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 24 giugno 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 43 CULTURA / RUBRICHE ◆ ●
di Bruno Gambarotta
◆ ●
di Benedicta Froelich
◆ ●
di Melania Mazzucco La Rosa dei Mille

Hit della settimana

25. 6 – 1. 7. 2024

Cosce inferiori di pollo Optigal al naturale o speziate, Svizzera, per es. al naturale, al kg, 8.40 invece di 12.–, in self-service 30%

a partire da 2 pezzi 30%

Tutti gli antipasti, le olive e gli hummus, Anna's Best per es. hummus al naturale, 200 g, 2.70 invece di 3.80, (100 g = 1.33)

a partire da 2 pezzi 30%

Svizzera, il pezzo, 1.20 invece di 1.65, offerta valida dal 27.6 al 30.6.2024

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Rivella rossa, blu e gialla, 6 x 500 ml e 6 x 1.5 litro, per es. rossa, 6 x 1.5 litro, 10.– invece di 14.95, (100 ml = 0.11)

24.95 invece di 51.80

4.10 invece di 5.90 Entrecôte di manzo Black Angus M-Classic, al pezzo Uruguay, per 100 g, in self-service, offerta valida dal 27.6 al 30.6.2024 30%

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Detersivo per bucato in gel Persil Universal, Color o Sensitive. in conf. speciale, 3,6 litri, (1 l = 6.93)

imbattibili weekend del

13.20 invece di 22.–

Caffè Boncampo Classico, in chicchi o macinato per es. chicchi, 4 x 500 g, (100 g = 0.66), offerta valida dal 27.6 al 30.6.2024

conf.
40%
da 4
Cetrioli
conf.
da 6 33%
50%

Settimana Migros

Meloni Charentais, Galia e retati (prodotti bio e Demeter esclusi), per es. melone retato, Italia/Spagna/Francia, il pezzo, 2.60 invece di 3.75

8.95 invece di 16.35 Lombi di nasello del Capo M-Classic, MSC pesca, Atlantico sudoccidentale, 300 g, in self-service, (100 g = 2.98)

2.55 invece di 3.65

7.30

invece di 14.60

Gelati su stecco alla panna prodotti surgelati, nei gusti vaniglia, cioccolato, fragola e moca, 24 x 57 ml, (100 ml = 0.53)

Bistecche di lonza di maiale marinate Grill mi, IP-SUISSE in conf. speciale, 4 pezzi, per 100 g

Migros Ticino Offerte valide dal 25.6 all’1.7.2024, fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget
quelli già ridotti.
e
30%
45% Ammorbidente
conf. da 2 37%
Lenor per es. freschezza d'aprile, 2 x 1,7 litri, 10.95 invece di 17.50, (1 l = 3.22)
45%
10.95 invece di 20.25 Cosce di pollo M-Classic prodotto surgelato, in conf. speciale, 2,5 kg, (100 g = 0.44)
conf.
da 24 50%
30% 25. 6 – 1. 7. 2024
giallo?
il dilemma. Frutta e verdura 2
Verde, blu, rosso o
Questo è
4.90 invece
7.20 Uva vittoria Italia, al kg, (100 g = 0.49) 31%
4.95 Pomodoro carnoso Ticino, al kg, (100 g = 0.36) 27% 1.30 invece di 1.65 Extra Pomodoro Sweet cherry Svizzera, al 100 g 21% Sapori
altro
3.95 invece
5.50 Mirtilli Italia/Spagna, vaschetta da 500 g, (100 g = 0.79) 28% Tutti i cespi di insalata Migros Bio e Demeter per es. lattuga verde Migros Bio, Svizzera, il pezzo, 2.– invece di 2.50 20% Tutta la frutta con nocciolo Migros Bio e Demeter per es. nettarine Migros Bio, Spagna/Italia/Francia, al kg, 5.50 invece di 6.95 20%
Migros Ticino
di
3.60 invece di
pieni per fare in casa sciroppi, confetture e
ancora
di

