Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXIX 19 settembre 2016
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Società e Territorio Un nuovo progetto di valorizzazione delle erbe officinali in Ticino
Ambiente e Benessere Il primario di neurologia dell’Ospedale Regionale di Lugano, dottor Claudio Staedler ci parla degli ictus
Politica e Economia Putin decide le sorti della Siria insieme agli Stati Uniti
Cultura e Spettacoli La mostra del MASI dedicata a Paul Signac trascura gli aspetti anarchici dell’artista
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Sul sentiero dei cristalli
di Elena Robert pagina 6
Lucadesign
I piedi d’argilla della globalizzazione di Peter Schiesser Si interpreterà in mandarino la globalizzazione, in futuro? Sarà la Cina a dettare le regole, nel suo stile da capitalismo selvaggio, oppure l’Occidente, diviso al suo interno tra approccio americano ed europeo, saprà trovare l’autorità e le misure per darle un volto più umano? È il tema della quinta e ultima puntata della serie che Federico Rampini dedica alla globalizzazione economica su «Azione» (a pagina 33). Un tema che è persino riduttivo affermare essere d’attualità, considerato che oggi permea profondamente la nostra quotidianità. E che non si riduce agli aspetti economici, ma ingloba lo sviluppo tecnologico che facilita le comunicazioni e gli spostamenti, che modifica il nostro modo di guardare alla realtà e ci impone un rimescolamento etnico indotto dalle migrazioni di massa verso l’Occidente. Mentre in Cina la globalizzazione diventa lo strumento geopolitico per riaffacciarsi al mondo quale potenza planetaria, su entrambe le sponde dell’Atlantico si fa largo il timore di perdere un’egemonia mondiale e una stabilità interna proprio a causa di una globalizza-
zione che non ha coniugato i vantaggi economici con una più sana ridistribuzione dei benefici. Senza dubbio, quella sugli orientamenti della globalizzazione è la battaglia ideologica del XXI secolo. Eppure il «gigante globalizzazione» si regge su due piedi d’argilla: una crescita economica mondiale diventata asfittica dopo la crisi finanziaria del 2008 e un calo demografico in atto in Occidente e nei maggiori paesi emergenti. È sotto gli occhi di tutti: tassi d’interesse vicini allo zero o tendenti al negativo non riescono a stimolare gli investimenti necessari alla crescita economica, nonostante l’incredibile massa di liquidità immessa dalle banche centrali occidentali (che non riescono neppure a stimolare un «sano» livello di inflazione); parallelamente inducono ad accrescere la propensione al risparmio nei cittadini, preoccupati di perdere le rendite pensionistiche garantite in passato da alti tassi d’interesse e dalla buona congiuntura. L’indebitamento pubblico e privato, che in forme diverse ma comunque gravi tocca anche la Cina, rende ancora più fragile l’impalcatura economica mondiale. Sono gli ingredienti perfetti di una «stagnazione secolare» da cui le economie occidentali non sanno come uscire e che ha forti contrac-
colpi anche sulle economie emergenti. Un prolungato ristagno finisce per mettere in pericolo la stabilità sociale e politica sia in Occidente, sia nei paesi emergenti, ancora fragili. Una rinnovata crescita economica è dunque la base necessaria per proseguire il processo di globalizzazione, senza di essa l’intero edificio può implodere. Ma per avere crescita serve anche sufficiente manodopera. Sembra banale, soprattutto se partiamo dalla convinzione che la popolazione mondiale continui a crescere. Invece non è così: come scrive l’analista Ruchir Sharma su «Foreign Affairs» (marzo/aprile 2016) la crescita demografica mondiale oggi è data dal fatto che le persone vivono più a lungo, mentre il tasso di fertilità, che dev’essere al minimo di 2,1 figli, sta decrescendo rapidamente. Scrive Sharma che oggi quasi la metà della popolazione vive in uno degli 83 paesi in cui il tasso di fertilità è inferiore al minimo necessario, fra questi Stati Uniti, Russia, Cina, Germania, Brasile, Giappone. E decrescendo il tasso di fertilità cala anche il numero di persone in età di lavoro, ciò che rende impossibile un robusto sviluppo economico. Per rafforzare questi piedi d’argilla serviranno riforme incisive e non indolori. Ma si troverà la volontà e il consenso per attuarle?