Azione 47 del 21 novembre 2016

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Diamo una speranza donando a chi ne ha bisogno. Le donazioni vengono interamente devolute alle organizzazioni benefiche:


Una persona su otto in Svizzera è colpita dalla povertà. Aiutaci a combatterla. Anche in Svizzera vi sono persone che vivono nella povertà. Molte di loro sono isolate da barriere culturali o sociali e finiscono per essere dimenticate. Tutti insieme però possiamo aiutarle. Dona anche tu e aiutaci a migliorare a lungo termine e in modo sostenibile la situazione delle persone bisognose in Svizzera. La Migros offre il suo contributo aumentando di un milione di franchi la somma raggiunta. Impegnati insieme a noi e dai il tuo contributo.

Dona nella tua filiale Migros Con l’acquisto di un cuore di cioccolato (fr. 5.–/10.–/15.–) alla cassa della filiale Migros o nei nostri negozi specializzati (Do It, Micasa, melectronics, SportXX) fino al 24.12.2016.

Tramite SMS

Tramite bonifico

Su Internet

Inviando un SMS con la parola chiave «MIGROS» al numero 455. Esempio: per una donazione di fr. 50.–, inviare «MIGROS 50» al numero 455 – fino al 31.12.2016.

Versando la donazione entro il 31.12.2016 sul conto postale 30-620742-6 indicando come motivo «Donazione di Natale della Migros».

Donando con carta di credito su migros.ch/natale. In alternativa è possibile anche scaricare la canzone di Natale «Ensemble» su Ex Libris, iTunes o Google Play e dare così il proprio contributo.


Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXIX 21 novembre 2016

Azione 47 -85 ping M shop ne 57–66 / 79 i alle pag

Società e Territorio L’esperienza di Marco Rodari, il clown che porta il sorriso ai bambini nelle zone di guerra

Ambiente e Benessere Anche nelle società preindustriali il controllo delle nascite era fondamentale e serviva per contenere carestie ed epidemie

Politica e Economia Trump-Putin, segnali di un nuovo ordine internazionale

Cultura e Spettacoli Il grande Rubens e il barocco in mostra a Palazzo Reale a Milano

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di Enrico Parola pagina 43

©Guido Adler, Deutsche Grammophon

L’amico ritrovato

Un copione già visto di Peter Schiesser Metterà davvero in pratica quel ha detto in campagna elettorale, Donald Trump? Certamente! O forse no. Ma, comunque, The Donald è stato eletto sull’onda di un messaggio chiaro: America first; ossia frontiere chiuse, meno commercio mondiale, più distacco dal resto del mondo. In breve: stop alla globalizzazione. Con tutto il possibile corollario di dazi sulle importazioni e possibili guerre commerciali (già minacciate, in particolare contro la Cina). Senza dimenticare un dettaglio: la riluttanza ad esercitare il ruolo di gendarme morale e politico del mondo non corrisponde ad un disimpegno militare, Trump si è mostrato molto favorevole a dare sufficienti mezzi all’esercito – perché gli interessi dell’economia statunitense andranno comunque assicurati, in caso di necessità. La forza di questo messaggio è tale che sta avendo un impatto prima ancora che Trump entri in carica. La Trans Pacific Partnership, firmata quest’anno dall’Amministrazione Obama con 11 Paesi che si affacciano sul mare Pacifico in evidente funzione anti-cinese, è considerata morta, il Congresso non la approverà. Il Trattato transat-

lantico sul commercio e gli investimenti, il TTIP, ossia una zona di libero scambio che comprenda l’Europa e il Nordamerica, non avrà probabilmente neppure l’onore di essere firmato. Per ora si salva giusto il Ceta, l’accordo tra UE e Canada, la cui fragilità è emersa di fronte all’opposizione dell’insignificante ma determinante Vallonia belga. E Trump è in buona compagnia: la pressione di Bernie Sanders, l’anima di sinistra del Partito democratico, aveva già sospinto Hillary Clinton verso lidi più protezionistici. Anche lei non è sola: in Europa, oltre alla sinistra c’è una destra nazionalista che getterebbe volentieri a mare la globalizzazione economica (con la differenza che la prima sogna frontiere solidarmente aperte, la seconda ermeticamente chiuse e in armi). Insomma, la globalizzazione arretra. Un fenomeno nuovo? Racconta sul «New York Times» (14.11.’16) l’economista Ruchir Sharma che nella seconda metà dell’Ottocento l’avvento delle navi e dei treni a vapore e del telegrafo («l’internet dell’era vittoriana») aveva impresso un’accelerazione al processo di globalizzazione economica, i commerci mondiali e le transazioni finanziarie sulle due sponde dell’Atlantico esplodevano. Questo aveva favorito enormemente i più ricchi ma creato risentimento nel-

le masse, portando a poco a poco all’affermazione di nazionalismi aggressivi. Ciò condusse dapprima alla prima guerra mondiale, poi seguirono politiche protezionistiche e chiusure di frontiere, accentuate dopo la grande crisi finanziaria del 1929, che prepararono il terreno all’avvento dei fascismi in Europa. Solo negli anni Settanta il commercio mondiale tornò ai livelli precedenti la Grande Guerra, e solo negli anni Novanta la globalizzazione riprese slancio, in seguito all’implosione dell’Unione Sovietica, all’apertura economica della Cina, contemporaneamente all’avvento di internet e delle nuove tecnologie informatiche. Le analogie con quanto avvenne un secolo fa non sono poche. Anche oggi assistiamo ad un rallentamento della globalizzazione, ad un cambiamento di mentalità nelle masse (in Occidente). E in sordina questo sta avvenendo da prima dell’avvento di Trump: negli ultimi tempi USA, Cina, Russia, India hanno imposto sempre più misure protezionistiche, raggiungendo quota 350 nel 2016, dalla cinquantina registrata nel 2009. Contemporaneamente, si assiste a livello planetario ad una perdita di libertà personali. Speriamo che il futuro non riproponga quel vecchio copione ancora una volta.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Attualità Migros

M«Radio star»

Filiali Riapre domani completamente rinnovato il negozio Migros di via Besso 74 a Massagno,

per l’occasione giovedì 24 e venerdì 25 novembre 10% di sconto sull’intero assortimento

Ritiro di prodotto Info clienti Migros

richiama le palline al rum

Dopo diversi anni di onorato servizio era giunto il momento di modernizzare questo strategico punto vendita del Luganese. Con l’intervento iniziato in settembre, si è quindi deciso di fare un ulteriore e significativo passo in avanti nell’ammodernamento della rete di vendita di Migros Ticino. L’investimento ha sfiorato i 2,5 milioni di franchi.

Gli interventi di ammodernamento hanno interessato vari aspetti tra cui quello energetico La filiale si presenta ora in nuova veste, con una superficie di vendita ampliata a 1055 metri quadrati dotata di evoluti banchi a servizio per la macelleria e salumeria e una sfiziosa area con raffinata gastronomia e cibi pronti da cuocere. Un altro punto di forza è rappresentato dal moderno forno per la cottura del pane, che permetterà alla clientela di acquistare prodotti freschissimi fino alla chiusura del negozio. Saranno inoltre garantiti in assortimento tutti i beni di prima necessità del non food, con accento su cosmetica e casalinghi. I clienti potranno ora muoversi in ambienti spaziosi, accoglienti e luminosi. Le strutture interamente rinnovate e all’avanguardia, caratterizzate dai più alti e innovativi standard di costruzione e di sostenibilità ambientale, garantiranno un cospicuo risparmio energetico: solo l’abbandono del fossile a favore di una termopompa per il riscaldamento permetterà di risparmiare 13mila metri cubi di gas all’anno. Anche i nuovi impianti d’illuminazione LED a basso

La gerente Cristina Mazzardis (al centro) e il suo team pronti ad accogliere tutti i clienti del Luganese nella rinnovata filiale di Massagno-Radio.

consumo energetico e i nuovi frigoriferi a gas naturale CO2 faranno la loro parte. Il supermercato può servire comodamente la zona di Massagno e tutta la vasta area di Lugano nord: dispone di 41 comodi parcheggi – in parte coperti – ed è raggiungibile pure con i principali mezzi pubblici. Essendo poi centrale, è facilmente accessibile anche a piedi.

Per sottolineare questo nuovo significativo intervento di miglioria nella propria rete di vendita, Migros Ticino ha previsto uno sconto generale del 10 per cento concesso sull’intero assortimento durante le giornate di giovedì 24 e venerdì 25 novembre. L’esperta gerente Cristina Mazzardis e i suoi 16 collaboratori, cordiali e ben preparati, sono pronti

In occasione di un controllo interno a campione effettuato sulle palline al rum «Marzapane con uva sultanina al rum e cioccolato», n. art. 1015.645 è stata riscontrata la presenza di proteine del latte, nonostante che per questo prodotto non siano ammessi componenti del latte. Siccome il consumo di queste palline al rum comporta un rischio per la salute nei soggetti allergici alle proteine del latte e/o intolleranti al lattosio, Migros richiama il prodotto. Per tutte le altre persone, non sussiste alcun pericolo. Le persone affette da allergie alle proteine del latte e/o da intolleranza al lattosio sono pregate di non consumare queste palline al rum poiché questo prodotto comporta un rischio per la loro salute. Gli articoli possono essere restituiti in qualsiasi filiale Migros, ottenendo il rimborso del prezzo di acquisto.

a soddisfare i bisogni della clientela con cura e attenzione, in un clima accogliente e famigliare. Informazioni

Orari di apertura da lunedì - venerdì, 08.00 - 18.30. Sabato, 08.00 - 17.00. Tel. 091 821 72 00

Gli aiutanti diventano amici

Campagna di Natale Caritas recluta volontari che collaborino attivamente con i contadini di montagna Come partecipare alla raccolta di fondi

Da quasi 40 anni, in situazioni difficili i contadini di montagna possono richiedere un sostegno nell’ambito nel programma specifico della Caritas. I contadini di montagna che giungono al limite delle loro forze devono esse-

re aiutati. Le situazioni d’emergenza possono avere cause diverse: incidente, malattia o un decesso in famiglia, a volte impegni supplementari dovuti a lavori edilizi che si rendono necessari nella casa o nell’azienda. A ciò si aggiungono problemi esistenziali causati dallo scarso reddito dato dall’economia di montagna e i continui investimenti necessari per l’infrastruttura dell’azienda. L’aiuto di Caritas è valido anche in Ticino; i ticinesi possono partecipare sia come collaboratori nelle fattorie, sia richiedendo l’aiuto, come è successo lo scorso anno per un’azienda con allevamento di ovini in Capriasca. Per iscriversi all’iniziativa di Caritas si può prendere contatto con il sito web www.montagnards.ch (in francese) o www.bergeinsatz.ch (in tedesco).

Pro Juventute, Pro Senectute e Soccorso d’inverno. Migros aumenterà l’importo raccolto di un milione di franchi

Con la sua raccolta fondi di Natale Migros viene in aiuto a persone che nel nostro ricco paese sono minacciate dalla povertà. La somma raccolta va esclusivamente a beneficio delle organizzazioni di aiuto Caritas, HEKS Aiuto protestante svizzero,

Potete partecipare così Donate nella vostra filiale Migros Con l’acquisto di un cuore di cioccolato (Fr. 5.–/10.–/15.–) alla cassa nella filiale Migros o nei nostri mercati specializzati (Do It, Micasa, melectronics, SportXX) – fino al 24.12.2016. Mediante SMS Con la parola chiave «MIGROS» al numero 455. Esempio: per una donazione di Fr. 50.– inviate «MIGROS 50» al numero 455 – entro il 31.12.2016.

Mediante versamento Versate la vostra donazione indicando l’oggetto «Raccolta fondi Migros di Natale » entro il 31.12.2016 su questo conto corrente: 30-620742-6. Via Internet Donate con la carta di credito su www.migros.ch/donare. In alternativa potete anche scaricare la canzone di Natale Ensemble su Ex Libris, iTunes o GooglePlay facendo così una donazione. Ulteriori informazioni su: migros.ch/natale «Azione» riferirà su progetti di aiuto scelti in Svizzera che verranno incentivati con le donazioni. Annuncio pubblicitario

Spazio bambini assistito compreso nel prezzo. Abbonamento annuale a soli CHF 740.– (AVS, studenti e apprendisti a soli CHF 640.–) ACTIV FITNESS Bellinzona, Losone e Lugano. www.activfitnessticino.ch


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Società e Territorio Curatore di idee Intervista a Bruno Giussani, direttore europeo di TED, che sarà ospite al Monte Verità

La memoria del Mendrisiotto Un passato rurale custodito dalla tenuta di Mezzana è protagonista di una mostra a Casa Croci di Mendrisio pagina 8

I bambini e la violenza A Stabio le famiglie e le scuole stanno affrontando le paure e le emozioni dei bambini. Intervista a Silvia Vegetti Finzi pagina 9

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Un sorriso nella guerra Incontri Marco Rodari è un clown che

Sara Rossi Guidicelli Fa ridere. Sembrerà banale come descrizione di un clown, ma Marco Rodari, detto il Pimpa, fa veramente ridere. Un giovedì di novembre lo ha passato interamente alle Scuole elementari di Biasca: la mattina ha istruito le quinte su certi giochi di prestigio e al pomeriggio, una dopo l’altra, queste classi hanno proposto lo spettacolo ai bambini di terza e quarta dell’istituto... che si sono sbellicati dalle risate, insieme alle maestre. Il Pimpa faceva ridere più di tutti. Ma non solo: le magie erano «vere», cioè non se ne capiva il trucco. Si rideva e si restava sbalorditi, si rideva e si restava sbalorditi, come un tic tac senza sosta. Pimpa viene da un soprannome di famiglia; Marco Rodari è di Leggiuno, in provincia di Varese, e parla un dialetto vicino al nostro. Ha circa quarant’anni e di professione è mago e clown. Ama l’Africa, il Medio Oriente, i bambini, gli esseri umani. Dieci anni fa ha deciso per cosa vivere: per portare il sorriso nelle zone dove i bambini maggiormente rischiano di perderlo. Ha iniziato progetti in Giordania, nel sud dell’Egitto, in varie regioni dell’Iraq e della Palestina. Tramite il Vaticano ha ricevuto i permessi per andare a Gaza, a Baghdad, al confine con la Siria. Viene ospitato nelle parrocchie cristiane e poi lavora per tutti, senza altro credo che questo: «Se sei un bambino, gioco con te». Non ha opinioni politiche, ha vissuto la guerra, è diventato fratello di arabi, ebrei, musulmani, cristiani, genitori, preti, imam, professori, spazzini, disoccupati e soprattutto di tutti i bambini che ha incontrato. Un libro racchiude alcune delle sue esperienze: dai 51 giorni di bombardamenti a Gaza che si è ritrovato a vivere, all’avanzata dell’Isis di cui è stato testimone nei suoi lunghi soggiorni in Iraq. La guerra in un sorriso, si intitola, e

dopo la giornata nelle scuole di Biasca, lo ha presentato a un pubblico di adulti e adolescenti quella sera stessa, nell’aula polivalente delle Scuole Medie. Il libro inizia così: primo giorno in ospedale, Gaza. Arrivano decine e decine di ambulanze che scaricano pezzi di uomo, di donna, di bambino. I medici si trovano a dover scegliere chi provare a salvare, e quindi chi lasciare morire. I corridoi sono intasati, i cadaveri non si riescono a portare fuori dall’ospedale, nessuno riesce più a pensare, a lavorare. A un certo punto da un’ambulanza scende una bambina. Cammina sulle proprie gambe. Ha una ferita all’addome, guaribile. Il chirurgo la opera. L’operazione riesce. Tutti finalmente sentono una soddisfazione che non credevano più possibile. Però. Però non è finita. La bambina non parla. Curate le ferite del corpo, restano le ferite dell’anima. Entra il Pimpa. Ha un naso rosso, niente altro. Forse un pezzo di carta, una cordicina, qualche piccolo minuscolo oggetto da mago. Le si avvicina in punta di piedi, lei lo guarda e sorride. Lui vuole giocare con lei, lei accetta. E ricomincia a parlare. Questa, dice Rodari, è la clownterapia. Un naso rosso, tanta discrezione e il desiderio di scacciare la paura, almeno per un attimo; basta provarci insieme. Marco Rodari ha fatto spettacoli con le bombe che cadevano a 200 metri e i bambini che gli dicevano: «Non ti spaventare, vai avanti!». La sera c’erano i blackout e il suo piccolo pubblico, paziente, aspettava. Cinque minuti di spettacolo, un’ora di pausa, un numero di magia, una mezzora di attesa... e i bambini pazienti, che già lo conoscevano, che lo vanno a cercare, che anno dopo anno sanno che torna e che li farà ridere e allora, se lo hanno aspettato sei mesi adesso si può anche aspettare che torni la luce, no?

Yazan David

frequenta le zone più difficili del Medio Oriente per portare un po’ di gioia ai bambini. È stato a Biasca il 10 novembre a presentare il suo primo libro

Però non bisogna pensare che i bambini alla guerra si abituano, questo no. Nessuno si abitua alla guerra. «I bambini sono traumatizzati, magari lo si vedrà meglio quando saranno grandi, però abituati, no, mi fa arrabbiare chi dice così, come se per un bambino potesse essere normale non dormire di notte per il rumore delle bombe, vivere con i genitori disoccupati e angosciati, non poter andare a scuola tutti i giorni, non sapere se, quando tornano a casa loro, la casa c’è ancora». È vero, per un vecchio forse è peggio: se vede il suo mondo distruggersi, si dispera di più, perché sa di non avere tempo per ricostruirlo. Ma per nessuno, nessuno al mondo, la guerra diventa un’abitudine. I clown «sociali» sono seguiti da psicologi. Il Pimpa, in quella serata dagli occhi umidi a Biasca, racconta che non è per carità cristiana che fa il suo mestiere. È per quel sorriso della bambina con la ferita guaribile all’addome. E che andrà a Gaza, a Baghdad, ad Alessandria d’Egitto e forse in altri

posti ancora, finché ne avrà le forze. Perché riuscire a regalare un attimo di spensieratezza in tutto quell’orrore, reca in sé la speranza di lasciare qualcosa di buono anche lì, per poter pensare, per una volta, che il futuro sarà migliore. Lui dice sempre ai bambini, ai giovani che incontra nei nostri Paesi fortunati: studiate quello che volete, scegliete il lavoro che più vi piace, ma quello che vi auguro è che in quel lavoro, ogni tanto, vi capiti di pensare «Ecco, dopo questa cosa bella che ho fatto, posso morire contento». Marco Rodari ha piantato dei semi, lì dove è stato e dove tornerà ancora: ha aperto delle scuole di magia. C’erano pagliacci, giocolieri, ragazzi che avevano voglia di imparare e che lui ha formato affinché possano a loro volta girare per le scuole, gli ospedali, gli istituti per disabili (o per bambini diversamente super-eroi, come li chiama lui) o anche semplicemente per le piazze e le strade. Infatti lui sta là qualche mese, poi

torna e poi riparte. E quando non è in Medio Oriente, il Pimpa torna in Italia e porta la sua esperienzaagli studenti, ma senza raccontarla come ha fatto in questa conferenza a Biasca: li fa lavorare, insegna loro qualche magia, monta in qualche minuto uno spettacolo esilarante e li prega di riproporre qualche numero quella sera, a casa, a genitori e fratelli. Poi mostra un video di pochi minuti, in cui le cosiddette bombe intelligenti sono cadute e hanno sbagliato obiettivo. E dice: «Imparate soprattutto a usare bene l’intelligenza, bambini. Non usate mai la vostra per costruire bombe. Perché una bomba intelligente, appena viene sganciata, diventa stupida». Un’altra cosa ci rivela il Pimpa: quando si tratta di magia, i bambini di Gaza ridono allo stesso modo dei bambini di Biasca o di qualsiasi altro luogo del mondo. Informazioni

www.ilpimpa.it.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Società e Territorio

Un Ticino in cui circolino le idee Personaggi Intervista a Bruno Giussani, «curatore di idee», che sarà ospite delle conferenze al Monte Verità

il prossimo 25 novembre Alessandro Zanoli È all’inizio degli anni 90 che si sono posate le fondamenta digitali della società attuale. Ancora non se ne capiva bene il disegno, ma alcuni già la consideravano come inevitabile. I fermenti di quella nuova onda tecnologica erano arrivati anche da noi, spingendo un gruppo di giovani a dirsi che era ora di fare sul serio anche in Ticino. «Non c’erano le infrastrutture di rete che conosciamo oggi. Nessuno se lo ricorda ma salvo pochi privilegiati che lavoravano in certe imprese o organizzazioni pubbliche, per accedere ad Internet dal Ticino a metà degli anni 90 bisognava chiamare un numero telefonico a Zurigo, quindi pagare una costosa chiamata a lunga distanza. Così con alcuni colleghi – mi permetta di citarli perché hanno fatto, e stanno ancora facendo, un po’ la storia locale dell’Internet: Alberto De-Lorenzi, Paolo Cattaneo, Giovanni Taddei, Raffaello Giulietti e Simone Cicalissi – decidemmo di portare nel 1995 un nodo di Internet in Ticino». Bruno Giussani ha vissuto queste cose ed è stato sicuramente uno dei pionieri di Internet nel nostro cantone e in Svizzera – ha fra l’altro lanciato quello stesso anno il primo sito web d’informazione del paese, per l’editore Ringier. Se Internet è arrivato presto in Ticino lo si deve in gran parte a lui e ai suoi compagni di avventura. Potremmo descrivere la sua carriera come quella di un «surfer» partito con l’onda buona. Tanto buona che la sta ancora cavalcando: l’onda ottimista, ma non ingenua, di chi crede che la scienza e la tecnologia se usate nel modo giusto abbiano molto da offrire, e soprattutto forniscano un’opportunità senza precedenti per far circolare idee, informazione e conoscenza. Giussani, nato a Faido, non ha studiato tecnologia – la sua formazione è in scienze politiche e sociali, e a lungo ha scritto di politica cantonale, nazionale e internazionale per giornali e riviste qui e all’estero (è stato anche collaboratore di «Azione»). Ma è «caduto nell’Internet» quando l’onda stava per partire, mentre, nel 1994, era corrispondente del settimanale romando «L’Hebdo» a New York. Ne è diventato uno dei principali specialisti europei, e non l’ha più mollata. Oggi, dopo passaggi, fra l’altro, al «New York Times», come editorialista; al Forum economico mondiale di Davos, come dirigente; e all’Università di Stanford, nella Silicon Valley, come «Fellow» (ac-

Bruno Giussani è il direttore europeo di TED, l’organizzazione non profit che ha ideato i TEDTalks.

cademico invitato), continua ad essere principalmente un divulgatore, colui cioè che vuole diffondere le idee e farle conoscere al mondo. Questo è il suo ruolo, in particolare, come direttore europeo di TED, l’ormai conosciutissimo network informativo indipendente che sta dietro i video, chiamati TEDTalks, disseminati digitalmente ad una audience di centinaia di milioni di persone nel mondo. Giussani ce lo racconta così: «TED è un’organizzazione non profit il cui scopo è quello di facilitare la diffusione di buone pratiche e buone idee, di conoscenza e di informazione. Lo facciamo sfruttando essenzialmente il formato del video digitale distribuito attraverso decine di piattaforme: il nostro sito TED. com, Youtube, iTunes, ovviamente, ma ci sono canali TED sui portali cinesi, programmi TED sulle televisioni giapponesi o brasiliane o sulle radio americane o africane, eccetera». Una diffusione in molte lingue. «Il nostro lavoro è di selezionare le idee e le storie che contano, e soprattutto le persone che sappiano raccontarle e spiegarle. L’obiettivo è filtrare le cose di valore, nella gran massa dell’informazione che circola. Perché penso che oggi soffriamo un po’ tutti di sovraccarico d’informazione, e il ruolo di filtro ridiventa essenziale». Nella società della comunicazione digitale ipercapillare si sente in effetti la

necessità di fare un po’ di ordine, di ricostruire una gerarchia nell’importanza dei messaggi. Ripensando al progetto libertario che Internet sembrava incarnare, quello dell’informazione gratuita e accessibile a chiunque, viene da pensare che qualcosa sia andato storto… «È vero che l’Internet idealistico degli inizi è diventato piuttosto un Internet commerciale, dove l’interesse economico primeggia». La grande diffusione degli smartphone ha messo nelle mani delle persone un accesso a Internet molto semplice e immediato, che ne ha però cambiato la natura: «Le app hanno riportato il controllo delle cose nelle mani di chi le produce. Le app sono uno spazio chiuso e controllato» precisa Giussani. «La pagina web è uno spazio in cui si linka verso altre pagine, in una rete aperta, una ragnatela. L’app invece è uno spazio chiuso dove si entra e si rimane. Ci si vive come all’interno di un vaso. Certo, alcuni vasi sono grandi: Facebook è un vaso grande come il mondo, un milardo e mezzo di utilizzatori, che (almeno negli USA) vi passano quasi un’ora al giorno in media. A ben guardare ci si accorge che Facebook sta essenzialmente divorando l’Internet. Per molta gente, Internet è Facebook». «Nel mondo app – ci spiega ancora Bruno Giussani – abbiamo perso il controllo di quello che succede online, e l’abbiamo messo nelle mani degli edito-

ri delle app. E gli impatti di ciò non sono tutti positivi». TED, pure usando anche le app, vorrebbe andare in controtendenza rispetto a questa dinamica «chiusa». «Andiamo alla ricerca di persone come noi, interessate alla diffusione della conoscenza. Le mettiamo su un palco, le facciamo parlare durante le nostre conferenze (ndr: ce ne sono 3000 ogni anno nel mondo). Le filmiamo, e diffondiamo i video, gratuitamente: ecco detto così sembra semplice. In realtà dietro c’è un lavoro redazionale intenso e approfondito. Oltre alla scelta dell’interlocutore c’è poi un lavoro altrettanto complesso in cui aiutiamo queste persone a raccontare la miglior storia possibile. Non è semplice organizzare una conferenza di livello mondiale: richiede molta preparazione». Analoga all’impegno di TED, da diverso tempo si sta delineando, in Ticino, l’attività divulgativa del centro culturale legato al Monte Verità di Ascona. Alle conferenze che propongono «la diffusione della conoscenza scientifica, in dialogo con la cultura umanistica e l’arte», Bruno Giussani sarà invitato il prossimo 25 novembre, quando sarà intervistato in pubblico dal giornalista RSI Damiano Realini. Monte Verità è un po’ come TED? «Fondamentalmente si può dire che lo è. Del resto TED è uno dei molti formati e modelli possibili. Si possono tenere conferenze in un luogo fisico, come

mente appoggiati a un tronco. In fondo basta esserci, non c’è bisogno di strafare, per essere amici.

aspettative. E così quei pochi (ma buoni, e comunque onestamente motivati) lettori rimangono con mille domande in sospeso circa il destino dei loro beniamini. E siccome le serie sono prodotti che si rivolgono principalmente agli adolescenti (o meglio, tecnicamente, al target Y.A., ossia Young Adult), lo scherzetto suscita delusioni cocenti, come si può vedere dalle numerose petizioni sul web per far continuare le varie saghe, o anche dalle traduzioni amatoriali dall’originale messe a disposizione dai fan nei loro blog. È stato il caso anche della serie della giovane autrice di origine iraniana Tahereh Mafi, Shatter Me, il cui primo volume, senza seguito, venne pubblicato qualche anno fa da Rizzoli con il titolo Schegge di me, incontrando il plauso incondizionato di parecchie lettrici. Un romanzo prettamente «femminile», in cui la matrice fortemente romantica si innesta sul genere distopico (quei romanzi nei quali il contesto apocalittico ci presenta un mondo futuribile e cupo, devastato da guerre e inquinamento,

Ascona, oppure in modo più distribuito come facciamo noi. L’importante è essere capaci di selezionare, e mettere in luce le idee, i temi, le conoscenze più interessanti». Monte Verità è un nome conosciuto ma che i ticinesi sentono sempre come un luogo un po’ estraneo: «Ha una sua storia, in questo caso non una storia ticinese ma una storia di europei che si sono stabiliti qui in varie ondate, creando una comunità “europea” attorno ad idee che non erano per nulla locali. Sono spazi creati da non ticinesi, su territorio ticinese, su cui i ticinesi non hanno mai veramente “cliccato”, per usare una parola non adatta ma contemporanea. Ma penso che oggi il Monte Verità meriterebbe più attenzione». In conclusione del colloquio con Bruno Giussani, che da molti anni passa parte del suo tempo viaggiando per il mondo ma rimane molto addentro alla realtà ticinese, cerchiamo di evocare degli scenari in cui collocare una auspicabile circolazione di idee attraverso il cantone. «Credo che c’è un solo modo per crescere, ed è quello di mettere persone ed organizzazioni in rete – non intendo dire sull’Internet: parlo della creazione di collaborazioni incrociate. Il Monte Verità, il LAC, il Teatro Sociale di Bellinzona o le manifestazioni che si svolgono al Dazio Grande a Rodi, tanto per citarne quattro, in fondo partecipano della stessa logica e intenzione: quella di creare una dinamica culturale nel cantone, di facilitare la circolazione di idee. Ma rimangono troppo spesso iniziative molto “parrocchiali”, nel senso geografico, perché siamo tutti bloccati dalle distanze, che sono più psicologiche che reali. Serve una dinamica che favorisca questi contatti. In fondo siamo 350’000 persone su un piccolo territorio: andare da Lugano al Monte Verità, chiede meno tempo che andare dal sud al nord di Manhattan a New York. Chi abita alla punta sud di Manhattan e vuole andare ad ascoltare l’Opera al Metropolitan, ci mette più tempo. Ma ci va, ed è una serata normale. A noi sembra troppo lontano». Conferenza al Monte Verità

Bruno Giussani intervistato da Damiano Realini, 25/11/2016, ore 20.30 In collaborazione con

r Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani Paloma Canonica, Amici, Bohem Press. Da 2 anni.

Un piccolo libro quadrato edito da Bohem, come quel Cappello di Topolina, di Eric Battut, che già abbiamo presentato in questa rubrica. Questa volta si tratta di Amici, opera prima dell’autrice ticinese Paloma Canonica: come indica il titolo, è un delicato excursus sull’amicizia, o meglio su cosa fanno e come si comportano gli amici. Condividono l’allegria, ma anche la tristezza. Sanno fare molte cose da soli, ma sono pronti

ad aiutarsi. Partono, ma poi tornano. Non sempre amano le stesse cose, ma assieme possono provarle. Il valore avversativo della congiunzione “ma” è declinato con tenerezza in situazioni di quotidiana amicizia, e illustrato con animali che nella realtà sarebbero amici improbabili (ad esempio il lupo e la pecora, il gatto e il topo) ma nella libertà fantastica di una storia aprono nuovi scenari. Nella sua assoluta semplicità è un libro che si presta a sviluppare nuovi discorsi con i bambini, e a collegare ciò che vedono su queste piccole pagine con la loro esperienza di amicizia. E sono piccole pagine belle da guardare, per quelle campiture di colore sempre diverse ad ogni situazione, per quegli animali disegnati con humour, per la tranquillità che infonde lo spazio colorato libero e non troppo pieno di figure, per quei guizzi quasi filosofici come «assieme fanno tutto... e niente», mettendo nella pagina del «niente» i due amici (una volpe e un coniglio, peraltro), che oziano beata-

Tahereh Mafi, Shatter Me, Rizzoli. Da 14 anni.

Uno scherzetto non proprio divertente che gli editori a volte fanno ai loro lettori è quello di iniziare una serie e poi piantarla lì dopo il primo tomo, perché magari le vendite sono state inferiori alle

e governato da un potere misterioso e totalitario che si profila come l’antagonista dei giovani eroi ribelli). Ora Rizzoli ripropone il romanzo, con titolo e copertina originali, facendo ben sperare le fan: probabilmente a questo punto arriveranno anche gli altri due volumi: Unravel Me e Ignite Me. Come si diceva è un distopico, genere molto di moda, e gli ingredienti, seppur non originali, riescono a mettere insieme una storia avvincente: c’è Juliette, l’eroina prigioniera, la quale ha un «dono» che è anche una maledizione, perché il suo tocco uccide; e ci sono i due giovani protagonisti maschili antitetici, seppure entrambi affascinanti: Adam, il bel ragazzo forte e onesto; e Warner, il carismatico e tormentato cattivo. Anche lo stile merita una menzione: carico di metafore visionarie e fedele nel seguire il nevrotico flusso di coscienza dell’io narrante/Juliette, con la pertinente trovata di lasciare le correzioni «a vista», cancellando alcune frasi cruciali e inquiete con un tratto continuo.


PUNTI. RISPARMIO. EMOZIONI.

APASSIONATA

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Società e Territorio

Il Mendrisiotto rurale

Mezzana Casa Croci a Mendrisio ospita una mostra sulla storia della proprietà che divenne Istituto agrario nel 1915

Elena Robert La tenuta di Mezzana, con i suoi possedimenti e edifici, continua a essere baciata dalla fortuna. L’importante ricorrenza dei cento anni è stata raggiunta nel 2015 dall’odierno Centro professionale del verde e dall’Azienda agraria cantonale, polo cantonale di competenze per i mestieri della natura e punto di riferimento del mondo agricolo in Ticino. Pensiamo alla sua felice recente evoluzione vissuta dal 2000 ad oggi: impegno politico e umano sono stati determinanti, anche all’inizio del terzo millennio, per un ulteriore salto di qualità, concretizzatosi nel nuovo assetto organizzativo di scuola e azienda e in nuove infrastrutture. Negli ultimi sedici anni a Mezzana sono stati stanziati per l’intera proprietà 26 milioni di franchi, altri 23 sono previsti nell’ambito della valorizzazione del comparto: 5 milioni per la centrale termica e il posteggio, 18 per il risanamento e il restauro dell’antica Villa Cristina, la ristrutturazione e l’ampliamento della Cantina del vino e la sistemazione paesaggistica degli spazi esterni. Il concorso di progettazione per Villa Cristina, Cantina e esterni è stato vinto dal gruppo interdisciplinare che fa capo allo studio di architettura José Maria Sanchez Garcia Architetti di Mendrisio e Madrid. Fino al 25 novembre i progetti dei partecipanti al concorso sono esposti proprio a Villa Cristina, appartenente al complesso di edifici protetto dal Cantone: il corpo

principale è il risultato di una trasformazione, e in parte, di una riedificazione ottocentesca e presenta soffitti decorati, alcuni dei quali di Antonio Rinaldi di Tremona e di Francesco e Innocente Chiesa di Sagno. L’ultimo intervento di recupero riguarderà la Masseria ex Torchio, che sarà pure oggetto, nei prossimi anni, di un concorso di progettazione. È l’unica casa colonica superstite, la più antica delle quattro che a inizio Novecento erano parte della tenuta. L’intera proprietà, non è lontana dai 50 ettari, si estende tra Coldrerio (dove si trovavano le tre masserie Mezzana, del Bongio e del Zoiello), Balerna (che ospita di fianco a Villa Cristina la Masseria ex Torchio) e Castel San Pietro. Pur avendo avuto in passato dimensioni più ridotte, Mezzana è sempre stata una tenuta ricca, di proprietari agiati e in vista appartenenti a nobili casati lombardi e comaschi, e di fortunati ticinesi emigrati all’estero, tra i quali il chiassese Pietro Chiesa che tornato dall’Argentina nel 1912 acquista l’intera proprietà per donarla allo Stato del Canton Ticino, a condizione che diventi la sede dell’Istituto agrario cantonale. Oggi è un’oasi di verde inserita in un paesaggio urbano invadente e disordinato di vie di comunicazione, traffico, zone industriali e diffuse aree residenziali. Ma fino agli anni Sessanta del Novecento questa redditizia residenza signorile di campagna sul colle di Mezzana, dalla posizione invidiabile e rivolta verso meridione, con le sue vigne,

Mezzana, apiario, 1923. (Album fotografico della famiglia Fantuzzi)

gli orti, i giardini e i prati, si inseriva in un contesto territoriale armonioso in cui le tenute agricole avevano ancora un ruolo economico. La sua storia ha radici nel tardo Medioevo, quando già le prime fonti riferibili al nucleo iniziale della proprietà lasciano intuire un indirizzo che, dal primo Cinquecento, dimostra come la tenuta sia già destinata alla produzione vitivinicola. Nel 1833 terre e edifici sono ceduti dai conti Morosini a Casa Savoia che intende garantirsi un bene rifugio in Svizzera e la residenza, in onore della regina, prende il nome di Villa Cristina. Nel 1849 passerà a un nuovo proprietario (che

vi ospita persino Garibaldi), il marchese Giorgio Raimondi, esule in terra elvetica, sostenitore del movimento di Giuseppe Mazzini, La Giovine Italia, la cui allegoria valorizza una volta al primo piano della villa, dipinta nel 1860 da Antonio Rinaldi e Innocente Chiesa. La piccola preziosa mostra storica in corso a Casa Croci a Mendrisio fino al 18 dicembre, racconta i fatti significativi della tenuta diventata «memoria storica del Mendrisiotto» e che ritroviamo approfonditi nei contributi critici di un Quaderno, edito dal Museo d’arte di Mendrisio. La fortuna dell’azienda e i numerosi avvicendamenti di proprietà,

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nella storia della tenuta fino alla nascita dell’Istituto nel 1915, sono presentati da Stefania Bianchi, responsabile dell’Archivio comunale di Mendrisio, che ha curato mostra e Quaderno; la personalità del primo direttore di Mezzana Alderige Fantuzzi, cui è affidata tra il 1902 e il 1914 la Cattedra ambulante d’agricoltura, viene tratteggiata da suo nipote Marco Fantuzzi; le travagliate vicende, durate sessant’anni, che precedono la nascita dell’Istituto agrario cantonale, il contesto economico e politico e la storia della scuola sono di Marco Marcacci; gli sviluppi recenti e la realtà odierna con le prospettive vengono segnalati dai due direttori attuali Pierangelo Casanova e Daniele Maffei. Nella mostra una postazione RSI consente di curiosare tra foto, articoli, pubblicazioni e servizi radiofonici su Mezzana. Valore e portata dei documenti esposti sono tutti da scoprire. Provengono dagli Archivi di Stato di Bellinzona, di Como e di Mendrisio, dalla Biblioteca comunale di Mendrisio. Manuali Hoepli, diplomi di concorsi e altro appartengono all’Istituto agrario di Mezzana. La figura e l’attività di Alderige Fantuzzi sono messe a fuoco anche da oggetti personali prestati dai nipoti. Alle pratiche agricole di un tempo si è invece introdotti dai notevoli pezzi di collezione di Giuseppe Haug, tra i quali strumenti di cambio del denaro o per misurare prodotti, come lo staio e le quartine per cereali e semi, i boccali per liquidi, il braccio per legna e stoffe. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Società e Territorio

Disponibili all’ascolto

Allievi sotto la lente

e le emozioni dei bambini dopo l’uccisione della giovane insegnante Nadia Arcudi. Abbiamo chiesto un parere a Silvia Vegetti Finzi

buon rapporto con i genitori protegge dalle dipendenze

Bambini e violenza L e famiglie e le scuole di Stabio stanno affrontando le paure

punto è necessario spingersi nella spiegazione di quanto avvenuto? Quali particolari omettere?