Pesce e frutti di mare

Dei veri highlight per i tuoi piatti

a partire da 2 pezzi 27%

Avocado

Perù/Brasilia, il pezzo, 1.10 invece di 1.50

Bella pronta e già lavata

2.95

Insalata estiva 200 g, (100 g = 1.48)

Filetto di coda di salmone marinato Grill mi, ASC e salmone selvatico marinato Grill mi, MSC per es. filetto di coda di salmone, ASC, d'allevamento, Norvegia, per 100 g, 3.– invece di 3.80, in self-service 20%

30%

12.70

invece di 18.20

Filetti di salmone senza pelle M-Classic, ASC d'allevamento, Norvegia, in conf. speciale, 380 g, (100 g = 3.34)

30%

11.95

invece di 17.10

Salmone affumicato Migros Bio d'allevamento, Irlanda/Scozia/ Norvegia, in conf. speciale, 180 g, (100 g = 6.64)

Tutto il pesce fresco intero per es. orata reale M-Classic, ASC, allevamento/Grecia, in confezione da 2 pezzi, per 100 g, 2.– invece di 2.50 20%

28%

14.95

invece di 20.90

Gamberetti Pelican crudi e sgusciati, ASC prodotto surgelato, in conf. speciale, 750 g, (100 g = 1.99)

3 Offerte valide dal 25.6 all’1.7.2024, fino a esaurimento dello stock.
Migros Ticino
Hit

Tagli prelibati per piatti da chef

9.95 invece di

Macinato di manzo Swiss Black Angus, IP-SUISSE in conf. speciale, 450 g, (100 g = 2.21)

4.75

Prosciutto crudo grigionese (ideale con il melone), Svizzera, in confezione da 130 g, in self-service, (100 g = 3.66) Hit

3.15 invece di 4.30

Salametti di cavallo prodotti in Ticino, in conf. da 2 pezzi, per 100 g

e salumi 4 Migros
IDEALE CON
per es. sugo alla bolognese, 400 g , 2.80 invece di 4.–, (100 g = 0.70) a partire da 2 pezzi 30%
200 g, 2.70 invece di 3.80, (100 g = 1.33) a partire da 2 pezzi 30%
21%
Carne
Ticino
Tutti i sughi Agnesi
Hummus al basilico Anna's Best
12.60
26%
5 Offerte valide dal 25.6 all’1.7.2024, fino a esaurimento dello stock. Migros Ticino Flexitariani e flexitariane, attenzione: Delicatamente dolce al gusto, tenero al morso
invece di 4.90 Lombatina d'agnello M-Classic per 100 g, in self-service 20% Fettine di pollo Optigal al naturale e marinate, Svizzera, per es. al naturale, per 100 g, 2.80 invece di 3.30, in self-service 15% Cornatur scaloppine al limone e pepe, bistecca al pepe o spiedini sweet & sour, per es. scaloppine, 2 x 220 g, 7.90 invece di 9.90, (100 g = 1.80) conf. da 2 20% 5.35 invece di 7.70 Salame Felino Beretta Italia, per 100 g, in self-service 30% Cosce inferiori di pollo Optigal al naturale o speziate, Svizzera, per es. al naturale, al kg, 8.40 invece di 12.–, in self-service 30% 6.40 invece di 8.40 Prosciutto cotto IP-SUISSE 2 x 150 g, (100 g = 2.13) conf. da 2 23% 7.25 Piatto vallesano prosciutto crudo, carne secca, salsiccia secca, pancetta cruda, Svizzera, per 100 g, in self-service, in vendita nelle maggiori filiali 20x CUMULUS Novità 4.90 invece di 6.80 Arrosto all'inglese Svizzera, per 100 g, in self-service 27% 2.25 invece di 2.90 Costine carrè di maiale Svizzera, per 100 g, in self-service, (100 g = 2.25) 22%
3.90

