Azione 38 del 19 settembre 2016

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXIX 19 settembre 2016

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Società e Territorio Un nuovo progetto di valorizzazione delle erbe officinali in Ticino

Ambiente e Benessere Il primario di neurologia dell’Ospedale Regionale di Lugano, dottor Claudio Staedler ci parla degli ictus

Politica e Economia Putin decide le sorti della Siria insieme agli Stati Uniti

Cultura e Spettacoli La mostra del MASI dedicata a Paul Signac trascura gli aspetti anarchici dell’artista

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Sul sentiero dei cristalli

di Elena Robert pagina 6

Lucadesign

I piedi d’argilla della globalizzazione di Peter Schiesser Si interpreterà in mandarino la globalizzazione, in futuro? Sarà la Cina a dettare le regole, nel suo stile da capitalismo selvaggio, oppure l’Occidente, diviso al suo interno tra approccio americano ed europeo, saprà trovare l’autorità e le misure per darle un volto più umano? È il tema della quinta e ultima puntata della serie che Federico Rampini dedica alla globalizzazione economica su «Azione» (a pagina 33). Un tema che è persino riduttivo affermare essere d’attualità, considerato che oggi permea profondamente la nostra quotidianità. E che non si riduce agli aspetti economici, ma ingloba lo sviluppo tecnologico che facilita le comunicazioni e gli spostamenti, che modifica il nostro modo di guardare alla realtà e ci impone un rimescolamento etnico indotto dalle migrazioni di massa verso l’Occidente. Mentre in Cina la globalizzazione diventa lo strumento geopolitico per riaffacciarsi al mondo quale potenza planetaria, su entrambe le sponde dell’Atlantico si fa largo il timore di perdere un’egemonia mondiale e una stabilità interna proprio a causa di una globalizza-

zione che non ha coniugato i vantaggi economici con una più sana ridistribuzione dei benefici. Senza dubbio, quella sugli orientamenti della globalizzazione è la battaglia ideologica del XXI secolo. Eppure il «gigante globalizzazione» si regge su due piedi d’argilla: una crescita economica mondiale diventata asfittica dopo la crisi finanziaria del 2008 e un calo demografico in atto in Occidente e nei maggiori paesi emergenti. È sotto gli occhi di tutti: tassi d’interesse vicini allo zero o tendenti al negativo non riescono a stimolare gli investimenti necessari alla crescita economica, nonostante l’incredibile massa di liquidità immessa dalle banche centrali occidentali (che non riescono neppure a stimolare un «sano» livello di inflazione); parallelamente inducono ad accrescere la propensione al risparmio nei cittadini, preoccupati di perdere le rendite pensionistiche garantite in passato da alti tassi d’interesse e dalla buona congiuntura. L’indebitamento pubblico e privato, che in forme diverse ma comunque gravi tocca anche la Cina, rende ancora più fragile l’impalcatura economica mondiale. Sono gli ingredienti perfetti di una «stagnazione secolare» da cui le economie occidentali non sanno come uscire e che ha forti contrac-

colpi anche sulle economie emergenti. Un prolungato ristagno finisce per mettere in pericolo la stabilità sociale e politica sia in Occidente, sia nei paesi emergenti, ancora fragili. Una rinnovata crescita economica è dunque la base necessaria per proseguire il processo di globalizzazione, senza di essa l’intero edificio può implodere. Ma per avere crescita serve anche sufficiente manodopera. Sembra banale, soprattutto se partiamo dalla convinzione che la popolazione mondiale continui a crescere. Invece non è così: come scrive l’analista Ruchir Sharma su «Foreign Affairs» (marzo/aprile 2016) la crescita demografica mondiale oggi è data dal fatto che le persone vivono più a lungo, mentre il tasso di fertilità, che dev’essere al minimo di 2,1 figli, sta decrescendo rapidamente. Scrive Sharma che oggi quasi la metà della popolazione vive in uno degli 83 paesi in cui il tasso di fertilità è inferiore al minimo necessario, fra questi Stati Uniti, Russia, Cina, Germania, Brasile, Giappone. E decrescendo il tasso di fertilità cala anche il numero di persone in età di lavoro, ciò che rende impossibile un robusto sviluppo economico. Per rafforzare questi piedi d’argilla serviranno riforme incisive e non indolori. Ma si troverà la volontà e il consenso per attuarle?


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Attualità Migros

M Più di cento occasioni per fare cultura

Percento culturale Migros Ticino Al via la 57esima stagione, con un ricco programma di eventi

Da 57 anni Migros Ticino promuove la cultura e la formazione. Un impegno ancorato nello statuto dell’azienda oltre mezzo secolo fa prevede infatti che ogni anno lo 0,5 percento della cifra d’affari venga destinato a progetti e iniziative in questi ambiti. Nel 2015 questo contributo è stato di ben 2,5 milioni di franchi. L’attività di pro-

mozione messa in atto attraverso il Percento culturale è unica nel suo genere: per l’ampiezza del sostegno, per la qualità delle proposte, ma soprattutto per la progettualità e la continuità che da sempre la contraddistinguono. Queste modalità di intervento, che hanno dato vita a una particolare forma di mecenatismo d’impresa, e

Musica, arte, danza, teatro, letteratura In campo musicale, parecchie le rassegne di cui il Percento culturale Migros Ticino è da anni partner, ad esempio Tra Jazz e Nuove Musiche, rassegna realizzata in collaborazione con la RSI Rete Due. Ma anche La Via Lattea, passeggiate musicali che portano a esplorare i confini tra musica e linguaggio, o la serie di concerti Raclette. Sul versante del rock spicca Palco ai Giovani, la manifestazione dedicata alle band emergenti di casa nostra. Su quello della musica classica ritroviamo le Settimane musicali di Ascona, e 900/presente, un programma di concerti dedicato alla musica del nostro tempo. Anche per quanto riguarda il teatro, parecchi gli eventi da non perdere, programmati all’interno della rassegna LuganoInScena e al Sociale di Bellinzona. Nell’ambito della danza le proposte sostenute sono Chiasso Danza, il Laban Event che si tiene al Monte Verità e il programma al San Materno di Ascona. In tema di arti visive ben 10 le mostre previste, che spaziano dalla fotografia, alla pittura, al design. Molti e sempre più apprezzati, in termini di pubblico e di critica, gli eventi dedicati

alla letteratura. Si è iniziato a settembre con Piazzaparola; in primavera, la quarta edizione degli Eventi Letterari al Monte Verità; a maggio infine l’ormai tradizionale appuntamento con ChiassoLetteraria. Non manca neppure il cinema. Al Lux di Massagno la rassegna Cinemamusicalive sarà dedicata alla musica jazz nel cinema. A bambini e ragazzi è riservato, come sempre, uno spazio importante. Dalla rassegna Minispettacoli, in scena a Minusio, al Festival Internazionale delle Marionette, con 13 spettacoli per grandi e piccini. In moltissime località della Svizzera italiana, a novembre torna La notte del racconto. In cartellone anche il tradizionale Concerto per famiglie dell’Orchestra della Svizzera italiana, mentre alla Biblioteca Cantonale di Bellinzona è prevista la quarta edizione di Storie controvento, Festival di letteratura per ragazzi. Il programma degli eventi sostenuti dal Percento culturale è scaricabile dal sito www.migrosticino.ch/percento-culturale. La versione cartacea, allegata a questo numero di «Azione» si può richiedere all’indirizzo e-mail: percento-culturale@migrosticino.ch

Alessandro Benvenuti sarà in scena a Bellinzona con l’Avaro di Molière.

un’intensa attività di sostegno che continua ininterrotta dal 1959 hanno fatto di Migros Ticino un attore di primo piano nella vita culturale della Svizzera italiana. Il programma degli eventi sostenuti è davvero ricco: 43 concerti, 10 mostre, 6 spettacoli di teatro, 8 di dan-

Volti nuovi dalle regioni Assemblea dei delegati L’organo statutario della Federazione

delle cooperative Migros ha accolto i 48 membri nominati di recente

I 111 delegati delle Cooperative regionali costituiscono un insieme variegato di persone di varie estrazioni, che si impegnano per Migros. Si occupano di valutare i rendiconti annuali e sono responsabili dell’elaborazione dei temi di fondo nella politica commerciale di Migros. Oltre a ciò, i delegati eleggono ogni quattro anni i membri del Consiglio di amministrazione della FCM e il suo presidente. Insieme ai delegati eletti nelle varie cooperative regionali, fanno parte dell’assemblea anche un rappresentante di ognuno dei Consigli di amministrazione delle Cooperative regionali e la presidente dell’Assemblea. Matteo Hoderas, 52 anni, rappresentante della cooperativa Migros Ticino, è appena entrato a far parte dell’Assemblea dei delegati, insieme ad altri 47 nuovi eletti dalle cooperative regionali. La sua opinione in proposito è la seguente: «Credo che il valore più importante

Azione

Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni

Matteo Hoderas è uno dei sette delegati di Migros Ticino.

che Migros può vantare in rapporto ai propri concorrenti è il bonus di fiducia di cui gode presso i suoi clienti. Questa

fiducia costituisce una solida base, che le permette di superare le nuove sfide commerciali».

Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch

Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11

La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni

Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31

za, 25 proposte teatrali e musicali per bambini e ragazzi. Oltre a ciò, varie manifestazioni a carattere tematico: sono più di 100 gli eventi che il Percento culturale Migros Ticino promuove. Nel cartellone troviamo 4 festival di letteratura (di cui uno dedicato a bambini e ragazzi), proiezioni cinematografiche,

conferenze e convegni su temi culturali e scientifici di attualità. Un ventaglio di eventi estremamente ricco e variegato, in grado di coinvolgere pubblici diversi, con interessi eterogenei. Che offre anche tante occasioni di aprire uno spazio alla scoperta, alla creatività, all’incontro, alla riflessione.

Riunione costitutiva del Consiglio di cooperativa Migros Ticino Durante la seduta è stato

riconfermato alla presidenza Giuseppe Cassina Si è svolta negli scorsi giorni la seduta costitutiva del Consiglio di cooperativa per il periodo 2016-2020, in occasione della quale i suoi membri hanno provveduto alle nomine statutarie. Rinnovato l’incarico di Giuseppe Cassina quale presidente e Gaby Malacrida alla vicepresidenza, mentre nel Comitato sono stati riconfermati Giuseppe Cassina, Walter Centurione, Mario Colombo, Simona Corecco, Gaby Malacrida e Danilo Zanga, cui si aggiunge, nuovo, Matteo Hoderas. Per statuto il Consiglio di cooperativa si compone di 48 membri, in maggioranza donne e di cui 5 eletti in rappresentanza dei collaboratori dell’azienda; dopo ogni periodo elettorale almeno un terzo della sua composizione deve essere rinnovata. Il Comitato risulta composto dai rappresentanti di Migros Ticino all’Assemblea dei delegati della Federazione delle cooperative Migros. Anche Peter Birrer, presidente della Fondazione Gottlieb e Adele Duttweiler,

ha partecipato alla riunione costitutiva. La fondazione è incaricata di difendere il patrimonio spirituale dei suoi fondatori, che l’hanno istituita a tal scopo nel 1950. Un patrimonio spirituale che deriva in particolare dalle tesi del 1950, redatte dalla coppia Duttweiler, cui ha fatto seguito nel 1957 la sottoscrizione di una convenzione da parte di ognuna delle 10 cooperative regionali con la Federazione delle cooperative Migros. La Migros voluta da Duttweiler risulta così costituita da cooperative autonome, con la Federazione delle cooperative Migros intesa come centro di servizi e coordinatrice. La Fondazione veglia affinché gli ideali di Gottlieb e Adele Duttweiler siano conosciuti all’interno della Comunità Migros e con la sua autorità morale incita i diversi organi a rispettare i principi che ne derivano, in particolare per quanto riguarda la responsabilità sociale che da sempre caratterizza l’operato dell’azienda.

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Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Società e Territorio La paglia dell’Onsernone L’associazione Pagliarte ha salvato dall’oblio un’antica tradizione artigianale

Geologia e turismo In Leventina è stato da poco inaugurato il Sentiero geoturistico del Campolungo pagina 6

Archeologia industriale La storia della Birreria Nazionale di Locarno pagina 9

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Menti tribali Gli studi di Jonathan Haidt sull’origine naturale della morale

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Un antico sapere popolare al centro di un progetto tutto ticinese. (Wikimedia)

Valorizzare le erbe officinali

Dall’orto I progetti della neonata società «Erbe Ticino» coinvolgono non solo coltivatori, essiccatori e produttori

di miscele, ma anche l’azienda agraria di Mezzana e la Fondazione San Gottardo Roberto Porta A ben guardare questa è una storia che parte da molto lontano, perché già dai tempi antichi, in tutte le culture, la conoscenza delle erbe era considerata di primaria importanza per l’alimentazione generica ma anche, e soprattutto, per poter condurre una vita sana. In Europa, nel Medioevo, dopo la caduta dell’Impero Romano, molti monasteri e abbazie rimasero tra i pochi contesti in cui era possibile accedere ai codici di filosofia o di letteratura dell’epoca romana o greca. Grazie alla paziente tecnica della copia a mano, gli amanuensi non conservarono però soltanto questi testi antichi ma riuscirono a tramandare ai loro posteri anche molti codici a carattere scientifico, vere e proprie enciclopedie dell’epoca sulla classificazione della natura, sia animale e sia vegetale. In fondo è questa la base di conoscenze che permette ancora oggi di avvicinarci ai segreti di erbe e piante, come, tra i tanti esempi possibili, la melissa, l’ortica o l’eucalipto. Uno studio e un utilizzo di ciò che la natura ci fornisce che, arricchendosi nel tempo di nuove conoscenze, è arrivato fino a nostri giorni. A tal punto che, ed è notizia

di pochi giorni fa, alcune erbe, come la radice di salice, la valeriana o i semi di sedano, possono addirittura aiutare a frenare gli effetti dell’invecchiamento, come rilevato da uno studio scientifico condotto dalla Concordia University di Montreal. Ma passiamo ora a realtà a noi più vicine, perché anche in Ticino c’è chi vuole promuovere e riscoprire il valore delle erbe che oggi chiamiamo comunemente «officinali» o «medicinali». È infatti stata da poco creata la società che porta il nome di «Erbe Ticino» e che – con il relativo marchio – ha come scopo quello di «valorizzare la cultura qualitativa delle erbe officinali, curate e cresciute in Ticino» per «trasformarle in tisane e prodotti pregiati per la gastronomia», come si può leggere nel sito internet www.erbeticino.ch. All’origine di questo progetto, che si inserisce lungo le orme lasciate da un’esperienza precedente, ci sono l’idea, l’ambizione e anche il rischio imprenditoriale di un gruppo di professionisti che hanno individuato nella persona di Simone Galli, il loro punto di riferimento, il loro coordinatore per quanto riguarda le erbe officinali che crescono in Ticino. «Per il momento noi intendiamo muoverci lungo queste tre coordinate – ci dice il signor Gal-

li – la produzione di tisane calde, di tisane fredde e di caramelle». Tra questi prodotti, commercializzati anche da Migros Ticino, ci sono ad esempio le tisane «Olivone». Una bevanda che contiene questi ingredienti, che citiamo a beneficio di chi vuole addentrarsi nella scoperta e nei segreti delle erbe. Tre manciate di lippia citriodora, due grosse manciate di melissa officinalis, due manciate di menta citrata, due pugni di menta piperita e quanto basta di salvia officinalis. Una miscela che stando ai responsabili di «Erbe Ticino» può essere utile nella lotta contro lo stress e contro l’insonnia. E anche aiutare l’attività dell’apparato digestivo. Nomi di piante – e dei relativi benefici per la nostra salute – probabilmente già noti ai tempi delle erboristerie conventuali ma altrettanto probabilmente sconosciuti alla maggior parte di noi, abitanti di questo mondo nell’epoca chiamata 2 o 3 punto zero. Quello delle tisane e delle caramelle è per «Erbe Ticino» soltanto un primo passo. Lo scopo in un prossimo futuro è quello di aggiungere alla lista dei propri prodotti anche miscele per il condimento degli alimenti, come è già stato fatto, ma solo a mo’ di prova, con i risotti. Un’iniziativa imprenditoriale

che ha l’ambizione di svolgere il ruolo di coordinatrice sul territorio ticinese tra i vari attori che si muovono nel mercato delle erbe officinali. E stiamo parlando dei coltivatori, degli essiccatori, dei produttori di miscele e dei loro rivenditori. In altri termini, per usare un’espressione molto manageriale, si tratta di mettere in rete tutti questi operatori. Tra di loro, ed è questa una delle grandi novità legate a «Erbe Ticino», ci sono anche l’azienda agraria di Mezzana e l’«Orto il Gelso» di Melano, legato alla Fondazione San Gottardo. Se Mezzana coltiva direttamente le erbe sui suoi terreni di Gudo, l’Orto al Gelso si occupa essenzialmente della coltivazione e dell’essicazione di queste prodotti aromatici. «Noi diamo lavoro, anche grazie alle attività legate alle erbe, ad un gruppo di persone portatrici di andicap – ci dice Claudio Naiaretti, direttore della Fondazione San Gottardo – A Melano gestiamo in particolare il nostro impianto di essicazione delle erbe, e il nostro scopo è quello di diventare il punto di riferimento per tutti i produttori di erbe officinali per quanto riguarda proprio questa fase della lavorazione». E visto che un essiccatore rappresenta un investimento piuttosto oneroso la Fondazione San

Gottardo mira a centralizzare le operazioni. «Ciò vale per i grandi ma anche per i piccoli produttori – continua Naiaretti – che possono rivolgersi a noi e usufruire, attraverso il nostro personale, dell’essiccatore che abbiamo, l’unico impianto professionale di questo tipo in tutto il canton Ticino». Un obiettivo – compresa la fase di imbustamento delle caramelle a base di erbe aromatiche – che calza a pennello con quanto si prefigge la società «Erbe Ticino». «In Ticino un tempo c’erano parecchie coltivazione di tabacco, negli ultimi anni si è sempre più passati alla viticoltura, chissà che in futuro non si possa immaginare un Ticino che si occupa con la stessa intensità della coltivazione di erbe aromatiche – sottolinea Simone Galli –, in fondo a medio termine è questo il nostro scopo: generare una sorta di “evangelizzazione” del nostro cantone per quanto riguarda le proprietà e benefici delle erbe officinali». E chissà cosa avrebbero pensato di questo tipo di «evangelizzazione» i monaci amanuensi che in passato con i loro scritti hanno tramandato le conoscenze, ancora oggi indispensabili, per poter scoprire e utilizzare questo piccolo ma ricchissimo prodotto della natura.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Società e Territorio

La tradizione dell’intreccio

Pagliarte Compie dieci anni l’associazione che ha salvato dall’oblio la lavorazione della paglia in valle Onsernone

Elia Stampanoni Dopo dieci anni il bilancio si può senz’altro considerare positivo. L’associazione Pagliarte è infatti ben viva e attiva in Valle Onsernone, dove dal 2005 alcune donne hanno ripreso a lavorare la paglia per fabbricare oggetti e utensili di uso quotidiano. Una tradizione che risale al 16° secolo, quando la valle del locarnese, accanto al canton Argovia, era uno dei centri dell’attività per tutta la Svizzera. L’Onsernone è stata capace per tre secoli di sviluppare, accrescere e controllare l’intera catena di produzione e di smercio, dalla coltivazione fino alla vendita. La segale cresceva nei campi, gli steli venivano raccolti, intrecciati e poi venduti oppure lavati e cuciti. Gli articoli principali erano allora cappelli, ceste e borse, che fanno tutt’ora parte dell’assortimento, ma a cui si sono aggiunti anche altri oggetti decorativi, braccialetti, cinture o anche creazioni più moderne, come l’astuccio per cellulare, punto d’incontro tra tradizione e innovazione. A ridare vita all’artigianato con la paglia è un gruppo di donne, che da dieci anni ha reimparato a intrecciare e cucire la paglia. L’idea nacque nel 2005, quando il docente Ilario Garbani Marcantini, già sostenitore della rinascita della Farina bòna, organizzò un corso con la signora Senta Nussberger, alla quale si aggiunsero i contributi delle anziane signore Lidia Schira e Marta Regazzoni, testimoni di un’attività capace di plasmare una

valle per oltre tre secoli. Con l’industria della paglia la Valle Onsernone si fece infatti conoscere ben oltre i confini cantonali. Al mercato di Loco del martedì e a quello di Russo del mercoledì le trecciaiole vendevano soprattutto l’intreccio di paglia ai grossisti, cappellai o commercianti. La merce finiva quindi il suo viaggio in negozi specializzati delle principali città svizzere, ma anche in Francia, Italia, Germania e America. Accanto a un indotto economico importante per il sostentamento della popolazione, ne conseguirono vivaci scambi culturali. Impressionanti le cifre: un’attestazione scritta riporta per esempio di un commerciante di Loco che il 15 marzo del 1757 tentò, con l’aiuto di 44 portatori, di contrabbandare verso l’Italia 10mila cappelli di paglia. Erano le donne che s’occupavano d’intrecciare i fili della paglia di segale, accuratamente coltivati sui terrazzi onsernonesi. La segale veniva raccolta ancora verde per garantire la giusta flessibilità e qualità dello stelo che, essiccando, diventa paglia. Dopo l’intreccio, le binde (i fasci di paglia intrecciati) venivano mondate alle estremità e quindi passate alla pressa nel mangano, apposito attrezzo con rulli in legno. Arrotolate e ripulite, compito spesso affidato ai bambini, le matasse erano quindi pronte per la vendita o la lavorazione. Ad occuparsi della cucitura erano soprattutto gli uomini che poi si dedicavano anche dello smercio durante i mesi dell’emigrazione stagionale.

Mariapia Gamboni e Lucrezia Remonda nel punto vendita di Pagliarte all’interno della Casa comunale di Berzona. (E. Stampanoni)

Oggi la vendita avviene invece nei mercati locali (Ascona, Russo, Comologno, Vergeletto) e principalmente presso il centro Pagliarte di Berzona, dove all’interno della Casa comunale è stato allestito un punto vendita. Negli spazi espositivi incontriamo Mariapia Gamboni e Lucrezia Remonda, due signore che, dopo i primi corsi, hanno creduto e continuato quest’avventura, assieme a Nora Gamboni, Francesca Mancini, Lara Blumer e Stefania Garbani-Marcantini. Il lavoro viene eseguito a domicilio, mentre l’atelier

di Pagliarte è nel cuore di Berzona, paesino collocato a 748 metri di altitudine, con una bella vista sulla valle e sulle montagne. Durante gli orari d’apertura è un viavai di visitatori, tanti turisti, ma anche molti ticinesi, come ci confermano le animatrici dell’associazione. Pagliarte è lo spunto ideale per una gita a Berzona, una frazione nella tranquilla Valle Onsernone. Qui si possono ora solo immaginare gli sforzi e le fatiche delle famiglie contadine per coltivare, raccogliere e lavorare

tanti e preziosi steli di segale. Un mestiere che riempiva le giornate e le serate delle famiglie rurali del passato. La paglia oggi non è più coltivata sui terrazzi onsernonesi, ma acquistata già intrecciata (di riso invece che di segale) per essere poi cucita dalle artigiane. Per eseguire il loro lavoro, tutte si sono dotate di vecchie ma funzionali macchine da cucire, quelle utilizzate un tempo per il cuoio e che ben s’adattano alla cucitura della paglia: una arriva dal nord della Germania, un modello di uso industriale, sicura e robusta, che pesa circa 100 chilogrammi, come le due presenti presso lo spazio Pagliarte di Berzona. Prima della cucitura la paglia dev’essere bagnata: «Ognuna di noi fa questo lavoro per hobby, fabbricando oggetti secondo i propri gusti o per le esigenze dei clienti», racconta Mariapia mostrando un cappello, un oggetto che necessita di circa mezza giornata di lavoro prima di giungere nelle mani del cliente. Lo scopo non è di certo di produrre articoli in serie, ma di offrire invece un prodotto di nicchia e soprattutto di salvaguardare una tradizione. «Sarebbe veramente un peccato perdere queste conoscenze, ci piacerebbe attirare nuovi giovani interessati a quest’attività tipica dell’Onsernone», aggiunge Lucrezia. Proprio per avvicinare i bambini e i giovani, l’associazione Pagliarte propone dei corsi d’intreccio e di cucito della paglia, così come delle visite alle scuole per divulgare queste conoscenze. Annuncio pubblicitario

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Una passeggiata geologica

© Enrico Boggia

Società e Territorio

Leventina È stato presentato nelle scorse settimane il Sentiero geoturistico del Campolungo: 7 chilometri

che ci portano a ritroso nel tempo di centinaia di milioni di anni Elena Robert La regione montana sul versante destro della media Leventina, raggiungibile facilmente da Dalpe, Prato Leventina e Rodi, è da tempo ampiamente rinomata e apprezzata per la sua attrattività. Di recente si sono concretizzati due bei progetti, presentati al pubblico nelle scorse settimane: in quota fin oltre i 2000 metri, il Sentiero geoturistico del Campolungo e, più vicino al fondovalle, il Percorso del Monte Piottino (nel riquadro). Insieme concorreranno ad una più puntuale conoscenza della ricchezza, anche culturale, offerta da un territorio che di storia da raccontare ne ha parecchia.

Per percorrere il Sentiero geoturistico del Campolungo bisogna salire in montagna. Con la teleferica che da Rodi-Fiesso porta nella regione del Lago Tremorgio e del Campolungo, compresa tra 1800 e 2300 metri, in pochi minuti si è in quota, superando un dislivello di 900 metri. Il paesaggio è indiscutibilmente suggestivo e attrattivo, non solo per i geologi e gli studenti di geologia. Gli stessi escursionisti della domenica sono in grado di comprendere la straordinarietà di questo patrimonio naturale e la sensazione di «ebbrezza» che doveva invadere antichi viandanti e esploratori arrivati da queste parti anche per raccogliere minerali: col tempo questi si sono rivelati veri e propri

Il Percorso del Monte Piottino Anche se risale al 1991, creato da un gruppo di docenti di scuola elementare in collaborazione con esperti e uffici cantonali, il Percorso del Monte Piottino può essere considerato una novità. Per iniziativa dei Comuni di Prato Leventina e Dalpe, col sostegno della Fondazione Carlo Danzi, è stato infatti rivisitato secondo criteri didattici attuali e valorizzato. Concetto e contenuti nuovi, curati da Ivan Sasu e Marcello Martinoni della Consultati SA, si ritrovano nei pannelli di quindici stazioni di osservazione, in un sito web, in una applicazione per cellulari, in un pieghevole con cartina. Quattro i punti di entrata al percorso (il Dazio Grande a Rodi Fiesso, il paese di Prato Leventina, il comune di Dalpe a valle della torbiera della Bedrina e a monte della torbiera di Dalpe): può essere pertanto visitato in tutte le direzioni, scegliendo liberamente la sequenza delle tematiche proposte. Partendo ad esempio da circa 1230 m sopra Dalpe, si cammina nella riserva naturale della Bedrina,

si attraversa il nucleo di Prato Leventina, si entra nel bosco che sovrasta la Gola del Piottino per arrivare al Dazio Grande (950 m). Lungo un percorso di 6 chilometri, con un dislivello massimo di 300 m e una durata di circa 3 ore (senza considerare i tempi di osservazione) la curiosità di adulti e bambini viene stimolata su particolarità regionali e naturalistiche, aspetti culturali, sociali e testimonianze storiche, nel contesto di una corretta decifrazione del paesaggio e dell’impronta lasciata dall’uomo, del rispetto e della promozione della biodiversità, in un’ottica che spazia dal passato al presente a quanto ci potrà riservare il futuro. In alcune stazioni si avvicina il fruitore facendogli vivere esperienze sensoriali o pratiche. Informazioni

Carta 1252 Ambrì-Piotta 1:25’000. www.pratoleventina.ch/campolungo; www.bellinzonese-altoticino.ch; www.percorsopiottino.ch

tesori, rendendo celebre la regione nel mondo. Il recente progetto di valorizzazione è stato assunto dal Comune di Prato Leventina e ha potuto concretizzarsi con la collaborazione scientifica del geologo Filippo Bianconi e del Museo cantonale di storia naturale con il geologo Marco Antognini, responsabile delle collezioni mineralogiche dell’istituto, la cui esposizione permanente presenta anche sezioni sul Tremorgio e il Campolungo con notevoli esemplari di cristalli storici e l’esito di campagne svolte dal Museo negli anni Settanta. Sulla regione Filippo Bianconi è una autorità in materia avendo svolto nel 1971 la sua tesi di dottorato proprio sulla zona triassica del Campolungo ed essendo coautore della Carta Ambrì-Piotta 1:25’000 dell’Atlante geologico della Svizzera, in italiano, pubblicata per la prima volta l’anno scorso. Al Tremorgio e al Campolungo, in due ore e mezza (esclusi i tempi di osservazione) si completa a piedi il percorso che si sviluppa su di poco più di 7 chilometri, con un dislivello di 450 m. Sul territorio le postazioni dei grandi pannelli informativi sono sei, due delle quali lungo il Lago Tremorgio (ca. 1830 m), due più in alto sulla Piana del Campolungo, una al Passo Cadonighino o Vanit (2138 m) e una alla Capanna Leìt (2254 m), oltre a quella introduttiva all’arrivo della teleferica (1848 m), poco sopra il Tremorgio, il punto di partenza principale. Al Sentiero geoturistico del Campolungo si può anche accedere da altri tre versanti, dall’Alpe Cadonigo attraverso il Passo Cadonighino, da Fusio in Vallemaggia attraverso il Passo del Campolungo e dalla Capanna Campo Tencia via Passo Leìt. Colpisce lungo il percorso la grande varietà di rocce che ci portano in un viaggio a ritroso nel tempo di centinaia di milioni di anni, ben prima della nascita della catena alpina: dai calcescisti del periodo Giurassico (da 205 a 142 milioni di anni fa) del Tremorgio,

In alto, la ciclopica piega coricata di dolomia sotto il Passo del Campolungo; qui sopra, le rocce del Passo Cadonighino si sono formate in un ambiente marino simile alla barriera corallina australiana. (© Lucadesign)

ai banchi dolomitici sedimentatisi in un fondale marino poco profondo nel Triassico (da 250 e 205 milioni di anni fa) che attraversano la Piana del Campolungo formando sotto il Passo omonimo una spettacolare ciclopica piega coricata, fino alle rocce più antiche del comprensorio, gli gneiss e i micascisti di 300 milioni di anni fa, osservabili nella zona del Leìt, deformatisi in condizioni di pressione e temperatura elevatissime nelle profondità della crosta terrestre. Il processo di formazione delle Alpi prima e l’azione modellatrice dei ghiacciai poi ha trasformato il paesaggio come lo vediamo oggi. Riuscire a osservare un contesto geologico così bello e differenziato e persino a camminare sulla sabbia di un mare tropicale a queste quote non è scontato in una passeggiata a portata di tutti, facilmente accessibile, circoscritta in uno spazio abbastanza ridotto e usufruibile da maggio a ottobre. Se la regione ha attratto diversi

esploratori dai primi anni dell’Ottocento dando origine a due secoli di interpretazioni geologiche, i cristalli del Tremorgio e del Campolungo cominciarono a far parlare e a scrivere di sé già a fine Settecento. Sulla dolomia triassica sono state rinvenute finora 24 specie di cristalli di colori diversi: dal corindone (rosa o azzurro) alla tormalina (verde) alla flogopite (ambrata) fino al crisoberillo e al diaspro, molto rari nell’arco alpino. La Tremolite raggiata del Campolungo (scoperta nel 1789 da Höpfner) dovette incuriosire persino il noto geologo francese Déodat de Dolomieu che nel settembre 1801 (un paio di mesi prima di morire) arrivò da Parigi con un olandese, accompagnato da un mercante di Piotta, a verificare di persona gli spettacolari minerali del Passo Cadonighino. Gli esemplari della regione sono in effetti considerati internazionalmente di grande qualità. Studi recenti hanno assegnato la provenienza associata con certezza al Campolungo, si deduce pertanto che il nome legato alla Val Tremola (Gottardo) dovette molto probabilmente essere stato scelto per sviare la concorrenza. Intorno al Lago Tremorgio, d’altro canto, sono stati trovati gli esemplari più belli d’Europa di Scapolite, un minerale trasparente, formato da cristalli slanciati, da incolori a giallastri. Il primo a rinvenirne fu nel 1929 il cristalliere ticinese Carlo Taddei. In questo senso Campolungo e Tremorgio sono accomunati da un unico destino di notorietà internazionale. Con un po’ di fortuna il Sentiero del Campolungo, segnalato con le sue peculiarità anche da un pieghevole, permette di scoprire alcune altre rarità: tra i fiori, l’Aquilegia maggiore e la Primula di Haller, e una farfallina diurna, l’Erebia flavofasciata. E la ricchezza di piante e fiori tipica dei suoli carbonatici come la dolomia non può non far pensare all’aromaticità del Cadonigo, l’apprezzato formaggio d’alpe che viene lavorato nei caseifici di Cadonigo, Campolungo e Casorei.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Società e Territorio

La Birreria Nazionale Locarno

Archeologia industriale F ondata da Giovanni Beretta nella metà dell’Ottocento la fabbrica vedrà

un periodo di grande crescita sotto la direzione di Efrem Beretta Laura Patocchi-Zweifel Il «Bollettino Storico della Svizzera Italiana» del 1880 riporta che in Ticino, non esclusa la Mesolcina, si contano nientemeno che quattordici fabbriche di birra e che la ditta Beretta in Locarno comincia a smerciare ottima birra solo nel 1854. Le guide turistiche del secondo Ottocento descrivono la posizione della birreria «in amena villetta presso la città di Locarno con annesso giardino in vista della stazione ferroviaria». Il fondatore della fabbrica, il maestro Giovanni Beretta di Mergoscia insegnante a Gordevio, inizia la produzione di birra sfruttando la gelida frescura degli ombreggiati grotti valmaggesi. La ditta locarnese, forse coeva a quella di Gordevio, sorge grazie alla collaborazione soprattutto finanziaria del colonnello Luigi Rusca ed è intitolata al Rusca e al Beretta dal 1854 al 1890 e oltre alla birra produce acque gassose. Con l’apertura della linea ferroviaria nel 1874 Locarno esce dal suo torpore e prospera – aumentano i traffici e il movimento turistico, sorgono piccole industrie, alberghi, nascono e crescono gruppi e associazioni che scelgono il ristorante della Birreria come sede sociale. Alla Birreria si tengono anche spassosi spettacoli teatrali di burattini dove tra i suoni di tazze, caraffe e bicchieri echeggiano sorde cozzate, bastonate urla e coinvolgenti battute. Con l’andar del tempo la fabbrica si amplia e dalla produzione artigianale iniziale passa all’industrializzazione cercando

Il cinema Rialto occupa gli ex depositi della Birreria Nazionale. (Patocchi-Zweifel)

di espandersi in nuovi mercati, a Lugano oltre il Ceneri e in Italia per via lago – i carri ferrati coi cavalloni normanni trasportano i barili fino al battello dove vengono scaricati facendoli rotolare. Nel 1890 muore Giovanni Beretta e il figlio maggiore Efrem riscatta la fabbrica addossandosi un pesante debito. Efrem, nato nel 1863, da ragazzo inizia il mestiere nell’azienda paterna e fa la spola tra Gordevio e Locarno trasportando un fresco barilotto coperto di frasche col carretto trainato da un robusto San Bernardo per lo spaccio giornaliero dell’osteria locarnese; a soli sedici anni si trasferisce per un biennio nella «Bräuerei z. Hirschen» presso San Gallo e subito dopo trascorre un periodo di perfezionamento alla «Augustiner Bräuerei» di Monaco. Dalla morte

del padre Efrem diventa proprietario e direttore della fabbrica che intitola «Birreria Nazionale». Imprenditore tenace, vigoroso e ingegnoso, nel 1905 fa costruire una sfarzosa scuderia stile liberty, recentemente restaurata, con vivaci e ricche decorazioni e un corpo centrale a torre, box separati, smalti e piastrelle di maiolica per i cavalli bianchi e pomellati che trascinano pesanti carri con fusti di birra e le lastre di ghiaccio dei laghetti sopra Arcegno. Affascinato dalle innovazioni tecnologiche, Efrem Beretta rinuncia, però, ai suoi splendidi animali e si procura i primi autocarri Daimler con cambio esterno e trasmissione a catena. Dopo aver collaborato alla fondazione di una birreria in Sardegna Efrem Beretta apre un deposito a Pal-

lanza e nel 1921 con l’aiuto dei figli vi fonda la grande fabbrica Birra Sempione SA in un antico convento. Negli anni Venti chiama il figlio Efremino per assisterlo nella conduzione. La fabbrica si sviluppa e si espande progressivamente assumendo ben presto l’aspetto di un complesso monumentale tra il floreale e l’austero. Ai passi con le novità, le serate estive sono allietate dal cinema all’aperto nella suggestiva terrazza con pergola dove il pianista cieco sotto la guida della moglie accompagna alla meglio le azioni proiettate fra il cigolio del proiettore e il brusio del pubblico. Durante la prima guerra mondiale procurarsi il luppolo e il malto è una vera impresa per cui i prezzi della birra salgono considerevolmente. Negli anni

Trenta avvengono alcuni cambiamenti radicali legati al progresso tecnico che fanno capire quanti passi avanti siano stati compiuti dagli albori: dal ghiaccio dei laghetti di Arcegno si passa a quello artificiale, dalla gelida frescura dei grotti di Gordevio al freddo generato dai compressori, dal vapore all’elettricità, un impianto a vapore sostituisce il riscaldamento a carbone e le macchine sopperiscono al lavoro eseguito faticosamente a mano. Nel 1942 i vecchi tini di fermentazione con doghe cerchiate di ferro lasciano il posto alle vasche smaltate in alluminio a raffreddamento laterale e le antiche botti agli ermetici tank. Nel 1981 cessa la produzione della Birreria Nazionale di Locarno e l’ultimo proprietario, Pietro Beretta, in accordo con la birreria Calanda riprende la vendita e distribuzione dei prodotti allo Zandone di Losone. Finita la produzione, l’edificio di Locarno viene trasformato in appartamenti, uffici, attività varie e il cinema Rialto già presente da decenni negli ex depositi. In sua memoria l’artista Mariotti ha creato un immenso «totem» davanti al capannone dello Zandone con dei pezzi di macchinari e i tank. Bibliografia

Piero Bianconi, Centenario della Birreria nazionale Locarno, 1854-1954, Locarno 1954. Informazioni supplementari di Pietro Beretta. Annuncio pubblicitario


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Società e Territorio

L’origine naturale della morale Menti tribali Dal punto di vista evolutivo è improbabile che il nostro genere

sia stato progettato per amare tutti incondizionatamente

4. negoziare gerarchie di status, e 5. evitare agenti patogeni. Ognuna di queste sfide adattative aveva uno specifico fattore scatenante, come per esempio la manifestazione di sofferenza, dolore o bisogno del proprio bambino; e nel corso della nostra evoluzione le emozioni connesse (nel nostro esempio la «compassione») hanno dato luogo a specifiche virtù («premura» e «gentilezza» sempre nel caso del rapporto coi bambini) successivamente messe in connessione con altri fattori scatenanti diversi da quelli originari (nel nostro caso, per esempio, la stessa emozione ci coglie se vediamo far soffrire cuccioli di foca). La teoria dei fondamenti morali

cosa era successo in tutto quel tempo, i cambiamenti avvenuti, le novità più clamorose, l’amarezza per qualche sogno infranto. Ma dopo l’euforia del primo momento, sia nel caso di Duccio che di altri, ho potuto constatare come nonostante la felicità di ritrovarsi, la curiosità di sapere come va la vita attuale, il dialogo è andato a morire. Della mia amica Laura delle elementari, oggi identica ad allora, so che ha una famiglia bellissima, è una giornalista televisiva ed è una appassionata climber. So che esiste, che è viva, sta bene e che siamo amiche su Fb. Ma non ci scriviamo, non mettiamo quasi mai like sulle nostre bacheche, non seguiamo gli eventuali aggiornamenti. Allora mi chiedo che differenza farebbe se non l’avessi mai rivista su Fb? Che senso ha essere amici di qualcuno che vediamo soltanto in foto e poi al

supermercato non siamo neanche in grado di riconoscerlo? E questo è un punto. Il secondo sul quale ho riflettuto è la ostentata perfezione con la quale rendiamo i nostri profili delle fonti di invidiabile competenza in cui ognuno di noi appare o super bello, o super intelligente o super attivo o, nel migliore dei casi, tutte e tre le cose insieme. Gli sfigati e gli squattrinati su Fb non esistono. Le foto dei cibi ritraggono sempre dei manicaretti degni della più raffinata e costosa cucina, mai nessuno mangia seduto in terra e magari con le mani, i luoghi di vacanza sono indimenticabili e da sogno per tutti, le facce sulle foto sempre innamoratissime e felicissime. Ma dove rimane l’autenticità della vita? Dove rimane quella salvifica dose di sfortuna, di tristezza e di solitudine che fa parte di noi tanto quanto una risata? Dove

Finora, quattro milioni di persone hanno visto gli interventi di Jonathan Haidt al TED, la famosa conferenza dedicata alle «idee che val la pena diffondere». Haidt è uno psicologo morale che insegna Leadership etica alla Stern School of Business dell’Università di New York e il suo ultimo libro intitolato Menti tribali. Perché le brave persone si dividono su politica e religione è arrivato ai vertici della classifica del «New York Times». Il punto di partenza della ricerca di Haidt era stata la convinzione che i sentimenti morali siano tratti universali, osservabili uguali in tutte le popolazioni del mondo. In particolare, come tanti altri ricercatori degli ultimi decenni, egli condivideva l’idea largamente diffusa che l’indignazione morale è principalmente stimolata dalla convinzione che qualcuno abbia subito un danno e sia stato vittima di una scorrettezza; un orientamento molto diffuso tra i ricercatori che hanno fatto proprio il modello di Homo oeconomicus, vale a dire l’idea che ciascuno di noi prende decisioni e compie scelte esclusivamente orientato da una razionale valutazione del rapporto tra costi e benefici.