Il tragico fatto di cronaca verificatosi recentemente a Stabio ha sconvolto un’intera comunità, che si è ritrovata, senza preavviso alcuno, a fare i conti con una storia di violenza scioccante. Insegnanti, genitori e bambini si sono visti chiamare in campo per far fronte a una situazione di «emergenza» in cui il senso di choc e impotenza è andato di pari passo con la necessità di trovare le parole giuste, soprattutto per i più piccoli. Abbiamo chiesto alla psicanalista Silvia Vegetti Finzi se per i genitori esistano delle strategie di gestione di eventi di questo tipo, anche nei mesi successivi, durante i quali non è raro riscontrare degli strascichi emotivi nei bambini. Professoressa Vegetti Finzi, quali emozioni può suscitare in un bambino un avvenimento come quello successo di recente a Stabio, caratterizzato da profonda e immotivata violenza in un contesto a lui molto vicino?

I nostri bambini crescono normalmente in una realtà sicura, hanno fiducia negli adulti e sperano nel domani, per cui l’improvvisa irruzione della violenza minaccia la costruzione stessa della loro identità. Il loro turbamento è tanto più profondo quando il gesto aggressivo non trova un movente comprensibile, una narrazione che gli dia senso, parole adeguate per esprimerlo e condividerlo. E, in particolare, quando riguarda persone che sentono importanti e vicine. I bambini, logicamente egocentrici e affettivamente fragili, tendono a sentirsi personalmente coinvolti negli avvenimenti che accadono intorno a loro. Anche se, oggettivamente, il fatto negativo non li riguarda, si sentono comunque minacciati. Li invade allora un’ansia fluttuante, senza figure, senza parole, la più difficile da controllare e superare, molto più della paura.

Il turbamento dei bambini è tanto più profondo quando il gesto aggressivo non trova una narrazione che gli dia senso, parole adeguate per esprimerlo e condividerlo Perché l’ansia è più difficile da superare della paura?

Mentre la paura si concentra su una persona, un animale o una cosa determinata, l’ansia si espande su tutta la realtà circostante minando la sicurezza in sé stessi e la fiducia negli altri: «perché gli adulti sono cattivi? e perché i buoni non ci difendono?», si chiedono i bambini in preda a una sindrome di abbandono. In questi casi bisogna innanzitutto testimoniare la nostra presenza, la nostra vicinanza. E, appena troviamo un momento opportuno, spiegare loro che il mondo è buono, che la maggior parte delle persone fa le cose giuste, come il fornaio, il benzinaio, il pasticcere e il pediatra. E se, come accade in un cesto di frutta, tra tante mele

Azione

Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni

In questi casi le parole dell’adulto devono rassicurare, senza dilatare l’evento con un atteggiamento inquisitorio e analitico. Se la curiosità del bambino va oltre l’essenziale, si può rispondergli semplicemente: questo non lo so, non lo sappiamo, ci vuole tempo per capire. L’adulto deve mettersi a disposizione del bambino solamente laddove questi ha delle domande o dei sintomi oppure occorre un approccio attivo da parte dell’adulto?

La psicanalista Silvia Vegetti Finzi. (Tipress)

ce n’è una guasta, non per questo tutte le mele sono brutte e cattive. L’affetto che nutrono per le persone di riferimento, genitori e insegnanti, fa sì che sentano come proprie le loro emozioni e che si attendano di essere tranquillizzati e rasserenati dai loro atteggiamenti. Siamo spesso noi adulti a ritenere che i bambini, essendo piccoli, non capiscano che cosa sta succedendo, che i loro interessi siano altrove. Ma non è così, in realtà i «non adulti» hanno mille antenne per cogliere le inquietudini che ci turbano e se cerchiamo, per difenderli, di tenerli all’oscuro di quanto sta accadendo, non li aiutiamo certo perché, nel bene e nel male, nella vita, i bambini ci sono già.

La paura è un’emozione integrante della crescita del bambino, ma quando diventa pericolosa?

La paura fa parte dei meccanismi di difesa di tutti gli animali. Guai se non ci fosse! Diventa pericolosa quando si trasforma in «paura della paura», quando bloccando le reazioni adattive ci paralizza, quando stimola l’aggressività senza pensiero, quando l’altro diventa un nemico da uccidere piuttosto che un interlocutore da convincere, anche litigando. Quali ripercussioni può avere un evento di questo tipo a breve, medio e lungo termine?

I sintomi possono essere i più svariati. Particolarmente frequenti sono la difficoltà ad addormentarsi e gli incubi notturni. Ma anche non aver voglia di giocare, di leggere, di fare i compiti, di parlare esprimono stati di disagio e di malessere. Poiché, in situazioni di allarme, le energie psichiche sono concentrate sul controllo dell’ansia, i bambini spaventati risultano apatici e distratti. Oltre ai disturbi comportamentali, possono insorgere manifestazioni somatiche quali dermatiti, cefalee, difficoltà di digestione, caduta dei capelli e fragilità delle unghie. In questi casi è il corpo che parla e, con i sintomi, chiede aiuto e conforto. Quali di questi sintomi necessitano di una presa in cura professionale? Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni

Inutile generalizzare, meglio valutare caso per caso in base alla gravità e alla durata dei sintomi. Parlarne col pediatra che segue il bambino, senza drammatizzare, può essere opportuno, così come rassicurare i genitori da parte delle autorità cantonali. Per offrire accoglienza e comprensione occorre sentirsi accolti e compresi. Quali possono essere gestiti dalla famiglia e/o dalla scuola?

Poiché la violenza ha colpito una insegnante, una maestra, la figura che rappresenta la scuola, i suoi valori, i suoi scopi, è particolarmente importante che le emozioni suscitate vengano elaborate in classe, collettivamente. Un primo vantaggio è di trasformare l’io in noi, sentire che la comunità intera è stata ferita e che insieme si possono superare i traumi della vita. Nello stesso tempo la famiglia può riprendere il dialogo svolto a scuola iniziando dall’ascolto del bambino, dalle sue domande, senza dilungarsi su spiegazioni non richieste. Quali strumenti possiede un adulto per spiegare al bambino l’eccezionalità della situazione, considerando che il bambino ha al proprio attivo un’esperienza di vita piuttosto limitata e molto spesso schermata dagli eventi negativi?

Come dicevo, l’atteggiamento migliore è restare disponibili all’ascolto del bambino e dialogare con lui in momenti riservati e in spazi protetti, evitando, per quanto possibile, di fare del delitto un argomento di conversazione quotidiana. È preferibile non seguire, in sua presenza, programmi televisivi dettagliati e inquietanti. Se pone domande imbarazzanti, potete rispondergli così: la polizia sta indagando e vedrai che prima o poi i colpevoli saranno scoperti e puniti. Per i bambini il poliziotto rappresenta una figura in autorità che simbolizza, non solo il padre reale, ma anche la figura paterna interiorizzata. Si dice sempre che la comprensione sia il primo passo verso l’elaborazione di un evento negativo. Fino a che Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11 Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31

Un argomento così traumatico va affrontato tenendo conto dell’età del bambino. Per i più piccoli il nucleo incandescente si può avvicinare indirettamente, raccontando una favola perché le favole, anche le più paurose, si svolgono sempre altrove («c’era una volta…») e garantiscono il lieto fine. Ma, oltre a narrare o leggere storie, si possono invitare i bambini a «fare storie». Proprio nel vostro cantone, l’Istituto Ricerche di Gruppo di Lugano ha messo a punto da una ventina di anni il metodo Fare Storie, il cui valore è ormai riconosciuto in tutto il mondo. Come può il bambino conservare comunque un ricordo positivo e anche dolce della persona scomparsa, dal momento che questa è stata vittima di una violenza incomprensibile?

Le persone non scompaiono finché il ricordo le trattiene tra noi. Non si tratta però di una rievocazione fredda ma di attivare il pensiero del cuore, quello che sa lenire le ferite del dolore con il balsamo dell’amore. Il titolo di un libro scritto da Benedetta Tobagi per ricordare il padre, ucciso negli anni di piombo, quando lei era ancora bambina, Come mi batte forte il tuo cuore, testimonia quanta vicinanza ci possa essere nella lontananza. Uno dei sintomi più comuni indice di malessere del bambino sono gli incubi. Quanta importanza dare agli incubi e come gestirne concretamente la narrazione?

Tutti i sogni chiedono di essere raccontati e gli incubi, in particolare, non solo vanno ascoltati con particolare partecipazione, ma l’ascolto va accompagnato da gesti rassicuranti come un abbraccio, un bacio, una carezza. Se il bambino risulta particolarmente turbato, si può invitarlo a disegnarli, scriverli, mimarli. Più che i contenuti del sogno, concentratevi però sulle sue emozioni. Ad esempio: «colora la paura», «fammi vedere cosa senti quando sei felice». Lasciate scegliere a lui il materiale espressivo, le forme, i colori e, alla fine, potete autorizzarlo a stracciare il foglio, cancellare il disegno, scarabocchiare il quadro, tutti modi per esprimere l’aggressività, vincere il male, padroneggiare la paura.

Dipendenze Svizzera ha pubblicato la valutazione dello studio sugli allievi «Health Behaviour in School-aged Children» (HBSC), dalla quale emerge un chiaro nesso tra il rapporto che gli adolescenti hanno con i loro genitori e il consumo di sostanze. I risultati sono presentati dalla fondazione di utilità pubblica attiva nella prevenzione in una nuova scheda informativa, corredata da consigli per i genitori. L’inchiesta HBSC, condotta nel 2014 sotto l’egida dell’OMS tra gli scolari di oltre 40 paesi, Svizzera compresa, ha interrogato gli adolescenti sia sul loro consumo di sostanze che sul loro rapporto con i genitori. Circa quattro quinti dei quindicenni intervistati ritengono che i loro genitori sappiano come e con chi trascorrono il loro tempo libero. Qualora i genitori siano poco o per nulla informati sulle abitudini dei loro figli, i ragazzi tendono a consumare più tabacco, alcol o canapa rispetto agli altri adolescenti. Tra i figli dei genitori presenti, infatti, la percentuale dei ragazzi che nel corso del mese precedente l’inchiesta si sono ubriacati pesantemente almeno una volta è dell’8%, mentre tra i figli dei genitori poco o per nulla informati delle abitudini dei propri figli il tasso risulta quasi tre volte più alto. Per quanto riguarda il consumo di canapa almeno una volta nel mese precedente l’inchiesta, le cifre parlano chiaro e sono del 10% per il primo gruppo e del 23% per il secondo. 
I risultati dello studio sembrano, dunque, suggerire, commenta Dipendenze Svizzera in un comunicato stampa, che un rapporto di fiducia e di rispetto con i genitori è un fattore di protezione importante. Può però anche darsi che i giovani che consumano sostanze psicoattive lo tengano nascosto ai loro genitori o che abbiano problemi relazionali con i genitori proprio a causa del loro consumo. Dipendenze Svizzera nella sua scheda informativa dà alcuni consigli ai genitori su come continuare a svolgere un ruolo importante nella prevenzione delle dipendenze. Ricorda inoltre che gli stessi genitori, se in difficoltà, possono richiedere una consulenza online su www.safezone.ch. Informazioni

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Di cosa occorre tenere conto nei mesi successivi all’evento?

Che il tempo è un bravo terapeuta e che il dolore, in quanto tale, non è salvifico, come si riteneva un tempo. L’obiettivo da raggiungere è piuttosto l’elaborazione del dolore, la capacità di accettare l’esistenza del male mantenendo un atteggiamento positivo, salvaguardando fiducia e speranza. La sofferenza, se non dilaga, aiuta i bambini a produrre anticorpi contro la disperazione. Tiratura 101’614 copie Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Società e Territorio Rubriche

L’altropologo di Cesare Poppi Leviatani e cannibali Un mesetto orsono la versione online di un noto quotidiano cisalpino pubblicava una foto (se così possiamo chiamarla) dal titolo «Riuscite a vedere lo squalo in questa foto?». No, lo squalo non si vedeva, perlomeno d’emblée. La foto richiamava piuttosto l’opera di un pittore pointilliste estremo: una superficie fitta di puntini che, se e solo si fosse guardata in un certo modo (che l’Altropologo non è stato in grado di strologare dalle laboriose istruzioni) avrebbe rivelato il Mostro in agguato. Si trattava, didatticamente, di spiegare come funzionano gli autostereogrammi (boh? ma non è comunque roba da mangiare) altresì dette illusioni ottiche in 3D (no, neanche quelle commestibili). Ma questo non è il punto che ci interessa. Quel che ci interessa è che «la bestia in agguato» fosse uno squalo invece che essere – che so – una colomba o un panettone. In principio fu il film di Spielberg (1975) certomanonsidice ispirato dalla famosa novella di Hemingway (1952) di ben altro merito culturale. Da allora, con il tedio reiterato di una pubblicità televi-

siva, gli squali cannibali riempiono l’universo mediatico con la scadenza certa e prevedibile di una campana a morto. Nella fattispecie, il quotidiano di cui sopra non lascia passare una quindicina senza che non vi sia una notizia relativa agli squali: «Squalo attacca pescatore»; «Squalo attacca pescatore mentre dorme»; «Pescatore attaccato dallo squalo mentre dorme (lo squalo)»; «Pescatore attaccato da squalo mentre guarda film su squali in web»; «Turista in gabbia antisquali attaccato da squalo»; «Squalo in gabbia antiturista attacca turista»; «Turista sogna attacco di squali e azzanna moglie» – e via di questo passo. Gli scettici facciano un giro nel web per persuadersi che non se ne può proprio più: squali-notizia più fitti nel mare magnum della rete delle sardine in una scatola di sardine. Squali, zombi, krampus e vampiri di Halloween in agguato dietro ogni angolo mediatico: i media cavalcano la voglia di paura di un’audience infantilizzata tardo-post-trans-moderna che nelle paure virtuali trova una sorta di

antidoto alle ansie e alle paure reali. Proprio come i bambini che trovano piacere nell’avere paura delle Streghe perché così ne hanno meno della Maestra: «Il veleno venduto come antidoto», ha commentato Zygmunt Bauman, decano dei sociologi europei, a proposito delle Ultime Elezioni. «Possiamo solo sperare che funzioni» – mi si dice avrebbe detto Mitridate VI, Re del Ponto, mentre ingeriva l’ennesima dose di veleno che lo avrebbe reso immune al punto – ahilui - da dover essere ucciso con ben più scomode pugnalate quando Pompeo gli presentò il conto. Mostri marini e leviatani delle nostre paure: di certo differenti dalle acque culturali reali, realissime, nelle quali navigavano i marinai della baleniera americana Essex a 4600 chilometri a sud-ovest di Capo Horn il 20 novembre 1820. Qualche giorno prima una balena aveva attaccato una delle lance da caccia danneggiandola gravemente pur senza fare vittime. Un’altra lancia da caccia era stata danneggiata la mattina stessa e l’equipaggio dell’Essex era intento a

ripararle entrambe: era ormai chiaro che si fosse in presenza di un branco di balene particolarmente aggressive. Ad un certo punto qualcuno avvistò una balena – forse un capodoglio – di dimensioni abnormi stimate sui 26 metri che si comportava in maniera strana. Rimase immobile in superficie per qualche tempo. Poi cominciò ad avvicinarsi alla nave puntando alla prua: guadagnava velocità con brevi immersioni. Poi urtò la prua dell’Essex facendola rollare pericolosamente. Il leviatano tornò in superficie: i suoi 26 metri avvolgevano i 30 metri dell’Essex da prua a poppa. Impossibile arpionarlo poiché si temeva una reazione che avrebbe danneggiato il timone. Dopo poco, l’animale che sembrava stordito dal colpo contro la prua si riprese e nuotò al largo. Dalla relazione di Owen Chase, un ufficiale sopravvissuto al disastro: «Mi voltai e Lo vidi prendere la rincorsa a circa 500 metri dalla nostra prua. Si avvicinava a circa 24 nodi di velocità (44 km/h), il doppio della velocità normale. Sembrava volesse vendicarsi». Stavolta il leviatano

centrò la prua mandandola in schegge per poi rigirarsi e tornare a mare senza mai più esser visto. La nave cominciò ad affondare. Alla vista, la lancia del Capitano che stava perseguendo altre balene tornò velocemente verso l’Essex: «Perdio, Chase, cosa sta succedendo!?». «Capitano, siamo stati distrutti da una balena». Il viaggio dei sopravvissuti dell’Essex attraverso migliaia di miglia d’oceano è storia: al cannibalismo al quale furono costretti – cinque cadaveri in tutto, morti di stenti – se ne aggiungano altri due estratti a sorte fra i vivi, messi a morte fra le lacrime dai loro compagni e mangiati. Tragedia reale, viva, concreta – certo non virtuale. La saga dell’Essex ispirò quel capolavoro di Melville che è Moby Dick: una parabola surreale sulla paura fra fantasia, vendetta e follia dell’età moderna. Parabola che ci coinvolge in pieno: quando sarà che lasceremo i Leviatani (sì, anche gli squali che ci mangiano) nuotare liberi da paure – e liberi soprattutto da quelle che riguardano solo la nostra incapacità di essere dalle paure liberi?

convince in quanto rivela fretta e paura, stati d’animo contrari all’elaborazione mentale del trauma che state vivendo, che richiede invece tempo e pazienza. Una soluzione affrettata serve a scaricare le tensioni del presente ma lascia inalterate le cause del passato. Che, se non vengono comprese e rivissute, tendono a ripresentarsi come «coazione a ripetere». L’inesorabile riproporsi delle stesse difficoltà viene di solito attribuito al destino, rappresentante delle cause esterne. Ma è dentro di noi che vanno riconosciute le radici profonde che ci fanno rivivere proprio ciò che ci ha fatto soffrire. La maternità e la paternità non hanno la stessa evidenza e immediatezza: padre, infatti, è colui che la madre riconosce come tale. Un’attribuzione che va sostenuta con un costante coinvolgimento emotivo del partner, in particolar modo quando non è, come nel vostro caso, il genitore naturale del bambino. Può darsi che il silenzio del tuo ex compagno esprima risentimento

nei tuoi confronti, più che disamore nei confronti di un ragazzino che, sino a poco tempo fa, intendeva riconoscere figlio. Come mai non l’ha fatto? In questo caso dovreste cercare entrambi, come devono fare tutti i genitori che si separano, di distinguere tra il vostro rapporto di coppia e la relazione col figlio reale o considerato tale. Nella geometria della famiglia, la posizione che ciascun membro occupa non è irrilevante e provvisoria perché, iscritta nella mente, dà forma alla nostra identità. I legami familiari possono essere tagliati, negati, sfuggiti, ma continuano a sussistere dentro i noi. Non è lo scoppio di una bomba che può risolverli ma un lento, coraggioso impegno di autocoscienza e responsabilità. Se lei riuscisse a ricucire la comunicazione che intercorreva, fino a ieri, tra padre e figlio, avrebbe aiutato entrambi a non perdere una parte importante della loro vita. Spesso sono i figli stessi a

trovare le parole giuste per ricomporre, magari da lontano, il rapporto col padre, che non ha le stesse esigenze di vicinanza di quello con la madre. In fondo, per secoli il padre è stato, come militare, emigrante, navigante, lontano da casa, lasciando però ad altri il compito di rappresentarlo. La funzione paterna può anche essere svolta, in caso di bisogno, dal nonno, dallo zio o comunque da una figura autorevole e attenta, capace di rappresentare un valido punto di riferimento. Prima di far esplodere la bomba, cara Elena, si fermi un po’ a riflettere in modo da presentare a suo figlio, non un panorama di macerie, ma un cantiere di ricostruzioni.

gonisti, per forza di cose. Rubando le parole a Gillo Dorfles, ancora a 106 anni inimitabile maestro, ci si trova in «un mondo troppo pieno, troppo gremito, troppo affollato, dove l’eccesso e la pienezza preclude la vista e la conoscenza di singoli momenti, oggetti, eventi. Si vive in un inquinamento da immagini». Ora questa sovrabbondanza, che concerne prodotti culturali, libri, spettacoli, mostre, idee, se ha creato confusione, sul piano dei valori, sottintende però un clima favorevole di libertà, sul piano sociale, economico, persino politico, un sintomo di democrazia. Insomma, è stato possibile, per molti, dar seguito al bisogno e al piacere di sviluppare abilità, materiali e intellettuali, prima di allora represse e nascoste. E non soltanto fine a se stesse, destinate all’ambito privato dell’hobby, praticato a titolo ricreativo e psicologicamente rassicurante, appagando insomma una giusta ambizione intellettuale associata al recupero della

propria manualità. Infatti, quel motto «Ogni uomo è un artista» doveva trovare sbocchi concreti in svariati settori dell’economia, anzi della «Creative Economy». Secondo lo storico dell’arte tedesco Christian Saehrendt, si è stabilito un legame fra esigenze di mercato e talenti espressivi: la sorte di un prodotto è sempre più una questione di lancio. Dipende dalla famosa creatività di chi scrive uno slogan, disegna un involucro, realizza uno spot. E, sin qui, nulla da eccepire. In Svizzera, secondo le statistiche, sarebbero ben 450’000 gli addetti ai lavori , che sfruttano, direttamente o indirettamente, un presunto talento innato: giornalisti compresi, figurarsi! Ma non tutti i detentori del germe creativo accettano di mettersi al servizio dell’economia, rispettando le regole del sistema. Altri preferiscono scegliere la via della piena libertà in cui cimentarsi, affrontando rischi e malintesi. Qui, come sempre succede di fronte a

un movimento innovativo, si ripete una vecchia storia. Un esempio classico: la parola impressionismo era nata come insulto. Sono però cambiate le dimensioni del fenomeno. Il numero di questi ribelli creativi si è esasperato e, adesso, siamo piombati nella stagione di «una mostra al giorno…». Ciò che induce a chiedersi: saranno tutti artisti? In proposito, ecco una notizia rivelatrice che arriva dagli USA. Un gruppo di artisti si è fatto pubblicamente l’esame di coscienza collocando, davanti al Metropolitan Museum, di New York quattro contenitori che recano la scritta «Throw Your Art Away»: butta via la tua arte. Circola, insomma, anche ciarpame, camuffato magari da provocazione, invecchiata. È il caso dell’asse di WC dipinto da Lee Lozano, riproposto in una collezione privata a Palazzo Grassi, a Venezia. Non sempre, concludendo, vale la pena di risvegliare l’artista che sonnecchia in ognuno di noi.

La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi Due padri sono troppi Buongiorno Silvia, sono consapevole di aver in mano una bomba che potrebbe esplodere da un momento all’altro, ma non riesco a decidere come debba agire. Ho avuto un figlio 7 anni fa da un uomo con cui non ho mantenuto nessuna relazione. Negli anni a seguire ho avuto un compagno che, in pratica, ha fatto da padre al bambino cui abbiamo raccontato che era suo padre dato che intendeva riconoscere il bambino come suo. Dal momento in cui la relazione con questo compagno si è rotta, lui ha per breve tempo mantenuto un contatto con il bambino ma, partendo all’estero, i contatti si sono fatti sporadici, poi rari, poi nulli. Mio figlio ne è dispiaciuto e a volte chiede di lui. Avevo pianificato di attendere l’adolescenza per chiarire la situazione con mio figlio, pensando che allora potrà comprendere meglio i fatti della vita. Non avevo fatto i conti con il dispiacere del bambino. Inoltre a scuola il maestro

osserva irrequietezza, bisogno di conferme e attenzione. Come devo interpretare questi segnali? Sono il tic tac di una bomba che presto esploderà? / Elena Cara Elena, se due padri sono troppi, nessun padre è troppo poco. Capisco pertanto il malessere che il ragazzino esprime con l’irrequietezza e la ricerca di attenzione e approvazione. Ed è giusto che lei se ne preoccupi e chieda aiuto su come renderlo consapevole della situazione familiare che sta vivendo, una situazione tutt’altro che facile. Tanto più che i bambini, a ogni età, partecipano emotivamente ai problemi degli adulti che hanno accanto, in particolar modo a quelli della mamma. Ben venga dunque un dialogo sensibile e misurato con suo figlio, ma non prima di aver fatto chiarezza dentro di lei, di essersi interrogata su perché due padri si sono volatilizzati in così breve tempo. Le confesso che la metafora della «bomba che sta per esplodere» non mi

Informazioni

Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6900 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

Mode e modi di Luciana Caglio Tutti artisti: ma come? Spetta a Joseph Beuys, stravagante esponente dell’avanguardia del secolo scorso, la paternità dello slogan «Ogni uomo è un artista». Si era negli anni 70 e quelle parole rispecchiavano lo spirito dell’epoca, segnata dall’avvento della società di massa: cioè consumi di massa, mezzi d’informazione di massa, turismo di massa e anche cultura di massa. Un ambito, quest’ultimo, che stava accogliendo nuove forme espressive, dal cinema alla televisione, alla grafica, al design, alla musica popolare. Aprendo così uno spazio ad altre categorie di operatori: non soltanto i professionisti della cultura ufficialmente legittimata, ma persone comuni, possibili portatrici di un talento «creativo». Un termine, a sua volta, sintomatico, che avrà successo. Da aggettivo diventerà sostantivo, e come tale Ottavio Lurati lo registra, nel 1987, quando entra nel linguaggio corrente per definire una nuova figura professionale, attiva, in particolare, nel settore pubblicitario. E, con

creativo, si diffonde «creatività», di cui si doveva fare un uso inflazionato, tanto da assumere i connotati di un obbligo: se, come aveva anticipato Beuys, il talento artistico è una dote naturale, magari dormiente, si deve risvegliarlo. Degli effetti di questo risveglio siamo tutti quanti, spettatori e spesso prota-


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Ambiente e Benessere In mezzo ai Balcani Skopje, capitale macedone, è stata popolata di statue, per ritrovare una sua identità

Oche da compagnia e da guardia Il racconto diretto di un’esperienza con un animale da cortile empatico con l’essere umano e molto territoriale pagina 17

Ford sempre più futuristica Allo studio sistemi in grado di migliorare sicurezza ed ecosostenibilità in automazione pagina 19

pagina 15

Il vino nel Medioevo Una bevanda dagli usi sacri e profani, fonte di ebbrezza terrena e celeste

pagina 25

Yanomami in cammino in mezzo alla foresta, Brasile, Sud America (Keystone)

Regolare le nascite senza profilattici

Fra scienza e rito Il controllo demografico nelle società preindustriali era utile per garantire alla popolazione salute

e prosperità, ma le pratiche utilizzate erano certamente troppo triviali Roberta Nicolò Nelle società preindustriali, ma anche tra gruppi stanziati in zone remote e difficili, mantenere il controllo sulle nascite era un fattore importante per garantire al gruppo un apporto di cibo sufficiente al suo sostentamento. Il corretto regime alimentare, in modo particolare i livelli di proteine bilanciate, aumentavano notevolmente la capacità di guarire, o addirittura di non contrarre, certe infezioni come il morbillo, la dissenteria, la pertosse, la tubercolosi o il semplice raffreddore. Molte grandi malattie epidemiche, come il vaiolo o il colera, erano presenti maggiormente in popolazioni ad alta densità, mentre tra i piccoli gruppi di cacciatori e raccoglitori, sparpagliati su vaste aree o nelle piccole culture di villaggio, erano assai meno frequenti. Uno degli obiettivi del controllo demografico era quello di ridurre al minimo gli oneri per elevare al massimo i vantaggi della riproduzione e assicurare così alla popolazione salute e prosperità. Oggi le società industrializzate, e soprattutto le società occidentali, non hanno più bisogno di regolare in maniera ferrea la crescita demografica. Il calo della

natalità, iniziato con l’introduzione e la diffusione dei moderni metodi contraccettivi, ha sopperito alla netta diminuzione del tasso di mortalità e al progressivo invecchiamento della popolazione. Molte delle malattie, come la scarlattina, la febbre gialla, la malaria e l’influenza, sono state debellate o tenute sotto controllo con la scoperta di vaccini e cure efficaci e, inoltre, l’economia di mercato ha radicalmente cambiato i metodi produttivi garantendo un certo benessere generale. Ma come si regolavano le nascite in un’epoca in cui non esistevano profilattici e contraccettivi? La crescita demografica veniva regolata attraverso delle pratiche determinate culturalmente e che oggi possono sembrare inumane e inaccettabili. Erano usi che mettevano spesso a rischio la salute e perfino la sopravvivenza delle donne e dei bambini. Oggi molti di questi metodi non sono più accettati, sono stati vietati e considerati incivili. Uno dei comportamenti più diffusi, spiega l’antropologo e psicanalista ungherese George Devereux in uno scritto del 1967, consiste in pratiche di aborto dirette o indirette. Secondo Devereux

(che ha preso in esame 350 differenti società in diverse parti del mondo), l’aborto si può considerare un metodo universale. Quello che si distingue è la prassi con cui viene eseguito, che varia tra le diverse popolazioni. Spesso i procedimenti adottati, soprattutto se praticati senza le dovute attenzioni e in contesti non idonei, si rivelavano fatali per le gestanti. Ecco perché oggi nella maggior parte del mondo e soprattutto nelle società occidentali, l’aborto è eseguito da un medico specializzato in un contesto di ospedalizzazione, atto a garantire la salute della paziente. Anche l’infanticidio era una pratica molto comune. Ancora oggi, alcune società che vivono in zone povere o isolate, praticano questa forma di contenimento demografico. L’infanticidio indiretto, per esempio, è esercitato privando il neonato del giusto nutrimento o attraverso il suo mancato accudimento. Ma ci sono anche realtà in cui si può assistere all’uccisione diretta del bambino, che viene soppresso appena nato. Per alcune popolazioni, come gli amazzonici Yanomami, il confine tra aborto e infanticidio è molto sottile, poiché praticato direttamente sulla gestante

al settimo mese di gravidanza, stimolando un parto precoce che si conclude spesso con la morte del feto prematuro. Gli Yanomami subiscono una forte pressione demografica, determinata dall’ambiente in cui vivono. Hanno un’economia di sussistenza basata soprattutto sulla coltivazione di banani, che non garantisce però il giusto apporto proteico. La poca carne a disposizione viene procurata attraverso la caccia, ma la carenza di selvaggina mette gli Yanomami nella condizione di dover controllare costantemente la crescita della popolazione, per evitare il sovrappopolamento. Un numero troppo elevato di individui nel gruppo lo indebolirebbe, facendolo cadere preda delle malattie. L’infanticidio, in alcune realtà, può essere praticato anche su bambini più grandi. Molte società, infatti, considerano il bambino un essere umano solo dopo il compimento dei tre anni d’età e celebrano l’avvenimento con speciali riti di passaggio. Fino a quel momento il piccolo, se si ammala, viene lasciato morire, poiché non considerato ancora parte della comunità. Nel nord est del Brasile, una regione molto estesa con siccità periodiche,

malnutrizione cronica e una povertà molto diffusa, l’indice di mortalità infantile è estremamente elevato. Uno studio dell’antropologa statunitense Nancy Scheper Hughes del 1984 rivela che alcuni decessi post natali e infantili, riportati da un campione di 72 donne, erano da definirsi come forme di infanticidio indiretto. Sempre secondo questi studi, le madri dimostravano la loro preferenza per bambini vivaci e attivi, mentre ai figli con caratteristiche opposte non veniva fornita assistenza medica e non erano nutriti quanto i fratelli più forti. Ma c’erano anche metodi meno cruenti con i quali regolare le nascite e contenere l’aumento della popolazione. Per esempio posticipando lo svezzamento del bambino e allungando il periodo di allattamento. O ancora con l’introduzione di tabù comportamentali che favorivano l’astinenza o impedivano i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. La scienza e la medicina hanno contribuito a cambiare radicalmente il comportamento degli esseri umani, influenzando lo sviluppo di un’etica nuova, che disapprova condotte ritenute accettabili solo fino a qualche decennio fa.


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Ambiente e Benessere

Sul cavallo di Alessandro Viaggiatori d’Occidente Reportage da una Macedonia alla ricerca di una nuova identità

Paolo Brovelli, testo e foto Laggiù in mezzo ai Balcani, rotta a Salonicco, Skopje s’erge capitale sempre più macedone d’una Macedonia in cerca d’un sé eroico. Lo racconta bene il centro, da poco dissodato nel nuovo corso dell’era dell’indipendenza (dal 1991), e piantumato con sfarzi che bramano (anche) un passato affine a quello sbandierato dai vicini del Sud: i macedoni di Grecia.

La Macedonia vanta anche bei resti d’epoca, dal teatro nella fortezza di Ocrida alla città di Eraclea Lincestide In bilico tra i cugini serbi e bulgari, balcanico d’odori turchi, questo Paese grande come la Sicilia (ma vuoto come la Sardegna) raspa sul fondo per trovar sé stesso. E allora ecco il milionario progetto «Skopje 2014»: colossi dorati di bronzo, colonne slanciate di bianco, che presidiano palazzi come campidogli, cupole, piazze, vie, ponti di pietra lastricati di nuovo. «Roba da grandeur. Buona per i ricchi, non per noi», protesta l’amico Vlatko. Così nel 2011 irrompe al gran galoppo Alessandro il Grande, impennato su un Bucefalo bronzato come lui, proprio in mezzo alla città, in Piazza Macedonia. Più di venti metri d’altezza (col piedistallo!), il «Guerriero su cavallo» (questo il nome ufficiale e reticente) viene da una fonderia vicentina, da dove lo raggiungerà l’anno seguente, con più calma, anche suo padre Filippo, il «Guerriero a piedi» e tutte le altre statue minori a comporre la corte: la madre Olimpiade, Alessandro bambino, soldati, ancelle, lance, scudi, leoni… Tra loro, restaurato simbolo tradizionale della città dai tempi del grande sultano turco Maometto II il Conquistatore (di Costantinopoli, nel 1453), il vecchio Ponte di pietra, sul Vardar, il mitico fiume Asso, la cui valle fa da culla a molta della Macedonia storica, da qui fin giù a Salonicco, sul Mar Egeo. D’anima bulgara screziata d’albanese (il 25 per cento della popolazione), la nuova Macedonia che alcuni vogliono FYROM (Former Yugoslavian Republic Of Macedonia, ossia Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia), cerca la via balcanica alla quiete, che serba sempre qualche mina occulta. È l’unica repubblica, oltre alla Slovenia, a essere uscita dalla Jugoslavia senza (quasi) colpo ferire; ora zigzaga con orgoglio tra le grinfie dei vicini, e riesuma simboli frugando tra le storie e la storia. Si costruisce. Si fa autonoma mettendo insieme i pezzi, e poi spargendoli, che tutti sappiano cos’è successo qui, e quant’è importante.

Alessandro mette scompiglio in piazza.

La Chiesa di San Giovanni a Kaneo.