Che formaggio! Formaggi e latticini

a partire da 2 pezzi 20%

Tutte le mozzarelle Alfredo per es. pallina Classico, 150 g, 1.35 invece di 1.65, (100 g = 0.88)

Petit Suisse 2 x 6 pezzi, 600 g, (100 g = 0.69) conf. da 2 20%

4.15 invece di 5.20

Yogurt Saison e M-Classic disponibili in diverse varietà, per es. Saison ribes/limetta/rabarbaro, 6 x 200 g, 4.50 invece di 4.80, (100 g = 0.38) conf. da 6 –.30 di riduzione

Ticino A temperatura ambiente è più gustoso

5.40 invece di 6.80

Camembert Suisse Crémeux Baer in conf. speciale, 300 g, (100 g = 1.80) 20%

Sole del Ticino per 100 g, prodotto confezionato 15%

2.35 invece di 2.80

4.70

Tomino al cartoccio 200 g, (100 g = 2.35)

6
Migros
Drink Ovomaltine 250 ml, 500 ml o High Protein, per es. drink Ovomaltine, 3 x 250 ml, 4.65 invece di 5.85, (100 ml = 0.62) conf. da 3 20%
Hit
7 Offerte valide dal 25.6 all’1.7.2024, fino a esaurimento dello stock. Migros Ticino Pasti da bere di alta qualità che saziano a lungo Con carne di svizzeramanzo 4.95 Spaghetti alla bolognese Anna's Best 400 g, (100 g = 1.24) 20x CUMULUS Novità 6.55 invece di 8.20 Le Gruyère piccante a fette Migros Bio, AOP in conf. speciale, 250 g, (100 g = 2.62) 20% 7.90 invece di 11.85 Tortelloni Anna's Best ricotta e spinaci o alla carne di manzo, 3 x 300 g, (100 g = 0.88) conf. da 3 33%
invece di 2.30 Le Gruyère surchoix AOP per 100 g, prodotto confezionato 21% 6.70 invece di 7.90 Mezza panna Valflora, in bomboletta 2 x 250 ml, (100 g = 1.34) conf. da 2 15% 3.70 invece di 4.95 Tutti i drink this is food Yfood Smooth Vanilla, Classic Choco o Fresh Berry, 500 ml, (100 ml = 0.74) 25% Tutti gli antipasti, le olive e gli hummus, Anna's Best per es. hummus al naturale, 200 g, 2.70 invece di 3.80, (100 g = 1.33) a partire da 2 pezzi 30% Tutti i Gazpacho Alvalle per es. Original, 1 l, 5.55 invece di 6.95 20% 2.10 invece di 2.50 Sbrinz AOP per 100 g, prodotto confezionato 16%
Prodotti freschi e pronti
1.80

Già belli e sfornati o da sfornare

Il nostro pane della settimana: croccante e con una mollica alveolata e con olive spezzettate. I suoi aromi si sposano gustosissimamente ai menu estivi.

3.30 Twister alle olive cotto su pietra IP-SUISSE Limited Edition, 400 g, prodotto confezionato, (100 g = 0.83)

5.95

alle erbe 2 x 240 g, (100 g = 1.24)

Per preparazioni sia dolci che salate

Tutte le paste in blocco, già spianate e non spianate, Migros Bio per es. pasta per crostate, 270 g, 1.85 invece di 2.30, (100 g = 0.68)

5.95

alla crema in conf. speciale, 4 pezzi, 280 g, (100 g = 2.13)

Pane e prodotti da forno 8
Hit 5.60 invece di 7.–
conf. da 2 20%
invece
Biberli
conf. da 6 25%
Cornetti
Fagottini di spelta alle pere Migros Bio 2 x 225 g, (100 g = 1.24)
6.75
di 9.–
d'Appenzello 6 x 75 g, (100 g = 1.50)
a partire da 2 pezzi 20%
Focaccia
Hit
conf. da 2