Con uno studio comparativo tra culture lontane Haidt ha messo in evidenza cinque fondamenti morali universali Affascinato dagli studi degli psicologi sociali e degli antropologi, Haidt lasciò gli Stati Uniti per fare ricerca sul terreno in Brasile e in India. I risultati del suo lavoro misero in evidenza le matrici morali più ampie delle culture diverse da quella occidentale, l’etica della quale enfatizza il rispetto delle libertà e l’integrità individuali, mentre le etiche prevalenti nel resto del mondo hanno pertinenza con matrici morali che presuppongono sia la rilevanza delle relazioni di comunità, sia la rilevanza del sacro. Così, mentre dalla nostra prospettiva è percepito come morale prendersi cura dei bambini ed è vista come mera convenzione l’obbedienza incondizionata o la devozione, in altre culture anche l’osservanza di queste condotte è percepita come un fatto moralmente rilevante. Proprio lo studio comparativo tra culture lontane ha permesso ad Haidt di mappare i fondamenti morali universali, compiendo anche lo sforzo d’individuarne l’origine evolutiva.

Jonathan Haidt insegna Leadership etica all’Università di New York. (Keystone)

L’orientamento teorico di Haidt è quello della psicologia evoluzionistica, un approccio che negli anni Novanta economisti, filosofi e neuroscienziati stavano elaborando, rinnovando il programma della sociobiologia e mettendo in primo piano le emozioni per studiare la morale. In questa prospettiva, il lavoro di ricerca di Haidt ha messo in evidenza cinque fondamenti morali: 1. Protezione, 2. Correttezza, 3. Lealtà, 4. Autorità e 5. Sacralità. Questi fondamenti corrispondono a cinque sfide adattative che hanno caratterizzato la nostra specie nel corso del Pleistocene: 1. prendersi cura dei bambini, 2. trarre vantaggio dalla reciprocità, 3. formare coalizioni coese,

Manno Sabato 24 elaborata da Haidt prevede che a queste cinque sfide adattative il nostro genere abbia sviluppato altrettanti moduli cognitivi universali, sui quali le diverse culture hanno costruito la loro matrice morale; cosicché, se in alcune culture la rilevanza data alla dimensione del sacro incoraggia a ritenere valori morali imprescindibili la sobrietà, la castità e la devozione, in altre culture valori come la correttezza, la giustizia e l’affidabilità sono anteposti, per esempio, al patriottismo e all’obbedienza. Pensatore liberal, consulente di John Kerry, pubblicati i suoi studi, Jonathan Haidt si è visto criticare soprattutto dalla sinistra. Egli, infatti, aveva sottoposto un questionario a varie centinaia di migliaia di cittadini americani allo scopo di osservare il grado di adesione ai cinque valori morali da lui ritenuti universali di persone poste in un continuum di orientamento politico, che andava da una posizione «molto liberal» ad un’opposta posizione «molto conservatrice». L’indagine ha mostrato che chi si colloca all’estrema sinistra enfatizza i valori della Protezione e della Correttezza, mentre chi si colloca all’estrema destra mette in primo piano i valori dell’Autorità, della Lealtà e della Sacralità. Ognuno dei cinque principi morali fondamentali sono presenti in tutte le persone intervistate ma a cambiare non è solo il diverso peso, ma anche il diverso senso. Per esempio, anche a destra c’è percezione del valore Protezione, stimolata dal quale la sinistra scende in piazza contro ogni sfruttamento o ogni ingiustizia, ovunque si manifestino, ma per la destra Protezione significa «protezione dei nostri», coerentemente sia con l’importanza attribuita alla Patria, sia con un adattamento che l’evoluzione ha selezionato perché a beneficio del singolo e del gruppo di cui fa parte. Se ciascuno di noi ha, per così dire, dei «recettori del gusto morale», secondo Haidt lo svantaggio della sinistra consiste nello stimolare solo due dei cinque recettori da lui individuati, lasciando alla destra l’enorme vantaggio di avere una scelta molto più ampia. Oltretutto, sempre secondo Haidt, la sinistra soffre dello svantaggio – quando si rivolge al corpo elettorale – di parlare solo alla nostra parte razionale, trascurando la parte emotiva; errore tanto più grande, in quanto la nostra parte razionale è il «portatore», mentre tutto il resto è l’«elefante», la parte cioè che si orienta automaticamente senza riflettere – perché «le intuizioni morali nascono in modo automatico e quasi istantaneo, molto prima che scatti il ragionamento morale, e di solito guidano le riflessioni successive».

Lorenzo De Carli

Esplorare il sogno con Silvia Vegetti Finzi settembre una serata tra psicologia e teatro Psicologia, sociologia, teatro, narrazione e buona cucina animeranno lo stesso palcoscenico della Sala Aragonite di Manno, sabato 24 settembre, in occasione della quinta edizione di «Esplorare il sogno, una serata di parole, sapori, spettacolo». Dopo le mediazioni nordsud di Vincenzo Todisco, dopo i profumi mediterranei di Simonetta Agnello Hornby, dopo le riflessioni teologiche di Vito Mancuso e dopo l’onirico incedere narrativo di Arno Camenisch, quest’anno l’ospite sarà Silvia Vegetti Finzi. Considerata da molti come la «psicologa di tutti noi», una sorta di coscienza collettiva, Silvia Vegetti Finzi, già docente all’Università di Pavia, è una voce «amica» capace di alternare gli elevati registri comunicativi accademici con la schiettezza di forme e contenuti semplici e comprensibili per inquadrare le problematiche del quotidiano. Le sue consulenze sono ospitate da numerose riviste italiane, così come nelle pagine del nostro settimanale per il quale cura da anni la rubrica La stanza del dialogo. Nel suo ultimo libro Una bambina senza stella (Rizzoli), Silvia Vegetti Finzi parla di sé e della sua infanzia vissuta, lei di famiglia ebraica, nel cieco affermarsi delle leggi razziali. Su questo e su altri temi l’autrice sarà intervistata dal giornalista RSI Giancarlo Dionisio. La serata di sabato prevede poi una parentesi culinaria curata dal Laboratorio Al Ronchetto della Fondazione Diamante. Subito dopo la scena passerà a Ferruccio Cainero. Il poliedrico autore-attore presenterà Cosmos, la sua ultima creazione, un viaggio nel tempo, affascinante e avventuroso, che si snoda tra poesia ed umorismo. I biglietti per la serata sono in vendita presso la Cancelleria comunale di Manno, la libreria Il Segnalibro di Lugano e la libreria Lo Stralisco di Viganello. L’evento è promosso dal Comune di Manno e dalla Biblioteca Portaperta.

Silvia Vegetti Finzi.

La società connessa di Natascha Fioretti Facebook, dove sono gli Ulisse e i Don Chisciotte? Quante volte vi sarà già capitato: andate all’inaugurazione di una mostra o a fare la spesa e incrociate, guardandolo dritto negli occhi, un vostro contatto su Facebook. Lo riconoscete subito, è un vostro «amico» gli sorridete a 32 denti e lui, niente, vi supera come foste aria. A me capita sempre e ogni volta mi chiedo cosa c’è che non va. Insomma su Fb ci sono le foto, quelle del profilo, sempre aggiornatissime come fanno a non riconoscermi, a non salutarmi? Siamo amici! O forse no? Forse un like e qualche messaggio non bastano a sancire davvero una conoscenza, a gettare le basi per un’amicizia? Ma allora quei 1000 contatti che in sei anni ho raccolto su Fb chi o che cosa sono? Sconosciuti che vedono le mie foto e, di tanto in tanto, leggono i

miei post? Io per prima mi dimentico chi ho tra i miei contatti anche se vado a sbirciare sulla Timeline più volte al giorno e invio messaggi o chatto al volo per le comunicazioni veloci che non necessitano il telefono: due righe di testo, uno smile e via. Pensandoci, mi rendo conto che le persone con le quali interagisco sono solo una ventina, le altre 980 so che ci sono, esistono ma non c’è interazione se non qualche sporadico like in bacheca. È triste a dirsi ma di tanti, addirittura, ci si dimentica. Un esempio: il mio amico Duccio, compagno di classe al liceo che dopo gli studi al Dams di Bologna si è trasferito a New York ed è diventato regista. Non potevo crederci quando, dopo tanti anni in cui ci eravamo persi di vista e di lui non sapevo assolutamente più nulla, l’ho ritrovato su Fb. Che gioia raccontarsi

rimane quella nostra capacità introspettiva, quell’attitudine al silenzio, alla riflessione? Possibile che l’immagine sdoganata dell’uomo contemporaneo sia unicamente quella dell’essere umano di successo iperconnesso e iperveloce, simpatico a tutti, che nella vita osa e ottiene tutto? Dove sono finiti gli Ulisse, i Faust e i Don Chisciotte? E perché oggi abbiamo così tanta paura di fallire, di apparire deboli o semplicemente per ciò che veramente siamo, anche su Fb? E perché siamo così odiosamente autoreferenziali e autocelebrativi? Tramite la tecnologia e i social network abbiamo rinnegato la nostra umana e spirituale nudità rivestendoci di strass e paillettes luminose che attirano come la luce la falena, ma con la stessa rapidità bruciano e consumano chi loro troppo si avvicina.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Società e Territorio Rubriche

Lo specchio dei tempi di Franco Zambelloni Quell’ultimo treno Leggo che il numero di persone che scelgono di togliersi la vita gettandosi sotto un treno raggiunge cifre rilevanti: 112 è la media di individui che in Svizzera ogni anno scelgono questa «soluzione finale». Proprio per questo le FFS hanno avviato una campagna di prevenzione che si protrarrà per i prossimi tre anni; offrirà un contatto telefonico e la possibilità di dialogo (vi sono poi, beninteso, altri analoghi servizi d’aiuto disponibili da gran tempo) a chi, turbato dal pensiero ricorrente di porre fine alla propria vita, consideri un binario come possibile luogo di commiato. Sapremo negli anni venturi se la campagna avrà dato frutti. Mi sembra però più importante chiedersi per quale motivo la tendenza suicidale sia in aumento. A prima vista, è un paradosso: le condizioni di vita sono attualmente le migliori che la storia abbia mai fatto registrare; la miseria e la fame che hanno afflitto

generazioni e generazioni per millenni non sono più un incubo; le malattie e le sofferenze fisiche si curano molto più efficacemente che in passato; l’assistenza sociale offre aiuto a chi ne necessita; le possibilità di svago non mancano certo. C’è dunque qualcosa che manca e che per taluni sfortunati trasforma il giardino delle delizie in un insopportabile inferno. Tant’è vero che in testa alle classifiche dei paesi che fanno registrare il maggior numero di suicidi non sono le nazioni più povere, ma al contrario, paradossalmente, quelle più ricche: e il tasso di suicidi fra i giovani svizzeri è tra i più alti dei paesi industrializzati. Cosa manca, dunque, per dare senso alla vita? E qui mi è tornata alla mente la tesi di un impertinente filosofo inglese, Bernard de Mandeville, che agli inizi del Settecento riconduceva tutte le pulsioni umane all’egoismo e considerava la valorizzazione di sé un bisogno

fondamentale dell’uomo. A suo avviso, l’autostima e la ricerca della stima altrui sono pulsioni addirittura più forti dell’autoconservazione: prova ne sia il fatto che un individuo la cui autostima è costantemente flagellata dalla disapprovazione o dall’indifferenza sociale può giungere al suicidio. La tesi di Mandeville ha un solido fondamento. Sappiamo di casi recenti di bullismo in rete che hanno indotto non pochi ragazzi a togliersi la vita. Gli adolescenti, proprio perché particolarmente vulnerabili, costituiscono una fascia cospicua della casistica suicidale. Occorre poi considerare la spinta imitativa, un meccanismo ben noto che è in grado di generare effetti quasi epidemici, come già nel 1897 rilevava Émile Durkheim nel suo celebre studio sociologico sul suicidio. Quando Goethe pubblicò I dolori del giovane Werther, in Germania vi furono decine di giovani

che si diedero la morte imitando quel Werther che era diventato un drammatico emblema della delusione d’amore. L’attuale reiterata scelta di un binario quale luogo del sacrificio di sé può dunque derivare, appunto, dall’imitazione di un caso precedente. Un altro dato significativo rilevato da Durkheim e poi riconfermato da statistiche successive è che il suicidio crea più vittime nelle classi colte e agiate che nelle classi povere. Apparentemente questo è un altro paradosso, ma solo apparentemente: in genere, non sono i malesseri e le privazioni fisiche ad infliggere le ferite più dolorose all’animo umano, ma le sofferenze interiori: e anche la cultura può contribuire a sviluppare un’interiorità più fragile, più sensibile alle frustrazioni e al disincanto. Senza contare che l’appartenenza a una classe agiata può fomentare quei desideri di successo sociale e di autoafferma-

zione che, se delusi, possono indurre al suicidio, come diceva Mandeville. Quanti letterati, artisti, filosofi, uomini di scienza si sono dati la morte? Primo Levi, Guido Morselli, Carlo Michelstaedter, Walter Benjamin, Antonia Pozzi, Ludwig Boltzmann… Seguitando nell’elenco di personaggi dalla spiritualità straordinaria che si sono dati volontariamente la morte si potrebbe concordare con Rousseau: «L’uomo che pensa è un animale malato». Ma l’uomo è anche, e prima di tutto, un «animale sociale»: talvolta basterebbe un’amicizia, una parola di conforto, un gesto di stima per allontanare il desiderio di morte. Quando, in una notte d’agosto del 1950, Cesare Pavese assunse la dose letale di sonnifero, prima di compiere il gesto suicida fece molte telefonate; ma i pochi amici rimasti a Torino erano tutti molto impegnati. Nessuno trovò il tempo di dargli ascolto.

Rimane un’unica traccia. Una vasca che mi ricorda quelle dell’ex sanatorio in Val Sinestra, solo che qui il tubo arrugginito si distingue per terminare con un impareggiabile dettaglio a forma di conchiglia. Risalgo gli scalini in arenaria e butto un occhio nella cappella di Santa Maria Maddalena. Dentro niente di che, decorazioni neogotiche, ma da fuori la cupola ottagonale a cipolla è forse la gloria maggiore del posto. L’entrata alle gole è scandita da un cancello girevole tipo piscine. Un pezzo da cinque franchi o due da due e uno da uno. Entro gratis, la porta accanto non è stata chiusa a chiave dalla guida. Non erano frasi a effetto quelle che ho letto sulle gole della Tamina, sono sul serio impressionanti. Le due pareti di roccia sono così strette che si toccano quasi in cima, un filo di luce scende dai boschi, la Tamina qui ha una forza assordante e spirano ventate fredde, le ancestrali rocce antracite gocciolano. Alcune vecchiette, con il poncho di plastica acquistato al chiosco,

si vede che sono atterrite ma al contempo contente di essere qui. È il sublime di Kant, tra terrore e attrazione. A un certo punto, con una bruma che sale e i fendenti di luce zenitale, sembra di essere in un quadro di Caspar Wolf. Poi di colpo cinque pannelli esplicativi spazzano via l’incanto. Un tunnel di un centinaio di metri porta finalmente alla fonte che sbocca dalla roccia, in vetrina, con una capacità fino a ottomila litri al minuto. Da dove arrivi rimane un enigma, si sa solo che il suo viaggio dura circa dieci anni. Da una fontana bevo con le mani a coppa l’acqua calda. È ora di affrontare il ritorno e ritemprare le membra mettendomi a mollo nelle terme Tamina rifatte del tutto qualche anno fa in modo abbastanza spettacolare – tutte bianche in legno di pino con enormi aperture ovali e aliene – da Smolenicky & Partner. Ma con misura, perché come diceva Paracelso: «tutto è veleno, niente è senza veleno, solo la dose fa sì che una cosa non sia veleno».

Passeggiate svizzere di Oliver Scharpf I vecchi bagni di Pfäfers Montagne di crocchette per i gatti e via a Bad Ragaz. Vado in realtà all’origine di questa nota località termale dal nome apparentemente grigionese ma al confine con i Grigioni, nel canton San Gallo: i vecchi bagni barocchi di Pfäfers. Dietro le quinte dei quali, nel cuore selvaggio delle gole della Tamina, sgorga la sorgente d’acqua a trentasei gradi e mezzo scoperta nel 1240 da due cacciatori di piuma dell’abbazia benedettina di Pfäfers. «La regina delle acque occidentali» identica alla temperatura corporea e resa celebre all’epoca dal grande Paracelso che nel 1535 lavorava lì come medico balneologo. Poche chiacchiere, in marcia. Un’ora a piedi, ma se siete pigri c’è un servizio postale apposta o andateci in carrozza come turisti russi. Alla fine della Badstrasse si entra nel bosco e si capisce subito che c’è del mistico nella grigioverde-argentea Tamina. Scorre ai piedi di una parete verticale di roccia e una serie di cascate artificiali ne accentuano la potenza. Tutta la strada ghiaiosa è a

tu per tu con la Tamina finché si scorge, un mattino di fine estate verso le dieci, la prima facciata ribarocchizzata dei vecchi bagni di Pfäfers (680 m). Caduti in abbandono e quasi in rovina negli anni Settanta, sul punto di essere demoliti, li salva un maestro di scuola elementare di Bad Ragaz – Josef Bärtsch – che riesce a mobilitare stampa e società storica locale. Restaurati tra il 1983 e 1984, visitabili da metà aprile a metà ottobre, oggi sono ristorante, museo e cappella. Un cuoco fuma una sigaretta, non c’è ancora in giro quasi nessuno, ho anticipato tutti. Nelle decorazioni grigie a siluetta dipinte attorno alle finestre forse qualcuno si è fatto prendere la mano, c’è persino un trompe-l’œil con finestre a nido d’ape. Dentro, un lungo corridoio dominato dalle volte a botte con un magnifico pavimento vissuto in cotto irregolare mi riconcilia con il luogo risalente al 1718. Alle pareti ci sono i ritratti di vari abati. Infatti, fino alla secolarizzazione del 1838 quando l’abbazia e tutto l’ambara-

dan balneare finisce nelle mani del canton San Gallo, terme e locanda li gestivano loro. Salendo nelle sale del museo, s’incontra esposto per le scale, un pezzo di tubo in legno: è un frammento della prima canalizzazione dell’acqua termale fino a Bad Ragaz. Quattro chilometri, 1840. Il museo è allestito con moderna ariosità e gironzolo tra le belle bacheche in plexiglas. Vecchie cartoline dei bagni, riproduzioni di antichi disegni dei primordiali bagni spericolati dentro le gole a metà Trecento, le foto degli ospiti dell’ultima gloriosa stagione nel 1969. C’è poi una sala Paracelso con busto eccetera. Accanto, una sala dedicata all’abbazia fondata verso il 750 dalla quale si vede l’accesso alle gole. Prima però, scendo a dare un’occhiata alle vecchie cucine. Un blocco monumentale di ghisa è il pezzo forte, ma anche le sedie biedermeyer bucherellate vista Tamina non sono niente male. Di termale rimane ben poco, l’edificio attaccato alla cappella l’hanno tirato giù nel 1974.

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Ambiente e Benessere Botanica: uomo e piante Si tratta davvero di dominare la natura quando questa diventa «domestica»?

È tempo di raccogliere fichi Pianta antichissima, il Ficus carica, è originaria del Medio Oriente, ma molto coltivata anche alle nostre latitudini

Villaggio vacanze da brivido Prora, località legata al nazismo, sembra destinata a risorgere dall’oblio grazie al turismo

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Swiss Indoors di Basilea Per i lettori di «Azione», Hotelplan organizza la trasferta per le semifinali ATP World Tour 500 di sabato 29 ottobre pagina 23

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Contenere i danni di emorragie e infarti cerebrali Medicina L’ictus può colpire chiunque

e la sua prognosi dipende da una presa a carico repentina e adeguata – Prima parte

Maria Grazia Buletti Ogni anno, in Svizzera 16mila persone subiscono un ictus (in Ticino sono circa 800). Ciò significa che ogni 30 minuti una persona ne viene colpita. Di queste una su quattro muore, mentre una su quattro resta gravemente menomata e non è più in grado di condurre una vita autonoma. L’ictus cerebrale è la prima causa di invalidità acquisita e la terza di decesso. E i giovani non ne sono immuni: «Il 15 per cento dei pazienti ricoverati nello Stroke Center all’Ospedale Regionale di Lugano ha meno di 55 anni e il 3 per cento meno di 40, mentre nell’ultimo ventennio abbiamo assistito a una crescita di ictus che si manifestano fra giovani adulti». Questo il panorama su una malattia (non a caso definita «drammatica» anche dalla Fondazione Svizzera di Cardiologia) illustrato dal primario di neurologia dell’Ospedale Regionale di Lugano (sede Civico), dottor Claudio Staedler, a capo insieme al dottor Carlo Cereda di uno dei nove Stroke Center ubicati nei maggiori centri ospedalieri in tutta la Svizzera: un reparto super specializzato nella presa a carico immediata e adeguata delle persone colpite da ictus cerebrale. «Parliamo di una patologia vascolare del cervello che comprende due grosse categorie: da una parte le emorragie cerebrali che ne rappresentano il 15 per cento, dall’altra gli infarti cerebrali in misura dell’85 per cento, di cui possiamo fare un parallelismo con l’infarto cardiaco, ma che, a differenza di quest’ultimo, comportano un ampio ventaglio di manifestazioni cliniche, con cause e conseguenze sostanzialmente differenti», racconta lo specialista che non si esime dal definire questa patologia come un «fulmine a ciel sereno»: «Perché il cervello possa adempiere alle sue funzioni, deve ricevere molta energia attraverso il costante flusso sanguigno che gli assicura l’apporto continuo di ossigeno e sostanze nutritive (zucchero). Si verifica un ictus cerebrale quando questo apporto di sangue in una parte del cervello viene interrotto: parliamo allora di sindrome cerebro vascolare ische-

mica acuta, che ci fa comprendere come essa origini da problemi diversificati e vada a interessare in modo acuto i vasi cerebrali». Presto detto cosa succede alle cellule nervose: «Quelle della zona colpita non ricevono a sufficienza o non ricevono del tutto ossigeno e sostanze nutritive, sono danneggiate e muoiono se l’irrorazione sanguigna non viene ripristinata entro pochissimo tempo». Molteplici le cause: «Chiusure di arterie cerebrali o che vanno al cervello (come ad esempio la carotide), embolie che originano da strutture vascolari prossimali (principalmente dal cuore), chiusura di piccole arterie cerebrali (ictus microangiografici, molto sensibili ai fattori rischio come ipertensione e diabete). Ne resta un quarto nei quali non troviamo la causa, percentuale che si riduce attraverso ulteriori indagini più approfondite su questo tipo di pazienti». Due sono i fattori di rischio su cui non possiamo influire: la predisposizione ereditaria e l’età: «La popolazione sta invecchiando e, sebbene non si tratti di una malattia solo dell’età, la probabilità di ictus aumenta nettamente con il passare degli anni, perché correlata al processo di invecchiamento dei vasi sanguigni e del crescente pericolo di disturbi dell’irrorazione sanguigna che ne consegue». Ma contrariamente a quel che spesso si è portati a credere, l’ictus cerebrale non rappresenta un flagello verso il quale siamo indifesi e del quale restiamo in balia, perché oggi si sa che circa metà degli ictus si potrebbero evitare semplicemente conducendo un sano stile di vita. È determinante, perciò, conoscere i fattori di rischio, per individuare quelli su cui possiamo influire a titolo preventivo, perché attraverso la prevenzione possiamo fare parecchio per evitare di essere colpiti da questa seria patologia. «La Svizzera è uno dei Paesi al mondo con uno dei tassi più bassi di ictus, anche grazie alla performante presa a carico di questi pazienti, e la probabilità di esserne colpiti non è aumentata rispetto a un tempo. Ma l’ictus è in aumento nelle popolazioni degli obesi, delle persone sovrappeso,

Il primario di neurologia dell’Ospedale Regionale di Lugano (sede Civico), dottor Claudio Staedler. (Vincenzo Cammarata )

dei fumatori, sedentari, e di tutte quelle persone che sviluppano malattie come ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari». Importantissimo comprendere che su questo ventaglio di problematiche è possibile agire in modo preventivo, attraverso uno stile di vita sano e appropriato e trattandole in maniera adeguata e regolare. D’altronde già nel Seicento lo scrittore e predicatore francese Jacques-Bénigne Bossuet affermava che la salute dipende più dalle precauzioni che dalle medicine. Eppure, se un evento del genere si manifestasse, la possibilità di recupero dell’autonomia dipende anche dall’immediatezza della presa a carico, spiega il dottor Staedler: «Dal 2010, in Ticino, disponiamo

di uno Stroke Center dove convergono immediatamente tutti i pazienti che presentano la sintomatologia di ictus acuto, che va presa a carico come quella dell’infarto acuto del miocardio: prima interveniamo in modo deciso e maggiori saranno le probabilità di salvare le funzioni cerebrali. Se riusciamo a ridurre anche solo del 30 per cento l’estensione della lesione del tessuto cerebrale, evitando che rimanga infartuato, le conseguenze funzionali saranno arginate e il danno neurologico sarà ridotto, in modo che l’autonomia ne guadagni in maniera importante e la persona avrà maggiori probabilità di mantenere la propria indipendenza e fare rientro al proprio domicilio». Di fatto, «l’efficacia delle terapie è ottimale

se si agisce nelle prime ore dall’evento ischemico». Questo trattamento endovascolare è riservato a ogni paziente, in fase acuta, indipendentemente dall’età: «Conta l’autonomia che potremo provare a indurre nella guarigione del paziente, attraverso una presa a carico 24 ore su 24 nella fase iper acuta, che dovrebbe assicurarne una migliore prognosi». Riconoscere i diversi sintomi di un ictus, spesso sottovalutati perché variegati, e trattare il paziente molto rapidamente permette dunque agli specialisti di intervenire in modo ottimale. Per questo partirà presto la Campagna di sensibilizzazione Stop Ictus, di cui parleremo su queste pagine in modo esaustivo nel nostro prossimo contributo.



Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Ambiente e Benessere

La botanica del desiderio e la coevoluzione

Il seme nel cassetto I l percorso che ha portato piante e uomini a utilizzarsi a vicenda

Laura Di Corcia Che cosa hanno in comune una mela, una patata, la cannabis e un tulipano? L’arcano si scopre leggendo La botanica del desiderio di Michael Pollan (Il Saggiatore), un libro che colpisce non solo per riferimenti colti e sempre puntuali, ma anche per la capacità dell’autore – giornalista e appassionato di tematiche legate al cibo – di proporre ampi inquadramenti storici e finissime considerazioni sulla natura delle cose, postille che appagano l’intelletto e che spesso si sciolgono in sorprendenti immagini poetiche. L’autore inizia attaccando una delle nostre convinzioni più radicate, ovvero quella di poter dominare la natura quando questa diventa «domestica», asservita ai nostri bisogni: un melo, secondo il nostro punto di vista, sarebbe il risultato di una nostra azione direzionata e attiva cui risponderebbe la reazione passiva di chi (il melo, in questo caso) non possiede gli strumenti per decidere del proprio destino evolutivo. Una forma mentis, la nostra, rozza e superficiale, che non tiene conto del principio della «coevoluzione» (che potremmo definire un’evoluzione a quattro mani): se il desiderio di ogni specie è esistere ed espandersi, risulta più intelligente il cane che il lupo, giacché il primo, rispondendo ai nostri de-

sideri e stringendo con noi un patto di coevoluzione, ha posto le basi per una diffusione che il suo parente selvatico e boschivo manco si sogna. La botanica del desiderio, quindi, racconta dell’intelligenza delle piante – il melo, per esempio, come tutti gli alberi da frutto che, allettandoci con la dolcezza dei frutti, fanno in modo di espandersi e prosperare – ma non solo; osservando le stesse, possiamo capire meglio noi stessi e la raffinata sintassi dei nostri desideri. La storia del tulipano, a questo proposito, è emblematica: il fiore, che ebbe una grande popolarità nell’impero ottomano, giunse in Olanda tramite un ambasciatore e venne coltivato e fatto prosperare dal botanico francese Carolus Clusius, diventando a un certo punto una vera e propria ossessione per ampie fasce della borghesia olandese a tal punto da generare una vera e propria speculazione sul fiore, che a inizio Seicento eruppe nella famosa «bolla dei tulipani», la prima bolla speculativa della storia del capitalismo. Il tulipano, che dalle ampollose atmosfere orientali giunse alle brulle terre d’Olanda – un paesaggio non proprio baciato dalla varietas – rispose all’esigenza di bellezza di una borghesia inquadrata, un po’ grigia e appiattita, che in quel sintagma appuntito vedeva il proprio opposto; la tulipomania,

equiparata da Pollan ai bagordi carnevaleschi, era la ricerca di un’eleganza scomposta, mossa dal suo opposto. Ai tempi, infatti, i tulipani più ambiti erano quelli – oggi rarissimi – che presentavano delle screziature, a quanto pare effetto di un virus e quindi in seguito debellati: quelle increspature sembravano stravolgere la forma apollinea del tulipano, immettendovi improvvisamente e inspiegabilmente il dionisiaco, l’elettrone impazzito. È questo, spiega il giornalista, che cerchiamo nelle cose: esse ci appaiono belle quando ripropongono la regola e la sregolatezza, la sostanza pura e il caos originario. Dioniso ci porta dritti dritti al tema del selvatico, molto presente nel primo capitolo, quello sul melo, prosperato in America grazie a John Chapman, noto anche come Jonny Semidimela; ambientalista, ecologista, camminava a piedi nudi portando il messaggio cristiano. Un animo in bilico fra natura selvaggia e società civile, quindi pienamente calato in quella trama di rapporti chiamata «coevoluzione», che ha portato piante e uomini a utilizzarsi a vicenda al fine di sopravvivere ed espandersi. La parte finale del libro, quella sulla patata, tira le somme: la storia del tubero, che si rivelò prima una manna per l’Irlanda e poi una feroce sciagura, mette in guardia dal pericolo delle mo-

Tony The Tiger

al fine di sopravvivere ed espandersi

noculture. L’indice è puntato contro gli OGM, nello specifico le patate New Leaf della Monsanto: Pollan è troppo attrezzato per rinvenire in loro il male, ma propone un monito. Piante e uomini, selvatichezza e civiltà non devono mai cessare di dialogare. Il nostro tentativo di controllo della natura non può passare una soglia, una cortina invisibile e ciò nonostante ben presente al buon senso: se Dioniso sconfigge Apol-

lo son guai, ma attenti anche al percorso inverso. La civiltà sta in piedi solo se sa contenere un nucleo incontrollabile e incontenibile di quel selvatico che Jonny Semidimela rappresenta come ipostasi. Bibliografia

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Ambiente e Benessere

Tra Lune d’agosto e Fichi secchi Anita Negretti La fattoria dei miei genitori ospita al centro dell’ampio cortile un albero di fico alto più di otto metri. Piantato quasi novant’anni or sono dal bisnonno Carlo – come nella miglior tradizione contadina dove le piante servivano principalmente per produrre – ci regala tutt’oggi squisiti frutti da agosto a fine ottobre, frescura estiva e bei rami bruni e nodosi per l’intero inverno.

È sempre bene ricordarlo: mai arrampicarsi sui fichi perché il tronco e i rami sono molto fragili Tutto questo senza tralasciare la prova di abilità a cui si sottopone chi vuole raccogliere i gustosi frutti ancora attaccati all’albero. Attenzione però. Considerata l’altezza che raggiungono spesso questi alberi, è sempre meglio ricordare di non arrampicarsi tra i rami del fico poiché, nonostante l’apparente robustezza, sia il tronco, sia i rami hanno un legno molto fragile. Per raggiungere i frutti più alti, il consiglio è di utilizzare una lunga pertica fornita di una reticella o una scatoletta metallica fissata a un’estremità per recidere il gambetto del frutto. Pianta antichissima, il Ficus carica, è originaria del Medio Oriente,

nella Caria, antica regione sudoccidentale dell’Anatolia. Appartenente alla famiglia delle Moraceae, ama il pieno sole e terreno povero, grossolano, non importa se poco profondo perché le radici si sviluppano prevalentemente in orizzontale. Questa sua caratteristica gli permette di svilupparsi bene anche in vaso, meglio se di terracotta per la buona porosità. In questo modo potranno regalare foglie profumate e frutti dolcissimi anche in terrazzi o piccoli cortili. Si distinguono due forme di fichi: una selvatica, chiamata anche caprifico, e una coltivata, la progenitrice delle numerose varietà in commercio. Quest’ultima, la pianta di fico coltivata, si distingue tra quelle che danno un’unica produzione (unifere) come «Borgiotto Nero», «Verdino», «Negretta», e quelle che fruttificano due volte nello stesso anno (bifere), ad esempio le varietà «Fracazzaro» e «Dottato». Le bifere fruttificano appunto due volte: in giugno-luglio facendo maturare i fioroni (che hanno incominciato a formarsi nell’autunno precedente) e in settembre fino a novembre, con la produzione dei veri fichi. A loro volta i frutti si dividono tra bianchi e neri: ne sono un esempio le varietà «Borgiotto Bianco» con frutti dolcissimi, buccia verde sottile, chiara all’inizio della maturazione e leggermente giallognola quando il frutto è pronto per esser raccolto. A maturità piena il frutto si fessura lasciando intravedere la polpa sottostante.

Stefan Thiesen

Mondoverde Longevi, belli, dai frutti gustosi e persino un po’ divertenti

All’opposto ecco «Borgiotto Nero», dai frutti medio-grossi, panciuti con buccia molto spessa, di un nero intenso con sfumature violacee. La polpa è soda, rosso vivo, di un gusto intenso e mieloso. Ma ci sono anche altre varietà.

Provate a coltivare «Dottato», una bifera con polpa ambrata, succosa e aromatica oppure «Bellone» dalla buccia sottile, nera puntinata di bianco e polpa rossa a maturazione da metà agosto. Anche se, a ben guardare, già solo i nomi delle varietà sarebbero da colle-

zionare; ve ne elenco alcuni particolari: «Verdolino», «Luna d’Agosto», «Bosniaco» e ancora «Panaché» che ha dei frutti striati verde chiaro e verde scuro, fino a giungere al simpatico «Fico Secco», dalla buccia e dal cuore, entrambi scuri. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Ambiente e Benessere

Vacanze ariane

Re dell’uvetta Bussole I nviti a

letture per viaggiare

Viaggiatori d’Occidente Il complesso turistico costruito dai nazisti torna a nuova vita

«Era il 1971. Avevo appena iniziato le medie a Västervik, in una scuola che all’epoca si chiamava in un altro modo… Un grande edificio in mattoni, già allora vecchio di cent’anni, nel centro della città. L’aria di settembre era limpida e il cielo azzurro freddo. Si sentiva il profumo del mare, come sempre a Västervik in autunno. Tutto era nuovo e interessante».