Così Skopje, giusto ai piedi dell’antica fortezza di Kale e appena fuori dalle viuzze piene di negozietti e ora anche di locali notturni della stara čaršija (la città vecchia turco-balcanica, una delle meglio conservate della penisola nonostante il devastante terremoto del 1963), si riassume a suon di statue, per non sapere dove andare. O dove tornare. E allora, ecco l’antica Grecia, l’impero romano, re macedoni,

Skopje, i vicoli della città vecchia.

serbi, bulgari, nazionalisti albanesi, indipendentisti, rivoluzionari, anarchici, antifascisti, gente di cultura, padri della patria. E i santi. I santi, sì. Paradossale che proprio in questo paese, la cui lingua standard è stata codificata solo una cinquantina d’anni fa (sotto la Federazione socialista di Jugoslavia, 1944-1992) distillandola da varianti bulgare occidentali, sia stato perfezionato il cirillico, l’alfabeto

Fortezza di Ocrida.

che ha permesso l’evangelizzazione dei popoli slavi, avvicinando testi e rito sacro alla gente. A Ocrida, in particolare, sul lago omonimo. Lì, san Clemente e san Nahum, discepoli dei santi (e fratelli) Cirillo e Metodio, avrebbero perfezionato (e ribattezzato) l’alfabeto glagolitico, inventato dallo stesso Cirillo, quando da Costantinopoli lui e Metodio furono inviati a evangelizzare la Grande Moravia (862), odierni territori cechi, slovacchi e circonvicini. La chiesa di san Clemente, centro dell’antica Scuola letteraria di Ocrida, è ancora al suo posto, sulla collina a dominare il lago e la bella città di struttura turca. Lì è custodito il corpo di san Clemente. Nahum, invece, giace nel suo sepolcro nel monastero a lui dedicato, a una trentina di chilometri da Ocrida, pure sul lago, come in un eremo, raccolto, caldo di colori, antico. Provincia romana dal 148 a.C., luogo di nascita dell’imperatore Giustiniano I il Grande (483, Taor, antica Tauresium, presso Skopjie), percorsa da un lungo tratto dell’antica via romana Egnazia, da Durazzo (Albania) a Bisanzio, la Macedonia esibisce anche bei resti dell’epoca, dal teatro nella fortezza di Ocrida, alle città ben preser-

vate di Eraclea Lincestide e Stobi, con mosaici che ricordano quelli di Aquileia. Un piccolo paese con un grande passato, dunque, e una discreta varietà etnica, con comunità turche, bulgare, serbe, rom e arumene, e gli albanesi, che sono maggioranza in diverse regioni, con lingua parificata. Ma le due etnie faticano a integrarsi, nonostante la millenaria vicinanza. Forse la lingua. Forse la religione, con gli albanesi musulmani. Forse il passato. Ognuno pare far per sé, e nel 2001 ci sono stati bagliori di guerra civile, solo sopiti. Sì, c’è un canale televisivo in albanese. Sì, c’è una piazza Skanderbeg con una statua dell’eroe nazionale albanese, a Skopje. Sì, eran fianco a fianco nelle guerre Balcaniche dei primi del Novecento. Ma… Fuma, Vlatko. Sbuffa silente sulla panchina e osserva distante il nuovo memoriale a santa Teresa di Calcutta, lì nella capitale venuta al mondo cent’anni fa. Pensa, Vlatko. Pensa che la santa era albanese ma anche turca, serba meridionale, bulgara e italiana, prima d’esser jugoslava. E poi indiana. E se non fosse stata donna del pianeta e di Dio, sarebbe morta FYROM.


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Ambiente e Benessere

L’Orlando da guardia

Mondoanimale Le oche sono animali proverbialmente territoriali che si occupano egregiamente di sorveglianza

Maria Grazia Buletti, testo e foto Chi non ricorda l’oca Martina? Quella il cui uovo fu covato dall’etologo e zoologo viennese Konrad Lorenz? Fu proprio lui il primo essere vivente che Martina vide alla nascita, e per questo lo riconobbe a tutti gli effetti come sua «mamma oca». Con la sua passione per l’osservazione di anatre e oche, e grazie anche a Martina, Lorenz formulò la teoria dell’imprinting: se un piccolo riceve le cure e l’affetto di una madre diversa da quella biologica, riconoscerà quest’ultima come la sua vera mamma, anche quando questa appartenga a una specie differente dalla sua.

Confermato anche il vecchio detto secondo il quale: «Dove sono femmine e oche, non vi sono parole poche» «Ho ricevuto Orlando e Olivia in una scatola, avevano cinque o sei settimane di vita al massimo», racconta Manuela Vanetti di Iragna. Orlando e Olivia sono due oche che lei e il suo compagno hanno deciso di adottare «a scatola chiusa», è proprio il caso di dirlo, perché – ci racconta – l’idea di allevare due oche è nata in modo assolutamente casuale: «Avevamo le galline, mai avremmo pensato di tenere due oche delle quali peraltro non sapevamo assolutamente niente». La premessa di Manuela, mentre la guardiamo giocare con Orlando, è chiara: «Non consiglierei mai a nessuno di adottare un’oca così, senza essersi dapprima informato per bene su ogni aspetto che riguarda la convivenza con un’oca e soprattutto sui suoi bisogni».

Manuela Vanetti e l’oca Orlando.

Ma tant’è, data la nostra grande curiosità e senza smentire il detto popolare secondo cui «ognuno piglia le proprie oche per cigni», Manuela accetta di raccontarci della sua esperienza con questo animale da cortile proverbialmente empatico con l’essere umano e molto territoriale. Orlando non ci perde d’occhio un momento, anzi, talvolta pare ci osservi un po’ perplesso. La compagna di Orlando, Olivia, è morta da qualche tempo a causa di una malattia che l’ha vinta, malgrado gli sforzi suoi e del veterinario. Orlando oggi ha due anni: «Come presumo

sia per tutte le oche, anche lui ha una personalità molto definita e spiccata; se Olivia si era rivelata molto dolce, Orlando era già Orlando e con il tempo e la morte della sua compagna è peggiorato». La nostra interlocutrice parla della sua oca con malcelato affetto, ma non lesina di raccontare ogni aspetto, anche quelli più bizzarri del suo Orlando, tornando spesso sul concetto di responsabilità del proprietario di animali, soprattutto quando si imbarca nell’esperienza di ospitarne di così particolari come un’oca: «Quando sono arrivati Olivia e Orlando ho

Campidoglio, in luogo di avanzate tecnologie. Un metodo rurale che sfrutta il proverbiale istinto territoriale delle oche, che le elevano al pari di cani da guardia, se non peggio, visto che non lesinano anche qualche egregia beccata al malaugurato intruso. A Luneo gli abitanti raccontano soddisfatti: «Le nostre case sono difese da cani, oche e

faraone: una garanzia!». Di notte se ne stanno in silenzio perché temono animali predatori come volpi e cani; percepiscono movimenti sospetti nel raggio di duecento metri: «Se qualcuno si avvicina al recinto iniziano a starnazzare mettendo noi e tutti gli animali da cortile in allarme». Una sana confusione da oche, davvero efficace!

Oche antifurto Siamo nel Veneto, a Luneo nei pressi di Mirano, paese i cui abitanti hanno pensato alle vicende di Roma, sostituendo nel copione l’esercito dei Galli di Brenno con gli altrettanto famelici ladri che ormai ogni notte depredavano le case. Perciò, per difendersi dai malviventi, hanno deciso di schierare le oche, egregie discendenti di quelle più famose del

subito capito di dovermi documentare su ogni aspetto della loro vita; non conoscevo nessuno che avesse delle oche come animali da compagnia. L’ho fatto leggendo libri, consultando internet, parlando con il veterinario…». Proprio il veterinario le dà un buon aiuto, «soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione, perché le oche non mangiano come le galline, anzi!, o almeno Orlando non mangia di tutto, anche se gli piace da morire l’uva». Aneddoti a parte, Manuela comprende ben presto la necessità di Orlando di avere a disposizione acqua per il bagno: «Passa ore e ore nella conchiglia che fa da vasca d’acqua, starnazzando». E gli schiamazzi sono da tenere in conto. «Dove sono femmine e oche, non vi sono parole poche», dice il saggio, e sotto questo aspetto Manuela si dice fortunata: «Per fortuna, il mio vicino di casa ha subito tollerato gli schiamazzi di Olivia e Orlando». Ancora oggi, racconta: «Non è necessario che qualcuno suoni il campanello: lui fa un’ottima guardia e segnala chi si avvicina alla casa». Non erano d’altronde le oche del Campidoglio che ne salvarono le sorti

al pari di ottimi cani da guardia? A un anno dall’adattamento, Manuela ha dovuto far fronte non solo alla malattia di Olivia, ma siccome le oche sono proverbialmente monogame, era fondato il timore che Orlando si lasciasse morire di dolore per la perdita della compagna con cui, ci viene detto, viveva in simbiosi, e che ha amorevolmente curato fino all’ultimo: «Quando Olivia non si alzava più, Orlando andava di fronte a lei e la chiamava, cercando di farla uscire dalla sua cuccia». La dedizione all’oca sopravvissuta è stata molto grande: «Sono stata parecchio con lui, per cercare di occupare il suo tempo, ho messo uno specchio ma era peggio perché non si staccava più da quell’immagine riflessa che forse gli ricordava Olivia, odiava le galline, i gatti, tutto e tutti». Anche a questo punto del racconto torniamo sul pensiero iniziale di Manuela, che sconsiglia di prendere un’oca senza essersi resi conto di tutti questi aspetti, del tempo e delle energie che poi bisogna assicurare per farle vivere bene: «In questi due anni, talvolta mi sono chiesta cosa fosse Orlando per me: non è un cane, non mi segue alla stessa stregua, ma mi considera e sta con me anche in modo inatteso, ad esempio riconosce il rumore dell’automobile al mio rientro dal lavoro e lo fa starnazzando». Certo, gli vuole molto bene, ma ribadisce che bisogna essere coscienti del fatto che la vita media di un’oca è di circa dieci anni, durante i quali bisogna accettarne la natura e occuparsene parecchio: «Orlando è molto impegnativo, non si difende dalla volpe e necessita dunque di essere chiuso nel suo recinto ogni sera (altro che vacanze: non è facile delegare a qualcuno la sua cura, visto che pochi sanno come occuparsi di un’oca), e visto il suo carattere non è facile lasciarlo in custodia a chicchessia, tenendo conto anche del suo bisogno di uscire e passeggiare in mia compagnia ogni giorno». Manuela non ne consiglia l’adozione, ma adora questo suo volatile appartenente alla famiglia delle Anatidi, le cui piume sono anche proverbialmente utili all’essere umano. E con il suo racconto ci permette di sfatare la credenza secondo cui l’oca sarebbe l’animale simbolo della stupidità, fatta salva, forse, un’eccezione: le sciocchezze che alcuni uomini hanno scritto con le sue penne…

Stelle e bacche per l’autunno con il Clerodendron Mondoverde Spontanei in Africa e Asia, questi arbusti e rampicanti danno un tocco di vigore ai nostri giardini

Anita Negretti Vi sono piante che pur arrivando da lontano e da luoghi con climi differenti dal nostro, si sono ben ambientate e crescono con vigore anche nei nostri giardini. Un esempio è il Clerodendron, genere che conta più di 400 specie tra alberi, arbusti e rampicanti, che crescono spontanei nei climi caldi e secchi di Africa e Asia. Rigogliosi ma non amanti degli inverni rigidi, la maggior parte delle piante che formano questo genere vanno tenute in casa durante l’inverno, mentre Clerodendron bungei e Clerodendron trichotomum, due specie arbustive, sopravvivono molto bene all’esterno per tutto l’anno. Il primo, C. bungei, originario della Cina, venne introdotto in Europa verso i primi anni dell’Ottocento, quando andò a decorare le prime ville nobili con clima mediterraneo. Caduco, arriva ai due metri di

altezza e sviluppa grandi foglie cuoriformi verde scuro che emanano un odore forte e pungente se strofinate. In piena estate, ad agosto e per tutto il mese di settembre, si riempie di piccoli fiori color rosa, a forma di stella, molto profumati e raccolti in infiorescenze terminali. Per una buona crescita predilige esposizioni semi ombreggiate e terreni ben concimati senza ristagni idrici. Per quanto riguarda le irrigazioni, sono necessarie solo nei primi mesi dalla messa a dimora, che viene consigliata in autunno o in primavera, mentre negli anni successivi si interverrà solo in caso di estati molto siccitose. Clerodendron trichotomum, di origine giapponese, ha invece dimensioni più ampie: raggiunge i quattro metri e ha una chioma ben espansa. La crescita molto lenta permette però di coltivarlo anche in giardini dalle medie o piccole dimensioni. Caduco anch’esso, ha foglie gran-

di a forma di cuore e pelose sulla pagina inferiore che accompagnano la fioritura dei boccioli in agosto-settembre: i fiori bianco-rosati sono a forma di stella e si dispongono su pannocchie lunghe fino a 25 centimetri.

Dopo prolungate settimane di fioritura, alla caduta dei petali si formano delle bacche blu turchese circondate da calici persistenti color porpora, in grado di resistere sulla pianta fino ai primi geli.

Clerodendron trichotomum. (Jean-Pol Grandmont)

La varietà C. trichotomum «Fargesii» presenta una fioritura più ricca, con foglie dalle dimensioni più piccole, una produzione di bacche numerosa ma con calice verde e non porpora. Entrambe le specie, C. bungei e C. trichotomum, non necessitano di potature, ma nel mese di aprile si può intervenire ripulendo la chioma dai rami eventualmente spezzati o danneggiati da neve e gelo, mentre nello stesso periodo è possibile tagliare i rami con crescita troppo esuberante per mantenere la forma della chioma. Prima di decidere di ospitarne un esemplare è utile sapere che queste due piante rustiche si moltiplicano mediante stoloni, ovvero fusti striscianti, creando in condizioni di clima favorevole piccoli boschetti ed è dunque difficile una coltivazione in vaso, mentre è sicuramente preferibile quella in piena terra, seguita dal taglio alla base dei nuovi esemplari se si preferisce coltivarne uno solo.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Ambiente e Benessere

L’onda verde parte dalle auto

Motori Per sfruttare appieno, finalmente, la famosa via libera dei semafori, la Ford ha inventato il Green Light

Optimal Speed Advisory, e diverse altre tecnologie sono allo studio per andare sempre più in aiuto agli automobilisti

Mario Alberto Cucchi Al volante esistono diversi accorgimenti utili per ottimizzare il consumo di carburante e di conseguenza inquinare meno. Il primo tra tutti recita: va adottata una guida il più fluida possibile evitando continue frenate e repentine accelerate. Sembra facile ma non lo è per nulla. Che si tratti di accompagnare i bambini a scuola, oppure di andare in ufficio, sulla nostra strada molto probabilmente troveremo ad aspettarci un semaforo rosso. Il segnale luminoso di stop comporta una decelerazione per arrestarsi, una sosta in attesa del verde e un’accelerazione per riguadagnare velocità. Le conseguenze sono: usura dell’impianto frenante, dei pneumatici e soprattutto maggior consumo di benzina con relativa immissione nell’aria di sostanze inquinanti. «I semafori dovrebbero essere sempre verdi». Questo devono aver pensato gli ingegneri della Casa automobilistica Ford. «Non c’è nulla di peggio dopo una lunga giornata di lavoro che imbattersi in tutti i semafori rossi, uno dopo l’altro, ed essere costretti a fermarsi e a ripartire a ogni incrocio», ha dichiarato Christian Ress, Supervisor, Driver Assist Technologies, Ford Research and Advanced Engineering. «Regalare ai conducenti la possibilità di “cavalcare l’onda verde” significa rendere l’esperienza di guida più agevole,

Questo progetto prende il nome di Autodrive.

aiutando così il miglioramento generale del flusso del traffico, fornendo riduzioni significative delle emissioni di anidride carbonica e diminuendo il consumo di carburante». Il Green Light Optimal Speed Advisory utilizza le informazioni sui tempi del semaforo ottenute da un’unità di raccolta dati posta a bordo strada. Tutti i dati elaborati vengono utilizzati per

indicare all’automobilista la velocità di crociera da mantenere per cavalcare «l’onda verde». Così molti automobilisti sino a oggi hanno definito il raro anzi rarissimo momento in cui s’incontravano tutti i semafori di colore verde: onda verde. Questo progetto, che in Inghilterra prende il nome di Autodrive, prevede anche lo sviluppo di un innovativo

sistema informativo che ha lo scopo di aggiornare tempestivamente l’automobilista in caso di arresto improvviso di un veicolo che lo precede, anche se non visibile. Ad Aachen, in Germania, sede del Ford European Research e Innovation Center – luogo deputato allo sviluppo di nuove tecnologie dal Gruppo automobilistico – il lavoro ferve. Gli ingegneri stanno studiando un

sistema in grado di aiutare i conducenti a evitare veicoli in forte rallentamento o fermi in caso di emergenza. Questo sistema può inoltre avvisare i guidatori in caso di direzione sbagliata in autostrada. Lo scontro frontale tra due auto è uno di quegli incidenti che statisticamente comporta danni più gravi per auto e persone. Oltre a questo c’è il sistema di monitoraggio dei veicoli in arrivo con funzione di frenata Cross Traffic Alert with Braking che è stato progettato da Ford per ridurre lo stress da parcheggio e rilevare persone e oggetti in procinto di passare dietro al veicolo, calcolandone posizione, distanza e direzione, e in caso di possibile collisione e assenza di reazione del conducente agli avvisi, azionando i freni per evitare l’impatto o ridurne in ogni caso l’entità. «Ormai siamo tutti abituati alle sfide alla guida, ma parcheggiare rimane uno dei compiti più impegnativi per la maggior parte delle persone da affrontare giorno dopo giorno», ha dichiarato Torsten Wey, Manager, Chassis & Safety Electronics, di Ford Europa. «La tecnologia sta già dimostrando il suo potenziale per contribuire a rendere la guida meno stressante e gli investimenti di Ford in ricerca e sviluppo sono diretti ad accelerare l’innovazione per ampliare la nostra gamma di tecnologie di assistenza alla guida in grado di offrire funzionalità e prestazioni che i clienti apprezzeranno». Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Ambiente e Benessere

La rarissima cervellata Oggi vi voglio parlare di un salume che amo alla follia: la cervellata. Faccio subito una premessa, è quasi estinto, trovarlo dai macellai è impossibile, io ogni tanto lo chiedo a qualche amico macellaio e lui me lo fa: come vedremo dopo, non è difficile. Sul perché questo salume sia estinto stendo un velo pietoso: è un segno dei brutti tempi in cui viviamo. Il nome è medioevale, e prende ovviamente spunto dal fatto che a suo tempo era fatta con le cervella dei maiali ma anche dei bovini. A partire già dal Rinascimento però si incomincia a farla con la carne di maiale. Per lungo tempo, fino all’inizio del XX° secolo, era il salume standard a Milano e nel triangolo Milano-Varese-Como. Ignoro se fosse fatta anche in canton Ticino e ignoro anche se si trova ancora. Sappiatemi dire. Come si faceva? Come tutti i piatti popolari, le versioni sono pressoché infinite. Sempre però con un’accortezza: per quanto poi si cuocesse (come si fa con la salsiccia), era fatta con i tagli più nobili del maiale, quelli che si usano in genere per fare i salami; più nobili in quanto dovevano solo stagionare per poi essere gustati da crudi. La salsiccia, invece, dovendo sempre essere cotta e quindi essendo mangiata fresca, accettava anche tagli meno nobili: altrettanto gustosi sia chiaro, ma di minor qualità. Diciamolo: salami e salsicce sono proprio diversi, ambedue buoni (e ahimè a volte anche ambedue cattivi, succede…) ma con usi in cucina diversi. La ricetta più alta è di Maestro Martino de Rubeis, il più grande cuoco nella storia d’Italia che comunque era svizzero, e più precisamente del canton Ticino. Ebbene lui suggeriva di prendere carne magra di maiale o vitello, batterla minutamente (tritarla),

aggiungere cacio (formaggio) stagionato e grasso, buone spezie (non era più preciso), sale, 2 o 3 uova, zafferano secondo i gusti. Concludeva dicendo di impastare il tutto e metterlo in un budello di maiale, «et falle longhe o curte come ti piace». Oggi? Per fare oggi la Cervellata di Maestro Martino, basta prendere carne mista di maiale, aggiungere un dieci per cento della carne di lardo e/o pancetta fresca tritati, la giusta quantità (decide chi la prepara) di formaggio stagionato, Grana e Sbrinz vanno benissimo, un quarto in peso del formaggio stagionato di formaggio fresco grasso, 1 o 2 uova, sale e spezie: cannella, chiodo di garofano, noce moscata e zafferano, nei quantitativi che volete, ma devono abbondare di zafferano o di curcuma, il colore giallo è di prammatica. I budelli, grossi come verzini, devono essere colorati con zafferano e curcuma. Poi si chiudono i budelli e si vende e consuma rapidamente. Oppure si mette sottovuoto e dura un po’ di più, ma sempre meglio consumarla subito. La ricetta «perfetta» che faccia risaltare questo prodotto è il risotto con la cervellata. Eccome come si fa (per quattro persone). Si stufa una cipolla mondata e spezzettata con poca acqua per 20’ e la si frulla. Si mette in una casseruola la cervellata tritata, si cuoce per 5’, si sfuma con un bicchiere di vino e la si leva. Si tosta il riso nel fondo per 2’ a fuoco elevato, si abbassa la fiamma e si aggiungono 2 mestoli di brodo di carne bollente, la cipolla e la cervellata. Si porta il riso a cottura aggiungendo, a mestoli, il brodo bollente necessario. Alla fine si manteca ancora con poco parmigiano e, se si vuole, non è indispensabile, poco burro. Ci sono ovviamente infiniti altri piatti che si possono preparare con la cervellata. In pratica tutti quelli che prevedono salsiccia o pancetta tritata.

CSF (come si fa)

Lemone

Allan Bay

Keystone

Gastronomia Un salume quasi estinto perché non più di moda

Vediamo come si fanno i bussolai – un antico dolce veneziano ma forse è più corretto definirli di Burano, una bellissima isola della laguna – e il castagnaccio, un altrettanto antico dolce a base di castagne. Bussolai. Per 6 persone. In una ciotola sbriciolate 20 g di lievito di birra, scioglietelo con qualche cucchiaiata di acqua tiepida e poi amalgamateci 50 g di farina setacciata. Mettete l’impasto

a lievitare in un luogo tiepido per 20’. Setacciate 400 g di farina su una spianatoia e impastatela con 4 uova, 100 g di burro fuso, 3 cucchiaiate di Marsala secco o di liquore d’anice, 1 pizzico di sale e il panetto lievitato. Fate lievitare per 1 ora. Lavorate l’impasto per 15’, trasferitelo in uno stampo con il buco del diametro di 24 cm, spennellate la superficie con poco albume sbattuto e cospargetelo di zucchero. Fate lievitare in un luogo tiepido per circa 1 ora, cuocete in forno a 190° per 30’ poi sformatelo. 1 giorno di riposo e poi si può mangiare. Ne esistono però anche altre varianti: potete farlo ad esempio a forma di piccoli anelli oppure di bastoncini a «S», che si chiamano appunto «essi». In questo caso, dopo la lievitazione, distribuiteli con una sacca da pasticcere nella forma desiderata su una

teglia coperta con un foglio di carta da forno e cuocete in forno a 180° per 20’. Castagnaccio. Per 8 persone. Ammollate 2 pugni di uvette in acqua tiepida per 20’, scolatele a strizzatele. Setacciate in una ciotola 500 g di farina di castagne, unite 1 pizzico di sale e 4 cucchiai di zucchero, poi aggiungete, mescolando con la frusta a mano, 1 litro di acqua e 1 bicchierino di olio. Lavorate l’impasto fino a ottenere una crema fluida e priva di grumi, unite le uvette e versate in una tortiera unta di olio, livellandolo a 1,5 cm di spessore. Irrorate la superficie con 1 filo di olio, cospargete con 1 pugno di pinoli leggermente tostati, qualche foglietta di rosmarino e cuocete in forno a 220° per 10’. Abbassate la temperatura a 200° e proseguite la cottura per circa 1 ora. Fate intiepidire e servite.

Ballando coi gusti Oggi vi propongo due facilissimi spiedini da fare alla griglia, buoni e saporiti, adatti per un rapido pranzo di mezzogiorno.

Spiedini di salsiccia e peperone

Spiedini di pomodoro e mozzarella

Ingredienti per 4 persone: 4 salsicce · 2 fettone di pane casereccio · 1 peperone a piacere · alloro · senape in pasta · olio d’oliva · sale e pepe

Ingredienti per 4 persone: 16 pomodorini · 8 filetti di acciuga sotto sale · moz-

Mondate il peperone, tagliatene la polpa a quadrotti e sbollentateli per 10 secondi, scolandolo in acqua e ghiaccio. Scaldate una padella con 1 filo di olio e cuocete le fette di pane da ambedue i lati, poi tagliateli a dadoni. Infilzate gli ingredienti negli spiedini, alternandoli e inserendo ogni tanto delle foglie di alloro. Mescolate l’olio con poca senape, sale e pepe. Spennellate gli spiedini con questo condimento e cuoceteli a calore sostenuto per 10’, rigirandoli e spennellandoli ogni tanto con l’olio aromatizzato.

zarella del tipo asciutta, quella non venduta immersa in acqua di governo · foglie di basilico · olio di oliva · sale e pepe Con un po’ di pazienza dissalate le acciughe e tagliatele poi a pezzi. Tagliate la mozzarella a bocconcini. Tagliate i pomodorini a metà. Infilzate il tutto in 8 spiedini, alternandoli con i bocconcini di mozzarella e foglie di basilico. Appoggiate gli spiedini sulla graticola caldissima per pochi minuti e toglieteli non appena la mozzarella inizia a fondere. Salate e pepate gli spiedini, irrorateli con un filo di olio e serviteli.


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Ambiente e Benessere

La bevanda viatica dei pellegrini Il vino nella storia Le cattedrali nel Medioevo non erano solo luoghi di culto, ma anche di socialità,

dove il vino era devozione per il mistero della Santa Messa Davide Comoli A partire dall’anno Mille numerosissimi diventano i documenti che trattano la vite e il vino nei vari aspetti. Il vino, grande bene, era oggetto di scambio e di traffici, il ducato d’Aquitania (l’odierno Bordeaux, pressapoco) era considerato il grande serbatoio di vino dell’epoca, con una produzione annua valutata sul mezzo milione di ettolitri; e pensare che il rendimento per ettaro pare fosse modesto: 15 ettolitri, circa. I contratti d’enfiteusi, di pastinato, d’affitto di statuti emanati dai Comuni, dalle Repubbliche marinare, attestano il moltiplicarsi dei vigneti alle porte delle città. Anche la letteratura tecnica di questa seconda fase del Medioevo sino al Rinascimento è rappresentata da numerosi studiosi, tra questi attivo nel corso del VIII sec. il domenicano Alberto Magno, autore di De Vegetalis liber VII. Originale nelle sue intuizioni è il trattato del medico arabo Ibn al-Awan, intitolato Libro dell’Agricoltura, scritto a Siviglia tra il 1180 e il 1220. Di particolare interesse il paragrafo dedicato all’innesto (cap. VIII) e alla potatura delle viti, giacché è chiara la propensione per le potature post-invernali, consigliando nei luoghi freddi quelle, definite dai moderni, in due tempi. Un bestseller trecentesco è l’opera del bolognese Pier de’ Crescenzi: che nella sua Liber cultur ruris, o Ruralium cultur ruris, attinge dagli autori latini e

da qualche contemporaneo nozioni che poi trasfonde nella sua opera con l’esperienza fatta sul campo, occupandosi personalmente del podere, della vigna, del bestiame e quella di uomo pubblico nella sua carriera di Rettore e Podestà in numerose città d’Italia. Il testo tradotto nelle principali lingue resta la bibbia ampelografica per quasi tre secoli. Il testo si compone di quarantasei capitoli che sintetizzano in modo sommario, privilegiando aspetti più interessanti e curiosi della trattazione. I primi capitoli trattano le virtù terapeutiche delle viti, segue uno sguardo panoramico di come impiantare un vigneto, una rassegna delle caratteristiche dei vari vitigni, un tentativo d’ampelografia italiana del Trecento, in cui cita tra l’altro il Nebbiolo, l’Albana, il Garganega, la Vernaccia di Corniglia, i vini del Piacentino e del Mantovano, quelli dei Castelli Romani e della zona dell’odierno Chianti (4-500 botti all’anno). La descrizione dei vini si chiude con la trattazione delle uve da tavola e quelle adatte ai pergolati quali le uve Pergole o Brumeste, forse la Pergulana citata da Columella e le Bumaste di Virgilio. Descritti i vitigni, viene analizzato l’ambiente che può adattarsi nel miglior modo alla coltura della vite, con particolare attenzione ai fattori climatici, alla qualità e al terreno. Non manca neppure il capitolo dedicato alle talee, ai vari tipi d’innesto e alle potature. I capitoli conclusivi del trattato, si avvalgono anche dell’e-

Codice miniato del XV secolo. (Tratto dal libro Il vino nella storia, Editoriale Domus)

sperienza diretta dell’autore, su come mutare il colore e il sapore di un vino, liberarlo dalla muffa e infine su come ottenere l’aceto. Il vino era visto anche sotto l’aspetto di bevanda medicamentosa. Era forse un alimento per neutralizzare il contrasto tra la concezione mistica e quella terrena del vino. Un ruolo determinante in questo senso la ebbe la medievale «Schola Salernitana» XII sec., che del magico liquore tesse gli elogi come di una panacea, sintetizzando gli insegnamenti di insigni scienziati come Galeno

e Ippocrate. I terrori dell’anno Mille e le profezie del tempo, l’ansia, la disperazione che attanagliavano lo stato d’animo della gente, al giro di boa dell’anno Mille, lasciarono il posto alla speranza e il Medioevo continuò per la sua strada. Le grandi proprietà terriere erano di pertinenza feudale, signorile, ecclesiastica, ma su piccoli ritagli di campi, il contadino, prima servo, poi libero (però relativamente) coltivava il suo grano e la sua vigna. Nelle vallate del Reno, la coltivazione della vite e il commercio dei vini giocavano un ruolo impor-

tante nello sviluppo dei comuni, tant’è che abati e baroni si videro costretti a incentivare i produttori con franchigie e privilegi. Ma il vino, in quel periodo storico, ha una funzione di rilievo, soprattutto nell’esplosione religiosa, che si manifesta non solo nel fervore mistico, ascetico, passionale dell’uomo medievale che lo spinge a costruire cattedrali che nel Medioevo non erano solo luoghi di culto, ma anche di socialità, dove il vino era devozione per il mistero della Santa messa, vera fonte di ebbrezza terrena e celeste nel medesimo tempo. Pellegrini fanatici, spesso avventurosi e con drammatici risvolti, formavano lunghe file e partivano per mete di preghiera e di contemplazione, Roma, la Terra Santa, i porti brulicavano di gente in attesa d’imbarcarsi su navi spesso insicure. Il coraggio sufficiente per affrontare l’avventura veniva loro, oltre che dalla Fede, da più di un boccale di vino che con furbizia i marinai offrivano a loro nelle vicine osterie o sulla banchina del porto. Ci sarebbe molto da dire e soprattutto da cercare sulla storia dell’uomo del Medioevo, ma l’aspetto che più ci sorprende consiste nella compenetrazione tra sacro e profano. Per noi uomini moderni è arduo comprendere un fenomeno così difficile da interpretare. Non basta la leggenda del Sacro Graal, il calice in cui Gesù bevve il vino nell’ultima cena, espressione suggestiva dell’aspetto immaginoso e fantasioso del Medioevo. Annuncio pubblicitario

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Ambiente e Benessere

Roger Federer, una pausa nell’agiatezza Sportivamente Dopo un anno in cui ha disputato solo 28 partite senza vincere alcun torneo, il tennista basilese

ha concluso anzitempo la stagione per motivi di salute, ma non gli mancano certo i soldi per godersi la vita SUDOKU PER GE di dollari di premi (20. posto). In testa alla lista c’è Djokovic (11,270 milioni) mentre l’altro campione svizzero Stan Wawrinka, vincitore dell’US Open e terzo nella lista mondiale ATP, ha messo in tasca 5,671 milioni di dollari. Di fronte a queste 7 cifre, 6 dunque, donna Michelle non batte ciglio, poiché sa – dopo avergliele ricordate – di aver pianto abbastanza per le sconfitte del suo Roger. Per lei i soldi non contano. 2 Nessun paragone col basilese per Michelle, che conduce una vita agiata su in 8 può concima a via Collinetta. Federer tare di soli premi 99 milioni di dollari ai quali si aggiungono le entrate della pubblicità che portano a un guadagno complessivo che oggi dovrebbe 5 aggirarsi attorno ai 750 milioni col gioco del tennis. 9 Ciò lascia facilmente comprendere come da tempo il Nostro scenda in 2 di giocare. campo per il puro piacere Questo l’ha capito anche donna Michelle la quale deve però aver conosciuto più da vicino il suo eroe e la sua bella famiglia. La bella Michelle non ha al campione di basket americano Le- mai detto una parola in proposito, forse 2 Bron James (34 milioni), al golfista Phil mantenendo fede a un patto, e1quindi Mikelson (28), allo scattista Usain Bolt non dubito che abbia voluto incorag(25) eroe delle piste di atletica leggera giare di persona Roger a continuare per sui 100 e 200 metri. L’idolatrato calciaun “Azione” altro paio- Novembre d’anni la sua2016 attività sporGiochi per tore portoghese Cristiano Ronaldo (19) Stefania tiva. Sargentini 4 occupa soltanto il sesto posto (ndr: dati È vero che un torneo senza di lui (N. 41 - Sfregano i nasi uno contro l’altro) pubblicati dal «Tages Anzeiger»). appare monco, poiché tutti perdiamo 1 2 3 5 6 7 8 8 O3 iLsuoiA Nella classifica4 degli atleti più pal’attrattiva che egliResercita S O F A E G con 9gati dell’anno,10il nostro campione rescambi spettacolari e i colpi più geniali. U N O M A N I A N sta comunque ancora al quarto 13posto Anche Djokovic, con 4 la sua preci11 12 O E nei lungolinea C A S e altri T Acolpi da CmaI con 67,8 milioni di dollari, grazie alle sione 14 15 sponsorizzazioni. In questa stagione estro, dopo N P Uessere N stato T El’avversario R9 O più M 1 16 17 18 conclusa con largo anticipo, il basilese difficile I D nella I O carriera T A di Federer, C O ha N doI 20 , 1,527 milioni ha 19totalizzato soltanto vuto farsi da parte e cedere , il primo poA T R O L 21 22 A L O E T O 23 9 V N B A R1 24 E P I L O G O

sto a Murray, il cui valore, oltre ai titoli Schema N. 45 per GENI vinti lottando a volte fino all’estremo

Settimana scorsa mi sono detto: «Se donna Michelle, presidentessa del Federer Fans Club di Via Collinetta, dopo l’ulteriore arretramento nella graduatoria del tennis mondiale ATP del suo eroe della racchetta non mi chiama, significa che ha accettato pure lei la legge dello sport». Dopo tanti anni di regno incontrastato, anche Roger, come altri grandi campioni prima di lui, ha dovuto arrendersi, concedendosi però una lunga vacanza rigeneratrice. Quest’anno ha disputato soltanto 28 partite e per la prima volta dal 2000 non ha vinto un solo torneo. Dopo quello di Basilea, dove il pubblico in sua assenza ha cercato di incoraggiare Stan Wawrinka, eliminato però nei quarti, Federer è scivolato al 16. posto, mentre per la prima volta è salito al primo lo scozzese Andy Murray, vincendo in tre set il torneo di Parigi-Bercy in una finale combattutissima contro il sorprendente americano John Isner. Battuto da Marin Cilic, Novak Djokovic ha dovuto farsi da parte cedendo lo scettro a Murray, vincitore quest’anno di otto tornei, il quarto consecutivo dopo Pechino, Shanghai e Vienna. Ma torniamo a donna Michelle: avrà davvero accettato, la nostra presidentessa, il crudele giudizio del grande sport professionistico? Federer, quanto a lui, salvo qualche accenno di pianto per i tornei vinti e per qualcuno che ha perso, è sempre stato di una compostezza esemplare in campo e sul podio, generoso di elogi con l’avversario battuto, tanto da me-

Giochi

Keystone

Alcide Bernasconi

ritarsi l’ammirazione dei molti fans del tennis, e da mantenere il suo prestigio nell’ambito dello sport internazionale anche ora. Secondo la rivista di economia e finanza «Forbes», fondata nel 1917 da B.C. Forbes, che pubblica ogni anno la lista dei personaggi più noti del mondo, la figura di Federer si traduce in un valore, in soldoni, di 37 milioni di dollari di sola pubblicità. Tra gli sponsor di prestigio di Federer ci sono Nike, Rolex, Mercedes-Benz, Credit Suisse e Moët & Chandon. Il «marchio» del 35enne tennista basilese figura al primo posto davanti

delle forze, conta anche due medaglie d’oro olimpiche (2012/16). Lo scozze9 se è uno dei quattro grandi del tennis mondiale (Big Four) con Federer, Rafael 229 Nadal e Novak Djokovic. All’età di anni e 5 mesi, Murray è il primo britannico a essersi issato in 1 5 3 testa della 4lista mondiale ATP che esiste dal 1973 e che ha numeri «uno». 3contato in tutto 7 269

Secondo la rivivsta 9 4 «Forbes», Federer vale 37 milioni di dollari 1 8 di sola pubblicità e guida la classifica davanti a tre campioni americani 6 dello sport 4 7

Tutto questo dovrò dire a Michelle, con

la massima serietà e con la preoccupaN. 46 per GENI zione di non sbagliarmi. Nello sport d’élite i soldi contano, 9 parenti (in prieccome!3 Da quando poi mo luogo padri e madri) e amici fidati hanno per così8dire soppiantato i manager senza un’idea precisa del vero valore del loro sportivo protetto, per moltissime squadre di calcio i conti sono sempre più in rosso. 9 Ciò sta avvenendo 1 4 anche 2 nell’hockey e in altre discipline sportive, mentre Roger Federer non deve fare alcuna pressione per ottenere altri milioni e può concedersi una giusta 7 pausa per rimettersi in sesto. Non ha più vent’anni neppure lui…

Giochi per “Azione” - Dicembre 2016 Stefania Sargentini 2

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5 il cruciverba 8 Vinci una delle 3 carte regalo da 50 franchi con delle 2 carte da 50 franchi5con3 il sudoku7 (N. 45 - Un muscoloe una triangolare dellaregalo lingua) (N. 42 - “Anche se fossero mille fermateli!”)