Originali e buonissimi

Dolci e cioccolato 9 Offerte valide dal 25.6 all’1.7.2024, fino a esaurimento dello stock. Cura e rinfresca Le tue preferitebarrette sotto forma di gelato
Snickers
ml
28% Tutti
biscotti Tradition per es. Petit
limone, 150 g, 3.60 invece di 4.20,
g
2.40) –.60 di riduzione 20.55 invece di 31.20 Tavolette di cioccolato Lindt al latte finissimo o al latte con nocciole, 12 x 100 g, (100 g = 1.71) conf. da 12 34% 8.90 invece di 9.90 Schoko-Bons Kinder in conf. speciale, 500 g, (100 g = 1.78) 10% Cialde finissime Classico, Noir o Black & White, M-Classic per es. Black & White, 3 x 200 g, 8.80 invece di 12.60, (100 g = 1.47) conf. da 3 30% Swiss Premium Minis Lindt assortiti, 500 g e 1 kg, per es. 500 g, 13.15 invece di 21.95, (100 g = 2.63) 40% 8.50 invece di 15.35 Fruit Mix Sugus in conf. speciale, 1 kg 44% Gomma da masticare Candida menta piperita e tè verde, 80 g e 36 g in bustina e menta piperita in barattolo da 91 g, per es. menta piperita, 80 g, 3.95, (10 g = 0.49) 20x CUMULUS Novità
8.55 invece di 11.90
Ice Cream o Mars Ice Cream prodotto surgelato, in conf. speciale, per es. Snickers, 12 pezzi, 603,6 ml, (100
= 1.42)
i
Gâteau al
(100
=

Veloce preparazione, lunga conservazione

a partire da 2 pezzi 20%

Tutti i tipi di aceto balsamico e condimento, Ponti per es. condimento Dolce Agro, 250 g, 2.60 invece di 3.25, (100 ml = 1.04)

Contengono tante proteine vegetali

20%

Tutti i tipi di quinoa, lenticchie, ceci o couscous, Migros Bio (articoli Alnatura esclusi), per es. quinoa bianca aha!, Fairtrade, 400 g, 3.95 invece di 4.95, (100 g = 0.99)

conf. da 3 22%

Rio Mare

disponibile in diverse varietà e in confezioni multiple, per es. Tonno all'olio di oliva, 3 x 104 g, 10.95 invece di 14.10, (100 g = 3.51)

Pizze M-Classic surgelate, Margherita o Toscana, in confezioni speciali, per es. Margherita, 3 pezzi, 825 g, 6.05 invece di 8.10, (100 g = 0.73) 25%

conf. da 4 25%

5.40 invece di 7.20

Zucchero fino cristallizzato M-Classic Cristal, IP-SUISSE 4 x 1 kg, (100 g = 0.14)

30% di zuccheri e calorie in meno

a partire da 2 pezzi 20%

Tutte le confetture Belle Journée Fit & Well per es. fragole, 325 g, 2.30 invece di 2.85, (100 g = 0.70)

Scorta 10

2.50 Pennette rigate, spaghetti o tortiglioni, Agnesi in conf. speciale, con il 50% di contenuto in più, (100 g = 0.33)

Chips Zweifel

Corn Original, Graneo Original o Graneo Chili, in conf. XXL Big Pack, per es. Corn Original, 250 g, 3.80 invece di 4.80, (100 g = 1.52) 20%

Con o senza bollicine?