Claudio Visentin Dopo tre anni l’azienda tedesca Metropole Marketing ha completato i lavori ed è pronta a consegnare gli eleganti appartamenti di Prora, nell’isola di Rügen. Tutti gli alloggi hanno la vista sul Mar Baltico attraverso le grandi vetrate dei saloni; negli spazi comuni, giardini, piscine e spa. La maggior parte delle proprietà è già stata acquistata, con prezzi che variano da 350mila a 650mila euro, a seconda delle dimensioni e delle finiture. Gli acquirenti potranno beneficiare delle detrazioni fiscali riservate al recupero di edifici storici, perché questo è un progetto edilizio davvero particolare. La storia di Prora comincia nel lontano 1936. In Francia, il Fronte popolare, un mese dopo aver vinto le elezioni, concede due settimane di ferie pagate a tutti i lavoratori. Dapprima partono solo seicentomila salariati, ma già l’anno seguente sono quasi due milioni: comincia una silenziosa rivoluzione nelle abitudini estive delle masse. Nello stesso anno, in Inghilterra, Billy Butlin inventa il villaggio vacanze, con il Butlin’s Camp di Skegness, proponendo a migliaia di lavoratori inglesi l’ozio e il divertimento di una settimana tutto compreso. Anche il nazismo ha grandi progetti per il turismo. Può sembrare un accostamento stravagante, quasi sacrilego: come combinare il fanatismo ide-

ologico, la violenza sistematica e l’ossessione per la guerra con la leggerezza, il disimpegno e il divertimento del turismo? Eppure nel 1933, soltanto pochi mesi dopo aver preso il potere, Hitler crea una grande organizzazione turistica: «Forza attraverso la gioia» (Kraft durch Freude). Il popolo tedesco, impegnato a costruire armi per la guerra totale e per la futura conquista dello «spazio vitale» nell’Europa orientale, avrebbe dimenticato le lunghe ore di lavoro e le paghe ridotte grazie a concerti, attività sportive e soprattutto viaggi in tutta la Germania. Il turismo spinse ad amare sempre più la storia e il paesaggio tedesco, erodendo le forti rivalità regionali, caratteristiche di uno Stato che si era unificato molto tardi. Naturalmente uno spazio di rilievo nei programmi turistici era riservato ai pellegrinaggi nei luoghi sacri del nazismo: Monaco e il tempo dei difficili inizi; Norimberga, dove si svolgevano le spettacolari adunanze del nazismo trionfante; la capitale Berlino, per esempio in occasione dei Giochi olimpici del 1936. In quello stesso anno, 1936, Hitler lanciò personalmente il progetto di Prora, il più grande complesso turistico del mondo. Novemila muratori (con l’aiuto di lavoratori forzati) eressero otto giganteschi edifici allineati lungo la costa settentrionale della Germania, su un fronte di oltre quattro chilometri e mezzo, con

un teatro e un cinema; il progetto prevedeva anche delle piscine e una sala per le adunanze e l’indottrinamento. La struttura poteva ospitare ventimila turisti alla settimana, ma non aprì mai le porte ai suoi ospiti. Quando, infatti, Prora era quasi pronta, nell’estate 1939, Hitler diede l’ordine di invadere la Polonia, provocando lo scoppio della Seconda Guerra mondiale. I nuovi appartamenti furono così utilizzati per ospitare i profughi in fuga dai bombardamenti e dai territori occupati. Alla fine della guerra Prora rimase nella Germania comunista, la DDR, e gli edifici furono trasformati in caserme per l’esercito sovietico. Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989 per lunghi anni si cercò invano una soluzione per recuperare questi spazi, troppo grandi per essere trasformati in un museo. Non era solo colpa della Seconda guerra mondiale e della successiva Guerra fredda. Anche il turismo era cambiato in profondità. A partire dagli anni Cinquanta i collegamenti aerei avevano aperto ai tedeschi le assolate spiagge del Mediterraneo, dalla Spagna alla Grecia, e nessuno sembrava più interessato a passare l’estate sulle ventose rive del Mar Baltico. Ma niente è definitivo, tanto meno in campo turistico. E così negli ultimi anni le lunghe vacanze in spiaggia sono diventate meno di moda, per varie ra-

gioni: un’eccessiva esposizione della pelle al sole è vista con diffidenza; soprattutto si preferisce partire più spesso, ma per brevi periodi; e anche le tensioni internazionali spingono a riscoprire mete vicine, familiari, alle porte di casa. Così Prora, immersa nei boschi e a solo tre ore da Berlino, ha destato un nuovo interesse. Nel 2011 in uno dei blocchi è stato ricavato il più grande ostello della gioventù tedesco. Un altro blocco è stato appena recuperato, come abbiamo raccontato, e altri tre seguiranno. Col tempo tutta Prora sembra destinata a risorgere dall’oblio e dall’abbandono. Certo ci sono resistenze: come è possibile – si chiedono in molti – dimenticare il legame profondo, funzionale che lega Prora al nazismo? Qui dovevano svagarsi e recuperare le forze quegli ariani che, dopo aver indossato l’uniforme, avrebbero poi sterminato gli ebrei e messo a ferro e fuoco l’Europa intera. Altri osservano però che non si intende nascondere nulla (alcuni spazi ospitano un museo) e tuttavia nessun evento tragico è mai accaduto a Prora, anzi non fu usata neppure per un giorno, e dunque non può restare per sempre prigioniera del suo passato. Di certo a Prora il turismo ha attraversato tutte le ideologie del Novecento – nazismo, comunismo e capitalismo – riemergendo oltre l’abisso: duttile, resistente, tenace.

In trasferta agli Swiss Indoors di Basilea

Siamo sulle sponde settentrionali d’Europa, nella piccola isola di Runmaro, al largo di Stoccolma. È qui che dal 1986 ha scelto di vivere Fredrik Sjöberg, autore de Il re dell’uvetta. Un libro che si muove tra generi diversi: racconto di viaggio, meditazione filosofica, trattato di storia naturale… Soprattutto Sjöberg ama parlare di sé prendendo in prestito la vita di un altro, in questo caso dello svedese Gustaf Eisen (1847-1940), eccentrico personaggio del tutto sconosciuto tra noi, che lo porta in giro per il mondo. Eisen visse molte vite, ciascuna dominata da una passione predominante. La prima metà della sua esistenza fu dedicata allo studio dei lombrichi, dove raggiunse l’eccellenza. Poi si appassionò allo studio delle perle di vetro e al loro utilizzo nell’archeologia. Ma credette anche di aver trovato il Sacro Graal in un calice d’argento riccamente lavorato proveniente dalla provincia romana di Antiochia, oggi esposto al Metropolitan Museum of Art di New York. Ancora, come ricorda il titolo del libro, Eisen introdusse la coltivazione dell’uva sultanina in California. Infine fu sepolto ai piedi dei più grandi alberi del mondo, dopo aver contribuito a creare il Sequoia National Park nella Sierra Nevada. Al fondo di tutte queste curiose vicende brilla una convinzione: se il coraggio non ci abbandona, nulla ci è precluso, a patto di seguire la propria vocazione con cieca determinazione, per quanto stravagante possa sembrare. Bibliografia

Fredrik Sjöberg, Il re dell’uvetta, Iperborea, 2016, pp. 224, € 16,00.

Tagliando di prenotazione Desidero iscrivermi alla trasferta del 29.10.2016 Nome

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Hotelplan organizza una spedizione di gruppo alle semifinali ATP World Tour 500, sabato 29 ottobre 2016

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Prezzi Condividere una passione sportiva significa anche viaggiare insieme. A tutti gli appassionati di tennis e in particolare ai lettori di «Azione», Hotelplan propone una trasferta interamente dedicata alle semifinali degli «Swiss Indoors ATP World Tour 500». Il programma prevede la partenza dal Ticino con un comodo torpedone in direzione di Basilea. Durante il tragitto è prevista una pausa. L’arrivo è indicativamente fissato per le 11.30. In tempo per poter effettuare la consegna dei biglietti d’ingresso secondo la categoria prescelta. L’inizio della prima semifinale (doppio maschile) avrà luogo alle 12.00, a meno che uno dei due semifinalisti del singolo dovessero essere presenti anche alla semifinale di doppio. In questo caso

questa prima partita verrà spostata alla fine della giornata. Perché, di fatto, alle 14.30 circa avrà inizio la prima semifinale di singolo maschile. A seguire, dalle 16.00 prenderà avvio la seconda semifinale di singolo maschile. Alla fine delle partite il torpedone riprenderà la strada del rientro in Ticino. Il termine per le iscrizioni è il 30 settembre.

Quota per persona: Viaggio con biglietto categoria Premium: CHF 355.– Viaggio con biglietto categoria Gialla: CHF 258.– NB: l’ingresso è consentito ai bambini sopra ai 6 anni (nessun ribasso).

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Ambiente e Benessere

Mousse di castagne con composta di prugne

Cucina di Stagione La ricetta della settimana

Dessert Ingredienti per 4 persone: 4 fogli di gelatina · 2 uova · 80 g di zucchero · 150 g di

purea di castagne · 1,5 dl di panna · 50 g di castagne congelate · 400 g di prugne · 0,5 dl d’acqua · 1 bustina di zucchero vanigliato.

1. Per la mousse: ammorbidite la gelatina in abbondante acqua fredda. Separate i tuorli dagli albumi. Montate a spuma i tuorli con 3/4 dello zucchero. Incorporate la crema di castagne. Estraete la gelatina dall’acqua e fatela sciogliere senza strizzarla a fuoco basso in un pentolino. Incorporate alla gelatina un po’ di crema di castagne. Quindi mescolate bene con il resto della crema. Montate la panna e gli albumi ben fermi separatamente e incorporateli con cura alla crema. Fate raffreddare coperto in frigo per 3 ore. 2. Scongelate le castagne per circa 10 minuti e tritatele grossolanamente. Caramellate lo zucchero rimanente. Togliete la pentola dal fuoco. Unite le castagne. Versate su carta da forno e lasciate raffreddare. Tritate grossolanamente e mettete da parte. Dimezzate le prugne. Fatele sobbollire per circa 2 minuti con l’acqua e lo zucchero vanigliato. Lasciate raffreddare la composta. Formate delle palline di mousse e servitele con la composta di prugne. Cospargete con il croccante di castagne.

Un esemplare gratuito si può richiedere a: telefono 0848 877 869* fax 062 724 35 71 www.saison.ch * tariffa normale L’abbonamento annuale a Cucina di Stagione, 12 numeri, costa solo 39.– franchi.

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V I L T A , N. 33 FACILE Schema 13 14 15 16 27 C A U T E M I D A Ambiente e Benessere 17 18 9 W I L M A T U R 1N I 19 20 4G A R A 6 O 5 E L I A 21 22 23 8 S E D I 9R T 7A 2 U L 24 1U 4A Sportivamente Il tennista vodese Wawrinka, ha vinto la spettacolare NewT York contro Djokovic 6 T finaleAdi T L Novak I T A Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 12 19 settembre 2016 ,• N. 38

C’era una volta Roger e ora c’è Stan? 8

Alcide Bernasconi Sarà passata da poco mezzanotte, non so. Ero pronto per assistere alla finale dell’US Open: in poltrona, gambe allungate sul puff, un bicchiere freddo di acqua frizzante sul tavolino accanto. Mi mancava, insomma, una partita importante, anche per risvegliarmi dallo stato in cui mi avevano piegato alcuni problemi fisici, dovuti probabilmente all’età. Un tempo era Roger Federer a risollevarmi, quasi puntualmente, il morale con le sue belle vittorie, specie a Wimbledon, e il mio fisico non ne risentiva più di tanto. Ora, con il basilese sempre più vicino al capolinea della sua carriera di artista della racchetta, eccomi ripiombato nella vecchia crisi. Noi svizzeri, se negli altri sport le cose non girano per il verso giusto, da tempo ci aggrappiamo al tennis. Sono ormai lontanissimi i tempi in cui stradominavano gli australiani. Laver, il più forte di tutti (e di tutti i tempi), fu costretto a rinunciare ai tornei del Grand Slam, che avrebbe vinto con una mano sola, grazie al suo professionismo dichiarato: era in testa a tutti. Del resto ancora oggi è l’unico ad aver vinto (in campo maschile) non solo uno, bensì due tornei del Grand Slam, uno in fila all’altro, nello stesso anno, il primo da dilettante, il secondo da professionista con l’avvento dell’era open. E per quattro anni consecutivi è stato lui il trascinatore della nazionale australiana vincendo quattro volte la Coppa Davis. C’erano poi i vari Rosewall, Roche, Newcombe e altri a fare grande il tennis australiano. Ci avevamo fatto ormai il callo a questi successi e forse grazie alla tv presente a Wimbledon, soprattutto quella a colori, questo sport – che non pochi, soprattutto i calciofili, definirono «per signorine», tanto per denigrarlo, cominciò a interessarci per davvero. Quando poi sulla scena del tennis mondiale si affacciò Federer, ci ribellammo eccome a questa definizione.

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Stan Wawrinka si fa un selfie 23 mentre si trova su 24 «Top of the Rock» 26 del Rockefeller Center di New York. (Keystone)

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Già avevamo acquistato la famosa Dunlop «Maxply» di legno, una racchetta miracolosa e bella, che non ci impedì di sparare un po’ ovunque le 1 2ancora 3 bianche 4 e per 5 noi costo-6 palline se, tanto che quelle rimaste erano ormai quasi del tutto spelacchiate. 7 Ah, se mio padre avesse potuto vedere all’opera Roger Federer. Forse 8 9 sarebbe vissuto qualche anno di più. Dall’altra domenica, però, forse 10 11 qualcosa è cambiato nel mondo del tennis, quasi noioso ultimamente per i 12 13 di Novak Djokosuccessi a ripetizione vic, con l’eccezione dello scozzese Andy Murray per il16 quale a esultare sembrava fosse soltanto sua madre. Ciò grazie al vodese17Stan Wawrinka, tornato imperiosamente sulla scena mondiale. Riposavo tanto bene sulla poltrona,21 20 quando la mia gatta «Chiro» è venuta a interrompere il dormiveglia. Era pa22 23 lesemente indispettita dalla mancanza di attenzione per la finale di New York.

C R O M E

Stavo imprecando contro la mia piccola tigre, quando suona il telefono: «Scusami Alcide, vista l’ora. Sono Michelle. Spero avrai riconosciuto la mia voce. Ti chiamo perché sono nervosissima…». «Non c’è Victoria? E tuo marito è già sotto le coltri, visto che non gioca Roger?», rispondo un po’ seccato. «No, Victoria (ndr.: la governante) è in Spagna per le vacanze e mio marito è via per lavoro. Per questo ti prego di salire in villa. Da sola non ce la faccio 14 a questa tristissima 15 ad assistere partita. Poi spiegherò io tutto a tua moglie. Su, dai, vieni subito». Io e donna Michelle e nessun’altro18(neppure l’occhio indiscreto della 19 governante) ad assistere a questa finale sulla quale mai nessuno avrebbe puntato, poteva essere un sogno, su nella sala col grande schermo. «Dai, vieni subito!» mi risuonava ancora per la testa. Che dovevo fare? Una sola cosa: salire!

(N. 35 - Un cucchiaino di aceto)

F E C O L A

H E L E T E R I C A M I L

Il labrador mi corre incontro e io continuo a ripetere «Bello, bello», non 8 4 ricordando più come si chiamasse. Michelle apre la porta. Sembra stravolta. Del resto lei, come quasi5tutte le tifose dell’elegante basilese, dalle ragazzine alle nonne molto in là con gli anni, stravedevano tutte per Roger. Anche le cinesi, le giapponesi, le americane, insomma di ogni nazione. Che c’era allora da agitarsi5se Stan stava vincendo il suo terzo titolo del Grand Slam? Giusto ricordare che nel terzo turno, quasi a conferma della sua difficoltà nel mantenersi mental6 mente saldo, aveva dovuto annullare all’inglese Daniel Evans, un match 8 ball. Eppure, dopo Nishikori, spettacolare e pronto a lottare fino in fondo, Wawrinka avrebbe steso6anche7Djokovic. Pensava che non ne sarebbe mai stato capace, proprio a New York. Se nel 9 2014 aveva piegato Nadal a Melbourne Giochi per “Azione” e nel 2015 Djokovic a Parigi, stavolta si

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Stefania Sargentini - Settembre 2016

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24. Si sviluppano sull’epidermide 25. Si varca entrando nella stanza 27. Avvilito, triste 28. Prefisso che viene dopo il «bi» 29. Abbreviazione di militare 30. Caos in pieno centro 31. È famoso quello delle Puglie

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Sudoku Livello per N. geni 36 PER GENI

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10. L’attrice Wasikowska (N.12. 35Brani - Un musicali cucchiaino di aceto) 13. Il nome della Perego 1 2 3 4 5 6 14. Prima moglie di Giacobbe 7 16. Un ruminante 18. Persona che 9disprezza gli ideali 8 10

Verticali 1. Concessa al giornalista 2. Codardia 3. Una consonante 4. Un anagramma di Noè 5. Nelle tegole e nei mattoni 6. Privo della parte terminale

E V A S O

G O V E R N O A T I E O S 6 7 8 9 10 I O P A T E 11 10 O V I L T A Scopo del gioco , , 12 13 14 15 16 C A 3 CompletareUlo T E 9M I D A 17 18 13 14 schema W I Lclassico M A T U R N I 19 20 (81 4 8 E caselle, L I A G A2R A O 9 blocchi, 9 righe 21 22 23 S 9Ecolonne) D U L per inI R T A 24 1 7 5 2 T A ogni T T U A L I T A modo che 19 colonna, ogni riga e 7 2016 ogni blocco conten-SUDOKU PER AZIONE - SETTEMBRE 22 (N. 34 - ”Allora vedi che non è detto!”) ga tutti in numeri da 1 a 9, nessuno 4 7 2 3 4 5 6 241 escluso N. 33 FACILE A L Schema L A R M E Soluzione 7 e senza ripetizioni. 49 V 2 5 8 63 3 1 7 4 2 99 M1 O I8 R A 27 8 9 10 E6 R A 5 D I A 4 4 2 3 8 6 9 1 5 7 11 12 1 N O B I8 O 5 S 29 9 7 2 9 1 7 2 5 4 6 3 8 13 14 15 16 17 C1 H4 E L E N U O6 T O 1 4 8 5 2 3 9 7 6 4 8 18 19 R E T E C8 O2 R S3 A 6 5 9 7 4 8 2 1 3 20 21 22 O R7 I 2 A R N I A É ´ 3 7 29 1 6 9 6 5 8 4 75 23 24 25 M C A M3 I O N 4 D C 2 6 1 9 3 5 7 8 4 26 7. Ha minuscoli denti 27 E7 M I 5 L I A1 O6 T T O 7 9 5 4 8 1 3 6 2 8. Provocata dall’ansia Soluzione della settimana precedente 7

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trattava del numero uno mondiale, nel torneo che gli avrebbe assicurato qualcosa come 3 3,5 milioni di dollari.4In precedenza egli aveva battuto nei quarti la prima e unica 1volta finora6Roger Federer in una prova dello Slam. 6 Ai Giochi olimpici9di Pechino Wawrinka diede tutto per consentire anche a Federer di vincere una medaglia d’oro, quella del doppio, e determinante fu il suo apporto per la conquista della Coppa Davis. 3 Quindi, poco importa se Djokovic 6 aveva problemi alla schiena, a un polso e infine anche 9 alle dita dei piedi. Per giungere in finale, Stan ha dovuto giocare ben nove ore in più dell’avversario 7 5 2 il quale ha beneficiato di un forfait e di due ritiri per curare i suoi mali. 7 Ma, come hanno detto quasi tutti, più forte dei mali stavolta è stata la sal4 dei nervi e il mentale. «Eppure dezza tremavo, prima e poi ancora dopo la partita», ha 3 dichiarato Wawrinka il quale non ha potuto nascondere qualche lacrima. 4 Per la prima volta, alla fine di un torneo, Stan ha baciato a lungo la sua 9 7 Donna 1 Vekic, ex fidanzata, la ventenne tennista serba (WTA 102), ha abbrac2 Norman Magnus, 8 suo ciato lo svedese allenatore dal 2013, e ha elargito baci anche alle sorelline Djanée e Naëlla, che hanno trepidato con papà Wolfram, nato in Germania, nonché la svizzera mamma Isabelle. Anche Don3Michelle, se è per questo, alla fine6mi na ha abbracciato forse persino con maggior trasporto 9 di Stan ai suoi familiari. Forse sapeva che fino a qualche mese fa lei viveva soltanto per Federer. E per il 7 5 2 suo labrador, pure federeriano. Insomma, per quanto mi riguarda, meglio 7 illudersi. non Tre tornei dello slam in tre stagioni: sarà 4 in grado Stan di imporsi anche sull’erba di Wimbledon per chiudere il cerchio, ora che3ha «solo» 31 anni? Glielo auguriamo, ma anche in questo caso meglio non farsi illusioni.

R T U N A E R A N. L35 DIFFICILE S A G U O C I N C R O N I C H E F I O C A I N C O S M O D R I N B E O T A L A C C I E T T I G O L O S O

(N. 36 - Vizio rinato, vizio peggiorato) 1

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A 7L L 5A R M 8 M O I R A E R N.A34 MEDIO D I N O5 B I O E N U O T C O 6R S A A R N 8I A M 6 I 7O N D I A 9O T T

(N. 33 - ... governato più a lungo di tutti)

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catura

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Orizzontali 1. Prodotti dalla fantasia 7. Ne hanno due le zanzare 9. Osso del bacino 10. Aeroplano russo 11. Germoglio, pollone 13. Muniti di tentacoli 15. Ripide, scoscese 16. Fissazione 17. Lo è a volte la sorte 18. Impiegata in cucina 19. Nota … attiva 20. Pronome personale 21. Successione periodica 22. Soprannome di una Elizabeth attrice 23. Recipiente capace con larga imboc-

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Cruciverba Trova il proverbio nascosto nel cruciverba, risolvendolo e leggendo nelle caselle evidenziate. (Frase: 5, 6, 5, 10)

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(N. 34 - ”Allora vedi che non è detto!”)

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morali 11 19. Attaccano sempre bottone ... 13 15 21. Preposizione articolata 14 16 22. Tutela un diritto 23. Pari negli scogli 18 17 19 24. Orifizi cutanei 21 26. Dà un punto a scopone scientifico 23 27. L’attore Gibson 29. Le iniziali dell’attore Orlando

N V I A L R T I A E C O G R I O

E N T A T L E O R L O P O E M A N C U O C C I C L O O N C A L I A M C S E T A V O L

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Z A M I G L I P I I A T A F A L I Z P E L I O G I O R G N I E R E

8 6 3 4 6facilmente 7 2 5 9 1 I SEGRETI DELLO CHEF –9Affinché le uova sode 8si sbuccino dovrai aggiungere nell’acqua di cottura: UN CUCCHIAINO DI ACETO. N. 34 MEDIO

F E C O L6 A

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Politica e Economia Primarie di partito Jeremy Corbyn sarà ancora il leader del Labour inglese e batterà lo sfidante Owen Smith

Inchiesta sulla globalizzazione Termina con questa 5. puntata la serie dedicata al commercio mondiale. La domanda che ci si pone è: si possono riscrivere la sue regole a nostro favore e impedire che invece sia la Cina a farlo per noi?

Le ambizioni dei laureandi Le preferenze degli studenti di economia vanno a UBS e a Google quelle degli ingegneri

Interessi negativi rischiosi Il commento del consulente finanziario della Banca Migros, Albert Steck, sulla controversa strategia delle Banche centrali europee pagina 35

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Con l’intervento in Siria, Putin riporta la Russia nel novero delle superpotenze. (AFP)

Il sogno di Putin di una nuova Yalta

Accordo sulla Siria Kerry e Lavrov hanno raggiunto la prima intesa per una soluzione del conflitto siriano,

una cooperazione che non si vedeva dal 1945. Per Mosca il cessate il fuoco rappresenta una vittoria diplomatica

Anna Zafesova La tregua in Siria, concordata da Serghey Lavrov e John Kerry a Ginevra venerdì notte 9 settembre, dopo 14 ore di negoziato, ed entrata in vigore il lunedì successivo, tiene «in generale», comunica il comando russo. Gli schieramenti in guerra che rispondono agli Usa – i ribelli dell’opposizione – e alla Russia – l’esercito di Damasco – sembrano attenersi entro dei limiti all’intesa che, se durasse sette giorni, potrebbe portare al passo successivo, la creazione di un organismo di coordinamento per i raid russi e americani contro gli jihadisti. Categoria anche questa da definire, con Mosca che insiste a voler colpire tutte le zone dove sono attivi gruppi come il fronte al-Nusra, nonostante al suo fianco si muovano altre fazioni minori non catalogate come «terroristiche». La tenuta dell’accordo dipende da troppi fattori, e l’insubordinazione dei vari attori in gioco – scontenti perché il loro destino è stato deciso da russi e americani, spesso in mancanza di garanzie sufficienti – potrebbe mandarlo all’aria come quello precedente. Ma dal punto di vista diplomatico per Mosca la guerra è già comunque vinta. Quando, quasi un anno fa, Vladimir Putin ave-

va proposto dalla tribuna dell’Onu un fronte internazionale per la Siria, per iniziare pochi giorni dopo la sua operazione a fianco di Bashar al-Assad, aveva in mente proprio questo obiettivo: Washington e Mosca che coordinano le loro operazioni sul terreno, decidendo insieme il futuro della Siria, e manovrando ciascuno la propria compagine di alleati, seguaci e clienti, come le superpotenze avevano fatto dal 1945 in poi, in un mondo che Mosca rimpiange apertamente e vorrebbe ricostruire. La fiducia tra i due broker della tregua non è ai massimi livelli, dopo che per un anno americani e russi di fatto hanno combattuto in Siria sui lati opposti del fronte, senza mai scontrarsi apertamente, ma colpendo gli alleati locali l’uno dell’altro. Come nei «conflitti per procura» della Guerra fredda, dalla Corea all’Afghanistan. Per quasi un anno Mosca di fatto ha combattuto la coalizione anti-Assad guidata dagli americani, bombardando i ribelli addestrati dagli americani e affiancando l’esercito di Damasco. Ora, se l’accordo regge, entrambi concluderanno la guerra su posizioni diverse da quelle iniziali: gli americani saranno costretti ad accettare la sopravvivenza – grazie ai caccia russi – di Assad e l’indeboli-

mento dei gruppi di opposizione siriana legati a Washington, i russi (stando alle indiscrezioni diplomatiche) concordano su una possibile federalizzazione della Siria con il ridimensionamento del rais di Damasco. Con una cooperazione che non aveva precedenti dopo il 1945, e alla quale il Pentagono si era opposto fino all’ultimo, non volendo condividere con i russi informazioni vitali sull’intelligence e il funzionamento dell’esercito americano. Anche per Mosca gli americani restano gli avversari strategici, e proprio per questo ci tiene a poter trasmettere in tv le immagini di ufficiali dei due paesi chini insieme sulle mappe. Per Putin quella siriana è una guerra lanciata non per le risorse o i territori, ma per affermare la propria influenza, e uscire dall’isolamento internazionale successivo all’annessione della Crimea. Con la possibilità di muoversi militarmente senza vincoli in Siria ha riconquistato il suo posto ai tavoli negoziali, come si è visto anche al recente G20 in Cina, e ha ottenuto quello che ha sempre rivendicato, parlare con gli Usa «alla pari», due superpotenze che insieme si spartiscono il mondo. L’Ucraina resta un nodo irrisolto, e Lavrov non perde l’occasione di accusare Kerry di «san-

zioni arroganti». Ma intanto il patriarca Kirill prega per «la pace tra America e Russia», e i media russi ricordano che 15 anni fa Vladimir Putin fu il primo a telefonare a George W. Bush dopo la tragedia delle Twin Towers. Il Cremlino ha rilanciato la sua pretesa di «tornare una superpotenza in Medio Oriente», come scrive l’«Independent», ma non ama le guerre che non riesce a vincere. Il blitz in Siria, che doveva durare tre mesi, va avanti da quasi un anno, e Aleppo ha messo in luce le difficoltà militari russe. L’annuncio senza precedenti che gli aerei russi avrebbero utilizzato per i raid in Siria le basi militari iraniane è dettato anche da questi problemi: far decollare i bombardieri dal sud della Russia costava troppo, «non abbiamo tutti questi aerei», ha confessato una fonte del ministero della Difesa russo alla Reuters in quella occasione. Putin si era vantato che la guerra in Siria era a costo zero, «è nel budget delle esercitazioni». Ma nella crisi economica russa i costi della guerra – che all’inizio era stata progettata come un blitz aereo di tre mesi – cominciavano a pesare. «L’esercito di Assad è stremato, prima o poi i russi dovranno scegliere, o ritirarsi umiliati, o iniziare un’operazione di terra»,

sintetizza l’analista militare Alexander Golz. L’accordo sui raid congiunti russo-americani infatti è molto evasivo rispetto ai «boots on the ground» che qualcuno dovrà mettere per guidare gli attacchi. Secondo fonti non ufficiali, i russi hanno perso in Siria già una ventina di uomini, tutti delle truppe scelte, anche se ufficialmente Mosca nega di aver portato reparti russi sul terreno. L’approssimarsi delle elezioni alla Duma, costellate da episodi di malcontento sociale, ha reso i russi più inclini a cercare una soluzione diplomatica. I consensi a Putin restano altissimi, come sempre quando il presidente russo è impegnato in una guerra per la gloria del suo paese, ma gli indicatori economici fanno capire che non è un idillio che potrà durare all’infinito. Il «Times» ha rivelato che dal 2014, quando è scoppiata la crisi ucraina, Mosca ha speso due terzi dei suoi fondi di riserva. A questi ritmi, i forzieri del Cremlino si prosciugheranno entro un anno. Il blitz a fianco di Damasco è servito a mantenere alti i consensi e conciliare i russi con le difficoltà economiche, ora una pace anche parziale, stipulata da vincitori, può essere funzionale allo stesso scopo, evitando di venire associati al massacro di Aleppo.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Politica e Economia Il 68.enne socialista Jeremy Corbyn sarà molto probabilmente riconfermato leader del partito. (AFP)

Virginia e i dubbi del M5S Figurine d’Italia I primi 90 giorni

del sindaco di Roma trasformati in un incubo Alfio Caruso

Labour, profondo rosso

Primarie Il terremoto post Brexit colpisce il Partito laburista inglese

che deve scegliere il nuovo leader

Cristina Marconi Il Labour è di Jeremy Corbyn, c’è poco da fare. A un anno dalla sua controversa elezione a leader, il sessantottenne socialista dalle idee radicali non solo continua a poter contare su un sostegno crescente da parte di un certo tipo di elettori, pronti a tutto pur di difendere il loro leader, ma non ha ancora trovato uno sfidante all’altezza della situazione, in grado di sparigliare le carte come lui le sparigliò nell’estate del 2015. Le nuove primarie, fortemente volute da un gruppo parlamentare che gli è quasi interamente contro, finiranno molto probabilmente con un buco dell’acqua: alla conferenza che si terrà al Liverpool il 24 settembre i sondaggi – per chi ci crede ancora – danno Corbyn in assoluto vantaggio rispetto al pallido Owen Smith, che oltre ad una spiccata somiglianza fisica con François Hollande condivide con il presidente francese una totale assenza di carisma e di visione per il futuro della sinistra in Europa. La sua campagna, nata sulla scia dell’inevitabile rabbia di alcuni veterani laburisti per il modo in cui Corbyn ha gestito il referendum sulla Brexit, non ha mai preso quota, tanto più che Smith ha deciso di basare il suo messaggio su due punti, il primo dei quali è che Corbyn ha delle idee giuste ma non ha le capacità manageriali per metterle in atto. La seconda idea è che se fosse primo ministro e ci fosse una recessione potrebbe eventualmente valutare l’ipotesi di fare domanda per una riammissione del Regno Unito nell’Unione europea. Un messaggio non proprio forte, quello del deputato quarantaseienne di Pontypridd, di cui l’unico elemento biografico che ha suscitato l’attenzione del pubblico è il suo controverso passato da lobbysta per la Pfizer. Che i 232 deputati e la vecchia guardia abbiano puntato tutto su una figura di così basso profilo per riportare il partito al centro e sottrarlo alla deriva corbyniana dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la profonda crisi ideologica e identitaria in cui versa il Labour, che non è riuscito neppure ad organizzare un golpe in un anno segnato da gaffe e errori e una generale debolezza di Corbyn nel fare quello che è chiamato a fare: l’opposizione. Con i sondaggi – sempre loro – che danno il partito ai minimi storici a livello nazionale, il rischio è quello di arrivare alle elezioni del 2020 in una situazione di debolezza ancora maggiore rispetto al 2015, quando sotto la guida di Ed Miliband il partito ottenne una sonora sconfitta

proprio per via delle sue proposte economiche giudicate troppo di sinistra dall’elettorato. Ma in un anno lo scenario politico britannico è totalmente cambiato e il risultato del referendum del 23 giugno sull’Unione europea lo ha reso ancor più irriconoscibile, tanto che scommettere con mano sicura sul fatto che il Labour di Jeremy Corbyn non possa arrivare, nel tempo, a convincere una fetta crescente dell’elettorato appare a questo punto azzardato. Il sentimento predominante nel Regno Unito in questo momento è la nostalgia e Corbyn, uguale a se stesso da più di trent’anni, ne è un’incarnazione perfetta, come lo sono Nigel Farage, la Brexit e alcune delle campagne proposte dalla premier Theresa May come quella sulla reintroduzione delle grammar school, scuole pubbliche selettive abolite negli anni 90 proprio dal Labour. Quindi al di là delle previsioni, inevitabilmente fallaci, su quello che succederà nel 2020, il problema dei deputati laburisti e di tutti quelli che si sono rifiutati di abbracciare la linea di Corbyn è quello di recuperare e portare avanti il patrimonio progressista e riformista del partito. Per uno come Ed Balls, ex cancelliere ombra di Ed Miliband attualmente prestato alla versione britannica di «Ballando con le stelle», non è ancora il momento per una scissione ufficiale del partito, ipotesi di cui si è iniziato a parlare già il 12 settembre del 2015, quando Corbyn vinse la corsa per la leadership con il 59,5% delle preferenze grazie al sostegno dei sindacati e ad un sistema di voto in cui chiunque avesse pagato 3 sterline e avesse sottoscritto una generica adesione ai valori laburisti aveva diritto a dire la sua. In un anno, tutti i tentativi di mettere in risalto le debolezze di Corbyn – che secondo il 61% dei britannici sta lavorando molto male – sono falliti e anzi gli hanno attirato ancora più simpatie da parte dei suoi seguaci, molti dei quali hanno abbracciato la teoria del complotto, sempre più in voga in tutto il mondo, per spiegare l’ostilità della stampa e del resto del partito nei confronti del loro leader di cui apprezzano la purezza e l’autenticità. Uno sguardo al sito internet di Momentum, l’organizzazione che gli è vicina, basta a capire quanto l’idea che Corbyn sia il messia di una nuova forma di politica, che poi è anche quella vecchia, sia radicata e in grado di ispirare i giovani. Una delle ragioni più citate per spiegare la forza di Corbyn è la pesante eredità di Tony Blair, interamente messa in ombra dalla disgraziata avventura irachena sebbene in termini di disugua-

glianze sociali, ad esempio, il bilancio degli anni blairiani sia stato tutt’altro che negativo. Il fatto che prima della schiacciante vittoria blairiana del 1997 il Labour sia rimasto fuori da Downing Street per quasi due decenni per via di leader troppo di sinistra non conta: Blair è il male e la sua svolta mercatista è il peccato originale del partito. Il fatto di non avere un leader «vincente» o carismatico, per i corbynisti, è un punto di forza, avendo ormai indissolubilmente associato l’idea di vittoria a quella di compromesso morale. E anche Sadiq Khan, che a maggio ha riportato una brillante vittoria alle elezioni comunali di Londra diventando l’unico esponente del Labour non corbyniano ad avere una posizione di spicco, è stato attaccato dai sostenitori del leader per aver preso le distanze dalle sue politiche, sebbene Khan sia molto di sinistra e anch’egli in rottura con l’eredità blairiana. Davanti ad una polarizzazione che Corbyn non ha fatto nulla per attenuare, il rischio che si vada ad una scissione è reale, anche perché ne va della reputazione di una classe dirigente che potrebbe essere accusata, e a ragione, di non aver saputo tenere testa ad un politico in là con gli anni, antiquato nelle idee e nell’eloquio, poco incline a dare ruoli di spicco a giovani e donne, accusato di anti-semitismo per le sue posizioni oltranziste filo-palestinesi, fondamentalmente euroscettico e soprattutto debole nel fare opposizione a David Cameron prima e ora ad una Theresa May ben più agguerrita del suo predecessore. Ma anche per fare una scissione bisogna essere uniti, onde evitare di ripetere la figuraccia di una delle ribellioni politiche meno riuscite della storia, e come sottolineato da Ed Balls non è ancora il momento: bisogna sapere chi si è, per andare via, e soprattutto occorre avere le idee chiare su chi si va a seguire. Gli eterni riservisti del Labour come Chuka Umunna hanno perso un bel po’ di smalto nell’attesa, il papa in esilio David Miliband ha ormai 51 anni e appartiene ad un’altra era politica, Sadiq Khan è troppo impegnato a salvare Londra dalle conseguenze della Brexit e tra le donne manca ancora una candidata in grado di incidere una svolta. Resta un rimpianto: che un astro nascente come Jo Cox abbia perso la vita in circostanze così barbare ha sottratto al Labour, o al partito che verrà, una preziosa possibilità. Ma il fatto che il suo volto e le sue battaglie progressiste siano state dimenticate così rapidamente dall’opinione pubblica fa pensare che il Regno Unito, al momento, non sia ancora pronto per guardare al futuro.

