Azione 48 del 25 novembre 2019

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Ambiente e Benessere La Silene acaulis è una pianta alpina che non teme la roccia, il vento, la neve, il gelo

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXII 25 novembre 2019

Azione 48 pagina 3

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Un Ticino diverso nella Berna federale

Quel meraviglioso vizio chiamato collezionismo

di Peter Schiesser

di Alessia Brughera e Ada Cattaneo

Queste elezioni federali non cessano di stupire – fra una settimana, dopo gli ultimi ballottaggi, faremo una valutazione globale con Marzio Rigonalli, oggi però non possiamo non soffermarci sullo storico risultato del ballottaggio per i due seggi ticinesi al Consiglio degli Stati. La perdita del seggio per il PLR e l’esclusione del peso massimo popolare democratico Filippo Lombardi dopo 20 anni a Berna, l’arrivo in carrozza di Marco Chiesa per l’UDC dopo una sola legislatura al Consiglio nazionale, l’elezione di Marina Carobbio per una manciata di voti (su cui pesa però un ricorso riguardante i voti per corrispondenza), sono risultati che mostrano come il piano della politica si sia inclinato anche in Ticino. La tentazione è di cercare la singola causa, credo però che ci sia piuttosto un cocktail di fattori ad aver portato a questo esito. Senz’altro la congiunzione delle liste fra PPD e PLR si è rivelata controproducente, come ha rimarcato l’ex consigliere di Stato liberale radicale Gabriele Gendotti, oltre a mancare un decisivo sostegno dagli elettori dell’altro partito, è venuto a mancare quello dell’area di sinistra. Questa, galvanizzata dalla crescita sostanziosa dei Verdi, ha messo per una volta da parte le animosità interne e ha votato compatta per Marina Carobbio, la quale ha potuto giocare anche la carta della rappresentanza femminile, che in queste elezioni federali assieme all’onda verde è stata determinante in molti casi. Che Marco Chiesa abbia potuto così facilmente battere gli esponenti dei due storici partiti di centro è guadagno suo personale – si vede che il suo stile piace a numerosi ticinesi, persino al di là dell’appartenenza politica all’UDC (quanti elettori PPD e PLR lo avranno votato?); ma è anche frutto della debolezza della Lega dei Ticinesi, che non ha saputo far altro che ripresentare quattro anni dopo un candidato che nel frattempo non aveva raccolto nessuna esperienza politica (un segno della mancanza di personalità di spicco all’interno del movimento), e di un clima politico in cui, almeno in Ticino, si sono create le premesse per un rafforzamento dei poli a discapito delle forze di centro-centrodestra. Certo, è molto probabile che con Chiesa e Carobbio agli Stati i voti dei due ticinesi si annulleranno, troppo distanti sono le posizioni in fatto di politica europea, economica, sociale; serviranno piuttosto a portare acqua al mulino della politica federale più che agli interessi cantonali, ma questo potrà essere valutato fra quattro anni. Tuttavia dobbiamo prenderne atto e considerare ciò che una simile costellazione rivela: un’onda verde che rafforza la sinistra, un centro troppo ibrido per risultare fertile, una destra in cui l’astro nascente è l’UDC e quello discendente la Lega. Prima di capire quali altre alleanze saranno possibili, andranno affrontate le crisi interne ai partiti perdenti (fra questi non dimenticherei che il PS ticinese al Nazionale è comunque sceso dal 14,5 al 12,1 per cento, proseguendo la parabola discendente delle ultime legislature). Il PLR è stato il primo a manifestare una crisi interna, con il radicale Matteo Quadranti che ha chiesto le dimissioni di tutto l’Ufficio presidenziale del partito, riproponendo le antiche divisioni fra liberali e radicali. I quattro punti persi al Nazionale (dal 23,2 al 19,4 per cento) sono un segnale che il PLR non può sottovalutare: sono soltanto frutto di un’alleanza mal digerita o c’è dell’altro? Il PPD sembra ancora troppo sotto shock per fare i conti con la perdita del seggio agli Stati e per contrastare l’erosione di voti, che è proseguita anche questa volta. Ormai i due partiti storici rappresentano assieme poco più di un terzo dell’elettorato, dovranno cercare di capire quale ruolo potranno giocare ancora in futuro, quali contenuti proporre e come comunicarli in modo credibile, prima di giocare di nuovo la carta della disperazione di una congiunzione delle liste. E la Lega? I colonnelli invecchiano, ognuno va per conto proprio, anche quelli nel governo cantonale. L’impressione è che sia un movimento che sta invecchiando e un partito che non è cresciuto omogeneamente. L’elettore di destra chiede evidentemente qualcosa di più strutturato e Marco Chiesa, con il sostegno, potremmo anche dire il discreto padronato di Christoph Blocher, ha saputo intercettare questo sottile cambiamento. Ma Chiesa ha potuto godere anche della lealtà degli elettori leghisti, nonostante da queste elezioni non abbiano ricavato nulla dalla congiunzione con l’UDC (perso il secondo seggio al Nazionale). Sarà interessante vedere che cosa succederà alle elezioni comunali la prossima primavera, in particolare a Lugano. In conclusione, il panorama politico ticinese esce più frastagliato da queste elezioni, ci sono tre blocchi, di destra, di centro e di sinistra, che non hanno molti denominatori in comune, ciò che in futuro potrà riverberarsi anche più di oggi a livello cantonale, con effetti sulla governabilità.

Cultura e Spettacoli La toccante riflessione sulla morte scritta da Hervé Guibert, amico di Foucault

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© Roberto Pellegrini The Rachel and Jean-Pierre Lehmann Collection

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Politica e Economia La Cina in difficoltà nella guerra commerciale con gli Stati Uniti ma anche sul fronte interno


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