Rivella

rossa, blu e gialla, 6 x 500 ml e 6 x 1.5 litro, per es. rossa, 6 x 1.5 litro, 10.– invece di 14.95, (100 ml = 0.11)

Tutto l'assortimento di acqua minerale Valais (bottiglie di vetro e Botanical Valais escluse), per es. senza anidride carbonica, 6 x 1,5 l, 3.80 invece di 6.40, (100 ml = 0.04)

Schweppes disponibile in diverse varietà e in confezioni multiple, per es. Bitter Lemon, 6 x 500 ml, 7.95 invece di 11.90, (100 ml = 0.27)

Bevande 11 Offerte valide dal 25.6 all’1.7.2024, fino a esaurimento dello stock. Succo d'arancia
da concentrato Creata per la prima volta a Ginevra nel 1783 Sun Queen gherigli di noci
anacardi, per es. gherigli
noci, 3 x 130 g,
invece
11.10,
1.90) conf. da 3 33%
bio
o
di
7.40
di
(100 g =
conf.
33% 8.95 invece di 12.–Coca-Cola Classic o Zero,
conf. da 8 25% 14.95 invece
19.95 Succo d'arancia Migros Bio 6 x 1 litro, (100 ml = 0.25) conf. da 6 25%
da 6
8 x 500 ml, (100 ml = 0.22)
di
conf.
40%
da 6
Hit
conf.
da 6 33%

Prodotti che esaltano la bellezza naturale

Formule vegane

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Fazzoletti o salviettine cosmetiche Kleenex, FSC® in conf. multiple o speciali, per es. Collection in scatola quadrata, 3 x 48 pezzi, 5.85 invece di 7.35, (1 pz. = 0.04)

Prodotti per la doccia Le Petit Marseillais per es. fiori d'arancio, 3 x 250 ml, (100 ml = 0.93)

6.70 invece di 8.40

Fazzoletti Tempo, FSC® in conf. multipla o speciale, per es. Classic, 30 x 10 pezzi

qualità a un prezzo vantaggioso

e cura del corpo 12
Bellezza
Buona
invece
Shampoo
conf. da 3 33% Assorbenti o salvaslip, Molfina
es. salvaslip Light Long, FSC®,
50 pezzi,
invece
conf. da 2 15%
invece di 5.85 Shampoo I am per es. Intense Moisture, 3 x 250 ml, (100 ml = 0.61) conf. da 3 21% Salviettine
Linsoft
150 pezzi,
conf. da 3 20%
Fazzoletti
Classic,
conf. speciale,
10 pezzi Hit
invece
conf.
20%
conf.
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8.60
di 12.90
Belherbal per es. anti-grasso, 3 x 250 ml, (100 ml = 1.15)
per
2 x
4.75
di 5.60
4.60
cosmetiche
per es. scatola, FSC®, 3 x
5.40 invece di 6.75
4.25
di carta Linsoft
FSC® in
42 x
6.95
10.50
da 3 33% Tutto l'assortimento Tena (confezioni multiple escluse), per es. Discreet Extra, 10 pezzi, 4.65 invece di 5.80 a partire da 2 pezzi
da 3
20%

Tutto l'assortimento Maybelline per es. concealer Instant Anti-Age, 01 light, il pezzo, 9.55 invece di 15.90

Prodotti per la doccia e lozioni per il corpo, Kneipp (confezioni multiple e da viaggio escluse), per es. docciaschiuma trattante e aromatico Gioia di vivere, 200 ml, 3.75 invece di 4.95, (100 ml = 1.88)

Tutto l'assortimento di prodotti per la cura del viso L'Oréal Paris (prodotti Men e confezioni multiple esclusi), per es. crema da giorno antirughe Revitalift, 50 ml, 12.75 invece di 16.95, (10 ml = 2.54) a partire da 2 pezzi

Tutto l'assortimento di disinfettanti per le mani per es. gel per le mani M-Plast, 75 ml, 2.80 invece di 3.50, (10 ml = 0.37)

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5.95 Calze per la rimozione dei calli Pedic il paio 20x CUMULUS Novità 9.95 Tonico per il viso Sensitive PHA, Hej Organic vegano, 100 ml 20x CUMULUS Novità 2.95
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