Uno dei tanti sondaggi sostiene che la metà dei quasi 800 mila romani, dai quali è stata eletta sindaco, si dice perplessa dalla marcia del gambero di Virginia Raggi: una decisione e tre ripensamenti. Trentasette anni, avvocato, un figlio, un marito fuori casa, un aspetto acqua e sapone, descritto nei giorni del trionfo come fascinoso e sensuale, può essere la donna che per eccesso d’incapacità e di astuzia seppellisce il Movimento Cinque Stelle e la speranza del cambiamento. I suoi primi novanta giorni sono stati un incubo per lei, per Grillo, per i maggiorenti del partito – quale il M5S è ormai diventato a giudicare dalle correnti e soprattutto dagli odi incrociati – e anche per quei cittadini sicuri di vedere la loro città risorgere dallo sprofondo in cui l’hanno fatta precipitare gli ultimi sindaci, il destrorso Alemanno e il sinistrorso Marino. Invece, ai problemi d’immondizia e di traffico, d’incuria civica e di corruzione diffusa, di nepotismi predatori e di clientele ramificate si sono assommati quelli di una giunta persa nelle diatribe delle deleghe, degli stipendi triplicati agli amici, degli assessori mancanti e degli assessori in bilico, dei capi di gabinetto da nominare e dei capi di gabinetto che non bisognava nominare. Su questo vulcano in continua eruzione siede la Raggi con il suo volto perbene e con la sua arietta furbastra. Malgrado provenga da anni di consiglio comunale e da almeno dodici mesi sapesse che avrebbe fatto il sindaco, si mostra impreparata a tutto, convinta di poter gabbare avversari e opinione pubblica al grido di «onestà, onestà» lanciato dai suoi supporter il giorno dell’investitura.

to inchiesta per diversi reati e adesso sospettata di avere coltivato sotterranei legami con il ras dello smaltimento rifiuti, il novantenne Manlio Cerroni, sulla carta l’uomo nero del M5S. Nella drammatica telefonata con Di Maio – il presunto candidato premier del Movimento a rischio di carriera per averla sostenuta – una Raggi quasi in lacrime implorava di non costringerla a far fuori la Muraro, l’unica, a suo dire, in grado di sbrogliare l’intricatissima matassa della spazzatura. Che non è soltanto quella che si vede traboccare dai marciapiedi di Roma, ma soprattutto quella che fino a ieri garantiva utili stratosferici a Cerroni. E per difendere Muraro, Raggi le ha tenuto bordone nel negare che fosse indagata fino al giorno in cui hanno dovuto entrambe ammettere che lo era da aprile e che ne erano a conoscenza da diverse settimane. Nel nome di questa millantata utilità Grillo e la dirigenza hanno dovuto inghiottire anche la violazione di uno dei massimi principi dei 5 Stelle: l’impossibilità di permanenza in carica per chi finisce nel registro degli indagati. È valso per De Dominicis; ha portato quasi all’espulsione del sindaco di Parma, Pizzarotti, messo in croce per non aver comunicato il ricevimento di un’informazione di garanzia, ma non pesa sul destino della Muraro. Molto più radicale il comportamento sulla candidatura olimpica di Roma. Pur essendo contraria, al pari di Grillo e dell’astro nascente Di Battista – un allegro cazzaro dall’oratoria trascinante –, Raggi l’ha fin qui tirata per le lunghe pronunciando nei giorni pari dei mezzi no, che nei giorni dispari si trasformavano in possibili aperture. Adesso siamo alla rinuncia definitiva:

Virginia Raggi. (Keystone)

Appeso alla megalomania galoppante di Grillo e privo della lucidità visionaria di Casaleggio, il Movimento capisce che Roma può essere la sua tomba ed è combattuto fra buttare a mare la Raggi (basta un voto online proposto dallo stesso Grillo o da 500 iscritti) o trasformarla nel bunker, da cui poi ripartire per annientare il nemico. Ma l’angoscia dei pentastellati è che neppure loro riescono a prevedere che cosa possa uscire dal cappello della Raggi. Da maggio in avanti hanno dovuto scoprire che lavorava nello studio di Cesare Previti, l’ex legale e ministro di Berlusconi condannato per corruzione di giudici, e che a quel giro è rimasta legata al punto da essersi fatta consigliare un assessore al bilancio, l’ex procuratore generale della Corte dei Conti laziale, De Dominicis, poi defenestrato in ventiquattrore perché indagato; che il suo braccio destro è nel cuore di uno stravagante massone al centro di mille iniziative; che i suoi principali collaboratori in Comune sono stati uomini di fiducia di Alemanno; che continua a difendere a spada tratti l’assessore all’ambiente Paola Muraro sot-

viene spiegata con l’esigenza d’impedire alla corrotta lobby dei costruttori di lucrare appalti e concessioni sulla pelle dei romani. Dietro la pesante definizione si staglia il potentissimo Francesco Caltagirone, gestore di sostanziosi pacchetti azionari, centro motore da una decina d’anni di ogni impresa bancaria-giornalistica-finanziaria e soprattutto editore del «Messaggero», principale quotidiano di Roma schieratissimo contro il M5S. Nell’ennesimo sfogo la Raggi ha affermato di essere stremata, di non poterne più, di essere soltanto il paravento del micidiale scontro di correnti in atto nel Movimento. Eppure continua ad aprire fronti: dalla comunità ebraica ai giornalisti definiti poveracci. Molti ora temono un suo eventuale passo indietro. Ma qui c’è ancora da comprendere se la giovane signora impastata con il fil di ferro si muova in proprio o sia soltanto l’espressione di un solido gruppo di potere, che ha usato il suo faccino presentabile per proseguire nei soliti giochi. Mai dimenticare Tomasi di Lampedusa e il suo Gattopardo: cambiar tutto per non cambiar niente.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Politica e Economia

Tutte le strade portano a Pechino Inchiesta sulla globalizzazione Secondo Obama per contrastare l’influenza cinese basta riscrivere le regole

del commercio mondiale, ma per molti altri è troppo tardi e la globalizzazione parlerà mandarino – 5. e ultima parte Federico Rampini Possiamo riscrivere le regole della globalizzazione, a nostro favore? Cioè: possiamo fare in modo che nel futuro gli scambi fra nazioni siano più generosi di benefici per tutte quelle categorie sociali che finora sono state danneggiate, impoverite? C’è una corrente di pensiero che risponde di sì. Il suo esponente più autorevole in questa fase è Obama. Lui ha difeso gli ultimi trattati proprio con quell’argomentazione. Aggiungendovi un monito. Se non andiamo avanti noi, a mostrare la strada di una globalizzazione piegata al servizio dei lavoratori, dei diritti umani, dell’ambiente, succederà l’esatto contrario: a dettare le regole nella prossima fase sarà la Cina. Già oggi la Cina è una superpotenza economica, la sua capacità di commerciare e di investire le dà un formidabile potere contrattuale verso altri paesi. Se non siamo noi a farlo, ben presto la Cina prenderà l’iniziativa e la globalizzazione avrà le sue impronte inconfondibili. Obama ha puntato sui due trattati Tpp (con l’Asia-Pacifico) e Ttip (Usa-Ue) facendone dei pilastri della sua eredità in politica estera, alla stregua del disgelo con Iran e Cuba o dell’intesa Onu sull’ambiente. Con alcune clausole innovative di quei trattati Obama è convinto di avere almeno indicato la strada verso una globalizzazione di tipo nuovo, socialmente più equa, più sostenibile per l’ambiente.

Un’attenzione particolare la merita il progetto cinese «Una cintura, una strada»: se si realizzerà per intero la Cina sarà il vero centro Ma se fosse già troppo tardi per cambiare strada e stabilire regole migliori? Questa è la tesa di Clyde Prestowitz, presidente dell’Economic Strategy Institute, già consigliere per il commercio estero sia di Ronald Reagan sia di Bill Clinton. In un articolo pubblicato sul «New York Times» il 23 agosto 2016, Prestowitz esamina proprio l’argomento di Obama secondo cui i nuovi trattati (in particolare il Tpp con l’Asia-Pacifico) possono impedire che sia la Cina a scrivere le regole del gioco del nostro futuro. Ma lui obietta che la Cina lo sta già facendo: in quell’area del mondo a lei vicina sta negoziando i suoi trattati con paesi che vanno dall’India all’Indonesia, dalla Corea del Sud alle Filippine. D’altronde, scrive lui, «l’America non ha più molto da offrire: ai tempi della Pax Americana il commercio si saldava all’influenza geopolitica, offrendo l’accesso (non reciproco) al vasto mercato americano, più la difesa militare americana, più gli investimenti americani», ce n’era per tutti. Come abbiamo visto quelle condizioni di non-reciprocità ci sono state effettivamente, sono una delle ragioni per cui tanti paesi che appartenevano al Terzo mondo povero hanno usato la globalizzazione come il motore per il loro decollo verso un relativo benessere. «Ma ormai quell’epoca è finita», sostiene Prestowitz elencando una serie di cambiamenti irreversibili. L’America non può più offrire ai paesi emergenti l’accesso al suo mercato perché lo ha già offerto, e ormai le barriere per penetrarvi sono modeste (anche se i nostri produttori di salumi non la pensano esattamente così). E mentre un tempo tutte le strade del commercio mondiale portavano agli Stati Uni-

La Cina è la più grossa economia del pianeta. (AFP)

ti, oggi non è più vero. L’America è il più grosso debitore mondiale e la Cina contribuisce a finanziarla. Se si tralascia l’indicatore del Prodotto interno lordo, in base ad altri parametri sarebbe la Cina la più grossa economia del pianeta: ha le più ricche riserve valutarie (4000 miliardi di dollari) che reinveste in parte nello sviluppo di gigantesche infrastrutture di collegamento col resto del mondo: fino al Medio Oriente e all’Europa. È la Repubblica Popolare il più grosso investitore estero nella maggior parte dei paesi emergenti, dal Medio Oriente all’Africa all’America latina. È anche il più grosso investitore in molti paesi d’Europa, e in Australia. Ci vorrebbe ben altro, per contrastare l’influenza cinese, che qualche trattato, secondo Prestowitz. Un’attenzione particolare la merita il progetto che i leader cinesi hanno battezzato «Una Cintura, Una Strada». È forse la più gigantesca opera umana di collegamento tra le nazioni, dai tempi delle strade che costruirono i nostri antenati romani. Le infrastrutture sono sempre state un segno tangibile di egemonia imperiale. Dopo la Pax Romana e la Pax Americana, si tenta di costruire un’alternativa cinese? «Una Cintura, Una Strada» è progetto ambiziosissimo (già in corso di realizzazio-

ne) che prevede un reticolato di nuove autostrade, nuove linee ferroviarie ad alta velocità, porti e aeroporti, canali e oleodotti, senza trascurare le infrastrutture di tipo digitale come le fibre ottiche per Internet. È un piano che si proietta nei mari, dal Mar della Cina all’Oceano Indiano, dal Golfo Persico al Mediterraneo dove già i cinesi hanno comprato una partecipazione nel porto ateniese del Pireo. Si proietta su territori che abbracciano tutta la penisola indocinese, il Pakistan, tante ex-repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, fino ad arrivare all’Europa dell’Est. Poi ci sono le propaggini che si diramano verso il Corno d’Africa o il Mar Rosso. Se si realizzerà per intero, questo progetto titanico «Una Cintura, Una Strada» alla fine collegherà il Pacifico all’Europa, velocizzando e facilitando ogni sorta di comunicazioni e trasporti. Con al centro la Cina. La quale non fa solo i piani, ma li paga di tasca sua, in gran parte, per esempio attingendo al fondo sovrano che Pechino ha battezzato Silk Road Fund cioè il fondo della Via della Seta. Oppure chiama altri paesi a co-finanziare questi giganteschi cantieri, ma usando delle nuove istituzioni sovranazionali sotto la sua influenza, come l’Asian Infrastructure Investment Bank e la New Development Bank. Centinaia di miliardi di dollari sono già stanziati, altri sono in arrivo. Il valore complessivo di tutti gli investimenti per unificare l’Eurasia e avvicinarla all’Africa, guarda caso è proprio di 4000 miliardi, quante le riserve valutarie attuali della Cina. Non manca in questo piano visionario un elemento difensivo: mentre gli Stati Uniti si avvicinano a grandi passi all’autosufficienza energetica, la Cina continua a dipendere dal petrolio degli altri, perciò è costretta a consolidare i suoi rapporti con un Medio Oriente in pieno caos. Inoltre l’enormità delle riserve valutarie di Pechino potrebbe rivelarsi effimera, o quantomeno fragile: il sistema bancario cinese ha problemi gravi.

Più in generale il presidente Xi Jinping sembra lanciato in una corsa contro il tempo: deve diversificare le fonti del dinamismo cinese, perché il vecchio modello basato sulla manifattura a basso costo e sull’esportazione sta perdendo colpi, e la crescita rallenta anche in Cina. Resta il fatto comunque che già esistono, ben visibili, le idee per lanciare una nuova fase della globalizzazione che parlerà mandarino. È dunque troppo tardi per correggere la rotta in nostro favore?

Nel secolo post ideologico che è il XXI secolo c’è la nuova divisione fra globalisti e localisti Inoltre: siamo sicuri di essere d’accordo tra noi, sul da farsi? Il fatto è che noi occidentali siamo profondamente divisi. E proprio la globalizzazione è diventata uno dei grandi discrimini ideologici. Il settimanale «The Economist» ha centrato questo tema, quando nell’estate del 2016 ha dedicato una copertina al New Divide, la nuova grande spaccatura che attraversa le nostre società. In una copertina emblematica, «The Economist» descrive così il mondo di oggi: ci sono due tribù, su un altopiano che è diviso in due da una spaccatura, un crepaccio profondo. Da una parte c’è il popolo degli ottimisti, dei globalisti, dei multiculturali e multietnici: in mezzo a loro campeggia un cartello con su scritto «Benvenuto» (agli stranieri s’intende) e sul loro cielo si staglia un bell’arcobaleno. Di là dal burrone, sull’altra metà dell’altipiano c’è un popolo intento a costruire una grande muraglia protettiva. Il loro cartello dice «Vietato l’accesso». Insomma nel secolo postideologico che è il XXI, al posto dei vari «ismi» del Novecento (comunismo e socialismo, fascismo e nazismo)

ci sarebbe un nuovo tipo di divisione, tra globalisti e localisti. Tra quelli che continuano a vedere nell’apertura delle frontiere un elemento di progresso, e quelli che invece vogliono ritirarsi dietro i confini nazionali, alzare il ponte levatoio, proteggersi così dal minaccioso caos esterno. Obama è un leader della prima tribù, ma ultimamente sembra crescere sia a destra che a sinistra il richiamo dei nazionalismi e dei protezionismi. «The Economist» non si limita a constatare qual è la nuova divisione ideologica del nostro tempo. Indica anche una strada per ricucirla. Nel numero del settimanale inglese con quella copertina, un editoriale afferma che «la soluzione ai nostri problemi non è la costruzione di barriere, ma l’adozione di politiche coraggiose che salvino i benefici dell’apertura e riducano gli effetti collaterali negativi. I beni e gli investimenti devono circolare liberamente, ma bisogna rafforzare le reti di sicurezza sociali per offrire sostegno e nuove opportunità a coloro i cui posti di lavoro vengono eliminati». Segue una lista di cose da fare perché globalizzazione non sia più sinonimo di diseguaglianze crescenti o di impoverimento generazionale: tra l’altro governare meglio i flussi migratori garantendo un inserimento produttivo degli stranieri; investire in infrastrutture pubbliche, nell’istruzione dei giovani e nella riqualificazione dei meno giovani. Son cose di buon senso. Anche troppo. Sorge spontanea la domanda: perché non siamo ancora riusciti a farle? Come si possono continuare a ripetere gli elenchi di riforme necessarie, senza accorgersi che le stesse cose venivano dette dieci anni fa, perfino 25 anni fa? Ci dev’essere una ragione, o una serie di ragioni, per cui non abbiamo saputo o voluto governare la globalizzazione come andava fatto. Se non partiamo da qui, dalla spiegazione delle mancate riforme, qualsiasi difesa d’ufficio della globalizzazione futura è inefficace, poco credibile, perfino ipocrita.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Politica e Economia

Quale lavoro sognano i futuri economisti e ingegneri?

Formazione e impiego Secondo l’annuale studio di «Trendence» gli studenti mettono l’accento sulla conciliabilità

tra professione e vita privata e sulla qualità dell’ambiente di lavoro, anche a costo di un salario inferiore

Ignazio Bonoli Finita l’università, dove trovare un posto di lavoro confacente? A questa domanda risponde un’inchiesta, condotta di anno in anno dall’istituto berlinese «Trendence» in tutta Europa. Tramite un formulario «online», l’istituto chiede agli studenti che stanno per affrontare gli esami finali dove avrebbero piacere di lavorare e quali timori hanno per l’inizio del lavoro e la carriera che vorrebbero compiere. Anche quest’anno, in Svizzera, sono stati interpellati 5’100 studenti vicini al termine degli studi, nelle varie università elvetiche. 1’800 di questi studiano economia e 2’000 frequentano corsi di ingegneria e tecnologia dell’informazione. Ogni anno si constata che la lista dei desideri degli studenti diventa sempre più lunga. Tuttavia la maggior parte di questi desideri riguarda la conciliazione della vita lavorativa con quella privata, le possibilità di sviluppo della carriera, gli avanzamenti, la buona armonia con i colleghi e con i superiori. Fra gli studenti in Svizzera si nota però un certo cambiamento: in passato, si attribuiva un elevato valore allo stipendio, mentre oggi questo sembra non essere più un criterio dominante. Questo cambiamento viene rilevato in particolare tra gli studenti di economia e nei futuri ingegneri. Una maggioranza di studenti sa-

rebbe persino disposta ad accettare salari inferiori in cambio di un buon rapporto fra vita di lavoro e vita privata. Lavorare presso un’azienda importante continua invece a godere di un alto apprezzamento. Ancora una volta in testa alle preferenze degli studenti di economia figura UBS, mentre nelle preferenze degli ingegneri è sempre in testa Google. Come già l’anno scorso, anche quest’anno le banche confermano la loro attrattività quali datori di lavoro. Oltre a UBS, anche Credit Suisse, Julius Baer e perfino la Banca Nazionale migliorano la loro potenzialità, mentre le sedi di grandi complessi mondiali non riescono a tenere il passo. Sembra così superata – in questo campo specifico – la crisi che aveva colpito il settore negli anni 2013 e 2014. Tra le aziende di consulenza la Price Waterhouse Cooper conferma il primato, davanti alla McKinsey, che però ha toccato quest’anno un record di preferenze, e ad altre quali EY, KPMG, Deloitte e Accenture. Solo la BCG perde consensi fra gli economisti, ma ne guadagna presso gli ingegneri. L’industria dei beni di consumo guadagna consensi soprattutto per un primo impiego. Ma due ditte importanti come Rolex e Swatch perdono di attrattività, probabilmente a causa di prevedibili difficoltà nell’esportazione, a causa dell’alta quotazione del franco

Le sedi di UBS e Credit Suisse al Paradeplatz di Zurigo: le due banche sono fra i datori di lavoro più ambiti dagli studenti di economia svizzeri. (Keystone)

svizzero, secondo quanto fanno notare gli esperti dell’istituto berlinese. Secondo le indagini di «Trendence», i diplomati svizzeri sono in Europa coloro che chiedono gli stipendi più alti al primo impiego. Ma quale stipendio iniziale può chiedere un neolaureato al proprio datore di lavoro? I diplomati in economia propendono per uno stipendio di circa 80’000 franchi annui. I tecnici sono un po’ meno esigenti e chiedono mediamente 76’000 franchi. Le donne diplomate sono però molto meno esigenti: circa il 12 per cento in meno per le economiste e circa il 7 per

cento in meno nelle professioni tecniche. In Svizzera però – secondo l’indagine citata – la differenza salariale tra uomini e donne è molto inferiore a quella dei paesi vicini. In Germania e Austria – per esempio – le differenze di genere sono molto più elevate. Meno di un quinto degli studenti intervistati pensa di lanciarsi nell’avventura di una propria «start up». La tendenza in Svizzera è però ancora una volta migliore di quella che si constata in Germania o in Austria. Anche in Svizzera però il denaro non è sempre un fattore determinante. Per esempio, per

il 70 per cento degli studenti considerati, la propria realizzazione personale nel lavoro è più importante dello stipendio. Solo il 23 per cento lavorerebbe – a parità di stipendio – anche per un’azienda dall’immagine non buona. Criteri importanti nella scelta sono più libertà e congedi, oltre alla vita privata o di famiglia, per i quali – soprattutto gli ingegneri – sarebbero disposti a rinunciare a parte del salario. Altro aspetto importante sollevato dall’istituto: solo il 40 per cento si sente ottimamente preparato per la professione tra gli ingegneri e circa la metà tra gli economisti. Solo il 25 per cento nutre però timori per il futuro della professione. Tra le preferenze dei diplomandi, nel settore dell’ingegneria, dominano sempre l’industria elettrica, l’informatica e l’industria delle macchine. Da notare però che le più forti, nel settore informatico, come Google, IBM e Apple guadagnano preferenze, mentre le meno forti, come Microsoft o Logitech, ne perdono. Nel settore delle macchine tutte le principali aziende perdono attrattività. Lo stesso si verifica anche nell’edilizia. In genere, si constata che il momento difficile per le esportazioni influisce sulle scelte degli studenti, sia per il settore economico che per quello tecnico. Le ditte più ambite sono UBS, Google, Nestlé e Credit Suisse, con Migros fra le prime 15 per gli uni; Google, ABB, Cern e Roche per gli altri. Annuncio pubblicitario

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Politica e Economia

L’impresa rischiosa delle banche centrali La consulenza della Banca Migros Albert Steck

Nonostante i tassi negativi si risparmia di più

Chi ha in mano le redini della politica monetaria ha assunto un rischio enorme con l’introduzione dei tassi negativi. Le prime esperienze dimostrano che l’operato delle banche centrali non stimola l’economia, bensì alimenta l’incertezza.

Albert Steck è responsabile delle analisi di mercato e dei prodotti presso la Banca Migros

Dallo scoppio della crisi finanziaria le banche centrali hanno pompato liquidità a tutto spiano. In questa rubrica ho sempre giudicato criticamente un simile operato. In realtà si rafforzano i segnali che i tassi a zero o negativi mancano i loro ambiziosi obiettivi. Al contrario, minacciano addirittura di aggravare i problemi dell’economia. L’insuccesso è evidente sul fronte dell’inflazione: il target del 2 percento perseguito dalle banche centrali rimane una chimera soprattutto in Europa e in Giappone. Anche l’attività d’investimento continua ad accusare un ristagno, sebbene le banche centrali acquistino ogni mese obbligazioni per oltre 150 miliardi di franchi. Ma questa enorme iniezione di liquidità non produce alcun effetto poiché sinora niente è cambiato per quanto riguarda le cause autentiche del blocco degli investimenti. Neppure i consumatori si attengono al copione delle banche centrali. Secondo i loro calcoli i tassi ai minimi storici dovrebbero spingere le persone ad accumulare meno denaro e a spendere di più

Svizzera

Svezia

Germania

Danimarca

Giappone

Quota di risparmio dei privati in percentuale del reddito disponibile dal 2005. (Dati OCSE)

per i consumi. Eppure, dalle statistiche risulta che la voglia di risparmio non retrocede come sperato, al contrario continua ad aumentare. Nel grafico sono raffigurate le quote di risparmio dei privati nei cinque Paesi dove gli interessi sono precipitati di più in territorio negativo. Ma perché i privati non perdono la voglia di risparmiare nonostante i tassi così bassi? Le banche centrali si aspettavano la seguente reazione: «Ri-

sparmiare è meno interessante, quindi spendo di più.» Invece, gran parte della popolazione si dice: «Per raggiungere il mio obiettivo di risparmio quando sarò in là con gli anni, in futuro dovrò gestire le mie risorse in modo ancora più disciplinato.» Invece di creare una positiva propensione ai consumi, la politica monetaria alimenta piuttosto un clima di sfiducia. I banchieri centrali hanno adottato metodi considerati pura utopia fino a

pochissimo tempo fa. Li hanno motivati sostenendo che, in questo modo, possono guidare meglio l’economia. Tuttavia, quanto più mancano i risultati quantificabili, tanto più viene minata la loro reputazione, con l’effetto che mettono a repentaglio il loro capitale più importante a lungo termine: la credibilità. L’impresa rischiosa delle banche centrali: partecipate al dibattito all’indirizzo blog.bancamigros.ch. Annuncio pubblicitario

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Politica e Economia Rubriche

Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Per gli universitari ticinesi il dialetto non conta Due colleghi regionalisti tedeschi hanno di recente analizzato se esistono barriere culturali alla migrazione degli universitari. I loro risultati sono appena stati pubblicati nella «Review of Regional Research» che non è altro che il vecchio e decorosissimo «Jahrbuch für Regionalwissenschaft» al quale si è aggiornato il titolo per far posto alle esigenze della mondializzazione. In sintesi gli autori di questo articolo ci dicono che circa la metà degli universitari tedeschi scelgono il loro primo impiego o nella regione nella quale hanno frequentato l’università, o in quella dove hanno ottenuto la maturità. Ovviamente in molti casi, le due regioni non si differenziano, perché il giovane universitario ha avuto la possibilità di frequentare il liceo e l’università nella regione in cui è cresciuto. E che cosa fa allora l’altra metà? L’altra metà si trova un lavoro in una regione che non è distante da quella del liceo

o dell’università. La regione deve però non solamente essere vicina alla regione natia, ma anche avere le stesse caratteristiche sia dal profilo della struttura urbana, sia da quello del dialetto che vi si parla. Le ricerche sui flussi migratori hanno sempre messo in evidenza la grande mobilità dei ceti con formazione universitaria. Questa nuova ricerca, invece, sottolinea che, pur muovendosi, gli universitari sono, geograficamente parlando, abbastanza inerti. Se, per ragioni professionali, l’universitario tedesco è costretto a migrare, cerca di non andare lontano e, in particolare, di andare in un luogo che è per molti aspetti simile a quello nel quale è cresciuto. In Germania, dunque, gli ostacoli culturali all’emigrazione sono dunque importanti anche per gli universitari. Completamente all’opposto si situa invece il caso ticinese. Da noi, ancora oggi, la larga maggioranza dei possessori

di maturità (circa i due terzi, senza contare coloro che studiano all’estero) emigra per andare a frequentare l’università. E non in una regione con il medesimo dialetto: in una regione dove si parla addirittura un’altra lingua. Non abbiamo indicazioni su quanti universitari rientrino in Ticino, una volta terminati gli studi. Possiamo però fare una stima confrontando il tasso di maturità (maturità professionale compresa) con la quota di occupati nel cantone che possiedono un titolo universitario. La quota di universitari impiegati nel cantone è sempre inferiore a quella dei titolari di maturità. Tra il 2000 e il 2010 si è però manifestata una tendenza alla diminuzione di questa differenza. Nel 2000, i giovani che avevano conseguito la maturità rappresentavano il 38% della loro classe di età. Nello stesso anno, però, la quota degli addetti dell’economia ticinese con una formazione

di livello universitario era pari al 20% circa. Naturalmente questo rapporto viene calcolato tenendo conto di tutti i lavoratori tra i 20 e i 65 anni. Il dato del 2000 era quindi influenzato anche dalle quote molto basse dei lavoratori in età. I paragoni sono dunque difficili. Tuttavia ci arrischiamo a considerare che la differenza tra la quota di chi ha conseguito la maturità in Ticino e la quota dei lavoratori con formazione terziaria dell’economia ticinese possa essere considerata come un indicatore (per eccesso sicuramente) dell’emigrazione di universitari ticinesi. La stessa ci dice che, all’inizio del ventunesimo secolo, quasi un universitario ticinese su due, non rientrava, alla fine degli studi, in Ticino per lavorare. Dieci anni più tardi la situazione è cambiata. Nel 2010, infatti, la quota di maturità era salita al 45,8%; quella degli addetti con formazione terziaria era pure aumentata e raggiungeva il 30%.

L’emigrazione, o per meglio dire il non rientro, degli universitari ticinesi continuava ad esistere però si era ridotto, nella prima decade del nuovo secolo, dal 47% al 34,5%, ossia da un po’ meno della metà a qualcosa più di un terzo. Inchieste dirette sull’emigrazione degli universitari potrebbero aiutare a precisare la portata di questo fenomeno di fuga dei cervelli. Le percentuali appena citate mostrano comunque che per gli universitari ticinesi la grossa barriera culturale, costituita da una lingua diversa, non rappresenta un ostacolo insormontabile. I nostri universitari sono dei veri campioni della mobilità geografica. La ragione di questa rilevante migrazione di cervelli è evidente. In molti casi gli universitari ticinesi possono costruire la loro carriera solo nelle altre regioni della Svizzera. In conclusione, la cultura della regione natia è importante, ma l’uomo non vive di solo dialetto.

cente a favore dell’Europa – e una serie di leak pubblicati negli ultimi giorni dimostrano che l’accusa era fondata: si era già capito del resto nell’analisi del voto referendario che molti laburisti non avevano votato per il «remain» contribuendo forse in modo decisivo alla vittoria della Brexit. Sull’onda di quello scorno, i laburisti cosiddetti moderati cercarono di estromettere Corbyn, con un voto parlamentare contrario e con dimissioni in massa dal governo ombra. Sembrava la fine, per lui. Ma in assenza di un’alternativa, con le tante correnti laburiste che non trovano una sintesi, a Corbyn è bastato stare zitto e fermo, in quell’immobilismo che gli è così congeniale. I suoi attivisti – che sono tanti e in crescita e che vengono sbandierati come la dimostrazione chiara e incontrovertibile del successo di Corbyn – hanno animato piazze e comizi a suo favore, e l’arrivo

del report Chilcot sulla guerra in Iraq ha affossato ancora una volta la sempre più sfilacciata resistenza blairiana. La Brexit ha tirato giù tutto tranne Corbyn, insomma, il quale è sopravvissuto anche a un’altra tempesta pesante, come quella della questione dell’antisemitismo. Dal punto di vista ideologico, questa faccenda è stata molto pesante: ci sono state sospensioni e smentite (non da parte di tutti: Ken Livingstone, ex sindaco di Londra, ancora qualche giorno fa ribadiva la sua visione, dicendo che non sarà espulso, perché nessuno può dimostrare che ha torto), ma Corbyn non ha saputo essere netto, essendo lui stesso più incline a un pensiero simile a quello dei suoi colleghi più estremisti. In realtà l’antisemitismo è il paradigma di una ortodossia ideologica che colloca questo leader, e inevitabilmente anche il Labour, in sintonia con il pensiero populista continentale.

Oggi Corbyn non può nemmeno dire di essere in linea con «il partito del 48 per cento», quel movimento senza forma che rivendica la propria contrarietà alla Brexit e che vorrebbe farsi sentire anche presso il governo conservatore di Theresa May. Il 48 per cento non ha un leader, i liberaldemocratici cercano di acciuffarlo per ora senza troppo successo; il sindaco di Londra, il laburista Sadiq Khan, è quasi un leader naturale guidando la città che più è ostile alla Brexit. Ma Corbyn è estraneo a questa dinamica: non riesce nemmeno a dire che sarebbe utile al Regno Unito rimanere nel mercato unico europeo come vorrebbero «le colombe» della Brexit. Non soltanto questa leadership laburista è contro la Nato, contro l’America, contro Israele, contro il capitalismo e contro Bruxelles: vagheggia un isolazionismo che nemmeno i falchi della Brexit si sognano.

alla stazione San Giovanni di Como avesse riportato la città lariana più vicino al corno d’Africa che alla Svizzera. Di conseguenza la Confederazione si è allontanata, intensificando i controlli e bloccando le vie d’accesso. Che la frontiera abbia assunto negli ultimi anni un crescente significato politico-elettorale è sotto gli occhi di tutti. L’euforia che, dopo il novembre del 1989, accompagnò il crollo del muro di Berlino, il «muro della vergogna», è svanita. Ovunque rispuntano recinti di ogni genere, dall’Ungheria al Nord della Francia. Steccati d’acciaio eretti non più per arrestare ideologie, ma per fermare la carovana dei miserabili che fugge da guerre, carestie, miseria, dittature, regimi criminali; una nuova «migrazione dei popoli» che dall’Africa risale foreste e deserti per raggiungere le sponde del Mediterraneo e da lì proseguire per le fredde terre nordiche, Paesi di consolidata democrazia ma ora sempre più inclini a chiudere le porte. Non sorprende quindi che l’opinione pubblica non distolga, neppure per un attimo, lo sguardo dalla frontiera.

Ogni vibrazione insospettisce, ogni sussulto desta allarme. Ciò che avviene lungo la linea di confine investe e scuote le coscienze. La dialettica apertura/chiusura polarizza umori e stati d’animo. Radicalizza le posizioni e annulla gli spazi intermedi. C’è chi propugna la semplice blindatura, chi invece un’apertura ragionata, in un’ottica umanitaria (che è poi la tradizione migliore della Svizzera moderna). Tra un polo e l’altro operano partiti e gruppi di pressione, tutti impegnati a trarre dall’emergenza il massimo profitto in termini di consensi (da tradurre poi in voti alle prossime elezioni cantonali). Oggi l’attenzione che si pone ai movimenti di frontiera, dai lavoratori ai rifugiati, decreta il successo o l’insuccesso di una formazione politica. Il sostegno alla libera circolazione, un tempo bandiera degli spiriti europeisti, preannuncia sin d’ora sonore sconfitte; promette invece orizzonti rosei l’intenzione di calafatare ogni pertugio. Se nei prossimi anni (non diciamo mesi), la situazione nella gestione dei migranti non dovesse migliorare, il copione politico del 2019 appare già scritto.

Affari Esteri di Paola Peduzzi Corbyn, il falco dei falchi La contesa per la leadership del Labour britannico si concluderà il 24 settembre quando, con l’apertura dell’annuale conferenza del partito che quest’anno torna a Liverpool, sarà annunciato il vincitore tra l’attuale leader, Jeremy Corbyn, e il suo sfidante, Owen Smith. Sorprese ce ne possono essere sempre – il Regno Unito è ancora scosso dalla sorpresa della Brexit quindi è particolarmente sensibile – ma in realtà nessuno pensa che Corbyn possa essere sconfitto. Smith ha fatto una campagna piuttosto ondivaga e goffa, il suo profilo non è alternativo a quello di Corbyn, è soltanto appena più moderato, e quindi molti sono convinti che per ritrovarsi con un Corbyn-light sia a questo punto più conveniente tenersi quel che c’è già. Questa considerazione già spiega lo stato del Labour in questo 2016: le lotte interne hanno una lunga storia, come si sa, ma se i leader continuano ad azzan-

narsi sull’onda di faide che risalgono agli anni Novanta, il problema è che il flusso di idee innovatrici si è arrestato. Non c’è più il New Labour, è tardi per l’Old Labour, resta un partito informe e di scarsissima popolarità: non c’è sondaggio in cui il Labour sia in vantaggio. Così, tra rinunce e rassegnazioni, la leadership di Corbyn, laburista che ha il record di voti in dissenso con la linea del partito, resiste da un anno. Settembre, con il rientro parlamentare e le conferenze nazionali, è il momento dei bilanci e quello di Corbyn parla di un’opposizione ideologica molto forte al partito conservatore, di qualche proposta non esattamente memorabile, ma soprattutto di una tenacia invidiabile, che gli ha permesso di sopravvivere a una gran contestazione interna. Il suo governo ombra è esploso dopo il voto della Brexit: Corbyn era accusato di non aver fatto una campagna convin-

Cantoni e spigoli di Orazio Martinetti La frontiera come detonatore politico La frontiera è una linea divisoria che muta nel tempo. I rivolgimenti politici, economici e tecnologici ne determinano natura e destino. È barriera, ma spesso soltanto un cippo, un segno nel territorio. La rete, il web, non conosce confini, almeno finché un autocrate non decida di introdurre restrizioni. Nel corso dei secoli abbiamo conosciuto la frontierafiltro, la frontiera-cerniera, la frontierasaracinesca. La frontiera è porosa in tempo di pace: benché visibile, con i suoi doganieri in divisa, non spaventa, anzi favorisce gli scambi e i commerci. Si pensi alle fortune di Chiasso con le sue case di spedizione, fonte di occupazione e di benessere per alcune generazioni. Un rapido sguardo alle professioni esercitate nel secolo scorso rende l’idea di quanto fosse articolato quel mondo pur ingabbiato in una serie di vincoli imposti dalla situazione internazionale o dai trattati commerciali. Ecco che cosa prevedevano i contratti collettivi stipulati negli anni 30: «Nella categoria A) sono da inscrivere i capi contabili con mansioni direttive; i capi reparti spedizionieri; cassieri, la cui attività giornaliera sia comple-

tamente assorbita dal lavoro di cassa o inerenti alla cassa dichiaranti di primo grado; tariffeurs; contrattori di trasporto (acquisiteurs che abbiano facoltà di impegnare la Ditta); impiegati con obbligo di corrispondere in più lingue. Nella categoria B) aiuti contabili con la tenuta di libri principali, aiuto

Il cippo più meridionale della frontiera con l’Italia. (Keystone)

dichiarante, fatturista, ordinatore di spedizioni in base agli avvisi, cassieri con mansioni varie d’ordine, personale a diretto contatto con funzionari di dogana e ferrovia per appianare divergenze, verificatori di documenti di trasporto e di dogana e reclami, corrispondenti in una sola lingua, piazzisti. Nella categoria C) compilatori di lettere di vettura e bolle doganali, registratori di spedizioni sul libro di spedizione e tutto l’altro personale che non può essere ascritto a una delle precedenti categorie». La frontiera riacquista invece il suo volto arcigno quando il cielo si oscura. A questo punto i passaggi si chiudono. Rispuntano le sbarre, le reti metalliche, le garitte, le guardie. Ciò che prima fluiva da un versante all’altro senza intralci, anzi secondo una logica condivisa da entrambe le parti, subisce improvvisamente un intoppo. La corrente s’interrompe. Nel caso specifico, i pochi metri che dividono Chiasso da Ponte Chiasso diventano chilometri: un altro mondo, una distanza immensa. È come se l’accampamento sorto


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Cultura e Spettacoli Riflessioni ginevrine Il Festival La Bâtie di Ginevra offre una serie infinita di spunti sull’arte e il vivere di oggi pagina 39

La seconda volta di Tom Ford Animali notturni, tratto dal romanzo di Austrin Wright e realizzato nella versione cinematografica da Tom Ford, ha vinto il Leone d’argento a Venezia

Una cultura che sia per tutti È cominciata la nuova stagione del Percento culturale Migros, con proposte per ogni esigenza

Vinicio e la polvere Nel festival più strano di Italia Morandi canta con Giovanna Marini, grazie a Capossela

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L’anarchico a puntini

Mostre Paul Signac al MASI di Lugano

Paul Signac, Juan-les-Pins. Soir (1914). (Collezione privata; foto Maurice Aeschimann)