Cruciverba Forse non tutti sanno cos’è il genioglosso, scoprilo risolvendo il cruciverba e leggendo le lettere evidenziate. (Frase: 2, 7, 11, 5, 6)

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Sudoku S T A N C

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(N. 43 - ... camoscio si chiama camozza) 1

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23. Interpretava La signora in giallo (iniz.) 24. Candida, semplice

Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch

I premi, cinque carte regalo Migros 21 sordel 20 valore di 50 franchi, saranno teggiati tra i partecipanti che avranno fatto23pervenire la soluzione 24 corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco.

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(N. 46 - Stare seduto mentre studia diritto)

VERTICALI 3 4 5 1. Frammenti di corpi celesti nello 1 spazio 2 1 2 3 4 5 6 7 2. Il guadagno dell’azienda 9 10 11 3. Nome femminile 6 7 8 12 13 14 15 4. Si sente nella gola... 5. Non lo dice il compiacente 16 17 18 19 9 10 Cruciverba 6. Avverbio di tempo Vincitori del concorso 20 21 22 su «Azione 45», del 7.11.2016 7. Le prime delle ultime... 23 24 25 26 S.Biffi, C.Chiesa, D.Piatti 8. Compositore e organista spagnolo 11 12 27 28 29 30 9. Emergono dal mare 32Vincitori del concorso 33 34 Sudoku 11. Gira per gioco 14 rovescio 15 16 17 13. 13 Tessuti senza su «Azione 45», del 7.11.2016 35 36 37 38 16. Custodisce le uova E.Nardini, A.Ghisletta 40 39 17. Le 18iniziali dello stilista Armani 19

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Partecipazione online: inserire la 22 soluzione del cruciverba o del sudoku

nell’apposito formulario pubblicato sulla25 pagina del sito. 26 Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la so28

N. 48 per GENI

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I vincitori

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7 F O G L5 I A A 9 L Z O 6 5 8 7 3 1 2 4 9 I D T O9 G A L I6 T 19. Incapace di intendere e di volere 4 7 9 5 2 8 1 6 3 32 33 20. Segue la fine del round Soluzione R O D2 della I Tsettimana O4 R Eprecedente A O7 2 1 3 4 6 9 8 5 7 LA SAGGEZZA DEI PROVERBI – Proverbio risultante: 23. Simbolo chimico dell’oro NON ESISTONO VENTI FAVOREVOLI PER CHI NON SA DOVE ANDARE (N. 44 - Non esistono venti favorevoli per chi non sa dove andare) 24

ORIZZONTALI 1. Pesce dal morso velenoso 6. Schiacciati quelli dei pechinesi 10. Relativo alla morale 11. Gigante guardiano di Creta 12. Alloggia in cantina 13. Prefisso per tre 14. Articolo 15. Tre quarti di mela 16. È una vera macchietta... 17. Prodotto per parrucchieri 18. Due vocali 19. Passare per trattenere le scorie 20. Stile di gonna a campana 21. Feticcio 22. Il famoso corridore Lauda (iniz.)

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47 per GENI M U R N. M U S I SEO N L EA A T I T A E T I TCT O T7 A L4 O5 S O L 9 O 7 F TE R 8 I 6 T I N OTO L O R A S 1 A R S E L A S MO N E O G E L R D I 6 7 9 SUDOKU 2016 IF T EI PER O E LA GENI T -RNOVEMBRE/DICEMBRE A R E N. 45 per GENI Schema 8 6Soluzione 4 5 R G O D E T C A R M E L9 O 3 3 4 5 9 7 2 86 1 8 S CI 7 I D A6 O O SL O 2 O 7 6 1 8 4 3 5 9 2 I V E S T1 5 83 9 38 29 6 1 5 3 7 24 54 C T E S2 CN3 EL 7 9 A L 1 2 4 3 5 7 9 8 6 H E 8 P O I 6 A R M A 9 4 1 8 3 6 1 9 4 4 7 2 5 E SI C N A G M OE R O Z N U A 8 1 5 9 7 2 8 6 4 3 1

H F I L O S Soluzione: E R O S M Scoprire i 3 numeri R I da N inse- P A corretti rire A nelleEcaselle L E T colorate. S T A I T E L

SM AT 8 A6 1 R27 4N3 5E 9 7 8 I 9 7 5 6 2 8 3 1 4 5 T V OE L3 8O46 7 71 9S6 5E9 2 2I L 8 13 6 9 7 1 4 2 5 A I M A4 2 7 3D5 6 I 8 N 9 1 8 O MN4 OA 57 96 A18 21U89 42L 75 34E 63 O4 V 3 1 6 8 I 1 4 9 5 6 3 2 8 7 R T O R T A G2 5 I3 8O4 7 I 1 6A 9 E S 1 5 A N. M T A R D O 47 per E GENI N luzione, corredata da nome, cognome, 8 è possibile un pagamento in contanti 5 deve indirizzo, email del 7partecipante premi. 1 7 9saranno 4 5 avvertiti 3 8 L spedita E S8 4 4Azione, T 6 Udei T29 67 ITvincitori E D4 essere per iscritto. Il nome dei vincitori 9 7 a «Redazione 7 2 3 8 5 1 2 6 sarà Concorsi, C.P. 6315, 6901 Lugano». pubblicato su «Azione». Partecipazione 8 5esclusivamente 4 2 6 3a 9 7 che 1 Non Isi intratterrà corrispondenza sui 1 riservata lettori R A R T O N D I 6 3 2 4 6 sono 7 escluse. Non 9 concorsi. Le vie legali risiedono in Svizzera. N O T O

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N E1 2 S I 3S E O V E F R4 E N O E8 3 A V 9 E D O L O A 4 P I L E A V 9 1 A N C A C H I S A I D R N O E L1 A 9 S 5M A I N E D5 I 3 T E

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Vinci ogni set timana premi allettanti ďŹ no a Natale: questa set timana, in palio 4 galeoni dei pirati e 4 castelli della principessa Playmobil. famigros.ch/natale-5

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Politica e Economia Verso il 20 gennaio Il passaggio di consegne da un’Amministrazione USA all’altra è un processo formale pieno di spine pagina 30

Trump e il trumpismo Famiglia, membri del GOP e finanziatori sono i grandi custodi del nuovo presidente, che per la sua elezione ha avuto l’endorsement fondamentale del miliardario Robert Mercer

Il muro messicano Trump ne ha fatto un cavallo di battaglia, ma l’opera esiste dai tempi di Bill Clinton

Chi può «creare moneta»? Il Consiglio federale respinge l’iniziativa popolare per lasciare solo alla BNS tale facoltà

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Keystone

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L’intesa Usa-Russia inizia in Siria

Relazioni bilaterali La telefonata Trump-Putin e gli ultimi eventi a Mosca sembrano a tutti gli effetti i segni

premonitori di una nuova stagione nell’ordine internazionale

Anna Zafesova «I due leader si sono promessi di lavorare per migliorare lo stato delle relazioni bilaterali, che hanno riconosciuto attualmente essere negativo». Il comunicato stampa del Cremlino sulla prima telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump è moderatamente ottimista, ma nelle ore successive al colloquio l’accelerazione di cambiamenti politici sembra essersi impossessata di Mosca e non solo di Washington. Ad Aleppo e dintorni l’aviazione russa ha intensificato i raid aerei come non accadeva da giorni. Nella capitale russa è stato arrestato il ministro dello Sviluppo economico Alexey Uliukaev, e si dice che i magistrati tengano d’occhio anche altri esponenti liberali del governo. E due giorni dopo Putin ha annunciato che non aderirà allo Statuto del Tribunale penale internazionale dell’Aja. Tutti eventi apparentemente senza alcun rapporto l’uno con l’altro. L’arresto di Uliukaev era in preparazione da mesi, apparentemente una cannonata clamorosa nel braccio di ferro tra falchi e liberali nell’establishment russo. La rottura con il Tpi era stata annun-

ciata dal ministero degli Esteri russo a gennaio, dopo il via libera dei giudici dell’Aja a indagini su eventuali crimini di guerra commessi dai militari russi in Georgia durante la guerra per l’Ossezia del Sud nel 2008. Ad accelerare la decisione è stata, pochi giorni fa, la decisione del procuratore del Tpi di qualificare l’annessione della Crimea come «conflitto armato» tra Russia e Ucraina. Ma sembrano segni premonitori di una nuova stagione nell’ordine internazionale. La telefonata con Putin, apparentemente piuttosto lunga e non di circostanza, si può considerare il primo gesto di politica estera del futuro presidente americano. Al punto che, rivela il «Washington Post», i rappresentanti dei ministeri della Difesa dei Paesi europei e della Nato hanno messo in guardia Trump: il dialogo è importante, ma «gli Usa non devono lasciarsi alle spalle gli alleati per scommettere su un miglioramento delle relazioni con Mosca». In attesa dell’arrivo di Barack Obama a Berlino per il vertice con i leader europei, un funzionario tedesco ha confessato alla Reuters: «Siamo in una situazione critica. Dobbiamo assolutamente

evitare uno scenario nel quale l’Unione Europea proroga le sanzioni contro la Russia e il nuovo presidente americano poi le revoca». Nelle agende di Washington e di Berlino c’erano nuove sanzioni contro Mosca, per la guerra senza frontiere in Siria. Ma anche il Medio Oriente sta cambiando dopo la telefonata nella quale Vladimir e Donald hanno sottolineato il comune impegno nella lotta «contro il terrorismo». Le forze armate russe hanno lanciato quella che il ministro della Difesa Sergey Shojgu ha definito una «vasta operazione militare in Siria», in appoggio alle truppe di Assad. E il presidente siriano ha dichiarato che Trump potrebbe «diventare un alleato naturale se combattesse il terrorismo». Una risposta all’apertura del presidente eletto, che nella prima intervista al «Wall Street Journal» ha detto di avere sulla Siria «un punto di vista diverso da quello di molti altri», e di non voler scontrarsi militarmente con Assad perché «finiremmo a combattere contro la Russia». Finora gli Usa e la Russia, proclamando entrambi la lotta contro l’Isis, si sono di fatto scontrate sul terreno siria-

no in schieramenti opposti. Gli Usa che appoggiano, o almeno tollerano Assad, dando agli aerei di Putin il via libera è quello che vorrebbero i russi. Che sperano anche in un «condono» dell’annessione della Crimea, e infatti il governo di Kiev è seriamente preoccupato. Ma gli scettici, anche a Mosca, avvertono che il Trump presidente sarà vincolato dal Congresso (dove sono stati eletti molti falchi repubblicani ostili ai russi), dagli alleati, dal Pentagono e dalle agenzie di sicurezza, dalla Nato. E dalle sue stesse promesse. Uno dei primi propositi del 45simo presidente è infatti quello di potenziare la marina Usa, dotandola di 78 nuovi navi e 50 mila uomini in più, puntando su portaerei, sottomarini e incrociatori armati di missili, da dotare di un sistema di difesa antimissilistica. Un proposito che non potrà non suscitare le ire di Mosca, che osteggia i progetti di «scudi antimissile» americani ovunque, dall’Europa orientale al SudEst asiatico, vedendoli come una barriera alla sua deterrenza atomica. Come i propositi di armare l’America fino ai denti possano coincidere con quelli di una distensione con la Russia è una delle tante contraddizioni che

la nuova Casa Bianca dovrà sciogliere. In attesa, la rivoluzione trumpiana è stata già presa come un segnale per avere le mani libere nella politica interna russa. L’arresto nella notte successiva alla telefonata Putin-Trump del ministro Uliukaev, per una tangente di 2 milioni di dollari che forse era una trappola tesa dagli agenti dell’Fsb nella sede della major petrolifera statale Rosneft (guidata dal conservatore Igor Sechin, ex segretario personale di Putin), è probabilmente una coincidenza. Ma il fatto che il premier Dmitry Medvedev definisca l’accaduto «qualcosa che va oltre la mia comprensione», che a Mosca girino voci di imminente incriminazione di altri liberali del governo, come il vicepremier Arkady Dvorkovich, che il giorno dopo sia stato arrestato il sindaco di Pereslavl-Zalessky, accusato di frode con i finanziamenti della corporazione Rosnano, presieduta da Anatoly Chubais, padre della privatizzazione, sembra sintomatico di un clima dove gli eterni rivali dei «siloviki» sanno che da Washington nessuno li sgriderà più, e che i ministri che piacciono alle istituzioni e agli investitori internazionali sono ormai inutili.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Politica e Economia

Trump, bufera sulla transizione Verso il 20 gennaio Il giorno dell’insediamento del nuovo presidente si avvicina ma già nell’immediato la ricerca

delle 1000 persone (su 4000) da nominare scatena tensioni. A cominciare dell’ex sindaco di NY Rudolph Giuliani

Federico Rampini C’è chi parla di caos, chi descrive una «rissa in atto». La campagna nomine del neo-eletto Donald Trump non è iniziata in modo tranquillo. Ma c’è mai stato qualcosa di tranquillo, ordinato e prevedibile, dall’inizio della sua ascesa politica? Trump paga il fatto di essere andato all’arrembaggio senza una vera organizzazione alle spalle: il suo staff, pieno di familiari, era ed è un apparato minuscolo rispetto alla macchina del partito democratico che sorreggeva Hillary Clinton. Ma quella macchina da guerra si è rivelata men che formidabile. E adesso è l’Armata Brancaleone di Trump a dover riempire degli organigrammi giganteschi.

Giuliani si vanta di essere stato l’unico politico a fronteggiare l’attacco terroristico più grave della storia, l’11 Settembre 2001 L’Amministrazione uscente va sostituita con circa 1000 nomine quasi immediate: non solo i segretari (ministri) dell’esecutivo, ma altri posti di comando in vari settori del governo o agenzie federali collegate. Più a medio-lungo termine lo spoil-system richiede che siano riempite addirittura 4000 caselle. Inauguration Day è il 20 gennaio, per allora almeno lo «scheletro», l’impalcatura portante delle nomine, dovrà essere in piedi. La fretta, insieme con lo stile Trump, sono probabilmente una delle cause del caos attuale. Voci insistenti dalla Trump Tower narrano di uno scontro per la poltrona di segretario di Stato fra Rudolph Giuliani, l’ex sindaco di New York, e John Bolton che fu ambasciatore all’Onu sotto George Bush ed un noto neoconservatore favorevole all’invasione dell’Iraq. Nei regolamenti di conti interni ci sono già le prime vittime: è stato declassato Chris Christie, il governatore del New Jersey travolto dagli scandali, che ha dovuto cedere il suo ruolo di capo del «transition team» al vicepresidente Mike Pence. Tra le ultime dimissioni figurano due consiglieri per la sicurezza nazionale, Mike Rogers e Matthew Freedman. Fa scalpore soprattutto il siluramento di Rogers: deputato, presidente della commissione sui servizi segreti alla Camera, era considerato il maggiore esperto di intelligence nell’entourage di Trump. Questi uomini del clan di Christie sarebbero le vittime di un regolamento di conti voluto da Jared Kushner, potentissimo genero di Trump, marito di Ivanka, finanziere ebreo che con Christie ha un’antica ruggine: il governatore del New Jersey quando era procuratore schiaffò in carcere il padre di Kushner. Salgono invece le quotazioni del senatore Jeff Sessions e del generale Mike Flynn. Il primo potrebbe essere segretario alla Giustizia, il secondo prendere la Difesa o il ruolo perfino più influente di National Security advisor. Trump ha dimostrato di poter stupire a getto continuo, anche decidendo nomine che lanciano segnali contraddittori, come ha fatto scegliendo simultaneamente un notabile di partito come capo staff (Reince Priebus, presidente dei repubblicani) e un agitatore di estrema destra (Stephen Bannon) come consigliere persona-

L’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani potrebbe conquistare la poltrona di segretario di Stato che fu l’ultimo incarico di Hillary Clinton. (AFP)

le alla Casa Bianca. Ma il caos nelle nomine può creare problemi seri. La transizione, il passaggio delle consegne da un’Amministrazione all’altra, è un processo formalizzato, che prevede una serie di atti legali. È interessante il «caso Giuliani». È stato il rottweiler della campagna elettorale, sempre pronto ad azzannare l’avversario. Ora l’ex sindaco di New York potrebbe essere ricompensato da Donald Trump con la nomina più ambita: proprio quella poltrona di segretario di Stato che fu l’ultimo incarico di Hillary Clinton. E dopotutto, Giuliani si vanta di essere «l’unico politico che ha dovuto fronteggiare direttamente l’attacco terroristico più grave della storia», l’11 settembre 2001. Se dovesse finire nelle sue mani il Dipartimento di Stato, più che fare diplomazia dovrebbe riconvertirsi in una macchina da guerra contro l’islamismo radicale, secondo Giuliani. Anche se sa poco di politica estera, l’ex sindaco di origini italiane è stato in molti campi un precursore e un ispiratore del trumpismo. Cominciò la sua carriera come magistrato, procuratore federale, con importanti processi anti-mafia e anticorruzione negli anni 80. Poi si lanciò in politica come candidato sindaco nel 1990, e fu una campagna tutta all’insegna dello slogan Law and Order, proprio il motto «legge e ordine» che Trump ha usato generosamente nei suoi comizi. I due si conobbero allora, sindaco e palazzinaro si frequentavano regolarmente, negli anni d’oro in cui Giuliani fu lo sceriffo della «tolleranza zero», fece di New York una città sicura, sia pure al prezzo di carcerazioni in massa e discriminazioni razziali. È rimasta nella memoria una campagna elettorale alla Trump antelitteram, quando nel 1993 il candidato Giuliani spaccò in due i newyorchesi e ad eleggerlo sindaco fu un plebiscito di bianchi. Ma nella memoria gli anni da sindaco rimangono al suo attivo,

per il crollo della criminalità che poi proseguì sotto Michael Bloomberg e Bill de Blasio. Poi ci fu l’11 settembre, quando ormai Giuliani era quasi sindaco uscente e gli stava per subentrare Bloomberg, ma quella tragedia fece di Rudy «il sindaco d’America» per la solidarietà corale con cui la nazione si strinse attorno a quel primo cittadino. Non gli andò bene quando lui cercò di capitalizzare quell’immagine per un altro salto di carriera. Anno 2008, Giuliani si candidò per la nomination repubblicana ma la sua campagna fu breve, funestata da gaffes a ripetizione, e vinse John McCain (poi sconfitto a sua volta da Barack Obama). Da allora lui si dedicò a fare quattrini come consulente internazionale sui temi della sicurezza anti-terrorismo: ha ricevuto compensi da governi non proprio amici dell’America come l’Iran e il Venezuela. Ma sul conflitto d’interessi l’Amministrazione Trump sembra nascere già all’insegna del lassismo più totale. Non così finché eravamo in campagna elettorale: Giuliani era un fustigatore implacabile dei «crimini di Hillary», rincarava la dose sul suo capo e garantiva che la candidata sarebbe finita dietro le sbarre. Giuliani il camaleonte, a 72 anni ne ha fatta di strada da quando piaceva perfino a un po’ di progressisti che gli erano grati per aver ripulito le strade di Manhattan. Ma in fondo la metamorfosi di Rudy è parallela a quella di The Donald. Tutti e due partirono come dei newyorchesi standard, con posizioni liberal sui diritti dei gay, le restrizioni alle vendite di armi, perfino l’immigrazione. Poi hanno fiutato il vento e si sono rilanciati nell’era del Tea Party, del populismo, dell’insurrezione anti-establishment. Con Giuliani i debiti di riconoscenza di Trump forse sono ancora più numerosi di quanto possiamo sospettare. Per esempio, il capo (repubblicano) dell’Fbi, quel James Comey che ha lanciato una bomba anti-Hillary una

settimana prima del voto, era stato un collaboratore agli ordini di Giuliani nella magistratura. E lo stesso Rudy nell’ultimo capitolo dell’email-gate si era vantato di avere delle gole profonde, dei suoi informatori, all’interno dell’Fbi. Del resto negli archivi di Giuliani il procuratore federale, quando si occupava di mafia e corruzione nella Grande Mela, dovevano essercene di faldoni sui palazzinari alla Trump, in parte pubblici e in parte no. Infine Giuliani è stato di una fedeltà esemplare, quasi servile. Fu l’unico a difendere subito nei talkshow l’elusione fiscale e le molestie sessuali del suo capo. Di recente, sul conflitto d’interessi, ha detto questa: «Trump non dovrebbe lasciare i suoi figli disoccupati».

Il primo contropotere con cui Trump dovrà scontrarsi è la Federal Reserve e la legge DoddFrank varata da Obama: se la smantellerà la sua immagine di paladino della middleclass verrà intaccata Il primo «contropotere» con cui si scontra Donald Trump è la Federal Reserve. Janet Yellen, presidente della banca centrale, economista di provata fede democratica nominata da Barack Obama, lancia un altolà al presidenteeletto. Nella sua prima uscita post-elezioni la banchiera centrale più potente del mondo ha segnalato la sua ferma opposizione su una delle promesse di Trump: lo smantellamento della legge Dodd-Frank varata nel 2010 su richiesta di Obama da un Congresso allora a maggioranza democratica. Con quella legge, che traeva le lezioni dal crac sistemico del 2008, sono stati posti dei

limiti alla speculazione finanziaria e ai rischi che le banche possono assumere. Sono stati anche rafforzati i poteri di vigilanza con la creazione di una nuova authority ad hoc, l’agenzia per la protezione del risparmiatore che sorveglia la qualità e l’affidabilità dei prodotti finanziari. «Non vorrei – ha detto la Yellen – che l’orologio tornasse indietro, non vorrei vedere la fine di tutti i miglioramenti che abbiamo introdotto». La presidente della Fed ha messo il dito su una contraddizione del presidente eletto. Da una parte Trump è l’erede del Tea Party, il movimento di destra che nacque nel 2009 per protestare contro i salvataggi dei banchieri di Wall Street. E a portare Trump alla Casa Bianca sono stati i voti decisivi degli operai del Michigan, del Wisconsin e della Pennsylvania. Al tempo stesso però in campagna elettorale Trump fece propria la tesi della lobby di Wall Street, che ha sempre accusato la legge Dodd-Frank di imporre un dannoso fardello alle banche. Trump deve scegliere se stare con l’operaio del Midwest o con i banchieri di Wall Street. A giudicare dai lobbisti di cui si sta circondando, a cominciare dal suo genero Jared Kushner, gli interessi di Wall Street non saranno trascurati. La Yellen con la sua presa di posizione ha fatto sì che la scelta di Trump su questo tema non passerà certo inosservata: se mantiene fede alla promessa di eliminare la DoddFrank, oltrepassando le obiezioni della banca centrale, la sua immagine di paladino della «middle class» ne uscirà intaccata. Un’altra cattiva notizia la Yellen gliel’ha data su se stessa: non ha l’intenzione di farsi da parte. Concluderà il suo mandato fino alla scadenza naturale, 31 gennaio 2018. Dunque per un anno intero della sua presidenza Trump dovrà vedersela con questa banchiera centrale che lui stesso aveva accusato di essere «fortemente politicizzata» nelle sue decisioni.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Politica e Economia

I custodi del trumpismo

Radiografia di un voto Il mondo che The Donald sta costruendo per la sua transizione alla Casa Bianca è composto

di tre cerchi: la famiglia, il partito repubblicano e i finanziatori, fra i quali spiccano Robert e Rebekah Mercer Paola Peduzzi Il mondo che Donald Trump sta costruendo per la sua transizione verso la Casa Bianca è composto da tre cerchi concentrici: quello più vicino a lui è la famiglia, naturalmente, sempre presente, indefessa, biondissima e sorridente. Anche nei momenti più cupi – la convention di Cleveland nello scorso luglio, per esempio – Trump ha sfoggiato e valorizzato il ruolo dei suoi familiari, che oggi continuano a essere decisivi, non più soltanto come forze di protezione, ma come attori del nuovo corso (con le ormai consuete sfumature ridicolo-inquietanti: posso condividere i segreti di Stato con i miei figli?, ha chiesto Trump). Nel secondo cerchio ci sono i membri del Partito repubblicano e quei politici-satelliti che provano a costruire il ponte che necessariamente deve unire il candidato-outsider e il prossimo presidente repubblicano: la pacificazione dopo questi mesi di liti e distacchi furibondi è una delle priorità, più per i repubblicani che per Trump, va detto. Nel terzo ci sono i finanziatori, imprenditori e magnati che hanno sostenuto l’avanzata di Trump: tra questi una delle famiglie più influenti e più riservata (in contrasto con lo stile Trump) è quella di Robert Mercer, considerato uno dei più brillanti manager di hedge fund di Wall Street, con un reddito stimato da «Forbes» di 150 milioni di dollari soltanto per il 2015. La seconda figlia Rebekah, che è la più attiva in politica delle tre «ragazze» Mercer, è stata nominata nel team di transizione di Trump.

I Mercer sono gli investitori principali della Cambridge Analytica, l’azienda di analisi «psicografiche» che monitora gli elettori. In questa campagna ha fiutato il «fervore trumpiano» molto meglio e prima dei sondaggisti classici Bob Mercer è un uomo molto ricco e molto schivo, che si concede poco agli intervistatori: matematico con un Phd in computer science, Mercer ha la passione del poker (è fortissimo) e dei numeri in generale. Ha cominciato la sua carriera a Ibm, dove ha sviluppato programmi per il riconoscimento delle lingue e la trasformazione delle parole in testo, e a metà degli anni Novanta è entrato nell’hedge fund Renaissance Technologies fino a diventarne il capo. Vive assieme alla moglie Diana nel North Shore di Long Island dove ha installato un modello ferroviario per trenini del valore di 2,7 milioni di dollari (lo si sa perché Mercer ha denunciato il venditore che gli ha fatto pagare troppo l’installazio-

Donald Trump con accanto la moglie Melania e i membri più stretti della sua famiglia. (Keystone)

ne: ci sono le testimonianze in tribunale). Nel 2015 Mercer è stato definito dal «Washington Post» «uno dei più influenti miliardari impegnati in politica», e questo titolo coronava già allora anni di finanziamenti in campo repubblicano: la fondazione di famiglia, che è guidata dalla figlia Rebekah, ha sostenuto campagne locali a New York e iniziative libertarie in giro per l’America, mentre Mercer ha contribuito alle campagne elettorali americane degli ultimi quindici anni. Dal 2006 a oggi, ha speso 34,9 milioni per i suoi candidati – passando brevemente per una iniziativa comune assieme ai più celebri fratelli Koch, celebri finanziatori del Partito repubblicano, salvo poi mettersi in proprio con la fondazione di famiglia – e nel frattempo ha investito anche nei think tank e nelle istituzioni legate al mondo conservatore e libertario americano. Primo donor della campagna 2016 secondo le classifiche della commissione federale, Mercer non è un trumpiano della prima ora. Il suo favorito inizialmente era Ted Cruz, il senatore del Texas che durante le primarie repubblicane per un breve momento apparve come l’alternativa più credibile a Donald Trump. Mercer ha donato 13 milioni di dollari a un SuperPac legato a Cruz, mettendosi contro buona parte dei finanziatori d’establishment che spingevano verso le candidature moderate di Jeb Bush e di Marco Rubio. Con un’attenzione considerata inusuale, Mercer è intervenuto spesso nelle decisioni del SuperPac, badando soprattutto alle spese e mettendo come «controllore» un’amica e collaboratrice, Kellyanne Conway, che ad agosto è diventata la manager della campagna elettorale di Trump, ormai nominato

come candidato repubblicano per la Casa Bianca. Quando Ted Cruz, sconfitto, si rifiutò di dare un endorsement diretto a Trump durante la convention di Clevaland, Mercer dichiarò di essere «profondamente deluso» dalla decisione di Cruz. Intanto però si mise al lavoro: riorganizzò il superPac, rinominadolo Make America Number One, lo diede in gestione alla figlia Rebekah e gli diede una specializzazione: la produzione di spot anti Hillary Clinton. Bob Mercer è anche il principale finanziatore di Breitbart, il sito che ha fatto da cassa di risonanza del trumpismo: Steve Bannon, che dal 2012 guida Breitbart, è stato coinvolto nella campagna elettorale di Trump sempre ad agosto – come la Conway – e sempre in seguito alle pressioni della famiglia Mercer, che aveva individuato (perfettamente, ora sappiamo) in questi due agitatori le possibilità di rimonta di Trump. Bannon è il più controverso dei collaboratori del prossimo presidente: è stato nominato capo della strategia della Casa Bianca e da giorni non si fa che parlare di lui, del suo pensiero e delle ripercussioni che la sua presenza avrà sulla presidenza di Trump. Bannon è amico della famiglia Mercer, in particolare di Rebekah, che è in questo momento il volto più visibile dei Mercer: i due insieme hanno messo in piedi un’iniziativa a New York, «Reclaim New York», volta alla trasparenza dell’amministrazione locale della città. L’obiettivo è coinvolgere i cittadini per individuare e denunciare sprechi, che è una delle classiche iniziative «bottom up» che caratterizzano la visione del potere del trumpismo. Il gioiello della famiglia Mercer al momento però è la Cambridge Analytica, l’azienda di «management eletto-

rale» che ha contribuito grandemente alla definizione del fenomeno Trump. Considerata la passione per i numeri e per le previsioni del pokerista Bob Mercer, la Cambridge rappresenta il successo più grande dell’intervento dei Mercer nella costruzione della candidatura di Trump: come tutto, nel mondo dei Mercer, quest’azienda di analisi dei dati è stata prima utilizzata per Ted Cruz, per delineare il suo potenziale, ma una volta che il candidato è diventato Trump le sue attenzioni si sono trasferite su di lui. Quando Trump diceva, nell’ultima fase elettorale, che tutti i sondaggi erano sbagliati, faceva riferimento ai dati che la Cambridge gli forniva: in Ohio ma soprattutto in Pennsylvania le statistiche raccolte da questa società di analisi «psicografica» dell’elettorato segnalavano una fiducia crescente nelle possibilità di vittoria di Trump. In particolare la Cambridge si è specializzata nella definizione del cosiddetto «voto nascosto», quello di chi non si dichiarava a favore di Trump ma in effetti era intenzionato a votarlo. Come è facile intuire, intercettare queste persone non è stato facile – gli statistici mainstream sostenevano addirittura che non esistesse – ma l’analisi del direttore di questa società che conta soltanto dodici dipendenti dislocati tra New York e San Antonio, ora suona così vera che sembra impossibile non averla notata prima: «Donald Trump non è un candidato repubblicano tipico, quindi non si possono applicare le stesse regole demografiche utilizzate per esempio per Mitt Romney nel 2012 – ha detto il direttore Matt Oczkowski. Usando schemi predefiniti tra i probabili elettori repubblicani, non avremmo mai potuto capire il vincitore della

corsa 2016». La Cambridge, che nasce nel Regno Unito e che non a caso aveva partecipato alla campagna referendaria a favore della Brexit, è riuscita a individuare «tipi» elettorali unici, per i quali è stata sviluppata, negli Stati contesi, una comunicazione ad hoc. Quando si è scoperto che questi «tipi» esistevano anche altrove – per esempio in Wisconsin – il modello si è allargato e così, quando tutti gli statistici dicevano che non c’era chance per Trump, la Cambridge continuava a inviare al candidato report rassicuranti. Ora che sappiamo come è andata a finire, è facile riconoscere le avvisaglie, ma i Mercer lo hanno fatto prima, anzi: hanno fatto in modo che quelle avvisaglie si verificassero. Per questo oggi il loro peso è considerato enorme. Gli occhi sono tutti per Rebekah Mercer, quarantadue anni, madre di quattro figli e proprietaria con le sorelle di una pasticceria online, che è già dentro al team di Trump. Il magazine «Politico», a settembre, la definì «la donna più potente del Gop», e ancora una volta non si trattava di un’iperbole. Da anni la Mercer si occupa di finanziare e indirizzare il partito, è stata spesso critica nei confronti delle «presunzioni» dell’establishment e nel 2012 fu una delle poche ad analizzare la sconfitta di Romney con argomentazioni lungimiranti: la macchina elettorale dei repubblicani è obsoleta, disse, ed è necessario trovare un candidato rivoluzionario. Lei faceva riferimento al mondo dei Tea Party, che conosceva meglio e che allora appariva come l’unica alternativa di successo alla tradizione conservatrice: per questo inizialmente il cavallo vincente le parve Ted Cruz. Poi è arrivato Trump, e niente, neppure per degli insider come i Mercer, è rimasto uguale. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Politica e Economia

Ha vent’anni il muro della vergüenza Messico-Stati Uniti L’opera per fermare trafficanti e clandestini messicani fu avviata da Bill Clinton nel 1994

Angela Nocioni Il muro tra Stati Uniti e Messico c’è già. E nemmeno da poco. Dal 1994. Tanto che papa Francesco, nel settembre del 2015, gelò gli organizzatori della sua visita negli Stati Uniti con la richiesta di iniziare il suo viaggio proprio dal muro costruito oltre Tijuana, la città messicana simbolo del maledetto confine. Non piacque a tutti – sia all’interno dell’amministrazione statunitense, sia nelle gerarchie vaticane – l’idea che la prima preghiera papale in terra americana avvenisse davanti al muro scavalcato tutte le notti da persone che, pur di arrivare dall’altra parte, rischiano di farsi sparare in faccia.

