Cooperativa Migros Ticino
Società e Territorio Grazie alla Fondazione Vacanze in edifici storici scopriamo Casa Portico a Moghegno
Ambiente e Benessere Alessandro Diana, medico vaccinologo e docente, fa il punto della situazione sulla ricerca di un vaccino contro il Covid-19
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 24 agosto 2020
Azione 35 Politica e Economia Posizioni opposte sul voto del 27 settembre che vuole rimettere in discussione la libera circolazione
Cultura e Spettacoli Lorenzo Da Ponte fu un ottimo librettista che contribuì ad alcuni capolavori mozartiani
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Un uomo normale La poesia di Tonino Guerra come antidoto a Trump nel museo diffuso a Pennabilli Che cosa prevarrà il 3 novembre negli Stati Uniti, il desiderio di un ritorno ad una qualche forma di normalità o ancora il rabbioso istinto di rottura? Joseph Biden è ufficialmente nominato candidato alla presidenza da parte democratica e se questa volta i sondaggi rispecchiano la realtà (e se a Trump non riesce il colpo di vincere le elezioni grazie ad alcuni Stati chiave e non alla maggioranza dei votanti) gli Stati Uniti avranno il più anziano presidente della storia, 78 anni, e la prima donna di colore alla vice presidenza, Kamala Harris (vedi Rampini a pagina 25). Ma se ci riuscirà, anche questa volta sarà più un no al presidente uscente che un sì a quello entrante. La vittoria di Trump nel 2016 fu molto anche la sconfitta di Hillary Clinton, la vittoria di Biden sarebbe ancora di più la sconfitta di Trump. Perché Biden, se proprio non possiamo definirlo un candidato senza qualità, di queste ne spicca una sola: la tenacia, la resistenza, quell’andare avanti un passo dopo l’altro. Non ha carisma, idee brillanti non riecheggiano, le decisioni in politica estera che ha preso come senatore non lo caratterizzano come lungimirante (disse no alla prima guerra in Irak per liberare il Kuwait, sì alla seconda guerra in Irak sulla base di prove risibili), è facile alle gaffe e gli è rimasta appiccicata un’accusa di molestie sessuali. Ma Biden è ancora qui, quasi protetto dall’isolamento determinato dal Coronavirus (i comizi oceanici sono spettacoli da Trump, non da Biden), è l’ultima carta in mano ai democratici, poco convinti del progressista Sanders e ancor meno del miliardario Bloomberg. Non ha avuto vita facile. Eletto quale più giovane senatore a 30 anni, perde in un incidente stradale la moglie e la piccola figlia, e ritrova in ospedale i due fratellini sopravvissuti. Accetterà il mandato facendo giuramento nella camera d’ospedale. Nel 2015 muore suo figlio Beau. Nel 1987 (!) si lancia per la prima volta nella corsa per la presidenza, ma le accuse di plagio per frasi contenute nei suoi discorsi decretano anzitempo la sua rinuncia, poco dopo ha un’emorragia cerebrale che quasi gli costa la vita. Nel 2008 si ricandida, restando nell’ombra, la lotta è fra Hillary Clinton e Barak Obama, ma diventa vice-presidente. Ha accarezzato l’idea di abbandonare tutto dopo le tragedie, ma qualcosa lo ha fatto andare avanti. In lui, chi lo vota vede l’anima compassionevole segnata dalle difficoltà, cui ha saputo rispondere risollevandosi ogni volta, che incarna un certo tipo di animo americano. Tanto più in mezzo a questa pandemia, disseminata di lutti, di incertezze, di ansie per il futuro. Se è vero quanto indicano i sondaggi, ossia che Trump perderebbe le elezioni per la cattiva conduzione della lotta contro la pandemia, l’empatia di Biden ha senz’altro più presa dell’anafettività di Trump. Ma quella che nasce come una risposta a Trump, da un desiderio di un ritorno alla normalità, di un rispetto delle regole istituzionali, di valori democratici e di giustizia, porta in sé una carica innovativa prorompente, che porta il nome di Kamala Harris. Questa senatrice, di padre caraibico e di madre del sud dell’India, di 22 anni più giovane di Biden, viene considerata la vera spina dorsale dell’eventuale futura presidenza, grazie alla sua carica e alla sua determinazione. Considerato che Biden avrà 78 anni al momento di entrare in carica, è improbabile che si ricandidi a 82 anni. Come vice presidente Kamala Harris gli subentrerebbe in caso di decesso o inabilità, o al più tardi nel 2024 sarebbe la candidata principe del partito democratico. Anche perché oggi la carica di vice presidente, a lungo poco più di un titolo onorifico, prevede molte più competenze e dispone di un ampio staff. Questo le permetterebbe di accumulare esperienza, credibilità e potere. Ma Trump non è battuto. I sondaggi sbagliarono clamorosamente quattro anni fa, la tesi è che i suoi elettori non rivelano le preferenze nei sondaggi. E poi non è detto che accetterà il responso delle urne, se gli sarà sfavorevole. Ha già dichiarato che prevede brogli, sta cercando di evitare come può il voto per corrispondenza. Un gruppo di politici, attivisti, analisti elaborano da tempo gli scenari più impensabili: che fare se si rifiuta di lasciare la Casa Bianca perché non riconosce la sconfitta, come parare cause legali, come comportarsi se adducendo la pandemia tentasse di posticipare le elezioni (cosa che ha già ventilato). La base elettorale del presidente sarà ben motivata a riconfermarlo alla Casa Bianca, e poi ci sono gli adepti del misterioso gruppo QAnon, che in internet propaga assurde teorie complottiste (secondo cui le élite del mondo bevono il sangue dei bambini per allungarsi la vita), che in Trump vedono il salvatore del mondo, da lui ripagati con la definizione di «persone che amano il nostro paese». Ma questa volta è immaginabile che i democratici fedeli a Bernie Sanders vadano a votare per Joseph Biden, più di quanto fecero per Hillary Clinton.
di Alessandro Zanoli
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Franco Cattaneo
di Peter Schiesser