Gianluigi Bellei Un avvenimento può essere raccontato in diversi modi tanto che a volte sembra che non si parli dello stesso. Un oggetto può essere visto diversamente da una persona o da un’altra. Un rosso vermiglione non è sicuro che sia percepito come lo stesso colore da gruppi etnici diversi. La macrostoria può essere raccontata da angolazioni opposte; figuriamoci poi un singolo avvenimento. Mettiamoci nei panni contemporaneamente di un tagliagole di Daesh con il pugnale in mano e di un ostaggio in ginocchio davanti a lui mentre sta per essere sgozzato… certamente non pensano la medesima cosa. Ma facciamoci un’altra domanda: sono le idee che influiscono sulla Storia e sugli avvenimenti o sono la Storia e gli avvenimenti che influiscono sulle idee? Anche qui, a seconda dei vari approcci di pensiero, le risposte divergono. Una mostra, e qui siamo al centro del problema, può essere attendibile, o è sempre frutto di uno dei tanti punti di vista, condivisibile o meno? Per essere maggiormente precisi nella domanda, in questo caso ci si può chiedere se un’esposizione frutto unicamente della raccolta di opere di un solo nucleo famigliare può considerarsi esaustiva o meno? Può essere di aiuto per la nostra conoscenza o solo un esercizio estetico fine a sé stesso? E così siamo arrivati al centro della questione: l’esposizione su Paul Signac al Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano intitolata Riflessi sull’acqua curata da Marina Ferretti Bocquillon, esperta di Signac, direttrice scientifica del Museo dell’Impressionismo a Giverny, nonché in-

stancabile organizzatrice di mostre sull’artista con una predilezione per i soggetti acquatici. Ricordiamo quelle del 2012 al Musée des impressionistes a Giverny; nel 2013 al Musée Fabre a Montpellier; nel 2016 alla Fondation de l’Hermitage di Losanna, per terminare oggi, appunto, al MASI di Lugano. Ma andiamo per ordine. Che cosa è importante sapere? La prima cosa è che Signac era un anarchico. La seconda è che le sue due opere fondamentali sono rispettivamente Au temps d’harmonie (il primo titolo è Au temps d’anarchie), un olio del 1893-’95 visibile oggi alla Mairie de Montreuil e Le Démolisseur del 1897-’99 ubicato al Musée d’Orsay di Parigi. Sintetizziamo ora il contesto storico del periodo. Dopo la guerra franco-prussiana del 1870 e la Comune di Parigi, la Terza repubblica impronta la sua retorica sull’idea della ricostruzione. Partendo dalle infrastrutture, come i trasporti, dalla riedificazione de l’Hôtel de Ville di Parigi nel 1881 alla realizzazione della monumentale Statue de la Liberté di Bartholdi del 1884, poi donata agli Stati Uniti, fino alla Tour Eiffel eretta per l’Esposizione universale del 1889. Parallelamente crescono i problemi sociali legati ai salari e agli orari di lavoro. Fra il 1880 e il 1890 inizia la propaganda anarchica. Nel 1885 il periodico anarchico «Le Révolté» trasloca da Ginevra a Parigi, sotto la direzione di Jean Grave, con il nuovo titolo di «La Révolte». Nel 1882 la polizia parigina stima il numero degli anarchici in meno di 200 persone. L’anno seguente diventano 2400. In un saggio del 2010 Richard Thomson nota che

esistono due tipi di anarchici: quello individualista e quello comunitario. Il primo è il più violento. Nel 1892 Ravachol lancia due bombe contro un procuratore, come nel 1893 Auguste Vaillant contro la Chambre des Députés; l’anno seguente Emile Henry mette un ordigno al Café Terminus de la Gare Saint-Lazare e infine Sante Caserio uccide il presidente della repubblica Sadi Carnot. In quell’anno 250 anarchici sono arrestati e fra questi il pittore Maximilien Luce e il critico d’arte Félix Fénéon. Signac si impegna nel movimento anarchico e nel 1891 pubblica su «La Révolte» il testo Impressionnistes et révolutionnaires molto critico nei confronti degli ipocriti della ricostruzione. Da notare che a «La Révolte» collaborano molti artisti vicini al movimento anarchico come Camille Pissarro, suo figlio Lucien, Henri-Edmond Cross, Charles Angrand, Théophile Alexandre Steinlen, Félix Vallotton, František Kupka e Édouard Vuillard. Fra il 1893 e il 1895, Signac lavora alla grande tela Au temps d’anarchie. L’artista si oppone alla violenza individualista ma non disdegna di realizzare un’opera che inneggia all’anarchia mescolando le nuove teorie ottiche di Eugène Chevreul ­– sul contrasto simultaneo fra colori complementari, fondamentali per la nascita del Pointillisme del quale dopo Georges Seurat è il maggiore interprete – a valori del classicismo quali ordine e armonia. Il tutto inserito in un contesto bucolico. Perché la società del futuro per alcuni anarchici ha un aspetto contadino di unione fra uomo e lavoro della terra. Una specie di Eden dove è parzialmente assente l’industrializzazione e l’odiata civiltà

delle macchine. Una contraddizione che nei decenni successivi porterà il movimento anarchico ai margini delle rivolte sociali sempre maggiormente incanalate, come previsto da Karl Marx, nella lotta operaia. In ogni caso la tela è un inno alla felicità campestre, dove alla scomposizione della luce fa da contrasto la ieraticità delle figure con il gallo simbolo dell’anarchia in basso a destra. Le Démolisseur al contrario è un atto di accusa contro la ricostruzione repubblicana e mostra un uomo muscoloso picconare un edificio, simbolo dello Stato oppressivo. Nella relativa litografia pubblicata l’anno precedente la realizzazione dell’olio sul giornale anarchico «Les Temps nouveaux», diretto sempre da Grave, disegna chiaramente il sole come simbolo della nuova società anarchica. La mostra luganese presenta 140 lavori; quasi tutti acquarelli, molti dell’ultimo periodo, – Signac muore nel 1935 – e legati al tema dell’acqua. Dal 1890 l’artista esplora le coste del Mediterraneo per stabilirsi a SaintTropez dove cerca quel paradiso perduto – di dune, spiagge, marine, barche e silenzio – che fa parte del suo bagaglio culturale e politico. Negli ultimi anni i suoi puntini diventano più larghi e rettangolari, il che gli toglie un po’ di schematicità, mentre gli acquarelli assumono un aspetto meno segnico per diventare via via maggiormente fluidi. Una mostra gradevole, in fondo, con un gravissimo difetto: è l’espressione del revisionismo tanto in voga negli ultimi tempi. Lo si desume dal catalogo. Non troverete quasi nulla di quanto scritto in questo articolo. La

lettura di Au temps d’harmonie – in mostra in una scialba litografia: non si capisce se si tratta di una prova di stampa o di un esemplare riuscito male – è fuori contesto e fuorviante. Nessun cenno, nemmeno nella cronologia, a Le Démolisseur – eppure oltre a essere un’opera significativa non è nemmeno tanto piccola da passare inosservata. Il grande dibattito sull’arte rivoluzionaria anarchica viene liquidato in poche righe. Chi ha scritto che «nonostante le convinzioni anarchiche» Signac predilige un linguaggio nuovo alle opere progressiste non ha recepito sicuramente nulla né dell’artista né di quello che succedeva in quegli anni. Facciamo un altro esempio: in mostra c’è uno splendido olio raffigurante il Mont Saint-Michel del 1897. Qui è rappresentato tutto il pensiero dell’anarchico Pëtr Alekseevič Kropotkin quando sostiene che nelle cattedrali medievali si nota l’aspirazione comunitaria dell’arte. «Per gli anarchici – scrive sempre Richard Thomson – le cattedrali incarnano l’ideale di collettivizzazione tramite il suo lavoro costruttivo». La cattedrale di Saint-Michel per Signac rappresenta l’altra faccia del Démolisseur, quella del suo sogno utopico. Per la curatrice, al contrario, soltanto la testimonianza di uno dei suoi tanti viaggi. L’illuminazione dell’esposizione è al di sotto degli standard museali. Dove e quando

Paul Signac. Riflessi sull’acqua. MASI, Lugano. A cura di Marina Ferretti Bocquillon. Fino all’8 gennaio 2017. Catalogo Skira. www.masilugano.ch


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Cultura e Spettacoli

Racconti sussurrati

Nero carbone

dal sapore orientale e momenti di (a volte) cruda riflessione

dell’Università di Ginevra Toni Ricciardi dedicato alla tragedia di Marcinelle

Rassegne Per i suoi quarant’anni La Bâtie ci offre parole dolci

Pubblicazioni Una ricerca dello storico

Stefano Vassere

I protagonisti dello spettacolo di Milo Rau, Five Easy Pieces, vietato ai minori di 16 anni. (Phile Deprez)

Giorgia Del Don All’alba dei suoi quarant’anni il mitico festival ginevrino La Bâtie non ha perso nulla dello spirito anticonformista, libero e sfacciato degli inizi. Nato dal bisogno delle differenti associazioni culturali della capitale romanda di ritrovarsi sotto lo stesso tetto (che all’epoca era stellato e protetto dalla vegetazione del Bois de la Bâtie, da cui ha preso il nome), il festival fluttua sulla leggera scia delle scene aperte degli anni Settanta. Da allora le cose sono inevitabilmente cambiate e l’energia DIY ha lasciato il posto ad un professionalismo allo stesso tempo invadente e necessario. La Bâtie abbandona progressivamente il suo cielo stellato per rifugiarsi nelle nuove sale da spettacolo che cominciano a spuntare in giro per la città: la storica Usine, il teatro del Grütli, il Pitoëff e molti altri. Questa natura itinerante, costantemente in movimento, iperattiva e strettamente legata all’attualità, ha da subito rappresentato la forza di un festival che ancora oggi non smette di ricercare nuove possibili collaborazioni, nuove possibilità d’evoluzione (La Bâtie coproduce quest’anno ben ventidue spettacoli!). La realtà che ci circonda è sempre più frenetica, sfuggente (e non necessariamente amica della cultura) e anche le manifestazioni artistiche sono obbligate a correre sempre più veloci, a guardare sempre più in là per prevedere un futuro caratterizzato dall’incertezza. In questo senso l’immagine grafica del festival ginevrino (per la sua quarantesima edizione una pasta dentifricia formato XXL) riesce ogni anno a stupirci sdrammatizzando una situazione a volte tesa, come a ricordarci che il motore principale dell’arte è l’ironia. Per festeggiare i quarant’anni La Bâtie ha barattato la torta e le candeline con una figura tutelare forte, ammaliante e spregiudicata: Sherazade, l’eroina delle famose Le mille e una notte. Il suo coraggio, che l’ha spinta ad opporsi alla crudeltà di un sultano assetato di vendetta con un’arma apparentemente inoffensiva (ma in realtà carica di un’immensa forza rivoluzionaria): l’immaginazione e l’arte, non poteva che diventare, per sedici giorni, il simbolo di un festival che resiste, malgrado tutto. Ogni anno La Bâtie, così come molte altre manifestazioni in Svizzera ma non solo, sfida il pragmatismo ambiente, prodigando sforzi immani per rendere coscienti i «potenti» della necessità della cultura come vettore di cambiamento, e già solo per questo non possiamo che esserle grati. A volte un gesto, uno sguardo, una poesia, dicono molto di più di mille discorsi, ma soprattutto permettono a ognuno di noi di ragionare libera-

mente, di confrontarci e scontrarci con il mondo a modo nostro. La figura di Sherazade brilla sin dal primo giorno della manifestazione grazie a un concerto intitolato proprio Scheherazade.2, del leggendario e camaleontico compositore americano John Adams che si esibisce per la prima volta in Svizzera. Per l’occasione l’Orchestra della Svizzera Romanda ha avuto l’onore di essere diretta dal gigante statunitense (il padre «buono» del minimalismo, con Terry Riley e La Monte Young, e più tardi Steve Reich e Philip Glass) nel maestoso decoro del Victoria Hall. Capace come nessuno di innovare e rinnovarsi, Adams è uno dei pochissimi compositori a lavorare in stretto contatto con l’attualità (nel 2001 vince il Premio Pulitzer per On the Transmigration of Souls, composizione commemorativa per gli attentati dell’11 settembre). È proprio questa sua capacità di riallacciarsi alla complessità che lo circonda, sintetizzando alla perfezione musica «colta» e popolare, a trasformarlo in candidato ideale alla presidenza di questa quarantesima edizione del festival La Bâtie. A rendergli omaggio POL, musicista faro della scena artistica ginevrina che riprende l’intrigante Hoodoo Zephyr per creare la scultura electro minimalista DryHope e il coreografo svizzero Thomas Hauert che con l’Ensemble Contrechamp ha creato una poetica e complessa coreografia sulle note di Phrygian Gates e Hallelujah Junction. Tanti, tantissimi spettacoli che invece di essere suddivisi per categorie (danza, teatro, musica) evolvono liberamente nutrendosi degli spunti di riflessione che la realtà gli offre. Sfilano quindi durante i sedici giorni del festival progetti inaspettati e pluridisciplinari come l’esplosivo Creation 2016 dei francesi Cecilia Bengolea e François Chaignaud, che mischia canti polifonici tradizionali medievali e complessi ritmi dancehall in arrivo direttamente dalle strade di Kingston, o ancora il disorientante DRIFT della performer franconorvegese Caroline Bergvall, spettacolo ibrido fra voce, musica e video che dà vita ad una materia testuale e sonora in costante movimento, in fuga, espatriata. Come i racconti notturni sussurrati dall’ammaliante Sherazade molti progetti del festival sul Lemano giocano con l’oscurità. «Molto prosaicamente, balliamo la notte: è la struttura minima del nostro desiderio» dice il radicale coreografo francese Boris Charmatz che ancora una volta, con il suo nuovo Danse de nuit (coprodotto con La Bâtie), si interroga sul ruolo degli interpreti, sei per l’occasione; un’orda di barbari futuristi che gridano slogan stralunati di fronte ad un pubblico disorientato che deam-

bula sul piazzale dell’intrigante Pavillon Cicli, tutto di cemento vestito. Ad accompagnare Charmatz in questo pellegrinaggio notturno, l’artista pluridisciplinare Christian Rizzo (Le syndrome ian) che fa affrontare sul ring la sensuale disco music e l’oscura «danza epilettica» del poetico Ian Curtis, risuscitando così un universo inquietante e catartico tutto anglosassone. Se per alcuni la notte si è trasformata in decoro, altri hanno preferito affrontare l’oscurità scavando nei meandri più perversi dell’essere umano. L’imprevedibile (e richiestissimo) Milo Rau ci regala Five Easy Pieces, uno spettacolo spiazzante su uno dei momenti più cupi della storia belga recente: il caso Dutroux. Attraverso il candore dei suoi giovani protagonisti, che interpretano le differenti persone coinvolte nel caso (vittime, poliziotti,…), Rau mette a nudo il contrasto fra la loro ingenua percezione delle cose, il loro disagio, e la perversione spaventosamente umana del carnefice. Uno strabiliante spettacolo per adulti interpretato da bambini che rappresenta uno dei momenti più intensi del festival. A fare eco alla crudeltà di Milo Rau la potente Lisbeth Gruwez che con il suo We are pretty fuckin’ far from ok (un nome, un programma) mette graficamente in scena due corpi convulsi dalla paura, senza dimenticare l’enfant terrible dell’arte contemporanea Théo Mercier che, accompagnato da François Chaignaud, ci trasforma in testimoni di un duetto notturno, pericoloso e seducente, fra un motociclista mascherato e una clavicembalista (!). Infine, dopo questa balade nel cuore delle nostre paure, La Bâtie ci fa riemergere per ricordarci che al di là dell’orrore tanti sono quelli che resistono e che si battono, come la stessa Sherazade, con la forza dell’arte. Primo fra questi il rivoluzionario Omar Abusaada, uno dei più grandi registi siriani contemporanei che con il suo Alors que j’attendais mette in scena una fiaba crudele incentrata sulla figura di Taim, giovane brutalmente ucciso dopo essere scomparso in circostanze misteriose mentre attraversava uno dei numerosi checkpoint di Damasco. Alors que j’attendais analizza, attraverso un racconto che sembra venire dall’aldilà, l’impatto della guerra civile sulla vita di chi resiste, come può. Indispensabile. Anche lui strettamente legato all’attualità, il franco-africano Salia Sanou parte nella sua Burkina Faso natale dove anima durante vari mesi degli atelier di danza per un gruppo di rifugiati malesi. Il risultato di quest’esperienza è Du désir d’horizons, uno spettacolo potente sull’esilio che omaggia l’arte come vettore di cambiamento, un’arte che resiste all’indifferenza e ci permette ancora di sperare.

«L’immagine della loro terra, i verdi campi, il sole, le piazze del paese nelle mattine di domenica, la vecchia casa, le immagini più care della gioventù sono forse riapparse agli infelici, mentre la mortale trappola si chiudeva tra i nembi di fumo, il sudiciume, l’orrore della sepoltura». Primo. Che l’incendio della miniera di Marcinelle dell’8 agosto 1956 nel quale morirono 262 operai tra cui circa la metà italiani possa essere considerato una specie di suprema tragedia della vicenda migratoria italiana, la tragedia per antonomasia, quella che le rappresenta simbolicamente tutte, quella infine che mette in scena l’insieme dei dolori di un popolo, è decisamente fuori di dubbio. Ce ne sono tutte le caratteristiche. Secondo. La ricostruzione storica di una vicenda che abbia questo terribile epilogo è, puntualmente, un elenco di fatti e circostanze sbagliate e tragicamente concordanti nel condurre a quell’infausto destino.

Un libro commovente in cui dalla prima pagina si annuncia una tragedia ad oggi indimenticata Toni Ricciardi è storico delle migrazioni nell’Università di Ginevra e pubblica, con un generoso capitolo documentario di Annacarla Valeriano, questo commovente Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone, libro che per la prima volta allarga i confini della vicenda e ne sonda qualche prospettiva socio-culturale e qualche premessa storico-politica. È infatti molto lungo l’apparato di avvicinamento a quei fatti, una serie di atteggiamenti politici e di misure istituzionali, certamente di mentalità, che partendo dagli aneliti di sbocchi coloniali e posti al sole, fino alle necessità di pacificazioni demografiche, vedono lo Stato italiano programmare per legge la partenza di un numero cospicuo di suoi cittadini tra cui i minatori del Belgio. Qualche aspetto di questa cornice merita certamente la qualifica dell’originale novità in questo particolare ambito di studi. Per esempio, è utile sapere che «tra il 1945 e il 1950, il 45% dei maschi maggiorenni di tutti i ceti

La copertina del libro dedicato alla tragedia di Marcinelle.

sociali e di tutte le regioni desiderò ardentemente espatriare, testimoniando come fosse diffusa una sorta di «psicosi d’emigrazione»». E può essere curioso qualche risvolto legato alle terre di conquista dell’Italia dell’epoca, per esempio le trattative del primo Ventennio fascista con l’Unione Sovietica per una ipotetica espansione italiana in Siberia, oppure i tentativi di sfogare la pressione dovuta alla scarsa disponibilità agricola chiedendo al governo turco uno sbocco verso l’Anatolia. Poi, naturalmente, dopo profonde pagine dedicate alle partenze, agli apparati ufficiali e informali di assistenza alla migrazione, ai treni, alle concentrazioni nelle stazioni, le visite mediche, le prime impressioni («probabilmente sarebbe stato il caso di destinare maggiore attenzione al perché molti, dopo soli pochi giorni, volessero a tutti i costi ripartire»), c’è la tragedia in sé. Che è annunciata anche negli aspetti inevitabilmente estetici e narrativi dall’esordio, che richiamano il grande Émile Zola di Germinal, «l’inizio del lungo processo di mitizzazione della figura del minatore, eroe di un’intera nazione». Una tragedia come questa si qualifica ormai nel come se ne raccontano i motivi più centrali. In questo molto civile libro, la sequenza del dolore, i primi accadimenti, la pena dei soccorsi, gli sguardi attoniti delle persone accasciate appena fuori dell’inferno, le ricerche e le identificazioni, il pianto dei contesti di origine altrettanto desolati di quei luoghi infernali con le «baracche di cartone catramato fradice per l’umidità», l’inevitabile e giustamente coltivata memoria dei sopravvissuti e dei loro discendenti. La citazione qui all’inizio, così spudoratamente pascoliana, «ora là, nella casa romita, lo aspettano, lo aspettano in vano», è del maestro Dino Buzzati. Poi, nell’indice dei nomi e degli autori che chiude il volume, grande spazio è dedicato a Paolo Di Stefano, conosciuto autore di una narrazione su quella terribile storia. Sono toccanti, infine, le fotografie d’epoca in apposita raccolta. Bibliografia

Toni Ricciardi, Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone, con un capitolo di Annacarla Valeriano sulla tragedia tra cronaca, documenti e immagini, Roma, Donzelli editore, 2016.


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Cultura e Spettacoli

Romanzo-film: uno a uno

Cinema Alla Mostra del cinema di Venezia lo stilista Tom Ford ha vinto il Leone d’argento grazie alla geniale

trasposizione cinematografica di un romanzo di Austin Wright Mariarosa Mancuso Riassunto della puntata precedente. Nel 2009 Tom Ford – quel Tom Ford, lo stilista che prima di creare il proprio marchio aveva rilanciato la storica casa Gucci – girò un film come regista. Era intitolato A Single Man, dal romanzo di Christopher Isherwood Un uomo solo. Parlando di cinema, Christopher Isherwood è anche l’inventore di Sally Bowles, la matta che nel film Cabaret – l’attrice era Liza Minnelli – urla sotto i ponti della ferrovia, si dipinge le unghie di verde e manda giù un uovo crudo come cura per il dopo-sbronza. A Single Man non fu una gran riuscita – tanto per dire le cose come stanno – anche se in molti lo trovarono «dolente». Aggettivo multiuso che fa sempre fare bella figura (vuoi mettere rispetto a «commovente»?) e pare perfino tiepido, per l’ultimo giorno di vita di un professore universitario che decide di suicidarsi, incapace di sopportare la morte del compagno. Siamo nella California del 1962, gli arredi e i vestiti erano curati più della recitazione – anche il completo scelto dal morituro per la bara, appoggiato sul letto con scarpe calze e cravattino – e intervallati da scene oniriche di dubbio gusto. Non sembrava possibile che un creatore di moda tanto bravo ed elegante nel suo mestiere esibisse sullo schermo «un’estetica da sciampiste». Così la chiamammo, in un articolo che fu citato da Alberto Arbasino (e ancora ne andiamo fieri).

Con un po’ di terrore, alla Mostra di Venezia, ci siamo avvicinati a Nocturnal Animals, secondo film di Tom Ford tratto dal romanzo di Austin Wright Tony & Susan (esce da Adelphi come Un uomo solo, lo stilista non cede di un millimetro sull’eleganza delle copertine). Era la storia di un manoscritto recapitato con un biglietto – «vorrei tanto che lo leggessi» – da un ex marito alla moglie che intanto si è risposata (e però ricorda ancora che il consorte aveva ambizioni letterarie, da lei considerate uno spreco di tempo e di energie: anche per questo avevano divorziato). La lettrice designata (si chiama Susan, ha 50 anni, tre figli e un marito chirurgo partito per un convegno) legge il manoscritto nello stesso momento in cui lo leggiamo noi. È uno dei brividi procurati dal romanzo Tony & Susan. Si aggiungono ai brividi procurati dal romanzo-nel-romanzo che si intitola Animali notturni e ha per protagonista Tony Hastings, professore universitario in viaggio con la moglie e la figlia verso la casa nel Maine. Decide di fare tutta una tirata, senza fermarsi la notte al motel. Una macchina lo sorpassa, lui la sorpassa a sua volta, a bordo ci sono ragazzotti in vena di scherzi – o forse criminali, come si fa a capire quando è buio? La situazione si fa pesante per la famigliola, Susan non riesce a staccarsi dal manoscritto e dall’atmosfera di minaccia, noi lettori neppure. Ovvio che l’intreccio tra i lettori – una dentro il romanzo, noi fuori – al cinema non si può fare, non importa

Amy Adams e Tom Ford alla Mostra del Cinema di Venezia. (Keystone)

quanto il regista sia bravo (come non è possibile, neanche a un genio del cinema, battere in velocità Frank Kafka in La metamorfosi: «Una mattina,

svegliandosi da sonni inquieti, Gregor Samsa si ritrovò scarafaggio»). Tom Ford è bravissimo a cambiare le carte in tavola, aprendo Nocturnal Animals

con una delle scene più visionarie ammirate al cinema. Corpi di donne grassissime, nude e anziane, con gli stivali e il bastone da majorette. Ripresi al rallentatore, con insistenza ipnotica. Scopriamo poi che le majorette obese sono parte di un’istallazione artistica (che poi le prevede a terra su piedistalli bianchi, morte ammazzate). Accade nella galleria di Susan, non più una signora di mezza età un po’ dimessa (come era nel romanzo) ma una Amy Adams bellissima e superchic, che si muove in ambienti altrettanto superchic. Per gioia nostra e degli spettatori (anche della giuria, che gli ha dato il Leone d’argento) Tom Ford ha abbandonato l’estetica da sciampista. Non gli avremmo mai perdonato di guastare il romanzo, che sta accanto a Revolutionary Road di Richard Yates e a Stoner di John Williams nella lista dei grandi libri scomparsi e riscoperti. Il gioco delle letture parallele si può fare solo sulla pagina. Ma non c’è scrittore, per quanto bravo, che avrebbe saputo raccontare a parole la carne grassa, pallida e tremolante delle majorette. Quel che va perduto da una parte, lo si guadagna dall’altra. Tom Ford è stato astuto nell’evitare le cose che non si potevano fare (per esempio, la voce fuori campo) concentrandosi sulle cose che si potevano fare. Un adattamento esemplare, mica è sempre vero che i romanzi sono migliori dei film. Qui il match finisce a pari merito. Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli

Cento volte cultura

Politiche di sostegno Il nuovo programma del Percento culturale di Migros Ticino si presenta ricco e attento

alle esigenze di un pubblico sempre più eterogeneo sia anagraficamente sia in termini di gusti

Simona Sala È dal 1959 che, anno dopo anno, sotto l’egida di diversi responsabili, il Percento culturale di Migros Ticino è riuscito a ritagliarsi uno spazio di assoluto rispetto all’interno del sempre più denso panorama culturale cantonale. Gli appuntamenti si sono moltiplicati, e spesso con largo anticipo, il Percento culturale è riuscito a riconoscere proprio quelle novità che si sarebbero ben presto radicate nel territorio, a volte diventando punto di partenza per nuovi progetti e letture del presente spesso e volentieri fuori dagli schemi, ma soprattutto mai scontate. Anche quest’anno, inserendosi in un solco di tradizioni e di nuove scoperte, ma sempre e tassativamente nel segno della qualità, il cartellone della stagione 2016-2017 si presenta a trecentossessanta gradi, con un’offerta che tiene conto delle numerose differenze all’interno del pubblico, sia di natura anagrafica, sia di natura culturale. Il programma allegato a questa edizione di «Azione» è stato allestito per l’ultima volta, ma con la cura di sempre da Yvonne Pesenti Salazar, per molti anni responsabile e mente creativa del Percento culturale di Migros Ticino. Dando un’occhiata al programma una cosa è chiara subito: chi ama la cultura avrà modo di scoprirla e di goderne in tutte le declinazioni possibili, poiché nulla è stato dimenticato e tantomeno lasciato al caso. La parte da leone la farà ancora una

volta la musica, con i 43 concerti previsti, che però non sono mai frutto di una scelta volta a soddisfare soprattutto i gusti del mainstream. Nel programma infatti si spazia dalla musica del Novecento con 900presente a quella classica nel senso più stretto del termine, con il Coro della Radiotelevisione svizzera e I Barocchisti, passando per il jazz (Tra Jazz e Nuove musiche), per le passeggiate musicali della Via Lattea, senza disdegnare la musica giovane proposta dalla fortunata Rassegna Raclette del Teatro Foce, la sfida giovanile di Palco ai giovani e infine approdare alla neonata collaborazione con il cinema LUX, che propone la rassegna Livemusicacinema. Think global, act local, recita un adagio forse fin troppo abusato negli ultimi anni. Eppure sembrerebbe adeguarsi perfettamente alla filosofia che guida la scelta di tutti gli appuntamenti in programma, in cui non è difficile riconoscere il desiderio di alternanza fra pubblici maturi e pubblici che si affacciano per la prima volta al mondo della cultura. La rassegna Minispettacoli ad esempio, anche quest’anno si presenterà al suo giovane ed entusiasta pubblico con una serie di appuntamenti che rappresentano il meglio della produzione teatrale per l’infanzia. Dall’altra parte però, torna anche il sostegno alla rassegna HOME, che come rivela il nome, è atta a sostenere le produzioni teatrali nate e cresciute e infine proposte in Ticino. Ora che il LAC è in fondo diventato il grande palcoscenico del nostro

Franco Branciaroli sarà in scena a Lugano con il suo Macbeth.

cantone, non poteva mancare il sostegno agli spettacoli di LuganoInScena, in cui spicca il Macbeth di Branciaroli, senza che tuttavia per questo si dimentichi la sempre valida stagione del Teatro Sociale di Bellinzona, che ritorna con Chi è di scena?. Un altro ambito cresciuto in modo quasi esponenziale in questi anni, e ai cui sviluppi il Percento culturale di Migros Ticino ha sempre dedicato un’attenzione particolare è quello letterario. Venuto probabilmente alla luce nel

2005 con Chiassoletteraria (da sempre sostenuto dal Percento culturale Migros), questo ambito si è arricchito di Piazzaparola e degli Eventi letterari del Monte Verità, senza trascurare gli appuntamenti specifici che da sempre contraddistinguono l’offerta di un luogo storicamente importante come il Monte Verità. Le arti visive avranno una loro vetrina con la mostra alla Pinacoteca Züst dedicata a Raffaella Columberg, con una collettiva a Villa dei Cedri

di Bellinzona, con la nuova edizione di Artificio nel curioso e interessante Spazio 1929 di Lugano, senza contare la mostra fotografica sui lavori di Stefania Beretta (in scena fino al 9 ottobre ad Ascona). Gli eventi del cartellone culturale sono oltre cento, diluiti nei prossimi nove mesi: ciò permetterà a chiunque ami la cultura e ne riconosca l’innegabile valore, di crearsi un percorso personalizzato, nella certezza di incontrare prima di tutto la qualità. Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli

Vinicio Capossela, traghettatore di anime e di estetiche Festival A Calitri si è tenuta la quarta edizione di Sponz Fest, manifestazione decisamente unica

nel panorama musicale contemporaneo Zeno Gabaglio Calitri è un piccolo comune dell’Alta Irpinia, in provincia di Avellino, che conta poco meno di cinquemila abitanti. Regione d’appartenenza è la Campania, anche se in quella parte d’Appennino – più collinosa che non propriamente montana – i confini verso Basilicata e Puglia sembrano confondersi, sparire. Non ci sono molti motivi storici o turistici perché qualcuno – specie se lontano – debba conoscere Calitri; forse il fatto che dal tardo Medioevo fino a metà Seicento vi regnarono i Gesualdo da Venosa, la stirpe cui appartenne il grande genio musicale (ma anche spietato uxoricida) Carlo Gesualdo. O ancora la sciagurata centralità rispetto al terremoto che nel novembre 1980 devastò l’Irpinia, con i drammi di una ricostruzione lottizzata – l’incontrastato ras della zona era all’epoca Ciriaco de Mita, tutt’ora (a 88 anni!) sindaco del comune di Nusco a pochi chilometri da Calitri – ancora perfettamente visibile nel centro storico diroccato e nelle new town assai poco pittoresche. Negli ultimi quattro anni, però, un evento non sciagurato né sciagurante porta regolarmente il nome di Calitri al centro dell’attenzione di tutta Italia: Sponz Fest, il festival musicale (anche se l’attributo è riduttivo) voluto, ideato e realizzato da Vinicio Capossela. Il quale – pur essendo nativo di Hannover e artisticamente cresciuto tra l’E-

milia Romagna e Milano – proprio di Calitri è originario. Le condizioni perché un miracolo come lo Sponz Fest si realizzi sono probabilmente tutte qui: un artista colto e geniale che riversa su un incantevole territorio quasi dimenticato da dio e dagli uomini l’intero suo mondo visionario, con l’amore che solo i legami di sangue possono garantire. Perché Sponz Fest è prima di tutto una questione d’amore: di Capossela verso la propria terra, verso la propria gente, verso i propri amici musicisti, verso gli amici scrittori e artisti, verso il proprio pubblico. Al punto che tutti gli appuntamenti – tranne l’ultimo inebriante concerto al campo di calcio del paese – sono a entrata gratuita. Tutti, e non certo perché alle spalle ci siano generose sponsorizzazioni pubbliche o private. Così dal 2013 i calitrani vedono ogni estate rinascere il paese, senza capire neanche bene come e perché. Mentre gli appassionati da tutta Italia accorrono in Alta Irpinia per sentire Paolo Rumiz, Micah. P Hinson, Marco Martinelli e Ermanna Montanari del Teatro delle Albe, Mario Brunello o Moni Ovadia; ma anche per imparare le ricette tipiche del luogo, o come cavalcare i muli, o gli insondabili segreti del batticulo (viscerale ballo locale), o per farsi disarcionare dal toro meccanico montato in piazza fino a tarda notte. Il risultato evidente e destabilizzante è un imprevedibile crash tra po-

Carisma, poesia e irriverenza: il magico mondo di Vinicio Capossela. (sponzfest.it)

polo verace e forme di cultura anche aulica. Un sortilegio contemporaneo che allo Sponz Fest funziona alla perfezione, in modo sorprendente fin quasi incredibile perché lì sembrano ricomporsi quelle fratture di genere, livelli linguistici e tenore sociale che altrove – quasi dappertutto – non riescono più a regalarci nemmeno l’idea di una cultura come reale condivisione. Esempio eloquente di questa universalità è stata la Maratona Danzante andata in scena nella notte tra venerdì 26 e sabato 27 agosto scorso. Sul palco nella piazza del paese si sono succedute

Passioni e contraddizioni della giovinezza

Filmselezione André Téchiné, l’arte di ritrarre l’adolescenza Fabio Fumagalli ***(*) Quando hai 17 anni, di André

Téchiné, con Kacey Mottet Klein, Sandrine Kiberlain, Corentin Fila (Francia 2016)

Una meraviglia, perlomeno nella prima parte: Quand on a 17 ans è fra i film sull’adolescenza più giusti e ispirati che il cinema ci abbia mai mostrato. Una lezione. Non solo perché, a più di 20 anni dal suo capolavoro Les roseaux sauvages, André Téchiné si conferma inimitabile nel restituire con infinita sensibilità le situazioni legate a quel passaggio della vita così particolare. Ma soprattutto perché la presa di coscienza di Damien e Tom è filmata nel segno del magistero cinematografico; il solo a

La locandina del film diretto da Téchiné.

contare, verrebbe da dire. Quello che si esalta attraverso l’uso dell’immagine nel suo rapporto con lo sfondo. Che assume un valore psicologico, drammaturgico e infine poetico fondendosi con l’ambiente in cui sono immersi i personaggi e la loro storia. Damien e Tom infatti vivono la loro mutazione nell’arco delle quattro stagioni, nel corso dei trimestri di un ginnasio situato sul fondovalle dei Pirenei, più o meno innevato, poco dissimile dal nostro. Il 17enne Damien abita nella cittadina in basso, coccolato da una mamma medico e un padre militare all’estero. Il coetaneo Tom invece abita più in alto, verso le vette, è il figlio adottivo meticcio di contadini che ogni sera raggiunge sull’alpe, dopo essere sceso dal bus ai piedi della foresta e

avere attraversato ansimante la coltre di neve. A scuola Damien e Tom s’ignorano, tutt’al più si provocano; sembrano non avere in comune che l’età, e una reciproca, quasi inesplicabile aggressività di cui comprenderemo le ragioni più avanti. Mentre Damien vive la propria pubertà (e la propria natura) con consapevolezza, Tom l’affronta con scontrosità; ma confinato in un’ambivalenza che si dimostrerà generosa quanto irrisolta. Quando hai 17 anni è un film nel quale la fisicità prorompente sostituisce l’invadenza dei dialoghi (perfetti, nati dalla sapiente collaborazione con Céline Sciamma) e l’inutilità delle spiegazioni. La continua dinamica degli scontri, le furiose arrampicate, le rincorse sfrenate, l’eco dei passi sulla neve lievitano continuamente la progressione drammatica, traducendo con mirabile sottigliezza l’intimità ambigua dei sentimenti. Mentre la loro urgenza trova rifugio (a iniziare dal memorabile generico iniziale) nell’energia e nel conforto della superba natura circostante. Se i due giovani protagonisti sono perfetti, risalta la commovente disponibilità di una solare Sandrine Kiberlain nel delicato ruolo della madre giovane e bella, positiva ed equilibrata fra gli scompensi del desiderio e della passione. E anche se nel suo ultimo terzo disperde qualcosa della propria intensità, oltre a farsi più programmatico ed esplicito, Quand on a 17 ans rimane nelle memorie per quanto lo alimenta nel profondo. Ossia l’ansia di ritrovare le passioni e le contraddizioni della giovinezza.