La frontiera fra Stati Uniti e Messico è di 3.200 chilometri. Per 1000 è coperta da muro e filo spinato Il muro fu costruito durante il governo del democratico Bill Clinton. La grande battaglia di propaganda politica all’interno degli Stati Uniti, e tra Stati Uniti e Messico, è sempre stata, da allora, la discussione sul se e sul quanto ampliarlo. Di buttarlo giù, invece, non se ne parla. Non sul serio perlomeno. Poche questioni nella politica statunitense – quella concreta, fatta di leggi votate e applicate, a parte la propaganda– è stata più bipartisan della supposta urgenza di bloccare il flusso di migranti dalla frontiera sud. Il Secure Fence Act del 2006, corposo capitolo di norme sull’immigrazione che dispongono vari dettagli senza mettere mai in discussione l’esistenza del muro, fu voluta da George W. Bush, ma votata anche da 25 senatori democratici tra cui Hillary Clinton e Barack Obama. Nel 2008, poi, sia Hillary Clinton che Barack Obama dissero che quello non era un buono strumento e che bisognava trovare altre soluzioni. Fatto sta che entrambi avevano già votato quella legge. Ciò non vuol dire ovviamente che tra democratici e repubblicani circolino opinioni-fotocopia su come gestire il fenomeno dell’immigrazione, né tantomeno che non ci sia un abisso tra

Nel 2006 Hillary Clinton votò a favore del Secure Fence Act, un dispositivo che approvava la realizzazione di una barriera in alcuni punti caldi del confine. (AFP)

la realpolitik di Obama e quella dell’ultradestra americana, ma soltanto che la mostruosa, disumana idea di blindare il confine con la costruzione di un muro, non è uscita dal ciuffo sbarazzino di Donald Trump. Non se l’è inventato Trump, il muro. Lui ha fatto campagna elettorale sulla proposta di raddoppiarlo, di estenderlo, di moltiplicare le pallottole per lasciarci sopra appeso cadavere chiunque provi a scavalcarlo e di dare licenza d’uccidere a chi pattuglia il confine. Trump ha galvanizzato i peggiori istinti xenofobi dei peggiori cittadini americani su questo. Ha vinto le elezioni presidenziali sull’onda del razzismo e del menefreghismo per le sorti altrui che lui rappresenta e cavalca. Ma non se l’è inventato lui, il muro. La frontiera tra Stati Uniti e Messico è di 3.200 chilometri. Per 1000 è coperta da muro, reti, recinto elettrificato, filo spinato, telecamere. Chi vuole passare alla fine passa lo stesso, solo che rischia di morire prima di arrivare. Dove non è stato costruito niente è perché il caldo torrido del deserto d’Arizona e il non proprio ospitale terreno lungo il Rio Grande fanno le veci del filo spinato. E lo fanno anche molto più efficacemente, dal punto di vista odioso dei ranger. Perché il muro lo scavalchi (anche in 18 secondi mostrano alcuni video in youtube), il filo spinato lo eviti, mentre il

deserto no, non lo aggiri, è molto facile morirci dentro. Lungo la frontiera ci sono qua e là varchi scoperti. In Arizona, per esempio, quasi settanta miglia sono senza ostacoli visibili. Una società israeliana si è incaricata di proporre soluzioni per chiudere anche quelle. La sostanza politica immediata, drammatica, posta dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca – quella contro cui adesso il Messico vorrebbe battersi e non può, perché non ha né la forza contrattuale né una dirigenza politica con la statura morale necessaria per farlo – è la minaccia di deportazione di milioni di immigrati che si trovano in territorio statunitense senza permesso. Trump s’è giocato la campagna elettorale sulla promessa di cacciare undici milioni di clandestini. Nelle sue ultime dichiarazioni s’è accontentato di dire che caccerà tre milioni di criminali (non è lontano da quanto fatto dall’Amministrazione Obama, che dal 2009 al 2015 che ne ha rispediti in patria oltre due milioni e mezzo). Chissà cosa davvero disporrà quando, a gennaio, entrerà da presidente in carica alla Casa Bianca. Per ora, però, è su questo dato, su questa dichiarazione d’intenti, che si misurano le relazioni tra Stati Uniti e Messico. Il governo di Enrique Peña Nieto, debole e corrotto, è timidissimo nel rivolgersi alla Casa Bianca perché

trema all’idea che sia cancellato davvero, come ha detto Trump in campagna elettorale, il Nafta, il tratto di libero commercio che inglobando il Messico in una unica area senza dazi insieme agli Stati Uniti e al Canada, ha reso appetibile per le industrie americane il lavoro (a prezzi stracciati) in terra messicana e ha disseminato la zona oltreconfine di fabbriche delocalizzate, le famose maquiladoras. Cosa fa il governo di Peña Nieto per tutelare i suoi cittadini già presenti negli Usa senza documenti di soggiorno, quelli in partenza e tutte le persone (per di più centroamericane, del Belize, dell’Honduras, del Salvador e del Guatemala soprattutto) di passaggio nel suo territorio in attesa di partire per gli States? Niente. Assolutamente niente. Tutta la storia recente delle relazioni diplomatiche tra Messico e Stati Uniti mostra che l’onda irrefrenabile di migranti (nazionali e non) che attende su terreno messicano il momento giusto per tentare di entrare negli Usa, non è mai stata considerata titolare di diritti da proteggere, da parte del governo di Città del Messico, ma solo come uno spauracchio da brandire in una trattativa economica e politica con il potente vicino con cui il confronto non è ovviamente ad armi pari. Ogni tanto spuntano iniziative legislative, di puro profilo assistenziale, e muoiono di solito nel giro di poche setti-

mane. Le poche organizzazioni in grado di inventarsi piani di assistenza che funzionino sono a finanziamento religioso e anche quelle durano poco. Nel luglio di due anni fa, il governo messicano avviò un programma per gestire a modo suo il flusso migratorio. Frontera Sur era il nome del piano. Si poneva l’obiettivo di proteggere la vita dei migranti, garantire la sicurezza e combattere i gruppi criminali che ne gestiscono il traffico. Per facilitare la mobilità dei centroamericani che arrivano in Messico crearono la tessera del Visitatore Regionale, emessa gratuitamente per i cittadini guatemaltechi e del Belize. Avviarono un sistema di cooperazione fra le commissioni statali di tutela dei diritti umani e gli ostelli che assistono i migranti. Il programma riguardava soprattutto le zone del Chiapas, Tabasco, Oaxaca e Quintana Roo, fra le più povere del Paese. Funziona? No, secondo alcune organizzazioni che lavorano con i migranti in quei territori. Dicono che le soluzioni adottate non risolvono il problema. Anzi. «Lontano dall’essere un piano per potenziare lo sviluppo della frontiera sud e la sicurezza, si tratta di un programma di mero contenimento migratorio», sostiene Alberto Xicoténcati dell’organizzazione Belén, Locanda del Migrante di Saltillo. Le vie della tratta si moltiplicano, cambiano in continuazione. Così come spuntano sempre nuove vie per fare entrare la cocaina negli Stati Uniti (in risposta a una domanda che non smette di crescere), si moltiplicano e si differenziano le vie per l’ingresso illegale di persone. Cresce per esempio la tratta di esseri umani lungo la costa del Pacifico. Lo segnalano numerose associazioni che operano nel sud del Messico. I trafficanti si servono di zattere o piccole imbarcazioni per aggirare l’ostacolo della selva. Arrivati sulle coste si spingono fino a Veracruz con il treno e da qui verso il nord ovest del Paese, al confine con il Texas, oppure raggiungono in autobus Città del Messico. La maggior parte dei migranti del Centro America, predilige la ferrovia lungo la costa del Pacifico. Questa è la rotta storica che, a partire dal secolo scorso, milioni di messicani hanno percorso. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Politica e Economia

La polarizzazione prosegue

Elezioni cantonali 2016 Le sette consultazioni hanno premiato una volta di più l’UDC, ma anche il PLR, come pure

il PS e i Verdi – Ne paga le conseguenze il centro, in particolare il PPD e il Partito Borghese Democratico Marzio Rigonalli Nel 2016 si sono svolte 8 elezioni cantonali: 7 nella Svizzera tedesca (Uri, Svitto, San Gallo, Turgovia, Sciaffusa, Argovia e Basilea Città) e l’ultima nel canton Friburgo. Sono stati rinnovati i governi ed i parlamenti cantonali. La lunga lista di risultati si concluderà domenica 27 novembre, con il secondo turno dell’elezione degli esecutivi di Argovia, Basilea Città e Friburgo. Gli otto appuntamenti elettorali pongono in primo piano la situazione politica nei cantoni interessati, ma consentono anche, dopo un anno dalle elezioni federali del 2015, di porre alcune domande e di individuare vecchie e nuove tendenze. L’avanzata del centro-destra, riscontrata un anno fa, è stata confermata? Le forze politiche in difficoltà alle elezioni nazionali, sono riuscite ad invertire la loro rotta negativa? Quali partiti politici possono essere definiti in buona salute e quali altri, invece, sono confrontati con una continua perdita di consensi?

L’ex presidente del BDP Hans Grunder non esclude che il partito possa scomparire nei prossimi anni Conviene, innanzitutto, distinguere l’elezione dei governi cantonali da quella dei parlamenti cantonali. Nella prima elezione emergono fattori che vanno al di là della forza relativa dei singoli partiti. Entrano in gioco la personalità dei candidati, il sistema di voto che vien applicato e le alleanze che nascono tra i partiti, alleanze che possono agevolare la nomina dei propri candidati ed anche favorire l’elezione del candidato di un piccolo partito alleato. Sorgono così situazioni che rendono difficile individuare la reale forza elettorale dei vari partiti. Nell’elezione dei parlamenti cantonali, invece, le formazioni politiche devono ricorrere alla loro immagine, alla loro presenza nel territorio ed ai loro programmi, per richiamare l’attenzione e per raccogliere consensi. I risultati che scaturiscono rappresentano una fotografia abbastanza fedele del panorama politico del cantone in cui si è votato. Ed è su questi risultati che intendiamo basarci per proporre alcune riflessioni. La prima riflessione riguarda il centro-destra. Non c’è stata un’avanzata di dimensioni analoghe a quella di un anno fa, ma i due principali partiti di quest’area, l’UDC ed il PLR, hanno difeso ed in certi casi migliorato le loro posizioni. L’UDC si è rafforzata nella Svizzera orientale: ha guadagnato 3 seggi nel canton Turgovia e 5 nel canton San Gallo. A sorpresa, ha perso due seggi nel canton Svitto, dove rimane comunque il partito più forte, e altrove ha avuto un numero di seggi invariato rispetto alla consultazione precedente. Non sempre gli obiettivi dichiarati sono stati raggiunti, come per esempio nel canton Friburgo, dove si è svolta l’ultima in data delle consultazioni cantonali. Fedele al tentativo di rafforzare la sua posizione nella Svizzera romanda, l’UDC aveva dichiarato di voler aumentare il numero dei suoi deputati in Gran Consiglio e di fare il suo ingresso nel governo cantonale. Il primo obiettivo non è stato raggiunto, perché il numero dei granconsiglieri è rimasto invariato. Il secondo obiettivo è fallito al primo turno del rinnovo dell’esecutivo. Rimane il secondo turno, in programma domenica prossima, ma i pronostici non sono mol-

I presidenti dei partiti PPD, PS, PLR, Verdi, BDP, UDC (da sinistra) sulla Piazza federale, nella primavera di quest’anno: finora Gehrard Pfister e Martin Landolt non hanno avuto occasioni di gioire. (Keystone)

to favorevoli al candidato dell’UDC. Anche il PLR ha registrato progressi nella Svizzera orientale, guadagnando 4 seggi nel canton San Gallo e 2 nel canton Turgovia. Ha perso 2 seggi nel canton Svitto ed a Basilea Città. Infine, ha ottenuto un inaspettato successo nel canton Friburgo, guadagnando 4 seggi. Un risultato nel quale alcuni analisti hanno voluto vedere una porta aperta verso la Romandia e verso possibili altri guadagni di seggi nelle elezioni che si terranno nella primavera dell’anno prossimo in 3 cantoni, Vallese, Neuchâtel e Vaud. La seconda riflessione tocca la sinistra. Dopo la sconfitta alle elezioni federali del 18 ottobre 2015, c’era molta attesa per vedere come si sarebbero mossi i due principali partiti di quest’area, il PS ed i Verdi. Il primo ha ottenuto risultati lusinghieri, talvolta a sorpresa, come per esempio nel canton Argovia, con un guadagno di 5 seggi, o a Basilea Città, dove ha rafforzato la sua posizione di primo partito. In altri cantoni c’è stata una leggera perdita, come per esempio nel canton Turgovia o nel canton Friburgo. In questo ultimo caso, però, la perdita di un seggio non ha impedito al PS di diventare il primo partito cantonale. Facendo un calcolo complessivo delle otto elezioni cantonali, il PS vanta un saldo positivo di 6 seggi. Anche i Verdi possono contare su un risultato più che soddisfacente. In più cantoni hanno difeso le loro posizioni ed in due almeno hanno guadagnato seggi: uno a Basilea Città e 3 a Friburgo. L’ultima valutazione la dedichiamo al centro ed ai principali partiti che occupano questa area. Siamo di fronte ad un’ampia perdita di consensi. Il PPD, principale partito di quest’area, non è riuscito ad invertire la rotta negativa che lo caratterizza da oltre 30 anni. Ha perso voti e seggi in tutte le elezioni per gli 8 nuovi parlamenti cantonali. La maggior perdita, meno 4 seggi, è stata registrata a Friburgo e fa seguito a quella del 2011, quando i seggi persi furono 6. Eppure il PPD ha radici storiche profonde in questo cantone. In totale, ben 15 sono i seggi che erano del PPD e che quest’anno sono passati ad altri partiti. Gerhard Pfister, presidente dall’aprile scorso, ha cercato di dare un nuovo slancio alla sua formazione. Lo ha fatto assumendo posizioni più profilate e, soprattutto, cercando di spostare il partito a destra, verso l’UDC, per lo meno per quanto riguarda l’immigrazione ed i problemi di società. Il tentativo mira soprattutto a recuperare quegli elettori che una volta votavano per il PPD ma che in seguito hanno preferito appoggiare l’UDC. Finora questa nuova strategia non ha avuto alcun successo e non

poche sono le voci critiche sorte anche all’interno del partito. Per certi aspetti, la situazione del Partito borghese democratico (PBD) è ancora più drammatica. La formazione dell’ex consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf moltiplica gli insuccessi. Ha perso tutti i seggi nel canton San Gallo, dove è scesa dal 3% all’1,5% dei voti espressi, e nel canton Friburgo. Ha dovuto abbandonare 2 seggi su 5 nel canton Turgovia e 2

su 6 nel canton Argovia. Non è più presente in nessun parlamento nei cantoni romandi, la sezione di Neuchâtel si è autosciolta ed è sparita anche la funzione di coordinatrice per la Svizzera romanda. Ormai, il PBD vanta una certa presenza soltanto nei tre cantoni dove è sorto, Berna, Grigioni e Glarona. Dopo le dimissioni della consigliera federale Widmer-Schlumpf, il partito non è più riuscito a profilarsi ed a darsi un pro-

gramma politico facilmente riconoscibile dagli elettori. Non sono poche le voci che pronosticano una rapida fine ingloriosa. Lo stesso Hans Grunder, ex presidente del partito, in una recente intervista ha detto che la probabilità che il PBD scompaia nei prossimi anni è alta. I Verdi liberali, infine, ottengono risultati meno negativi del PPD e del PBD, anche se i temi che prediligono non sono di stretta attualità. Difendono le loro posizioni, con una leggera perdita, ma la loro tenuta non riesce a colmare, anche soltanto parzialmente, il vuoto lasciato dagli altri due partiti del centro. Dopo le 8 elezioni cantonali del 2016, dunque, la destra e la sinistra si sono rafforzate ed il centro si è indebolito. Siamo di fronte ad una polarizzazione che non è una caratteristica della vita politica elvetica. Il fenomeno è tutto sommato contenuto, visto il numero ridotto dei cantoni coinvolti, ma non va sottovalutato e merita di essere seguito attentamente quando arriveranno i risultati delle prossime elezioni cantonali. Il processo decisionale elvetico è fondato sul compromesso, che sovente è stato raggiunto grazie alla mediazione delle forze del centro. Se in futuro queste forze continueranno ad indebolirsi, il rischio di dover assistere a continui bracci di ferro tra la destra e la sinistra, ed a ripetute situazioni di stallo, diventerà sempre più reale. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Politica e Economia

Il governo boccia la «moneta intera»

Politica monetaria Il Consiglio federale propone di respingere l’iniziativa che vuole togliere alle banche la possibilità

di creare moneta attraverso il credito. Oggi sarebbe irrealizzabile sul piano pratico

Ignazio Bonoli Il Consiglio federale ha inviato al Parlamento la sua presa di posizione sull’iniziativa «Per denaro a prova di crisi: emissione di moneta riservata alla Banca Nazionale», detta in breve «Iniziativa moneta intera». Presentata agli inizi del 2014 (vedi «Azione» del 27.1.2014), propone un totale cambiamento nella struttura e nel ruolo economico del sistema bancario in Svizzera. L’iniziativa è promossa dall’Associazione per la modernizzazione monetaria (MoMo) e vorrebbe impedire alle banche di creare moneta, attraverso la concessione di credito all’economia. Effettivamente questa attività viene sorvegliata soltanto in parte dalla Banca Nazionale, che utilizza gli strumenti della politica monetaria per impedire eccessi e derive non desiderati. Il problema è diventato molto importante nell’economia moderna, poiché questa moneta, in genere contabile o scritturale, comporta ormai il 90% della massa monetaria in circolazione. Secondo gli iniziativisti ormai le autorità monetarie non riescono più a controllare l’enorme quantità di moneta in circolazione, dovuta in gran parte a operazioni speculative, spesso senza una base economica sufficiente. L’Associazione svizzera dei banchieri aveva già espresso parecchi dubbi circa la concretizzazione degli scopi dell’iniziativa. Sul piano pra-

tico, inoltre, il momento pare poco propizio, poiché il sistema monetario attuale sta vivendo un periodo esente da inflazione, emette moneta sufficiente (in qualche caso forse troppa) a disposizione dell’economia e le banche centrali non lamentano perdite di controllo della moneta in circolazione. Il Consiglio federale prende atto della situazione e conclude che l’iniziativa «non può mantenere ciò che promette», secondo l’espressione usata dal responsabile delle finanze federali. Non sottace comunque alcuni aspetti positivi. Intanto non è collegata ad alcun partito politico, solleva problemi reali e anche sul piano teorico offre alcuni spunti interessanti. Non è però facile da spiegare, soprattutto in vista di una votazione popolare, al di là del fatto che persegue lo scopo di un sistema finanziario stabile. Per raggiungere questo scopo, propone però una vera rivoluzione nel sistema monetario, che non può essere soltanto svizzera. Essenzialmente l’iniziativa vuole vietare alle banche di creare moneta attraverso la concessione di crediti all’economia. In altri termini di estendere l’attuale monopolio della Banca Nazionale Svizzera per l’emissione di monete metalliche e di banconote, anche alla cosiddetta moneta scritturale. Nella teoria monetaria si parla cioè della massa monetaria definita M1. Per avere un’idea della portata del provvedimento si può considerare

Monete e banconote rappresentano solo una parte della massa monetaria. (Keystone)

che a fine settembre di quest’anno circolavano in Svizzera monete contanti per 76 miliardi di franchi, mentre che per la moneta scritturale, anche solo considerati i crediti a vista (cioè prelevabili subito) si deve calcolare una quantità cinque volte superiore. La massa monetaria M1 superava quindi i 580 miliardi di franchi. Di questi, secondo la definizione dell’iniziativa, solo le monete e le banconote costituivano la «moneta intera», cioè mezzi di pagamento con base legale. Il resto

della massa monetaria M1 era quindi costituito dai crediti bancari. Per realizzare gli scopi dell’iniziativa, i conti dei clienti nelle banche dovrebbero essere amministrati su base fiduciaria e non dovrebbero quindi più figurare nei bilanci delle banche. Così, in caso di fallimento della banca, i clienti non avrebbero più nulla da temere e una garanzia statale per i depositi non sarebbe più necessaria. Le banche potrebbero concedere crediti solo se coperte da depositi a risparmio

o prestiti della Banca Nazionale. Così la Banca Nazionale diverrebbe la sola creatrice di moneta. Essa dirigerebbe la politica monetaria non più tramite i tassi di interesse, ma solo tramite l’attribuzione di nuova moneta a Confederazione, cantoni o cittadini. La Banca Nazionale otterrebbe un utile dai 5 ai 10 miliardi all’anno. Il passaggio al nuovo sistema frutterebbe inoltre circa 300 miliardi alla Banca Nazionale. Due sono i difetti principali segnalati dal Consiglio federale: gli sperati utili miliardari verrebbero generati attraverso tasse supplementari per le banche e i loro clienti. Si verificherebbe uno spostamento dai depositi sicuri verso conti con interessi, ma anche rischi superiori, il che contraddirebbe la ricerca di maggiore stabilità. Il sistema non potrebbe inoltre impedire crisi di fiducia nelle banche, non più sul credito, ma sui depositi e sul mercato interbancario. Infine, non si potrebbero impedire crisi, come quella del 2008, derivanti da attività all’estero. La Svizzera non potrebbe inoltre permettersi di adottare da sola il nuovo sistema, indebolendo la piazza finanziaria e anche quella economica, creando maggiori difficoltà per ottenere i crediti necessari. Soluzioni migliori si stanno invece trovando con i provvedimenti adottati dopo la crisi, con gli strumenti dell’accordo Basilea III e il «Too big to fail» per gli istituti di rilevanza sistemica. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Politica e Economia Rubriche

Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Le sfide del Ticino all’orizzonte 2050 Uno dei tanti gruppi di riflessione privati che sono spuntati come funghi in Ticino, nel corso degli ultimi due decenni, mi ha chiesto di scrivere una presentazione su dove sta andando il nostro cantone. Ho pensato che potesse essere interessante pubblicare un sunto di questo intervento. Per chi come il sottoscritto ha superato i settanta è fuor di dubbio che economia e società ticinesi si trovano attualmente in una fase di grande cambiamento, il cui esito, a medio e a lungo termine, è estremamente difficile da prevedere. Sono tre le trasformazioni in atto che maggiormente preoccupano. La prima è costituita dal ridimensionamento del settore bancario e finanziario. Iniziata praticamente all’inizio di questo secolo, con l’introduzione in Italia dei cosiddetti scudi fiscali, questa tendenza ha già fatto grandi passi in avanti, nel senso della chiusura di istituti bancari,

del declino dell’effettivo delle fiduciarie e della riduzione dei posti di lavoro nel settore. Tuttavia è ancora difficile oggi stimare che cosa resterà della piazza bancaria e finanziaria ticinese una volta che questo ridimensionamento sarà terminato. L’interrogativo al quale non sappiamo rispondere per il momento è quello di sapere se la nostra piazza finanziaria continuerà ad avere una dimensione internazionale o no. Nell’ipotesi più pessimista, si può anticipare già per il prossimo decennio una perdita di un paio di migliaia di posti di lavoro e un grosso colpo di freno all’evoluzione della produttività complessiva dell’economia ticinese. Sì, perché i posti di lavoro che andranno persi nel settore bancariofinanziario si potranno rimpiazzare, ma mai con attività che posseggano un livello di produttività del lavoro analogo a quello, veramente straordinario, di

questo settore. Di conseguenza l’economia ticinese avanzerà nel prossimo futuro a passi di lumaca. La seconda sfida è costituita dalla svolta energetica. La Svizzera, e quindi anche il Ticino, hanno deciso di uscire dal nucleare nel corso dei prossimi decenni. Questa decisione porrà anche da noi il problema dell’approvvigionamento in energia elettrica da fonte non nucleare. Come si sa, i piani per la svolta energetica puntano sulla produzione di energia con nuove fonti e sul risparmio energetico. Per il momento, però, non è che in Ticino si veda un progresso significativo in queste direzioni. Altri cantoni hanno fatto e fanno di più sia per promuovere il risparmio energetico, sia per incoraggiare la produzione di energia elettrica da fonti alternative. Tuttavia è giusto precisare che nel settore energetico il problema di maggior peso nel prossimo decennio

sarà quello di decidere sul futuro dell’AET: Se la concorrenza nel campo dell’energia dovesse continuare ad aumentare e i prezzi a scendere, è probabile che non vi sia più nessun avvenire per l’energia idroelettrica. Già oggi ci sono aziende in Svizzera che cercano di vendere i loro impianti idroelettrici al miglior offerente, in particolare a grosse aziende energetiche straniere. Anche l’AET risente attualmente in modo negativo di questa situazione. Se l’energia idroelettrica non dovesse più avere futuro, le nostre autorità cantonali dovranno decidere che fare con l’AET. A prima vista il problema presenta le medesime difficoltà di quello della quadratura del cerchio. Ma vengo alla terza sfida che è, secondo me, la più preoccupante. Si tratta dell’invecchiamento della popolazione. Stando alle previsioni (che non tengono ancora conto dei possibili risvolti negativi sulla

demografia del voto del 9 febbraio 2014) nel 2050 in Ticino una persona su tre avrà superato i 65 anni. Ma quel che è ancora più preoccupante è che a quella data il rapporto tra le persone attive e i pensionati si dimezzerà: da 3 persone attive per ogni pensionato, come era nel 2010, si passerà a 1,5 persone in età lavorativa per ogni pensionato; contemporaneamente, la popolazione con più di 80 anni, sarà raddoppiata. Per effetto di queste tendenze, nel campo delle assicurazioni sociali si manifesterà un grosso problema di finanziamento. Per fortuna sarà la Confederazione che lo dovrà risolvere. Il Cantone, dal canto suo, dovrà però trovare i mezzi per finanziare l’esplosione dei costi della salute. Mi fermo qui osservando che se i problemi sono noti, almeno agli addetti ai lavori, molto meno chiare sono, per il momento, le possibili soluzioni.

bomba atomica non sarà sganciata da un aereo militare su una città nemica; sarà portata nella metropolitana da un terrorista. Per questo è fondamentale limitare la possibilità di costruire e vendere bombe, sia pure di potenziale limitato. Ma se Trump presterà fede ai concetti espressi in campagna elettorale – chi vuole la Bomba se la faccia, l’America non può badare a tutto – i rischi aumenteranno in modo esponenziale. C’è poi un altro aspetto deteriore del

trumpismo. A Hillary che gli rinfacciava di aver evaso le tasse, lui ha risposto sorridendo: «It makes me smart», questo mi rende furbo. «Se il presidente non paga le tasse, perché dovrei farlo io?» ha scritto su un cartello un manifestante di New York. Il cattivo esempio di Trump può essere moralmente devastante. Detto questo, le sue prime parole sono andate in ben altra direzione. Bastava seguire l’intervista tv rilasciata alla Cbs. Voce flautata da cantante confidenziale, Trump ha compiuto un’altra fase della sua metamorfosi buonista. Questo non significa che sia rientrato nei ranghi. Anzi. Certo, ha confermato le parole della notte dell’elezione: dopo averla sconfitta, ha scoperto di stimare tantissimo Hillary, «grande competitrice, molto forte, molto intelligente»; Bill Clinton poi è «molto simpatico», e la conversazione con Obama è stata «incredibilmente interessante». Però il muro al confine del Messico si farà – anche se in alcuni punti sarà soltanto una recinzione –, due o tre milioni di clandestini saranno espulsi o incarcerati – ma soltanto i narcotrafficanti, non le brave persone –, i politicanti saranno ridimensionati (ma non si possono eliminare tutte le lobby).

I fatti hanno dimostrato che Trump va preso sul serio. Ha addolcito il linguaggio, ha abbassato il tono di voce. Ma il suo popolo si aspetta un cambiamento, e lo avrà. Ora il presidente eletto non ha interesse a fare la faccia feroce. Non vuole più mettere Hillary in galera. Non vuole più le dimissioni del capo dell’Fbi. Prega i contestatori di smettere di venire ogni sera sotto la sua Torre a insultarlo: «Lo fanno perché non mi conoscono. Ma non devono temermi». Però prepara una svolta nella politica commerciale e nella politica estera: compreso il riarmo annunciato dal fido Giuliani. A un certo punto al fianco di Trump è apparsa alla Cbs la moglie Melania, poi si è aggiunta Ivanka la prediletta, quindi alle loro spalle si sono allineati tre degli altri quattro figli: tanto per far capire quale sarà il vero staff. La first lady ha promesso di togliergli twitter, se dovesse esagerare. Ultima promessa: Trump rinuncerà allo stipendio. Obama guadagnava 400 mila dollari; lui ne prenderà uno solo, simbolico. Ora vedremo se i trumpisti, che in Italia d’incanto sono divenuti numerosissimi, seguiranno l’esempio del capo. Scommetterei di no.

di sicuro verranno sostituiti e, tempo qualche anno, ricresceranno. L’abitato di Sagno, con diverse frazioni, è adagiato in una vasta conca, quella che la tromba d’aria salendo dal basso ha imboccato per sfogarsi praticamente al centro, forse perché non trovava più sbocchi. Quel punto della montagna da decenni è segnato dal gran lavoro di rimboschimento che negli anni Sessanta ha toccato tutta la fascia superiore del comune, con l’intento di supplire alla morìa di castagni colpiti dal cancro con piante più resistenti. Molti i castagni abbattuti in quei lontani anni, ma molti di più gli alberi messi a dimora proprio sino al versante della piantagione flagellato dalla tempesta. Quel punto in pratica è diventato anche una sorta di snodo viario in cui convergono le nuove strade costruite sopra il nucleo e attorno al paese, l’antica mulattiera che saliva verso i prati alti del Bisbino e numerosi sentieri, compreso quel «senterùn»,

che dagli anni Quaranta e per quasi un ventennio è stato una sorta di autostrada per i peduli dei contrabbandieri italiani di riso (in arrivo) e sigarette (in partenza). Quando cantone e comune decisero di risanare le selve castanili e quel luogo divenne la punta estrema dell’intervento venne eliminato il tratto iniziale della mulattiera e soprattutto della radura dove confluivano i vari sentieri. Allora nessuno, credo, si lamentò (perbacco, si curavano le selve, si creava addirittura un vivaio forestale in valle, come si faceva a protestare?). Ma dopo qualche tempo, passando sulla strada nuova o cercando i nuovi accessi ai sentieri e alla mulattiera di un tempo, ci si rese conto che era sparito uno dei luoghi più bucolici del paese: Veracqua. Nel punto alto della radura, alla convergenza dei due crinali della conca, c’era un piccolo pozzo d’acqua da cui partiva un rigagnolo che poco più sotto – dove da bambini scavavamo la creta per model-

lare statuine e piccoli vasi a scuola –, si incanalava e diventava un riale. Cosa da poco, ma abbastanza forte da tracciare l’alveo di una valle lungo la montagna che da Sagno con 400 metri di dislivello arriva alla periferia di Vacallo. Ora, e da decenni, Veracqua è senz’acqua e il riale è secco. In alto l’acqua è sparita e da sotto il paese scorre solo con i temporali, creando biotopi in cui crescono persino spugnole. Con i ricordi affiora un’inaspettata scoperta: i lunghi e perfetti tronchi che ho visto impilati non erano solo «protettori» della montagna, erano anche pompe idrovore che succhiavano acqua dal terreno (di sicuro ognuno più di 8000 litri all’anno; su un mezzo ettaro alberato, oltre 1 milione di litri…)! E penso: ora che il vento li ha divelti, chissà se la «mia» Veracqua riuscirà ancora ad avere la sua sorgente e magari anche un po’ di quella agreste bellezza sacrificata, senza rendersene conto, qualche decennio fa?

In&outlet di Aldo Cazzullo Trump, un bugiardo sincero? Torno da New York in Italia e scopro un popolo di trumpisti. Quasi tutti avevano previsto la sua vittoria, e molti esultano: «Sarà un grande presidente», «viva Trump», «Trump ha due palle così…». Mi tengo i miei dubbi. E qualche certezza: in America quasi nessuno l’aveva pronosticato vincitore. A cominciare dai suoi sostenitori, quelli veri. Non a caso il nuovo presidente era del tutto impreparato, e sta penando assai a comporre la squadra di governo. È la seconda volta nella storia americana che entra alla Casa Bianca un uomo che non hai mai vinto un’elezione, che non ha mai rivestito una carica elettiva: sindaco, governatore, parlamentare, giudice. Il primo è stato Dwight Eisenhower; che però aveva vinto la Seconda guerra mondiale. Trump è uno che dice di abitare al sessantottesimo piano di una torre che di piani ne ha solo cinquantotto; però nessuno li conta, quindi nessuno se ne accorge. L’uomo è un bugiardo seriale; ma a lui le bugie vengono perdonate. Credo che i rischi principali connessi alla sua elezione siano due, legati a due grandi pericoli del nostro tempo. Il primo è il cambiamento climatico. Non capisco perché lavorare contro l’effetto

serra sia considerato una cosa di sinistra e negare l’effetto serra debba essere una cosa di destra; eppure quelli come Trump ragionano così. Magari cambierà idea. Magari la Cina andrà avanti lo stesso nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Ma se Washington denuncerà gli accordi faticosamente raggiunti a Parigi, per i nostri figli e nipoti sarà un disastro. Il secondo pericolo è la proliferazione nucleare. È ormai chiaro che la prossima

Zig-Zag di Ovidio Biffi Veracqua riavrà l’acqua? Torno in valle, a Sagno, a ricordare i defunti di famiglia. La salita è quasi terminata, con la strada che compie una curva a semicerchio prima di superare l’ultima dorsale e arrivare all’abitato; anzi: al cimitero. Di solito quel tratto pianeggiante allarga il cuore. È un pianoro che inizia alla grotta della Madonnina, sotto il colle di San Martino, poi prosegue sul fondo di un ampio anfiteatro naturale coi prati che arrivano fin dove iniziano le prime casette residenziali e i pini. Ma il fiato stavolta viene bloccato: i prati sono soffocati da cataste di alberi, tronchi diritti che probabilmente andranno in segheria, poi quelli più piccoli e i ceppi sradicati, con benne e macchinari a spiegare quel che accade. L’anfiteatro è momentaneamente trasformato in deposito per alberi e «farciamm» che la furia della tromba d’aria di agosto ha lasciato sul fianco della montagna, che tecnici e forestali stanno ora ripulendo.

