Azione 41 del 5 ottobre 2020

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Salute mentale: la psicologa tedesca Kristina Fisser nel suo ultimo libro affronta il concetto di «normalità»

Ambiente e Benessere Approfondiamo la conoscenza di una molecola molto importante, il diossido di carbonio, cioè il famigerato CO2

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 5 ottobre 2020

Azione 41 Politica e Economia Si riaccende la guerra fra Armenia e Azerbaigian

Cultura e Spettacoli Balene per la città di Lugano grazie al duo d’artisti Nevercrew

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AFP

Duello senza esclusione di colpi

di Raineri e Rampini p.27 e 29

Via un ostacolo, arriva il prossimo di Peter Schiesser L’orizzonte delle relazioni fra la Svizzera e l’Unione europea si rasserena? Momentaneamente sì. Ma superato un ostacolo, si presenta il prossimo: l’accordo quadro istituzionale, negoziato nel 2018. Il Consiglio federale non l’ha ancora ratificato, chiede precisazioni su tre punti: in materia salariale, di aiuti statali (in particolare alle banche cantonali), sulle direttive UE sulla cittadinanza. Il 27 settembre, il segnale in favore della via bilaterale è stato netto. Il 61,7 per cento dei votanti ha respinto l’iniziativa dell’UDC per l’abolizione della libera circolazione, mettendo fine all’anomalia sorta dopo la votazione sull’iniziativa dell’UDC contro l’immigrazione di massa e la conseguente legge di applicazione votata dalle Camere federali nel dicembre 2016. l’Iniziativa, approvata dal 50,2 per cento dei votanti il 9 febbraio 2014, prevedeva di rinegoziare l’accordo sulla libera circolazione e l’introduzione di tetti massimi di lavoratori stranieri, la legge di applicazione votata dal parlamento non ne ha tenuto conto e ha introdotto solo una preferenza light per gli indigeni. D’altronde, il Tribunale federale aveva ritenuto

preminenti gli accordi internazionali sul diritto nazionale, in questo caso quello sulla libera circolazione. Sei anni fa si giocò molto sull’ambiguità, poiché la disdetta della libera circolazione non era espressamente menzionata, e i fautori dell’iniziativa erano riusciti a convincere la maggioranza che gli altri accordi con l’Unione europea non erano davvero in pericolo. Oggi, probabilmente anche per una scarsa inclinazione a correre ulteriori rischi in tempi di pandemia, una netta maggioranza ha preferito non danneggiare le relazioni con l’UE. Persino in Ticino, uno dei 4 quattro cantoni che ha accolto l’iniziativa, il consenso non è andato oltre il 53,1 percento (era del 68,2 nel 2014). Questa volta la maggioranza ha capito che in gioco c’erano tutti gli accordi del primo pacchetto e forse anche del secondo, e ha ritenuto eccessive le possibile conseguenze. Sia chiaro: i problemi che genera la libera circolazione vanno risolti o mitigati. La pandemia ci ha indicato che in Svizzera il sistema sanitario deve molto ai frontalieri, ma ciò deve servire anche da stimolo a creare più possibilità di formazione per i medici come pure miglioramenti salariali per il personale di cura. Questo vale in molti ambiti. Allo stesso tempo ci sono ancora molte risorse umane,

soprattutto donne, che si possono motivare ad entrare nel mondo del lavoro, servono però opportunità formative e facilitazioni, affinché la rivendicazione «prima i nostri» combaci con le richieste del mondo del lavoro reale. Allo stesso tempo, è bene ricordare che per la via bilaterale il sì del 27 settembre è soltanto un salvagente. Ora bisognerà decidere se consolidare questi accordi bilaterali o se lasciare che avvizziscano. Dipenderà da come andrà a finire con l’accordo istituzionale. Ancora in ottobre il Consiglio federale chiarirà la sua strategia, intanto partiti e associazioni stanno già prendendo posizione. E il quadro è di un diffuso scetticismo. Non solo sui tre punti citati sopra, ma anche su aspetti di sovranità (la preminenza della Corte di giustizia europea in caso di divergenze sull’attuazione degli accordi). Il presidente del PPD Gerhard Pfister non ha esitato a dichiarare morto «perché mai vissuto» l’accordo istituzionale. Finora la Commissione europea ha detto che l’accordo non può essere rinegoziato, al massimo precisato. Ma dopo il segnale del popolo svizzero verso Bruxelles e le opposizioni che l’attuale accordo suscita, è davvero impossibile che l’UE non possa fare un passo verso la Svizzera?


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