«varie orchestre» – presentate così, senza troppi arzigogoli o superlativi – che però, a volerle analizzare, rappresentano uno spaccato fedele e (in questa forma) irripetibile di ciò che oggi può significare cultura musicale. Da un lato l’Orchestrina di Molto Agevole a riportare il raffinato repertorio della musica leggera italiana anteguerra, affidato però alle mani di quell’Enrico Gabrielli che – da PJ Harvey ai Baustelle passando per Mike Patton – è musicista polistrumentista tra i più versatili dell’attuale panorama europeo. Dall’altro lato la trascinante orchestra Extra-

Liscio – con il leggendario Moreno il Biondo di casadeiana memoria – ad affermare e dimostrare come le radici di tanta nostra musica siano in definitiva le stesse, e che nella loro antropologica risposta a determinati bisogni dell’espressione umana assumono tutte l’inconfutabile valore di cultura. Una verità – scomodissima sia per i benpensanti sia per i barricaderi dell’arte – che è stata a maggior ragione ribadita dal concertone finale di Vinicio Capossela e sublimata da un momento senza mezzi termini epico: solo trent’anni fa nessuno avrebbe mai neanche potuto immaginare di vedere sullo stesso palco Gianni Morandi – quintessenza della canzone nazionalpopolare – e Giovanna Marini, l’anima del folk-revival engagé. Eppure questo epocale incontro tra ideologie, poetiche e contesti diversi a Calitri è potuto avvenire grazie a Vinicio Capossela, che per cantare la sua Zompa la rondinella ha voluto accanto a sé sia «l’uomo che ha fatto da colonna sonora alla nazione e riempito di sogni le valige degli emigranti» sia «la madrina spirituale» del suo ultimo disco, Canzoni della Cupa. Un momento magico che gli abitanti di Calitri attendevano con trepidazione e che i fan di Capossela hanno salutato con la più sincera approvazione. Un accadimento estremamente simbolico per la cultura musicale postmoderna, destinato a rimanere a lungo perché ancor prima che simbolo si è trattato di pura autenticità. Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli Rubriche

In fin della fiera di Bruno Gambarotta Gli eterni sposi L’amico che mi ha portato sul luogo ha preteso da me l’impegno solenne di non svelare mai il nome della tenuta né quello dei partecipanti. Posso solo dire che ci troviamo in campagna, su una strada provinciale che collega due cittadine del basso Piemonte. A metà di un lungo rettilineo lo scorrere monotono dei frutteti è interrotto da maestosi cedri del Libano svettanti accanto a due pilastri; da lì si diparte una striscia di asfalto che conduce, un paio di chilometri più in là, a un edificio imponente di pietra e mattoni. Un tempo era la casa di campagna di una famiglia di industriali; dopo molti passaggi di proprietà appartiene a una fondazione bancaria che l’affitta per feste e convegni. L’impressione di solidità è accentuata dalla presenza, ai lati della facciata in pietra grigia di due torri esagonali in mattoni rossi. Arriviamo a metà pomeriggio, la superficie del cortile è occupata dalle automobili ma non c’è anima viva, sono tutti dalla parte opposta dell’edificio. L’amico mi conduce verso la torre di destra, estrae

di tasca un mazzo di chiavi, con una di esse apre una piccola porta di ferro e mi esorta con un gesto a seguirlo. Mi ha convinto ad accompagnarlo fin lì con una promessa: avrei avuto il privilegio di assistere, non visto, a uno spettacolo segreto. Saliamo per sei rampe di scale addossate alle pareti; l’interno, privo di arredi, è illuminato da lame di luce solari provenienti dalle finestre a bocca di lupo. Arrivati al sottotetto dobbiamo stare accucciati accanto a una finestrella per poter guardare in basso. Al centro di una spianata una coppia sta volteggiando al ritmo di un celebre e struggente valzer di Dmitrij Šostakovič. I ballerini hanno i capelli bianchi, il viso abbronzato e le rughe di chi pratica sport fino alla tarda età. Lei indossa un abito da sposa bianco, un po’ sbrindellato, dal quale svolazzano lacerti di tulle prossimi al distacco. Lui ha il tight altrettanto logorato dall’uso, la giacca attillata di un nero lucido nei punti più esposti, le code svolazzanti, i calzoni a righine verticali grigie e nere. Attorno a loro, a formare un cerchio

perfetto, un gruppo di persone, uomini e donne, o molto anziani o molto giovani. Signore anziane, al limite della decrepitezza, fanno coppia con ragazzi che potrebbero essere loro nipoti. Indossano abiti di moda nei primi anni 60 del secolo scorso. Parlando a bassa voce, l’amico spiega: sono due signori del posto che ogni anno festeggiano il loro anniversario di matrimonio ricostruendo con maniacale precisione, non tanto la celebrazione in chiesa quanto la festa che ne è seguita. Questo è il 56esimo. Stesso rinfresco, stesse musiche, stessi invitati, stessi discorsi, stessi regali. Faccio osservare che nel cerchio degli invitati ci sono diverse persone giovani che 56 anni fa non erano nemmeno nate. Sostituiscono quelli che man mano sono deceduti o sono così malandati da non poter intervenire. Cosa ne sanno costoro delle persone che sostituiscono? Tutto, è la risposta. Sia le femmine che i maschi sono allievi di una scuola di teatro qua vicino. Indossano i costumi realizzati prendendo spunto dalle fotografie

scattate allora. Per mesi e mesi sono preparati dalla loro insegnante, imparano a memoria le battute e si allenano a dirle al momento giusto. Cosa dicono quando conversano? Come fanno a sapere cosa si sono detti più di 50 anni fa i loro modelli? Se cerco di rivivere il mio matrimonio ho solo ricordi vaghi. Il mio amico ha una risposta pronta per ogni obiezione: esistono i resoconti stenografici. Il proposito dei due sposi di rifare la festa a ogni anniversario era operativo fin dalla cerimonia originale. Con la scusa di allestire un album di ricordi il più possibile fedele, chiesero e ottennero dagli invitati che accettassero la presenza di una stenografa che annotasse tutto quello che si dicevano ai vari tavoli. Ne impiegarono 36. Non si trattava di un pranzo ma di un ricco rinfresco. L’autorità ecclesiastica non ha nulla da obbiettare? Non pretendono di replicare la cerimonia. Abbelliscono l’altare con fiori identici a quelli originali e fanno dire una messa. A loro interessa replicare la festa. Hanno figli? Dove sono? Hanno tre figli, due fem-

mine e un maschio che non possono stare qui perché quel giorno non erano ancora nati. Per tenerli lontani i genitori finanziano ogni anno una vacanza all’estero o una crociera. Tutti e tre sono sposati e divorziati più volte con partner che a loro volta hanno figli da unioni precedenti. Queste vacanze sono per loro l’occasione per presentare i nuovi compagni, fare chiarezza sulle discendenze parentali, cioè capire chi sono i padri e le madri di tutti quei figli che si trascinano appresso. Ora si usa così e non è detto che sia peggio di prima. Per deformazione professionale penso a quale straordinario film documentario si potrebbe realizzare. Ne parlo al mio amico e per di più carico le parole con tutto l’entusiasmo di cui sono capace. Dalla sua reazione allarmata capisco di aver fatto un errore; si spaventa e mi costringe a rinnovare il giuramento con l’impegno di non svelare mai il luogo e i nomi dei protagonisti. Mi stringe un braccio e mi costringe a uscire dalla torretta mentre ancora risuonano le note del valzer di Šostakovič.

rici, né tantomeno i «baci e abbracci» da cartolina, ma ci si lasciava andare a un «ti abbraccio», «ti stringo forte» o «con affetto». Come nel caso dei baci, anche il singolo abbraccio è più forte del plurale, sono proprio io che stringo proprio te, e mi piacerebbe tanto poterlo fare fisicamente oltre che virtualmente. Non necessariamente una tensione erotica, solo un desiderio affettuoso. E poi, il mistero: arrivano caterve di singoli abbracci, al telefono, via mail o social, nelle brevi note tra professionisti: «ci sentiamo più tardi per quello sgravio fiscale, un abbraccio». Un anno fa, un serissimo collega mi chiese con discrezione che cosa doveva pensare di un serissimo comune amico, di un’altra città, che dopo aver concordato cose di libri e studi lo aveva salutato al telefono con «un abbraccio». Mi affrettai a tranquillizzarlo, l’amico non lo stava corteggiando, ma solo salutando in un modo che sarebbe diventato usuale. Ma che cosa ci dicono tutti questi abbracci?

La risposta forse in due fatti di cronaca recenti. Quasi dodicimila persone a Bergamo Alta si sono date appuntamento per abbracciarsi intorno alle mura, allo scopo di incoraggiare l’Unesco a dichiararle come sito protetto. Gli articoli usciti sull’evento, accaduto questa estate, riportano l’entusiasmo dei partecipanti per il clima «pieno d’amore» che si era creato quella domenica di luglio. Inoltre i bergamaschi hanno vinto anche due record da Guinness, per la più lunga catena di abbracci e il maggior numero di persone che abbracciano un monumento, battendo l’insulso numero dei neanche seimila peruviani intorno a qualche loro sito. E sono soddisfazioni. Ma un altro fatto di cronaca non deve passare inosservato: tra pochi giorni partirà il tour europeo di Amma, la donna che non abbracciava mai troppo. Nata in un piccolo villaggio dello Stato del Kerala (India meridionale), Amma trasmette fiducia e comprensione con il suo silenzioso gesto

dell’abbraccio. Si tratta di impressioni soggettive, quindi non si può parlare di mistificazioni, però se vuoi ricevere l’abbraccio di Amma devi avere la pazienza di aspettare il tuo turno, di solito sarai in compagnia di trenta, quarantamila altri aspiranti all’abbraccio. Il tour parte da Londra e si conclude a Monaco di Baviera il 17 novembre, passando per Winterthur dal 21 al 23 ottobre. Qualcuno certo ci guadagnerà, ma non è questo il punto. Gli organizzatori hanno prenotato palazzetti dello sport, arene, insomma grandi spazi. Forse Amma parlerà anche, infatti manda messaggi ai fedeli per le feste comandate, come Sua Santità. Soprattutto abbraccerà chiunque lo vorrà, in silenzio. Si deve dunque ricorrere a una abbracciatrice estranea, sia per professione o per vocazione? Da qui, forse, il saluto: «un abbraccio» per dire sì ti abbraccio, ma anche per implorare «abbracciami!». Fammi toccare che non sono solo con il mio computer e i miei social.

del Sassuolo, Cannavaro e Flores, che qualche mese fa si sono uniti al coro dello scherno. Una vera persecuzione infamante. Siamo tecnologicamente moderni eppure ancora mentalmente arretrati, primitivi e violenti, e la nostra demente brutalità viene accolta da contenitori irresponsabili che pur di accrescere la loro popolarità e dunque gli incassi procurati dal numero delle visite accolgono di tutto, approfittando della fragilità di alcuni utenti e della imbecillità di molti. Pensate alla ossessione compulsiva con cui si rimane connessi, per ravanare euforicamente nel web in cerca di lerciume. Irresponsabilità degli utenti e responsabilità dei gestori che garantiscono anonimato e impunità. In questa condizione esistenziale (e mentale) collettiva, il diritto all’oblio è un argomento irrisorio, tale è l’effetto di amplificazione delle cavolate più insignificanti, che vengono sovraesposte diventando fenomeni giganteschi

e fuori controllo capaci di lasciare tracce indelebili. Viceversa, dimentichiamo ciò che sarebbe utile ricordare ed elaborare nella memoria: ciò che sarebbe la materia e anzi l’essenza della nostra cultura, privata e collettiva. «Si è data carta bianca a delle società private che gestiscono beni che sono di tutti: vanno a briglie sciolte», ha scritto Evgeny Morozov (5½), sociologo scettico, anzi molto critico, nei confronti dei nuovi media e dell’idolatria dilagante di internet. Morozov sostiene che sull’altare del profitto (di pochissime aziende mondiali) è stata svenduta la nostra libertà. Così come per condurre un’automobile, strumento potenzialmente pericoloso, la società impone un codice della strada e delle competenze tecniche (una patente di guida) senza le quali verrebbero minacciate le vite degli altri e la propria, anche la navigazione digitale richiederebbe istruzioni, norme di comportamento e divieti, con pesanti

sanzioni per coloro che li aggirano. Ma chi osa avanzare delle critiche diventa subito un luddista, un censore della libertà di pensiero, uno snob o un moralista. Non si tratta di abbattere Google o Twitter, sarebbero indispensabili controlli e regole rigorose accompagnate da un programma educativo diffuso e molto serio. Non si capisce perché le leggi della civile convivenza non debbano valere per internet. Ed è ridicolo, con tutto il porcile rovesciato dentro Facebook da milioni di «webeti» (il neologismo pare sia stato coniato da Enrico Mentana, 5+, per indicare gli idioti da Rete in occasione del terremoto), che il social di Zuckerberg oscuri la fotografia simbolo della guerra del Vietnam che raffigurava la nudità di una bambina in lacrime e in fuga dalla guerra. È accaduto qualche giorno fa. Facebook ha fatto le sue scuse: una «gaffe». Le scuse per l’assalto collettivo alla donna suicida? Mai pervenute. Altro che gaffe.

Postille filosofiche di Maria Bettetini Abbracciami che t’abbraccio «Un abbraccio». Così si chiudono quasi tutte le mail, da qualche tempo. Non quelle di sconosciuti, nemmeno quelle ufficiali. Tutte le altre, colleghi e amici, uomini e donne, giovani e meno giovani. Fino a pochi anni fa, ma davvero pochi, si calibravano i saluti, «cari» tra persone conosciute, «cordiali» per sconosciuti o conoscenti da cui mantenere le distanze, come allievi e professori, segretari e venditori. Poi, si è cominciato a lesinare: «un saluto», che fosse caro o cordiale, ma uno solo, con un effetto vagamente cameratesco, devo chiudere questa mail, non intendo però perdere tempo in smancerie. Nel frattempo le donne, le ragazze, tra loro, che già da tempo si mandavano «baci», avrebbero potuto passare a «bacio», un frettoloso però affettuoso saluto. Invece, che cosa curiosa, questo bacio al singolare ha preso una piega quasi erotica, come se tanti baci fossero una forma leggera e ironica di salutarsi tra amici, mentre un solo bacio dà l’impressione

di essere qualcosa di più di un bacetto sfuggente, sembra indurre alla lentezza e alla passione. Forse perché la forma del sostantivo è uguale a quella verbale, e si dice allo stesso modo «ti mando un bacio» e «io ti bacio», che tutti capiscono essere due cose molto diverse: ti mando un bacio come da un treno in partenza, come di fretta si baciano sulla testa o sulla guancia i parenti, i bambini. Ti bacio, invece, vuol dire che pronti via, io bacio te, non l’aria, non un volto o una nuca sfuggente. Di conseguenza l’uso di questo saluto ha fasi alterne, lo si usa tra amici spiritosi, ma si sta anche attenti. E qui entra l’abbraccio. Fino a quella manciata di mesi fa, si mandavano, in ordine: baci e abbracci tra amici in vena di esagerazioni; abbracci tra innamorati, o amici cari che non si ha la possibilità di vedere; un abbraccio a una persona bisognosa di percepire affetto, perché malata o colpita da lutto o comunque in una situazione difficile. In quest’ultimo caso, non si mandavano abbracci gene-

Voti d’aria di Paolo Di Stefano Meglio moralisti o webeti? Quanto siamo moderni e quanto rimaniamo arcaici! E soprattutto: quanto la tecnologia mette in moto, valorizza, esalta il nostro arcaismo! È come se la nostra mentalità non riuscisse a stare al passo con il progresso scientifico che noi stessi abbiamo sviluppato. Diceva il grande scrittore cattolico Georges Bernanos che la scienza libera soltanto un esiguo numero di spiriti che sono predestinati, mentre finisce per asservire gli altri. Non sempre è vero, ma certo qualche volta lo è. Prendiamo gli strumenti digitali: in che misura ci hanno liberati e in che misura ci hanno asserviti? Bisognerebbe riflettere su questa relazione: possiamo avere contatti rapidissimi con il mondo, possiamo sempre essere in primo piano sulla scena globale attraverso i social media, possiamo disporre di informazioni in tempo reale. Ma la domanda è: siamo più liberi o siamo più schiavi di prima? Sicuramente più liberi, non c’è dubbio. Ma anche più schiavi, non c’è dubbio. In

buona misura schiavi di noi stessi. Prendete il caso della trentunenne napoletana messa alla gogna sul web per un video erotico (girato con il suo ingenuo consenso) che circolava (senza il suo consenso) su Facebook e su You Tube e che ha prodotto, dal maggio 2015, un effetto cosiddetto «magnitudo», una valanga di rilanci provocatori, di commenti oltraggiosi e di parodie. Per di più il dileggio è tracimato fuori da internet nella realtà reale con tormentoni allusivi. La giovane donna, che era precipitata nella depressione decidendo persino di trasferirsi in luoghi in cui non fosse riconoscibile e dopo aver chiesto la rimozione di tutti i documenti che la riguardavano, ha intentato una causa ai colossi della rete. Alla fine non ha retto e ha deciso di impiccarsi. Non solo, la notizia della morte ha poi scatenato altri post offensivi e altre oscenità. Idiozie senza fine (e senza voto d’aria, sarebbe di piombo!). Come quelle dei calciatori


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

49

Idee e acquisti per la settimana

Intervista all’esperta

«I genitori decidono cosa mettere in tavola»

Azione 20% su tutti gli olii d’oliva e le vinaigrette di Monini, ad esempio Monini Classico Olio Extra Vergine 500 ml Fr. 5.50 invece di 6.90

Settimane del risparmio

Di più per i vostri soldi

Marianne BottaDiener, come si trasmette ai bambini il piacere di mangiare?

Chi bada a come spende i suoi soldi, potrà fare buoni affari con le azioni delle settimane del risparmio. Per gestirsi in modo economico, infatti, l’essenziale è acquistare e pianificare intelligentemente. Con ricette semplici e gustose, oltre a pratici consigli per i commensali un po’ difficili, si può riunire tutti allo stesso desco, e pure risparmiare

Azione 20% su tutti i Mister Rice, ad esempio Carolina 1 kg Fr. 3.10 invece di 3.90

Testo: Claudia Schmidt Foto: Heiko Hoffmann, Claudia Linsi (Food), Simon Ianelli (ritratto) Ricette: Katrin Klaus

Dimostrandoglielo. I bambini sono grandi imitatori. Se i genitori mangiano in modo variato e con piacere, lo faranno anche i piccoli. Si inizia già durante la gravidanza e l’allattamento: quello che mangia la mamma influisce anche sul liquido amniotico e più tardi sul latte materno. In tal modo il nascituro, poi il lattante, viene già in contatto con Marianne Botta-Diener è diversi aromi. ingegnera alimentare e docente Ma che fare se il bimbo è difficile e di fronte a qualsiasi proposta afferma: «Non mi piace»?

specializzata al Politecnico federale, madre di otto figli e autrice di un libro*.

È una questione di comunicazione. A tavola non si dovrebbe mai criticare. Se a qualcuno non piace qualcosa, semplicemente non lo mangia. Ai miei figli l’ho spiegato così: quando portano a casa da scuola un disegno fatto da loro, io non dico: «È bruttissimo». Nemmeno a me piace essere criticata per quello che cucino. Io metto sempre di tutto sul piatto. Prima che un cibo venga accettato, la persona deve averlo provato almeno 15 volte. Bisogna continuare a proporlo.

Maggiori informazioni

www.migros.ch/settimanevantaggiose

Più facile dirlo che farlo. Come faccio?

Azione 30% su tutti i prosciutti speziati Svizzera per 100 g Fr. 2.70 invece di 3.90

Azione 20% su tutto il tonno rosa in olio di soia o al naturale conf. da 6 Fr. 9.10 invece di 11.40 Azione 50% su tutti i succhi d’arancia M-Classic Max Havelaar confezione da 10 x 1l Fr. 6.50 invece di 13.–

Azione 20% su tutte le mele sciolte, per esempio Gala al kg Fr. 2.95 invece di 3.70

Azione 40% su tutta la carne di manzo tritata M-Classic Svizzera al kg Fr. 11.40 invece di 19.–

Coi miei figli ho giocato a «leccare, sputare, inghiottire». La prima volta il bambino deve solo leccare il cibo con la lingua. La seconda volta lo prende in bocca, ma poi può sputarlo. La volta dopo il bambino deve inghiottire il pezzetto. Lo si annota su un foglietto. Quando il bimbo ha provato una cosa dieci volte, riceve una ricompensa. La cosa funziona

coi bambini fra i cinque e i nove anni. Un altro trucchetto: ho costruito ai miei figli dei ponti. Per farlo ho cucinato qualcosa che mangiano volentieri, poi vi ho aggiunto qualcosa che amano meno. Così, ad esempio, ho piantato dei broccoli come alberi nella purea di patate, e improvvisamente tutti volevano provare gli alberi interi. A volte i bambini attraversano fasi in cui vorrebbero mangiare solo pasta. Bisogna cucinargli solo quella?

No. I genitori decidono cosa mettere in tavola. I bambini decidono la quantità che vogliono mangiarne. Alla fin fine, nessun bimbo sano è mai morto di fame. E naturalmente a volte bisogna anche chiudere entrambi gli occhi. Ogni tanto anche i bambini possono dire che cosa vorrebbero mangiare. Si tratta pur sempre di un piacere. Ma non si fa un favore ai bambini cucinando solo secondo i loro gusti.

Come si fa a gestire bene l’alimentazione di otto figli?

Naturalmente ci vuole una buona pianificazione. Per esempio se cucino un lesso, calcolo già di avere i resti per un’ottima insalata di carne. Spesso acquisto confezioni giganti e per questioni di tempo mi faccio anche consegnare qualcosa tramite LeShop. Ma a volte bisogna chiudere entrambi gli occhi, appunto. Tranquillità e pazienza sono le parole chiave, e non solo in fatto di alimentazione. *Marianne Botta Diener: «Mit Kindern essen, kochen und geniessen.» Disponibile su www.exlibris.ch


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Idee e acquisti per la settimana

Intervista all’esperta

«I genitori decidono cosa mettere in tavola»

Azione 20% su tutti gli olii d’oliva e le vinaigrette di Monini, ad esempio Monini Classico Olio Extra Vergine 500 ml Fr. 5.50 invece di 6.90

Settimane del risparmio

Di più per i vostri soldi

Marianne BottaDiener, come si trasmette ai bambini il piacere di mangiare?

Chi bada a come spende i suoi soldi, potrà fare buoni affari con le azioni delle settimane del risparmio. Per gestirsi in modo economico, infatti, l’essenziale è acquistare e pianificare intelligentemente. Con ricette semplici e gustose, oltre a pratici consigli per i commensali un po’ difficili, si può riunire tutti allo stesso desco, e pure risparmiare

Azione 20% su tutti i Mister Rice, ad esempio Carolina 1 kg Fr. 3.10 invece di 3.90

Testo: Claudia Schmidt Foto: Heiko Hoffmann, Claudia Linsi (Food), Simon Ianelli (ritratto) Ricette: Katrin Klaus

Dimostrandoglielo. I bambini sono grandi imitatori. Se i genitori mangiano in modo variato e con piacere, lo faranno anche i piccoli. Si inizia già durante la gravidanza e l’allattamento: quello che mangia la mamma influisce anche sul liquido amniotico e più tardi sul latte materno. In tal modo il nascituro, poi il lattante, viene già in contatto con Marianne Botta-Diener è diversi aromi. ingegnera alimentare e docente Ma che fare se il bimbo è difficile e di fronte a qualsiasi proposta afferma: «Non mi piace»?

specializzata al Politecnico federale, madre di otto figli e autrice di un libro*.

È una questione di comunicazione. A tavola non si dovrebbe mai criticare. Se a qualcuno non piace qualcosa, semplicemente non lo mangia. Ai miei figli l’ho spiegato così: quando portano a casa da scuola un disegno fatto da loro, io non dico: «È bruttissimo». Nemmeno a me piace essere criticata per quello che cucino. Io metto sempre di tutto sul piatto. Prima che un cibo venga accettato, la persona deve averlo provato almeno 15 volte. Bisogna continuare a proporlo.

Maggiori informazioni

www.migros.ch/settimanevantaggiose

Più facile dirlo che farlo. Come faccio?

Azione 30% su tutti i prosciutti speziati Svizzera per 100 g Fr. 2.70 invece di 3.90

Azione 20% su tutto il tonno rosa in olio di soia o al naturale conf. da 6 Fr. 9.10 invece di 11.40 Azione 50% su tutti i succhi d’arancia M-Classic Max Havelaar confezione da 10 x 1l Fr. 6.50 invece di 13.–

Azione 20% su tutte le mele sciolte, per esempio Gala al kg Fr. 2.95 invece di 3.70

Azione 40% su tutta la carne di manzo tritata M-Classic Svizzera al kg Fr. 11.40 invece di 19.–

Coi miei figli ho giocato a «leccare, sputare, inghiottire». La prima volta il bambino deve solo leccare il cibo con la lingua. La seconda volta lo prende in bocca, ma poi può sputarlo. La volta dopo il bambino deve inghiottire il pezzetto. Lo si annota su un foglietto. Quando il bimbo ha provato una cosa dieci volte, riceve una ricompensa. La cosa funziona

coi bambini fra i cinque e i nove anni. Un altro trucchetto: ho costruito ai miei figli dei ponti. Per farlo ho cucinato qualcosa che mangiano volentieri, poi vi ho aggiunto qualcosa che amano meno. Così, ad esempio, ho piantato dei broccoli come alberi nella purea di patate, e improvvisamente tutti volevano provare gli alberi interi. A volte i bambini attraversano fasi in cui vorrebbero mangiare solo pasta. Bisogna cucinargli solo quella?

No. I genitori decidono cosa mettere in tavola. I bambini decidono la quantità che vogliono mangiarne. Alla fin fine, nessun bimbo sano è mai morto di fame. E naturalmente a volte bisogna anche chiudere entrambi gli occhi. Ogni tanto anche i bambini possono dire che cosa vorrebbero mangiare. Si tratta pur sempre di un piacere. Ma non si fa un favore ai bambini cucinando solo secondo i loro gusti.

Come si fa a gestire bene l’alimentazione di otto figli?

Naturalmente ci vuole una buona pianificazione. Per esempio se cucino un lesso, calcolo già di avere i resti per un’ottima insalata di carne. Spesso acquisto confezioni giganti e per questioni di tempo mi faccio anche consegnare qualcosa tramite LeShop. Ma a volte bisogna chiudere entrambi gli occhi, appunto. Tranquillità e pazienza sono le parole chiave, e non solo in fatto di alimentazione. *Marianne Botta Diener: «Mit Kindern essen, kochen und geniessen.» Disponibile su www.exlibris.ch


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Idee e acquisti per la settimana

Panzerotti di spinaci e carne macinata

Insalata di riso fruttata al tonno

Piatto principale per 4 persone

Piatto principale per 4 persone Ingredienti 1 cipolla 2 spicchi d’aglio 2 cucchiai d’olio d’oliva 500 g di carne macinata di manzo 200 g di spinaci in foglia surgelati, scongelati prima dell’uso 1 cucchiaino d’origano secco sale, pepe 200 g di mozzarella 1 confezione di pasta per pizza da ca. 800 g farina per spianare la pasta 200 g di salsa di pomodoro per pizza Preparazione 1. Tritate finemente la cipolla e l’aglio. Scaldate l’olio in una padella ampia e rosolatevi la carne macinata per ca. 5 minuti. Aggiungete il trito d’aglio e cipolla e fatelo rosolare brevemente. Strizzate bene gli spinaci e mescolateli con la carne. Condite con l’origano, sale e pepe. Tagliate la mozzarella a dadini.

Tortilla di verdure al prosciutto Piatto principale per 4 persone Ingredienti 300 g di melanzane 200 g di fagiolini verdi fini 2 cucchiai d’olio d’oliva 100 g di lattuga romana 150 g di pomodorini cherry 120 g di prosciutto speziato 6 uova sale, pepe Preparazione 1. Scaldate il forno a 200 °C, azionando la funzione calore superiore, e infilate la griglia nella seconda scanalatura dall’alto. 2. Tagliate le melanzane a dadini. Pulite i fagiolini e divideteli in quattro. Scaldate l’olio in un tegame adatto anche al forno. Rosolatevi i fagiolini per ca. 5 minuti. Unite i dadini di melanzana e fateli rosolare per ca. 5 minuti. Tagliate la lattuga romana a striscioline, aggiungetela ai fagiolini e rosolatela

brevemente. Dimezzate i pomodorini e le fette di prosciutto e mescolatele con le verdure. 3. Sbattete le uova, conditele con sale e pepe e versatele sulle verdure. Continuate la cottura della tortilla per altri 5 minuti a fuoco basso senza capovolgerla. Infornate il tegame e terminate la cottura per 5-10 minuti, lasciando lo sportello del forno aperto. Gustate la tortilla con un quark alle erbe. Suggerimento Insaporite le uova con un pizzico di curry. Tempo di preparazione ca. 35 minuti Per persona ca. 20 g di proteine, 16 g di grassi, 6 g di carboidrati, 1050 kJ/250 kcal

2. Scaldate il forno a 240 °C. Spianate la pasta per pizza sulla spianatoia infarinata. Formate un rettangolo di ca. 42 x 36 cm e dividetelo in quattro. Distribuite la salsa di pomodoro sui rettangoli di pasta, lasciando libero un bordo di ca. 1 cm. Mescolate il ripieno di spinaci e carne con i dadini di mozzarella. Distribuite ¼ del ripieno su ogni metà dei rettangoli, ripiegate la pasta sul ripieno e sigillate i bordi premendoli. Trasferite i panzerotti su una teglia foderata con carta da forno. Usate i resti di pasta allo stesso modo. Cuocete i panzerotti nella parte bassa del forno per 15-20 minuti. Accompagnate con un’insalata. Tempo di preparazione ca. 30 minuti + cottura in forno 15-20 minuti Per persona ca. 51 g di proteine, 51 g di grassi, 93 g di carboidrati, 4350 kJ/1050 kcal

Ingredienti 4 dl di succo d’arancia 7 dl d’acqua sale 250 g di riso a chicco lungo 300 g di broccoli 1 mela grossa, ad es. Gala 1 cm di rafano fresco o di zenzero 2 scatole di tonno da 155 g, peso sgocciolato 6 cucchiai d’olio di colza pepe

Scolate il riso, passatelo sotto l’acqua fredda e lasciatelo sgocciolare bene. Mettetelo in una scodella.

Preparazione 1. Portate a ebollizione ca. 3 dl di succo d’arancia con l’acqua e sale. Unite il riso e fate sobbollire per ca. 8 minuti. Dividete i broccoli in rosette piccole, aggiungetele al riso e cuocete il tutto per ca. 3 minuti.

Tempo di preparazione ca. 30 minuti

2. Tagliate la mela in quarti, privateli del torsolo e tagliateli a fettine. Grattugiate finemente il rafano. Scolate il tonno e fatelo sgocciolare bene. Aggiungete tutto al riso. Mescolate il succo d’arancia rimasto con l’olio, versatelo sul riso e mischiate bene. Regolate l’insalata di sale e pepe.

Per persona ca. 26 g di proteine, 14 g di grassi, 62 g di carboidrati, 2150 kJ/500 kcal


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Idee e acquisti per la settimana

Panzerotti di spinaci e carne macinata

Insalata di riso fruttata al tonno

Piatto principale per 4 persone

Piatto principale per 4 persone Ingredienti 1 cipolla 2 spicchi d’aglio 2 cucchiai d’olio d’oliva 500 g di carne macinata di manzo 200 g di spinaci in foglia surgelati, scongelati prima dell’uso 1 cucchiaino d’origano secco sale, pepe 200 g di mozzarella 1 confezione di pasta per pizza da ca. 800 g farina per spianare la pasta 200 g di salsa di pomodoro per pizza Preparazione 1. Tritate finemente la cipolla e l’aglio. Scaldate l’olio in una padella ampia e rosolatevi la carne macinata per ca. 5 minuti. Aggiungete il trito d’aglio e cipolla e fatelo rosolare brevemente. Strizzate bene gli spinaci e mescolateli con la carne. Condite con l’origano, sale e pepe. Tagliate la mozzarella a dadini.

Tortilla di verdure al prosciutto Piatto principale per 4 persone Ingredienti 300 g di melanzane 200 g di fagiolini verdi fini 2 cucchiai d’olio d’oliva 100 g di lattuga romana 150 g di pomodorini cherry 120 g di prosciutto speziato 6 uova sale, pepe Preparazione 1. Scaldate il forno a 200 °C, azionando la funzione calore superiore, e infilate la griglia nella seconda scanalatura dall’alto. 2. Tagliate le melanzane a dadini. Pulite i fagiolini e divideteli in quattro. Scaldate l’olio in un tegame adatto anche al forno. Rosolatevi i fagiolini per ca. 5 minuti. Unite i dadini di melanzana e fateli rosolare per ca. 5 minuti. Tagliate la lattuga romana a striscioline, aggiungetela ai fagiolini e rosolatela

brevemente. Dimezzate i pomodorini e le fette di prosciutto e mescolatele con le verdure. 3. Sbattete le uova, conditele con sale e pepe e versatele sulle verdure. Continuate la cottura della tortilla per altri 5 minuti a fuoco basso senza capovolgerla. Infornate il tegame e terminate la cottura per 5-10 minuti, lasciando lo sportello del forno aperto. Gustate la tortilla con un quark alle erbe. Suggerimento Insaporite le uova con un pizzico di curry. Tempo di preparazione ca. 35 minuti Per persona ca. 20 g di proteine, 16 g di grassi, 6 g di carboidrati, 1050 kJ/250 kcal

2. Scaldate il forno a 240 °C. Spianate la pasta per pizza sulla spianatoia infarinata. Formate un rettangolo di ca. 42 x 36 cm e dividetelo in quattro. Distribuite la salsa di pomodoro sui rettangoli di pasta, lasciando libero un bordo di ca. 1 cm. Mescolate il ripieno di spinaci e carne con i dadini di mozzarella. Distribuite ¼ del ripieno su ogni metà dei rettangoli, ripiegate la pasta sul ripieno e sigillate i bordi premendoli. Trasferite i panzerotti su una teglia foderata con carta da forno. Usate i resti di pasta allo stesso modo. Cuocete i panzerotti nella parte bassa del forno per 15-20 minuti. Accompagnate con un’insalata. Tempo di preparazione ca. 30 minuti + cottura in forno 15-20 minuti Per persona ca. 51 g di proteine, 51 g di grassi, 93 g di carboidrati, 4350 kJ/1050 kcal

Ingredienti 4 dl di succo d’arancia 7 dl d’acqua sale 250 g di riso a chicco lungo 300 g di broccoli 1 mela grossa, ad es. Gala 1 cm di rafano fresco o di zenzero 2 scatole di tonno da 155 g, peso sgocciolato 6 cucchiai d’olio di colza pepe

Scolate il riso, passatelo sotto l’acqua fredda e lasciatelo sgocciolare bene. Mettetelo in una scodella.

Preparazione 1. Portate a ebollizione ca. 3 dl di succo d’arancia con l’acqua e sale. Unite il riso e fate sobbollire per ca. 8 minuti. Dividete i broccoli in rosette piccole, aggiungetele al riso e cuocete il tutto per ca. 3 minuti.

Tempo di preparazione ca. 30 minuti

2. Tagliate la mela in quarti, privateli del torsolo e tagliateli a fettine. Grattugiate finemente il rafano. Scolate il tonno e fatelo sgocciolare bene. Aggiungete tutto al riso. Mescolate il succo d’arancia rimasto con l’olio, versatelo sul riso e mischiate bene. Regolate l’insalata di sale e pepe.

Per persona ca. 26 g di proteine, 14 g di grassi, 62 g di carboidrati, 2150 kJ/500 kcal


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Idee e acquisti per la settimana

Cucinare coi bambini

Imparare con piacere e divertendosi Famigros

Quello che piace a tutti

Quando a tavola si riunisce l’intera famiglia, il cibo deve piacere a tutti. Attingendo dai ripiani del frigo, in quattro e quattr’otto si porta in tavola un’ottima pietanza. E se i bambini danno una mano a preparare e cucinare, nessuno si lamenterà poi del cibo

Quello che si cucina da sé piace sempre di più. È vero in particolare per i bambini. Se possono aiutare in cucina si sentono motivati e orgogliosi

Ravioli con ragù di verdure Piatto principale per 4 persone

Ingredienti 1 cavolo rapa 200 g di carote 2 cucchiai d’olio d’oliva 200 g di zucchine 4 dl di panna ½ limone sale, pepe 500 g di ravioli, ad es. mozzarella e pomodoro 1 mazzetto di erbe aromatiche, ad es. prezzemolo, erba cipollina, cerfoglio ca. 40 g di formaggio, ad es. sbrinz

Nele, 7 anni «Farcisco il mio panino da sola. È molto più buono»

Preparazione 1. Pelate il cavolo rapa e le carote. Dimezzate per il lungo le carote e tagliatele a fettine. Riducete il cavolo rapa a dadini. Rosolate le verdure nell’olio a fuoco medio per ca. 5 minuti. Tagliate le zucchine a bastoncini, unitele alle altre verdure e rosolate brevemente. Aggiungete la panna e lasciate sobbollire per qualche minuto. Unite la scorza di limone grattugiata finemente e condite con sale e pepe. 2. Lessate i ravioli al dente in acqua salata per ca. 1.5 minuti. Scolate, sgocciolate e mescolate i ravioli con il ragù di verdure. Tritate finemente le erbe, grattugiate il formaggio. Servite i ravioli e cospargeteli con il trito di erbe e il formaggio. Tempo di preparazione ca. 30 minuti Per persona ca. 19 g di proteine, 51 g di grassi, 48 g di carboidrati, 3050 kJ/700 kcal

Shanaja, 5 anni «Riesco già a preparare da sola la pastella dell’omelette»

Mika, 3 anni «Quando aiuto la mamma, si prepara spesso la torta. È tanto buona»

Anna’s Best Ravioli mozzarella e pomodoro 250 g Fr. 4.90

Gianmarco, 7 anni «Riesco già a tagliare le carote con il mio coltellino tascabile»

Già i piccolissimi possono stare in cucina, guardare e naturalmente anche provare. Osservano molto, vedono che prima di cucinare ci si lava le mani e si indossa un grembiule. Ma i bimbi piccoli non vanno mai lasciati soli in cucina. Si può cominciare a coinvolgerli a partire dai tre anni e a seconda delle capacità motorie. La prima operazione potrebbe essere un semplice mescolare sotto sorveglianza. Quando dall’osservare si passa al collaborare veramente, i genitori devono calcolare un tempo maggiore per cucinare. La frenesia in cucina provoca spesso tensioni, così le piccole disavventure si moltiplicano, il che è frustrante per grandi e piccini. Non appena i bambini sono in grado di maneggiare un coltello, possono tagliare frutti morbidi come le banane. Ciascuno deve decidere se dar loro in mano un autentico coltello da cucina, valutando le capacità del bambino. Esistono coltelli speciali per bambini, con la punta smussata. Anche in questo caso è importante non lasciare mai i bimbi senza sorveglianza. Gli scolari possono aiutare ancora di più Passo dopo passo, i bambini si assumono compiti sempre più complessi in cucina. Pesare e misurare i liquidi costituisce un buon esercizio di calcolo. I bambini imparano che il grasso friggendo può sprizzare, che le pentole calde e l’acqua bollente richiedono la massima attenzione, perché ci si può bruciare o scottare. Quando i bambini sanno già leggere bene, si può scrivere una semplice ricetta e lasciargliela preparare da soli. Un bimbo che ha cucinato qualcosa da sé, a tavola studierà con grande fierezza i volti dei familiari. Ma con tutto il giusto orgoglio per il lavoro compiuto non bisogna mai dimenticare: naturalmente i bambini aiutano anche a pulire la cucina. Ricette che piacciono ai bambini: www.famigros.ch/ricette


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Cucinare coi bambini

Imparare con piacere e divertendosi Famigros

Quello che piace a tutti

Quando a tavola si riunisce l’intera famiglia, il cibo deve piacere a tutti. Attingendo dai ripiani del frigo, in quattro e quattr’otto si porta in tavola un’ottima pietanza. E se i bambini danno una mano a preparare e cucinare, nessuno si lamenterà poi del cibo

Quello che si cucina da sé piace sempre di più. È vero in particolare per i bambini. Se possono aiutare in cucina si sentono motivati e orgogliosi

Ravioli con ragù di verdure Piatto principale per 4 persone

Ingredienti 1 cavolo rapa 200 g di carote 2 cucchiai d’olio d’oliva 200 g di zucchine 4 dl di panna ½ limone sale, pepe 500 g di ravioli, ad es. mozzarella e pomodoro 1 mazzetto di erbe aromatiche, ad es. prezzemolo, erba cipollina, cerfoglio ca. 40 g di formaggio, ad es. sbrinz

Nele, 7 anni «Farcisco il mio panino da sola. È molto più buono»

Preparazione 1. Pelate il cavolo rapa e le carote. Dimezzate per il lungo le carote e tagliatele a fettine. Riducete il cavolo rapa a dadini. Rosolate le verdure nell’olio a fuoco medio per ca. 5 minuti. Tagliate le zucchine a bastoncini, unitele alle altre verdure e rosolate brevemente. Aggiungete la panna e lasciate sobbollire per qualche minuto. Unite la scorza di limone grattugiata finemente e condite con sale e pepe. 2. Lessate i ravioli al dente in acqua salata per ca. 1.5 minuti. Scolate, sgocciolate e mescolate i ravioli con il ragù di verdure. Tritate finemente le erbe, grattugiate il formaggio. Servite i ravioli e cospargeteli con il trito di erbe e il formaggio. Tempo di preparazione ca. 30 minuti Per persona ca. 19 g di proteine, 51 g di grassi, 48 g di carboidrati, 3050 kJ/700 kcal

Shanaja, 5 anni «Riesco già a preparare da sola la pastella dell’omelette»

Mika, 3 anni «Quando aiuto la mamma, si prepara spesso la torta. È tanto buona»

Anna’s Best Ravioli mozzarella e pomodoro 250 g Fr. 4.90

Gianmarco, 7 anni «Riesco già a tagliare le carote con il mio coltellino tascabile»

Già i piccolissimi possono stare in cucina, guardare e naturalmente anche provare. Osservano molto, vedono che prima di cucinare ci si lava le mani e si indossa un grembiule. Ma i bimbi piccoli non vanno mai lasciati soli in cucina. Si può cominciare a coinvolgerli a partire dai tre anni e a seconda delle capacità motorie. La prima operazione potrebbe essere un semplice mescolare sotto sorveglianza. Quando dall’osservare si passa al collaborare veramente, i genitori devono calcolare un tempo maggiore per cucinare. La frenesia in cucina provoca spesso tensioni, così le piccole disavventure si moltiplicano, il che è frustrante per grandi e piccini. Non appena i bambini sono in grado di maneggiare un coltello, possono tagliare frutti morbidi come le banane. Ciascuno deve decidere se dar loro in mano un autentico coltello da cucina, valutando le capacità del bambino. Esistono coltelli speciali per bambini, con la punta smussata. Anche in questo caso è importante non lasciare mai i bimbi senza sorveglianza. Gli scolari possono aiutare ancora di più Passo dopo passo, i bambini si assumono compiti sempre più complessi in cucina. Pesare e misurare i liquidi costituisce un buon esercizio di calcolo. I bambini imparano che il grasso friggendo può sprizzare, che le pentole calde e l’acqua bollente richiedono la massima attenzione, perché ci si può bruciare o scottare. Quando i bambini sanno già leggere bene, si può scrivere una semplice ricetta e lasciargliela preparare da soli. Un bimbo che ha cucinato qualcosa da sé, a tavola studierà con grande fierezza i volti dei familiari. Ma con tutto il giusto orgoglio per il lavoro compiuto non bisogna mai dimenticare: naturalmente i bambini aiutano anche a pulire la cucina. Ricette che piacciono ai bambini: www.famigros.ch/ricette


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Idee e acquisti per la settimana

Cucina & Tavola

Cucina & Tavola Tovaglioli, azzurro 33 x 33 cm, 30 pezzi* Fr. 2.10

La servetta

1

Lo sapevate? La parola salvietta deriva dal francese «servette» (a sua volta dal latino «servus»), che significa piccola serva. Già nel primo secolo dopo Cristo, la salvietta era una presenza fissa sulla mensa dei Romani. Nel corso dei secoli ha però cambiato funzione passando dal ruolo di «asciuga piatti» a quello di tovagliolo per pulirsi la bocca. La sua funzione decorativa, con gli angoli ripiegati, risale invece al Medioevo. Con il vasto assortimento di tovaglioli Cucina & Tavola si può decorare qualsiasi tipo di tavolo per qualsiasi tipo di occasione. Vi presentiamo alcuni modi veloci per dare una bella forma alle salviette.