Il primo pensiero è di sollievo: l’ultima volta che era capitato in valle, a Bruzella, non erano stati così fortunati, dato che la furia del vento invece di disastrare le selve aveva scoperchiato case e chiesa. Non che i danni siano poca cosa, stavolta. Non so quantificarli economicamente. Dopo un attimo l’amaro in bocca cede il posto a un retrogusto meno sgradevole. In fondo, mi sono detto mentre proseguivo la strada, la natura non è malvagia come un tempo. A distanza di poche settimane, anche il danno diventa comunque opportunità di lavoro, per imprese e operai. Forse resterà qualche «imprevisto» nei bilanci comunali, ma di sicuro subentreranno anche sussidi e aiuti a mitigare le ferite contabili. A questo punto il pensiero corre alle altre ferite, quelle alla natura, ad un bosco forse non pregiato, ma comunque conservativo di un ambiente particolare. Non credo però che rimarranno segni del disastro: quegli alberi


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Cultura e Spettacoli Per una critica della musica Il musicologo Massimo Zicari, autore del saggio Verdi in Victorian London, parla delle difficoltà di fare critica musicale pagine 46-47

Christine, 40 anni dopo Una colonna sonora per una reporter tragicamente infelice

Non diffidare del fallimento Lo psicanalista Massimo Recalcati analizza i possibili vantaggi del fallimento pagina 51

pagina 49

I lacci di Orlando Al Teatro Sociale di Bellinzona Silvio Orlando in Lacci, storia di un matrimonio

pagina 53

A cavallo verso l’Italia

Mostre Rubens a Palazzo Reale di Milano Gianluigi Bellei Pieter Paul Rubens è sicuramente uno dei maggiori pittori del Seicento europeo. Fine intellettuale, grande diplomatico, prolifico artista, anticipa il Barocco con i suoi dipinti magniloquenti, grossi e grassi di colore e di forme. Celeberrimi i cicli dipinti su tela – vere e proprie «macchine compositive» – come le 21 grandissime tele realizzate per Maria de’ Medici, moglie di Enrico IV, per il Palazzo del Lussemburgo a Parigi che si possono ammirare al Louvre, realizzate fra il 1622 e il 1625, o quelle per il Padiglione di caccia di Torre de la Parada vicino a Madrid eseguite per Filippo IV che rappresentano scene dalle Metamorfosi di Ovidio e arrivate nella città spagnola nel 1638. Rubens è molto famoso in vita e le sue opere richiestissime, tanto che si avvale della collaborazione di un centinaio di pittori specialisti, da van Dyck a Jean Bruegel, da Wildens a Paul de Vos. Questi eseguono i dipinti sotto la sua supervisione o semplicemente dipingono le parti meno importanti dei quadri come i fiori, gli animali, i paesaggi o i vestiti. A lui spetta il compito di realizzare le mani e i volti delle persone. Magari anche i corpi dei suoi famosi nudi femminili, sinuosi e opulenti. Come non dimenticare il fascino delle Tre grazie al Museo del Prado di Madrid? Naturalmente essendo un artista prolifico e importante le esposizioni e gli studi su di lui e sulla sua opera abbondano. L’aspetto meno conosciuto, almeno alle nostre latitudini, è sicuramente il soggiorno di formazione in Italia e la sua influenza sulla nascita del Barocco italiano. A suo tempo Michael Jaffé (1923-1997) ha scritto nel celebre volume del 1977 Rubens e l’Italia dell’influsso dell’arte classica italiana sul suo lavoro e questo debito è stato messo in luce in seguito nella mostra Rubens and the Italian Renaissance organizzata da David Jaffé nel 1992 a Canberra e Melbourne e poi, sempre a cura dello stesso David Jaffé, con Rubens a Master in the Making a Londra nel 2005 dedicata al rapporto fra disegno, bozzetto e opera finita. Un’intrigante esposizione a Palazzo reale di Milano, a cura di Anna Lo Bianco, vuole colmare questa lacuna e lo fa intessendo un dialogo continuo fra Rubens l’arte antica, la statuaria classica e l’influenza che l’artista ha esercitato su artisti come Pietro da Cortona, Gian Lorenzo Bernini e Luca Giordano. Otto anni dura il soggiorno del giovanissimo Rubens in Italia, dal 1600 al 1608. Dopo cinque anni, precisa Michael Jaffé, è in grado di scrivere una lettera come un toscano e delle «sei lingue che aveva imparato a scrivere e parlare correttamente, l’italiano rimase la sua preferita». Otto anni proficui che lo vedono

spostarsi da Venezia a Mantova, da Genova a Roma e a imparare a conoscere e amare Tiziano, Veronese e Tintoretto dai quali prende il colore, la luce, il gusto scenografico e le prospettive ardite. Molti gli esempi di tali contaminazioni in mostra soprattutto per quel che riguarda l’arte classica. In Seneca morente del 1615-1616 Rubens raffigura la scena della morte del filosofo condannato al suicidio. Tacito negli Annales descrive la sua tragica fine prima con la cicuta e poi con il taglio delle vene. Visto che la morte tarda a venire Seneca si immerge in un bacile d’acqua calda per meglio far fluire il sangue. Rubens lo ritrae contornato dai suoi amici mentre a sinistra un uomo gli recide vistosamente le vene. Il volto del filosofo assomiglia a quello di Erma del cosiddetto Pseudo-Seneca, una scultura della prima metà del secondo secolo dopo Cristo. Una sua replica è stata acquistata dall’artista nel corso del suo soggiorno in Italia. Nel Busto di santa Domitilla del 1607 si intravvedono le stesse ciocche a turacciolo davanti alle orecchie e la medesima crocchia di treccine sulla nuca di un busto femminile del secondo secolo dopo Cristo. Una delle icone di tutto il Rinascimento è senz’altro il Torso del Belvedere: una scultura, raffigurante probabilmente Ercole, di grande possenza e plasticità. Michelangelo lo prende come modello per i suoi nudi della Cappella Sistina e Rubens lo cita attraverso molti disegni e dipinti come per esempio il Cristo risorto del 1615-1616. Il Massacro degli Innocenti del 1670-1675 richiama, nella concitazione dei personaggi, da una parte lo stesso soggetto dipinto da Tintoretto per la Scuola grande di San Rocco e dall’altra una statuetta di Niobide tipo-Psiche del primo secolo dopo Cristo. La scultura, una copia romana riconducibile probabilmente a un originale di Skopas o di Prassitele, ha la stessa torsione delle braccia piegate davanti al corpo e la testa rivolta verso l’uomo, che brandisce un fanciullo per ucciderlo, della figura inginocchiata sulla destra del dipinto. Ne Le figlie di Cecrope scoprono Erittonio infante del 1615-1616 è ritratta una scultura con molti seni, rappresentazione di Gea, come nella Statuetta di Ertemide Efesia del secondo secolo dopo Cristo rappresentata come multimammia, anche se queste fila di ghiandole da sempre credute mammelle in realtà sono probabilmente scroti di toro che venivano offerti alla dea. Molte altre sono le analogie, tutte da scoprire. La mostra termina con un’Allegoria della pace dipinta da Luca Giordano nel 1682-1683 ispirata alle Conseguenze della guerra realizzata da Rubens cinquant’anni prima, purtroppo non esposta in quanto non trasportabile. Dipinto tragico, quest’ultimo, tutto in dia-

Pieter Paul Rubens, Saturno che divora uno dei suoi figli (1636 - 1638), Madrid, Museo del Prado.

gonale realizzato mediante un intreccio di corpi in movimento nel quale Marte e Venere sono rappresentati in «contrasto con i terribili danni della guerra», mentre una lugubre matrona vestita di nero è l’infelice Europa. Perché Rubens è sì il pittore dal «furor di pennello» – decantato da Giovan Pietro Bellori nelle sue Vite de’ pittori, scultori e architetti moderni del 1672 – dell’erotismo femminile oltreché della bellezza platonica soprasensibile e panteista, come sottolinea Alejandro Vergara in catalogo, ma è anche, e soprattutto, un idealista che con la sua

attività diplomatica si è sempre speso per il bene comune della pace. Settanta le opere in mostra, delle quali quaranta di Rubens, provenienti da istituzioni come il Museo del Prado di Madrid, l’Hermitage di San Pietroburgo, la Gemäldegalerie di Berlino, i Musei Capitolini e la Galleria Borghese di Roma, la Galleria degli Uffizi di Firenze e il Museo di Palazzo Ducale di Mantova. Un’esposizione tutta da vedere con un buon allestimento di Corrado Anselmi e un’ottima illuminazione sviluppata da Toshiba Materials mediante un’appli-

cazione denominata TRI-R tramite Led che riesce a riprodurre una luce bianca simile a quella dello spettro solare. Raffinato il catalogo con carta pannosa, testo in grigio, esaurienti schede dei dipinti e indice dei nomi finale. Dove e quando

Rubens e la nascita del Barocco, Palazzo Reale, Milano. A cura di Anna Lo Bianco. Fino al 26 febbraio 2017. Catalogo Marsilio, euro 34. www.mostrarubens.it


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Cultura e Spettacoli

Come ai vecchi tempi

Incontri A colloquio con Martha Argerich e Daniel Barenboim: i due mostri sacri della musica classica internazionale

sono ritornati a esibirsi insieme

Enrico Parola

Concorso

«Mi piace suonare con gli amici, mi aiutano a vincere le paure, a ritrovare la gioia di fare musica: la solitudine del pianista è terribile». Ci vuole forse più coraggio che sincerità per confessarlo, quando si è la più grande pianista al mondo e una delle più grandi della storia. Martha Argerich non ha mai fatto mistero delle sue fragilità, e lo stesso Progetto che ha animato per dieci anni a Lugano è la prova del suo bisogno di dividere la ribalta con musicistiamici. «Abbado mi ripeteva che suonare è un privilegio, io ribattevo che non era necessario farlo davanti al pubblico perché passa il tempo, ma esibirmi davanti alla gente mi mette sempre ansia». Parla di amici Martha, lei che ha avuto tre figlie da tre mariti tutti musicisti: Lyda dal compositore e direttore d’orchestra Robert Chen, Annie da un’altra celebre bacchetta, l’elvetico Charles Dutoit, infine Stephanie dal pianista Stephen Kovacevich. «Ma il pianoforte è un amante geloso, l’ho tradito tre volte ma alla fine è rimasto lui, e gli ho sacrificato tanto, anche gli affetti più cari; non so se sono stata una buona madre, magari riuscirò ad essere una buona nonna». Nelle sue parole sembrano rintoccare tutti i suoi 75 anni: «Non solo nelle parole: la schiena, le gambe, alla mia età sei costretta a fare i conti col tuo corpo. Però la musica è ancora magia: mi siedo alla tastiera e passa tutto». E allora le sembra di essere ancora là, nella Buenos Aires di metà 900, quando si affacciava al mondo per conquistarlo col suo precoce talento: era il 1949, e quella bimba di 8 anni suonava il Primo concerto per pianoforte di Beethoven al teatro Astral. Nella metropoli argentina aleggiava la fama di un altro enfant prodige, di un anno più giovane: Daniel Barenboim. «È la persona che conosco da più tempo, stare e suonare con lui è bellissimo»; il pianoforte non ha tollerato legami coniugali, ma ha fatto fiorire amicizie; quella col grande pianista e direttore

Martha Argerich e Daniel Barenboim. (Guido Adler, Deutsche Grammophon)

argentino non è solo la più antica, ma anche la più profonda, intima e intensa. «Sentivo parlare di lei e la sentii suonare nella casa di Ernesto Rosenthal, un ricco imprenditore di origini ebree come me e Martha, amante della musica. Ci invitata ogni venerdì sera; si faceva musica da camera, passavano direttori mitici come Igor Markevitch e Sergiu Celibidache; comunque io, coi miei sette anni, ci andavo principalmente perché potevo mangiare lo strudel di mele» confessa Barenboim. «Suonavamo assieme ma dopo ci mettevamo a giocare sotto il pianoforte; al di là della musica eravamo due bambini normalissimi: non parlavamo d’arte, inventavamo storie». «Mia mamma mi faceva notare quanto il suo repertorio fosse vasto rispetto al mio, nonostante fosse più giovane» ricorda Argerich. «Io rimasi folgorato da come suonava lo Studio in do diesis minore op. 10 di Chopin: era una bambina, ma

San Materno 2016 Rassegna di spettacoli Teatro San Materno, Ascona Sabato 3 dicembre, ore 20.30 Danza e Mistero Commemorazione per i 30 anni dalla morte della danzatrice Charlotte Bara: una coreografia di Tiziana Arnaboldi con Eleonora Chiocchini, Marta Ciappina, Valentina Moar. Live Musica Cinema Rassegna di film e concerti Cinema Lux Massagno Sa 26 novembre, 17:30- 20:30 Film e Concerto Proiezione del film Quando dal cieloWenn aus dem Himmel... seguito dal concerto In Maggiore di Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura.

giochi@azione.ch Regolamento Migros Ticino offre ai lettori biglietti gratuiti per le manifestazioni sopra menzionate. Massimo due biglietti per economia domestica. La partecipazione è riservata a chi non ha beneficiato di vincite in occasione di analoghe promozioni nel corso degli scorsi mesi.

Per aggiudicarsi i biglietti basta scrivere una email martedì 22 novembre all’indirizzo sulla sinistra. I vincitori saranno estratti a sorte tra tutte le email ricevute e riceveranno un messaggio di conferma. Buona fortuna!

Biglietti in palio per gli eventi sostenuti dal Percento culturale di Migros Ticino

aveva già un fuoco e un temperamento che ho ritrovato uguali nella registrazione degli Studi che ha fatto decenni dopo» replica Barenboim. È rimasto un video che li riprende mentre suonano a casa Rosenthal: «Me l’hanno fatto vedere e ho notato come tenevamo le mani e le dita: avevamo la stessa identica posizione, sembravamo quasi un unico pianista dotato di quattro mani» continua il musicista argentino. «Entrambi studiavamo con Vincenzo Scaramuzza, che veniva da Crotone ed era stato l’insegnante anche di mio padre; fu lui a plasmare il nostro stile». Si erano conosciuti grazie alla musica, la musica li fece rincontrare sei anni dopo a Vienna: la famiglia Barenboim si era trasferita in Israele, poi Daniel era andato in Austria per studiare col direttore Hans Swarowski; Martha vi arrivò direttamente da Buenos Aires, per perfezionarsi con Friedrich Gulda.

«Ma in quel periodo furono soprattutto le nostre madri a frequentarsi, noi ci ritrovammo ma fu l’incrocio tra due strade che stavano prendendo direzioni diverse». Tornarono a suonare assieme solo negli anni Ottanta con l’Orchestre de Paris: «Fui io a volere Martha a Parigi per quella serie di concerti, lei sempre alla tastiera, io la accompagnavo dal podio; ma riuscimmo anche a tenere un recital insieme, seduti uno accanto all’altra, come ai vecchi tempi». Da allora, e soprattutto da quando nel 1996 Barenboim divenne direttore musicale generale alla Staatsoper Unter den Linden, i due hanno ripreso a frequentarsi con assiduità sempre maggiore, lei sempre al pianoforte, lui quasi sempre sul podio; ma proprio di recente, nelle due ultime stagioni, sembrano aver ritrovato il gusto di duettare come facevano più di sessant’anni fa nella loro città natale: i recital tenuti a Berlino nel

2014 e pochi mesi fa al teatro Colon di Buenos Aires sono stati immortalati dalla Deutsche Grammophon e sono immediatamente diventati un caso discografico. «Suonare con Daniel è bellissimo, lui non è mai stanco; mi capita talvolta, magari dopo un concerto dove lui mi ha diretta, di chiedergli: dai, adesso suoniamo noi due; non faccio in tempo a finire che già mi sta portando al pianoforte». L’ultima volta un paio di settimane fa alla Scala, dove hanno inaugurato la stagione della Filarmonica col primo concerto di Beethoven, «lo stesso con cui avevo debuttato a 8 anni a Buenos Aires; allora mi faceva tremare il cuore, ma anche adesso…». L’incontro pubblico più emozionante è però stato senza dubbio il concerto del 5 giugno scorso, giorno del 75esimo compleanno della Argerich: alla Philahrmonie di Berlino, alle tre di pomeriggio, hanno duettato nella Sonata K 448 di Mozart, poi guidando la Staatskapelle lui l’ha accompagnata nel Primo e nel Secondo Concerto di Beethoven. «Una maratona, e pensare che lei all’inizio non voleva. Martha cerca sempre di condividere il far musica con altri musicisti, non vuole essere la stella solitaria e temeva che un evento così concentrasse tutta l’attenzione su di lei. Allora» sorride Barenboim «conoscendo la sua generosità, le ho proposto di fare un concerto di beneficenza per la Staatsoper; davanti alla possibilità di compiere una buona azione ha subito accettato. L’orchestra doveva già suonare quel giorno, al teatro Schiller, ma è stata contenta di tenere un concerto pomeridiano alla Philharmonie, con lei e per lei». Un’altra delle orchestre di Barenboim ha voluto darle un tributo speciale, quella del Divano che riunisce musicisti ebrei e musulmani, israeliani e palestinesi: «Alla fine di un tour con Martha i ragazzi erano così colpiti che le hanno chiesto di diventare membro onorario dell’orchestra. Ancor oggi il suo carisma è unico».

Il poliziesco morale dei Dardenne Cinema Dal Belgio un’encomiabile inchiesta dell’anima Fabio Fumagalli *** La ragazza senza nome (La fille inconnue), di Jean-Pierre e Luc

Un particolare della locandina del film.

Dardenne, con Adèle Haenel, Olivier Bonnaud, Jéremie Renier, Louka Minnella, Olivier Gourmet (Belgio 2016) Tutto ha inizio dalla porta sbarrata di uno studio medico. L’orario dedicato alle visite è trascorso da più di un’ora, e la giovane dottoressa generica decide, malgrado la disapprovazione del suo stagista, di non aprire a chi sta bussando. Colei che bussava, però, sarà ritrovata morta l’indomani sulle rive della Mosella. È lei la ragazza senza nome del titolo; un’entità quasi astratta, a lungo sconosciuta, mostrata solo di sfuggita. È la ragione, anche a causa della sua natura scarsamente definita, del sentimento di colpa (e di strazio, paura, ripensamento deontologico) che farà da filo conduttore nell’ultimo film dei due sempre ispirati cineasti. Anche se ne assume le apparenze, anche se risulterà una delle opere più «scritte», meno libere dei suoi autori, La fille inconnue non è però un poliziesco. Piuttosto, un’inchiesta dell’anima, prima fra tutte quella della protagonista: una delle tante eroine, determinate fino alla testardaggine, che dai tempi di Ro-

setta alimentano l’emozione e supportano le costruzioni drammatiche così particolari dei fratelli Dardenne. Prima di ogni altra cosa, il film è comunque debitore nei confronti di Adèle Haenel, la giovane attrice che si sta affermando nel cinema francese più impegnato. Dopo la meravigliosa Marion Cotillard, con il suo giovane corpo esausto in Due giorni, una notte, quest’altra eroina è egualmente ferita, ma nella mente. Seria, competente nella sua apparenza quasi post-liceale, una perfezionista dalla determinazione a muso duro: ma già coinvolta, da un sistema sociale impaziente, in una serie di responsabilità, riflessioni e decisioni che la costringono in uno spazio psichico sempre più ristretto. Una solitudine, fatta di relazioni con il prossimo a colpi di telefoni, citofoni, computer che finiscono per interferire anche con il flusso del racconto. Un iso-

lamento, che la dottoressa tradisce nella tenerezza con la quale avvicina lo stetoscopio ai pazienti; ma dovuto in primo luogo al fallimento di un’etica professionale che esige di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni. È un quadro morale delicato ed encomiabile, ma che arrischia di condizionare le situazioni predilette solitamente dagli autori. Frenandone quell’inarrestabile slancio in avanti, spesso camera a spalla, libero e imprevedibile, che costituisce una delle particolarità più avvincenti del loro cinema. In questo senso, La ragazza senza nome non è il film più libero dei Dardenne; ma nell’abituale attenzione ai dettagli, alla banalità quotidiana anche più sfuggevole, nei toni quasi documentaristici nella ricerca della verità nascosta, persiste un cinema dalla generosità morale e maturità formale ineguagliabili.


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Cultura e Spettacoli

Cultura e Spettacoli

Ma la critica musicale

serve davvero a qualcosa? Musica I ncontro con il musicologo Massimo Zicari, autore del saggio Verdi in Victorian London Zeno Gabaglio «Dalla lettura dei quotidiani italiani, inglesi, tedeschi e francesi dell’Ottocento emerge chiaramente un’attenzione forte nei confronti delle novità musicali e operistiche del tempo, con discussioni dai toni accesi e a volte apertamente polemici, con schieramenti e prese di posizione che riguardavano gli aspetti più diversi della cultura musicale, fino a toccare le questioni morali». Il tema è di quelli forti – la critica musicale: il suo senso, il suo valore – e a parlarcene è Massimo Zicari, responsabile delegato presso la Divisione ricerca e sviluppo del Conservatorio della Svizzera italiana. L’occasione per coinvolgere il musicologo ticinese attorno a questo argomento fin troppo negletto è data dalla recente pubblicazione (per Open Book Publishers a Cambridge) del libro Verdi in Victorian London, uno studio che pone proprio l’accento sulla ricezione inglese – tutt’altro che semplice, diversamente da quello che si potrebbe pensare – delle opere del sommo compositore di Busseto. Un testo che qui usiamo come pretesto – senza per questo screditarne gli stimolanti contenuti – per parlare soprattutto di critica: quel che era, quel che è. «Nell’Ottocento il critico era rivestito di un ruolo importante: vegliare sugli sviluppi dell’arte musicale e for-

mulare un giudizio estetico fondato, con cui guidare il lettore verso una migliore comprensione delle novità che si affacciavano sul mercato della musica». Un esercizio peraltro «non esente da derive ideologiche, nazionalismi, idiosincrasie personali e quant’altro». Ma funzionava? I critici venivano ascoltati? «Difficile da dire, dal momento che né il pubblico né i compositori si lasciavano veramente influenzare dai critici. Il pubblico accorreva a teatro spesso malgrado il loro giudizio, e i compositori mal tolleravano i loro toni di rimprovero. Basti pensare a Wagner e alle sue invettive dai toni razzisti e antisemiti nei confronti dei suoi detrattori».

Il critico musicale oggi deve informare, orientare le aspettative e alimentare le attese

Il musicologo Massimo Zicari.

L’impressione è però quella per cui nel passato, soprattutto in quel diciannovesimo secolo che elesse la musica a massima espressione dello spirito umano, sia la critica sia il pubblico avessero con essa un rapporto vitale: la mia vita migliora se ascolto qualcosa di buono, e faccio di tutto affinché questo possa accadere. Oggi si può dire altrettanto?

«Assistiamo solo raramente a qualcosa di simile, ma la radice del problema non è da ricercare nella stampa – sempre assetata di novità – quanto piuttosto nell’impoverimento (per quanto paradossale possa suonare) della scena musicale di oggi, sempre più ripiegata verso un passato spesso museale». E in un simile contesto come può dunque venir declinata la missione della critica? «Il

compito della critica oggi è certamente marginale rispetto al passato, innanzitutto perché marginale è il ruolo di una produttività musicale ripiegata tragicamente su se stessa. Quale senso ha, per intenderci, recensire per l’ennesima volta una sinfonia di Beethoven, a parte la qualità dell’esecuzione e dell’interprete? Certamente ha ancora una funzione didascalica, nella misura in cui aiuta il

lettore a comprendere il repertorio del passato, ma raramente riesce a fungere da volano di cambiamenti». Un aspetto che nel tempo ha contribuito a un sostanziale screditamento della critica musicale è quello per cui spesso il giudizio degli esperti si è opposto a quello del pubblico, raccogliendo clamorose cantonate in prospettiva storica come il caso di Verdi a Londra ben dimostra. Com’è possibile che uno stesso oggetto musicale abbia portato a valutazioni così diverse? «Nell’Ottocento si parlava di filisteismo per identificare quell’atteggiamento retrivo o più spesso bassamente mercantile nei confronti dell’arte, contro il quale alcuni critici si opponevano a gran voce invocando gli ideali di un’arte musicale alta, nobile e sempiterna. È facile quindi capire come il cosiddetto “Verdi popolare” diventasse il bersaglio preferito dai critici idealisti, a maggior ragione se il pubblico veniva irretito dalle facili seduzioni di qualche volgare (nel senso etimologico della parola) “melodietta da organetto”». Criteri e atteggiamenti piuttosto miopi, dunque, che ancora duecento anni dopo non sono del tutto scomparsi… «Trovo anacronistico continuare a riproporre ancora oggi questa dialettica tra idealismo e filisteismo nell’arte, dopo che la sociologia ci ha spiegato quanti bisogni diversi la musica può soddisfare, quante funzioni può assumere, oltre a quella puramente estetica. In questo senso il critico non deve

essere un moralista, non deve predicare il bene artistico supremo, ma piuttosto fornire al pubblico le chiavi di lettura utili a meglio capire i fenomeni del nostro tempo». È però anche successo il contrario – per esempio con le avanguardie storiche del Novecento – dove i critici anziché bacchettare i gusti del pubblico facevano di tutto per propinargli musiche che in realtà non voleva sentire. «È sempre la questione delle funzioni della musica e della cultura nella nostra società: il critico deve aiutare il pubblico a comprendere le ragioni di un’arte complessa, ostica, a volte indigesta; non penso invece che possa o debba convincerlo ad apprezzarla, se in realtà quest’ultimo cerca dell’altro. Siamo onesti: non andiamo ad ascoltare Schubert perché vogliamo assistere a una lezione sull’estetica musicale romantica tedesca, vi andiamo perché la sua musica ancora oggi ci muove, ci conquista, ci emoziona. Al contrario, potrei ben comprendere le ragioni estetiche delle avanguardie del Novecento e continuare a provare noia per i risultati musicali che queste hanno prodotto». Per concludere: quale funzione si può ancora immaginare per la critica musicale? «Informare, orientare le aspettative, alimentare le attese: il giudizio dell’esperto ha ancora un grande valore. Tuttavia, se è vero che i critici letterari e cinematografici si trovano costantemente confrontati con le novità del momento, lo stesso non si può dire per quelli musicali, posti di fronte allo stridente contrasto tra la prevedibilità dei repertori del passato da una parte, e la sconcertante inattualità del presente dall’altra». Anche nella nostra regione? «Nella Svizzera italiana il problema diventa ancora più delicato perché spesso manca la necessaria distanza sociale e umana tra chi esercita la critica e chi ne è oggetto. Questo aspetto non rappresenta una novità, ma la misura del problema rende le dinamiche molto delicate».

Per ogni pecora perduta Narrativa Uno splendido racconto

prenatalizio dell’islandese Gunnarsson

Marco Horat La storia che racconta Il pastore d’Islanda di Gunnar Gunnarsson (1889-1975), edito ora da Iperborea ma l’originale è del 1936, è di una semplicità disarmante. Un pastore di 54 anni di nome Benedikt vive in un piccolo villaggio a sud est dell’isola, sul confine tra due mondi diversi: da una parte poche fattorie isolate popolate da famiglie contadine, dall’altra la natura selvaggia, il Vatnajökull, un deserto di montagne e ghiacciai che si perde all’infinito. Da ventisette anni, ogni prima domenica dell’Avvento, Benedikt si mette in cammino per andare a recuperare le pecore della sua comunità che si sono perse in quel mare di ghiaccio e destinate a morire di freddo e di fame. Nessuno glielo chiede e nessuno lo ricompensa per questo; lo fa perché gli sembra giusto farlo: «sono pur sempre esseri viventi» scrive Gunnarsson. Nel suo viaggio Benedikt non è solo; con lui partono il fido Leò detto Papa, un cane eccezionale che segue le piste anche a trenta gradi sotto zero, e Roccia, il suo flemmatico montone guida. Una vera Trinità come l’ha chiamata qualche critico rifacendosi simbolicamente al pensiero cristiano professato dell’autore che durante il viaggio si spartisce il cibo, le sofferenze e le gioie. Dopo settimane di stenti e fatiche disumane il trio rientra

nella «civiltà» con gli animali salvati, il giorno successivo il Natale. E nella prima fattoria nella quale si imbatte il vecchio pastore incontrerà un giovane suo omonimo (non a caso) andato alla sua ricerca e che possiamo immaginare continuerà la sua missione.

Un uomo, un cane e un montone in una natura fredda e ostile, che non perdona La storia è tutta qui: il rapporto speciale tra un uomo caparbio e la natura scatenata, sviluppato in modo profondo lungo un’ottantina di pagine; tanto per ricordare come non sia il numero delle righe a contare ma l’intensità dei sentimenti espressi. Un tema affrontato da altri autori e da realizzatori di film, ma che Gunnarsson descrive con uno stile asciutto che prende la testa e il cuore e ci fa quasi rannicchiare su noi stessi, sbigottiti davanti alla furia degli elementi scatenati. Nella postfazione Jon Kalman Stefànsson, anche lui scrittore islandese contemporaneo (tra i suoi libri tradotti in italiano per Iperorea: I pesci non han-

Il poeta islandese Gunnar Gunnarsson in un’immagine degli anni 60. (Keystone)

no gambe e Paradiso e Inferno) paragona il Pastore d’Islanda a Fame di Knut Hamsun e a Morte a Venezia di Thomas Mann: «la trama non è mai fondamentale, semmai lo è il modo nel quale la trama viene sviluppata». Stefànsson ci svela che ogni anno lui riprende in mano quel racconto proprio la prima domenica di Avvento e lo termina per Natale: «lo leggo lentamente, assaporandolo, come si assapora la compagnia di un vecchio amico». Poi naturalmente c’è la scrittura stringata di Gunnarsson, poetica e al tempo stesso realistica, con descrizioni straordinarie dei fenomeni della Natura matrigna e non priva di riflessioni: «E prima di passare in casa, strinse lo stop-

pino della candela tra due dita. È un atto di compassione verso la luce, non lasciare che si consumi invano». La nota di Alessandro Zironi che chiude il volumetto, centrata sulla fine dell’idillio islandese (lo scontro tra una Islanda agricola in via di sparizione e la modernità che avanza), inquadra invece la personalità di Gunnar Gunnarsson in riferimento alla nostalgia per un mondo che scompare e alle sue posizioni nell’ambito del Movimento letterario, ma anche politico, Panscandinavo, poi strumentalizzato a suo favore dalla Germania nazista. Ma come per Hamsun questo conta relativamente poco. Sono i loro libri che bisogna leggere.

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Cultura e Spettacoli

Christine, quarant’anni più tardi

Musica La colonna sonora di Christine, film dedicato alla tragica vicenda della reporter americana Christine

Chubbuck, diventa occasione di riflessione su una vita spezzata dalla solitudine Benedicta Froelich Nell’ambito della cultura popolare, esistono casi in cui quello che il geniale psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung chiamava «inconscio collettivo» sembra operare in maniera misteriosa e, per noi, spesso imperscrutabile. Non c’è altro modo di spiegare il curioso fenomeno verificatosi quest’autunno in relazione a un dramma umano che i più sembravano aver dimenticato, e che oggi, dopo oltre quarant’anni di quasi assoluto silenzio, torna inaspettatamente quanto improvvisamente alla ribalta. Stiamo parlando della tragica vicenda di Christine Chubbuck, giovane e tormentata giornalista statunitense che, la mattina del 15 luglio 1974, si tolse la vita sparandosi un colpo di pistola in diretta televisiva durante la trasmissione che, come d’abitudine, stava conducendo negli studi del canale WXLT-TV (situati a Sarasota, amena località balneare della Florida). A tutt’oggi, il gesto disperato di Christine – che al tempo lasciò completamente spiazzati gli ignari colleghi di lavoro – rimane perlopiù incompreso e frainteso, tanto che per molti anni è stato ricordato principalmente per aver funto da ispirazione al noto film drammatico Quinto Potere (1976) e per via delle morbose e infinite ricerche dell’unica copia superstite della registrazione di quella diretta, che in molti si ostinano tuttora a voler visionare. Eppure, ecco che, contro ogni previsione, l’edizione 2016 del noto Sun-

dance Festival che si svolge ogni anno nello stato dello Utah (USA), ha visto in lizza ben due film dedicati alla storia di Christine Chubbuck: Kate Plays Christine, scritto e diretto da Robert Greene – qui alle prese con un esperimento a metà strada tra il film e il documentario – e Christine, pellicola biografica di stampo più tradizionale firmata da Antonio Campos, di cui è da poco giunta nei negozi la colonna sonora: una sorta di «capsula temporale» che ci riporta dritti nel cuore della musica easy listening prodotta tra la fine degli anni 60 e la prima metà del decennio dei 70, in una selezione incentrata sui pezzi che al tempo più impazzavano nei palinsesti delle stazioni radio americane. Tanto che l’apertura del CD è affidata nientemeno che all’immortale John Denver, di certo il più compianto tra gli interpreti di soft country made in USA, e a una ballata delicata e sentimentale quale Annie’s Song: un brano che, probabilmente, l’animo inguaribilmente romantico di Christine apprezzava anche nella realtà. Forse basandosi su una simile premessa, il CD alterna suggestioni languide e passionali (si vedano pezzi sentimentali quali Rock Your Baby di George McCrae e la versione di Bobby Sherman del classico She Lets Her Hair Down (Early In The Morning), inizialmente portato al successo da Gene Pitney e i suoi Tokens), a momenti più sagaci e ammiccanti, come nel caso di I’m Leaving It All Up To You – qui presentato nell’interpretazione di due artisti di culto del periodo come Son-

Una scena del film Christine di Antonio Campos. (youtube)

ny & Cher – e dello spensierato Tighter, Tighter, con cui, nel 1970, i semisconosciuti Alive And Kicking arrivarono alla settima posizione nella Top Ten americana. Ma non è tutto: l’atmosfera generale si fa infatti più intrigante con il brillante e poco conosciuto Life’s Little Package Of Puzzles, a firma Spooner Oldham, e con Laughing, grintoso brano uptempo dei sempre interessanti Guess Who; mentre la gemma del CD è senz’altro l’eccellente Please Come To Boston, brano romantico soffuso di una vera, palpabile sofferenza, evidente nell’eccellente interpretazione di Dave Loggins: un pezzo che, risalente proprio all’estate 1974, sembra quasi avvicinarci ai sentimenti di Christine.

Del resto, la tragica vicenda della Chubbuck è raramente stata interpretata per quanto davvero era: non soltanto un atto di protesta rivolto ai suoi superiori – per i quali gli unici reportage televisivi interessanti erano quelli relativi a fatti di sangue – ma anche il disperato grido di aiuto di una donna che, schiacciata da una solitudine e un isolamento emotivo ai suoi occhi inspiegabili, si era razionalmente convinta di essere un caso senza speranza, al punto da volersi assumere la responsabilità della propria sparizione dalla scena. Eppure, è difficile ignorare il ruolo rivestito nella vicenda dal contesto della società middle class americana del tempo – in cui non solo era difficilissimo, per una donna,

farsi strada nel mondo spietato della televisione, ma in cui una 29enne single come Christine veniva considerata quasi alla stregua di una zitella vittoriana; ed è questo, in fondo, a fare del gesto della Chubbuck un ricordo scomodo, rendendoci fin troppo consapevoli del fatto che non molto è cambiato, e che quanto accaduto in quella mattina del luglio 1974 potrebbe ripetersi in qualsiasi momento. Un motivo in più per cui lavori come Christine e la relativa colonna sonora presentano una rilevanza che travalica il semplice merito artistico per rientrare piuttosto nel novero delle opere d’arte destinate a riportarci indietro nel tempo, con l’obiettivo di risvegliare le nostre coscienze. Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli

Fallire è auspicabile

Psicanalisi Secondo Massimo Recalcati le situazioni di crisi possono rappresentare un importante

punto di partenza per l’individuazione di un io che si differenzi da quello del nostro prossimo Eliana Bernasconi Durante il Festival di filosofia di Modena, svoltosi in autunno, ci si è occupati del tema, sempre attualissimo, dell’agonismo, concetto che (insieme alla competitività) attraversa la storia e si intreccia con tutti gli aspetti della vita pubblica e del singolo, nei confronti e nei conflitti della politica, della democrazia, perfino della concorrenza economica. Alcuni protagonisti del pensiero e del dibattito culturale contemporaneo, di provenienza italiana e straniera, hanno affrontato il tema da diversi punti di vista. In una società dominata dal principio del successo la sconfitta è una controparte ineludibile, una parte essenziale dell’agonismo, ed è stato Massimo Recalcati, psicoanalista lacaniano, a tesserne una paradossale difesa parlando di «Elogio del Fallimento». In questa società di vincenti la prestazione e la vittoria possono rivelarsi sterili, mentre l’esperienza dell’errore e dello sbandamento permette all’io di assumere la propria vulnerabilità. Il nostro è il tempo dei corpi e dei pensieri costantemente in gara, della competizione permanente che il filosofo Marcuse aveva posto nella categoria del principio di prestazione. Un vero e proprio imperativo che ci obbliga a essere performanti, macchine efficienti, non guaste, che corrono veloci. Lo sanno bene i bambini, che negli ultimi venti anni hanno sviluppato una

psicopatologia nuova: sono sempre in movimento fanno fatica a concentrarsi, ascoltare, fermarsi, pensare. Il nostro è il tempo subordinato al dominio dell’io, del farsi un nome da sé, che Lacan con un neologismo ironico aveva definito il tempo della «iocrazia», dove l’io diventa un idolo e il mondo è ridotto a spettacolo dove dobbiamo manifestarci; vincono coloro che arrivano primi e corrono più veloci. È il tempo che Adorno aveva definito dell’iperattivismo, del principio di prestazione, dell’idolatria della «monade», ciascuno nel proprio ego, nella propria autoaffermazione, dove non esiste spazio per il fallimento, lo sbandamento e la crisi, l’inciampo e il disorientamento. La psicoanalisi si interessa delle persone che fanno esperienza in modi diversi di crisi nei rapporti, nei pensieri, nel corpo malato. O quando il sintomo si manifesta nel lapsus, nella sofferenza, nella malattia, nell’insonnia. Quando l’ordine dei pensieri si infrange e non funziona più, e pare respingere la vita, poiché altera il funzionamento normale del corpo. Quello è il luogo per eccellenza in cui si manifesta la verità: là dove vi sono disarmonia, dolore, fatica, vi è possibilità di interrogarsi sul senso della vita e di iniziare un processo di trasformazione. A questo proposito giunge in aiuto anche un’immagine biblica, la Parabola del figliol prodigo, che vuole subito la sua eredità e

Il libro di Recalcati si concentra soprattutto sul disagio giovanile.

deve fare esperienza dell’abbandono della casa, dell’erranza, del negativo per arrivare infine alla conoscenza. Il figlio maggiore invece, non si perde: imbalsamato nella sua identificazione di primogenito fallisce il senso stesso dell’eredità rimanendo fermo e uguale al padre. Massimo Recalcati ha anche sfatato alcuni miti retorici del nostro tempo di iperattività e agonismo perpetuo che non lascia spazio al fallimento. Accanto all’eccitazione maniacale mette una seconda figura che sembrerebbe rovesciare il principio di prestazione ma ne è omologa: il mito retorico del dialogo, della comprensione o dell’empatia, enfatizzati dalla pedagogia e molto di moda vorrebbero l’integrazione e l’assimilazione, la totale immedesimazione con l’altro come modo per risolvere l’asprezza del conflitto. Ma non si dà politica dell’integrazione degna di questo nome tra generazioni, tra uomo e donna, tra genitori e figli, in ogni gruppo o istituzione che non implichi il riconoscimento di una differenza, di qualcosa di incondivisibile che riguarda ogni rapporto. Come ci ha fatto comprendere Lacan, solo il riconoscimento del fallimento della possibilità di comprendere totalmente il segreto dell’altro può far funzionare ogni rapporto: «Amo davvero mio figlio non perché vorrei che lui diventi come vorrei ma lo amo nel suo segreto e nella sua differenza». Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli

Matrimonio, sinfonia del dolore

Teatro A Bellinzona Silvio Orlando è il protagonista di Lacci, una pièce sui segreti del matrimonio

tratta dal romanzo di successo di Domenico Starnone Giorgio Thoeni I Lacci del romanzo di successo che lo scrittore napoletano Domenico Starnone aveva pubblicato con la casa editrice Einaudi (2014) si sono nuovamente riannodati a teatro in un adattamento dello stesso autore per la messa in scena della compagnia de «Il Cardellino» di Silvio Orlando, protagonista con Maria Laura Rondanini e la regia di Armando Pugliese. Dopo la «prima assoluta» a Tortona di pochi giorni prima, il Teatro Sociale di Bellinzona ha ospitato lo spettacolo per due serate. Lacci è strutturato come una sinfonia del dolore che si apre con il lacerante lamento di sofferenza e rabbia di una casalinga frustrata dall’abbandono del marito. In realtà, come vuole anche il romanzo, gli occhi della platea si aprono a una prima sofferta partitura sotto forma di lettera scritta al marito per un’altra. «Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie». È il supercitato incipit del percorso narrativo tra le emozioni di Aldo e Vanda in una commedia dalla realtà psicologica pesante e complessa. Una dimensione che può altresì appartenere a molti. L’ambiente è quello di una generazione che non regge all’impatto con sentimenti che improvvisamente sfuggono di mano, dove accanto alla vicenda di una coppia in crisi si fa strada l’analisi di un matrimonio nell’impietosa riflessione su quanto possa contare l’ipocrisia in un rapporto coniugale.