2

1 Cucina & Tavola Tovaglioli, margherite, verde/bianco 33 x 33 cm, 20 pezzi* Fr. 4.35

3 Cucina & Tavola Tovaglioli, rosso vino 40 x 40 cm, 20 pezzi* Fr. 2.70

Azione 50%

2

di sconto sui tovaglioli di carta di Cucina & Tavola e DUNI a partire da due confezioni dal 20 settembre al 3 ottobre.

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1 1 4

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Cucina & Tavola Set da tavola Air, giallo, 12 pezzi* Fr. 2.80

5 2

3 3 Cucina & Tavola Tovaglioli, farfalle 25 x 25 cm, 20 pezzi* Fr. 3.10

6

Cucina & Tavola Serviette, limetta 33 x 33 cm, 30 pezzi* Fr. 2.10

4 Cucina & Tavola Tovaglioli, bouquet di rose, rosso 33 x 33 cm, 20 pezzi* Fr. 4.35

4

7

5

Piegando con cura i tovaglioli si conferisce alla tavola un tocco di classe. Cucina & Tavola Tovaglioli, cane 33 x 33 cm, 20 pezzi* Fr. 4.35


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Idee e acquisti per la settimana

Cucina & Tavola

Cucina & Tavola Tovaglioli, azzurro 33 x 33 cm, 30 pezzi* Fr. 2.10

La servetta

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Lo sapevate? La parola salvietta deriva dal francese «servette» (a sua volta dal latino «servus»), che significa piccola serva. Già nel primo secolo dopo Cristo, la salvietta era una presenza fissa sulla mensa dei Romani. Nel corso dei secoli ha però cambiato funzione passando dal ruolo di «asciuga piatti» a quello di tovagliolo per pulirsi la bocca. La sua funzione decorativa, con gli angoli ripiegati, risale invece al Medioevo. Con il vasto assortimento di tovaglioli Cucina & Tavola si può decorare qualsiasi tipo di tavolo per qualsiasi tipo di occasione. Vi presentiamo alcuni modi veloci per dare una bella forma alle salviette.

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1 Cucina & Tavola Tovaglioli, margherite, verde/bianco 33 x 33 cm, 20 pezzi* Fr. 4.35

3 Cucina & Tavola Tovaglioli, rosso vino 40 x 40 cm, 20 pezzi* Fr. 2.70

Azione 50%

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di sconto sui tovaglioli di carta di Cucina & Tavola e DUNI a partire da due confezioni dal 20 settembre al 3 ottobre.

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Cucina & Tavola Set da tavola Air, giallo, 12 pezzi* Fr. 2.80

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3 3 Cucina & Tavola Tovaglioli, farfalle 25 x 25 cm, 20 pezzi* Fr. 3.10

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Cucina & Tavola Serviette, limetta 33 x 33 cm, 30 pezzi* Fr. 2.10

4 Cucina & Tavola Tovaglioli, bouquet di rose, rosso 33 x 33 cm, 20 pezzi* Fr. 4.35

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Piegando con cura i tovaglioli si conferisce alla tavola un tocco di classe. Cucina & Tavola Tovaglioli, cane 33 x 33 cm, 20 pezzi* Fr. 4.35


Vincispfersa. d1i0u’0n 0an0n.o. per la

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Trovi tutte le informazioni relative al concorso su www.famigros.ch/vinci Termine ultimo di partecipazione: 2 ottobre 2016.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Idee e acquisti per la settimana

shopping Chicchi d’eccellenza Attualità È tornata la stagione della dolce e succosa uva da tavola

Gli amanti dell’uva da tavola hanno di che rallegrarsi, dal momento che per loro Migros Ticino ha selezionato, accanto alle tipologie più comuni, anche alcune varietà particolari ricercate dai buongustai per le loro peculiarità gustative. Da millenni l’uva è apprezzata per le sue qualità. In generale, si stima che a livello mondiale annualmente si producano quasi 80 milioni di tonnellate di uva. La maggior parte della produzione – oltre l’80 per cento – è naturalmente destinata alla produzione di vino e altre bevande a base di vino, il 10 per cento è consumato sotto forma di uva da tavola, mentre il resto viene trasformato in uva passa. L’uva da tavola, rispetto a quella da vino, possiede acini più grossi e zuccherini. L’uva è ricca di sali minerali e vitamine ed è un’ottima fonte di energia grazie al glucosio in essa contenuto. Il glucosio, conosciuto anche come zucchero d’uva, si trasforma rapidamente in energia, indispensabile per le funzioni fisiche e mentali. L’uva contiene anche acido folico, sostanza necessaria all’organismo per la produzione sanguigna e la divisione cellulare, nonché essenziale per lo sviluppo del tubo neurale del feto. Varietà d’uva speciali I reparti frutta dei maggiori supermercati Migros Ticino propongono alcune uve d’eccellenza che spiccano per le loro caratteristiche organolettiche. L’Uva Italia Sélection possiede acini ovoidali di grosse dimensioni di colore giallo dorato. Si distingue per la sua polpa croccante e dolce, con un delicato sapore di moscato. Proviene dalla Puglia e dalla Sicilia. Forma sferoidale leggermente appiattita sono invece le qualità dell’Uva Muscat senza semi. L’intenso colore giallo dei suoi acini racchiude una polpa aromatica dal caratteristico sapore di moscato, senza semi. È coltivata in Puglia e Sicilia. L’Uva bianca senza semi bio possiede degli acini più piccoli rispetto alle altre varietà. Molto zuccherina, ha una buccia sottilissima ed è coltivata in Puglia e Grecia. Il colore blu/violaceo e la forma oblunga distingue l’Uva Sweet Sapphire. È senza semi, molto dolce e croccante, e proviene anch’essa dalla Puglia. L’Uva Pizzutella è tra le più gustose uve bianche prodotte in Italia. I suoi acini allungati e appuntiti possono recare evidenti macchie di zucchero, una particolare caratteristica di quest’uva. Dolcissima e croccante, ha un sapore neutro molto gradevole. Infine, l’assortimento annovera ancora l’Uva Americana dal Nord Italia. Particolarmente diffusa anche alle nostre latitudini soprattutto per la produzione di grappa, quest’uva dal colore blu scuro con acini rotondi è conosciuta anche come «uva fragola». Il suo sapore ricorda infatti vagamente quest’ultimo frutto.

Uva Sweet Sapphire

Uva Americana

Uva Muscat

Uva Pizzutella

Uva bianca senza semi bio

Uva Italia Sélection


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Idee e acquisti per la settimana

La quindicina iberica Attualità Fino alla fine del mese nelle

maggiori filiali di Migros Ticino numerose specialità spagnole e portoghesi saranno protagoniste

La penisola iberica non è solo famosa in tutto il mondo per il mare, il sole, la corrida, il flamenco, il fado, il calcio… ma è nota anche per la sua variegata gastronomia. La Spagna è ovviamente la patria della paella – proposta nelle più svariate versioni con carne o pesce – ma le bontà di questa terra non si fermano certo qui. I sapori tradizionali della cucina ispanica sono impreziositi da influenze mediterranee, atlantiche e arabe. Lungo le coste dominano i prodotti del mare; le carni di maiale, coniglio e selvaggina caratterizzano l’interno della penisola, mentre delle regioni più a nord sono i formaggi a farla da padrone. Il gazpacho – la zuppa fredda a base di verdure crude – è molto apprezzato durante l’estate insieme agli immancabili tapas, gli stuzzichini preparati in mille modi e serviti durante l’aperitivo con fettine di jamón serrano o pata negra, chorizo, olive e formaggio manchego. Carni di manzo, maiale e ovine e tanto pesce e crostacei sono il comune denominatore della cucina portoghese. Nella cucina lusitana sono evidenti le influen-

ze africane, sudamericane e asiatiche, retaggio del passato coloniale del Portogallo. Le spezie più svariate vengono miscelate con gli ingredienti locali per dar vita a piatti pieni di sapore. Il bacalhau, il merluzzo essiccato e salato, è l’elemento principe di moltissime ricette, ma anche le zuppe di pesce e di verdure sono molto diffuse, così come le bistecche con patate, gli arrosti, i brasati di capra o curiose combinazioni di carne con pesce. Infine, non mancano nemmeno gustosi formaggi erborinati o a base di latte di pecora, come pure tradizionali dessert ricchi di profumi. L’assortimento di specialità iberiche disponibili a Migros Ticino è ampio e variegato e vi permette di approntare con pochi accorgimenti gustosissimi piatti dall’impronta mediterranea. Accanto ai noti salumi quali i prosciutti crudi pata negra e serrano, il chorizo, sono presenti anche il formaggio di pecora Manchego, il gazpacho andaluso fresco, il baccalà, le olive, le sardine e il tonno in scatola, l’olio d’oliva… e tanto altro da scoprire sul posto.

Giornate GROHE da OBI S. Antonino Da giovedì 22 a sabato 24 settembre il Centro OBI ospita l’autocarro del fantastico GROHE Work Smarter Tour. Qui i visitatori potranno ricevere informazioni dettagliate sui prodotti GROHE, testare articoli innovativi, partecipare a mini corsi e gustare gratis acqua fresca GROHE Blue. L’azienda tedesca GROHE è tra i leader mondiali nell’ambito dei prodotti sanitari per la cucina e il bagno. Gli articoli firmati GROHE si caratterizzano da sempre per i materiali di alta qualità utilizzati, il design moderno e le tecnologie innovative che permettono di contribuire in modo significativo a controllare e ridurre il consumo d’acqua. Infine, sul sito www.worksmartertour.ch potrete approfittare di un buono acquisto esclusivo da scontare su una doccetta individuale da realizzare sul posto. Vi aspettiamo numerosi!


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Idee e acquisti per la settimana

Optigal

Direttamente al forno con il cestello Azione 20xpunti Cumulus dal 13.9. al 26.9.2016

La marca Optigal garantisce da più di cinquant’anni pollo della migliore qualità

I prodotti a base di pollame nella classica linea Optigal sono disponibili anche nel pratico cestello da forno. Il mezzo pollo e le cosce inferiori sono state insaporiti in una marinata alla paprika e senza nessuna fatica possono essere cotti direttamente al forno. Dopo 30 minuti di cottura ecco il pollo uscire croccante e saporito, pronto per il piatto. Chi lo desidera può accompagnarlo con patate arrostite, fette di zucca o pane fresco.

Optigal ½ Pollo alla Paprika nel cestello, per 100 g Fr. 1.40 Nelle maggiori filiali

Optigal cosce inferiori di pollo alla Paprika nel cestello, per 100 g Fr. 2.80 Nelle maggiori filiali

M-Industria crea numerosi prodotti Migros. Tra questi anche tutti i prodotti Optigal.


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Idee e acquisti per la settimana

TerraSuisse

Paradiso alpino per animali, ambiente e persone

Con l’etichetta TerraSuisse, la Migros distribuisce carne d’agnello di animali che hanno trascorso l’estate su un alpeggio dei Grigioni. Un soggiorno che non fa bene solo alla salute del bestiame, ma anche al mantenimento dei pascoli alpini e di conseguenza alla salvaguardia della natura

Mario Heller produce carne d’agnello per la Migros. Durante l’estate manda il gregge sui pascoli dell’Alpe Muchetta.

Testo Claudia Schmidt Intervista

«Dell’agnello d’alpe si mangia tutto» Signor Heller, quante pecore possiede? Ho iniziato accudendo gli agnelli da latte quando andavo ancora all’asilo. Più tardi ho ricevuto come regalo di Natale una pecora con l’agnellino. Oggi ho un gregge di 300 capi.

2

Fra giugno e settembre gli animali sono sull’alpe. Qual è il vantaggio? D’estate, lassù non è troppo caldo e gli animali sono meno tormentati dagli insetti. La varietà di erba e piante aromatiche, l’aria fresca e il movimento contribuiscono alla salute degli animali. Intanto, a valle posso produrre foraggio per l’inverno. La quantità d’erba può essere gestita nel modo migliore alternando il pascolo alla fienagione. Quali sono i pezzi d’agnello più buoni? Ovviamente, le costolette e i filetti sono squisiti. Tuttavia, cerchiamo di gestire al meglio le bestie da macello, in modo da sfruttarne tutte le parti. Solo così possiamo garantire buoni prezzi. In fondo, tutte le parti si possono cucinare in modo delizioso.

3

1

In caso di brutto tempo, come spesso accade in montagna, la pastorella Lean Jabali e i suoi cani hanno molto da fare sull’Alpe Muchetta. In quei momenti, infatti, si cerca riparo con le pecore nel profondo del bosco adiacente e, quando la visibilità è scarsa, può succedere che nella fretta alcune singole bestie o anche piccoli gruppi di ovini si ritrovino separati dal resto del gregge e devono essere recuperati. Un lavoro che Lean Jabali svolge con l’aiuto di alcuni assistenti a quattro zampe e che fa parte della quotidianità della vita sull’alpe. Il gregge appartiene a Mario Heller, che

alleva i suoi animali secondo le rigorose direttive di IP-Suisse. Ciò significa che, fatto salvo per i mesi invernali, essi trascorrono molto tempo all’aria aperta e possono brucare erba fresca a volontà. Tra giugno e la metà di settembre lo fanno sull’alpe, mentre in primavera e autunno pascolano a valle. In montagna, le condizioni sono ottimali per le pecore che, oltre all’erba, hanno a disposizione ogni tipo di piante aromatiche selvatiche. Inoltre, possono muoversi quanto vogliono e condurre così una normale vita da pecore. Oltretutto, l’alpeggio estivo

delle greggi è indicato anche per motivi ambientali: infatti, protegge indirettamente i prati dall’avanzata del bosco e dei cespugli, preservando così un paesaggio fragile e sensibile creato dalla mano dell’uomo. Le pecore brucano, infatti, l’erba fino alla base, cosicché in autunno gli steli sono così corti da venire sommersi completamente dalla neve. Quest’ultima aderisce meglio su un pascolo diserbato che non su uno dove l’erba lunga viene compressa sotto il manto nevoso. Nel primo caso il rischio di valanghe è notevolmente minore.

Carne d’agnello dell’alpe – una prelibatezza

Ma l’idillio che regna sull’alpe nelle giornate estive è a volte ingannevole. Perché le pecore non devono essere protette unicamente dalle avversità climatiche: quest’estate un lupo ha sbranato alcuni ovini che si erano allontanati dal gregge durante il maltempo. Un fatto che non è stato possibile impedire neppure con l’impiego di cani pastore addestrati. Comunque, il successo del progetto «agnello d’alpe» non viene certamente messo in dubbio da un singolo lupo affamato. Esso poggia, infatti, su un accordo di collabo-

razione tra Micarna, l’industria Migros della trasformazione delle carni, IPSuisse e l’associazione degli allevatori di pecore, volto a promuovere un corretto soggiorno degli animali sulle montagne svizzere. In definitiva, la carne d’agnello dell’alpe è una prelibatezza, poiché l’alimentazione naturale con erba nutriente e piante aromatiche selvatiche garantisce un’elevata qualità. Mentre la carne d’agnello d’importazione è venduta durante tutto l’anno, quella d’agnello svizzero dell’alpe è disponibile solo per un breve periodo, perché la quantità è limitata. / MM

1. Circa 300 pecore e i loro agnellini trascorrono l’estate sull’Alpe Muchetta. 2. Dopo le intemperie e una notte trascorsa nel bosco, si sale nuovamente verso i rigogliosi pascoli. 3. Il gregge resta sull’alpe sino alla fine di settembre. Dopodiché torna a pascolare a valle.

TerraSuisse Spezzatino d’agnello d’alpe per 100 g Fr. 3.10

TerraSuisse Costolette d’agnello d’alpe per 100 g Fr. 5.30

Parte di

TerraSuisse rappresenta il meglio dell’agricoltura svizzera, rispettosa della natura e degli animali e in linea con le direttive di IP-Suisse.


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TerraSuisse

Paradiso alpino per animali, ambiente e persone

Con l’etichetta TerraSuisse, la Migros distribuisce carne d’agnello di animali che hanno trascorso l’estate su un alpeggio dei Grigioni. Un soggiorno che non fa bene solo alla salute del bestiame, ma anche al mantenimento dei pascoli alpini e di conseguenza alla salvaguardia della natura

Mario Heller produce carne d’agnello per la Migros. Durante l’estate manda il gregge sui pascoli dell’Alpe Muchetta.

Testo Claudia Schmidt Intervista

«Dell’agnello d’alpe si mangia tutto» Signor Heller, quante pecore possiede? Ho iniziato accudendo gli agnelli da latte quando andavo ancora all’asilo. Più tardi ho ricevuto come regalo di Natale una pecora con l’agnellino. Oggi ho un gregge di 300 capi.

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Fra giugno e settembre gli animali sono sull’alpe. Qual è il vantaggio? D’estate, lassù non è troppo caldo e gli animali sono meno tormentati dagli insetti. La varietà di erba e piante aromatiche, l’aria fresca e il movimento contribuiscono alla salute degli animali. Intanto, a valle posso produrre foraggio per l’inverno. La quantità d’erba può essere gestita nel modo migliore alternando il pascolo alla fienagione. Quali sono i pezzi d’agnello più buoni? Ovviamente, le costolette e i filetti sono squisiti. Tuttavia, cerchiamo di gestire al meglio le bestie da macello, in modo da sfruttarne tutte le parti. Solo così possiamo garantire buoni prezzi. In fondo, tutte le parti si possono cucinare in modo delizioso.

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In caso di brutto tempo, come spesso accade in montagna, la pastorella Lean Jabali e i suoi cani hanno molto da fare sull’Alpe Muchetta. In quei momenti, infatti, si cerca riparo con le pecore nel profondo del bosco adiacente e, quando la visibilità è scarsa, può succedere che nella fretta alcune singole bestie o anche piccoli gruppi di ovini si ritrovino separati dal resto del gregge e devono essere recuperati. Un lavoro che Lean Jabali svolge con l’aiuto di alcuni assistenti a quattro zampe e che fa parte della quotidianità della vita sull’alpe. Il gregge appartiene a Mario Heller, che

alleva i suoi animali secondo le rigorose direttive di IP-Suisse. Ciò significa che, fatto salvo per i mesi invernali, essi trascorrono molto tempo all’aria aperta e possono brucare erba fresca a volontà. Tra giugno e la metà di settembre lo fanno sull’alpe, mentre in primavera e autunno pascolano a valle. In montagna, le condizioni sono ottimali per le pecore che, oltre all’erba, hanno a disposizione ogni tipo di piante aromatiche selvatiche. Inoltre, possono muoversi quanto vogliono e condurre così una normale vita da pecore. Oltretutto, l’alpeggio estivo

delle greggi è indicato anche per motivi ambientali: infatti, protegge indirettamente i prati dall’avanzata del bosco e dei cespugli, preservando così un paesaggio fragile e sensibile creato dalla mano dell’uomo. Le pecore brucano, infatti, l’erba fino alla base, cosicché in autunno gli steli sono così corti da venire sommersi completamente dalla neve. Quest’ultima aderisce meglio su un pascolo diserbato che non su uno dove l’erba lunga viene compressa sotto il manto nevoso. Nel primo caso il rischio di valanghe è notevolmente minore.

Carne d’agnello dell’alpe – una prelibatezza

Ma l’idillio che regna sull’alpe nelle giornate estive è a volte ingannevole. Perché le pecore non devono essere protette unicamente dalle avversità climatiche: quest’estate un lupo ha sbranato alcuni ovini che si erano allontanati dal gregge durante il maltempo. Un fatto che non è stato possibile impedire neppure con l’impiego di cani pastore addestrati. Comunque, il successo del progetto «agnello d’alpe» non viene certamente messo in dubbio da un singolo lupo affamato. Esso poggia, infatti, su un accordo di collabo-

razione tra Micarna, l’industria Migros della trasformazione delle carni, IPSuisse e l’associazione degli allevatori di pecore, volto a promuovere un corretto soggiorno degli animali sulle montagne svizzere. In definitiva, la carne d’agnello dell’alpe è una prelibatezza, poiché l’alimentazione naturale con erba nutriente e piante aromatiche selvatiche garantisce un’elevata qualità. Mentre la carne d’agnello d’importazione è venduta durante tutto l’anno, quella d’agnello svizzero dell’alpe è disponibile solo per un breve periodo, perché la quantità è limitata. / MM

1. Circa 300 pecore e i loro agnellini trascorrono l’estate sull’Alpe Muchetta. 2. Dopo le intemperie e una notte trascorsa nel bosco, si sale nuovamente verso i rigogliosi pascoli. 3. Il gregge resta sull’alpe sino alla fine di settembre. Dopodiché torna a pascolare a valle.

TerraSuisse Spezzatino d’agnello d’alpe per 100 g Fr. 3.10

TerraSuisse Costolette d’agnello d’alpe per 100 g Fr. 5.30

Parte di

TerraSuisse rappresenta il meglio dell’agricoltura svizzera, rispettosa della natura e degli animali e in linea con le direttive di IP-Suisse.


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Idee e acquisti per la settimana

I funghi non lo interessano solo quale responsabile del reparto frutta e verdura della filiale Migros di S. Antonino: a Davide Zucco i funghi piacciono anche a casa, nel piatto.

Padellata di gallinacci e schupfpnudel Piatto principale per 4 persone

Ingredienti 1 porro di ca. 200 g 130 g di prosciutto contadino 200 g di gallinacci 1 mazzetto di prezzemolo 2 cucchiai d’olio di colza 800 g di schupfnudel 2 dl di panna semigrassa sale, pepe Preparazione Tagliate il porro a rondelle leggermente oblique, il prosciutto a striscioline. Mondate in funghi, se necessario dimezzateli. Tritate il prezzemolo.

D’attualità

Scaldate l’olio in un tegame e soffriggetevi le rondelle di porro, il prosciutto e i funghi. Unite gli schupfnudel e rosolateli per ca. 5 minuti. Aggiungete la panna e il prezzemolo, portate a ebollizione, mescolate bene e regolate di sale e pepe.

La stagione dei funghi selvatici è l’autunno, i funghi coltivati ci sono tutto l’anno. Dal momento che i porcini non si possono coltivare, sono considerati particolarmente preziosi. Il periodo in cui sono disponibili può variare a seconda del tempo che fa. I Shii-Take e i Pleurotos sono soprattutto adatti a preparare pietanze asiatiche. Alla Migros sono disponibili anche altri tipi di funghi.

Tempo di preparazione ca. 20 minuti Per persona ca. 21 g di proteine, 25 g di grassi, 70 g di carboidrati, 2500 kJ/590 kcal

Con il loro sapore intenso, i porcini sono particolarmente apprezzati. Secchi, sono generalmente ancora più aromatici.

Intervista all’esperto

«I funghi non si lavano»

I gallinacci provengono soprattutto dall’Europa dell’est, ma crescono anche nei boschi di montagna svizzeri.

Quale responsabile del reparto frutta e verdura, Davide Zucco sa molto sui funghi e può dare ottimi consigli

Davide Zucco, l’autunno è tempo di funghi. Quante varietà di funghi propone la sua filiale?

Ora abbiamo sempre in assortimento dalle dieci alle dodici varietà.

Ci sono anche funghi in qualità bio?

Naturalmente. Diverse varietà recano il marchio Migros Bio. Per quanto tempo posso conservare i funghi?

I funghi andrebbero consumati il più freschi possibile. Non si dovrebbero conservare più di due o tre giorni. Noi presentiamo i funghi quasi esclusivamente refrigerati. Anche a casa vanno messi in frigo.

Bisogna lavare i funghi prima di cucinarli? Come si puliscono a regola d’arte?

I funghi non si lavano, ma si puliscono con una spazzola fine. Gli esemplari molto sporchi si possono però risciacquare

I pleurotos, detti anche funghi ostrica, sono coltivati su paglia e legno.

brevemente sotto l’acqua corrente. Ma non dovrebbero mai restare più a lungo nell’acqua, altrimenti si inzuppano e perdono aroma. Quando si rosolano i funghi bisogna usare una padella grande. Perché?

I funghi hanno bisogno di spazio nella padella. Se vi si mettono troppi funghi alla volta, lo strato superiore fa un po’ da cappa. Così l’acqua non evapora e i funghi non vengono rosolati, ma stufati. Solo se i funghi hanno abbastanza spazio l’acqua evapora, e i funghi prendono un bel colore e dispiegano il loro aroma.

Consiglio

I piatti a base di funghi si possono riscaldare ancora una volta. Importante: mettere i resti in frigorifero e il giorno dopo riscaldarli ad almeno 70°C.

Nel caso avanzasse qualcosa da un’ottima pietanza a base di funghi: si possono riscaldare i resti il giorno dopo?

I funghi Shii-Take crescono allo stato selvatico solo in Asia, in Svizzera vengono coltivati.

Cosa contengono? I funghi contengono pochi grassi e carboidrati, ma molti minerali e oligoelementi. Per questo sono particolarmente indicati per preparare pietanze povere di calorie così come piatti vegetariani e vegani. I funghi contengono provitamina D, che è molto utile all’organismo in inverno, in quanto per formare la vitamina D è necessario il sole. www.migros.ch/frutta-verdura

Una volta si diceva che non si potessero più riscaldare. Oggi si sa che i resti di un piatto di funghi vanno messi subito in frigo e il giorno dopo devono venir riscaldati per bene.

Una ricetta di:


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Idee e acquisti per la settimana

I funghi non lo interessano solo quale responsabile del reparto frutta e verdura della filiale Migros di S. Antonino: a Davide Zucco i funghi piacciono anche a casa, nel piatto.

Padellata di gallinacci e schupfpnudel Piatto principale per 4 persone

Ingredienti 1 porro di ca. 200 g 130 g di prosciutto contadino 200 g di gallinacci 1 mazzetto di prezzemolo 2 cucchiai d’olio di colza 800 g di schupfnudel 2 dl di panna semigrassa sale, pepe Preparazione Tagliate il porro a rondelle leggermente oblique, il prosciutto a striscioline. Mondate in funghi, se necessario dimezzateli. Tritate il prezzemolo.

D’attualità

Scaldate l’olio in un tegame e soffriggetevi le rondelle di porro, il prosciutto e i funghi. Unite gli schupfnudel e rosolateli per ca. 5 minuti. Aggiungete la panna e il prezzemolo, portate a ebollizione, mescolate bene e regolate di sale e pepe.

La stagione dei funghi selvatici è l’autunno, i funghi coltivati ci sono tutto l’anno. Dal momento che i porcini non si possono coltivare, sono considerati particolarmente preziosi. Il periodo in cui sono disponibili può variare a seconda del tempo che fa. I Shii-Take e i Pleurotos sono soprattutto adatti a preparare pietanze asiatiche. Alla Migros sono disponibili anche altri tipi di funghi.

Tempo di preparazione ca. 20 minuti Per persona ca. 21 g di proteine, 25 g di grassi, 70 g di carboidrati, 2500 kJ/590 kcal

Con il loro sapore intenso, i porcini sono particolarmente apprezzati. Secchi, sono generalmente ancora più aromatici.

Intervista all’esperto

«I funghi non si lavano»

I gallinacci provengono soprattutto dall’Europa dell’est, ma crescono anche nei boschi di montagna svizzeri.

Quale responsabile del reparto frutta e verdura, Davide Zucco sa molto sui funghi e può dare ottimi consigli

Davide Zucco, l’autunno è tempo di funghi. Quante varietà di funghi propone la sua filiale?

Ora abbiamo sempre in assortimento dalle dieci alle dodici varietà.

Ci sono anche funghi in qualità bio?

Naturalmente. Diverse varietà recano il marchio Migros Bio. Per quanto tempo posso conservare i funghi?

I funghi andrebbero consumati il più freschi possibile. Non si dovrebbero conservare più di due o tre giorni. Noi presentiamo i funghi quasi esclusivamente refrigerati. Anche a casa vanno messi in frigo.

Bisogna lavare i funghi prima di cucinarli? Come si puliscono a regola d’arte?

I funghi non si lavano, ma si puliscono con una spazzola fine. Gli esemplari molto sporchi si possono però risciacquare

I pleurotos, detti anche funghi ostrica, sono coltivati su paglia e legno.

brevemente sotto l’acqua corrente. Ma non dovrebbero mai restare più a lungo nell’acqua, altrimenti si inzuppano e perdono aroma. Quando si rosolano i funghi bisogna usare una padella grande. Perché?

I funghi hanno bisogno di spazio nella padella. Se vi si mettono troppi funghi alla volta, lo strato superiore fa un po’ da cappa. Così l’acqua non evapora e i funghi non vengono rosolati, ma stufati. Solo se i funghi hanno abbastanza spazio l’acqua evapora, e i funghi prendono un bel colore e dispiegano il loro aroma.

Consiglio

I piatti a base di funghi si possono riscaldare ancora una volta. Importante: mettere i resti in frigorifero e il giorno dopo riscaldarli ad almeno 70°C.

Nel caso avanzasse qualcosa da un’ottima pietanza a base di funghi: si possono riscaldare i resti il giorno dopo?

I funghi Shii-Take crescono allo stato selvatico solo in Asia, in Svizzera vengono coltivati.

Cosa contengono? I funghi contengono pochi grassi e carboidrati, ma molti minerali e oligoelementi. Per questo sono particolarmente indicati per preparare pietanze povere di calorie così come piatti vegetariani e vegani. I funghi contengono provitamina D, che è molto utile all’organismo in inverno, in quanto per formare la vitamina D è necessario il sole. www.migros.ch/frutta-verdura

Una volta si diceva che non si potessero più riscaldare. Oggi si sa che i resti di un piatto di funghi vanno messi subito in frigo e il giorno dopo devono venir riscaldati per bene.

Una ricetta di:


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Idee e acquisti per la settimana

Farmer

Energia in movimento Che si tratti di andare in bici, a correre o sul Percorso Vita: le barrette Farmer di frutta, miele e cereali vi riforniscono di energia durante qualsiasi tipo di attività all’aperto. Sono estremamente pratici da portarsi dietro anche gli yogurt con cucchiaio integrato nel vasetto. Il muesli croccante e i fiocchi di cereali calmano la fame e danno una spinta in più. Tutti i prodotti Farmer hanno un alto contenuto di fibre. In questa vasta gamma di fornitori di energia ognuno trova qualcosa di suo gusto, perfino chi allo sport è allergico…

*20% di sconto

su tutti i prodotti Farmer dal 13 al 26 settembre

Farmer Croc Cioccolato, muesli croccante 500 g Fr. 3.80* invece di 4.80

Farmer Flakes Cioccolato 500 g Fr. 4.30* invece di 5.40 Nelle maggiori filiali

Farmer Soft Mora & Mela 234 g Fr. 3.50* invece di 4.40 Farmer Yogurt Frutti di bosco 225 g Fr. 1.60* invece di 2.–

Farmer Flakes Nature 500 g Fr. 3.65* invece di 4.60

Farmer Soft Choc Naturale 290 g Fr. 3.60* invece di 4.50 Farmer Yogurt Cioccolato 225 g Fr. 1.60* invece di 2.–

Farmer Croc Frutti di bosco, muesli croccante 500 g Fr. 3.80* invece di 4.80

Testo: Sonja Leissing

Farmer Crunchy Miele 240 g Fr. 3.50* invece di 4.40


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Idee e acquisti per la settimana

Farmer

Energia in movimento Che si tratti di andare in bici, a correre o sul Percorso Vita: le barrette Farmer di frutta, miele e cereali vi riforniscono di energia durante qualsiasi tipo di attività all’aperto. Sono estremamente pratici da portarsi dietro anche gli yogurt con cucchiaio integrato nel vasetto. Il muesli croccante e i fiocchi di cereali calmano la fame e danno una spinta in più. Tutti i prodotti Farmer hanno un alto contenuto di fibre. In questa vasta gamma di fornitori di energia ognuno trova qualcosa di suo gusto, perfino chi allo sport è allergico…

*20% di sconto

su tutti i prodotti Farmer dal 13 al 26 settembre

Farmer Croc Cioccolato, muesli croccante 500 g Fr. 3.80* invece di 4.80

Farmer Flakes Cioccolato 500 g Fr. 4.30* invece di 5.40 Nelle maggiori filiali

Farmer Soft Mora & Mela 234 g Fr. 3.50* invece di 4.40 Farmer Yogurt Frutti di bosco 225 g Fr. 1.60* invece di 2.–

Farmer Flakes Nature 500 g Fr. 3.65* invece di 4.60

Farmer Soft Choc Naturale 290 g Fr. 3.60* invece di 4.50 Farmer Yogurt Cioccolato 225 g Fr. 1.60* invece di 2.–

Farmer Croc Frutti di bosco, muesli croccante 500 g Fr. 3.80* invece di 4.80

Testo: Sonja Leissing

Farmer Crunchy Miele 240 g Fr. 3.50* invece di 4.40


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Idee e acquisti per la settimana

M-Classic

Un toast per ogni occasione

Con la zuppa di cipolle si usa intingere i toast con il formaggio gratinato.

Ricetta

M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche il pane da toast di M-Classic.

Zuppa di cipolle con toast al Gruyere su www.cucinadistagione.ch

Molti classici da bistrot, come la zuppa di cipolle francese, il croque monsieur o il croque madame, il club-sandwich o una tartare di manzo sarebbero impensabili senza qualche fetta di croccante pane tostato. M-Classic propone due varianti di pane da toast di farina bianca ed altrettante di farina integrale. Per averne sempre una scorta a portata di mano, le fette si possono congelare e poi tostare subito senza scongelarle. Tutti i tipi di pane da toast di M-Classic sono prodotti con farina Terra Suisse.

I cereali TerraSuisse provengono sempre da agricoltura svizzera sostenibile, che crea spazi vitali per gli animali selvatici e le piante rare, rinunciando all’uso di diverse sostanze chimiche.