Silvio Orlando: «Non si può stare insieme senza essere in varia misura ipocriti». (Marka)

«È fondamentale» ha commentato in più occasioni Silvio Orlando, «e il testo di Starnone lo dimostra. Non si può stare insieme senza essere in varia misura ipocriti. Su certe cose bisogna tacere». Il silenzio diventa così l’unico rifugio dalla liturgia quotidiana. Lacci ci racconta di una coppia che si è sposata negli anni Sessanta e che ha avuto due figli. Aldo, dopo essersi trasferito a Roma per insegnare, si è però innamorato di un’altra donna e se ne va di casa. Ma Vanda si ribella e lo mette di fronte alle sue responsabilità di padre, a quei «legami-lacci» che tengono assie-

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me la famiglia. Lui torna, e rinuncia a quell’amore che però non lo lascerà mai in pace e che trasformerà il matrimonio in un tacito patto di non belligeranza. In un ipocrita patto economico «dove metti le sbarre alle finestre, e ti chiudi dentro col tuo assassino». Ma qual è il prezzo da pagare quando si vuole tornare sui propri passi? Il racconto di Starnone, come detto, si muove sull’arco di tre quadri. Tre «libri» come li ha definiti. Se il primo corrisponde al rabbioso dolore di una moglie abbandonata, nel secondo ci ritroviamo nella casa dei coniugi, nuo-

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vamente riuniti. Qualcuno però, approfittando di una loro breve assenza, è entrato mettendo tutto a soqquadro e facendo persino sparire il gatto. Labes, «la bes-tia», come Aldo l’aveva voluto chiamare. Ma il rimettere ordine permette anche di frugare fra i ricordi. Un viaggio talvolta carico di insidie. Soprattutto quando alcuni oggetti ritrovati per caso rivelano imbarazzanti segreti. Come quel vecchio vocabolario rimasto sul pavimento e aperto proprio sulla pagina che svela il significato di quella «innocente» scelta del nome per il gatto. Labes in latino significa infatti

«crollo, rovina, danno, disastro, sventura». Una scoperta che riapre la ferita nel cuore di Vanda. E in modo irreparabile. Il terzo e ultimo movimento della sinfonia ci fa scoprire gli autori dell’irruzione nella casa. Sono stati i figli di Vanda e Aldo. Dopo aver subito un’infanzia schiacciata dalle insicurezze generate da quella situazione, penetrano come ladri in quella casa che ormai non rappresenta più nulla: solo un immobile da liquidare al più presto. Prima di uscire butteranno tutto all’aria, si porteranno via il gatto e quelle foto dell’amante nascoste per anni dal padre. Con la misurata regia di Armando Pugliese, delicato sottolineatore di una lingua che dal libro di Starnone entra a teatro (non nuovo a questo esercizio dopo il fortunato Sottobanco del 1992), lo spazioso arredo grigio di Roberto Crea è ideale sfondo per i costumi dai tenui color pastello di Silvia Polidori con le musiche di Stefano Mainetti. Aldo-Silvio Orlando ci è parso un po’ sottotono nel suo vecchio «borghese piccolo piccolo», soprattutto se confrontato con la generosa forza interpretativa di VandaMaria Laura Rondanini, in scena con Roberto Nobile, Sergio Romano, Vanessa Scalera e Giacomo de Cataldo. Forse il passaggio dai caratteri comici che hanno cadenzato finora il successo di un ottimo attore in questo caso potrà ancora approfittare delle repliche per far crescere il protagonista di uno spettacolo che il pubblico bellinzonese ha accolto con grande simpatia. Annuncio pubblicitario


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Idee e acquisti per la settimana

Papeteria

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Suggerimento Disegnare il cervo su un cartoncino e ritagliarne il profilo interno. Quindi incollarlo su una cartolina di un altro colore che fa da sfondo.

Come fare affinché un biglietto d’auguri non venga subito cestinato da chi lo riceve? Al giorno d’oggi, fa già piacere anche solo trovare nella cassetta della posta – tra la pila di fatture – una busta con l’indirizzo scritto a mano. Se in più il messaggio è scritto con parole personalizzate, invece che con le solite frasi fatte, la cartolina ha molte chance di non finire tra la carta da riciclare. E se pure le illustrazioni sono belle, il destinatario potrebbe perfino usarla come decorazione dal significato speciale. Nell’assortimento Papeteria si trovano, tra l’altro, buste e biglietti di diversi colori e dimensioni.

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Idee e acquisti per la settimana

shopping Spesa ancor più confortevole alla Migros di Locarno

Novità Il supermercato Migros cittadino si è dotato anch’esso del sistema automatico self-service «Subito»

Niente coda alle casse, casse veloci per piccoli acquisti, totale della spesa sotto controllo, pagamento senza contanti e acquisti riposti direttamente nella borsa della spesa senza ulteriori manipolazioni… questi sono solo alcuni dei vantaggi del sistema per gli acquisti self-service «Subito» della Migros, metodo appena introdotto presso il supermercato di Locarno, che diventa così un nuovo punto vendita Migros a offrire questo servizio alla propria clientela, dopo le filiali di S. Antonino, Agno e Bellinzona e, nei prossimi giorni, anche presso la Migros di Lugano Centro. A Locarno «Subito» può contare su 4 stazioni self-scanning e 3 casse self-checkout per la spesa veloce ubicate presso l’uscita del negozio. Per utilizzare il sistema self-scanning è necessario possedere la carta o il codice digitale Cumulus, ciò che permette di poter prendere lo scanner all’entrata del negozio e iniziare con gli acquisti. Durante la spesa, il codice a barre di ogni articolo acquistato deve essere scansionato premendo il tasto dello scanner, dopodiché può essere già riposto nella borsa della spesa. Al termine degli acquisti, ci si reca presso l’area dei pagamenti, si restituisce lo scanner scansionando il codice a barre «concludere l’acquisto» e ci si reca presso una postazione «Subito» per pagare senza contanti tramite carte di debito/credito oppure carte regalo Migros. Sullo schermo della postazione seguire le semplici istruzioni per concludere l’acquisto. Casse Self-Checkout

Il sistema self-checkout contribuisce in modo determinante a velocizzare il passaggio alle casse in caso di piccoli acquisti. La scansione degli articoli è effettuata in modo autonomo dal cliente e il pagamento avviene comodamente per mezzo della propria carta di debito/ credito usuale oppure utilizzando una carta regalo Migros. Il self-checkout si distingue per la semplicità d’uso: i prodotti vengono fatti passare con il codice a barre rivolto verso lo scanner, mentre per gli articoli più voluminosi è disponibile uno scanner manuale. Al termine dell’operazione si effettua la scansione della propria carta Cumulus o Famigros alfine di incrementare il «saldo punti», come pure dei buoni sconto personali ricevuti. Infine, per le modalità di pagamento basta seguire le istruzioni visualizzate sullo schermo in modo chiaro e semplice.

Vincenzo Cammarata

Self-Scanning

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1 Il gerente di Migros Locarno Fabrizio Maddalon con alcune collaboratrici davanti alle postazioni self-scanning. 2 Primo passo: prelevare lo scanner dal supporto. 3 Secondo passo: scansionare il codice a barre di ogni articolo. 4 Terzo passo: terminata la spesa, restituire lo scanner ed effettuare il pagamento.


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Idee e acquisti per la settimana

Workshop confezionamento pacchetti regalo

24 ore di bellezza

Deborah Milano Fondotinta 24 Ore Care Perfection in 5 tonalità, 30 ml Fr. 23.–

Il periodo delle Feste si avvicina e c’è chi è già a buon punto con la compilazione della lista dei regali. Perché quest’anno non sorprendere amici e parenti con una splendida confezione regalo fatta con le proprie mani? Difficile? Non preoccupatevi, vi diamo una mano noi, con il no-

stro workshop creativo dedicato alla preparazione di bellissimi pacchetti regalo. L’originale evento è previsto giovedì 1. dicembre, dalla ore 19.00 alle 20.30, presso il Centro S. Antonino, ed è riservato a 15 persone. Per partecipare al workshop è necessario inviare una email, entro venerdì

25.11.16 alle ore 12.00, all’indirizzo concorso@migrosticino.ch, con oggetto «Concorso Workshop Creativo». I vincitori saranno estratti a sorte tra tutti partecipanti e riceveranno una conferma via email. Riservato ad un partecipante per ogni email. Buona fortuna.

Deborah Milano, marchio leader nell’ambito del make-up, lancia una straordinaria novità dedicata a tutte le donne che desiderano essere al top della bellezza giorno dopo giorno: il nuovo fondotinta 24 Ore Care Perfection. Questo prodotto innovativo non rappresenta solamente uno strumento di bellezza, ma anche un vero e proprio trattamento. La sua formula è stata studiata per ga-

rantire la massima perfezione, una tenuta estrema e un comfort assoluto grazie ad un’azione idratante intensiva data da sfere brevettate di acido ialuronico. La texture setosa e ultra leggera assicura una coprenza perfetta e duratura, minimizzando pori ed imperfezioni. Il prodotto è inoltre ipoallergenico e SPF20. È disponibile in 5 tonalità in un pratico packaging dotato di erogatore.

Funghi porcini, che bontà! Sciare in sicurezza

con l’ICE-KEY TAG

Funghi Porcini a fette* surgelati, 300 g Fr. 9.–

Con il loro sapore delicato e profumo caratteristico, i porcini sono tra i funghi più apprezzati e ricercati dai consumatori. Grazie ai funghi surgelati Valtaro, questi pregiati prodotti del bosco possono essere gustati tutto l’anno. Accurata scelta delle materie prime, grande cura nella selezione e nella lavorazione dei prodotti assicurano dei

prodotti freschissimi e di alta qualità. Surgelati appena raccolti, mantengono intatte le loro proprietà organolettiche al fine di garantire tutta la loro genuinità. I funghi porcini Valtaro sono disponibili sia interi che affettati e possono essere preparati direttamente senza essere scongelati. Una volta scongelati devono essere consumati in giornata.

Funghi Porcini interi* surgelati, 500 g Fr. 11.40 *In vendita nelle maggiori filiali

Grazie al dispositivo ICE-KEY TAG tutti gli appassionati di sport invernali possono lanciarsi sulle piste con maggiore sicurezza. Questo sistema innovativo permette di memorizzare tutti i dati più importanti personali e medici, rendendoli subito disponibili ai soccorritori in caso di necessità. Inoltre, tramite esso si possono pure inoltrare chiamate di emergenza, contattare i familiari e al bisogno geolocalizzare l’utente. Il versa-

tile ICE-KEY TAG può essere applicato sull’abbigliamento o sull’attrezzatura sportiva e non necessita di connessioni wi-fi o internet. Volete saperne di più su questo utile dispositivo di sicurezza? Allora venite a trovarci presso i negozi SportXX di Serfontana (sabato 26 novembre) e S. Antonino (mercoledì 30 novembre), dove sono previste due giornate dimostrative alla presenza di un esperto. Vi aspettiamo!


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Idee e acquisti per la settimana

M-Classic

Un potpourri fruttato Il succo multivitaminico di M-Classic contiene un colorato mix di frutti esotici, provenienti da coltivazioni Fairtrade certificate. Questa bevanda a base di polpa di frutta e concentrato è particolarmente apprezzata soprattutto durante la stagione più fredda, dal momento che già un bicchiere a colazione aiuta a iniziare la giornata all’insegna dell’energia e della freschezza. Chi volesse gustare questo succo al 100% a base di frutta ed esente da zucchero in maniera un po’ diversa dal solito, può servirlo sotto forma di dadini di gelatina.

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Con il succo multivitaminico in gelatina sulla tavola giungono gustose variazioni.

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M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche i succhi di frutta di M-Classic.

Gelatine multivitaminiche

Fairtrade Max Havelaar è sinonimo di prodotti coltivati in modo equo e sostenibile.

Per ca. 20 pezzi Ingredienti 3 dl di succo multivitaminico 1 bustina d’agar-agar di 8 g (gelificante vegano) ½ baccello di vaniglia noce di cocco grattugiata a piacimento

Preparazione Mescolate l’agar-agar e il succo multivitaminico in una pentola. Aggiungete il baccello di vaniglia dimezzato per il lungo. Portate a bollore e continuate a cuocere per ca. 2 minuti. Togliete la pentola dal fuoco e fate raffreddare la massa. Estraete il baccello di vaniglia. Versate la massa in un recipiente rettangolare. Lasciate

solidificare per ca. 2 ore a temperatura ambiente. Staccate leggermente dai bordi la massa gelatinosa e capovolgete. Tagliate a dadini di ca. 2,5 cm per lato. A piacimento, poco prima di servire, passate le gelatine nella noce di cocco grattugiata. Suggerimento La massa gelatinosa si conserva

per ca. 24 ore, dopodiché inizia a fuoriuscire del liquido. Tempo di preparazione ca. 10 minuti + solidificazione ca. 2 ore Per pezzo (con noce di cocco grattugiata) ca. < 1 g di proteine, 1 g di grassi, 2 g di carboidrati, 58 kJ/14 kcal

Parte di

Con il suo impegno per la sostenibilità Migros è da generazioni in anticipo sui tempi.


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Idee e acquisti per la settimana

Wok di cavoli

Attualità

Contorno per 4 persone Ingredienti 500 g di cavoletti di Bruxelles sale 2 peperoncini 1 cm di zenzero 3 cucchiai di salsa di soia 1 cucchiaio d’olio di sesamo o di noci 300 g di verza o di cavolo cinese 300 g di cavolo rosso 2 cucchiai d’olio d’arachidi 1 cucchiaino di succo di limone o di limetta ½ mazzetto di coriandolo 1 cucchiaio di semi di sesamo, a piacere

2. Tagliate la verza a pezzi grossi. Eliminate il fusto dal cavolo rosso e tagliate il cavolo a fettine sottilissime. Scaldate l’olio d’arachidi nel wok o in una padella dal bordo alto. Rosolate la verza e il cavolo rosso a calore molto intenso per 1-2 minuti. Unite i cavoletti di Bruxelles assieme alla marinata e continuate a rosolare a calore alto per ca. 5 minuti rimestando di continuo. Insaporite con la salsa di soia e il succo di limetta. Guarnite con foglioline di coriandolo strappate e cospargete di semi di sesamo. Accompagnate con riso al gelsomino.

Preparazione 1. Dimezzate i cavoletti di Bruxelles e lessateli al dente in acqua salata per ca. 10 minuti. Passateli sotto l’acqua fredda e fateli sgocciolare bene. A piacere, estraete i semini dai peperoncini e affettateli finemente. Bagnate i cavoletti con la salsa di soia e l’olio di sesamo. Unite lo zenzero grattugiato finemente. Mescolate bene tutto e fate riposare per 10 minuti.

Suggerimento Quando aggiungete i cavoletti di Bruxelles, unite anche 200-300 g di gamberetti sgusciati e rosolateli assieme agli altri ingredienti.

Una volta i cavoli assicuravano il fabbisogno invernale di vitamine, oggi gli amanti di questi ortaggi li apprezzano soprattutto per il loro potenziale gastronomico. Sono molto versatili, sia stufati che ripieni, sia in padella con altri ingredienti oppure in gustosissime variazioni di insalata.

Dei cavoli di Bruxelles si raccolgono le gemme fogliari, ovvero i cavolini, che sono attaccati al fusto centrale, alla base delle foglie.

Tempo di preparazione ca. 25 minuti Per persona ca. 10 g di proteine, 10 g di grassi, 9 g di carboidrati, 700 kJ/170 kcal

La verza è ideale per preparare involtini e stufati, ma le sue foglie fanno bella figura anche in insalata. Güner Uenal, responsabile del reparto frutta/verdura di Migros Agno, cucina spesso i cavoli a casa. (Flavia Leuenberger)

Güner Uenal

«I cavoli sono molto gettonati»

Suggerimento I cavolini di Bruxelles sono ottimi anche sfogliati in insalate o in padella. Conquisteranno anche i palati più difficili.

Freschi e di stagione: i cavoli sono disponibili in diverse tipologie

Güner Uenal, quante varietà di cavolo sono disponibili attualmente a Migros Ticino?

Abbiano un ampio assortimento di cavoli. Attualmente disponiamo per esempio di verze, cavoli piuma, cavoli rossi, cavoli bianchi e cavolini di Bruxelles. In aggiunta vi sono anche alcune varietà nostrane in qualità bio. Da dove provengono questi cavoli?

L’intero assortimento proviene attualmente dalla Svizzera. Da noi questi ortaggi crescono molto bene. C’è una varietà che è particolarmente richiesta?

Al momento il cavolo piuma è molto richiesto, e la domanda è in continua crescita. Questo ortaggio è particolarmente

Il cavolo piuma è una vera star in fatto di proprietà nutrizionali, ma anche in cucina non è da meno.

apprezzato dai giovani, che lo considerano un cosiddetto superfood, viste le sue ottime proprietà nutrizionali. Questo vale tuttavia anche per le altre varietà.

Cosa contengono?

Quali piatti si possono preparare con questo ortaggio?

I cavoli sono ideali soprattutto nei regimi alimentari poveri di grassi, dal momento che la maggior parte di essi praticamente non ne contiene. In aggiunta sono ricchi di proteine, vitamine e acido folico. I glucosinolati, sostanze che conferiscono ai cavoli il loro caratteristico sapore, posseggono proprietà antibatteriche. www.migros.ch/frutta-verdura

Molti lo servono in insalata, altri ne fanno dei verdi smoothie oppure ancora delle smoothie-bowl. Pure io a casa preparo volentieri dei piatti energetici a base di cavolo piuma per tutta la famiglia. Qual è il suo cavolo preferito?

Decisamente la verza. È un ortaggio straordinario con il quale si possono realizzare gustosissime ricette di stagione, come per esempio la cassöla, un piatto della nostra tradizione a base di verza e carne di maiale.

Il cavolo cinese è un incrocio tra rapa e cavolo senape. È particolarmente indicato per i piatti al wok.

Ricette di

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Idee e acquisti per la settimana

Wok di cavoli

Attualità

Contorno per 4 persone Ingredienti 500 g di cavoletti di Bruxelles sale 2 peperoncini 1 cm di zenzero 3 cucchiai di salsa di soia 1 cucchiaio d’olio di sesamo o di noci 300 g di verza o di cavolo cinese 300 g di cavolo rosso 2 cucchiai d’olio d’arachidi 1 cucchiaino di succo di limone o di limetta ½ mazzetto di coriandolo 1 cucchiaio di semi di sesamo, a piacere

2. Tagliate la verza a pezzi grossi. Eliminate il fusto dal cavolo rosso e tagliate il cavolo a fettine sottilissime. Scaldate l’olio d’arachidi nel wok o in una padella dal bordo alto. Rosolate la verza e il cavolo rosso a calore molto intenso per 1-2 minuti. Unite i cavoletti di Bruxelles assieme alla marinata e continuate a rosolare a calore alto per ca. 5 minuti rimestando di continuo. Insaporite con la salsa di soia e il succo di limetta. Guarnite con foglioline di coriandolo strappate e cospargete di semi di sesamo. Accompagnate con riso al gelsomino.

Preparazione 1. Dimezzate i cavoletti di Bruxelles e lessateli al dente in acqua salata per ca. 10 minuti. Passateli sotto l’acqua fredda e fateli sgocciolare bene. A piacere, estraete i semini dai peperoncini e affettateli finemente. Bagnate i cavoletti con la salsa di soia e l’olio di sesamo. Unite lo zenzero grattugiato finemente. Mescolate bene tutto e fate riposare per 10 minuti.

Suggerimento Quando aggiungete i cavoletti di Bruxelles, unite anche 200-300 g di gamberetti sgusciati e rosolateli assieme agli altri ingredienti.

Una volta i cavoli assicuravano il fabbisogno invernale di vitamine, oggi gli amanti di questi ortaggi li apprezzano soprattutto per il loro potenziale gastronomico. Sono molto versatili, sia stufati che ripieni, sia in padella con altri ingredienti oppure in gustosissime variazioni di insalata.

Dei cavoli di Bruxelles si raccolgono le gemme fogliari, ovvero i cavolini, che sono attaccati al fusto centrale, alla base delle foglie.

Tempo di preparazione ca. 25 minuti Per persona ca. 10 g di proteine, 10 g di grassi, 9 g di carboidrati, 700 kJ/170 kcal

La verza è ideale per preparare involtini e stufati, ma le sue foglie fanno bella figura anche in insalata. Güner Uenal, responsabile del reparto frutta/verdura di Migros Agno, cucina spesso i cavoli a casa. (Flavia Leuenberger)

Güner Uenal

«I cavoli sono molto gettonati»

Suggerimento I cavolini di Bruxelles sono ottimi anche sfogliati in insalate o in padella. Conquisteranno anche i palati più difficili.

Freschi e di stagione: i cavoli sono disponibili in diverse tipologie

Güner Uenal, quante varietà di cavolo sono disponibili attualmente a Migros Ticino?

Abbiano un ampio assortimento di cavoli. Attualmente disponiamo per esempio di verze, cavoli piuma, cavoli rossi, cavoli bianchi e cavolini di Bruxelles. In aggiunta vi sono anche alcune varietà nostrane in qualità bio. Da dove provengono questi cavoli?

L’intero assortimento proviene attualmente dalla Svizzera. Da noi questi ortaggi crescono molto bene. C’è una varietà che è particolarmente richiesta?

Al momento il cavolo piuma è molto richiesto, e la domanda è in continua crescita. Questo ortaggio è particolarmente

Il cavolo piuma è una vera star in fatto di proprietà nutrizionali, ma anche in cucina non è da meno.

apprezzato dai giovani, che lo considerano un cosiddetto superfood, viste le sue ottime proprietà nutrizionali. Questo vale tuttavia anche per le altre varietà.

Cosa contengono?

Quali piatti si possono preparare con questo ortaggio?

I cavoli sono ideali soprattutto nei regimi alimentari poveri di grassi, dal momento che la maggior parte di essi praticamente non ne contiene. In aggiunta sono ricchi di proteine, vitamine e acido folico. I glucosinolati, sostanze che conferiscono ai cavoli il loro caratteristico sapore, posseggono proprietà antibatteriche. www.migros.ch/frutta-verdura

Molti lo servono in insalata, altri ne fanno dei verdi smoothie oppure ancora delle smoothie-bowl. Pure io a casa preparo volentieri dei piatti energetici a base di cavolo piuma per tutta la famiglia. Qual è il suo cavolo preferito?

Decisamente la verza. È un ortaggio straordinario con il quale si possono realizzare gustosissime ricette di stagione, come per esempio la cassöla, un piatto della nostra tradizione a base di verza e carne di maiale.

Il cavolo cinese è un incrocio tra rapa e cavolo senape. È particolarmente indicato per i piatti al wok.

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Idee e acquisti per la settimana

Minestra di patate dolci con salmone

Salmone Migros-Bio

Armonia a due

Piatto principale per 4 persone Ingredienti 700 g di patate dolci 1 cipolla 2 cm di zenzero fresco 2 cucchiai d’olio di colpa 8 dl di brodo di verdura sale curry, ad es. madras 4 tranci di filetto dorsale di salmone di ca. 120 g ciascuno 2 cucchiai di salsa teriyaki

Il salmone biologico arrostito e le patate dolci si abbinano perfettamente già dal punto di vista estetico. L’unione del gusto dolce delle patate con l’aroma nocciolato del salmone crea un insieme delizioso Testo Sonja Leissing; Foto e Styling Ruth Küng; Ricetta Margaretha Junker

Chips 200 g di cavolo riccio 2 cucchiai d’olio d’oliva

Preparazione 1. Tagliate le patate a dadini. Tritate la cipolla e lo zenzero e soffriggeteli nell’olio. Versate il brodo e lasciate sobbollire per ca. 20 minuti, finché le patate risultano ben cotte. Frullate e condite con sale e curry. 2. Per le chips, scaldate il forno a 150 °C. Staccate la costola centrale dalle foglie. Ungete le foglie d’olio e mescolatele bene. Salate leggermente e disponete le foglie su una teglia. Accomodate il pesce in una pirofila, spennellatelo con la salsa teriyaki e conditelo con il curry. Infornate il salmone con le chips e cuocete per 15-20 minuti, tenendo lo sportello del forno leggermente aperto con un mestolo.

Suggerimenti Accomodate il trancio di salmone su un toast, prima d’immergerlo nella minestra. Le chips di cavolo riccio, una volta fredde, ben sigillate si conservano per 2-3 giorni. Tempo di preparazione ca. 20 minuti + cottura in forno ca. 20 minuti Per persona ca. 26 g di proteine, 15 g di grassi, 45 g di carboidrati, 1750 kJ/420 kcal

3. Prima di servire, staccate la pelle del salmone. Servite la minestra con un trancio di salmone e guarnitela con le chips di cavolo riccio.

MSC è sinonimo di pesca sostenibile e certificata. Pesci e frutti di mare provengono sempre da pesca selvatica.

ASC è sinonimo di piscicoltura responsabile e certificata. Gli allevamenti devono rispettare direttive ambientali e sociali.

Buono a sapersi Le varietà di salmone bio della Migros provengono da pescicolture sostenibili e in sintonia con la natura. I pesci crescono in condizioni adeguate per la specie e sono nutriti con mangime biologico. Farina e olio di pesce contenuti provengono dalla trasformazione di pesci commestibili e vegetali provenienti dall’agricoltura bio. In caso di malattia si utilizzano rimedi naturali.

Per aspetto e sapore l’alta cucina consiglia di proporre la zuppa di patate dolci e salmone come antipasto.

Pesci e frutti di mare a marchio Migros Bio provengono da piscicoltura sostenibile e in armonia con la natura. Sono nutriti con mangimi biologici e vivono in vasche di dimensioni adeguate in acqua dolce o salata.

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Minestra di patate dolci con salmone

Salmone Migros-Bio

Armonia a due

Piatto principale per 4 persone Ingredienti 700 g di patate dolci 1 cipolla 2 cm di zenzero fresco 2 cucchiai d’olio di colpa 8 dl di brodo di verdura sale curry, ad es. madras 4 tranci di filetto dorsale di salmone di ca. 120 g ciascuno 2 cucchiai di salsa teriyaki

Il salmone biologico arrostito e le patate dolci si abbinano perfettamente già dal punto di vista estetico. L’unione del gusto dolce delle patate con l’aroma nocciolato del salmone crea un insieme delizioso Testo Sonja Leissing; Foto e Styling Ruth Küng; Ricetta Margaretha Junker

Chips 200 g di cavolo riccio 2 cucchiai d’olio d’oliva

Preparazione 1. Tagliate le patate a dadini. Tritate la cipolla e lo zenzero e soffriggeteli nell’olio. Versate il brodo e lasciate sobbollire per ca. 20 minuti, finché le patate risultano ben cotte. Frullate e condite con sale e curry. 2. Per le chips, scaldate il forno a 150 °C. Staccate la costola centrale dalle foglie. Ungete le foglie d’olio e mescolatele bene. Salate leggermente e disponete le foglie su una teglia. Accomodate il pesce in una pirofila, spennellatelo con la salsa teriyaki e conditelo con il curry. Infornate il salmone con le chips e cuocete per 15-20 minuti, tenendo lo sportello del forno leggermente aperto con un mestolo.

Suggerimenti Accomodate il trancio di salmone su un toast, prima d’immergerlo nella minestra. Le chips di cavolo riccio, una volta fredde, ben sigillate si conservano per 2-3 giorni. Tempo di preparazione ca. 20 minuti + cottura in forno ca. 20 minuti Per persona ca. 26 g di proteine, 15 g di grassi, 45 g di carboidrati, 1750 kJ/420 kcal

3. Prima di servire, staccate la pelle del salmone. Servite la minestra con un trancio di salmone e guarnitela con le chips di cavolo riccio.

MSC è sinonimo di pesca sostenibile e certificata. Pesci e frutti di mare provengono sempre da pesca selvatica.

ASC è sinonimo di piscicoltura responsabile e certificata. Gli allevamenti devono rispettare direttive ambientali e sociali.

Buono a sapersi Le varietà di salmone bio della Migros provengono da pescicolture sostenibili e in sintonia con la natura. I pesci crescono in condizioni adeguate per la specie e sono nutriti con mangime biologico. Farina e olio di pesce contenuti provengono dalla trasformazione di pesci commestibili e vegetali provenienti dall’agricoltura bio. In caso di malattia si utilizzano rimedi naturali.

Per aspetto e sapore l’alta cucina consiglia di proporre la zuppa di patate dolci e salmone come antipasto.

Pesci e frutti di mare a marchio Migros Bio provengono da piscicoltura sostenibile e in armonia con la natura. Sono nutriti con mangimi biologici e vivono in vasche di dimensioni adeguate in acqua dolce o salata.

Parte di


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Idee e acquisti per la settimana

Frey

È già tempo di regali Le creazioni di praline della Chocolat Frey sono un regalo sempre molto apprezzato durante il periodo dell’Avvento. E questo anche grazie alla graziosa confezione a forma di stella con tanto di nastrini dorati che richiama subito alle festività di fine anno. Pallina dopo pallina, le praline Adoro sono un piacere assoluto per tutti gli amanti del cioccolato: un guscio di croccante cioccolato al latte che racchiude al suo interno un irresistibile ripieno cremoso.

*Azione 20% su tutte le palline Adoro dal 22 al 28 novembre fino ad esaurimento

Ora le palline Adoro sono vestite a festa. per il periodo natalizio.

Frey Adoro Palline Stella Latte, UTZ, 120 g Fr. 5.– invece di Fr. 6.30*

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Frey Adoro Palline Latte, UTZ, 74 g Fr. 3.35 invece di Fr. 4.20*

Frey Adoro Palline Latte, UTZ, 550 g Fr. 12.55 invece di Fr. 15.70*

M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche Adoro.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Idee e acquisti per la settimana

Oh!

Un piacere ricco di proteine Coloro che prestano attenzione ad un’alimentazione ricca di proteine e amano i dolci hanno di che rallegrarsi: ora lo yogurt Oh! Greek Style esiste anche come mini-dessert. Entrambe le variazioni sono piccole, ma deliziose: con soli 100 g per porzione sono perfetti come spuntino tra i pasti. Questi yogurt cremosi sorprendono grazie al loro topping dolce sul fondo: il «Toffee Choco» è arricchito con caramello fondente e scaglie di cioccolato scuro, mentre il «Coco-Choco», oltre a scaglie di cioccolato, contiene anche irresistibili pezzettini di cocco.

Azione 20X Punti Cumulus per i prodotti Oh! qui illustrati fino al 28 novembre

Piccolo ma delizioso: il cremoso mini-dessert di Oh! contiene l’otto percento di proteine.

Oh! Mini Toffee-Choco 4 x 100 g Fr. 4.40

Oh! Mini Coco-Choco 4 x 100 g Fr. 4.40


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Idee e acquisti per la settimana

L’Oréal Paris

Per ciglia voluminose

Nelle grandi occasioni non si può fare a meno di avere ciglia ben curate e voluminose. Usando uno spazzolino dalle setole spesse si può applicare per bene il mascara e le ciglia si dividono senza incollarsi. Quattro fasi per avere occhi perfetti Testo Anette Wolffram Eugster; Foto Nina Tiefenbach

Per una bella piega

1

Si può dare una bella piega alle ciglia con un’apposita pinza piegaciglia. Per una forma che tenga a lungo, bisogna prima scaldare brevemente la pinza con l’asciugacapelli. L’effetto è identico a quello di un arricciacapelli: il calore mantiene più a lungo la piega.

L’Oréal Paris Volume Million Lashes Fatale 9,6 ml Fr. 23.90

Applicare a zig-zag

2

Le spesse setole del mascara danno volume. Per separare accuratamente le ciglia superiori, bisogna passare lo spazzolino con rapidi movimenti a zig-zag procedendo dalla radice verso le punte.

L’Oréal Paris Color Riche La Lip Palette nude* 6 x 1 g Fr. 21.90 * disponibile anche in tonalità Rouge

Allungare le punte

3

Per allungare al massimo le punte delle ciglia, bisogna insistere con l’estremità dello spazzolino del mascara. Le setole che si richiudono su se stesse permettono di separare le ciglia senza che queste si appiccichino.

Evidenziare le ciglia inferiori

4

Alla fine, evidenziare le ciglia inferiori con un po’ di mascara. Se un po’ di colore dovesse finire sulla pelle, nessun problema: rimuovere le tracce di make-up assorbendole con un bastoncino d’ovatta.

L’Oréal Paris Smalto per unghie Le Vernis à l’Huile* 13,5 ml Fr 12.90 * disponibile in 18 colori


Azione 15%

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Tutta la pasta per biscotti per es. pasta per cuoricini al limone, 500 g, 3.35 invece di 4.20

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3.40 invece di 4.90 Mele Jazz, agrodolci Svizzera, al kg

Fettine di pollo Optigal Svizzera, per 100 g

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1.95 invece di 2.80 Filetto di passera MSC Atlantico nord-orientale, per 100 g, fino al 26.11

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5.85 invece di 6.90 Minirose Fairtrade, mazzo da 10 disponibili in diversi colori, lunghezza dello stelo 40 cm, per es. rosse

Pesci freschi in vaschetta per la cottura al forno filetto di salmone, filetto di merluzzo e calamari, per es. filetto di salmone al limone e coriandolo, d’allevamento, Norvegia, 420 g, 12.60 invece di 15.80

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4.40 invece di 7.35 Entrecôte e scamone di manzo, al pezzo Uruguay/Paraguay, per 100 g

30%

3.55 invece di 5.10 Costa schiena di manzo TerraSuisse Svizzera, imballata, per 100 g

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1.05 invece di 1.50

5.40 invece di 7.30

Spezzatino e arrosto spalla di maiale TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g

Fettine fesa di vitello tagliate fini TerraSuisse Svizzera, imballate, per 100 g

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2.55 invece di 3.70 Salametti a pasta fine prodotti in Ticino, conf. da 2 pezzi, per 100 g

Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 22.11 AL 28.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

20% Tutto l’assortimento Gusto del sol per es. Jamón Serrano, Spagna, per 100 g, 3.85 invece di 4.85

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5.90 invece di 10.60 Mortadella Vismara Italia, affettata in vaschetta, 2 x 100 g

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3.55 invece di 4.75 Sminuzzato di vitello TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g

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6.95 invece di 11.85 Salsicce di maiale M-Classic in conf. da 3 Svizzera, 3 x 4 pezzi, 600 g


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30%

25%

21.– invece di 28.10

3.60 invece di 5.20

Caseificio Canaria prodotto in Ticino, in self-service, al kg

Finocchi Italia, al kg

33%

1.90 invece di 2.90 Broccoli bio Italia, 400 g

conf. da 3

20%

4.30 invece di 5.40 Tomme à la crème in conf. da 3 3 x 100 g

20%

6.95 invece di 8.70 Raccard assortito 350 g

conf. da 2

–.90

di riduzione

3.80 invece di 4.70 Formaggio fresco Cantadou in conf. da 2 per es. alle erbe aromatiche, 2 x 125 g

20% Tutto l’assortimento Galbani per es. mozzarella Santa Lucia, 150 g, 1.40 invece di 1.80

Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 22.11 AL 28.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

20%

22.80 invece di 28.50 Raclette du Valais AOC in self-service, al kg

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3.20 invece di 5.40 Sacchettini ricotta e spinaci Armando De Angelis conf. da 250 g

40%

30%

2.90 invece di 4.40

–.90 invece di 1.60

Patate resistenti alla cottura Svizzera, busta da 2,5 kg

30%

3.95 invece di 5.90 Cachi Persimon bio Spagna, imballati, 700 g

Insalata iceberg Spagna, al pezzo

20%

1.95 invece di 2.50 Mango Brasile, al pezzo

25%

2.90 invece di 3.90 Arance bionde Spagna, rete da 2 kg


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. a z n ie n e v n o c a ll e d o Il bell conf. da 6

20% Tutti gli stollen natalizi per es. stollen di Natale, 200 g, 1.75 invece di 2.20

– .4 0

di riduzione Tutti i tipi di pane fresco bio per es. corona del sole, 360 g, 2.50 invece di 2.90

20%

7.20 invece di 9.– Tutti i prodotti Malbuner in conf. da 6 per es. fleischkäse Delikatess, 6 x 115 g

M consiglia INSIEME CON LA PIZZA Prima di portare in tavola la pizza che cuoce nel forno, concediti un antipasto a base di cavolo riccio saltato con ceci e salsa allo yogurt. Trovi la ricetta su saison.ch/ consigliamo e tutti gli ingredienti freschi alla tua Migros.

conf. da 3

33% Pizza e pizza ovale Anna’s Best in confezioni multiple per es. ovale al prosciutto in conf. da 3, 3 x 205 g, 9.80 invece di 14.70

30%

20%

7.50 invece di 10.80

Tutti i dessert Tradition per es. Coupe Chantilly alla vaniglia, 2 pezzi, 2 x 115 g, 1.45 invece di 1.85

Pasta Agnesi in borsa 3 kg

conf. da 4 conf. da 3

30% Tortelloni M-Classic in conf. da 3 per es. con ripieno di carne di manzo, 3 x 250 g, 8.10 invece di 11.70

20% Tutte le barbabietole intere cotte al vapore Anna’s Best e bio per es. barbabietole cotte al vapore, bio, 1 kg, 3.90 invece di 4.90

Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 22.11 AL 28.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

– .4 0

di riduzione

2.– invece di 2.40 Quark alla frutta M-Classic in conf. da 4 4 x 125 g, per es. ai lamponi

20% Tutto l’assortimento Farmer’s Best prodotti surgelati, per es. rosette di broccoli, 500 g, 2.95 invece di 3.70

50% Patate fritte e patate fritte al forno M-Classic, busta da 2 kg surgelate, per es. patate fritte al forno, 4.70 invece di 9.45

a partire da 2 confezioni

–.60

di riduzione l’una Tutti i tipi di riso M-Classic da 1 kg a partire da 2 confezioni, –.60 di riduzione l’una, per es. risotto S. Andrea, 1.95 invece di 2.55

conf. da 2

30% Sofficini al formaggio e agli spinaci M-Classic in conf. da 2 surgelati, per es. sofficini agli spinaci, 2 x 600 g, 10.05 invece di 14.40