Parte di M-Classic TerraSuisse Toast Rustico 250 g Fr. 1.35

M-Classic TerraSuisse Toast Soleil 500 g Fr. 2.40

M-Classic TerraSuisse Toast ai 6 cereali 250 g Fr. 2.40 Nelle maggiori filiali


Azione 40%

35%

2.40 invece di 3.70

11.40 invece di 19.–

Uva Italia Italia, al kg

30%

1.75 invece di 2.50 Mango Spagna, il pezzo

20%

1.75 invece di 2.20 Merendine Dal Colle Wonder Rella, Spider Milk, Captain Milk e Iron Teg, per es. Spider Milk, 224 g

Carne di manzo macinata M-Classic Svizzera, al kg

20% Tutte le mele in vendita al pezzo per es. Gala, Svizzera, al kg, 2.95 invece di 3.70

20% Tutto l’assortimento Monini per es. olio d’oliva Classico, 500 ml, 5.50 invece di 6.90

Migros Ticino Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

50%

1.10 invece di 2.20 Pizzoccheri prodotti in Ticino, in conf. take away, per 100 g

15% Grana Padano grattugiato, 120 g, 1.85 invece di 2.20


. a z z e h c s e fr a ll e d o p m li ’o ll e n ti u Benven

30% Filetto di salmone in vaschetta, con e senza pelle, d’allevamento, Norvegia, per es. senza pelle, per 100 g, 2.50 invece di 3.60, fino al 24.9

M consiglia

50%

1.60 invece di 3.25 Prosciuttino dalla noce affumicato TerraSuisse per 100 g

40%

3.20 invece di 5.40 Filetto di maiale TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g

VERSATILI FILETTI DI TROTA I filetti di trota affumicati bio sono così buoni che vale la pena gustarli con una spruzzata di succo di limone e un ciuffo d’aneto. Ma per una versione raffinata e gustosa ci sono i crostini alla spuma di trota da servire come aperitivo. Gli ingredienti sono in vendita alla tua Migros, la ricetta la trovi su saison.ch/consigliamo.

conf. da 3

30%

10.90 invece di 15.60 Filetti di trota affumicati Migros Bio in conf. da 3 d’allevamento, Danimarca, 3 x 100 g

30%

3.85 invece di 5.50 Gamberetti cotti Migros Bio Ecuador, in conf. da ca. 500 g, per 100 g

33%

6.90 invece di 10.30 Carne secca dei Grigioni, affettata Svizzera, 118 g

30%

3.50 invece di 5.Salame Strolghino di culatello Italia, pezzo da ca. 250 g, per 100 g

Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

20%

30%

2.05 invece di 2.60

5.– invece di 7.30

Lesso magro di manzo TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g

30%

2.70 invece di 3.90 Prosciutto speziato M-Classic Svizzera, per 100 g

Fettine fesa di vitello tagliate fini TerraSuisse Svizzera, imballate, per 100 g

30%

3.05 invece di 4.40 Prosciutto cotto Alta Qualità Lenti Italia, affettato in vaschetta da ca. 120 g, per 100 g

30%

4.60 invece di 6.60 Prosciutto crudo ticinese prodotto in Ticino, affettato fine in vaschetta, per 100 g


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30% Filetto di salmone in vaschetta, con e senza pelle, d’allevamento, Norvegia, per es. senza pelle, per 100 g, 2.50 invece di 3.60, fino al 24.9

M consiglia

50%

1.60 invece di 3.25 Prosciuttino dalla noce affumicato TerraSuisse per 100 g

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VERSATILI FILETTI DI TROTA I filetti di trota affumicati bio sono così buoni che vale la pena gustarli con una spruzzata di succo di limone e un ciuffo d’aneto. Ma per una versione raffinata e gustosa ci sono i crostini alla spuma di trota da servire come aperitivo. Gli ingredienti sono in vendita alla tua Migros, la ricetta la trovi su saison.ch/consigliamo.

conf. da 3

30%

10.90 invece di 15.60 Filetti di trota affumicati Migros Bio in conf. da 3 d’allevamento, Danimarca, 3 x 100 g

30%

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Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

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Lesso magro di manzo TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g

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30%

4.60 invece di 6.60 Prosciutto crudo ticinese prodotto in Ticino, affettato fine in vaschetta, per 100 g


conf. da 2

50%

10.60 invece di 21.20 Chicken Nuggets Don Pollo in conf. da 2 prodotti in Svizzera con carne del Brasile, 2 x 500 g

35%

9.– invece di 15.– Cosce superiori e inferiori di pollo Optigal Svizzera, per es. cosce inferiori, al kg

25% Menu di selvaggina e pasta con selvaggina in conf. da 2 per es. salmì di capriolo con knöpfli e cavolo rosso, 2 x 430 g, 14.70 invece di 19.60

3.20 invece di 4.30 Finocchi Ticino, sciolti, al kg

25%

2.15 invece di 2.90 Rucola Ticino, in conf. da 100 g

35%

2.90 invece di 4.50 Pomodori a grappolo Svizzera, al kg

conf. da 2

20%

5.20 invece di 6.50 Kiwi Migros Bio Nuova Zelanda, imballati, al kg

conf. da 2

25%

30%

6.70 invece di 9.80 Trofie Armando de Angelis in conf. da 2 x 500 g

Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

25%

4.40 invece di 5.90 Lamponi Svizzera/Paesi Bassi, in conf. da 250 g

25% Tutto l’assortimento Dimmidisì per es. minestrone di verdure, 620 g, 3.65 invece di 4.90

20%

35%

2.10 invece di 3.40

6.20 invece di 7.80

Peperoni misti Spagna/Paesi Bassi, 500 g

20%

1.95 invece di 2.45 Formaggio di montagna dei Grigioni alla panna Heidi per 100 g

Insalata del re Anna’s Best in conf. da 2 2 x 150 g

33%

3.90 invece di 5.85 Trio di Tomme Val D’Arve (Rustique, Saint Amouron, Vaudoise du Crémier) in conf. da 3 x 100 g

conf. da 2

20%

13.90 invece di 17.40 Raccard assortito in conf. da 2 2 x 350 g


conf. da 2

50%

10.60 invece di 21.20 Chicken Nuggets Don Pollo in conf. da 2 prodotti in Svizzera con carne del Brasile, 2 x 500 g

35%

9.– invece di 15.– Cosce superiori e inferiori di pollo Optigal Svizzera, per es. cosce inferiori, al kg

25% Menu di selvaggina e pasta con selvaggina in conf. da 2 per es. salmì di capriolo con knöpfli e cavolo rosso, 2 x 430 g, 14.70 invece di 19.60

3.20 invece di 4.30 Finocchi Ticino, sciolti, al kg

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Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

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Peperoni misti Spagna/Paesi Bassi, 500 g

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Insalata del re Anna’s Best in conf. da 2 2 x 150 g

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conf. da 2

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. io rm a p s ri i d à it il ib s s Ancora più po conf. da 4

20% Tutti gli yogurt Excellence per es. alle fragoline di bosco, 150 g, –.75 invece di –.95

50%

33%

4.40 invece di 6.60

Phalaenopsis, 2 steli in vaso da 12 cm disponibile in diversi colori, per es. rosa

Bastoncini alle nocciole in conf. da 2 2 x 220 g

5.85 invece di 6.90 Rose Fairtrade, mazzo da 10 lunghezza dello stelo 40 cm, in diversi colori, per es. arancione

Tavolette di cioccolato Frey da 100 g in confezioni multiple, UTZ per es. Truffes au Lait Les Adorables, 4 x 100 g, 6.10 invece di 8.80

conf. da 3

33%

9.80 invece di 14.70 Ravioli Anna’s Best in conf. da 3 per es. al pomodoro e alla mozzarella, 3 x 250 g

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

conf. da 2

20% Focaccia all’alsaziana originale in conf. da 2 per es. 2 x 350 g, 7.80 invece di 9.80

20% Tutti i praliné in scatola e gli Adoro Frey, UTZ per es. praliné Prestige, 250 g, 12.60 invece di 15.80, offerta valida fino al 3.10.2016

conf. da 30

conf. da 2

8.40 invece di 16.90

15%

30%

a partire da 2 confezioni

–.60

di riduzione l’una Tutto l’assortimento ChocMidor a partire da 2 confezioni, –.60 di riduzione l’una, per es. Rocher, 100 g, 2.50 invece di 3.10

20%

3.10 invece di 3.90 Tutte le gomme da masticare Skai, Ice Tea Gum e Fruity Fresh per es. spearmint Skai, in bustina da 64 g

Hit

10.50

Branches Classic Frey in conf. da 30, UTZ 810 g

20% Tutti i gelati M-Classic da 2000 ml per es. vaniglia-pistacchio-cacao-nocciola, 6.– invece di 7.50

33% Tutti i tipi di caffè in chicchi UTZ da 1 kg per es. Boncampo, 5.65 invece di 8.50


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20% Tutti gli yogurt Excellence per es. alle fragoline di bosco, 150 g, –.75 invece di –.95

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Phalaenopsis, 2 steli in vaso da 12 cm disponibile in diversi colori, per es. rosa

Bastoncini alle nocciole in conf. da 2 2 x 220 g

5.85 invece di 6.90 Rose Fairtrade, mazzo da 10 lunghezza dello stelo 40 cm, in diversi colori, per es. arancione

Tavolette di cioccolato Frey da 100 g in confezioni multiple, UTZ per es. Truffes au Lait Les Adorables, 4 x 100 g, 6.10 invece di 8.80

conf. da 3

33%

9.80 invece di 14.70 Ravioli Anna’s Best in conf. da 3 per es. al pomodoro e alla mozzarella, 3 x 250 g

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

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conf. da 30

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a partire da 2 confezioni

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Hit

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Branches Classic Frey in conf. da 30, UTZ 810 g

20% Tutti i gelati M-Classic da 2000 ml per es. vaniglia-pistacchio-cacao-nocciola, 6.– invece di 7.50

33% Tutti i tipi di caffè in chicchi UTZ da 1 kg per es. Boncampo, 5.65 invece di 8.50


50%

7.65 invece di 15.30 Cosce di pollo al naturale M-Classic surgelate, 2 kg

30% Tutte le lasagne Buon Gusto e tutti i prodotti Yummie surgelati, per es. lasagne alla bolognese Buon Gusto, 360 g, 2.35 invece di 3.40

20% Tutti i prodotti a base di castagne M-Classic e Migros Bio surgelati, per es. purea di castagne Migros Bio, 250 g, 2.05 invece di 2.60

50% Tutte le 7up da 6 x 1,5 l e le 7up H2Oh! da 6 x 1 l per es. 7up Regular, 6 x 1,5 l, 5.85 invece di 11.70

a partire da 3 pezzi

30%

Tutto l’assortimento Tangan a partire da 3 pezzi, 30% di riduzione, offerta valida fino al 3.10.2016

a partire da 2 confezioni

25%

20%

Carta per uso domestico Twist in confezioni speciali per es. Recycling Deluxe, 12 rotoli, 9.90 invece di 13.20, offerta valida fino al 3.10.2016

Tutto l’assortimento Mister Rice per es. Wild Rice Mix, 1 kg, 3.60 invece di 4.50

conf. da 5 conf. da 6

20%

9.10 invece di 11.40 Tonno M-Classic in conf. da 6 in olio di soia e in acqua, per es. in olio di soia, 6 x 155 g

a partire da 2 confezioni

– .4 0

di riduzione l’una Tutte le zuppe istantanee e in bustina Bon Chef a partire da 2 confezioni, –.40 di riduzione l’una, per es. minestra con polpettine di carne e vermicelli, in busta da 74 g, 1.10 invece di 1.50

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

a partire da 2 confezioni

20%

di riduzione Tutto l’assortimento Blévita a partire da 2 confezioni, 20% di riduzione

50%

6.50 invece di 13.– Succo d’arancia M-Classic, Fairtrade, in conf. da 10, 10 x 1 l

Hit

9.90

Slipper o fantasmini da donna Ellen Amber in conf. da 5 disponibili in nero, bianco o antracite e in diverse misure, per es. slipper, antracite, numeri 35–38, offerta valida fino al 3.10.2016

50%

Tutto l’assortimento di carta Cucina & Tavola e Duni a partire da 2 confezioni, 50% di riduzione, offerta valida fino al 3.10.2016

conf. da 5

Hit

12.90

Calze o calze corte da uomo John Adams in conf. da 5 disponibili in nero o antracite e in diverse misure, per es. calze, antracite, numeri 43–46, offerta valida fino al 3.10.2016


50%

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30% Tutte le lasagne Buon Gusto e tutti i prodotti Yummie surgelati, per es. lasagne alla bolognese Buon Gusto, 360 g, 2.35 invece di 3.40

20% Tutti i prodotti a base di castagne M-Classic e Migros Bio surgelati, per es. purea di castagne Migros Bio, 250 g, 2.05 invece di 2.60

50% Tutte le 7up da 6 x 1,5 l e le 7up H2Oh! da 6 x 1 l per es. 7up Regular, 6 x 1,5 l, 5.85 invece di 11.70

a partire da 3 pezzi

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Tutto l’assortimento Tangan a partire da 3 pezzi, 30% di riduzione, offerta valida fino al 3.10.2016

a partire da 2 confezioni

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Carta per uso domestico Twist in confezioni speciali per es. Recycling Deluxe, 12 rotoli, 9.90 invece di 13.20, offerta valida fino al 3.10.2016

Tutto l’assortimento Mister Rice per es. Wild Rice Mix, 1 kg, 3.60 invece di 4.50

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9.10 invece di 11.40 Tonno M-Classic in conf. da 6 in olio di soia e in acqua, per es. in olio di soia, 6 x 155 g

a partire da 2 confezioni

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di riduzione l’una Tutte le zuppe istantanee e in bustina Bon Chef a partire da 2 confezioni, –.40 di riduzione l’una, per es. minestra con polpettine di carne e vermicelli, in busta da 74 g, 1.10 invece di 1.50

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.9 AL 26.9.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

a partire da 2 confezioni

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di riduzione Tutto l’assortimento Blévita a partire da 2 confezioni, 20% di riduzione

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Altre offerte. Pesce, carne e pollame

Altri alimenti

Tutto l’assortimento Gran Pavesi o Roberto, a partire da 2 confezioni, –.50 di riduzione l’una, per es. grissini Torinesi Roberto, 250 g, 1.95 invece di 2.45 Focacce surgelate Svila, Montanara e Monte Rosa, 300 g e 310 g, per es. Focaccia Montanara surgelata Svila, 4.70 invece di 5.90 20%

Pollo Optigal speziato cotto al grill, Svizzera, cotto in filiale, al pezzo, 7.50 invece di 10.80 30% Prosciutto crudo Serrano, prodotto spagnolo, affettato in vaschetta, per 100 g, 4.60 invece di 6.60 30%

conf. da 3

30%

7.35 invece di 10.50 Deodoranti Axe in conf. da 2 e prodotti per la doccia Axe in conf. da 3 per es. Axe Africa Shower Gel in conf. da 3, 3 x 250 ml

Popcorn salati nel secchiello, 124 g, 3.95 Hit Pennoni lisci Garofalo in conf. da 2, 2 x 500 g, 3.50 Hit Nutella in barattolo di vetro da 1 kg, 6.20 Hit

Pane e latticini

Tutte le salse Agnesi Passione, a partire da 2 pezzi 40% Tutte le crostate, per es. crostata di albicocche Anna’s Best, 215 g, 2.45 invece di 3.10 20%

Pane Val Morobbia, 320 g e 550 g, per es. 550 g, 2.85 invece di 3.40 15%

Pizza Margherita M-Classic in conf. da 3, surgelata, 3.50 invece di 7.05 50% Gallette al granoturco Lilibiggs, tondelli di riso al cioccolato o tondelli di riso allo yogurt in conf. da 3, per es. gallette al granoturco Lilibiggs, 3 x 130 g, 3.30 invece di 4.95 3 per 2 Tutte le confetture Extra in conf. da 2, per es. arance amare, 2 x 500 g, 2.90 invece di 4.20 30%

Fiori e piante

Tutti i tipi di Coca-Cola in lattina, in conf. da 6, 6 x 330 ml, classic e zero, per es. Classic, 3.35 invece di 4.50 25%

20%

Tutti i mascara e i liner Maybelline a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione

25% Carta igienica Soft in conf. speciale, FSC per es. Deluxe, 24 rotoli, 13.95 invece di 18.60

15%

Near Food/Non Food

Tutti i bulbi da fiore autunnali, per es. bulbi di tulipano Grand Perfection, confezione, 12 pezzi, 6.– invece di 7.50 20%

Punte di asparagi in barattolo M-Classic in conf. da 4, bianchi e verdi, per es. verdi, 4 x 100 g, 6.– invece di 7.60 20% Thé al limone, verde e pesca San Benedetto, 6 x 1,5 l, 6.20 invece di 7.80 20%

Detersivo per capi delicati Yvette in flacone da 3 l, per es. Black, 9.80 invece di 14.70 33% ** Salviettine umide per bebè Milette in conf. da 4, per es. Ultra Soft & Care, 4 x 72 pezzi, 9.30 invece di 11.80 20% ** Tutti gli alimenti per cani Matzinger, per es. Shapes, 800 g, 2.05 invece di 2.60 20%

Novità

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Idee e acquisti per la settimana

Denny’s

Mais da sgranocchiare Sono fatte di granturco e si trovano solo alla Migros: sono le croccantissime Mais Fries. Già fritte e perciò veloci da preparare, rappresentano una golosa alternativa alle pommes frites. I bastoncini dorati si cuociono al forno in una decina di minuti o ancora più rapidamente nella friggitrice. Sono abbondantemente aromatizzate e perfette per uno spuntino o come contorno, con o senza salsa.

Denny’s Mais Fries, surgelate 500 g Fr. 4.90 *Nelle maggiori filiali

M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche le Mais Fries di Denny’s.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Idee e acquisti per la settimana

Balance

Un quartetto equilibrato Il nome Balance è tutto un programma: tre prodotti da spalmare sul pane e una variante di margarina liquida permettono un’alimentazione equilibrata e una piacevole varietà di sapori. Tutte le specialità della linea contengono vitamine pregiate e sono particolarmente ricche di vitamina E e degli acidi grassi insaturi Omega 3 e 6. Questi ultimi migliorano la regolazione naturale dei lipidi nel sangue e possono avere anche effetti positivi sul tasso di colesterolo.

La preparazione a base di grassi liquidi si adatta in modo particolare alla cucina calda. In questo modo è possibile mantenere un’alimentazione equilibrata anche durante la cottura in padella e negli arrosti. Balance preparazione a base di olio vegetale 50 cl Fr. 5.30

Il leggero tocco di burro svizzero è l’elemento speciale di Balance au beurre. La margarina contiene solo il 65 per cento di grasso e offre tutti gli altri piaceri che fanno preferire le fette spalmate con prodotti Balance. La Margarina ColBalance ha solo il 35 per cento di grasso e oltre a questo contiene la fitosterina, che può diminuire in modo vantaggioso il tasso di colesterolo. In tal modo la fetta di pane imburrata può diventare elemento di un’alimentazione responsabile e sana.

La Margarina Balance contiene il 53 per cento di grasso e come tutti gli altri prodotti della linea garantisce un valido apporto di vitamina E, che contribuisce a proteggere le cellule del corpo dall’attacco degli antiossidanti. Balance Margarina 250 g Fr. 1.95

Balance au beurre Margarina 250 g Fr. 2.70

ColBalance vital Margarina 250 g Fr. 5.15

M-Industria crea molti prodotti Migros. Tra questi anche la linea Balance di Mibelle.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Idee e acquisti per la settimana

Balance

Un quartetto equilibrato Il nome Balance è tutto un programma: tre prodotti da spalmare sul pane e una variante di margarina liquida permettono un’alimentazione equilibrata e una piacevole varietà di sapori. Tutte le specialità della linea contengono vitamine pregiate e sono particolarmente ricche di vitamina E e degli acidi grassi insaturi Omega 3 e 6. Questi ultimi migliorano la regolazione naturale dei lipidi nel sangue e possono avere anche effetti positivi sul tasso di colesterolo.

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Il leggero tocco di burro svizzero è l’elemento speciale di Balance au beurre. La margarina contiene solo il 65 per cento di grasso e offre tutti gli altri piaceri che fanno preferire le fette spalmate con prodotti Balance. La Margarina ColBalance ha solo il 35 per cento di grasso e oltre a questo contiene la fitosterina, che può diminuire in modo vantaggioso il tasso di colesterolo. In tal modo la fetta di pane imburrata può diventare elemento di un’alimentazione responsabile e sana.

La Margarina Balance contiene il 53 per cento di grasso e come tutti gli altri prodotti della linea garantisce un valido apporto di vitamina E, che contribuisce a proteggere le cellule del corpo dall’attacco degli antiossidanti. Balance Margarina 250 g Fr. 1.95

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M-Industria crea molti prodotti Migros. Tra questi anche la linea Balance di Mibelle.


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Idee e acquisti per la settimana

Solo questo mercoledì Il trattore: jolly settimanale*

Markus Jenni della Stazione ornitologica di Sempach (a sinistra) e il contadino Jürg Bergweger si godono una magnifica profusione di fiori di tarda estate con malva muschiata rosa.

Farmmania

Incentivare la biodiversità

Il mondo della fattoria da vivere grazie a Farmmania, l’azione di collezionismo della Migros, affascina soprattutto i bambini, che così imparano molte cose nuove sulla natura. Anche i contadini IP-Suisse approfondiscono volentieri le loro conoscenze. Ad esempio quando si tratta di accrescere la biodiversità nella loro azienda Testo: Claudia Schmidt; Foto: Heiko Hoffmann

Fiori, profumi, colori, luci, ronzii... Sulla piccola striscia di verde fra la strada e il campo di Jürg Bergweger a Effretikon/ ZH la biodiversità si può percepire con molti sensi. Col sostegno del biologo Markus Jenni della Stazione ornitologica di Sempach, ora Bergweger nella sua azienda lavora esclusivamente seguendo le norme della produzione IP-Suisse. In tal modo s’impegna anche ad incentivare attivamente la biodiversità. «Osserviamo le aziende e decidiamo insieme quali superfici siano le più adatte. Alla fin fine, ogni contadino dispone di terreno che non può sfruttare a fini agricoli», spiega Markus Jenni. Affinché il più possibile

di varietà animali e vegetali possano sentirsi a loro agio, servono spazi vitali adeguati. Il biologo fa in modo che nei luoghi deputati sia possibile collegare fra loro le diverse superfici. Vanno evitate le singole «isole», affinché sia possibile passeggiare attraverso le varie aree. Perché solo dove avviene uno scambio genetico un ecosistema può funzionare durevolmente. Della biodiversità beneficiano tutti Jürg Bergweger ha creato spazio per le erbe selvatiche, distribuendo sementi sui bordi dei campi e lasciando inselvatichire le strade. In tal modo ha creato spazio vitale per molti insetti e uccelli. Non è

stato sempre facile. «Molta gente pensa che si lasciano deperire le strade. Ma invece è vero il contrario», racconta divertito. Perfino suo padre era diffidente all’inizio, quando improvvisamente suo figlio si è messo a seminare piante selvatiche che prima aveva combattuto. Oggi il padre, apicoltore per hobby, è lieto che le sue api possano raccogliere abbondante nettare ai bordi dei campi. E già che ci sono, le api impollinano anche le piante da reddito. Negli ecosistemi funzionanti, inoltre, la popolazione di insetti, funghi e batteri si autoregola in modo del tutto naturale. Da quando ha messo in atto tali misure,

Markus Jenni controlla continuamente se hanno successo. Fra l’altro va a vedere se si sono insediate determinate specie indicatrici. «È impossibile determinare in un normale lasso di tempo tutte le specie in una zona. Ci concentriamo su rappresentanti tipici. Quando questi stanno bene, anche le altre specie prosperano a meraviglia», spiega Jenni. Per le misure messe in atto con successo, un’azienda riceve dei punti, che sono importanti per l’assegnazione del marchio IP-Suisse. In più si versano premi in denaro. Così l’impegno è redditizio non solo per la natura, ma anche per il contadino.

Jolly Farmmania

Primo jolly settimanale: il trattore

Farmmania – borse di scambio

Cerco cavallo, offro mucca Cosa ci sia nei sacchetti dell’azione Farmmania non si può mai sapere prima. Così può accadere che sulla propria fattoria ci siano solo talpe, ma neanche una mucca. Chi vuole scambiare elementi e autocollanti, ha occasione di farlo fra l’altro durante i Roadshow Farmmania, che si svolgono in filiali Migros scelte. Oltre a ciò in determinate date si organizzano borse di scambio nei maggiori ristoranti Migros. Per allestire una fattoria servono senz’altro un paio di mucche e di cavalli; la stalla deve pur riempirsi. Ma forse la mandria di mucche brune dovrebbe essere completata da un manzo o da un toro. Chi non vuole scambiare elementi può completare il suo album di raccolta scambiando autocollanti. Affinché non vada perso nessuno degli elementi, per conservare e trasportare le varie figure

e gli elementi si raccomanda di utilizzare la fattoria Farmmania. Alle borse di scambio c’è naturalmente anche la possibilità di intrattenersi verbalmente con altri fan di Farmmania. Per esempio tramite il grande concorso foto e video di Farmmania. Borsa di scambio in internet dal 27 settembre online Chi non ha la possibilità di presenziare a uno dei Roadshow o a una borsa di scambio, a partire dal 27 settembre può scambiare elementi e autocollanti anche online sul sito www.farmmania.ch. Maggiori informazioni a proposito dei Roadshow, della borse di scambio e del concorso foto e video: www.farmmania.ch www.facebook.com/migrosmania

Questo mercoledì ogni cliente che acquista per almeno Fr. 60.- riceve il trattore Farmmania.* Il trattore è un elemento irrinunciabile anche nella fattoria Farmmania. Come un autentico cavallo da tiro, può tirare rimorchi molto più velocemente di quanto facessero una volta i cavalli. * Trattore, dimensioni 39mm. Per ogni acquisto di Fr. 60.- un sacchetto jolly. Massimo 3 per acquisto. Disponibile in tutte le filiali Migros, Do it + Garden Migros, melectronics, Micasa, SportXX incl. Outdoor, OBI, Ristoranti Migros & Take Away, LeShop.ch, fino a esaurimento.


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Idee e acquisti per la settimana

Solo questo mercoledì Il trattore: jolly settimanale*

Markus Jenni della Stazione ornitologica di Sempach (a sinistra) e il contadino Jürg Bergweger si godono una magnifica profusione di fiori di tarda estate con malva muschiata rosa.

Farmmania

Incentivare la biodiversità

Il mondo della fattoria da vivere grazie a Farmmania, l’azione di collezionismo della Migros, affascina soprattutto i bambini, che così imparano molte cose nuove sulla natura. Anche i contadini IP-Suisse approfondiscono volentieri le loro conoscenze. Ad esempio quando si tratta di accrescere la biodiversità nella loro azienda Testo: Claudia Schmidt; Foto: Heiko Hoffmann

Fiori, profumi, colori, luci, ronzii... Sulla piccola striscia di verde fra la strada e il campo di Jürg Bergweger a Effretikon/ ZH la biodiversità si può percepire con molti sensi. Col sostegno del biologo Markus Jenni della Stazione ornitologica di Sempach, ora Bergweger nella sua azienda lavora esclusivamente seguendo le norme della produzione IP-Suisse. In tal modo s’impegna anche ad incentivare attivamente la biodiversità. «Osserviamo le aziende e decidiamo insieme quali superfici siano le più adatte. Alla fin fine, ogni contadino dispone di terreno che non può sfruttare a fini agricoli», spiega Markus Jenni. Affinché il più possibile

di varietà animali e vegetali possano sentirsi a loro agio, servono spazi vitali adeguati. Il biologo fa in modo che nei luoghi deputati sia possibile collegare fra loro le diverse superfici. Vanno evitate le singole «isole», affinché sia possibile passeggiare attraverso le varie aree. Perché solo dove avviene uno scambio genetico un ecosistema può funzionare durevolmente. Della biodiversità beneficiano tutti Jürg Bergweger ha creato spazio per le erbe selvatiche, distribuendo sementi sui bordi dei campi e lasciando inselvatichire le strade. In tal modo ha creato spazio vitale per molti insetti e uccelli. Non è

stato sempre facile. «Molta gente pensa che si lasciano deperire le strade. Ma invece è vero il contrario», racconta divertito. Perfino suo padre era diffidente all’inizio, quando improvvisamente suo figlio si è messo a seminare piante selvatiche che prima aveva combattuto. Oggi il padre, apicoltore per hobby, è lieto che le sue api possano raccogliere abbondante nettare ai bordi dei campi. E già che ci sono, le api impollinano anche le piante da reddito. Negli ecosistemi funzionanti, inoltre, la popolazione di insetti, funghi e batteri si autoregola in modo del tutto naturale. Da quando ha messo in atto tali misure,

Markus Jenni controlla continuamente se hanno successo. Fra l’altro va a vedere se si sono insediate determinate specie indicatrici. «È impossibile determinare in un normale lasso di tempo tutte le specie in una zona. Ci concentriamo su rappresentanti tipici. Quando questi stanno bene, anche le altre specie prosperano a meraviglia», spiega Jenni. Per le misure messe in atto con successo, un’azienda riceve dei punti, che sono importanti per l’assegnazione del marchio IP-Suisse. In più si versano premi in denaro. Così l’impegno è redditizio non solo per la natura, ma anche per il contadino.

Jolly Farmmania

Primo jolly settimanale: il trattore

Farmmania – borse di scambio

Cerco cavallo, offro mucca Cosa ci sia nei sacchetti dell’azione Farmmania non si può mai sapere prima. Così può accadere che sulla propria fattoria ci siano solo talpe, ma neanche una mucca. Chi vuole scambiare elementi e autocollanti, ha occasione di farlo fra l’altro durante i Roadshow Farmmania, che si svolgono in filiali Migros scelte. Oltre a ciò in determinate date si organizzano borse di scambio nei maggiori ristoranti Migros. Per allestire una fattoria servono senz’altro un paio di mucche e di cavalli; la stalla deve pur riempirsi. Ma forse la mandria di mucche brune dovrebbe essere completata da un manzo o da un toro. Chi non vuole scambiare elementi può completare il suo album di raccolta scambiando autocollanti. Affinché non vada perso nessuno degli elementi, per conservare e trasportare le varie figure

e gli elementi si raccomanda di utilizzare la fattoria Farmmania. Alle borse di scambio c’è naturalmente anche la possibilità di intrattenersi verbalmente con altri fan di Farmmania. Per esempio tramite il grande concorso foto e video di Farmmania. Borsa di scambio in internet dal 27 settembre online Chi non ha la possibilità di presenziare a uno dei Roadshow o a una borsa di scambio, a partire dal 27 settembre può scambiare elementi e autocollanti anche online sul sito www.farmmania.ch. Maggiori informazioni a proposito dei Roadshow, della borse di scambio e del concorso foto e video: www.farmmania.ch www.facebook.com/migrosmania

Questo mercoledì ogni cliente che acquista per almeno Fr. 60.- riceve il trattore Farmmania.* Il trattore è un elemento irrinunciabile anche nella fattoria Farmmania. Come un autentico cavallo da tiro, può tirare rimorchi molto più velocemente di quanto facessero una volta i cavalli. * Trattore, dimensioni 39mm. Per ogni acquisto di Fr. 60.- un sacchetto jolly. Massimo 3 per acquisto. Disponibile in tutte le filiali Migros, Do it + Garden Migros, melectronics, Micasa, SportXX incl. Outdoor, OBI, Ristoranti Migros & Take Away, LeShop.ch, fino a esaurimento.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 19 settembre 2016 • N. 38

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Idee e acquisti per la settimana

Ellen Amber

Investite di benessere

Sia nella posizione del loto durante una lezione di yoga, sia a casa durante una tranquilla serata, la priorità resta sempre quella di sentirsi comodi. La linea Body Comfort di Ellen Amber di abbigliamento per lo yoga e il tempo libero propone legging, felpe, bolero, bustini e top in materiali morbidi e avvolgenti. Indumenti che infondono benessere e si lasciano combinare tra loro facilmente

Offerta speciale 20 x Punti Cumulus per gli articoli Body Comfort di Ellen Amber fino al 3 ottobre

Agilità & Equilibrio

Lo yoga collega corpo, cuore e spirito Felpa, 58% cotone, 38% poliestere, 4% elastan taglie S–XL Fr. 29.80 Confezione doppia Bustino attivo, 63% poliestere, 33% cotone, 4% elastan taglia S–XL Fr. 24.80

Top, 100% modal taglie S–XL Fr. 14.80 Leggings, 92% cotone Bio, 8% elastan taglie S–XL Fr. 19.80 Maestra di yoga diplomata: Bettina Keller Schörnig (43 anni)

Top, 95% cotone Bio, 5% elastan taglie S–XL Fr. 14.80 Pantaloni Relax, 95% viscosa, 5% elastan taglie S–XL Fr. 29.80

Lo yoga rafforza il corpo e lo rende elastico. Ed è anche una filosofia di vita, che mette in collegamento corpo, cuore e spirito. La sua tecnica di respirazione ha un influsso positivo sui pensieri e calma il sistema nervoso. Lo yoga fa bene a tutti, a giovani e anziani, sportivi e sedentari. Esercizi regolari – adatti alla propria costituzione – infondono forza e vitalità. Ma anche più leggerezza, equilibrio e felicità. Per sentirsi bene durante le lezioni è importante indossare abiti che accompagnino i movimenti. Allo scopo sono adatti materiali leggeri e comodi, che non comprimono in alcun modo.

Bolero, 96% viscosa, 4% elastan taglie S–XL Fr. 19.80

Confezione doppia Bustino, 63% poliestere, 33% cotone, 4% elastan taglie S–XL Fr. 24.80

Leggings, 97% modal, 3% elastan taglie S–XL Fr. 19.80

Il marchio Eco garantisce il rispetto di criteri ecologici in tutte le fasi della produzione tessile, evitando sostanze a rischio.


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Ellen Amber

Investite di benessere

Sia nella posizione del loto durante una lezione di yoga, sia a casa durante una tranquilla serata, la priorità resta sempre quella di sentirsi comodi. La linea Body Comfort di Ellen Amber di abbigliamento per lo yoga e il tempo libero propone legging, felpe, bolero, bustini e top in materiali morbidi e avvolgenti. Indumenti che infondono benessere e si lasciano combinare tra loro facilmente

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Agilità & Equilibrio

Lo yoga collega corpo, cuore e spirito Felpa, 58% cotone, 38% poliestere, 4% elastan taglie S–XL Fr. 29.80 Confezione doppia Bustino attivo, 63% poliestere, 33% cotone, 4% elastan taglia S–XL Fr. 24.80

Top, 100% modal taglie S–XL Fr. 14.80 Leggings, 92% cotone Bio, 8% elastan taglie S–XL Fr. 19.80 Maestra di yoga diplomata: Bettina Keller Schörnig (43 anni)

Top, 95% cotone Bio, 5% elastan taglie S–XL Fr. 14.80 Pantaloni Relax, 95% viscosa, 5% elastan taglie S–XL Fr. 29.80

Lo yoga rafforza il corpo e lo rende elastico. Ed è anche una filosofia di vita, che mette in collegamento corpo, cuore e spirito. La sua tecnica di respirazione ha un influsso positivo sui pensieri e calma il sistema nervoso. Lo yoga fa bene a tutti, a giovani e anziani, sportivi e sedentari. Esercizi regolari – adatti alla propria costituzione – infondono forza e vitalità. Ma anche più leggerezza, equilibrio e felicità. Per sentirsi bene durante le lezioni è importante indossare abiti che accompagnino i movimenti. Allo scopo sono adatti materiali leggeri e comodi, che non comprimono in alcun modo.

Bolero, 96% viscosa, 4% elastan taglie S–XL Fr. 19.80

Confezione doppia Bustino, 63% poliestere, 33% cotone, 4% elastan taglie S–XL Fr. 24.80

Leggings, 97% modal, 3% elastan taglie S–XL Fr. 19.80

Il marchio Eco garantisce il rispetto di criteri ecologici in tutte le fasi della produzione tessile, evitando sostanze a rischio.


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Idee e acquisti per la settimana

Total

Ottant’anni di potenza: auguri! Quest’anno il detersivo più acquistato in Svizzera compie 80 anni. Total, lo specialista del bucato, è forte contro lo sporco e protegge i tessuti e la lavatrice. Le sue formule modernissime garantiscono risultati eccellenti anche alle basse temperature. In occasione dell’80esimo compleanno, all’acquisto di due detersivi Total ogni cliente riceve gratis l’orsetto polare di peluche Isby, simbolo di potenza.

Azione 50%

su tutti i detersivi Total fino al 26 settembre

Pulisce efficacemente anche con programmi brevi. Mantiene la brillantezza dei colori. Total Express Color 1,32 litri Fr. 7.95* invece di 15.90

Elimina perfettamente le macchie che si possono candeggiare su tessuti bianchi e chiari. Total polvere 2,475 kg Fr. 7.95* invece di 15.90

I detersivi Total lavano e puliscono in profondità già a temperature a partire da 15 gradi.

Per la pelle sensibile, con componenti altamente tollerabili dall’epidermide. Total Sensitive 2 litri Fr. 7.95* invece di 15.90

M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche i detersivi Total.


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Idee e acquisti per la settimana

Noi firmiamo. Noi garantiamo

Fan a quattro zampe

Nei molti momenti Migros che abbiamo mostrato, generalmente al centro c’è l’uomo. Ma a volte anche cani e gatti sono autentici fan dei prodotti Migros

2

Convincere i bambini a lavare i denti prima di andare a letto può diventare un’autentica faticaccia. Il gatto di Sandy, invece, si pulisce i denti regolarmente e del tutto volontariamente, addirittura con lo spazzolino. Il quattrozampe di Neuchâtel ama talmente il gusto del dentifricio Candida della Migros da avere certamente i denti da gatto più puliti della Svizzera.

1

Dal momento Migros illustrato dal suo padrone Stefan non si può dedurre se il golden retriever «Othello» a casa lava anche i piatti. Quel che è sicuro è che il cane è un grande fan della mongolfiera Handy, e forse anche del detersivo stesso.

4

Forse in Ticino la torta Generoso ha un sapore particolarmente buono. In fondo ha la forma e il nome della vetta situata fra Lugano e Chiasso. Nel nostro cantone non solo i bipedi, ma anche i quattrozampe si gustano questo dolce, come ad esempio il gatto di Antares.

3

Lou abita in Argovia, eppure il suo nome completo è Lou Entlebucher. E come probabilmente molti suoi simili Lou ama particolarmente i cervelat della Migros. Li ama talmente che secondo il suo padrone Jean-Daniel fa salti di gioia non appena gliene viene offerto uno.

5

Alla sera, Heidi di San Gallo e la sua cagnolina Emilie si mettono comode davanti al televisore. E dato che entrambe hanno già cenato, sul sofà di casa sgranocchiano come spuntino qualche Blevita della Migros.


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Garnier

Pelle idratata giorno e notte Una coppia perfetta per la cura del viso. Hydra Bomb combina l’effetto idratante sulla pelle con la protezione antiossidante: il liquido da giorno, leggero, offre un’umidità di lunga durata, rende la pelle liscia e aggiunge una protezione 10 ai raggi ultravioletti. La crema da notte durante il sonno rigenera la pelle, ristabilisce le sue riserve d’acqua e in questo modo interviene sulle rughe più piccole. Gli estratti di melograno e dell’uva spina indiana Amla ne rafforzano l’effetto. Utilizzate regolarmente, le due creme daranno alla pelle un aspetto giovanile e brillante.

Hydra Bomb Giorno, 50 ml Fr. 7.50

Hydra Bomb Notte, 50 ml Fr. 7.50* Nelle maggiori filiali


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