. a z n ie n e v n o c a ll e d o Il bell conf. da 6

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7.20 invece di 9.– Tutti i prodotti Malbuner in conf. da 6 per es. fleischkäse Delikatess, 6 x 115 g

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1.–

di riduzione Tutti i biscotti natalizi in busta da 500 g (confezioni miste escluse), per es. stelle alla cannella, 4.90 invece di 5.90

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20%

Pommes Chips M-Classic in sacchetto XL al naturale e alla paprica, per es. alla paprica, 400 g, 3.– invece di 6.–

Tutto l’assortimento Kellogg’s per es. Special K, 500 g, 3.80 invece di 4.75

a partire da 2 pezzi

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Tutte le tisane Yogi bio a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione

a partire da 2 confezioni

20%

Tutte le gallette di riso e di mais (Alnatura escluse), a partire da 2 confezioni, 20% di riduzione

20% Praliné Frey con motivo di renna e Adoro, UTZ per es. praliné Prestige con motivo di renna, 235 g, 12.20 invece di 15.30

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Tutte le barrette ai cereali Farmer a partire da 2 confezioni, 30% di riduzione

* In vendita nelle maggiori filiali Migros. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 22.11 AL 28.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

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Tutti i prodotti natalizi Celebrations e M&M’s per es. calendario dell’Avvento Celebrations, 230 g, 7.95

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Nocciole e mandorle macinate nonché mandorle Tutti i mitici Ice Tea in bottiglie di PET a bastoncino e a scaglie M-Classic in conf. da 6, 6 x 1 l, UTZ* per es. mandorle a scaglie, 200 g, per es. al limone, 5.45 invece di 7.80 3.75 invece di 4.70

50%

2.85 invece di 5.70 Vittel in conf. da 6, 6 x 1,5 l

30% Tutto l’assortimento di tessili per la cucina e la tavola Cucina & Tavola per es. guanto da forno, rosso, il pezzo, 8.95 invece di 12.80, offerta valida fino al 5.12.2016

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12.90 invece di 17.– Cleverbag Herkules in conf. da 5 35 litri, 5 x 20 pezzi, offerta valida fino al 5.12.2016

50% Tutto l’assortimento Handymatic Supreme (sale rigeneratore escluso), per es. pastiglie All in 1, 44 pezzi, 7.40 invece di 14.80


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Altre offerte. Rosa di Natale, decorata, in coprivaso, 13.90 Hit

Pesce, carne e pollame

Tutti i bulbi da fiore di amarillide, per es. in vaso color oro, il pezzo, 15.90 invece di 19.90 20%

Altri alimenti Capesante MSC, pesca, Atlantico nord-occidentale, per 100 g, 4.80 invece di 6.– 20% ** Polpettine cotte al grill, Svizzera, per 100 g, 2.45 invece di 3.30 25% solo in filiali con grill Arrosto di vitello cotto, Svizzera, affettato in vaschetta, per 100 g, 3.40 invece di 4.25 20%

20%

Tomato Ketchup Heinz in conf. speciale, 1,5 kg, 4.05 Hit

Pane e latticini

Tutte le capsule Café Royal, UTZ, per es. Lungo, 10 capsule, 4.10 10x PUNTI

Tutto l’assortimento Kneipp (confezioni multiple e set natalizi esclusi), per es. olio da bagno trattante ai fiori di mandorlo, 100 ml, 6.30 invece di 7.90

Tutte le capsule Twin, per es. Chocolate, 16 capsule, 3.70 invece di 6.20 40% Sanissa au beurre in conf. da 2, 2 x 500 g, 6.– invece di 7.50 20% Tutte le crostate Anna’s Best, per es. crostata alle albicocche, 215 g, 2.45 invece di 3.10 20% Panini wellness bio, 90 g, –.95 invece di 1.20 20%

conf. da 2

conf. da 2

15% Shampoo e balsami Elseve in conf. da 2 per es. shampoo Color-Vive, 2 x 250 ml, 6.– invece di 7.10, offerta valida fino al 5.12.2016

40% Fazzoletti di carta e salviettine cosmetiche Linsoft e Kleenex in confezioni speciali per es. fazzoletti di carta Linsoft Classic, FSC, 56 x 10 pezzi, 3.30 invece di 5.50, offerta valida fino al 5.12.2016

Bastoncini di nasello azzurro Pelican, MSC, in conf. da 3, surgelati, 3 x 450 g, 8.80 invece di 13.20 33%

30%

Cialde finissime ChocMidor in conf. da 3, Classico, Noir e Diplomat, per es. Classico, 3 x 165 g, 5.70 invece di 8.55 33%

Fiori e piante

Tavolette di cioccolato Frey da 400 g in conf. da 3, UTZ, per es. Cremant, 3 x 400 g, 9.65 invece di 14.40 33%

7.25 invece di 10.40 Spazzolino Sensitive Professional Elmex in conf. da 2 offerta valida fino al 5.12.2016

Baby Kisss in conf. da 2, UTZ, cioccolato al latte e fondente, per es. cioccolato al latte, 2 x 15 pezzi, 4.60 invece di 5.80 20% Funghi M-Classic in conf. da 3, funghi prataioli e funghi misti, per es. funghi misti, 3 x 200 g, 9.30 invece di 11.70 20% Tutti gli antipasti Polli, Le conserve della nonna, La trattoria e Dittmann, per es. pomodori essiccati Le conserve della nonna, 340 g, 3.75 invece di 4.70 20% Confetture bio, miele bio e miele Fairtrade, per es. miele di fiori cristallizzato Fairtrade, 500 g, 4.95 invece di 6.20 20%

Near Food/Non Food

Alimenti per gatti Selina in confezioni multiple, bustine e vaschette da 24 x 100 g, Catsticks da 5 x 36 g e latte per gatti da 3 x 200 ml, per es. Adult Ragout con pollo, in bustina, 24 x 100 g, 10.90 invece di 15.60 30% Twist Dine & Clean, 1 rotolo, 80 tovagliette/fogli, 1.95 invece di 2.95 33% **

Fondotinta e cipria Covergirl (correttore escluso) 20% **

*In vendita nelle maggiori filiali Migros. **Offerta valida fino al 5.12 Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 22.11 AL 28.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

25%

29.85 invece di 39.80

40%

Maglietta termica per adulti Trevolution in conf. da 2 Carta igienica Soft in conf. speciale disponibile in nero e nelle misure S–XL, per es. tg. M, per es. Deco, FSC, 24 rotoli, 9.60 invece di 16.–, il pezzo, offerta valida fino al 5.12.2016 offerta valida fino al 5.12.2016

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 22.11 AL 28.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

Hit

98.–

Trolley da viaggio Titan Gate, 70 cm disponibile in blu marino, nero o grigio argento, per es. blu marino, 4 ruote, il pezzo, offerta valida fino al 5.12.2016

sportxx.ch

20x PUNTI

Tutto l’assortimento El Mundo, per es. Rice Mix Red Curry & Tuna, MSC, Fairtrade, 310 g, 3.50 Novità ** Polpette per fondue chinoise, Svizzera, 160 g, 4.50 Novità ** Olive nere Antipasti Sélection, 115 g, 4.50 Novità ** Torta di carote, 255 g, 5.– Novità ** Gipfel al prosciutto bio, surgelati, 5 x 42 g, 4.90 Novità *,** Crocchette di rösti bio, surgelate, 300 g, 3.50 Novità *,** L’Encyclopédie de Chocolat Frey Suprême, UTZ, 500 g, 13.50 Novità ** Praliné Prestige Caramel Frey, UTZ, 250 g, 17.20 Novità ** Praliné Prestige Figue & Nougat Frey, UTZ, 130 g, 10.80 Novità **

Tutte le colorazioni Casting Crème Gloss e Nutrisse 20% ** Corona dell’Avvento, 25 cm, il pezzo, 14.90 Hit

Novità

Sughi La Reinese, sugo al basilico e alla carne, 350 g, per es. al basilico, 2.30 invece di 2.90 20%

Finest Tartar in conf. speciale, surgelata, 6 x 70 g, 14.– invece di 21.– 6 per 4

Caffè Boncampo in chicchi e macinato in conf. da 4, UTZ, per es. in chicchi, 4 x 500 g, 12.30 invece di 18.40 33%

Cake Salvatore, 300 g, 4.40 invece di 5.50 20%

Tutte le conserve di pesce Rio Mare e Albo, per es. tonno all’olio di oliva Rio Mare, 104 g, 3.– invece di 3.80 20%

* accessori e abbigliamento da sci di fondo esclusi

Tutte le offerte sono valide dal 15.11 al 29.11.2016, fino a esaurimento dello stock.


Altre offerte. Rosa di Natale, decorata, in coprivaso, 13.90 Hit

Pesce, carne e pollame

Tutti i bulbi da fiore di amarillide, per es. in vaso color oro, il pezzo, 15.90 invece di 19.90 20%

Altri alimenti Capesante MSC, pesca, Atlantico nord-occidentale, per 100 g, 4.80 invece di 6.– 20% ** Polpettine cotte al grill, Svizzera, per 100 g, 2.45 invece di 3.30 25% solo in filiali con grill Arrosto di vitello cotto, Svizzera, affettato in vaschetta, per 100 g, 3.40 invece di 4.25 20%

20%

Tomato Ketchup Heinz in conf. speciale, 1,5 kg, 4.05 Hit

Pane e latticini

Tutte le capsule Café Royal, UTZ, per es. Lungo, 10 capsule, 4.10 10x PUNTI

Tutto l’assortimento Kneipp (confezioni multiple e set natalizi esclusi), per es. olio da bagno trattante ai fiori di mandorlo, 100 ml, 6.30 invece di 7.90

Tutte le capsule Twin, per es. Chocolate, 16 capsule, 3.70 invece di 6.20 40% Sanissa au beurre in conf. da 2, 2 x 500 g, 6.– invece di 7.50 20% Tutte le crostate Anna’s Best, per es. crostata alle albicocche, 215 g, 2.45 invece di 3.10 20% Panini wellness bio, 90 g, –.95 invece di 1.20 20%

conf. da 2

conf. da 2

15% Shampoo e balsami Elseve in conf. da 2 per es. shampoo Color-Vive, 2 x 250 ml, 6.– invece di 7.10, offerta valida fino al 5.12.2016

40% Fazzoletti di carta e salviettine cosmetiche Linsoft e Kleenex in confezioni speciali per es. fazzoletti di carta Linsoft Classic, FSC, 56 x 10 pezzi, 3.30 invece di 5.50, offerta valida fino al 5.12.2016

Bastoncini di nasello azzurro Pelican, MSC, in conf. da 3, surgelati, 3 x 450 g, 8.80 invece di 13.20 33%

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Fiori e piante

Tavolette di cioccolato Frey da 400 g in conf. da 3, UTZ, per es. Cremant, 3 x 400 g, 9.65 invece di 14.40 33%

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Near Food/Non Food

Alimenti per gatti Selina in confezioni multiple, bustine e vaschette da 24 x 100 g, Catsticks da 5 x 36 g e latte per gatti da 3 x 200 ml, per es. Adult Ragout con pollo, in bustina, 24 x 100 g, 10.90 invece di 15.60 30% Twist Dine & Clean, 1 rotolo, 80 tovagliette/fogli, 1.95 invece di 2.95 33% **

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Novità

Sughi La Reinese, sugo al basilico e alla carne, 350 g, per es. al basilico, 2.30 invece di 2.90 20%

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Tutte le conserve di pesce Rio Mare e Albo, per es. tonno all’olio di oliva Rio Mare, 104 g, 3.– invece di 3.80 20%

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Tutte le offerte sono valide dal 15.11 al 29.11.2016, fino a esaurimento dello stock.


. s o r ig M a tu a ll a à it Nov

3 gusti per grandi e piccini.

4.90 Mini hamburger per grill da tavola Svizzera, 6 x 30 g

Semplice e veloce da preparare.

2.50 Shirataki Rice-Style Chop Stick 200 g

Senza glutine e al gusto di nocciole.

1.90 Muffin alle nocciole aha! 75 g

i Impilabili e lavabil in lavastoviglie. Ciotole di plastica bicolore Cucina & Tavola* per es. set da 4, 14 cm, 9.80

Snack naturale.

2.80 Mais Puffs salati e senza sale, per es. salati, 50 g

Contenitori da cucina salvaspazio. Organizzatore per frigo Cucina & Tavola* small, medium e large, per es. medium, 14 x 31 x 9 cm, il pezzo, 6.90

Pulizia efficace, impiego da ambo i lati.

2.50 Pratiche ed ermetiche. Bottiglie di plastica Cucina & Tavola per es. blu, 1 l, il pezzo, 9.80

Lego da portare con sé. Lunch Box e borracce Lego per es. Lunch Box Classic, giallo, il pezzo, 14.80

* In vendita nelle maggiori filiali Migros. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 22.11 AL 5.12.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

Puliscilingua Candida il pezzo


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Idee e acquisti per la settimana

I am

Cura naturale

I nuovi prodotti per la cura del viso della linea Natural Cosmetics di I am contengono sostanze vegetali, perfettamente combinate tra di loro. Soddisfano le esigenze quotidiane individuali della cute e rilasciano una piacevole sensazione sulla pelle Testo Heidi Bacchilega; Illustrazioni Nina Tiefenbach

L’acqua detergente micellare con acido ialuronico ed estratti di tè bianco per ogni tipo di pelle deterge la pelle ed elimina il make-up idrosolubile in modo delicato. Utilizzare mattina e sera su un dischetto d’ovatta da passare delicatamente sul viso.

Nuova cosmetica naturale per il viso

I am Natural Cosmetics Acqua detergente micellare* 200 ml Fr. 6.50

acqua detergente, siero e olio

Applicare il siero mattina e sera sulla pelle pulita. Utilizzare in seguito come di consueto una cura da giorno o da notte. L’acido ialuronico e l’estratto di tè bianco idratano la cute e alleviano le prime rughe. I am Natural Cosmetics Siero viso intensivo * 30 ml Fr. 10.80

*Nelle maggiori filiali

L’olio trattante antietà per il viso con estratti di rododendro, semi d’uva, olio di argan, mandorle, avocado e jojoba previene l’invecchiamento precoce della pelle. L’olio penetra velocemente, ammorbidisce le rughe e conferisce alla pelle un aspetto levigato.

M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche i prodotti per la cura del viso di I am.

I am Natural Cosmetics Olio trattante per il viso * 30 ml Fr. 8.90


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Idee e acquisti per la settimana

www.myskai.ch

Salutare con una gomma da masticare La gomma da masticare con stampa personalizzata è una novità mondiale lanciata nel 2015 da Chocolat Frey. Ogni gomma da masticare diventa così un’edizione privata che può essere spedita in tutto il mondo con un esclusivo messaggio di saluto. La comanda viene effettuata via Internet Intervista Jacqueline Vinzelberg; Foto Sophie Stieger

Suggerimento

Sandra Liechti, Michael Ewers, cosa rende speciale myskai?

Con myskai si può essere creativi. I confetti di gomma da masticare senza zucchero possono infatti essere stampati con messaggi, immagini e simboli personalizzati. In tal modo si può regalare un pensiero molto esclusivo. Quante gomme da masticare sono state stampate dall’avvio di myskai nell’aprile 2015?

Dal suo lancio abbiamo stampato circa 1,3 milioni di confetti di gomma da masticare. Il numero comprende sia le ordinazioni dei privati, sia quelle dei clienti aziendali. Clienti privati o aziendali: qual è la differenza?

L’offerta per i clienti privati include 51 confetti stampati, suddivisi in due distinti pacchetti e spediti nella nostra nuova confezione regalo con un messaggio personalizzato. Chi desidera ordinare quantitativi maggiori per eventi particolari, come attività aziendali o matrimoni,

con il nostro modello business trova delle proposte più convenienti. Le informazioni sono disponibili sul nostro sito. I confetti stampati vengono confezionati a 15 a 15 in piccoli barattoli rotondi con coperchio trasparente. L’ordinazione è possibile a partire da 50 barattolini. Accettiamo anche richieste speciali e al momento stiamo lavorando allo sviluppo di ulteriori supporti e formati di ordinazione. Quale sapore è particolarmente apprezzato?

Si può scegliere tra Spearmint, Peppermint, Fantastic Berry, AirBoost e, la novità, Tropical Cream. Spearmint, il classico sapore della gomma da masticare, è il più richiesto. Quali i soggetti o i messaggi maggiormente richiesti?

Tramite il sito internet si possono caricare foto personalizzate o brevi testi. Proponiamo inoltre anche numerosi simboli pronti per la stampa, i cui soggetti cambiano secondo la stagione. Attualmente sono disponibili quelli a tema natalizio.

myskai è anche un esclusivo regalo di Natale.

Per motivi legati alla protezione dei dati e delle persone non conserviamo il dettaglio di quanto viene stampato. Ma è sicuro che in testa alla classifica ci sono i messaggi d’amore. Spedite myskai anche all’estero?

Sì, spesso nei paesi confinanti, Italia, Germania, Francia e Austria. Ma confezioni di myskai sono già state inviate anche in Inghilterra e nella Repubblica Dominicana. Quale il tempo per la consegna?

In Svizzera la consegna nella cassetta postale avviene in generale una settimana dopo l’ordinazione. Prima di festività come il Natale, per il confezionamento quando necessario veniamo aiutati anche dai colleghi del settore amministrativo. Questo perché non è possibile anticipare la produzione e ogni singola confezione deve essere preparata e imballata manualmente. È in questo modo che siamo stati in grado di fare fronte anche all’enorme richiesta dello scorso anno.

Gomme da masticare myskai personalizzate 51 pezzi Fr. 19.80 Disponibile solo su www.myskai.ch

Sandra Liechti e Michael Ewers gestiscono da gennaio il progetto myskai. Nell’intervista danno tutte le informazioni sulle gomme da masticare.

1

2

Come fare

1 Cinque differenti gusti tra cui scegliere. 2 Il confezionamento avviene manualmente. 3 La stampa sulle gomme da masticare si effettua con un colorante alimentare innocuo per la salute. 4 Per chi desidera far stampare dei simboli c’è l’imbarazzo della scelta. Che ne dite dei divertenti motivi natalizi?

Nella vostra Migros trovate tutto il necessario per trascorrere un gioioso Natale. Lasciatevi ispirare su www.migros.ch/natale

3

4

Ordinazione su www.myskai.ch Possono essere richieste fino a tre diverse gomme da masticare con foto, testi e simboli personalizzati. I soggetti sono suddivisi in parti uguali sui 51 confetti. Cinque i sapori tra cui si può scegliere. Possibilità di aggiungere un messaggio personale, che viene applicato sulla scatola regalo ed è visibile solo dal destinatario. Il pagamento è facile e avviene via internet. Una settimana dopo, oppure alla data desiderata, la spedizione viene consegnata nella cassetta della posta del destinatario.

M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche myskai.


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Idee e acquisti per la settimana

www.myskai.ch

Salutare con una gomma da masticare La gomma da masticare con stampa personalizzata è una novità mondiale lanciata nel 2015 da Chocolat Frey. Ogni gomma da masticare diventa così un’edizione privata che può essere spedita in tutto il mondo con un esclusivo messaggio di saluto. La comanda viene effettuata via Internet Intervista Jacqueline Vinzelberg; Foto Sophie Stieger

Suggerimento

Sandra Liechti, Michael Ewers, cosa rende speciale myskai?

Con myskai si può essere creativi. I confetti di gomma da masticare senza zucchero possono infatti essere stampati con messaggi, immagini e simboli personalizzati. In tal modo si può regalare un pensiero molto esclusivo. Quante gomme da masticare sono state stampate dall’avvio di myskai nell’aprile 2015?

Dal suo lancio abbiamo stampato circa 1,3 milioni di confetti di gomma da masticare. Il numero comprende sia le ordinazioni dei privati, sia quelle dei clienti aziendali. Clienti privati o aziendali: qual è la differenza?

L’offerta per i clienti privati include 51 confetti stampati, suddivisi in due distinti pacchetti e spediti nella nostra nuova confezione regalo con un messaggio personalizzato. Chi desidera ordinare quantitativi maggiori per eventi particolari, come attività aziendali o matrimoni,

con il nostro modello business trova delle proposte più convenienti. Le informazioni sono disponibili sul nostro sito. I confetti stampati vengono confezionati a 15 a 15 in piccoli barattoli rotondi con coperchio trasparente. L’ordinazione è possibile a partire da 50 barattolini. Accettiamo anche richieste speciali e al momento stiamo lavorando allo sviluppo di ulteriori supporti e formati di ordinazione. Quale sapore è particolarmente apprezzato?

Si può scegliere tra Spearmint, Peppermint, Fantastic Berry, AirBoost e, la novità, Tropical Cream. Spearmint, il classico sapore della gomma da masticare, è il più richiesto. Quali i soggetti o i messaggi maggiormente richiesti?

Tramite il sito internet si possono caricare foto personalizzate o brevi testi. Proponiamo inoltre anche numerosi simboli pronti per la stampa, i cui soggetti cambiano secondo la stagione. Attualmente sono disponibili quelli a tema natalizio.

myskai è anche un esclusivo regalo di Natale.

Per motivi legati alla protezione dei dati e delle persone non conserviamo il dettaglio di quanto viene stampato. Ma è sicuro che in testa alla classifica ci sono i messaggi d’amore. Spedite myskai anche all’estero?

Sì, spesso nei paesi confinanti, Italia, Germania, Francia e Austria. Ma confezioni di myskai sono già state inviate anche in Inghilterra e nella Repubblica Dominicana. Quale il tempo per la consegna?

In Svizzera la consegna nella cassetta postale avviene in generale una settimana dopo l’ordinazione. Prima di festività come il Natale, per il confezionamento quando necessario veniamo aiutati anche dai colleghi del settore amministrativo. Questo perché non è possibile anticipare la produzione e ogni singola confezione deve essere preparata e imballata manualmente. È in questo modo che siamo stati in grado di fare fronte anche all’enorme richiesta dello scorso anno.

Gomme da masticare myskai personalizzate 51 pezzi Fr. 19.80 Disponibile solo su www.myskai.ch

Sandra Liechti e Michael Ewers gestiscono da gennaio il progetto myskai. Nell’intervista danno tutte le informazioni sulle gomme da masticare.

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Come fare

1 Cinque differenti gusti tra cui scegliere. 2 Il confezionamento avviene manualmente. 3 La stampa sulle gomme da masticare si effettua con un colorante alimentare innocuo per la salute. 4 Per chi desidera far stampare dei simboli c’è l’imbarazzo della scelta. Che ne dite dei divertenti motivi natalizi?

Nella vostra Migros trovate tutto il necessario per trascorrere un gioioso Natale. Lasciatevi ispirare su www.migros.ch/natale

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Ordinazione su www.myskai.ch Possono essere richieste fino a tre diverse gomme da masticare con foto, testi e simboli personalizzati. I soggetti sono suddivisi in parti uguali sui 51 confetti. Cinque i sapori tra cui si può scegliere. Possibilità di aggiungere un messaggio personale, che viene applicato sulla scatola regalo ed è visibile solo dal destinatario. Il pagamento è facile e avviene via internet. Una settimana dopo, oppure alla data desiderata, la spedizione viene consegnata nella cassetta della posta del destinatario.

M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche myskai.


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Idee e acquisti per la settimana

Buono a sapersi

El Mundo

Tutto ha avuto inizio con il caffè. Oggi Migros propone oltre 175 diversi prodotti che portano il marchio Fairtrade Max Havelaar.

Giro del mondo gastronomico A pranzo quinoa peruviana e a cena curry tailandese? Con El Mundo è possibile. I piatti pronti si preparano in fretta, soddisfano l’appetito e permettono di assaporare la sensazione di essere in vacanza Testo Heidi Bacchilega; Foto Daniel Aeschlimann; Styling Esther Egli

Thailandia

In Perù la ratatouille con verdure grigliate è servita come contorno. Analogamente alla versione classica francese, anche i peruviani mescolano diverse verdure. Nella Ratatouille El Mundo oltre a carciofi, melanzane, pomodori, zucchine e cipolle ci sono i peperoni piquillo. Questi piccoli peperoni grandi tra gli otto e i dieci centimetri sono riconoscibili per il loro colore rosso brillante. Tutte le verdure sono coltivate secondo gli standard internazionali Fairtrade Max Havelaar. A proposito: tradizionalmente la ratatouille in Perù è servita con riso, patate e cuy (porcellino d’India).

In Thailandia il curry è conosciuto come salsa o piatto unico, da noi come miscela di aromi. Contiene da 10 a 20 spezie diverse e mescolate, tra le quali curcuma, zenzero, cardamomo, cannella e peperoncino. Il Red Curry Tonno El Mundo è preparato con tonno MSC dell'Oceano Indiano. A proposito: in Thailandia sulla tavola si trova sempre una ciotola di Prik Nam Pla, una salsa calda al chili usata per condire il cibo.

Perù

Ratatouille El Mundo Fairtrade Max Havelaar 400 g Fr. 2.40

In Sud America la quinoa è un alimento di base ed è considerata una delle migliori fonti vegetali di proteine. I semi della quinoa sono apprezzati anche da noi, sia come contorno sia come componente principale di un pasto. Il piatto pronto Quinoa al mango El Mundo è un pasto leggero che può essere consumato freddo o caldo. La quinoa rossa e quella nera sono imballate separatamente e possono così essere miscelate a piacimento. A proposito: i peruviani accompagnano volentieri il piatto con Anticuchos (spiedini di cuori di manzo grigliati).

Il marchio MSC è sinonimo di pesca sostenibile e certificata. Pesci e frutti di mare provengono unicamente da pesca selvatica.

Il marchio Fairtrade Max Havelaar è sinonimo di commercio equo e prodotti provenienti da coltivazioni sostenibili. Parte di

Nuovo Rice Mix El Mundo Red Curry & Tuna MSC Fairtrade Max Havelaar 310 g Fr. 3.50 Quinoa Mix El Mundo Mango Chutney Fairtrade Max Havelaar 225 g Fr. 3.50


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Buono a sapersi

El Mundo

Tutto ha avuto inizio con il caffè. Oggi Migros propone oltre 175 diversi prodotti che portano il marchio Fairtrade Max Havelaar.

Giro del mondo gastronomico A pranzo quinoa peruviana e a cena curry tailandese? Con El Mundo è possibile. I piatti pronti si preparano in fretta, soddisfano l’appetito e permettono di assaporare la sensazione di essere in vacanza Testo Heidi Bacchilega; Foto Daniel Aeschlimann; Styling Esther Egli

Thailandia

In Perù la ratatouille con verdure grigliate è servita come contorno. Analogamente alla versione classica francese, anche i peruviani mescolano diverse verdure. Nella Ratatouille El Mundo oltre a carciofi, melanzane, pomodori, zucchine e cipolle ci sono i peperoni piquillo. Questi piccoli peperoni grandi tra gli otto e i dieci centimetri sono riconoscibili per il loro colore rosso brillante. Tutte le verdure sono coltivate secondo gli standard internazionali Fairtrade Max Havelaar. A proposito: tradizionalmente la ratatouille in Perù è servita con riso, patate e cuy (porcellino d’India).

In Thailandia il curry è conosciuto come salsa o piatto unico, da noi come miscela di aromi. Contiene da 10 a 20 spezie diverse e mescolate, tra le quali curcuma, zenzero, cardamomo, cannella e peperoncino. Il Red Curry Tonno El Mundo è preparato con tonno MSC dell'Oceano Indiano. A proposito: in Thailandia sulla tavola si trova sempre una ciotola di Prik Nam Pla, una salsa calda al chili usata per condire il cibo.

Perù

Ratatouille El Mundo Fairtrade Max Havelaar 400 g Fr. 2.40

In Sud America la quinoa è un alimento di base ed è considerata una delle migliori fonti vegetali di proteine. I semi della quinoa sono apprezzati anche da noi, sia come contorno sia come componente principale di un pasto. Il piatto pronto Quinoa al mango El Mundo è un pasto leggero che può essere consumato freddo o caldo. La quinoa rossa e quella nera sono imballate separatamente e possono così essere miscelate a piacimento. A proposito: i peruviani accompagnano volentieri il piatto con Anticuchos (spiedini di cuori di manzo grigliati).

Il marchio MSC è sinonimo di pesca sostenibile e certificata. Pesci e frutti di mare provengono unicamente da pesca selvatica.

Il marchio Fairtrade Max Havelaar è sinonimo di commercio equo e prodotti provenienti da coltivazioni sostenibili. Parte di

Nuovo Rice Mix El Mundo Red Curry & Tuna MSC Fairtrade Max Havelaar 310 g Fr. 3.50 Quinoa Mix El Mundo Mango Chutney Fairtrade Max Havelaar 225 g Fr. 3.50


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Idee e acquisti per la settimana

Assortimento bambini

Anouk (4 anni): «Vorrei assolutamente una bambola con cui poter giocare»

Vorrei vorrei…

I bambini cominciano a scrivere la letterina a Gesù Bambino ben prima di Natale. Grazie all’assortimento di giocattoli della Migros è facile realizzare i loro sogni. E la lista dei desideri online fa in modo che il Bambino non porti i regali in doppio

Sina (2 anni): «Vorrei un grande amico da coccolare»

Testo Anette Wolffram Eugster Barbie Principessa Arcobaleno con unicorno e carrozza Fr. 79.– Orso Bruno beige, altezza 100 cm Fr. 39.80

Regalare è facile

Compilare online la lista dei desideri

Elias (8 anni): «Per Natale vorrei assolutamente una scavatrice telecomandata»

Lego Technic scavatrice con ruota a pale Fr. 229.–

I genitori possono compilare online coi loro bambini una lista dei desideri e condividerla con tutti i donatori. In tal modo i genitori possono vedere chi esaudisce quale desiderio ed evitare così i regali doppi. www.migros.ch/lista-dei-desideri

Robin (6 anni): «Sulla mia lista dei desideri figura un cane, che non cresce mai e mi segue sempre»

Consegna gratuita Nello shop online di Melectronics c’è una grande scelta di giocattoli. La consegna a casa è gratuita. www.melectronics.ch/giocattoli

CHIP Cane robot Fr. 269.–

FurReal Friends Il mio piccolo drago Torch Fr. 119.–

Azione 30%

Playmobil History Piramide del Faraone Fr. 69.–

sull’intero assortimento di giocattoli

Buono a sapersi

Lo sapevate… … che le prime liste dei desideri risalgono al 18esimo secolo ed erano esercizi di calligrafia per bambini, nei quali i piccoli tessevano sulla carta le lodi dei loro genitori? Queste venivano poi recitate la sera della vigilia, prima che ci fossero i regali. Solo con l’avvento dell’industria del giocattolo, nel tardo 19esimo secolo, si cominciò a esprimere più desideri materiali.

Foto Guy Jost; Styling Jarmila Kovacovsky; Illustrazioni Mira Gisler

dal 25 al 27 novembre

Shirt per maschietti gr. 68–98 Fr. 29.–

Vestito di pizzo per bambine gr. 104–140 Fr. 25.–


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

84

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 21 novembre 2016 • N. 47

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Idee e acquisti per la settimana

Assortimento bambini

Anouk (4 anni): «Vorrei assolutamente una bambola con cui poter giocare»

Vorrei vorrei…

I bambini cominciano a scrivere la letterina a Gesù Bambino ben prima di Natale. Grazie all’assortimento di giocattoli della Migros è facile realizzare i loro sogni. E la lista dei desideri online fa in modo che il Bambino non porti i regali in doppio

Sina (2 anni): «Vorrei un grande amico da coccolare»

Testo Anette Wolffram Eugster Barbie Principessa Arcobaleno con unicorno e carrozza Fr. 79.– Orso Bruno beige, altezza 100 cm Fr. 39.80

Regalare è facile

Compilare online la lista dei desideri

Elias (8 anni): «Per Natale vorrei assolutamente una scavatrice telecomandata»

Lego Technic scavatrice con ruota a pale Fr. 229.–

I genitori possono compilare online coi loro bambini una lista dei desideri e condividerla con tutti i donatori. In tal modo i genitori possono vedere chi esaudisce quale desiderio ed evitare così i regali doppi. www.migros.ch/lista-dei-desideri

Robin (6 anni): «Sulla mia lista dei desideri figura un cane, che non cresce mai e mi segue sempre»

Consegna gratuita Nello shop online di Melectronics c’è una grande scelta di giocattoli. La consegna a casa è gratuita. www.melectronics.ch/giocattoli

CHIP Cane robot Fr. 269.–

FurReal Friends Il mio piccolo drago Torch Fr. 119.–

Azione 30%

Playmobil History Piramide del Faraone Fr. 69.–

sull’intero assortimento di giocattoli

Buono a sapersi

Lo sapevate… … che le prime liste dei desideri risalgono al 18esimo secolo ed erano esercizi di calligrafia per bambini, nei quali i piccoli tessevano sulla carta le lodi dei loro genitori? Queste venivano poi recitate la sera della vigilia, prima che ci fossero i regali. Solo con l’avvento dell’industria del giocattolo, nel tardo 19esimo secolo, si cominciò a esprimere più desideri materiali.

Foto Guy Jost; Styling Jarmila Kovacovsky; Illustrazioni Mira Gisler

dal 25 al 27 novembre

Shirt per maschietti gr. 68–98 Fr. 29.–

Vestito di pizzo per bambine gr. 104–140 Fr. 25.–


RINNOVATA

RADIO

Giovedì 24 e venerdì 25 novembre 2016

10

%e

n o i z u di rid

su tutto* l’assortimento di Migros Radio * Ad eccezione di un numero ridotto di prodotti e delle prestazioni di servizio.

Animazioni e regali GIOVEDÌ 24 NOVEMBRE – Distribuzione rosa omaggio alle gentili clienti – Concorso valido fino a sabato 26 novembre, in palio 5 x 200.– in carte regalo Migros SABATO 26 NOVEMBRE – Simpatico omaggio per i bambini – Musica dalle ore 9 alle 12

Migros Radio Via Besso 74, 6900 Massagno tel. +41 91 821 72 00 Orari d’apertura: lunedì–venerdì: 8.00–18.30 sabato: 8.00–17.00

Parcheggio 30 min. gratis


Grazie al tuo aiuto possiamo dare una mano tutti insieme a chi ne ha bisogno. Sin dalla sua fondazione la Migros si è sempre adoperata a favore della popolazione svizzera e anche quest’anno ha deciso di raccogliere fondi per le persone bisognose in Svizzera. I fondi raccolti vengono devoluti senza eccezioni agli enti assistenziali Caritas, HEKS, Pro Juventute e Soccorso d’inverno. Insieme aiutiamo le persone in difficoltà assicurando loro il sostengo di cui hanno bisogno grazie a progetti in tutta la Svizzera che consentono di migliorare la loro situazione.

Insieme alla rete delle organizzazioni Caritas regionali, Caritas Svizzera si impegna in modo concreto per coloro che, nella ricca Svizzera, sono colpiti dalla povertà: famiglie, genitori single, anziani, disoccupati e working poor. Caritas fornisce anche l’aiuto di volontari presso le famiglie contadine che hanno bisogno di aiuto.

Nel nostro Paese questo ente contribuisce all’integrazione delle persone particolarmente svantaggiate dal punto di vista sociale, che rischiano di essere discriminate o lese nei loro diritti. HEKS aiuta le persone bisognose e svantaggiate in tutti gli ambiti della vita fornendo loro ad esempio spazi abitativi, corsi di lingue, corsi d’integrazione e impieghi.

Pro Senectute offre consulenza, accompagnamento e sostegno alle persone anziane e ai loro familiari. Si impegna inoltre attivamente per sensibilizzare la popolazione sulle forme di demenza al fine d’integrare meglio nella società le persone colpite e di aiutare i loro familiari ad affrontare queste situazioni difficili.

Pro Juventute si impegna affinché bambini e ragazzi godano di pari diritti nella società, possano contribuire a plasmare l’ambiente in cui vivono, maturare le loro esperienze e crescere felici. Inoltre insegna in modo competente ad affrontare le sfide del giorno d’oggi e si mette a disposizione della gioventù che ha bisogno di aiuto al numero di emergenza «147».

A prescindere dalla stagione, questa organizzazione offre il suo aiuto laddove non è possibile richiedere le prestazioni del settore pubblico. I fondi raccolti vengono ad esempio utilizzati per sostenere l’azione «Sostegno spese sanitarie» che aiuta con mezzi finanziari le persone malate o infortunate.

Maggiori informazioni su tutti i progetti di aiuto su migros.ch/natale.


Raccogli i bollini e ricevi gratuitamente un orsetto.

Solo per breve tempo.

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Portati a casa gratuitamente i tre orsetti di Natale. –––––––––––––––––––––––––––––––––––– Dal 22.11 al 19.12.2016, ogni fr. 20.– spesi nei supermercati Migros ricevi un bollino (al massimo 10 bollini per acquisto, fino a esaurimento dello stock). Consegna la cartolina completa dei 18 bollini entro il 27.12.2016 in un qualsiasi supermercato Migros e riceverai un orsetto gratuito (fino a esaurimento dello stock). Maggiori informazioni su: migros.ch/natale


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